Untitled - Ministero degli Affari Esteri
Untitled - Ministero degli Affari Esteri
Untitled - Ministero degli Affari Esteri
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Il tredicesimo rintocco<br />
In lontananza, la campana della chiesa di Torello batté mezzogiorno e un quarto.<br />
Tredici rintocchi, tredici urti di metallo contro metallo – dodici turgidi e uno più gracile, quasi<br />
fesso – salirono, allora, dall’antico borgo medioevale, posto a mezza costa, fino al vertice<br />
supremo e al costone estremo del promontorio su cui si distende il celebre paese di Ravello.<br />
Una volta giunti lì, sull’orlo del burrone in cui le ultime propaggini meridionali dei monti<br />
Lattari precipitano a mare in un salto di cinquecento metri, i tredici rintocchi annunciarono<br />
agli ospiti dell’incantevole hotel de charme di Villa Cimbrone, tutti pencolanti tra il sole<br />
e l’acqua a bordo piscina, che l’istante perfetto della perpendicolare luce meridiana di quel<br />
7 luglio 2006 era trascorso in quel preciso momento, e per sempre. Udendoli, il maestro<br />
Rank, molto semplicemente, scoppiò a piangere. E del tutto irrimediabilmente.<br />
La commozione si era insufflata in lui già al primo rintocco, poi, poco a poco, colpo su colpo,<br />
sincronizzandosi ai battiti del suo cuore, lo aveva invaso.<br />
Al tredicesimo rintocco, quello gracile, quello quasi fesso, il giovane, prodigioso direttore<br />
d’orchestra, noto in tutto il mondo per la sua maestria e per lo stile quasi immobile della sua<br />
conduzione, era stato travolto in un pianto a dirotto. Fino ad un istante prima, Rank se ne<br />
era rimasto mollemente reclinato su di una sedia a sdraio, in una posa vagamente statuaria<br />
e in una nudità eroica. Apparentemente impassibile, rapito da uno stato di ebetudine oziosa,<br />
ripassava mentalmente una partitura che già dominava, prendeva i suoi bagni di sole nella<br />
canicola mediterranea e contava il tempo con gli aperitivi. Fino a un istante prima che<br />
quell’antichissimo pianto, quella doglia preistorica, giungesse a lui, a cavallo di ere ancestrali,<br />
come un saliente avanzato nel corso del tempo, fino a quell’istante Rank era stato un uomo<br />
ancora giovane, maestosamente insediato nella sovranità del presente. Un istante più tardi,<br />
al tredicesimo rintocco della campana di Torello, di Rank non era più niente. In quel tocco<br />
di quarto dopo mezzogiorno tramontava, per lui, un’intera epoca astrale. Sul bordo di quella<br />
piscina, da mezzogiorno e un quarto in avanti, in ogni istante si compiva un millennio.<br />
Rank si scioglieva nel pianto. Fuori di ogni metafora, si scioglieva nel pianto.<br />
Le lacrime lo squagliavano sommessamente, senza strepito, come un solvente chimico<br />
scrosta un grumo di grasso. Se lo avesse colto un infarto, se ne sarebbe sentito meno<br />
distrutto.“Che mi accade?”, si chiedeva Rank con un ultimo rantolo di vita, prima di<br />
abbandonarsi all’orgasmo della dissipazione che quel pianto portava con sé. Lo sapeva<br />
Rank cosa gli era accaduto. Lo sapeva bene. Una soave, fragorosa, infeconda silfide bionda<br />
– la sua compagna del momento, la sua ennesima compagna del momento – vedendolo<br />
accendersi una sigaretta, gli aveva detto: “Non fumare. Se continui così, quando avremo<br />
i nostri bambini, tu non avrai più fiato per giocare a pallone con loro”.<br />
Lo aveva detto con leggerezza, per pura motilità di spirito, senza la minima traccia della<br />
gravità che l’idea di figliare fa immancabilmente scendere in un cuore umano.<br />
Proprio a causa di quella leggerezza, in quel preciso momento, Rank aveva appreso da se<br />
stesso che un figlio non lo avrebbe mai avuto. Lo aveva sempre presentito, ma ora n’era<br />
certo. Assiso sull’olimpo del proprio cinismo, Rank guardava se stesso giù in basso: vedeva<br />
una minuscola macchia di sangue sul bordo di una piscina. Come una satolla divinità<br />
pagana, un dio del banchetto, Rank reggeva in un pugno le fila del proprio destino.<br />
E in quel destino di figli non ce n’erano. Per misconoscere l’agghiacciante rivelazione,<br />
il direttore d’orchestra, con un minimo gesto della mano, simile a quel gesto contenuto con<br />
cui dal podio dava il tempo ai musicisti, aveva ordinato un altro frozen daiquiri.<br />
Poi, però, la campana di Torello aveva preso inesorabilmente a battere le ore.<br />
Piangeva Rank, piangeva e piangeva. Lacrimava, senza singhiozzi, con la stessa compostezza<br />
con cui dirigeva le grandi orchestre sinfoniche. Non era disperazione la sua ma pura<br />
commozione. Una motivata infelicità. Vedendolo in quello stato, il cameriere gli offrì<br />
soccorso: “Maestro, posso fare qualcosa per lei?”. Ma non c’era niente da fare: Rank<br />
15