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Programma di sala - Ravenna Festival

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66<br />

strumentale. È l’effimero impero <strong>di</strong><br />

Occidente <strong>di</strong> una cultura strumentale<br />

che (nonostante gli esuli Cherubini<br />

e Spontini col loro linguaggio che<br />

oggi si <strong>di</strong>rebbe d’avanguar<strong>di</strong>a)<br />

ristagna spesso in un manierismo<br />

datato e rassicurante: lo stesso che<br />

alligna in quei motivi cantabili e ben<br />

torniti secondo le buone maniere <strong>di</strong><br />

un neoclassicismo internazionale<br />

che sta al classicismo della Triade<br />

viennese come il greco <strong>di</strong> Euripide<br />

o Aristofane a quello dei <strong>di</strong>ligenti<br />

letterati alessandrini.<br />

E qui sta il nocciolo del “caso”<br />

Mercadante. La cui produzione<br />

ottimale, oltre a non rivelare <strong>di</strong> titolo<br />

in titolo sostanziali mutamenti in<br />

senso stilisticamente progressivo,<br />

non offre per lo più nelle sue<br />

singole realizzazioni quell’unicità<br />

drammatica, quel sentire l’evento<br />

artistico come realtà unitaria e dotata<br />

<strong>di</strong> caratteri specifici, in breve, quell’<br />

unicum che costituisce la singolarità<br />

<strong>di</strong> quanto usciva e uscirà – statura<br />

artistica a parte – dalla mente <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong><br />

e <strong>di</strong> Puccini, <strong>di</strong> Wagner e <strong>di</strong> Richard<br />

Strauss. Nonostante il suo linguaggio<br />

d’inequivocabile aggiornamento,<br />

la puntigliosa intenzionalità<br />

drammaturgica attuata me<strong>di</strong>ante<br />

sagaci e spesso sorprendenti<br />

interventi all’interno delle forme<br />

tra<strong>di</strong>zionali, sulla produzione del<br />

Nostro si <strong>di</strong>rebbe che incomba ancora<br />

(ma non sempre, come <strong>di</strong>mostra<br />

la “tinta” conferita a non pochi<br />

episo<strong>di</strong> delle opere sopra ricordate)<br />

il fantasma della classicistica<br />

opera seria, col suo oggettivismo<br />

strutturale e l’espressione esatta<br />

ma generica delle varie situazioni<br />

drammatiche e psicologiche, ridotte<br />

ad “affetti” trasportabili senza danno<br />

da una scena all’altra, se non da<br />

un’opera all’altra. Una <strong>di</strong>mensione<br />

melodrammatica nella quale le<br />

ragioni <strong>di</strong> una musica oggettivamente<br />

formalizzata, nobile e bella sempre,<br />

e in quanto tale fruibile, prevalgono<br />

sui valori drammatici come ormai li<br />

intendeva l’operista moderno, e che<br />

Mercadante ancora intende come<br />

repertorio <strong>di</strong> gesti e <strong>di</strong> “affetti” da<br />

risolvere in una puntuale ma generica<br />

mimesi musicale.<br />

Va da sé che Mercadante si stu<strong>di</strong>asse<br />

<strong>di</strong> conservare ai propri melodrammi<br />

tutto quel prisco decoro, quell’aulica<br />

pompa festiva, quel “buon sentire”<br />

raccomandato – ve<strong>di</strong> un po’ – da<br />

Alessandro Scarlatti, pater elettivo<br />

<strong>di</strong> quella mitica Scuola napoletana<br />

alla quale il Nostro anche come<br />

<strong>di</strong>datta e <strong>di</strong>rettore del Conservatorio<br />

si pregiò sempre <strong>di</strong> appartenere.<br />

Sono, ripetiamo, le qualità <strong>di</strong><br />

un’elaborazione armonica sottile<br />

e spesso ricercata; <strong>di</strong> una veste<br />

orchestrale raffinata e ricca <strong>di</strong> spunti<br />

peregrini, ammirata, fra i molti,<br />

da un giu<strong>di</strong>ce come Liszt; <strong>di</strong> una<br />

temperie inventiva <strong>di</strong> qualità elevata<br />

e ottima tenuta me<strong>di</strong>a; l’evidente<br />

compiacimento per la bella pagina e<br />

quel sentore <strong>di</strong> dottrina che la cultura<br />

accademica e il gusto dell’inten<strong>di</strong>tore<br />

non mancheranno mai dal<br />

riconoscergli. Componenti estetiche<br />

intimamente conservatrici, cui fa da<br />

ambiguo contrasto l’impiego <strong>di</strong> un<br />

lessico <strong>di</strong> franca modernità, valgono<br />

a porre in dubbio l’abusata etichetta<br />

<strong>di</strong> “precursore ver<strong>di</strong>ano”, delineando<br />

una più plausibile immagine <strong>di</strong><br />

Mercadante: quella dell’estremo<br />

evocatore, sul limitare del “vero<br />

inventato” <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong>, dell’antica favola<br />

melodrammatica segnata fatalmente<br />

dal “bello ideale” rossiniano, i<br />

cui postulati estetici l’autore del<br />

Giuramento, del Bravo, degli Orazi e<br />

Curiazi porterà al massimo sviluppo<br />

possibile e alle ultime conseguenze<br />

storiche.

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