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Frontière(s)<br />
in sala<br />
Un horror truculento e insensato<br />
che sfiora la parodia di Hostel. Il regista Gens<br />
si prende sul serio<br />
Regia<br />
Con<br />
Genere<br />
Distr.<br />
Durata<br />
DELUDENTE<br />
IL CINEMA AMERICANO degli ultimi anni ci ha abituati<br />
alla bassa macelleria, alle torture, agli organi spiaccicati<br />
alle pareti. Alcuni hanno inveito, altri goduto, i più evitato<br />
la questione disinteressati. L’horror ha pagato, l’horror ci<br />
ha guadagnato. Non sono mancati osanna, blog e cricche<br />
di nuovi cultori. Che dire allora di Frontiere(s), francese<br />
all’anagrafe ma “imbevuto” di sangue americano? La<br />
violenza, gli ettolitri di emoglobina, l’e(ste)tica del<br />
disgusto, sono quelli dei padri putativi, qui talmente in<br />
eccesso da sfiorare la parodia.<br />
Di certo si vuole evocare quel cinema: c’è l’ostello<br />
(Hostel), i maiali (Saw), la famiglia di degenerati (Non<br />
aprite quella porta). Ci sono quattro ragazzi col<br />
peccatuccio da nascondere in un posto fuori dal mondo.<br />
C’è la carneficina insostenibile, esagerata, difficile da<br />
prendere sul serio. E disgraziatamente c’è un regista che<br />
ci ricama sopra. Gens (già autore dell’inglorioso Hitman)<br />
accampa moventi politici, infila nel canovaccio banlieue,<br />
nazismo e inferno familiare, suggerisce affinità tra il<br />
vento di restaurazione che soffierebbe sul mondo e il<br />
sadismo dell’horror di oggi. Trasformando l’allegra<br />
parodia di un genere in auto-parodia. Involontaria, orrida<br />
e triste.<br />
GIANLUCA ARNONE ✪<br />
Xavier Gens<br />
Karina Testa, Samuel Le Bihan<br />
Horror, Colore<br />
Moviemax<br />
103’<br />
Tropic<br />
Thunder<br />
L’umorismo di Stiller & Co.<br />
non risparmia niente e nessuno: è la guerra, baby!<br />
Regia<br />
Con<br />
Genere<br />
Distr.<br />
Durata<br />
Ben Stiller<br />
Ben Stiller, Robert Downey Jr.<br />
Commedia, Colore<br />
Universal<br />
107’<br />
TORNA DIETRO LA MACCHINA DA PRESA sette anni dopo<br />
Zoolander, Ben Stiller. E lo fa con un film se possibile più<br />
divertente e al tempo stesso più “cattivo”: non più la moda<br />
nel mirino del comico-regista, ma il suo stesso e impazzito<br />
mondo, sbeffeggiato in quello che forse ha di più “sacro”, il<br />
war-movie. L’arma in più di un lavoro come Tropic Thunder<br />
– niente a che vedere con gli “spoof” tanto di moda oggi, dal<br />
“modello” Scary Movie ai tremendi Disaster Movie –è<br />
proprio questa, la forzatura di un metacinema che sa<br />
trasformarsi poco a poco in qualcosa di altro, in grado di<br />
reggersi sulle proprie gambe e non solo su continui ed<br />
espliciti rimandi (comunque funzionali): ad essere messo in<br />
discussione è il dietro le quinte, le follie produttive, il<br />
contrasto tra reale (il veterano Nick Nolte, che alla fine<br />
getterà la maschera) e ricostruito, il vezzo di chi – calandosi<br />
troppo nella parte (come il Kirk Lazarus interpretato da<br />
Robert Downey Jr., star australiana devota al metodo tanto<br />
da sottoporsi ad un trattamento di pigmentazione per<br />
incarnare un sergente afroamericano…) – arriva a credere di<br />
aver combattuto, sofferto, ucciso veramente.<br />
Attenzione ai tre finti trailer in testa al film e alla<br />
performance di Tom Cruise: irresistibile.<br />
VALERIO SAMMARCO ✪<br />
in sala<br />
novembre 2008<br />
BUONO<br />
rivista del cinematografo<br />
fondazione ente dello spettacolo<br />
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