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Luigi Narni Mancinelli Scene del mostro Immaginario ... - ImageShack

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di un ordine definitivo, sicchè felice può essere solo l'uomo che, adeguandosi alla misura, obbedisce<br />

e crede, allora il <strong>mostro</strong> appare a sconfessare ogni normalità, a dire miserabile l'obbedienza e stola<br />

la credenza. Il <strong>mostro</strong> è un cavaliere che trascina in luoghi pericolosi, ci dice Elfriede Jelinek, ma<br />

nello stesso tempo libera dal dogmatismo e incita alla creazione immaginaria (ma presto pratica) di<br />

nuovi mondi. Nel 'postmoderno', dentro e contro le culture <strong>del</strong> 'new age', il <strong>mostro</strong> ci salverà, forse,<br />

dalla nostalgia <strong>del</strong>la vita semplice e nuda; sicuramente ci mette in contatto con il laboratorio <strong>del</strong>la<br />

dismisura tecnica e dentro a questo ci fa inventare una realtà che noi vogliamo prodotto di potenza<br />

collettiva”[22].<br />

Il libro di Toni Negri e Michael Hardt “Comune. Oltre il pubblico e il privato” completa la trilogia<br />

iniziata da Impero e Moltitudine. Anche questo lavoro risulta molto ambizioso, infatti i due autori<br />

intendono costruire <strong>del</strong>le basi filosofiche, economiche e antropologiche ad una politica<br />

anticapitalista nell’epoca <strong>del</strong>la globalizzazione. Per costituire un racconto convincente Negri e<br />

Hardt chiamano a raccolta una serie di autori di cui forniscono una loro particolare interpretazione :<br />

dalla biopolitica di Foucault all’ontologia di Spinoza e Nietzsche passando per una rilettura di Marx<br />

e Deleuze. Il punto di partenza di Comune sta proprio in una distinzione “suggerita dallo stesso<br />

Foucault ma che egli non utilizza con sistematicità, quella tra biopotere e biopolitica. Il primo può<br />

essere sommariamente definito come il potere sulla vita, il secondo come il potere <strong>del</strong>la vita che<br />

resiste e determina una produzione di soggettività alternativa al biopotere”[23]. Così come le lotte<br />

operaie hanno preceduto lo sviluppo capitalistico e lo hanno condizionato, allo stesso modo la<br />

produzione di soggettività esercitata dalle singolarità viene prima ed eccede, nonostante i tentativi<br />

di cattura e asservimento, il biopotere. Questa interpretazione costruttiva di Foucault, non condivisa<br />

da autori come Esposito ed Agamben, si ricollega ad un’antropologia positiva molto legata al<br />

pensiero di Spinoza <strong>del</strong>la potenza <strong>del</strong> corpo così come al principio di individuazione nietzschiano e<br />

alla stessa volontà di potenza. Bando ad ogni tristezza e ad ogni discorso sull’impotenza <strong>del</strong>la<br />

soggettività, esclamano Negri e Hardt, ogni singolarità è irriducibile ad una impossibile “nuda vita”<br />

ed al controllo totale <strong>del</strong> potere su di essa : vi è invece presente anche nella povertà e nell’amore dei<br />

singoli la forza per rompere le catene e costruire altri mondi diversi da quello esistente dominato<br />

dalla logica <strong>del</strong> profitto e <strong>del</strong>l’appropriazione privata fatta dal capitalismo. Con un passaggio logico<br />

conseguente i due autori legano questa potenzialità di produzione di soggettività ad un discorso<br />

economico in cui la cooperazione costituisce appunto il fondamento <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong>la società. La<br />

cooperazione è una forma potente di produzione legata al lavoro in comune, un lavoro sociale e<br />

biopolitico, che potrebbe non avere bisogno <strong>del</strong> controllo <strong>del</strong> capitalismo : “Un primo mutamento<br />

assai importante è che oggi lo sfruttamento non ha più una funzione prevalentemente interna alla<br />

produzione, ma è diventato un mero strumento di dominio”[24]. Questa asserzione (che porta a<br />

compimento tutto il pensiero negriano degli anni precedenti, dal concetto di operaio sociale a quello<br />

di autovalorizzazione e dei “pre-requisiti di comunismo” e di fine <strong>del</strong>la transizione) chiaramente si<br />

trascina a catena tutta una successiva analisi di come, nel progetto anticapitalista <strong>del</strong> libro, questa<br />

cooperazione produttiva <strong>del</strong>le singolarità possa effettivamente sganciarsi da questo dominio<br />

parassitario <strong>del</strong> capitale e di come si possa fuggire dalla Repubblica fondata sulla proprietà privata.<br />

Tutta la storia <strong>del</strong>la filosofia e <strong>del</strong>la politica moderna viene quindi riletta sotto questa luce positiva<br />

ed ottimistica di un “comune” che tenta di svincolarsi dagli argini impostigli sia dal privato che<br />

dallo Stato. Su questo Negri e Hardt sono chiari, se il capitalismo tenta di impossessarsi <strong>del</strong>la<br />

cooperazione produttiva e comune, anche il Socialismo fondato sulla gestione pubblica e quindi<br />

statale non è in grado di contenere in termini progressivi questa potenza, così come la storia <strong>del</strong><br />

fallimento dei regimi <strong>del</strong>l’Est dimostra. Riprendendo la distinzione tra socialismo e comunismo,<br />

una distinzione netta e qualitativa, le cose sono in questi termini : “A un livello esclusivamente<br />

concettuale, possiamo iniziare a definire il comunismo in questo modo : ciò che la categoria <strong>del</strong><br />

privato è per il capitalismo e ciò che la categoria <strong>del</strong> pubblico è per il socialismo, la categoria <strong>del</strong><br />

comune è per il comunismo”[25]. Il libro procede dunque nel tentativo di rileggere anche il pensiero<br />

marxiano alla luce di questi cambiamenti dovuti alla svolta biopolitica <strong>del</strong>la produzione, una<br />

produzione che non è solo “immateriale”, ma è piuttosto legata alla creazione di simboli, immagini,<br />

codici e più in generale di soggettività e <strong>del</strong>la vita stessa. Il comune e la produzione cooperativa

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