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22<br />

M<strong>il</strong>a<br />

Ciò che più attrae le<br />

critiche della stampa<br />

estera monitorata da<br />

Klaus Davi è <strong>il</strong> sovraffollamento:<br />

sono circa<br />

67 m<strong>il</strong>a i reclusi nelle<br />

carceri italiane, quasi<br />

22 m<strong>il</strong>a gli esuberi<br />

2<br />

Mq<br />

I giornali esteri condannano<br />

le carenze<br />

strutturali: 6 detenuti<br />

in media per cella<br />

hanno riservati 2 mq<br />

di spazio ciascuno in<br />

luogo dei 7 previsti<br />

dal Comitato Europeo<br />

864<br />

tentativi<br />

Dopo <strong>il</strong> sovraffollamento,<br />

a indignare<br />

la stampa estera è<br />

l’allarmante tasso di<br />

suicidi nelle nostre<br />

carceri. Sono 864 i<br />

tentativi registrati<br />

nell’ultimo biennio<br />

13<br />

M<strong>il</strong>a<br />

Il 42 per cento dei<br />

reclusi è in attesa di<br />

giudizio, 13 m<strong>il</strong>a sono<br />

le persone ancora in<br />

attesa del primo. Se<br />

si conferma <strong>il</strong> trend<br />

attuale, la metà risulterà<br />

innocente<br />

l’ultima lettera di Gabriele Cagliari. Per<br />

chi come me si occupa di giustizia, quello<br />

è un documento da tenere sul tavolo.<br />

Rispetto ai tempi di Mani pulite vedo una<br />

differenza: è caduta l’immunità dei colletti<br />

bianchi. È venuto meno <strong>il</strong> tema di Tangentopoli.<br />

Oggi, quando qualcuno casca<br />

nella custodia cautelare, c’è più mob<strong>il</strong>itazione.<br />

Quel che mi rincresce è che ci sia<br />

una “corporativizzazione del sentimento”,<br />

se così posso dire. Cioè che ci si mob<strong>il</strong>iti<br />

per gli aderenti alla propria cerchia,<br />

dimenticandosi dei “senza voce”». Secondo<br />

Carlo Nordio, procuratore aggiunto di<br />

Venezia e autore con Giuliano Pisapia di<br />

un bel libro (In attesa di giustizia) che alla<br />

carcerazione preventiva dedicava un capitolo,<br />

«un cambiamento, rispetto a quel-<br />

La rICerCa<br />

Le nostre galere viste<br />

dalla stampa estera<br />

Invivib<strong>il</strong>e e intollerante: è <strong>il</strong> giudizio<br />

condiviso dal 75 per cento della stampa<br />

estera sul sistema carcerario italiano.<br />

Lo sottolinea la ricerca “Allarme Carceri<br />

Italiane: tra luci e ombre, l’immagine dei<br />

nostri penitenziari sulla stampa estera”<br />

presentata <strong>il</strong> 19 luglio scorso in Parlamento<br />

dalla Klaus Davi & Co. Nelle critiche,<br />

durissime, raccolte monitorando oltre cento<br />

testate internazionali, dal New York Times<br />

al Guardian, si fa riferimento costante al<br />

sovraffollamento e alle condizioni di vita<br />

“disumane” dei detenuti. In queste pagine,<br />

alcune citazioni raccolte nel rapporto.<br />

la stagione, c’è stato, almeno quantitativamente.<br />

Allora avevamo esagerato. Qualitativamente,<br />

tuttavia, mi rimane qualche<br />

dubbio. Ancora oggi mi pare che certe<br />

carcerazioni avvengano per “far collaborare”.<br />

È un discorso sott<strong>il</strong>e, che sottende<br />

un’ipocrisia. Quando parli significa che<br />

sei pentito, quindi collabori, quindi puoi<br />

essere rimesso in libertà». Formalmente,<br />

spiega Nordio, un tale comportamento<br />

ha tutti gli strumenti giuridici per essere<br />

giustificato, ma è evidente che si tratti di<br />

una prassi sull’orlo del precipizio, in cui<br />

è fac<strong>il</strong>e cadere in dichiarazioni rese solo<br />

per evitare un ulteriore periodo di detenzione.<br />

«La verità che bisognerebbe avere <strong>il</strong><br />

coraggio di evidenziare è che la custodia<br />

cautelare è un male necessario, che cozza<br />

con la presunzione d’innocenza. Solo<br />

in caso di flagranza di reato, e per rispondere<br />

al quarto comma non scritto – e cioè<br />

che bisogna placare l’allarme sociale –,<br />

mi sentirei di dire che è una scelta obbligata.<br />

Ma per <strong>il</strong> resto dei casi, cioè quelli<br />

basati su indizi, deve valere la presunzione<br />

di innocenza. La custodia cautelare<br />

deve essere l’eccezione. Oggi, invece, se ne<br />

fa un uso non voglio dire improprio, ma<br />

certamente esagerato».<br />

I numeri relativi alla carcerazione preventiva<br />

in Italia rispecchiano la drammaticità<br />

di quelli del pianeta carceri. Circa 67<br />

m<strong>il</strong>a detenuti stanno stipati in penitenziari<br />

che ne potrebbero contenere 45 m<strong>il</strong>a.<br />

Il 42 per cento di coloro che sono dietro<br />

le sbarre è in attesa di giudizio (<strong>il</strong> doppio<br />

della media europea) e ben 13 m<strong>il</strong>a sono le<br />

persone ancora in attesa del primo. Se viene<br />

confermato <strong>il</strong> trend attuale, la metà di<br />

coloro che si trovano oggi in custodia cautelare<br />

risulterà, infine, innocente.<br />

Questo è uno dei motivi,<br />

tra gli altri, che ha spinto<br />

recentemente un centinaio<br />

di costituzionalisti a scrivere<br />

una lettera aperta al presidente<br />

della Repubblica in<br />

favore dell’amnistia per mettere<br />

fine, «con prepotente<br />

urgenza», a una palese situazione<br />

di <strong>il</strong>legalità.<br />

Circostanza che, come<br />

documentato da una ricerca<br />

presentata giovedì in Parlamento<br />

dal massmediologo<br />

Klaus Davi (“Allarme Carceri<br />

Italiane: tra luci e ombre,<br />

l’immagine dei nostri penitenziari<br />

sulla stampa estera”),<br />

inizia a trovare spazio<br />

anche sui quotidiani stranieri,<br />

che girano <strong>il</strong> coltello nella<br />

piaga delle nostre carenze,<br />

r<strong>il</strong>evando vizi noti: le pessime condizioni<br />

delle nostre strutture, <strong>il</strong> sovraffollamento,<br />

l’eterna mancanza di fondi, i tempi<br />

biblici per arrivare a sentenza e, più in<br />

generale, un cattivo funzionamento della<br />

macchina giudiziaria, anche per l’anomalo<br />

ricorso a pentiti e intercettazioni.<br />

«In ogni caso – chiosa Violante – rispetto<br />

al passato, per quanto riguarda i detenuti<br />

in carcerazione preventiva, i numeri si<br />

sono abbassati. Carceri, custodia cautelare<br />

e processo penale. È tutto <strong>il</strong> sistema che<br />

va cambiato».<br />

Chi cavalca <strong>il</strong> caso Daccò<br />

Nel frattempo, di custodia cautelare si<br />

discute soprattutto per quel che riguarda<br />

casi eclatanti. Come quello di Dario<br />

Mora detto Lele, attualmente detenuto<br />

nel carcere di Opera. Mora è stato arrestato<br />

<strong>il</strong> 20 giugno 2011 per bancarotta. È stato<br />

in custodia cautelare fino a marzo, poi<br />

ha patteggiato quattro anni e tre mesi. In<br />

cella, mentre attende gli sv<strong>il</strong>uppi su altri<br />

suoi procedimenti (Ruby e altri episodi di<br />

bancarotta), «legge, risponde alle lettere,<br />

cura un piccolo orto», racconta al Foglio <strong>il</strong><br />

suo avvocato, Gianluca Maris. È dimagrito<br />

cinquanta ch<strong>il</strong>i, «non vuole strumentalizzare<br />

le proprie condizioni di salute, ma<br />

certamente si trova in una situazione di<br />

grave disagio». Sebbene oggi rifugga qualsiasi<br />

posa vittimista («Mi dice: “Sono stato<br />

scemo”»), è oggettiva la sua condizione di<br />

difficoltà cui una detenzione domic<strong>il</strong>iare<br />

potrebbe dare un qualche sollievo.<br />

Così come i domic<strong>il</strong>iari invoca un<br />

altro detenuto, celebre più per <strong>il</strong> suo<br />

nome che per i suoi lineamenti (per mesi<br />

sono circolate sui quotidiani e sui siti<br />

internet fotografie non sue). Si tratta di<br />

| | 8 agosto 2012 | 27

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