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capitale in smoking
Al Pacino con Andy
Garcia ne Il Padrino -
Parte III di Francis Ford
Coppola
rivista del cinematografo
32 fondazione ente dello spettacolo novembre 2008
Una carriera da
Marc’Aurelio
Dall’Actor’s Studio al tappeto capitolino: Pacino apre da condottiero
CAMBIANO I PRESIDENTI, si
modificano i nomi. Quello che resta, al
terzo anno della kermesse romana,
sono gli incontri organizzati dalla
sezione L’Altro Cinema (già Extra) in
collaborazione con l’Actor’s Studio di
New York: dopo De Niro e “le ragazze
degli anni ‘70” (Jane Fonda, Shirley
Knight, Cloris Leachman) è la volta di
Al Pacino, premiato con il
Marc’Aurelio alla Carriera (scultura
realizzata da Sinisca), primo grande
ospite del Festival che mai, come in
questa edizione, ha puntato i riflettori
su stelle declinate al maschile. E che,
ancora una volta, ha indagato nel
mistero più profondo della
recitazione: “Tony Montana in
Scarface dice che il miglior attore è il
miglior bugiardo. Nel linguaggio
corrente, non a caso, il termine
recitare è usato con una connotazione
negativa: stai recitando, smettila di
recitare... In realtà, nella vita
recitiamo e nell’arte cerchiamo la
verità”, dice Al Pacino, che poi ricorda
alcune fra le cose più belle del suo
mestiere – “la bevuta che ti fai quando
hai finito…” – e continua a preferire il
palcoscenico alla dura vita del set: “Ho
iniziato con il teatro e quella rimane la
mia famiglia. Del cinema non amo i
tempi, alle volte è troppo faticoso,
anche 14 ore al giorno di lavoro. Per
uno come me, che ama anche la vita al
di fuori del mestiere, i ritmi del teatro
sono più congeniali”. Ma il grande
schermo, pur non prescindendo dal
palcoscenico, è la sua seconda pelle,
com’è vero che dopo lo Shakespeare di
Riccardo III – Un uomo, un re el’Ira
Lewis di Chinese Coffee,laterzaregia
cinematografica di Pacino
(Salomaybe?) prende le mosse dalla
Salomè di Oscar Wilde. E lui sarà di
nuovo re, Erode, ammaliato dalla di lei
bellezza.
VALERIO SAMMARCO