Birra - Gustolocale
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abconsiderazioni<br />
di Amedeo Sandri<br />
LA MAMMA E LA CUCINA<br />
“Mater familiae”, mamma, madre, mamy, ma’, màre… tutti termini che identificano<br />
la stessa persona, una donna che racchiude, amplificate, la vocale e la<br />
consonante con le quali inizia la parola più importante del vocabolario: “amore”<br />
Che ci sia un nesso fra mamma, amore e cucina è indiscutibile. La mamma solamente prepara da<br />
“ma”ngiare e dice al proprio infante durante lo svezzamento, in occasione dell’approccio con i<br />
primi cucchiaini di pappa: “amm”, cosicché egli apra le rosee labbra e possa gustare o<br />
sputare quella che, una volta, era la panà e che adesso sono gli omogeneizzati. La prima<br />
parola del bambino, solitamente è “mam-ma”, anche se rischia, con i tempi che<br />
corrono, di diventare “pa-pà”o anche “non-na/o”; “zia” no, perché la “z” per il<br />
pargolo è consonante difficile, ma col tempo e gli immigrati tutto è possibile in un<br />
prossimo futuro.<br />
Ricordo mia madre seduta sul cantón del focolare a cercare un po’ di desfrito sul<br />
fondo della piàna vuota dopo aver servito, a tavola, marito e figli. E la ricordo<br />
mescolare la polenta nel caliéro appeso alla catena del camino, appoggiando il<br />
ginocchio al sóco per “tenerlo fermo”. La rivedo broàre la lissia con la cenere<br />
setacciata e andare nel punàro con il caliéro incrostato e ammollato, cosicché le<br />
galline provvedessero a lustrarlo internamente. La ricordo incoconàre i òchi e le<br />
arne con el pastò e preparare lo stesso, ma questa volta caldo, per i conigli nei<br />
freddi mesi invernali. Ricordo i suoi racconti di guerra e di “Pippo”, aviatore killer,<br />
che andava alla ricerca di spiragli di luce notturni per poter liberare la sua voglia<br />
omicida, ma anche le sue storie di anguàne e salbanéli che popolavano il “Faèo” e<br />
stendevano di notte le lenzuola della lissia. Ricordo il suo sordo e celato pianto, le<br />
sue bianchissime caviglie a bagno nella mestéla per alleviare dolori e fatica. Le sue<br />
mani “invase” dai crépi e il suo viso scrostato dal freddo e dal sole. Le stesse mani<br />
che “riscaldavano” le culate di noi figli di ritorno dall’oratorio con l’usuale ritardo dopo<br />
gli infuocati tornei di calcéto e ping-pong. Mani che non conoscevano guanti e che avevano<br />
unghie non certo smaltate e tanto meno lunghe e curate. Mai vista mia madre senza travérsa