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DH 31 PRATICA 1-51.qxp - Fondazione Maitreya

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<strong>DH</strong> <strong>31</strong> <strong>PRATICA</strong> 1-<strong>51.qxp</strong> 28/04/2009 1.50 Pagina 48<br />

48<br />

LA VITA<br />

E LA MORTE<br />

nel Chan<br />

allora si andrà verso la luminosità e questa è l’estensione senza limiti. Ed<br />

è ciò che io indendo quando dico che la vita è un’estensione senza limiti<br />

di una luminosità infinita.<br />

Che cosa significa fare buon uso della propria vita? Significa fare<br />

ciò che è benefico per sé e per gli altri. Quando si possiede una casa,<br />

se ne fa buon uso e, ugualmente, quando ci si veste con un<br />

pezzo di stoffa, ci si preoccupa di essa e la si usa per ciò che è utile. Ma,<br />

per quanto ognuno di noi possa prendersi cura di una casa o di un pezzo<br />

di stoffa, queste col tempo diventeranno vecchie e si deterioreranno; ma<br />

nel processo del prendersi cura ci avviciniamo alla luminosità della vita e<br />

se uno può fare così vita dopo vita, allora potrà raggiungere l’infinita luminosità<br />

della vita.<br />

Recentemente, mentre ero a Taiwan, c’e stata una serie di disastri naturali.<br />

C’erano serie difficoltà per le alluvioni. Sono andato in un’area in cui<br />

molte persone erano morte. I membri delle famiglie delle vittime soffrivano<br />

moltissimo e molti erano incapaci di accettare la realtà della morte.<br />

Molte persone mi chiesero: «Shifu, nella nostra famiglia nessuno ha commesso<br />

cattive azioni, perché quindi dobbiamo soffrire una punizione di<br />

questo genere?». «Ci sono tante persone peggiori dei miei parenti, perché<br />

i membri della mia famiglia sono morti e quelle persone no?». «Ci sono<br />

molte persone molto vecchie che sono sopravvissute e sono ancora vive,<br />

perché i membri della mia famiglia sono dovuti morire così giovani?».<br />

Sono stato bombardato da queste domande. Il loro pensiero era che fosse<br />

sbagliato per i loro parenti morire in un disastro, sbagliato che persone<br />

più vecchie, come me, fossero ancora vive. Certo non era questo che volevano<br />

dire, ma soffrivano moltissimo per ciò che era accaduto.<br />

Ho avuto un’altra praticante che veniva da me per seguire molti ritiri,<br />

il cui figlio, quattro anni fa, uscito per comprare del pane, un mattino, è<br />

stato ucciso da una macchina. Per questa donna è stata una realtà molto<br />

difficile da accettare. Semplicemente, non poteva accettare il fatto che un<br />

momento prima il figlio stava bene e un momento dopo era morto. Così<br />

per alcuni anni questa donna venne ai ritiri di sette giorni e ogni volta mi<br />

chiedeva: «Shifu, dov’è mio figlio?». Ogni volta mi faceva questa domanda.<br />

E io le rispondevo sempre allo stesso modo: «Ognuno arriva in questa<br />

vita con una missione e, una volta che questa missione è finita, allora la<br />

persona ci lascia. Anche se non si vuole che vada via, è impossibile trattenerla.<br />

La prossima missione nella prossima vita lo sta aspettando, per cui<br />

tuo figlio è andato a compiere una nuova missione. È già nato in una nuova<br />

vita, per cui benedicilo invece di soffrire così tanto».<br />

Ora dopo più di tre anni di pratica, questa donna ha ottenuto una com-

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