Programma di sala - Ravenna Festival
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carriere <strong>di</strong> tutti gli operisti <strong>di</strong> fama<br />
europea, e a coltivare esclusivamente<br />
in patria la rinomanza ormai<br />
raggiunta. Con tutto ciò, non poté<br />
rimanere insensibile a quella ventata<br />
francese che dopo gli anni Quaranta<br />
agita con crescente intensità le<br />
fronde dei giar<strong>di</strong>ni melodrammatici<br />
all’italiana. Suggestioni <strong>di</strong>rette a tali<br />
modelli possiamo riscontrare nel<br />
finale terzo del Bravo, dove il desolato<br />
canto a cappella dei solisti, “Siete<br />
sposi”, commentato dal solitario<br />
compianto <strong>di</strong> un clarinetto e la stessa<br />
situazione drammatica – un assenso<br />
nuziale circonfuso <strong>di</strong> presagi funesti<br />
– richiamano a un analogo luogo del<br />
quinto atto <strong>di</strong> Les Huguenots; mentre<br />
la festa mascherata del Reggente<br />
rimanda a quella del Gustave iii<br />
<strong>di</strong> Auber. Se non che, accanto a<br />
questi ed altri richiami d’impronta<br />
indubbiamente progressiva, è<br />
avvertibile in modo particolare nelle<br />
opere composte dagli anni Quaranta<br />
in poi l’accentuarsi <strong>di</strong> un’enfasi quasi<br />
gestuale nel fraseggiare melo<strong>di</strong>co,<br />
Antonio Niccolini, Veduta<br />
notturna del Real Teatro <strong>di</strong> San<br />
Carlo, <strong>di</strong>segno acquerellato,<br />
Napoli, Certosa e Museo <strong>di</strong> San<br />
Martino.<br />
<strong>di</strong> una rumorosa spettacolarità,<br />
<strong>di</strong> un’opulenza orchestrale non<br />
comuni alle scene italiane coeve.<br />
L’opera seria, creatura delicata e<br />
piena <strong>di</strong> febbrili trasalimenti e cupi<br />
struggimenti lirici quale l’aveva<br />
lasciata Donizetti, o asciutta, nervosa<br />
e tagliata con l’accetta (<strong>di</strong> un “far<br />
brusco” parlerà il Basevi) quale<br />
la voleva il giovane Ver<strong>di</strong>, in mano<br />
a Mercadante aumenta <strong>di</strong> peso<br />
e spessore, si fa monumentale e<br />
sonoramente oratoria, indulgendo a<br />
pose da quadro storico.<br />
Il recente recupero <strong>di</strong> Pelagio,<br />
l’opera che virtualmente conclude<br />
un percorso segnato da altri titoli<br />
notevoli, quali Orazi e Curiazi, Medea,<br />
Virginia e l’opera semiseria Violetta,<br />
vale a chiarire più <strong>di</strong> un aspetto <strong>di</strong><br />
una drammaturgia che chiameremo<br />
terminale, <strong>di</strong> problematica<br />
definizione. Divenuto praticamente<br />
il padrone del San Carlo, teatro<br />
che dopo le estreme impennate<br />
rossiniane e donizettiane cederà<br />
fatalmente lo scettro nazionale