Luigi Narni Mancinelli Scene del mostro Immaginario ... - ImageShack

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iopolitica però non sono visti nemmeno in chiave unicamente positiva, ma anzi vi sono molte ambivalenze e corruzioni nel comune così come vi sono nella moltitudine : ad esempio la famiglia, l’impresa e la nazione sono tre forme di corruzione del comune, tre istituzioni in cui il comune e la cooperazione sono distorti e limitati. Per affrontare l’esodo dalla Repubblica della proprietà occorrerà dunque costruire una rinnovata organizzazione politica : non c’è nessuno spontaneismo e nessuna necessitante liberazione, ma anzi bisogna aspettarsi la creazione nelle lotte per il comune di un’organizzazione fondata dentro il corpo sociale della cooperazione e dunque della moltitudine. Qui Hardt e Negri riprendono in parte dei temi già esposti nelle due opere precedenti della trilogia, e quindi abbiamo la proposta politica di una forza modellata sulla forma plurale ed aperta della moltitudine, un’organizzazione che per statuto non potrà mai essere basata sulla concezione di “avanguardia” o di partito modellato sullo Stato. Sulle trasformazioni dello Stato, infatti, gli autori completano e aggiornano quanto detto dieci anni fa con Impero, dopo il tentativo fallito del golpe dell’unilateralismo americano e l’impossibilità stessa del multilateralismo. La governance imperiale si costituisce dunque attraverso una serie di dispositivi che rimodellano e tolgono prerogative agli Stati nazionali sia dall’alto, con i grandi organismi internazionali e le imprese transnazionali, che dal basso con i meccanismi di gestione del territorio di queste “aristocrazie” imperiali. In questo quadro teorico, dunque, si innesta la proposta negriana di metamorfosi e di trasformazione mostruosa delle singolarità che compongono la moltitudine. Il nuovo soggetto rivoluzionario si formerà attraverso l'autoabolizione della propria identità di partenza in un processo di violento scontro con i poteri costituiti che degradano e corrompono il comune per poi ritrovarsi sulle nuove sponde che nascono nel rinnovamento che esige questa trasformazione delle singolarità. In questo senso la politica rivoluzionaria immaginata da Negri e Hardt, lungi dal riproporre una classica lettura dei soggetti oppressi inseriti in una dialettica della classe che aspira al potere tramite il partito e le funzioni normali della lotta politica, innesta il “mostro” in una lettura individualizzata di questo nuovo processo trasformativo. Ogni singolarità è rivoluzionaria, si sposta verso un comune non limitato e contenuto dal capitalismo vampiresco e con amore diviene essa stessa qualcosa di nuovo, così come nuova sarà tutta la società. Una lettura, questa del mostro all'interno di un divenire comunismo del capitalismo, che appare troppo semplicistica e fuorviante. Desta infatti una grossa perplessità la forzatura dei processi e di tendenze in atto nel capitalismo contemporaneo difficilmente leggibili in questi termini assolutistici. Sulla parte delle premesse filosofiche spinoziane e deleuziane (sarebbe forse più onesto però chiamarle semplicemente “negriane”…) di una resistenza “attiva” e di una produzione biopolitica nascente dai corpi e dall’amore e dalla povertà ecc. queste perplessità aumentano : senza voler sposare per forza un’antropologia “pessimistica” tutta bloccata da un potere immutabile e totalizzante, il prodotto che ci confeziona Toni Negri mi sembra troppo bello per essere vero. Ad esempio il filosofo Slavoj Zizek, come riportano gli stessi Negri e Hardt nel libro, ha fatto un’impertinente e corrosiva critica al concetto di moltitudine : “Zizek chiama in causa il fenomeno della proliferazione delle molteplicità e delle differenze che il capitale crea per popolare il mercato e per allargare il consumo mediante un’infinita varietà di merci e di desideri che esse suscitano. L’eterogeneità della moltitudine e la sua dispersione sono simmetriche al dispiegamento decentrato e deterritorializzato del capitale. Anche quando crede di essersi disposta alla resistenza, l’azione della moltitudine non fa altro che replicare e confermare la qualità del comando capitalistico. Una trasformazione radicale portata avanti da un’opposizione autenticamente rivoluzionaria al dominio del capitale, secondo Zizek, non si incarnerà mai, come è il caso della moltitudine, in un soggetto che si costituisce all’interno del rapporto di capitale”[26]. Quanto meno, occorre aggiungere alla ricostruzione della critica di Zizek, dall’interno dei rapporti di capitale non è detto che sorga una soggettività eguale e contraria alla forza del capitalismo : pur di evitare ogni forzatura volontarista nel pensiero negriano si arriva all’estremo opposto di una teleologia necessitante della liberazione. Certo i rapporti tra interno-esterno e la questione dello Stato (e della sua eventuale “scomparsa”) andrebbero affrontati con maggiore cautela e con minori slanci ottimistici. Ad esempio sulla questione del deperimento delle funzioni statuali si fa molta confusione, quando siamo di fronte a degli spostamenti e dei cambiamenti di ruolo nell’ottica di un potere che è ben lungi dall’autoestinguersi : più che la teoria
filosofica e politica è la prassi rivoluzionaria che conferma la presenza, seppure rinnovata e modificata, del sistema del “Profit State”. Allo stesso modo è saggio aspettare prima di dichiarare definitivamente conclusa e declinata l’egemonia degli Usa nel pur complesso sistema di poteri internazionali della globalizzazione. Inoltre, sembra piuttosto ingenerosa la condanna tout court del Socialismo come sistema burocratico statuale, quando invece si potrebbero fare numerosi esempi storici genealogici della possibilità di una gestione del pubblico aperta alla partecipazione ed al controllo operaio o dei cittadini : in questo senso espungere completamente dalla prospettiva anticapitalista una visione diversa, non burocratica ed oppressiva, del Socialismo è un regalo troppo grosso fatto al capitalismo ed ai suoi difensori. Dalla natura evolutiva del capitalismo, letta in un cortocircuito tra processi economici e filosofia delle soggettività, i mostri che emergono sono di varia natura e non sempre prefigurano, a differenza di ogni attesa ottimistica e necessitante, il dilà di venire di questo sistema di sfruttamento. I mostri continuano a fronteggiarsi sulla scena della produzione di valore e dello sfruttamento da lì organizzato, ma è difficile immaginarsi una così facile linea evolutiva del mostro. Gli angeli evocati per la nostra liberazione spesso hanno le fattezze dei mostri della nostra cattiva coscienza, ma vale anche il discorso contrario e magari il mostro che ci libererà, se mai avverrà questa liberazione, non sarà come ce lo immaginiamo.
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