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Birra - Gustolocale

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32<br />

abconsiderazioni<br />

di Amedeo Sandri<br />

LA MAMMA E LA CUCINA<br />

“Mater familiae”, mamma, madre, mamy, ma’, màre… tutti termini che identificano<br />

la stessa persona, una donna che racchiude, amplificate, la vocale e la<br />

consonante con le quali inizia la parola più importante del vocabolario: “amore”<br />

Che ci sia un nesso fra mamma, amore e cucina è indiscutibile. La mamma solamente prepara da<br />

“ma”ngiare e dice al proprio infante durante lo svezzamento, in occasione dell’approccio con i<br />

primi cucchiaini di pappa: “amm”, cosicché egli apra le rosee labbra e possa gustare o<br />

sputare quella che, una volta, era la panà e che adesso sono gli omogeneizzati. La prima<br />

parola del bambino, solitamente è “mam-ma”, anche se rischia, con i tempi che<br />

corrono, di diventare “pa-pà”o anche “non-na/o”; “zia” no, perché la “z” per il<br />

pargolo è consonante difficile, ma col tempo e gli immigrati tutto è possibile in un<br />

prossimo futuro.<br />

Ricordo mia madre seduta sul cantón del focolare a cercare un po’ di desfrito sul<br />

fondo della piàna vuota dopo aver servito, a tavola, marito e figli. E la ricordo<br />

mescolare la polenta nel caliéro appeso alla catena del camino, appoggiando il<br />

ginocchio al sóco per “tenerlo fermo”. La rivedo broàre la lissia con la cenere<br />

setacciata e andare nel punàro con il caliéro incrostato e ammollato, cosicché le<br />

galline provvedessero a lustrarlo internamente. La ricordo incoconàre i òchi e le<br />

arne con el pastò e preparare lo stesso, ma questa volta caldo, per i conigli nei<br />

freddi mesi invernali. Ricordo i suoi racconti di guerra e di “Pippo”, aviatore killer,<br />

che andava alla ricerca di spiragli di luce notturni per poter liberare la sua voglia<br />

omicida, ma anche le sue storie di anguàne e salbanéli che popolavano il “Faèo” e<br />

stendevano di notte le lenzuola della lissia. Ricordo il suo sordo e celato pianto, le<br />

sue bianchissime caviglie a bagno nella mestéla per alleviare dolori e fatica. Le sue<br />

mani “invase” dai crépi e il suo viso scrostato dal freddo e dal sole. Le stesse mani<br />

che “riscaldavano” le culate di noi figli di ritorno dall’oratorio con l’usuale ritardo dopo<br />

gli infuocati tornei di calcéto e ping-pong. Mani che non conoscevano guanti e che avevano<br />

unghie non certo smaltate e tanto meno lunghe e curate. Mai vista mia madre senza travérsa

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