Untitled - Ministero degli Affari Esteri

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28 che perimetra scorci ritagliati alla maniera di fotogrammi recuperati alla memoria. Per essi calibra le morsure, ricercando soprattutto nella traccia di segni sciolti e vicini il valore della luce che ammanta tali composizioni di una metafisica astanza. Sull’idea di approdare ad un disegno sciolto, regolare, giocato sull’utilizzo di pochi calibrati tratti si esercita la Merola. Un esercizio il suo versato ad una sorta di minimalismo espressivo, che affida a linee corsivamente ondulate o rigidamente ritagliate la ricostruzione di un’immagine o meglio di uno spazio e <strong>degli</strong> elementi che lo compongono. Nella sua fresca esperienza di incisore, Ines si misura con la lastra, con i tempi delle morsure, quanto con la scelta dell’inchiostro calcografico richiudendo proprio nell’essenzialità di argentee atmosfere il senso di evocative visioni. Agli effetti pronunciati dell’acquaforte accompagnati dall’impiego di altre tecniche vanno ascritte le esperienze di Valeria Manzi, Pilar Dominguez, Francesco Cecchetto, Renata Boero, Anna Crescenzi. Un rapporto, si è detto, posto sovente nella direzione di rafforzare il processo ideativo. Vale ciò per Valeria Manzi. La brava artista milanese unisce infatti un procedimento diretto come la puntasecca con quello indiretto dell’acquaforte, conscia di poter approdare ad un equilibrio compositivo fatto di segni sciolti, disposti secondo movimenti che ritmano la scena e di segni più controllati e sintetici, ammorbiditi dalle leggere sfumature delle barbe. Ne risultano immagini vibranti, stridenti di sensazioni catturate dalla retina come passaggi rapidi: impressioni di emozioni come tali lasciate alla carta. Per Pilar Dominguez, sollecitata abitualmente ad evidenziare le forme, assunte, anche nel suo caso, come icone simboliche, l’intervento dell’acquatinta, sulla base dell’acquaforte, è posto nella direzione di suggerire al meglio il valore tattile delle immagini, fino a scivolare nell’aggetto quando ricorre alla più sofisticata tecnica di Hayter. The works of Valeria Manzi, Pilar Dominguez, Francesco Cecchetto, Renata Boero and Anna Crescenzi are to be counted among the clear-cut effects of etching together with other techniques. It is said to be a relationship often used to reinforce the ideative process. That is true for Valeria Manzi. This fine artist from Milan combines a direct process such as dry-point with the indirect one of etching knowing that she can come to a compositional equilibrium made of smooth signs, placed according to movements that give rhythm to the scene and more controlled synthetic signs, softened by the light tones of the beards. The result is vibrant images strident with sensations captured by the retina like rapid flashes: impressions of emotions like those left on the paper. For Pilar Dominquez, often prompted to emphasise forms that are taken as symbolic icons, the use of aquatint on the base of the etching best suggests the tactile value of the images to slide into the projection when he uses Hayter’s more sophisticated technique. The artist lets the world of “figures” taken from memory emerge from the signs and tones imposed by the etching. They have been scrutinised through the depths of time, spying on the flow from the “navels” that populate the spaces of existence. Renata Boero uses aquatint for images with pictorial characteristics. The colour, her “chromogrammatic” use, stating, licentiously, the title (Chromogramms) of a well-know cycle by the painter directed at revealing the transformations of the subject-colour, is the core of these etchings. Renata calculates the impressions between the bites, moving with agility over the layers of paint and dust that cover the plate. It is a dynamic way of proceeding that neglects the definite structures for rhythmic scripture to register, between the energetic sign of the etching and the graining of the aquatint, the “many big and small everyday episodes – she wrote – that silence makes shout”, willing to put the sound of that
L’artista lascia emergere tra i segni ed i toni dettati alle morsure quel mondo di “figure” sottratte ad un bagaglio di memorie, scrutate tra le pieghe del tempo, spiando nei suoi flussi dagli “ombelichi” che popolano gli spazi dell’esistenza. Nella misura in cui l’acquatinta indulge ad un carattere pittorico vi fa ricorso Renata Boero. Il colore, il suo impiego “cromogrammatico”, declinando, licenziosamente, il titolo (Cromogrammi) di un noto ciclo della pittrice orientato a rivelare le trasformazioni della materiacolore, risulta al centro di queste pagine incise. Renata ne dosa le impronte tra le morsure, muovendo con agilità tra gli strati di vernice e di polvere che ricoprono la lastra. È un modo di procedere dinamico che tralascia le strutture definite per una scrittura ritmata, protesa a registrare, tra il segno energico dell’acquaforte e le graniture dell’acquatinta, i «tanti, piccoli, grandi episodi quotidiani che – annotava – il silenzio fa urlare», disposta a «mettere in scena» il suono di quel silenzio. Nella medesima esigenza del colorare la pagina, macchiarla quasi di un effetto a carboncino, Francesco Cecchetto impiega l’acquatinta. Si devono poi alle morsure dell’acquaforte i piccoli segni leggeri, circoscritti da forme disegnate alla luce dalla profondità del nero. Sono forme che l’artista lascia affiorare dal substrato della coscienza, trascrivendo le emozioni avvertite nello sporgersi tra le sponde di un paesaggio acquisito allo sguardo dell’anima. Alla seduzione del paesaggio cede anche Anna Crescenzi : uno scenario in qualche modo descritto, ponendo al centro di queste trascrizioni evidenti tracce figurali. Una matrice questa non nuova nella sua pratica creativa che Anna ha rimodellato nell’esperienza odierna, seguendo le potenzialità del “mezzo”, vale a dire bilanciando tra la corsività dei segni all’acquaforte e la cromia dettata dall’acquatinta. Si profila così, tra gli effetti desiderati, il suo disegnare figure assunte da un repertorio memoriale, dalla materia silence “on the stage”. With the same need to colour the page, to almost stain it with a charcoal effect, Francesco Cecchetto uses the aquatint. The small light signs are due to the bites of the etching surrounded by forms drawn in the light by the depth of the black. They are forms that the artist lets emerge from the background of his conscience, recording the emotions felt while leaning into the borders of a landscape taken from the vision of the soul. Anna Crescenzi also yields to the seduction of the landscape: a scene described in some way, placing evident traces of figures in the centre of these transcriptions. This is not a new matrix in Anna’s creativity. She has remodelled it following the potential of the “medium”, which is a balance between the cursiveness of the signs of an etching and the shades of colour of aquatint. This is how her design of figures, among desired effects, is possible. The figures are taken from a collection of memories, from the flexible matter of time that transforms things making them come back to life by the light of an imaginary substance. Aquatint also for Hsiao Chin and Peter Freeth. The indirect process is combined with a silkscreen passage for the Chinese artist, whose usual calligraphic mark seems to be, in today’s circumstances, closed, perhaps instigated by a literary requirement. So the fluidity remains and with this, calculating the bite time in particular, he sets up the draft, the harmonious distribution from the plate to the project, to that “conformed” surface on which the signs stand out like symbols of interior warnings that have been driven away. Freeth controls the effects of the acid to produce images that are almost crumbled. He uses aquatint with a soft ground to obtain the softness of charcoal. His are images of a landscape studied in the connection between nature and architecture, planes and volumes that blend, modulated and emphasised by subtle passages of tone, extracting more or less grain from the 29
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