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Sieog 2-2008

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Vol. VII, n. 2, Maggio-Settembre <strong>2008</strong> - ISSN 1594-1361<br />

Rivista ufficiale di informazione della SIEOG<br />

Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica<br />

e Metodologie Biofisiche<br />

www.sieog.it


Rivista ufficiale di informazione della SIEOG<br />

Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica<br />

e Metodologie Biofisiche<br />

Vol.VII, n. 2, Maggio-Settembre <strong>2008</strong> - ISSN 1594-1361<br />

Direttore Scientifico<br />

TULLIA TODROS<br />

presidente@sieog.it<br />

Coordinatore Editoriale<br />

GIUSEPPE CALÌ<br />

pinocali@tiscalinet.it<br />

Responsabili Scientifici<br />

GIANCARLO CONOSCENTI<br />

gconoscenti@alice.it<br />

GIANPAOLO MASO<br />

gianpaolomaso@yahoo.it<br />

I


Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica e Metodologie Biofisiche<br />

PRESIDENTE<br />

Tullia Todros<br />

presidente@sieog.it<br />

PAST PRESIDENT<br />

Paolo Scollo<br />

pscollo@unict.it<br />

VICEPRESIDENTI<br />

Giuseppe Canzone<br />

gicanzone@tiscali.it<br />

Dario Paladini<br />

paladini@unina.it<br />

CONSIGLIERI<br />

Giovanni Gesmundo<br />

giovannigesmundo@alice.it<br />

Simona Melazzini<br />

s.melazzini@libero.it<br />

Carla Sacchini<br />

carla.sacchini@asmn.re.it<br />

Francesco Torcia<br />

francesco.torcia@uniroma1.it<br />

Paolo Volpe<br />

paolo-volpe@libero.it<br />

Copyright © <strong>2008</strong><br />

Progetto Grafico: EDITEAM Gruppo Editoriale.<br />

Via Gennari 81, 44042 Cento (Fe)<br />

Tel. 051.904181/903368 - Fax 051.903368<br />

www.editeam.it staff@editeam.it<br />

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, tradotta, trasmessa o memorizzata in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo<br />

senza il permesso scritto dell’Editore.<br />

L’Editore declina, dopo attenta e ripetuta correzione delle bozze, ogni responsabilità derivante da eventuali errori di stampa, peraltro sempre possibili.<br />

Autorizzazione Tribunale Bologna n° 7198 del 22.02.2002<br />

Finito di stampare nel mese di Settembre <strong>2008</strong>.<br />

SEGRETARIO<br />

Fabrizio Taddei<br />

taddei.fabrizio@tiscali.it<br />

TESORIERE<br />

Cinzia Taramanni<br />

c.taramanni@sieog.it<br />

cinzia.taramanni@alice.it<br />

Tel. 06 55.94.671<br />

Fax 06 55.36.32.03<br />

SEGRETERIA PERMANENTE E TESORERIA<br />

Via dei Soldati, 25 - 00186 ROMA<br />

Tel. 06 6875119<br />

Fax 06 6868142<br />

C/C postale N. 20857009<br />

info@sieog.it


Editoriale<br />

Sommario<br />

PREVENZIONE E PREDIZIONE DEL PARTO PRETERMINE SPONTANEO:<br />

RUOLO DELL’ECOGRAFIA TRANSVAGINALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. IV<br />

P. Scollo, G. Conoscenti<br />

Lettera del Presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 1<br />

Area Medico-Legale<br />

RESPONSABILITA’ MEDICA NEL PRELIEVO DI MATERIALE BIOLOGICO FETALE:<br />

PROFILI MEDICO-LEGALI E CONTRIBUTO CASISTICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 5<br />

F. Buzzi, M. C. Fidone<br />

Area Aggiornamento Professionale<br />

RUOLO DELL’ECOGRAFIA ENDOVAGINALE NELLA SORVEGLIANZA<br />

DELLA PAZIENTE IN HRT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 19<br />

E. Ferrazzi, S. Rigano<br />

CONSIGLI E REGOLE UTILI PER PREPARARE E PRESENTARE UNA RELAZIONE<br />

MEDICO-SCIENTIFICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 23<br />

G. Conoscenti, G. Calì, F. Labate, P. Scollo<br />

ESAME ECOGRAFICO DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE FETALE:<br />

LINEE GUIDA PER L’ESAME DI BASE E PER LA NEURO SONOGRAFIA FETALE . . . . . . . “ 28<br />

G. Malinger,A. Monteagudo, G. Pilu, I.Timor-Tritsch,A.Toi<br />

Area Soci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 36<br />

III


PREVENZIONE E PREDIZIONE DEL<br />

PARTO PRETERMINE SPONTANEO:<br />

RUOLO DELL’ECOGRAFIA<br />

TRANSVAGINALE<br />

P. Scollo, G. Conoscenti<br />

Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia,<br />

Azienda Ospedaliera Cannizzaro, Catania<br />

INTRODUZIONE<br />

Nonostante i recenti progressi in campo clinico e terapeutico,<br />

sia nel versante ostetrico che neonatologico, il<br />

parto pretermine (PPT) rappresenta una delle maggiori<br />

sfide della medicina moderna. Negli ultimi trent’anni<br />

l’incidenza della prematurità, che in Europa è del 5-7%,<br />

non si è ridotta; se da una parte si è registrata una diminuzione<br />

della mortalità neonatale, dall’altra è aumentato<br />

il tasso di conseguenze a breve e lungo termine e<br />

di disabilità nei soggetti sopravvissuti. Il peso maggiore è<br />

rappresentato dalle nascite ad epoche gestazionali molto<br />

precoci (< 32 settimane) che, pur rappresentando meno<br />

del 2% circa di tutti i parti (1), sono responsabili del<br />

35-60% delle morti neonatali (2) e determinano per i<br />

sopravvissuti l’impegno di una quantità rilevante di risorse<br />

economiche e sociali (3, 4).<br />

Per il PPT spontaneo, che rappresenta i 2/3 dei parti<br />

< 37 settimane, è stato suggerito il termine più appropriato<br />

di “sindrome del PPT”, in quanto rappresenta il risultato<br />

finale comune a numerosi processi patologici con<br />

eziopatogenesi differente e manifestazioni eterogenee<br />

(5-7). La conoscenza ancora limitata dei fattori di rischio,<br />

dell’eziologia e dei meccanismi patogenetici è responsabile<br />

delle difficoltà diagnostiche e della mancanza sia di strategie<br />

preventive efficaci che di un trattamento causale.<br />

La raccolta anamnestica dei fattori di rischio, il più importante<br />

dei quali è rappresentato dalla storia di un PPT<br />

in una gravidanza precedente (8, 9), consente di individuare<br />

solo il 17% dei casi di PPT spontaneo (10). I criteri<br />

clinici di PPT sono altrettanto scarsamente predittivi:<br />

se da una parte è dimostrato che il 70-80% di donne<br />

con contrazioni partorisce a termine senza effettuare<br />

terapia (11), dall’altra l’esame digitale non è in grado<br />

di identificare le modificazioni iniziali che coinvolgono la<br />

porzione sopravaginale della cervice uterina (12, 13).<br />

L’ecografia transvaginale (ETV) rappresenta uno strumento<br />

semplice, obiettivo, riproducibile, ben accettato dalle<br />

pazienti, poco costoso e presente in quasi tutti i reparti<br />

di ostetricia, in grado di individuare le modificazioni precoci<br />

della cervice uterina non valutabili con l’esame digitale,<br />

quali dilatazione dell’orificio uterino interno (OUI)<br />

e riduzione della lunghezza cervicale. E’ dimostrato che<br />

una lunghezza cervicale < 25 mm fra 14 e 24 settimane<br />

è associata ad un aumento del rischio di PPT spon-<br />

Editoriale<br />

IV<br />

taneo e che la valutazione del canale cervicale con ETV<br />

nel secondo trimestre rappresenta un metodo utile per<br />

il calcolo del rischio di PPT, sia in gravide a basso rischio<br />

(12, 14-17) che ad alto rischio di PPT (18-23).<br />

Nella pletora di pubblicazioni scientifiche esistenti sul ruolo<br />

dell’ETV come predittore di PPT è difficile definire l’accuratezza<br />

diagnostica della metodica (sensibilità 20-90%;<br />

valore predittivo positivo 2-55%) e individuare la lunghezza<br />

del canale cervicale (cut-off) in grado di identificare<br />

la popolazione a maggior rischio di PPT imminente (12,<br />

16, 22, 24, 25).<br />

Il dato più utile è certamente l’elevato valore predittivo<br />

negativo (VPN) dell’ETV, cioè la capacità di prevedere che<br />

in presenza di un canale cervicale lungo il PPT non si verifichi.<br />

E’ infatti dimostrato che con una lunghezza cervicale<br />

> 25 mm e > 15 mm, rispettivamente in gravide<br />

asintomatiche e con segni e/o sintomi di PPT, il rischio<br />

di PPT entro la 1 settimana si riduce a meno dell’1%<br />

(14, 26). La cervicometria con ETV è quindi particolarmente<br />

valida nell’individuare i casi con un basso rischio<br />

di PPT imminente e consente di evitare ospedalizzazione<br />

e terapie non necessarie e potenzialmente pericolose,<br />

soprattutto nelle gravide asintomatiche ma ad alto rischio<br />

anamnestico di PPT e in quelle con minaccia di PPT.<br />

Secondo le evidenze della letteratura, la valutazione del<br />

canale cervicale con ETV non viene raccomandata come<br />

test di screening per il PPT nel 2° trimestre nella popolazione<br />

ostetrica generale. Ciò è dovuto alla bassa prevalenza<br />

del PPT in donne asintomatiche senza fattori di<br />

rischio, responsabile a sua volta del tasso elevato di falsi<br />

positivi e del basso valore predittivo positivo (VPP).<br />

Viceversa, nelle gravide asintomatiche a rischio anamnestico<br />

di PPT, caratterizzate da una prevalenza maggiore<br />

della condizione, la metodica ha una maggiore accuratezza<br />

diagnostica ed è quindi giustificata quale test di<br />

screening nel 2° trimestre, come documentato da una<br />

recente meta-analisi (27). La selezione delle gestanti da<br />

sottoporre a ETV basata sulla sola storia clinica ha però<br />

un effetto limitato nella predizione del PPT poiché circa<br />

il 50% delle gravide che partorisce prima del termine non<br />

presenta fattori di rischio.<br />

Due filoni di ricerca sembrano essere particolarmente<br />

interessanti relativamente al ruolo predittivo di PPT dell’ETV<br />

e alla identificazione delle donne da sottoporre a<br />

valutazione ecografica della cervice uterina nel secondo<br />

trimestre di gravidanza.<br />

RUOLO DELLA CERVICOMETRIA<br />

NELLA SOMMINISTRAZIONE<br />

PROFILATTICA DI PROGESTERONE<br />

E’ nota da tempo l’importanza del progesterone nel mantenimento<br />

della gravidanza e si sa che la riduzione materna<br />

di tale ormone ha un ruolo centrale nel meccanismo<br />

iniziale del parto (6, 28). La somministrazione di pro-


gestinici nella prevenzione dell’aborto spontaneo e del<br />

PPT si basa su tali premesse.<br />

In un recente trial clinico randomizzato multicentrico, effettuato<br />

su un cospicuo numero di pazienti, O’Brien e<br />

coll. hanno dimostrato che in gravide a rischio anamnestico<br />

di PPT spontaneo la somministrazione profilattica<br />

di progesterone per via vaginale a partire dal secondo<br />

trimestre non riduceva la percentuale di ricorrenza di tale<br />

evento < 32 settimane né il tasso di mortalità e morbilità<br />

neonatale (29). Il disegno dello studio prevedeva<br />

l’arruolamento fra 18+0 e 22+6 settimane gestazionali<br />

di donne con gravidanza monofetale senza segni o sintomi<br />

di travaglio pretermine nella gravidanza attuale e con<br />

storia di PPT spontaneo nella gravidanza monofetale immediatamente<br />

precedente (659 casi), randomizzate in un<br />

gruppo (332 casi) trattato con progesterone per via vaginale<br />

(90 mg al dì in gel) e in un gruppo di controllo<br />

(327 casi) trattato con placebo. Il trattamento veniva protratto<br />

fino all’eventuale parto pretermine o a 37+0 settimane.<br />

La scelta dell’end-point (prevenzione del PPT<br />

< 32 settimane) è dovuta all’evidenza che al di sotto di<br />

quest’epoca gestazionale sono riportati i maggiori tassi<br />

di mortalità e morbilità neonatale. Gli Autori avanzano<br />

un’interessante ipotesi per spiegare i loro risultati: le donne<br />

gravide con storia di pregresso PPT rappresentano<br />

una popolazione eterogenea in cui probabilmente esiste<br />

un gruppo di pazienti che può beneficiare della somministrazione<br />

profilattica di progestinici sin dal secondo<br />

trimestre per ridurre il tasso di PPT spontaneo. Questo<br />

sottogruppo di pazienti, cosiddetti responders, sembra<br />

essere rappresentato da gravide senza segni e/o sintomi<br />

di PPT spontaneo con cervice precocemente corta<br />

che possono essere facilmente identificate mediante valutazione<br />

ecografia con sonda vaginale nel secondo trimestre.<br />

Due studi supportano tale ipotesi.<br />

Nel trial randomizzato controllato multicentrico doppio<br />

cieco pubblicato da Fonseca e coll. (30) 250 gravide asintomatiche<br />

(gravidanze sia monofetali che gemellari) con<br />

cervice corta individuata con ETV a 20-25 settimane di<br />

gestazione (lunghezza cervicale ≤ 15 mm) sono state trattate<br />

da 24 a 34 settimane con 200 mg di progesterone<br />

(125 casi) o con placebo (125 casi) per via vaginale. Lo<br />

studio ha dimostrato che l’assunzione profilattica di progesterone<br />

determinava un tasso di PPT < 34 settimane<br />

significativamente più basso rispetto al gruppo di controllo<br />

(19,2% contro 34,4%). Un’analisi secondaria dei dati<br />

indica che tale riduzione era presente in maniera significativa<br />

nelle donne senza anamnesi positiva di PPT<br />

< 34 settimane (17,9% contro 31,2%) e in caso di gravidanza<br />

monofetale (17,5% contro 32,1%), mentre non<br />

sono state dimostrate differenze significative nel sottogruppo<br />

di gravidanze gemellari. Il trial non ha invece dimostrato<br />

alcuna differenza in termini di mortalità e morbilità<br />

perinatale fra i casi trattati e i casi controllo, anche<br />

se è importante riconoscere che da un punto di vista<br />

statistico la ricerca non era stata disegnata con una casistica<br />

sufficiente per valutare questi outcome. Gli Autori<br />

suggeriscono la validità di una strategia di screening ecografico<br />

nel secondo trimestre rivolto alla popolazione<br />

V<br />

ostetrica generale al fine di individuare le gravide asintomatiche<br />

con cervice corta che possono giovarsi della<br />

somministrazione profilattica vaginale di progesterone per<br />

ridurre il tasso di PPT spontaneo precoce.<br />

Nello studio multicentrico retrospettivo di De Franco e<br />

coll. (31) la somministrazione vaginale di progesterone (19<br />

casi) a partire da 18-22 settimane in gravide asintomatiche<br />

a rischio anamnestico di PPT spontaneo e/o con riduzione<br />

della lunghezza cervicale identificata con ETV nel<br />

secondo trimestre (< 28 mm) si è dimostrata significativamente<br />

efficace, rispetto al placebo (27 casi), non solo<br />

nel ridurre il tasso di PPT spontaneo ≤ 32 settimane<br />

(0% contro 29,6%) ma anche nel migliorare l’outcome<br />

neonatale, espresso in termini di tasso di ricoveri e giorni<br />

di permanenza in unità di terapia intensiva neonatale<br />

(rispettivamente 15,8% contro 51,9% e 1,1 giorni contro<br />

16,5 giorni). Il limite di questa ricerca è che si tratta<br />

di un’analisi secondaria del più vasto trial randomizzato<br />

precedentemente descritto (29) condotto per valutare<br />

l’efficacia della somministrazione vaginale di progesterone<br />

nella prevenzione del PPT spontaneo in donne con<br />

gravidanze monofetali. Gli Autori concludono che mentre<br />

la somministrazione profilattica di progesterone non<br />

è in grado di ridurre il tasso di PPT spontaneo in gravide<br />

asintomatiche con fattori di rischio solamente di tipo<br />

anamnestico, l’ETV rappresenta un valido ed obiettivo test<br />

di screening del secondo trimestre per identificare le<br />

pazienti con cervice corta (< 28 mm) in grado di giovarsi<br />

di tale terapia e in cui sia quindi possibile prevenire<br />

il PPT spontaneo e migliorare l’outcome neonatale.<br />

RUOLO DEL “FANGO” AMNIOTICO<br />

(AMNIOTIC FLUID “SLUDGE”)<br />

COME FATTORE DI RISCHIO DI PPT<br />

Esistono numerose evidenze relative all’associazione fra<br />

la presenza di materiale corpuscolato iperecogeno flottante<br />

nel liquido amniotico, definito “amniotic fluid sludge”<br />

nella letteratura anglosassone (“fango” amniotico), e<br />

PPT imminente, invasione microbica della cavità amniotica<br />

(MIAC) e corionamnionite istologica, sia in gravide<br />

con minaccia di PPT spontaneo a membrane integre che<br />

in gravide asintomatiche con fattori di rischio anamnestici<br />

di PPT (32, 33). E’ stata avanzata l’ipotesi che il “fango”<br />

amniotico, individuabile mediante ETV in prossimità<br />

dell’OUI (Fig. 1), sia costituito da aggregati di batteri e<br />

cellule della risposta infiammatoria e che la sua presenza<br />

rappresenti un segno di MIAC e di processo infiammatorio<br />

in corso (34).<br />

Kusanovic e coll. (35) hanno recentemente dimostrato<br />

che, rispetto alla lunghezza cervicale misurata con ETV,<br />

la presenza di “fango” amniotico nel secondo trimestre<br />

rappresenta un predittore indipendente di PPT spontaneo<br />

e PPROM in donne con gravidanza monofetale, asintomatiche<br />

e con fattori di rischio per PPT (storia di aborto<br />

spontaneo del 2° trimestre o di PPT, cervice corta<br />

< 25 mm nel 2° trimestre, anomalie mulleriane, pregressa<br />

conizzazione cervicale). Lo studio, di tipo retrospetti-


vo caso-controllo, prevedeva una valutazione della cervice<br />

uterina con ETV fra 13 e 29 settimane in 281 gravide<br />

asintomatiche e a rischio di PPT. I risultati hanno dimostrato<br />

che le pazienti con evidenza di “fango” amniotico<br />

(23,5% dei casi) avevano lunghezza cervicale media<br />

inferiore (15 mm contro 27 mm), età gestazionale più<br />

precoce al parto (31 settimane contro 38 settimane), minore<br />

peso neonatale (1.430 gr contro 2.868 gr), intervallo<br />

ETV-parto più breve (127 giorni contro 161 giorni),<br />

PPROM più frequente (39,4% contro 13,5%), più precoce<br />

(24,7 contro 32,3 settimane) e con intervallo ETV-<br />

PPROM ridotto (23 giorni contro 57 giorni) e maggiore<br />

tasso di MIAC (21,7% contro 0%), infiammazione intra-amniotica<br />

(27,3% contro 3,6%), corionamnionite clinica<br />

(15,2% contro 5,1%), istologica (61,5% contro 28%)<br />

e funisite (32,3% contro 19,2%). Fra gli outcome neonatali,<br />

erano più frequenti sepsi (27,1% contro 5,8%), morbilità<br />

severa (47,9% contro 17%) e mortalità (12,2% contro<br />

0,5%).<br />

Figura 1: Ecografia transvaginale nel secondo trimestre che<br />

mostra una lunghezza cervicale ridotta (10,8 mm) e la presenza<br />

di “fango” amniotico (freccia), rappresentato da materiale<br />

ecogeno in prossimità dell’orificio uterino interno.<br />

OUI: orificio uterino interno; OUE: orificio uterino<br />

esterno.<br />

La presenza del “fango” amniotico è risultata inversamente<br />

proporzionale alla lunghezza cervicale (69%, 49%, 35%<br />

e 12% con una cervicometria rispettivamente < 5 mm,<br />

< 15 mm, < 25 mm e > 30 mm) e, stratificando per età<br />

gestazionali, le pazienti con “fango” amniotico avevano un<br />

maggiore tasso di PPT < 28 sett. (46,5% contro 5,8%),<br />

< 32 sett. (55,6% contro 12,3%) e < 35 sett. (62,2% contro<br />

19,9%).<br />

Un’analisi molto interessante riguarda il sottogruppo di<br />

174 gravide esaminate con ETV a 14-24 settimane: in<br />

questi casi l’evidenza del “fango” amniotico aumentava<br />

la predittività di PPT < 28 settimane e < 32 settimane<br />

(ma non < 35 settimane) della cervicometria. L’associazione<br />

di lunghezza cervicale < 25 mm e presenza di “fango”<br />

amniotico conferiva un odds ratio di 14,8 e 9,9 per<br />

PPT rispettivamente < 28 sett. e < 32 sett., contro 6,8<br />

e 6,1 della sola cervicometria.<br />

VI<br />

Questo studio nonostante i suoi limiti, rappresentati dal<br />

disegno retrospettivo, dalla soggettività della diagnosi ecografica<br />

di “fango” amniotico e dall’elevato tasso di PPT nel<br />

campione studiato (parto < 37 settimane nel 42% dei casi),<br />

indica che in gravide asintomatiche a rischio per PPT<br />

(rischio anamnestico e/o lunghezza cervicale ≤ 25 mm nel<br />

secondo trimestre di gravidanza) il riscontro ecografico<br />

di “fango” amniotico va considerato un fattore di rischio<br />

indipendente per outcome avverso della gravidanza.<br />

CONCLUSIONI<br />

Il fallimento nel ridurre la prevalenza del PPT negli ultimi<br />

30 anni è la conseguenza di metodi di screening inadeguati<br />

e della mancanza di strategie preventive efficaci.<br />

Numerose evidenze hanno dimostrato la capacità degli<br />

ultrasuoni di identificare la maggior parte delle donne ad<br />

alto rischio di PPT spontaneo: la misura del canale cervicale<br />

con ETV rappresenta il miglior predittore singolo<br />

di PPT spontaneo (12) ed è di gran lunga superiore rispetto<br />

alla storia di pregresso PPT (17). Ciononostante,<br />

il basso VPP e l’elevato VPN della metodica hanno indirizzato<br />

la valutazione cervicale con ETV per la previsione<br />

e prevenzione del PPT alle gestanti con fattori anamnestici<br />

di rischio, che però rappresentano non più della<br />

metà delle donne che partoriscono prima del termine.<br />

I risultati degli studi commentati in questo editoriale inducono<br />

ad alcune importanti considerazioni che hanno<br />

una potenziale ricaduta pratica. L’assegnazione del rischio<br />

di PPT deve necessariamente prendere in considerazione<br />

la valutazione ecografica della cervice uterina nel secondo<br />

trimestre nella popolazione di gravide senza fattori<br />

di rischio anamnestico. Le pazienti a rischio così individuate<br />

(lunghezza cervicale ≤ 25 mm e/o presenza di<br />

“fango” amniotico) possono beneficiare sia di metodiche<br />

diagnostiche ancillari in grado di migliorare la predittività<br />

dell’ETV, quali la ricerca nel secreto cervico-vaginale della<br />

fibronectina fetale (36, 37) o dell’isoforma fosforilata<br />

dell’insulin-like growth factor binding protein-1 [phIGFBP-<br />

1] (38, 39), che della somministrazione profilattica di progesterone<br />

per via vaginale (30, 31).<br />

In questi termini, al fine di migliorare la sicurezza materno-fetale<br />

da una parte e ottimizzare l’assistenza dall’altra,<br />

la valutazione ecografica della cervice va considerata<br />

come un valido mezzo di valutazione del rischio di PPT<br />

e dovrebbe fare parte integrante dell’esame ecografico<br />

standard del secondo trimestre.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

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Gennaio 2007.<br />

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age and birthweight. Obstet. Gynecol. 2003; 102: 488-492.


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5. Romero R e coll.The preterm labor syndrome. Ann. NY Acad.<br />

Sci. 1994; 734: 414-429.<br />

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diseases. Proc. Nutr. Soc. 2002; 61: 457-463.<br />

8. Adams K e coll.The genetic contribution towards preterm delivery.<br />

Semin. Fetal Neonatal. Med. 2004; 9: 445-452.<br />

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new vs standard risk factors in predicting early and all spontaneous<br />

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23. Celik E e coll. Cervical length and obstetric history predict spontaneous<br />

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31. De Franco EA e coll.Vaginal progesterone is associated with a<br />

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double-blind, placebo-controlled trial. Ultrasound Obstet.<br />

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33. Bujold E e coll. Intra-amniotic sludge, short cervix, and risk of preterm<br />

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35. Kusanovic J e coll. Clinical significance of the presence of amniotic<br />

fluid ‘sludge’ in asymptomatic patients at high risk for spontaneous<br />

preterm delivery. Ultrasound Obstet. Gynecol. 2007; 30: 706-714.<br />

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Preterm Delivery: Phosphorylated Insulin-like Growth Factor Binding<br />

Protein-1 (pIGFBP-1) Test and Fetal Fibronectin Test. Ann. Acad.<br />

Med. Singapore 2007; 36: 399-402.


Cari Soci,<br />

Lettera del Presidente<br />

ho riletto oggi la lettera pubblicata su SIEOG News del<br />

2006, subito dopo l’insediamento dell’allora nuovo Direttivo.<br />

Ho messo a confronto quello che ci eravamo proposti<br />

due anni fa con quanto è stato realizzato.<br />

Per ciò che riguarda la formazione sono stati organizzati<br />

i corsi avanzati: uno di neurosonologia, due di ecocardiografia<br />

ed uno sulle malformazioni toraco-addominali,<br />

che hanno visto una ampia partecipazione. Mi sembra<br />

che il bilancio sia stato complessivamente positivo. Un limite<br />

evidenziato dai partecipanti è stata la mancanza di<br />

un testo su cui preparare l’esame di competenza. Per rispondere<br />

a questa esigenza sono stati approntati alcuni<br />

manuali: uno di neurosonologia ed uno di ecocardiografia;<br />

un terzo, sulle malformazioni toraco-addominali, è in<br />

fase avanzata di preparazione.<br />

I corsi sulla translucenza nucale (NT) sono stati sei. I corsi<br />

NT sono inseriti in un percorso teorico-pratico che<br />

porta all’accreditamento degli operatori. Il percorso è stato<br />

reso possibile grazie all’accordo con la Fetal Medicine<br />

Foundation (FMF), con la quale sono stati condivisi i<br />

temi trattati durante i corsi ed identificati i Centri italiani<br />

presso cui può essere effettuata la parte pratica della<br />

procedura di certificazione. Sul sito web della SIEOG<br />

(www.sieog.it) è descritto il percorso di accreditamento<br />

ed è presente il link con il sito della FMF.<br />

Sono anche stati organizzati due Corsi di Ecografia Ginecologica,<br />

con un approccio multidisciplinare, grazie alla<br />

collaborazione con la Società di Endoscopia.<br />

Inoltre, fra gli obiettivi educazionali era prevista una revisione<br />

dei corsi cosiddetti “di base”, con una differenziazione<br />

fra la preparazione alla “office ecografia”, che dovrebbe<br />

essere patrimonio di tutti gli ostetrici-ginecologi,<br />

da acquisire anche durante il Corso di Specializzazione<br />

in Ginecologia e Ostetricia, e la preparazione all’ecografia<br />

di screening, rivolta particolarmente allo screening delle<br />

malformazioni, che dovrebbe prevedere un accreditamento,<br />

ancorché non istituzionale, in analogia all’accreditamento<br />

per la NT. Queste tipologie di corso non sono<br />

state istituite. Sono convinta che la proposta rimanga valida,<br />

e spero che verrà attuata nel prossimo biennio.<br />

Un altro aspetto che ci eravamo proposti di affrontare<br />

era quello dell’informazione circa potenzialità e limiti dell’ecografia<br />

ostetrica.Volevamo raggiungere sia i medici non<br />

ecografisti, sia il grande pubblico. A tal fine è stato stipulato<br />

un accordo con l’agenzia ZADIG, che ha portato alla<br />

diffusione delle nostre Linee Guida anche presso riviste<br />

non mediche (tra le altre, sono state pubblicate in<br />

extenso sul Sole 24 Ore) ed alla pubblicazione di alcuni<br />

articoli - relativi soprattutto ai limiti dell’ecografia nello<br />

screening delle malformazioni - su riviste rivolte a pubblico<br />

medico e non medico, tra cui Tempo Medico e Cor-<br />

1<br />

riere Salute. Certamente però molto rimane da fare affinché<br />

l’informazione su potenzialità e limiti dell’ecografia<br />

ostetrica e sugli screening delle aneuploidie diventi patrimonio<br />

non solo di tutti i ginecologi, ma anche dei medici<br />

di medicina generale e dell’utenza non medica.<br />

L’attività editoriale, in collaborazione con EDITEAM, oltre<br />

alla pubblicazione dei manuali, ha visto l’uscita regolare<br />

(ogni 4 mesi) della nostra rivista SIEOG News.Avrete<br />

notato che, su ogni numero della rivista, oltre alle sezioni<br />

“classiche” (editoriale del past-president, area dedicata<br />

agli aspetti medico-legali, curata dal gruppo medico-legale,<br />

sezione curata dai coordinatori regionali) sono<br />

stati pubblicati uno o due articoli originali tradotti da<br />

Prenatal Diagnosis e Ultrasound in Obstetrics and Gynecology,<br />

a scelta del Direttivo. Questo è avvenuto grazie<br />

ad un accordo con gli editori delle due riviste.<br />

SIEOG News, oltre ad essere spedita a tutti i Soci in regola<br />

con il pagamento della quota, è ora anche disponibile<br />

on-line sul nostro sito, nell’area riservata ai Soci; viene<br />

inoltre spedita a tutti i Soci in regola con il pagamento<br />

della quota. Ci sono state lamentele per il mancato<br />

recapito della rivista, ma speriamo che i disguidi siano superati<br />

grazie al nuovo data-base a disposizione della Segreteria<br />

con l’indirizzario aggiornato.<br />

In questo periodo stiamo lavorando ad un restyling del<br />

sito. Come già detto è stata recentemente attivata l’area<br />

riservata ai Soci.Tutti dovrebbero aver ricevuto indicazione,<br />

tramite SMS, di username e password per l’accesso.<br />

Chi non l’avesse ricevuta può chiederla telefonando<br />

in sede (06.6875119).<br />

Devo dire che avevo sperato in una maggiore partecipazione<br />

da parte dei Soci, direttamente o tramite i coordinatori<br />

Regionali, nel proporre attivazione di gruppi di<br />

lavoro, progetti di ricerca, ecc.Alcuni temi erano stati suggeriti<br />

nella riunione dei Coordinatori Regionali tenutasi<br />

a Roma nel marzo 2007: la verifica delle curve di riferimento<br />

da utilizzare per la biometria fetale, l’individuazione<br />

di programmi di refertazione; purtroppo non ne è seguito<br />

un lavoro che abbia dato risultato. Credo comunque<br />

che lo stimolo a proposte di lavoro da parte dei Soci<br />

e la realizzazione di progetti condivisi sia un obiettivo<br />

da perseguire.<br />

I rapporti con altre Società scientifiche si sono concretizzati<br />

principalmente nell’organizzazione di corsi e seminari:<br />

con l’ISUOG, due corsi precongressuali in occasione<br />

del Congresso Mondiale a Firenze nel 2007 (“Ginecologia”<br />

e “Velocimetria Doppler”), con la Società Italiana<br />

della Preeclampsia, un corso precongressuale in occasione<br />

del Congresso Nazionale a Bologna 2007 (“Ecografia<br />

e preeclampsia”); con la Società Italiana di Cardiologia<br />

Pediatrica il simposio “Cardiopatie e gravidanza” che<br />

si è tenuto in occasione del Congresso Nazionale di Cardiologia<br />

Pediatrica a Bergamo 2007.


Un gruppo di lavoro su “Auxologia perinatale” è stato<br />

costituito in collaborazione con la Società Italiana di Neonatologia,<br />

la Società Italiana di Auxologia e la Società Italiana<br />

di Statistica Medica ed Epidemiologia Clinica.<br />

Per quanto riguarda i rapporti con le Istituzioni, siamo<br />

stati invitati a partecipare al gruppo di lavoro “Cure alle<br />

età gestazionali molto basse”, istituito dal Ministero della<br />

Salute nel 2007, che ha prodotto un documento sull’argomento.<br />

Sullo stesso argomento siamo coinvolti nell’attività<br />

che sta svolgendo la FNOMCeO.<br />

Stiamo inoltre partecipando ai lavori del Sistema Nazionale<br />

Linee Guida (Istituto Superiore di Sanità) per la produzione<br />

di Linee Guida sulla gravidanza fisiologica la cui<br />

pubblicazione è prevista per i primi mesi del 2009.<br />

Avevo sperato che la SIEOG potesse proporsi come interlocutore<br />

ed incidere sull’attivazione di programmi di<br />

screening delle malformazioni e delle aneuploidie a livello<br />

regionale. Un dialogo costruttivo c’è stato solo con la<br />

Regione Toscana, che abbiamo supportato dal punto di<br />

vista educazionale e che ha istituito un programma di<br />

screening delle anomalie cromosomiche mediante il test<br />

combinato. Mi sono resa conto di quanto questo tipo<br />

di impegno sia difficile, ma ritengo che vada perseguito.<br />

Infine, abbiamo richiesto, e ottenuto, l’affiliazione alla<br />

FISM (Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane)<br />

e stiamo cercando di accreditarci presso il Ministero<br />

della Salute quale provider di eventi ECM.<br />

L’attività del gruppo medico-legale ha continuato ad essere<br />

intensa: sono stati forniti circa 20 pareri tecnico<br />

scientifici richiesti dai Soci, principalmente su casi di mancate<br />

diagnosi di malformazione, ma anche di placenta previa,<br />

arteria ombelicale unica, scorretto trattamento in un<br />

caso di Doppler ombelicale patologico. E’ stato messo a<br />

punto un foglio di consenso informato per la gravida relativo<br />

allo screening prenatale per le aneuploidie, pubblicato<br />

su SIEOG News (1; <strong>2008</strong>). Il contributo a SIEOG<br />

2<br />

News è stato costante. Infine, è in corso la preparazione<br />

di un manuale relativo alle problematiche medico-legali<br />

in ecografia ostetrica che vuole porsi come riferimento<br />

nel definire le possibilità ed i limiti dell’esame ecografico<br />

e riportare l’attenzione sulle linee guida SIEOG come<br />

standard inderogabile per l’ecografia ostetrica.<br />

In conclusione, mi sembra che, pur con i limiti che ho<br />

cercato di evidenziare, la bilancia pesi a favore degli obiettivi<br />

raggiunti. Ovviamente il giudizio ultimo spetta ai Soci.<br />

Io voglio sottolineare l’impegno costante di tutti coloro<br />

che sono stati coinvolti in questi due anni nella gestione<br />

della Società, e tutti voglio ringraziare, anche per<br />

avermi sopportata: i membri del Direttivo, il segretario<br />

e la tesoriera; il coordinatore ed i responsabili scientifici<br />

di SIEOG News; i membri del gruppo medico-legale; i<br />

coordinatori regionali; le segretarie organizzative.<br />

Si potrà dire che questo Direttivo è stato più efficiente<br />

o meno efficiente nel raggiungere gli obiettivi che si era<br />

proposto, ma certamente un prodotto bellissimo c’è stato:<br />

Pietro, il bimbo di Simona Melazzini, che è nato in questi<br />

giorni.


RESPONSABILITA’ MEDICA<br />

NEL PRELIEVO DI MATERIALE<br />

BIOLOGICO FETALE:<br />

PROFILI MEDICO-LEGALI E<br />

CONTRIBUTO CASISTICO<br />

F. Buzzi, M. C. Fidone<br />

Dipartimento di Medicina Legale e Sanità Pubblica<br />

“A. Fornari”, Università di Pavia<br />

INTRODUZIONE<br />

L’attuale diffusione dei test genetici appare legata in particolar<br />

modo alle problematiche connesse alla vita riproduttiva,<br />

sia per quanto riguarda la possibilità di effettuare<br />

una diagnosi precoce di soggetti che presentano anomalie<br />

genetiche, al fine di intervenire sugli stessi per ottenere<br />

benefici per i soggetti affetti o per la famiglia (ad<br />

esempio, test sui feti o suoi neonati), sia in relazione alla<br />

possibilità di identificare gli individui a rischio di trasmissione<br />

di un disordine genetico, al fine di pianificare le scelte<br />

riproduttive di coppia.<br />

La diagnostica pre-natale può essere definita “un complesso<br />

di indagini strumentali e di laboratorio finalizzate al monitoraggio<br />

dello stato di salute del concepito durante tutto<br />

l’arco della gravidanza e pertanto permette l’individuazione<br />

di definite patologie, siano esse su base ereditaria, infettiva,<br />

iatrogena o ambientale”.<br />

Lo sviluppo e la diffusione delle indagini pre-natali ha influito<br />

in maniera significativa sulle scelte riproduttive delle<br />

coppie a rischio, consentendo loro di conoscere le caratteristiche<br />

del concepito prima della nascita, e dunque<br />

di essere tranquillizzate rispetto al suo stato di salute o,<br />

viceversa determinarsi a fronte di eventuali anomalie.<br />

La diagnosi pre-natale riveste, quindi, un forte significato<br />

“esistenziale” per la gestante, la coppia e la famiglia, rappresentando<br />

nel sistema delle cure in cui viene praticata<br />

“una nuova variabile che influenza certamente i sentimenti,<br />

le attitudini, i comportamenti degli operatori, delle<br />

gravide, dei genitori nei confronti della gravidanza”.<br />

Le indagini pre-natali realizzano il diritto dei genitori ad<br />

essere informati sempre e, dunque anche durante la vita<br />

fetale, in merito alla condizione di salute dei figli e di<br />

determinarsi in maniera consapevole e responsabile al<br />

riguardo.<br />

Nell’ambito della diagnostica pre-natale, nella quale si distinguono<br />

metodi non invasivi (ecografia fetale, indagini<br />

biochimiche e molecolari sul sangue materno) ed invasivi<br />

(villocentesi, amniocentesi, cordocentesi, fetoscopia),<br />

si colloca anche la diagnosi genetica.<br />

Le peculiarità giuridiche della diagnosi genetica pre-natale<br />

consistono essenzialmente nel fatto che essa viene<br />

effettuata non già sul soggetto richiedente l’esecuzione<br />

dell’esame, ma sul concepito. Inoltre le sue implicazioni<br />

sulla vita personale e familiare degli interessati impongo-<br />

Area Medico-Legale<br />

5<br />

no che la proposta della diagnosi pre-natale, ovvero la<br />

comunicazione dei risultati, avvengano nell’ambito di un<br />

processo di consulenza non direttiva, improntata al rispetto<br />

del principio di autonomia della gestante/coppia e, al<br />

contempo, capace di fornire agli stessi soggetti gli strumenti<br />

per determinarsi in relazione alle possibili scelte<br />

procreative che potrebbero loro presentarsi.<br />

I dati forniti dalla Società Italiana di Genetica Umana<br />

(SIGU) e dall’Istituto C.S.S. Mendel, relativi al censimento<br />

2002 dei laboratori di genetica in Italia, rivelano che<br />

le analisi più richieste alle strutture di genetica medica nel<br />

corso del 2002 risultano essere state quelle pre-natali: per<br />

quanto riguarda i laboratori di citogenetica, sono state effettuate<br />

116.990 analisi pre-natali, con incremento del 30%<br />

rispetto al 2000. I dati rilevano inoltre come la maggior<br />

parte delle gravidanze (il 20% delle quali in gestanti di età<br />

inferiore ai 35 anni) risulti monitorata con una tecnica invasiva<br />

di diagnosi pre-natale, attraverso la preoccupante<br />

offerta di cosiddetti “pacchetti diagnostici”.<br />

Risulta dunque evidente la necessità di contestualizzare<br />

ogni test genetico - dalla proposta sino all’eventuale effettuazione<br />

e, dunque, alla comunicazione del risultato -<br />

nell’ambito di una consulenza genetica fondata sull’informazione<br />

e sul significato dell’informazione da fornire al<br />

potenziale fruitore.<br />

Non a caso il Comitato Nazionale per la Bioetica ha sottolineato<br />

la necessità di un “adeguato approccio consulenziale<br />

pre- e post-diagnosi” ed in particolare dell’accertamento<br />

delle indicazioni alla diagnosi,“requisito indispensabile sul<br />

piano etico-deontologico”.<br />

Invero, i profondi risvolti psico-sociali della diffusione della<br />

diagnostica genetica pre-natale, anche in riferimento<br />

ai dati dei predetti censimenti, impongono di affrontare<br />

le forme di abuso verificate nel ricorso a tali indagini, da<br />

un lato attraverso un potenziamento e una maggiore<br />

qualificazione del processo di consulenza genetica, e dall’altro<br />

attraverso la predisposizione di linee guida contenenti<br />

indicazioni, generalmente condivise dalla comunità<br />

scientifica, per la diagnosi pre-natale in riferimento alle<br />

diverse tipologie di analisi.<br />

In linea generale, la diagnosi pre-natale dovrebbe essere<br />

indicata nei casi in cui la malattia, di cui può essere affetto<br />

il feto, sia grave ed incurabile oppure nei casi in cui<br />

sia necessaria una diagnosi al fine di instaurare terapie<br />

precoci, anche in utero, o predisporre modalità particolari<br />

per l’espletamento del parto.<br />

Tale indagine dovrebbe dunque interessare le gravidanze<br />

in cui il rischio procreativo sia prevedibile a priori, ovvero<br />

le gravidanze in cui il rischio del feto si evidenzia<br />

durante il periodo gestazionale.<br />

Alla luce delle profonde implicazioni etiche che presentano<br />

i test genetici, la consulenza genetica riveste dunque<br />

un ruolo fondamentale nella diagnostica pre-natale, oltre<br />

che per la gestione di tali problematiche, ancor prima e<br />

proprio per evitare forme di abuso nel ricorso ai test.<br />

L’accesso alla diagnosi pre-natale dovrebbe essere principalmente<br />

regolato dal principio di proporzionalità, in


presenza di un’indicazione medica che oggettivamente<br />

giustifichi il ricorso alla diagnosi, ed a seguito di un approfondito<br />

processo di comunicazione tra l’interessato<br />

e genetic counselor, nel corso del quale “si abbiano presenti<br />

le condizioni da rispettare per condurre una diagnosi<br />

eticamente lecita, che:<br />

1. rispetti la vita e l’integrità dell’embrione/feto e sia<br />

orientata alla sua salute individuale;<br />

2. faccia uso di metodi impiegati con il pieno consenso<br />

informato della madre, senza far correre rischi sproporzionati<br />

né alla madre né al figlio;<br />

3. sia orientata a favorire una serena e consapevole accettazione<br />

del nascituro, quando non siano possibili<br />

interventi terapeutici;<br />

4. rispetti l’autonomia interiore e la coscienza del medico<br />

e del genetista, anche di fronte alla richiesta di<br />

una richiesta di una diagnosi eugenetica”.<br />

Infatti, i test per la diagnosi pre-natale hanno dei limiti e<br />

dei rischi, sia per la gestante che per il feto stesso: rischi<br />

che necessitano non solo di un’informazione esauriente<br />

e dettagliata, ma anche di un’attenta valutazione da parte<br />

della gestante, per la quale sarebbe auspicabile un discreto<br />

intervallo di tempo tra l’informazione suddetta e<br />

l’esecuzione della metodica.<br />

In questa nota si presentano alcuni casi giunti alla nostra<br />

attenzione, nei quali sono emersi profili di responsabilità,<br />

in ambito sia penale che civile, dell’esecutore della<br />

metodica. Si segnalano inoltre alcune sentenze in tema<br />

di responsabilità medica colposa e in tema di falsità ideologica.<br />

Si riportano, infine, i modelli di informazione/consenso<br />

proposti dalla S.I.G.U. nel 2002 e dalla S.I.E.O.G. nel 2006,<br />

che riteniamo molto ben impostati anche dal punto di<br />

vista medico-legale.<br />

CASISTICA<br />

Riportiamo, qui di seguito, i casi che sono stati osservati<br />

nell’ambito dell’attività peritale del Dipartimento di Medicina<br />

Legale di Pavia.Tutti e quattro riguardano complicanze<br />

consecutive ad amniocentesi.<br />

Non abbiamo invece avuto esperienze in materia di villocentesi<br />

e cordocentesi.<br />

Caso I<br />

35enne, primi-gravida, alla 15 a settimana:<br />

• Indicazione all’amniocentesi per rischio di Sindrome<br />

di Down età-correlato.<br />

• Informazione/consenso scritto: NO.<br />

• Data amniocentesi: 13.8.2001<br />

• Complicanze:<br />

- il giorno successivo assenza del BCF e distacco<br />

placentare,<br />

- ricovero per svuotamento e revisione della cavità<br />

uterina,<br />

- iperpiressia e metrorragia, risoltesi con l’assunzione<br />

di antibiotici e sintomatici.<br />

6<br />

Caso II<br />

42enne, terzi-gravida alla 15 a settimana (gemellare con<br />

perdita spontanea di uno dei due feti):<br />

• Indicazione all’amniocentesi per evidenza di mosaicismo<br />

(trisomia 11/normale) in villocentesi eseguita alla<br />

10 a settimana prima della perdita di uno dei due<br />

feti.<br />

• Informazione/consenso scritto: NO.<br />

• Data amniocentesi: 5.9.1994<br />

• Complicanze:<br />

- mezz’ora dopo violenti dolori addominali,<br />

- 6.9: addome acuto, dolori addomino-pelvici e iperpiressia<br />

(T superiore a 40°) con brividi. Diagnosi<br />

di amniosite con morte fetale, febbre settica, sospetta<br />

perforazione intestinale, peritonite,<br />

- assenza di BCF e di MAF, induzione di travaglio<br />

abortivo e revisione della cavità uterina.<br />

Caso III<br />

32enne, quarti-gravida nullipara, alla 16 a settimana:<br />

• Indicazione all’amniocentesi per tre precedenti aborti<br />

spontanei e riscontro di inversione pericentrica del<br />

cromosoma 5.<br />

• Informazione/consenso scritto: SI (modulo “presentato<br />

alla sua sottoscrizione” da parte di un’infermiera).<br />

• Data amniocentesi: 22.3.2004 (prelievo non riuscito<br />

dopo 3 tentativi infruttuosi e dolorosi).<br />

• Complicanze:<br />

- in serata emorragia dai genitali e morte endo-uterina<br />

ed espulsione del feto con secondamento<br />

spontaneo e completo,<br />

- quadro di CID,<br />

- emocolture positive per E. coli,<br />

- versamento siero-ematico pelvico e sub-frenico<br />

bilaterale, da microperforazione e lacerazione del<br />

retto medio - Perdita ematica dai drenaggi - Laparotomia<br />

mediana sovra-ombelico-pubica per<br />

processo peritonitico.<br />

• Revisione della cavità uterina, per persistente leucocitosi.<br />

Caso IV<br />

34enne, secondi-gravida, alla 15 a settimana:<br />

• Indicazione all’amniocentesi per rischio di Sindrome<br />

di Down età-correlato.<br />

• Informazione/consenso scritto: NO<br />

• Data amniocentesi: 24.4.2004<br />

• Complicanze:<br />

- morte intrauterina del feto, svuotamento cavità<br />

uterina,<br />

- sepsi, shock cardiogeno, insufficienza respiratoria<br />

e CID.<br />

• Sedata, intubata, ventilata meccanicamente. Edema polmonare,<br />

infarto miocardico e grave acidosi lattica.<br />

• Colture su tamponi dalle vie genitali positive per batteri<br />

di origine intestinale.<br />

• Perdite ematiche e purulente dai genitali, con necessità<br />

di isterectomia e salpingectomia bilaterale.<br />

• Emato-chimici indicativi di insufficienza epatica acuta.


• Emodialisi per insufficienza renale cronica.<br />

• Ipoacusia neurosensoriale bilaterale da antibiotico-terapia.<br />

GIURISPRUDENZA<br />

Si segnalano le seguenti sentenze, le prime due in tema<br />

di asserita responsabilità medica colposa, con rilevanti<br />

profili d’interesse sotto l’aspetto del controverso accertamento<br />

del nesso causale, e la terza in tema di falsità<br />

ideologica (nella fattispecie in cartella clinica), per mancata<br />

registrazione di un evento comprovatamente verificatosi.<br />

I) Tribunale Penale di Padova, sentenza del 7 giugno<br />

2001, così massimata: “…è da ritenersi caratterizzata da<br />

colpa per imprudenza la condotta di un medico ginecologo<br />

il quale, dovendo procedere a funicolocentesi, non differisca<br />

la ripetizione dell’intervento a un giorno successivo, dopo<br />

il terzo o al massimo il quarto tentativo infruttuoso, ma<br />

pratichi invece una quinta perforazione, alfine con esito positivo,<br />

così aumentando però la possibilità di complicanze e<br />

il conseguente rischio di aborto. Detto sanitario va tuttavia<br />

assolto dall’imputazione colposa di lesioni personali alla paziente<br />

e di aborto, con formula “perché il fatto non sussiste”,<br />

non essendovi sufficienti elementi di prova per asserire<br />

a posteriori, in termini di causalità materiale, che sia stata<br />

la quarta o la quinta e non una delle prime tre perforazioni<br />

a cagionare la perdita del feto, dovuta a rottura delle<br />

membrane connessa verosimilmente all’insorgenza di una<br />

corion-amnionite”.<br />

Questa sentenza (come pure la successiva) è stata oggetto<br />

di un pregevole commento da parte di Alice Ferrato<br />

(pubblicate su: Riv. It. Med. Leg. 4-5, 2007), con opportuna<br />

sottolineatura di diversi aspetti di sicuro interesse<br />

medico-legale, sui quali la giurista si è così espressa:<br />

“… il giudice condivide le conclusioni prospettate dai consulenti<br />

del P.M. e dal perito dell’incidente probatorio, individuando<br />

nella funicolocentesi [cordocentesi: ndr], con un grado<br />

di probabilità prossimo alla certezza, la causa diretta della<br />

corion-amnionite, origine della rottura delle membrane.<br />

Tuttavia, il Tribunale di Padova non ritiene sufficiente tale conclusione<br />

per addivenire ad un giudizio di penale responsabilità,<br />

essendo altresì necessario accertare se la condotta<br />

ascritta al sanitario sia inquadrabile in una fattispecie colposa<br />

e conseguentemente verificare il nesso eziologico fra<br />

la stessa e l’evento lesivo.<br />

In altre parole, il nodo centrale affrontato dalla pronuncia<br />

di primo grado riguarda conseguentemente l’accertamento<br />

dell’ulteriore rapporto causale tra operato del medico e aborto,<br />

facendosi essenziale l’indagine in ordine alla condotta dell’imputato<br />

nell’esecuzione dell’esame, sotto i profili della violazione<br />

di norme di prudenza, perizia e diligenza in relazione<br />

alla buona pratica medica.<br />

Nell’esaminare il problema causale, il Tribunale si affida alla<br />

letteratura medica in materia di funicolocentesi, la quale<br />

indica come “non prudenziale” l’espletamento di un numero<br />

di perforazioni superiore a tre, implicando, tale supe-<br />

7<br />

ramento, il sorgere di complicanze con maggiore frequenza.<br />

Questo dato tecnico, in una prospettiva garantistica, appare<br />

comunque debole ai fini della ricerca causale: tale innalzamento<br />

del rischio di complicanze, connesso all’aumento<br />

del numero di perforazioni, non offre infatti un parametro<br />

certo, scientificamente supportabile, poiché non risulta<br />

possibile quantificare, nemmeno per approssimazione, l’incremento<br />

di rischio dato dal singolo foro, divenendo le condizioni<br />

concrete di pericolo verificabili solo caso per caso.<br />

Alla luce dei dati raccolti, il Tribunale giunge in ogni modo a<br />

sancire che in presenza di ben cinque tentativi di funicolocentesi<br />

eseguiti consecutivamente senza un’effettiva situazione<br />

di urgenza, ovvero di una manovra diversa da quella<br />

che le leges artis prescrivono, sia sussistente una condotta<br />

colposa.<br />

La violazione delle regole cautelari dettate dall’arte clinica<br />

ha condotto, quindi, a valutare imprudente la condotta del<br />

prevenuto, in considerazione soprattutto dell’esistenza, nell’ambito<br />

della colpa medica, della misura del “rischio consentito”.<br />

Come è noto, secondo questa impostazione il superamento<br />

di tale rischio consentito, ovvero nel caso oggetto del presente<br />

commento il non rispetto della soglia delle tre perforazioni,<br />

implica la sussistenza dell’elemento soggettivo, in<br />

quanto componente ulteriore insieme alla prevedibilità ed<br />

evitabilità dell’evento.<br />

Invece, attraverso l’individuazione di una zona di rischio consentito<br />

volta a tutelare le attività socialmente utili, la colpa<br />

viene ravvisata solamente ove vi sia una palese violazione<br />

delle regole tecniche.<br />

Il magistrato compie così un giudizio di carattere prognostico<br />

e, anche aderendo all’ipotesi più sfavorevole all’imputato,<br />

sottolinea come il fatto di praticare tre tentativi di funicolocentesi,<br />

acquisito il consenso della paziente, rientri nell’area<br />

del rischio consentito. Più precisamente, nella ricostruzione<br />

compiuta dal Tribunale di Padova quella particolare attività<br />

medica costituisce una condotta cui difetterebbe il requisito<br />

della tipicità colposa, sul presupposto che siffatta attività d’indagine<br />

rientra in quella ormai tradizionale sfera di rischio consentito<br />

propria di una condotta medico-chirurgica.<br />

Per contro, sempre allineandosi all’ordine di idee seguito nella<br />

sentenza qui in esame, il superamento della specifica regola<br />

cautelare che disciplina questa particolare tipologia di<br />

intervento assumerebbe rilevanza penale configurando la fattispecie<br />

prevista dall’art. 17 L. 194/78. E ciò in quanto il mancato<br />

rispetto del c.d. protocollo medico escluderebbe la possibilità<br />

di inquadrare la condotta nell’ambito del rischio consentito.<br />

E’ evidente che sulla base di queste premesse il successivo<br />

passaggio logico-argomentativo affrontato nella sentenza è<br />

costituito dal necessario accertamento se la condotta colposa<br />

del sanitario sia eziologicamente legata con l’evento lesivo<br />

e cioè l’aborto. La risposta a tale interrogativo è peraltro<br />

negativa proprio sul piano dell’indagine causale: il Tribunale<br />

evidenzia, infatti, come l’eventuale rottura delle membrane,<br />

successiva all’esecuzione di sole tre perforazioni, sarebbe rientrata<br />

nell’area del rischio fisiologico, non potendosi, di conseguenza,<br />

imputare all’operatore la causazione dell’evento.<br />

Al tirar delle somme, il giudicante, pure riconoscendo profi-


li di colpa, ritiene non sufficientemente provato che la corion-amnionite,<br />

la rottura delle membrane e il conseguente<br />

aborto siano causalmente connessi alla condotta del sanitario.<br />

La sentenza in esame, dunque, non si ferma al riconoscimento<br />

della colpa e si spinge a verificare correttamente,<br />

altresì, se la condotta dell’agente, riconosciuta colposa, si possa<br />

considerare reale causa dell’evento verificatosi.<br />

L’iter motivazionale sottolinea, inoltre, come dal materiale<br />

probatorio, e in particolare dalle consulenze medico-legali,<br />

non sia emerso in modo certo se, nel caso concreto, il ricorso<br />

a un numero di tentativi superiore a tre abbia effettivamente<br />

aumentato il rischio di cedimento delle membrane,<br />

poiché un evento simile poteva essere riconducibile anche<br />

a una sola perforazione.<br />

Ed è proprio sulla base di questi elementi che la sentenza<br />

ha risolto il problema dell’accertamento causale fra la riconosciuta<br />

condotta imprudente - rappresentata dall’avere effettuato<br />

più di tre tentativi - e l’evento lesivo.<br />

Trasferito questo principio al caso di specie, il giudice, per<br />

mezzo di una verifica ex post, giunge così ad escludere la<br />

presenza del nesso causale, non potendosi individuare una<br />

legge scientifica idonea a dimostrare che la corion-amnionite<br />

e l’aborto siano conseguenza diretta della quarta o della<br />

quinta perforazione e non di uno tra i primi tre tentativi<br />

rientranti nell’area del rischio consentito.<br />

Ecco che il giudice di prime cure ritiene doverosa una verifica<br />

ex post dell’episodio storico oggetto del giudizio, al fine<br />

di riscontrare se possano essere intervenuti fattori di rischio<br />

diversi dalla condotta dell’imputato. In ordine a tale<br />

impostazione, indi, solamente qualora si pervenga ad escludere<br />

oltre ogni ragionevole dubbio che la parte offesa sia<br />

stata esposta ad altri fattori di rischio, allora potrà addebitarsi<br />

con ragionevole certezza l’evento al comportamento<br />

dell’imputato.<br />

Alla luce di quanto detto, il giudicante del caso de quo giunge<br />

a statuire che manca il nesso eziologico tra l’evento morte<br />

hic et nunc realizzatosi e la condotta del sanitario poiché<br />

neppure il coefficiente più elastico della probabilità si<br />

rivela sufficiente a dimostrare la successione causale tra gli<br />

eventi, pervenendo alla conclusione che anche le leggi di<br />

natura statistica “non portano ad una ragionevole esclusione<br />

di un diverso decorso causale rispetto alla condotta colposa,<br />

in quanto non è affatto escludibile che la corion-amnionite<br />

e l’aborto siano stati cagionati da una delle prime<br />

tre perforazioni, che costituirebbero una condotta del tutto<br />

legittima e priva di colpa”.<br />

In ossequio al principio “in dubio pro reo”, il giudice padovano,<br />

pure riconoscendo come l’infezione e l’aborto siano<br />

conseguenza dell’esecuzione di un numero eccessivo di tentativi<br />

di funicolocentesi, ritiene non provato il rapporto di<br />

causalità tra gli eventi contestati e la condotta colposa del<br />

sanitario.<br />

Tale soluzione appare sicuramente discutibile in un settore<br />

ove non può essere altro che la valutazione probabilistica<br />

a regolare diagnosi, malattie e la stessa attribuzione causale,<br />

non potendosi dimenticare come nelle discipline cliniche<br />

si abbia quasi sempre a che fare con l’incertezza e il<br />

rischio.<br />

In armonia con l’orientamento giudiziario oggi di maggio-<br />

8<br />

ranza, perciò, la condotta colposa del medico, pur in concreto<br />

casualmente significativa, a fronte di una incertezza<br />

del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale,<br />

conduce all’esito assolutorio del giudizio, anche a scapito<br />

del probabile sacrificio di esigenze di repressione, peraltro<br />

generalmente riconosciute”.<br />

II) Corte d’Appello Penale di Venezia, sez. I, sentenza<br />

dell’8 maggio 2003, così massimata: “…va confermata l’assoluzione<br />

del medico ginecologo per radicale insussistenza<br />

del fatto, non solo stante l’impossibilità di individuare con<br />

certezza, sul piano della causalità materiale, un nesso tra<br />

il suo operato e l’eziogenesi dell’aborto, ma anche perché<br />

la condotta deve ritenersi esente da qualsiasi nota di colpa,<br />

in quanto l’eventuale differimento di perforazioni ulteriori<br />

ad altro giorno non avrebbe comunque ridotto l’autonomo<br />

rischio di infezioni o cedimento delle membrane con<br />

conseguente aborto”.<br />

La dianzi citata giurista, Alice Ferrato, si è così espressa<br />

in merito a questo giudicato: “…Avverso la sentenza del<br />

Tribunale di Padova, il Pubblico Ministero, in aperta opposizione<br />

alle conclusioni dedotte nella pronuncia di primo grado,<br />

richiama l’attenzione in sede di appello sull’esame dei<br />

consulenti, dai cui emerge chiaramente una proporzionalità<br />

tra il numero degli interventi praticati e l’aumento del rischio<br />

della corion-amnionite: secondo quest’ordine di idee, pertanto,<br />

il medico avrebbe dovuto interrompere le perforazioni dopo<br />

il terzo tentativo fallito, comportando la prosecuzione dell’esame<br />

un ingiustificato rischio ulteriore di infezioni.<br />

La Corte d’Appello, chiamata a riesaminare la questione,<br />

giunge, in realtà, a confermare la sentenza impugnata, pervenendo<br />

a conclusioni ancora più favorevoli in relazione all’operato<br />

del medico e, addirittura, a escludere ogni elemento<br />

di colpa nella sua condotta.<br />

Si osserva infatti come l’intera struttura del reato colposo<br />

venga a fondarsi sul rapporto tra inosservanza della regola<br />

cautelare di condotta ed evento che, alla luce della definizione<br />

codicistica dell’art. 43 c.p., costituisce anche la causa<br />

dello stesso. In linea con tale corollario, affinché possa<br />

muoversi un rimprovero a titolo di colpa al soggetto agente<br />

per l’evento cagionato, appare necessario accertare, in<br />

primis, la contrarietà della condotta realizzata alla regola<br />

di diligenza. Il quesito che i giudicanti si pongono richiede,<br />

pertanto, l’accertamento che l’evento si sia verificato a causa<br />

dell’inosservanza della regola di diligenza, di prudenza o<br />

di perizia.<br />

Nel caso in esame, la Corte non ritiene inoltre ravvisabile<br />

in termini di certezza il nesso eziologico tra condotta del<br />

sanitario e morte del feto. La totale mancanza di questo<br />

accertamento giustifica e conduce alla confermata assoluzione<br />

dell’imputato. Secondo il Collegio veneziano, infatti,<br />

non risulta provato che un ipotizzato differimento delle ultime<br />

due perforazioni a qualche giorno dopo avrebbe ridotto<br />

il pericolo di infezioni, dato l’autonomo rischio che<br />

ognuna porta in sé, indipendentemente dalla distanza di<br />

tempo con cui viene eseguita.<br />

Nel ribadire, quindi, un concetto “forte” di causalità penalmente<br />

rilevante, i giudici concludono per la mancanza di<br />

elementi tali da consentire di qualificare con certezza co-


me imprudente, in quanto pericolosa, la scelta di proseguire<br />

le perforazioni anche dopo il terzo tentativo, ravvisando,<br />

eventualmente, un comportamento contraddistinto da<br />

scarsa sensibilità per le sofferenze fisiche procurate alla<br />

paziente.<br />

La Corte, infatti, alla luce delle risultanze processuali, secondo<br />

cui va escluso un processo infettivo emergente dall’esame<br />

anatomo-patologico del feto e della placenta, afferma<br />

“che se da un lato la rottura delle membrane sembra non<br />

potersi non porre in connessione con l’esame effettuato, dall’altro<br />

non appare possibile individuare con certezza quale<br />

ne sia stata la causa”.<br />

Infine, relativamente al nesso di causalità tra il numero di<br />

perforazioni praticate dall’imputato e la corion-amnionite,<br />

i giudici veneziani ricordano che la sussistenza di tale rapporto<br />

va vista in relazione ad ogni singola perforazione di<br />

per sé comportante un rischio di infezione e che, quindi,<br />

venga a mancare la prova certa che a determinare la corion-amnionite<br />

siano state le perforazioni compiute oltre la<br />

soglia del rischio consentito.<br />

Di conseguenza, la pronuncia in oggetto si pone chiaramente<br />

in una prospettiva di superamento del vecchio indirizzo<br />

giurisprudenziale, che si accontentava di accertare il nesso<br />

causale in presenza di serie e apprezzabili probabilità di<br />

salvezza del bene giuridico, e opta per la ricostruzione dell’iter<br />

causale alla luce di principii di stretta legalità che permettano<br />

di verificare, nel singolo caso, se davvero l’imputato<br />

abbia posto in essere, oltre ogni ragionevole dubbio, la<br />

conditio sine qua non dell’evento.<br />

E ciò in quanto la Corte d’Appello sembra più propensa a<br />

credere che nella ricerca della causa non rilevi principalmente<br />

il grado di probabilità espresso dalla legge statistica e che,<br />

pertanto, il nesso causale si debba ritenere esistente solamente<br />

ove si provi la mancanza di fattori eziologici alternativi<br />

diversi dalla condotta in questione.<br />

Secondo il Collegio veneziano, in buona sostanza, il dubbio<br />

sulla reale perforazione origine dell’infezione - ammesso che<br />

la stessa sia stata conseguenza di un solo tentativo piuttosto<br />

che dell’esame complessivo - implica che detto evento<br />

sia un possibile esito anche della condotta perita e che, quindi,<br />

il comportamento conforme alle leges artis non ne avrebbe<br />

impedito la verificazione. Il dubbio, quindi, sulla possibile<br />

concretizzazione dell’evento lesivo anche in caso di comportamento<br />

competente dell’imputato non consente che la<br />

circostanza possa essergli addebitata, dovendosi pervenire<br />

ad un giudizio di assoluzione.<br />

La Ferrato non può conclusivamente esimersi dall’esprimere<br />

una presa di distanza dalla criteriologia adottata dai<br />

giudicanti dei due gradi, con queste considerazioni: “Qualche<br />

perplessità è legittimo che emerga poiché il dovere di<br />

diligenza pone un generale obbligo, per chi svolge una determinata<br />

attività, di adottare tutte le cautele necessarie ad<br />

impedire che dalla propria condotta possano derivare eventi<br />

dannosi di altrui beni giuridici e, pertanto, di arrestarsi a<br />

fronte di un esame clinico che si mostri particolarmente ostico<br />

e complicato”.<br />

A nostro avviso è più facile condividere queste riflessioni,<br />

che i termini delle due sentenze, se non altro perché,<br />

altrimenti, v’è da chiedersi quale significato “orientativo”,<br />

9<br />

se non “direttivo” abbiano specifiche linee guida elaborate<br />

dalla comunità scientifica.<br />

III) Cassazione Penale, sez.V, sentenza n. 22694 del 16<br />

giugno 2005. In questa pronuncia la Suprema Corte si<br />

è così espressa in ordine alla responsabilità dell’ostetrico,<br />

proprio con riferimento alle indicazioni delle linee guida:<br />

“…K.H., sanitario presso l’Ospedale Y, è stato ritenuto<br />

colpevole di falso ideologico in atto pubblico per avere effettuato<br />

un intervento di amniocentesi descrivendolo nella<br />

cartella clinica come «amniocentesi T.A. ecoguidata: si estraggono<br />

15 ml di L.A. limpidi», mentre aveva effettuato un primo<br />

prelievo, risultato nettamente ematico, del quale non veniva<br />

fatta alcuna menzione... Ora, nel caso di amniocentesi,<br />

intervento particolarmente delicato a ragione dei rischi<br />

connessi, dato clinico rilevante è anche quello costituito da<br />

un prelievo ematico, che, pur se ininfluente ai fini dell’indagine<br />

genetica, sui l’intervento mira, acquista indubbia valenza<br />

alla luce delle conseguenze che ne possono derivare: correttamente<br />

osserva la corte bresciana che il trauma fetale<br />

‘da puntura’, anche se ritenuta evenienza molto rara ‘da<br />

quando la procedura di amniocentesi è guidata dall’ecografia’,<br />

è pur sempre possibile. Ne consegue che la sua annotazione<br />

sulla cartella clinica non è da considerarsi affatto<br />

ultronea nell’economia dell’atto. Invano pertanto si insiste sulla<br />

tesi della innocuità del falso da parte ricorrente, che peraltro<br />

confonde tale concetto con la innocuità del primo prelievo<br />

ematico accertata in sede peritale nell’ambito delle indagini<br />

sulle cause del decesso del feto conseguito alla amniocentesi<br />

de qua. Quanto all’elemento psicologico del reato<br />

in esame, punito a titolo di dolo generico, la giurisprudenza<br />

di questa Corte è orientata nel senso che ai fini del<br />

dolo generico nei reati di falso è sufficiente la sola coscienza<br />

e volontà dell’alterazione del vero, indipendentemente dallo<br />

scopo che l’agente si sia proposto e anche se sia incorso<br />

nella falsità per ignoranza o per errore, cagionato da una<br />

prassi o per rimediare ad un precedente errore. E a tali ineccepibili<br />

principi si sono ispirati, nella specie, i giudici di merito,<br />

che peraltro, come riporta lo stesso ricorrente, hanno<br />

anche escluso che sia rimasta accertata la sussistenza di<br />

una prassi, quale quella invocata…”.<br />

La sentenza è stata commentata dall’avvocato Marlon Lepera<br />

(in: Cass. Pen., 11, 1401, 2005), con le seguenti osservazioni<br />

di notevole interesse anche sul piano medico-legale:<br />

“…La sentenza annotata offre l’occasione per affrontare<br />

la problematica relativa al falso ideologico commesso<br />

mediante l’omessa attestazione di determinati fatti.<br />

Invero, come sottolinea la suprema Corte, non ogni “silenzio”<br />

del pubblico ufficiale su una determinata realtà integra<br />

il reato di cui all’art. 479 c.p.Al riguardo, occorre distinguere,<br />

infatti, tra la dichiarazione meramente incompleta e<br />

l’attestazione reticente incidente sulla stessa esistenza del<br />

documento e lesiva della funzione probatoria dell’atto in relazione<br />

allo specifico contenuto per cui esso è stato formato:<br />

soltanto quest’ultima omissione, difatti, è penalmente rilevante.<br />

Per poter distinguere tra una mera dichiarazione incompleta<br />

e una omissione idonea ad integrare il delitto di<br />

cui all’art. 479 c.p. occorre valutare, a dire della Corte, se<br />

l’informazione omessa sia o meno “ultronea nell’economia


dell’atto”: ossia si deve stabilire se l’omissione è inerente a<br />

fatti rilevanti che il documento deve, quindi, menzionare<br />

conformemente al loro verificarsi. La suprema Corte applicando<br />

siffatti principi ha ritenuto sussistente il reato di falsità<br />

ideologica di cui all’art. 479 c.p. a carico del sanitario<br />

che nel descrivere nella cartella clinica - la cui funzione è<br />

quella di diario dell’intervento medico e dei relativi fatti clinici<br />

rilevanti - l’intervento di amniocentesi aveva omesso di<br />

menzionare l’effettuazione di un primo prelievo risultato<br />

ematico... Il silenzio serbato dal sanitario sull’avvenuta effettuazione<br />

di un prelievo ematico idoneo a causare un trauma<br />

irreparabile sul feto, unitamente alla contemporanea attestazione<br />

di aver effettuato un intervento di amniocentesi,<br />

non può considerarsi una mera lacuna informativa, bensì<br />

una omissione in grado di ingenerare un fuorviante giudizio<br />

sulle reali cause della morte del feto”.<br />

Queste note ci sembrano razionalmente coerenti con<br />

l’importanza del report sulla procedura, come abbiamo<br />

già più volte sottolineato nei precedenti paragrafi.<br />

CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI<br />

Nonostante stiano affacciandosi sulla scena clinica delle<br />

metodiche non invasive di diagnosi citogenetica fetale, che<br />

utilizzano il sangue materno, oppure ricercano il DNA fetale<br />

libero nel siero materno, allo stato si tratta di indagini<br />

ancora pionieristiche e non in grado di sostituire la amniocentesi<br />

e le consimili procedure invasive pre-natali.<br />

I pur statisticamente esigui rischi di queste ultime dovranno<br />

essere quindi ancora affrontati almeno per alcuni anni<br />

dalle pazienti, con comprensibilmente mal accettata delusione<br />

delle loro aspettative (particolarmente elevate soprattutto<br />

perché l’amniocentesi viene prevalentemente<br />

eseguita in gravidanze ad alto investimento emotivo), e<br />

dai medici, che mal tollerano di essere messi sotto accusa,<br />

specie quando l’evento avverso è fortemente condizionato<br />

da fattori fortuiti e non è completamente eliminabile,<br />

nonostante ogni impegno di accuratezza e di<br />

prudenza.<br />

Accuratezza e prudenza devono essere invero fortemente<br />

coltivate non solo nell’esecuzione di tali esami, ma anche<br />

a monte, nella loro indicazione.<br />

Questa deve prevalentemente essere infatti riservata alle<br />

gravidanze realmente giustificanti i predetti rischi, o, nelle<br />

altre, deve essere richiesta espressamente dalla paziente,<br />

che va compiutamente informata - in maniera comprovata<br />

per iscritto - del rischio principale di perdere il<br />

feto, oltre che dei rischi meno gravi, ma di certo non trascurabili,<br />

di complicanze peritonitiche o di nocumenti materno-fetali.<br />

Di qui la necessità, decisamente inderogabile, di predisporre<br />

e utilizzare modelli di informazione-consenso il più possibile<br />

dettagliati, al fine di eliminare dal contenzioso quanto<br />

meno l’elemento eliminabile: cioè l’illecito costituito dal<br />

non aver adeguatamente informato la paziente, che rappresenta<br />

oramai di per sé un danno risarcibile ulteriormente,<br />

quando non prioritariamente, rispetto ai danni<br />

10<br />

eventualmente cagionati sul piano “materiale”, per l’innesco<br />

di complicanze o per la perdita del feto.<br />

E’ quindi indispensabile la predisposizione di una “prova<br />

scritta” dell’avvenuta informazione alla paziente e della<br />

sua consapevolezza nell’accettazione dei rischi insiti in<br />

queste procedure diagnostiche pre-natali.<br />

Tale prova può essere ottimamente realizzata utilizzando<br />

i modelli specificamente predisposti sia dalla SIGU nelle<br />

proprie Linee Guida del 2002, sia dalla SIEOG nelle<br />

proprie Linee Guida del 2006 (riportate in appendice).<br />

E’ ben vero che non sempre le complicanze sono comprovatamente<br />

ascrivibili a manchevolezze tecniche, o a difetto<br />

di indicazione, ma è altrettanto vero che, qualora<br />

esse si verifichino, ben difficilmente il medico sfugge a “rappresaglie”<br />

di tipo legale, se non altro perché gli effetti sono<br />

quasi sempre altamente provanti per la paziente.<br />

Esiste infatti anche una sorta di revanche nel contenzioso<br />

per responsabilità medica e, di norma, la revanche è tanto<br />

più pervicace e oltranzista, quanto più l’offesa vissuta<br />

dalla persona è non soltanto di natura fisica, ma anche di<br />

natura emotiva: e l’emotività la fa sicuramente da padrona<br />

quando l’amniocentesi non è foriera di buone (o cattive)<br />

notizie, ma di una totale debacle di aspettative personali,<br />

materiali e psicologiche, particolarmente importanti<br />

sul piano del vissuto e dell’investimento personale.<br />

Per quanto riguarda gli accertamenti peritali - a prescindere<br />

dal corretto assolvimento della procedura di informazione-consenso<br />

- è evidentemente necessario esaminare<br />

accuratamente il report descrittivo delle procedure<br />

invasive, attraverso un’accurata analisi della tipologia<br />

della complicanza e delle condizioni di base nelle quali<br />

è stata eseguita la procedura, onde stabilire se la stessa<br />

è stata particolarmente indaginosa oppure maldestra, oppure<br />

ancora non rispettosa delle linee guida.<br />

Purtroppo, questi report non sono quasi mai disponibili,<br />

perché materialmente non compilati, oppure, se compilati,<br />

sono talmente stringati e generici, da impedire di<br />

riconoscervi elementi giustificativi della complicanza.<br />

I medici che praticano la diagnostica pre-natale invasiva<br />

dovrebbero essere ben avveduti del fatto che una documentazione<br />

accurata, dettagliata e circostanziata gioca<br />

in ogni caso a loro favore, non solo perché costituisce<br />

di per sé una buona immagine del contesto assistenziale,<br />

ma anche perché consente di enucleare e “apprezzare”<br />

a posteriori, anche sul piano epicritico peritale, le<br />

eventuali difficoltà incontrate, che potrebbero aver significativamente<br />

contribuito all’esito sfavorevole, con conseguente<br />

alleggerimento della posizione dell’esecutore.<br />

In mancanza di questo tipo di documentazione torna facile<br />

ai giudici risarcire i pazienti, se del caso anche attraverso<br />

la formula del tutto nuova del “danno evidenziale”:<br />

una formula costruita sulla congettura che spetta al medico,<br />

che ha il dominio del substrato clinico e il compito<br />

privilegiato di redigere testimonianza scritta del suo<br />

operato, dimostrare che il risultato negativo è derivato<br />

da situazioni da lui materialmente non controllabili.<br />

Pertanto, oltre all’accurata e ben documentata procedu-


a di informazione-consenso, il medico deve mettere in<br />

conto di occuparsi a fondo anche della descrizione del<br />

proprio operato, se non vuole esser ritenuto responsabile<br />

dell’esito sfavorevole, ancorché esso abbia avuto origine<br />

fortuita.<br />

Indubbiamente, nei casi da noi presentati trapelano diversi<br />

elementi atti a delineare procedure e comportamenti<br />

assistenziali non appropriati, non solo (quasi sempre)<br />

sul piano informativo, ma anche sul piano tecnico.<br />

Si tratta comunque di eventi (per fortuna) non frequenti<br />

e che potrebbero essere ulteriormente contenuti, attraverso<br />

l’adozione delle “misure preventive” qui richiamate.<br />

APPENDICE<br />

LINEE GUIDA<br />

I - S.I.G.U. 2002<br />

Delle ultime Linee Guida S.I.G.U., pubblicate nel 2002,<br />

riportiamo qui di seguito le indicazioni di maggiore interesse<br />

sul piano medico-legale e il modulo dell’informazione-consenso<br />

alla diagnosi pre-natale.<br />

A) INDICAZIONI ALL’ANALISI<br />

Nessun cambiamento importante è avvenuto nelle indicazioni<br />

al prelievo di cellule fetali per diagnosi cromosomica.<br />

Se ne riporta pertanto l’elenco riconosciuto a livello<br />

internazionale:<br />

• età materna ≥ ai 35 anni<br />

• precedente figlio affetto da anomalia dei cromosomi<br />

• genitori portatori di anomalia strutturale dei cromosomi<br />

geneticamente bilanciata<br />

• genitori con riscontro citogenetico di mosaicismo cellulare<br />

• anomalie fetali osservate in ecografia<br />

• test biochimici indicanti un aumento del rischio cromosomico<br />

• malattia genetica<br />

Situazioni particolari devono essere valutate singolarmente<br />

con appropriata consulenza multidisciplinare, che valuti<br />

i rischi genetici del caso in oggetto e i rischi connessi<br />

con il prelievo di cellule fetali. E’ possibile che per il completamento<br />

dell’iter diagnostico si renda necessaria l’estensione<br />

dell’esame citogenetico e/o molecolare ai genitori.<br />

B) CONSENSO<br />

B.1 Diagnosi citogenetica pre-natale su villi coriali<br />

L’indagine citogenetica pre-natale ha lo scopo di accertare<br />

la presenza di anomalie cromosomiche numeriche<br />

e/o strutturali (indicare uno o più esempi). Esistono difetti<br />

congeniti che, non essendo associati ad anomalie cromosomiche,<br />

non possono essere diagnosticati mediante<br />

l’analisi citogenetica pre-natale (indicare uno o più<br />

esempi). In rari casi non possono essere stabilite con certezza<br />

le conseguenze cliniche associate ad una anomalia<br />

cromosomica, i chiarimenti del caso saranno forniti in<br />

sede di consulenza.<br />

11<br />

Trattamento del campione:<br />

dopo valutazione del campione prelevato, si suddivide lo<br />

stesso in due aliquote al fine di ottenere un preparato<br />

diretto ed un preparato colturale. Esiste una quantità minima<br />

di villi coriali necessaria per l’allestimento dei due<br />

preparati (è facoltativo indicare tale quantità).<br />

Diagnosi:<br />

1 I criteri utilizzati per l’indagine citogenetica sono quelli<br />

raccomandati dalle Linee Guida della Società Italiana<br />

di Genetica Umana e del Gruppo Europeo di Studio<br />

sulla Diagnosi Pre-natale.<br />

2 L’analisi sia del preparato diretto che colturale ottimizza<br />

l’affidabilità della diagnosi. L’utilizzo di una sola delle<br />

due analisi porta ad una affidabilità pari al 99%, dato<br />

ottenuto dall’esperienza internazionale pubblicata.<br />

3 Non si possono escludere casi di differenza di risultato<br />

nei due preparati. In questa circostanza potrebbe<br />

rendersi necessario procedere ad ulteriori accertamenti,<br />

di cui la paziente verrà informata in sede di<br />

consulenza genetica.<br />

4 L’impossibilità di pervenire ad una diagnosi può verificarsi<br />

in rarissimi casi, per motivi generalmente correlati<br />

ad una ridotta crescita dei villi in coltura e ad<br />

assenza di cellule in divisione nel preparato diretto.<br />

5 E’ possibile che il risultato richieda, per una sua più<br />

corretta interpretazione, l’estensione dell’esame citogenetico<br />

ai genitori o l’applicazione di indagini molecolari.<br />

6 La qualità dei preparati cromosomici non garantisce<br />

la possibilità di individuare anomalie strutturali di ridottissima<br />

dimensione.<br />

7 Esiste la possibilità di errore diagnostico, limitata a rarissimi<br />

casi, dovuto a discordanza fra l’esito della diagnosi<br />

citogenetica pre-natale e il cariotipo riscontrato<br />

alla nascita.Tale discordanza può essere imputata<br />

a cause diverse: contaminazione del campione con<br />

cellule di origine materna, mosaici a bassa percentuale<br />

o presenza di anomalie cromosomiche di struttura<br />

non rilevabili con le tecniche applicate.<br />

8 La refertazione è prevista entro e non oltre 21 giorni<br />

dalla data dell’arrivo del campione in laboratorio.<br />

La sottoscritta .....................................................................................................................................................................<br />

informata di quanto sopra, esprime il consenso alla diagnosi<br />

citogenetica pre-natale.<br />

Data ............................................................................ Firma .............................................................................................................<br />

Firma di chi ha raccolto e illustrato il consenso<br />

....................................................................................................................................................................................................................................


B.2 Diagnosi citogenetica pre-natale su cellule del liquido<br />

amniotico<br />

L’indagine citogenetica pre-natale ha lo scopo di accertare<br />

la presenza di anomalie cromosomiche numeriche<br />

e/o strutturali (indicare uno o più esempi). Esistono difetti<br />

congeniti che, non essendo associati ad anomalie cromosomiche,<br />

non possono essere diagnosticati mediante<br />

l’analisi citogenetica pre-natale (indicare uno o più<br />

esempi). In rari casi non possono essere stabilite con certezza<br />

le conseguenze cliniche associate ad una anomalia<br />

cromosomica, i chiarimenti del caso saranno forniti in<br />

sede di consulenza.<br />

Trattamento del campione:<br />

la componente cellulare del liquido amniotico viene raccolta<br />

e suddivisa in più colture indipendenti.<br />

La quantità minima di campione necessaria per l’allestimento<br />

delle colture è di 10 ml, quella ottimale è di 16-<br />

18 ml.<br />

Il successo delle colture cellulari è in relazione al numero<br />

di cellule vitali presenti nel campione.<br />

Diagnosi:<br />

1 I criteri utilizzati per l’indagine citogenetica sono quelli<br />

raccomandati dalle Linee Guida della Società Italiana<br />

di Genetica Umana e del Gruppo Europeo di Studio<br />

sulla Diagnosi Pre-natale.<br />

2 In caso di riscontro di due o più linee cellulari con<br />

diverso cariotipo (mosaico) può rendersi necessaria<br />

un’ulteriore indagine citogenetica su altro campione.<br />

In questa circostanza la paziente viene informata, in<br />

sede di consulenza genetica, riguardo alle possibilità<br />

di approfondimento diagnostico.<br />

3 L’impossibilità di pervenire ad una diagnosi può verificarsi<br />

in rarissimi casi, per motivi generalmente correlati<br />

ad una ridotta crescita delle cellule in coltura<br />

oppure alla massiva presenza di sangue o meconio.<br />

4 E’ possibile che il risultato richieda, per una sua più corretta<br />

interpretazione, l’estensione dell’esame citogenetico<br />

ai genitori o l’applicazione di indagini molecolari.<br />

5 La qualità dei preparati cromosomici non garantisce<br />

la possibilità di individuare anomalie strutturali di ridottissima<br />

dimensione.<br />

6 Esiste la possibilità di errore diagnostico, limitata a rarissimi<br />

casi, dovuto a discordanza fra l’esito della diagnosi<br />

citogenetica pre-natale ed il cariotipo riscontrato<br />

alla nascita.Tale discordanza può essere imputata<br />

a cause diverse: contaminazione del campione<br />

con cellule di origine materna, mosaici a bassa percentuale<br />

o presenza di anomalie cromosomiche di<br />

struttura non rilevabili con le tecniche applicate.<br />

7 La refertazione è prevista entro e non oltre 21 giorni<br />

dalla data dell’arrivo del campione in laboratorio.<br />

12<br />

La sottoscritta .....................................................................................................................................................................<br />

informata di quanto sopra, esprime il consenso alla diagnosi<br />

citogenetica pre-natale.<br />

Data .............................................................................. Firma ..............................................................................................................<br />

Firma di chi ha raccolto e illustrato il consenso<br />

....................................................................................................................................................................................................................................<br />

B.3 Diagnosi citogenetica pre-natale su sangue fetale<br />

L’indagine citogenetica pre-natale su sangue fetale viene<br />

eseguita solo se esistono condizioni ad alto rischio di anomalia<br />

cromosomica (es. malformazioni fetali evidenziate<br />

ecograficamente, verifica di un sospetto mosaicismo cromosomico<br />

riscontrato in corso di diagnosi pre-natale su<br />

villi coriali o su liquido amniotico). Esistono difetti congeniti<br />

che, non essendo associati ad anomalie cromosomiche,<br />

non possono essere diagnosticati mediante l’analisi<br />

citogenetica pre-natale.<br />

In rari casi non possono essere stabilite con certezza le<br />

conseguenze cliniche associate ad una anomalia cromosomica;<br />

i chiarimenti del caso saranno forniti in sede di<br />

consulenza.<br />

Trattamento del campione:<br />

il quantitativo di sangue prelevato dal funicolo non deve<br />

essere inferiore a 1-2 ml. L’adeguatezza del campione viene<br />

stabilita mediante... (indicare le metodiche locali).<br />

Diagnosi:<br />

1 I criteri utilizzati per l’indagine citogenetica sono quelli<br />

raccomandati dalle Linee Guida della Società Italiana<br />

di Genetica Umana e del Gruppo Europeo di Studio<br />

sulla Diagnosi Pre-natale.<br />

2 L’impossibilità di pervenire ad una diagnosi è limitata<br />

a rarissimi casi per motivi legati unicamente all’inadeguatezza<br />

del campione prelevato.<br />

3 La possibilità di errore diagnostico è limitata ai rarissimi<br />

casi di anomalie cromosomiche di struttura di<br />

ridottissime dimensioni non rilevabili con le tecniche<br />

applicate.<br />

4 La refertazione è prevista entro e non oltre 7-10 giorni<br />

dalla data di arrivo del campione in laboratorio. In<br />

casi particolari può essere richiesto un tempo superiore.<br />

La sottoscritta .....................................................................................................................................................................<br />

informata di quanto sopra, esprime il consenso alla diagnosi<br />

citogenetica pre-natale.<br />

Data ............................................................................. Firma .............................................................................................................<br />

Firma di chi ha raccolto e illustrato il consenso<br />

....................................................................................................................................................................................................................................


II - S.I.E.O.G. 2006<br />

A) INDICAZIONI ALL’ESAME<br />

Si rimanda al capitolo “Diagnosi prenatale invasiva” del<br />

testo pubblicato nel 2006, consultabile sul sito<br />

(www.sieog.it), di cui si sottolinea la rilevanza dal punto<br />

di vista medico-legale.<br />

PROCEDURA<br />

Epoca del prelievo<br />

Tecnica<br />

Rischi Materni<br />

Rischi Fetali<br />

Successo del<br />

prelievo<br />

Accuratezza<br />

diagnostica<br />

PRELIEVO<br />

TRANSADDOMINALE<br />

DI VILLI CORIALI<br />

dopo la 10a settimana<br />

Prelievo di villi coriali dalla placenta,<br />

sotto guida ecografica, con<br />

un sottile ago attraversante la<br />

parete addominale materna.<br />

Quelli di ogni piccolo intervento<br />

chirurgico.<br />

Rischio di aborto legato alla<br />

procedura: 1% circa.<br />

Rischio di malformazioni fetali:<br />

dalla 10 a settimana uguale a<br />

quello della popolazione generale.<br />

Nel 98% circa dei casi al primo<br />

tentativo e 99,8% circa al secondo.<br />

Cariotipo<br />

Fallimento dell’analisi nello 0,5-<br />

1%.<br />

Falsi positivi<br />

(falsi malati) nell’1% circa dei casi<br />

(per mosaicismo).<br />

Falsi negativi<br />

(falsi normali) con analisi diretta<br />

1:3000, con analisi diretta +<br />

cultura 1:20000.<br />

DNA<br />

Rischio di falsi negativi (falsi normali)<br />

con analisi del DNA molto<br />

rari.<br />

Essendo stata dettagliatamente informata ed essendomi<br />

stati chiariti tutti i dubbi riguardo alla procedura e ai suoi<br />

rischi associati, e sapendo di potere chiedere all’operatore<br />

di sospendere il prelievo o che l’operatore stesso<br />

può a sua volta decidere di sospendere il prelievo in funzione<br />

di condizioni di rischio che possono evidenziarsi,<br />

ed essendo a conoscenza che l’impegno degli Ostetrici<br />

13<br />

B) CONSENSO<br />

Atto di Consenso ad essere sottoposta a prelievo ostetrico<br />

per Diagnosi Pre-natale Invasiva.<br />

Io sottoscritta .....................................................................................................................................................................<br />

autorizzo i/il Dr. .............................................................................................................................................................<br />

a sottopormi al seguente esame:<br />

AMNIOCENTESI<br />

dopo la 15 a settimana<br />

Prelievo di liquido dal sacco amniotico,<br />

sotto guida ecografica<br />

continua, con un sottile ago attraversante<br />

la parete addominale<br />

materna.<br />

Quelli di ogni piccolo intervento<br />

chirurgico.<br />

Rischio di aborto legato alla<br />

procedura: 1% circa.<br />

Rischio di malformazioni fetali:<br />

dalla 15 a settimana uguale a<br />

quello della popolazione generale.<br />

Nel 98% circa dei casi al primo<br />

tentativo e 99,8% circa al secondo.<br />

Cariotipo<br />

Fallimento dell’analisi citogenetica<br />

nello 0,2% circa.<br />

Falsi positivi<br />

(falsi malati) nello 0,2-0,5%. Nel<br />

caso di mosaicismo può essere<br />

opportuno procedere a cordocentesi.<br />

Falsi negativi<br />

(falsi normali) 1:5000.<br />

CORDOCENTESI<br />

dopo la 18 a settimana<br />

Prelievo di sangue fetale dal cordone<br />

ombelicale, sotto guida<br />

ecografica continua, con un sottile<br />

ago attraversante la parete<br />

addominale materna.<br />

Quelli di ogni piccolo intervento<br />

chirurgico.<br />

Rischio di aborto legato alla<br />

procedura: 2% circa.<br />

Nel 97% circa dei casi al primo<br />

tentativo nell’inserzione placentare<br />

della vena ombelicale.<br />

Cariotipo<br />

Gli errori diagnostici sono rari.<br />

resta esclusivamente limitato al prelievo e non prende<br />

in considerazione eventuali problemi di pertinenza del<br />

Laboratorio di Genetica che esegue la diagnosi, io faccio<br />

richiesta ed acconsento a sottopormi al prelievo.<br />

Firma di assenso Sig.ra ....................................................................................................................................<br />

Firma (facoltativa) Sig.........................................................................................................................................


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Area Aggiornamento Professionale<br />

RUOLO DELL’ECOGRAFIA<br />

ENDOVAGINALE NELLA<br />

SORVEGLIANZA DELLA<br />

PAZIENTE IN HRT<br />

E. Ferrazzi 1, S. Rigano 2<br />

1 U.O. Ostetricia e Ginecologia Ospedale V. Buzzi,<br />

Milano<br />

2 Delegato Regionale SIEOG Lombardia<br />

INTRODUZIONE<br />

Il razionale delle raccomandazioni sull’uso della ecografia<br />

endovaginale in pazienti che iniziano e che si sottopongono<br />

a terapia ormonale sostitutiva (HRT) si basa<br />

sul criterio principale che ha portato l’ecografia a rivestire<br />

un ruolo chiave nello studio dell’endometrio in post-menopausa:<br />

lo spessore bi-endometriale. E’ forse il caso<br />

di percorrere rapidamente un dibattito clinico scientifico<br />

che ha percorso gli ultimi dieci anni e che ha trasformato<br />

la pratica della clinica ginecologica per quanto<br />

concerne la condizione che più frequentemente porta<br />

la donna ad un consulto con lo specialista.<br />

Il ruolo dell’ecografia endovaginale in post-menopausa<br />

in pazienti con AUB: screening del carcinoma<br />

o diagnosi di ipo-atrofia?<br />

Innanzi tutto occorrerebbe sgombrare il campo da un<br />

equivoco terminologico: la parola “screening” è usato in<br />

modo improprio quando applicata alla paziente con perdite<br />

ematiche atipiche (AUB). In questa fattispecie la parola<br />

screening dovrebbe essere sostituita con “case finding”<br />

o in italiano con “esame diagnostico”. L’ecografia in<br />

questi casi si applica infatti a pazienti con un segno, l’AUB,<br />

che impone una diagnosi differenziale e che nel 70-80%<br />

dei casi è determinato da atrofia e probabilmente flogosi<br />

coesistente, in un 10%-20% da anomalie del tutto benigne,<br />

ma che necessitano una terapia per interrompere<br />

le perdite ematiche, e nell’8%-10% è causato da una<br />

forma iniziale di carcinoma dell’endometrio (Choo YC. Obstet.<br />

Gynecol. 1985 - Osmers R. Lancet 1990 - Karlsson B.<br />

Am. J. Obstet. Gynecol. 1995 - Ferrazzi E. Ultrasound in Obstet.<br />

Gynecol. 1996 - Tabor A. Obstet. Gynecol. 2004). Il carcinoma<br />

endometriale tipo 1 quando trattato alla prima<br />

manifestazione clinica è curabile chirurgicamente nella<br />

quasi totalità dei casi qualora non intercorrano più di 6<br />

settimane tra la comparsa del sintomo, il segno e la terapia<br />

(Gerber B. European Journal of Cancer 2001). Il ruolo<br />

dell’ecografia è in questo quadro clinico, l’AUB, proprio<br />

quello di identificare le pazienti che non necessitano<br />

di ulteriori indagini avendo uno spessore bi-endometriabile<br />

compatibile con un quadro di atrofia (Ferrazzi E.<br />

Ultrasound in Obstet. Gynecol. 1996 - Epstein E,Valentin L<br />

et al. Ultrasound Obstet. Gynecol. 2001 - Gull B, Karlsson<br />

B et al. Am. J. Obstet. Gynecol. 2003).<br />

19<br />

L’endometrio spesso: quanto spesso?<br />

Il valore soglia che permette la migliore accuratezza diagnostica<br />

è 4 mm. Perché 4 mm e non 5 mm? La risposta<br />

sta nel lavoro di Tabor (Tabor A. Obstet. Gynecol. 2004)<br />

che osservava, con il dito indice alzato nel tipico gesto<br />

dell’epidemiologo, come ad un cut-off di 5 mm la sensibilità<br />

per la diagnosi di carcinoma fosse solo del 96%,<br />

quindi con 4% di falsi normali, più del doppio di quanto<br />

rilevato nel trial italiano che aveva definito un cut-off di<br />

4 mm con una sensibilità del 98%. Il cut-off di 4 mm è<br />

stato poi adottato dallo stesso Karlsson nel 2003, nello<br />

studio di follow-up decennale del trial nordeuropeo (Gull<br />

B, Karlsson B et al. Am. J. Obstet. Gynecol. 2003).<br />

Al di la degli indici alzati degli epidemiologi, chiunque oggi<br />

appoggi una sonda da 9 MHz su un utero menopausale<br />

non può che rimanere stupito di quanto si possa “vedere”<br />

in un endometrio di 5 mm.<br />

L’endometrio spesso in post-menopausa in paziente<br />

con AUB, quale triage?<br />

Esiste una ampia evidenza scientifica che dimostra come<br />

le procedure a “cielo coperto”, non precedute da visualizzazione<br />

diretta o indiretta non siano in grado di identificare<br />

oltre il 50% delle lesioni focali della cavità uterina (polipi,<br />

miomi, iperplasie focali, carcinomi a sviluppo focale).<br />

In particolare, la dilatazione e curettage (D&C), procedura<br />

invasiva introdotta sin dal 1834, nel 10-25% dei casi<br />

ottiene una quantità di materiale endometriale insufficiente<br />

per l’esame istologico (Kaunitz A. J. Reprod. Med.<br />

1988 - Grimes D. Am. J. Obstet. Gynecol. 1982). In oltre il<br />

60% dei casi la campionatura è inferiore al 50% della superficie<br />

cavitaria e nel 16% è inferiore a un quarto (Stock<br />

R. Obstet. Gynecol. 1975). Due recenti studi (Epstein E et<br />

al. Acta Obstet. Gynecol. Scand. 2001 - Bettocchi S et al.<br />

Fertil Steril 2001), che hanno confrontato i risultati della<br />

dilatazione e curettage con l’osservazione in toto della<br />

cavità endometriale dopo isterectomia, hanno dimostrato<br />

che la D&C eseguita a “cielo coperto” prima della isterectomia,<br />

non aveva riconosciuto: il 58% delle iperplasie<br />

complesse atipiche e l’11% dei cancri dell’endometrio.<br />

Alla luce delle tecnologie oggi disponibili occorre sottolineare<br />

che applicare oggi la biopsia a cielo coperto nelle<br />

sue varie forme (dilatazione e curettage in anestesia<br />

generale,VABRA curettage, Pipelle, ecc.) è superato se<br />

non associato alla visualizzazione diretta ed indiretta della<br />

cavità endometriale.<br />

In caso di endometrio con caratteri ecografici non univocamente<br />

interpretabili (spessore endometriale superiore<br />

a 4 mm, anche focalmente) si rende necessaria l’esecuzione<br />

di una sonoisterografia oppure una isteroscopia<br />

diagnostica. Entrambe le procedure sono da eseguire<br />

in un contesto ambulatoriale. Le linee guida di molte<br />

società scientifiche considerano la sonoisterografia paragonabile<br />

alla isteroscopia diagnostica per quanto concerne<br />

la possibilità di identificare lesioni focali o diffuse. (American<br />

College of Obstetrics and Gynecology - Technological<br />

Bulletin - Saline Infusion sonohysterography Obstet. Gyne-


col. 2003 - Kroon CD, de Bock GH, Dieben SW, Jansen FW.<br />

BJOG 2003). L'esecuzione dell’una o dell’altra tecnica dipende<br />

dalle capacità degli operatori, dalla disponibilità di<br />

spesa non remunerata (nell’ambito pubblico la tariffa della<br />

isteroscopia diagnostica non remunera i costi di personale<br />

e materiale impiegato), ma soprattutto dalla necessità<br />

di non ritardare la diagnosi.Vi sono Centri in cui<br />

al rilievo di uno spessore endometriale a rischio, non sono<br />

in grado di eseguire contestualmente una sonoisterografia<br />

e inviano la paziente ad un ulteriore appuntamento<br />

magari giorni o settimane dopo.A volte intercorrono<br />

ancora giorni o settimane all’esecuzione della biopsia.<br />

In questi casi è bene che pur affrontando una spesa<br />

maggiore, la paziente venga inviata direttamente ad una<br />

isteroscopia diagnostica sempre avendo come obiettivo<br />

la celerità nei tempi di esecuzione dell’esame. In mani non<br />

esperte ed in presenza di polipi o miomi sottomucosi<br />

non aggredibili in office hysteroscopy, questo comporterà<br />

un ulteriore invio ad una isteroscopia operativa, ma la<br />

diagnosi istologica delle forme a rischio di carcinoma endometriale<br />

sarà stata ottenuta in un tempo più breve.<br />

L’apprendimento della sonoisterografia deve quindi divenire<br />

parte integrante del saper fare del ginecologo e del<br />

ginecologo in formazione proprio per essere in grado di<br />

completare in una sola seduta un percorso diagnostico<br />

che va dalla anamnesi alla definizione del percorso diagnostico<br />

terapeutico dell’AUB.<br />

L’endometrio spesso in post-menopausa in<br />

donna asintomatica<br />

Sino ad ora per quanto risulta dalla letteratura scientifica<br />

dove si è tentato di applicare l’ecografia ad uno screening<br />

in post-menopausa, cioè a pazienti asintomatiche, si<br />

sono commessi due errori. Il primo è quello di prescindere<br />

completamente dalla storia naturale del carcinoma<br />

endometriale, il secondo generato da questo, di ricorrere<br />

ad astratti calcoli statistici per identificare in diversi livelli<br />

di spessore endometriale, la soglia oltre al quale proporre<br />

anche in donne asintomatiche accertamenti invasivi<br />

(Smith-Bindman R. Ultrasound Obstet. Gynecol. 2004).<br />

Secondo questi concetti preclinici di epidemiologia degli<br />

spessori endometriali, si avrebbe un uguale rischio di<br />

carcinona endometriale rispetto a pazienti con AUB e<br />

endometrio superiore a 5 mm, in pazienti asintomatiche<br />

quando lo spessore > 11 mm. Ora è chiaro a chiunque<br />

conosca l’istologia dell’endometrio post-menopausale che<br />

un simile spessore è di regola costituito da quadri con<br />

una forte prevalenza di condizioni anomale, per quanto<br />

in larghissima prevalenza benigne. Fortunatamente per il<br />

clinico l’iperplasia semplice o complessa, raramente vanno<br />

incontro a sanguinamento spontaneo mentre il carcinoma<br />

endometriale probabilmente per l’ulteriore alterazione<br />

della architettura istologica presenta un sanguinamento<br />

da rottura nelle prime fasi di trasformazione.<br />

Proporre uno screening ecografico della patologia endometriale<br />

maligna e premaligna è quindi sicuramente destinato<br />

a rilevarsi inefficace e inefficiente.<br />

Il fatto che il clinico tuttavia debba dare una risposta allo<br />

screening spontaneo della eco-visita ginecologica, co-<br />

20<br />

me avviene in molti Paesi europei e in molte aree del<br />

Nord-America, appartiene ad un diverso rango di problemi<br />

che esula dalla possibilità di una risposta basata su<br />

criteri di evidenza. Le opinioni degli esperti divergono. Il<br />

nodo da sciogliere è cosa fare in una donna in post-menopausa<br />

che al controllo di screening oncologico costituito<br />

da pap test, mammografia ed eco ovarica (quest’ultima<br />

probabilmente non cost-effective) presenti un endometrio<br />

di spessore aumentato.<br />

ECOGRAFIA ENDOVAGINALE ED HRT<br />

Fare o non fare l'ecografia prima del trattamento<br />

La maggiore sensibilità diagnostica dell’esame ecografico<br />

rispetto all’esame obiettivo in presenza di neoformazioni<br />

ovariche e miometriali si applica a maggior ragione allo<br />

studio dell’endometrio. Eseguire una ecografia endovaginale<br />

prima della prescrizione di una HRT è quindi raccomandabile<br />

sulla base della opinione di esperti anche<br />

se mancano, ma sono difficilmente eseguibili, studi che<br />

confrontano coorti o serie randomizzate con o senza<br />

ecografia endovaginale. In una donna che richiede questa<br />

terapia la presenza di uno spessore endometriale anomalo<br />

deve indurre a considerazioni di prudenza diverse<br />

da quelle che si applicano alla popolazione generale. In<br />

questo caso la prescrizione di una terapia sostitutiva ormonale<br />

potrebbe infatti incidere su condizioni endometriali<br />

anormali preesistenti (Langer RD. N. Engl. J. Med. 1997<br />

- Ferrazzi E. Best Practice & Research Clinical Obstetrics and<br />

Gynaecology 2004).<br />

Esistono valori di riferimento dello spessore endometriale<br />

in HRT<br />

Con la stessa metodologia di preporre la biologia alla epidemiologia<br />

occorre sottolineare come la misura dell’endometrio<br />

in pazienti in HRT deve tenere conto del regime<br />

terapeutico, nella misura in cui questo influisce sulle<br />

caratteristiche dell’endometrio in modo ciclico o continuo.<br />

Nelle terapie sequenziali cicliche o continuative l’endometrio<br />

deve essere misurato nella finestra tra il 5° e<br />

il 10° giorno dopo la fine della terapia progestinica. In<br />

questo modo secondo il più ampio studio multicentrico,<br />

su 794 pazienti pubblicato su Fertility & Sterility nel<br />

2004 (Omodei U, Ferrazzi E et al. Fert. Ster. 2004) i valori<br />

di riferimento per le terapie sequenziali cicliche sono<br />

3,3±2,3 mm, 2,4±2,0 mm per le terapie sequenziali continuative<br />

e 4,2±2,4 mm per le terapie combinate. Quando<br />

non si rispettano i criteri temporali di misura dell’endometrio,<br />

lo spessore bi-endometriale si colloca a caso<br />

su valori anche significativamente aumentati, ma ovviamente<br />

per nulla informativi (Affinito P. Ultrasound in Obstetrics<br />

and Gynecology 1997 - Granberg S. Maturitas 1997<br />

- Holbert TR. American Journal of Obstetrics and Gynecology<br />

1997).<br />

Perché misurare l’endometrio in pazienti in HRT<br />

Il problema del rischio di carcinoma endometriale nelle<br />

donne in HRT rimane aperto (Beral V, Bull D, Reeves G;


Million Women Study Collaborators Endometrial cancer and<br />

hormone-replacement therapy in the Million Women Study.<br />

Lancet 2005). Confrontate con donne che non fanno uso<br />

di HRT il rischio è ridotto in pazienti che fanno uso di<br />

terapie combinate (relative risk 0,71 [95% CI 0,56-0,90];<br />

p = 0,005); aumentato con l’uso di tibolone (1,79 [1,43-<br />

2,25]; p < 0,0001) e aumentato con l’uso di estrogeni<br />

non bilanciati dall’impiego ciclico di progesterone (1,45<br />

[1,02-2,06]; p = 0,04); il rischio non è modificato significativamente<br />

con l’uso di terapie cicliche (1,05 [0,91-1,22];<br />

p = 0,5). L’obesità aumenta questi rischi.<br />

Questi dati erano già presenti nella revisione sistematica<br />

della letteratura proposta dalla Chocrane nel 2004 su<br />

trenta trial (Cochrane Database Syst. Rev. 2004). L’elemento<br />

di interesse aggiuntivo è l’aumento di iperplasie che<br />

si osserva negli schemi di terapia sequenziale lunghi (progesterone<br />

ogni tre mesi).<br />

La sorveglianza clinica deve quindi tenere conto di questa<br />

evidenza di rischio relativo aumentato, solo dal tibolone,<br />

dagli estrogeni non bilanciati, e dalle terapie sequenziali<br />

lunghe.<br />

La pratica clinica attuale si basa per molti su un concetto<br />

che non regge alla prova dell’evidenza e cioè che il<br />

sanguinamento non ciclico o la perdita non attesa siano<br />

indicatori di rischio di anomalia istologica. Studi multicentrici<br />

autorevolmente pubblicati da Sturdee, Pikar e Langer<br />

dimostrano che questo non è vero (Sturdee DW et<br />

al. Is the timing of withdrawal bleeding a guide to endometrial<br />

safety during sequential oestrogen-progestaogen replacement<br />

therapy? Lancet 1994 - Pickar JH & Archer DF. Is<br />

bleeding a predictor of endometrial hyperplasia in post-menopausal<br />

women receiving hormone replacement therapy?<br />

American Journal of Obstetrics and Gynecology 1997; Langer<br />

RD et al. Transvaginal ultrasonography compared with<br />

endometrial biopsy for the detection of endometrial disease.<br />

New England Journal of Medicine 1997). Uno studio<br />

prospettico di Omodei, Ferrazzi e coll. (Omodei, Ultrasound<br />

in Obstetrics and Gynecology 2000), dimostra su 121<br />

casi consecutivi in HRT sottoposti a biopsia iseroscopica<br />

che la prevalenza di patologie endometriali era identica<br />

in pazienti con perdite ematiche e in pazienti senza<br />

perdite ematiche ed era significativamente maggiore solo<br />

in quelle con spessore superiore a 4,5 mm. In uno studio<br />

successivo Omodei e Ferrazzi (Omodei, Fertil Steril,<br />

2004) hanno dimostrato come su 702 pazienti in HRT<br />

sottoposte ad ecografie endovaginali in 121 casi lo spessore<br />

fosse superiore a 4 mm. Metà di queste pazienti presentava<br />

anomalie dell’endometrio (polipi, miomi sottomucosi,<br />

iperplasie semplici e complesse) all’esame isteroscopico.<br />

La critica che oggi possiamo fare a questi studi è da una<br />

parte relativa alla impossibilità di avere informazioni sullo<br />

spessore endometriale in meta-analisi di studi disegnati<br />

per altri scopi o in lavori epidemiologici su popolazioni<br />

sottoposte a malapena a controlli clinici salvo gli indicatori<br />

di outcome durante lo studio (ricordiamo in proposito<br />

che il 49% delle donne arruolate nel One million<br />

women study era sotto la soglia di povertà), dall’altra il<br />

fatto che gli studi più analitici citati non impiegavano la<br />

21<br />

sonoisterografia nel triage diagnostico degli spessori aumentati.<br />

A chi proporre l’ecografia endovaginale tra le<br />

donne in HRT<br />

Oggetto di sorveglianza è certamente la paziente in<br />

estrogeni non bilanciati, in terapie sequenziali lunghe e<br />

in tibolone. Le pazienti in altri regimi terapeutici che si<br />

sottopongono a screening oncologici (pap test biennale<br />

- mammografia biennale, ecc.) potrebbero comunque<br />

giovarsi anche di un controllo della rima endometriale<br />

purchè eseguito nella fase corretta e purchè seguito da<br />

una sonoisterografia qualora lo spessore risultasse superiore<br />

a 4 mm. Probabilmente non per indicazione basata<br />

sull’evidenza ma per mantenere la compliance della<br />

paziente andrebbe proposta la misura dello spessore biendometriale<br />

alle pazienti in HRT con perdite ematiche<br />

non attese.<br />

RACCOMANDAZIONI PRATICHE<br />

1. Lo spessore endometriale > 4 mm è un criterio sicuro<br />

in pazienti in post-menopausa con AUB non<br />

obese e di età inferiore ai 75 anni per identificare<br />

una condizione di ipo-atrofia endometriale.<br />

2. Uno spessore di 5 mm aumenta la specificità ma riduce<br />

la sensibilità a valori non sicuri con un tasso di<br />

falsi normali del 4%, superiore all’errore diagnostico<br />

della isteroscopia nell’identificare lesioni endometriali<br />

focali.<br />

3. La sonoisterografia deve essere preferenzialmente<br />

eseguita nella stessa seduta in presenza di spessori<br />

endometriali superiori a 4 mm.<br />

4. Le biopsie endometriali a cielo coperto, non precedute<br />

da un imaging endometriale diretto o indiretto<br />

sono poco sensibili e ritardano la diagnosi e la terapia<br />

nei casi patologici.<br />

5. La misura dell’endometrio in donne in HRT deve tenere<br />

conto della fase della terapia in atto.<br />

6. Il rischio relativo di carcinoma e iperplasia endometriale<br />

in donne in HRT varia a seconda del regime<br />

terapeutico ed è significativamente aumentato solo<br />

in donne in terapia con estrogeni non bilanciati, in<br />

terapia con cicli sequenziali lunghi (progesterone ogni<br />

tre mesi) e in tibolone. A queste pazienti andrebbe<br />

raccomandata una sorveglianza ecografica dell’endometrio.<br />

7. La biopsia endometriale limitata a donne con perdite<br />

ematiche atipiche in HRT non è un criterio sensibile<br />

per l’identificazione di condizioni patologiche.<br />

8. La perdite ematica atipica riduce la compliance alle<br />

terapie. Il controllo dello spessore endometriale dovrebbe<br />

essere proposta alla paziente per rassicurazione<br />

e permetterle di continuare la terapia senza<br />

ansie.


CONSIGLI E REGOLE UTILI PER<br />

PREPARARE E PRESENTARE<br />

UNA RELAZIONE<br />

MEDICO-SCIENTIFICA<br />

G. Conoscenti 1, G. Calì 2, F. Labate 3, P. Scollo 1<br />

1 U.O. di Ostetricia e Ginecologia - Azienda Ospedaliera<br />

Cannizzaro, Catania<br />

2 1 a Ostetricia e Ginecologia - ARNAS Ospedale Civico,<br />

Palermo<br />

3 U.O. di Ostetricia e Ginecologia - Azienda Ospedaliera<br />

“Vincenzo Cervello”, Palermo<br />

Uno dei canali attraverso cui avviene la divulgazione delle<br />

conoscenze medico-scientifiche è l’organizzazione di Corsi<br />

e Congressi. I medici sono chiamati frequentemente a preparare<br />

relazioni e a confrontarsi con una platea motivata,<br />

che investe tempo e risorse economiche nell’aggiornamento,<br />

manifestando per tali eventi delle aspettative che non<br />

sempre vengono soddisfatte.<br />

Da una parte c’è il relatore, che ha dedicato tempo, entusiasmo<br />

e fatica nella raccolta dei dati e nella stesura della presentazione,<br />

e dall’altra c’è la platea, affamata di nozioni, in cerca<br />

di chiarimenti e sottoposta durante il meeting a un continuo<br />

e stancante “bombardamento culturale”.<br />

Alcuni relatori hanno una capacità innata di catalizzare l’attenzione<br />

del pubblico e di trasferire in maniera chiara e sintetica<br />

il messaggio contenuto nella loro presentazione mentre<br />

in altri casi la platea perde interesse e si annoia quasi<br />

subito. Le diapositive rappresentano un supporto visivo di<br />

grande aiuto e uno straordinario strumento pedagogico in<br />

quanto, oltre a essere utili nell’organizzazione di un discorso<br />

e a fissare i punti salienti della presentazione orale, attirano<br />

l’attenzione della platea che, altrimenti, potrebbe annoiarsi<br />

e distrarsi facilmente, soprattutto se la relazione viene<br />

presentata al termine di una lunga sessione.<br />

Come si costruisce una buona relazione? Di cosa deve parlare<br />

la prima diapositiva? E l’ultima? Come si utilizza una ipotetica<br />

domanda strategica? O una immagine? Come si enfatizzano<br />

i risultati da un punto di vista grafico?<br />

Dietro la presentazione di una relazione ci sono una fine psicologia<br />

e delle regole precise sulla percezione e sulla comunicazione<br />

che affondano le loro radici nell’arte della retorica<br />

degli antichi romani e hanno avuto uno sviluppo consapevole<br />

nella moderna disciplina della scienza della comunicazione.<br />

Perché il messaggio sia ben recepito la presentazione deve<br />

essere raccontata come una storia in cui c’è un flusso logico<br />

con inizio chiaro, sviluppo e fine. Secondo la classica costruzione<br />

ciceroniana, il discorso va organizzato in 4 momenti:<br />

- esordio: in cui si annuncia l’oggetto della relazione;<br />

- narrazione: dove vengono esposti razionale e metodi<br />

della ricerca;<br />

- argomentazione: in questa sezione il relatore mostra<br />

i risultati ed espone le proprie idee;<br />

- conclusione: in cui viene enunciato il messaggio finale.<br />

Più recentemente, gli studi degli anni novanta di Richard Mayer<br />

23<br />

hanno analizzato le modalità di apprendimento e l’uso integrato<br />

di parole e immagini secondo tre concetti chiave:<br />

1. doppio canale: la mente ha due canali di apprendimento,<br />

quello visivo e quello verbale;<br />

2. capacità limitata: in ogni canale riusciamo a far passare<br />

poche informazioni alla volta;<br />

3. elaborazione attiva: chi ascolta ritiene non tutto quello<br />

che gli viene proposto, ma solo quello che gli serve.<br />

Su questa base una relazione dovrebbe essere elaborata seguendo<br />

4 principi:<br />

1. principio di segnalazione: scrivere un titolo chiaro<br />

che sintetizzi il contenuto;<br />

2. principio di segmentazione: se si assimila meglio un<br />

concetto alla volta, ogni diapositiva deve essere dedicata<br />

a un solo tema;<br />

3. principio di modulazione: una diapositiva troppo<br />

piena di testo “chiude” il canale visivo;<br />

4. principio di multimedialità: usare la grafica per tradurre<br />

i concetti in immagini e le immagini per fornire<br />

suggestioni.<br />

Sulla base di queste premesse si intuisce come il successo<br />

di una relazione che possa mantenere l’attenzione della platea<br />

per tutta, o quasi, la durata dell’esposizione orale implica<br />

una preparazione per tempo delle singole diapositive, che<br />

vanno fatte con accuratezza, in modo uniforme ma vario,<br />

con aggiunta di grafici, tabelle e immagini esplicative, e il cui<br />

numero non sia eccessivo ma neanche troppo ridotto.<br />

Sono di seguito schematizzate alcune considerazioni, consigli<br />

e regole che possono essere utili nel preparare e presentare<br />

una relazione.<br />

VALUTAZIONE PRELIMINARE<br />

Prima di iniziare a preparare una relazione occorre considerare<br />

il contesto, il tipo di platea e il tempo a disposizione.<br />

Infatti una presentazione destinata a un corso di insegnamento,<br />

una lezione magistrale o la presentazione dei risultati<br />

di una ricerca rappresentano scenari completamente<br />

differenti. Conoscere il background culturale degli astanti<br />

e cosa sperano di apprendere è di estrema importanza<br />

per la scelta dei contenuti e delle conclusioni. Infine, rispettare<br />

il tempo concesso per la presentazione rappresenta un<br />

segno di educazione e di stile molto apprezzato dagli organizzatori,<br />

dagli altri relatori e dalla platea.<br />

Una relazione di successo è quella in cui gli spettatori hanno<br />

la sensazione che la stessa sia stata preparata proprio<br />

per loro e in cui viene detto ciò che essi vogliono sentire.<br />

STILE E SFONDO DELLE DIAPOSITIVE<br />

E’ consigliabile scegliere uno stile uguale per tutte le diapositive<br />

per dare la sensazione che la relazione sia originale e<br />

non un collage di altre precedenti.<br />

Conviene usare uno sfondo semplice, privo di ornamenti<br />

che tolgono spazio utile, limitano la lettura del testo e pos-


sono distrarre. I colori da preferire sono quelli scuri, piatti<br />

o con una gradazione semplice. E’ dimostrato che il blu rappresenta<br />

la scelta migliore mentre conviene evitare il bianco<br />

e il rosso, che rendono il testo difficile da leggere, e il<br />

verde, in quanto stancante.<br />

Occorre inoltre ricordare che l’8% dei maschi è affetto da<br />

daltonismo per cui è bene evitare i seguenti accostamenti:<br />

verde-blu, rosso-verde, rosso-marrone e bianco-verde<br />

chiaro.<br />

L’eccezione a quanto detto è rappresentata da alcune diapositive<br />

con poco testo utilizzate per enfatizzare alcuni contenuti<br />

(ad esempio titolo e inizio delle varie sezioni della relazione)<br />

per cui possono essere applicati stili e sfondi diversi<br />

e meno sobri.<br />

LE DIAPOSITIVE INIZIALI<br />

Le prime diapositive sono estremamente importanti per catalizzare<br />

l’attenzione degli astanti, una specie di promessa che<br />

il resto della relazione sarà interessante e varrà la pena di<br />

seguirla.<br />

La prima diapositiva è quella che cattura maggiormente l’attenzione<br />

della platea. Essa deve mostrare un bel titolo eloquente,<br />

che dia una piccola anticipazione dei contenuti della<br />

presentazione, nome e cognome del relatore e la sua affiliazione<br />

ed eventualmente un elemento grafico semplice<br />

ma d’effetto. Possono anche essere indicati data e luogo della<br />

relazione e titolo del meeting, evitando però di affollare<br />

troppo la diapositiva.<br />

La seconda diapositiva dovrebbe riportare l’indice degli argomenti<br />

trattati. Una bella domanda nella terza diapositiva,<br />

cui verrà data una risposta con la presentazione, può servire<br />

a stimolare la curiosità della platea.<br />

TESTO<br />

Purtroppo, molti relatori utilizzano male la funzione del testo<br />

nelle diapositive poiché scrivono esattamente ciò che<br />

devono esprimere oralmente. Ciò è sbagliato e inutile. Le<br />

diapositive, infatti, rappresentano la traccia del discorso e un<br />

aiuto a meglio comprendere e ricordare per chi ascolta, piuttosto<br />

che ricordare al relatore cosa dire.<br />

Il testo della diapositiva deve sintetizzare ciò che verrà esposto<br />

in dettaglio, oppure deve lanciare un breve messaggio,<br />

da espandere successivamente. Vanno usate frasi brevi ed<br />

incisive in grado di attirare l’attenzione della platea alludendo<br />

a ciò che seguirà, ma senza essere tanto prolisse da annoiare<br />

l’auditorio. Interpretazioni, particolari, dettagli e considerazioni<br />

in più sono affidati alle capacità oratorie di chi<br />

espone. Scrivendo troppo si corre un altro rischio: gli ascoltatori<br />

si mettono a leggere riga per riga e non ascoltano più<br />

il relatore. Dal lato opposto c’è il pericolo dell’estrema sintesi<br />

che sfocia nella povertà di impatto.<br />

Ogni concetto andrebbe sviluppato in una sola diapositiva<br />

costituita da un titolo e da non più di 6-8 righe, servendo-<br />

24<br />

si il più possibile di liste puntate o numerate. Quando ciò<br />

non è possibile, conviene suddividere il testo in non più di<br />

2-3 diapositive successive, in quanto è meglio proiettare molte<br />

diapositive rarefatte che poche ma illeggibili.<br />

Per ottimizzare l’uso del testo conviene andare all’essenziale,<br />

condensando i concetti in poche frasi telegrafiche di 6-<br />

10 parole, eliminando avverbi e aggettivi e privilegiando cifre<br />

e fatti e utilizzando simboli quali “maggiore” o “minore”<br />

o una bella freccia per esprimere il rapporto causa-effetto.<br />

I diagrammi di flusso rappresentano elementi grafici molto<br />

interessanti e utili per far passare e semplificare in una diapositiva<br />

dei concetti complessi.<br />

Il messaggio deve essere ben evidente e leggibile e restare<br />

in vista finché il relatore non ha esaurito l’argomento.<br />

Da un punto di vista grafico, è bene utilizzare per il testo<br />

un colore chiaro con un buon contrasto rispetto allo sfondo<br />

(la combinazione cromatica più efficace è fondo blu con<br />

scritte gialle o bianche) e caratteri di dimensioni grandi, in<br />

modo che sia possibile leggere ogni parola anche dall’ultima<br />

fila di una sala affollata. E’ preferibile usare sempre lo stesso<br />

tipo di carattere per tutta la relazione, evitando di scrivere<br />

tutto maiuscole e l’uso delle abbreviazioni, che distraggono,<br />

e il corsivo, che si legge male. Le referenze bibliografiche<br />

vanno riportate in basso e di dimensioni più piccole.<br />

L’uso di colori, evidenziazioni e sottolineature va limitato, in<br />

quanto rendono il testo difficile da leggere a distanza.<br />

Al fine di non stancare l’auditorio è consigliabile evitare la<br />

successione di più di tre diapositive di solo testo, facendo<br />

ricorso a immagini, elementi grafici o filmati.<br />

IMMAGINI<br />

L’uso delle immagini rappresenta il punto di forza della presentazione.<br />

Esse spesso valgono più delle parole per inviare<br />

un messaggio o far passare un’idea. L’immagine, corredata<br />

delle giuste parole (una breve frase di 5-6 parole o un<br />

simbolo), può esprimere un concetto interessante in grado<br />

di allentare la tensione e introdurre in maniera efficace l’argomento<br />

successivo.<br />

Le immagini vanno utilizzate in maniera efficace e mai eccessiva<br />

e vanno ottimizzate al fine di ottenere il migliore<br />

aspetto evitando eccessive dimensioni del file. Non vanno<br />

mostrati i dati identificativi della paziente, per ovvi motivi di<br />

privacy, e le informazioni tecniche relative all’ecografo, che<br />

tolgono spazio utile. Estrarre dall’immagine il particolare di<br />

interesse consente di focalizzare l’attenzione e risparmiare<br />

spazio nella diapositiva.Vanno ottimizzati contrasto, dimensioni<br />

e risoluzione, ad esempio convertendo un formato<br />

BMP a JPG o convertendo nella scala dei grigi una foto in<br />

bianco e nero, per ridurre le dimensioni del file. Se si usano<br />

più immagini nella stessa diapositiva conviene orientarle<br />

in maniera simile e usare le stesse dimensioni del riquadro<br />

per ottenere un aspetto grafico più omogeneo, che sia<br />

in grado di attirare l’attenzione e ridurre i motivi di distrazione.<br />

Infine, se non si utilizzano immagini proprie è corretto<br />

citare la fonte di provenienza, sia che si tratti di un individuo<br />

(ad esempio un collega, un fotografo, un artista), di<br />

una voce bibliografica o di un sito internet.


GRAFICI E TABELLE<br />

Al contrario delle immagini, questi elementi non suscitano<br />

un’idea, bensì esprimono dati raggruppati in un determinato<br />

modo. I grafici sono molto utili per la rappresentazione<br />

dei dati numerici, in quanto sono elementi molto chiari e<br />

facilmente assimilabili. Occorre invece fare attenzione all’uso<br />

delle tabelle che, se troppo affollate, disperdono l’attenzione<br />

della platea.<br />

La rappresentazione grafica deve essere semplice, corredata<br />

di titoli esplicativi e legende chiare e senza troppe abbreviazioni<br />

incomprensibili. E’ meglio fare ricorso ad un testo<br />

di dimensioni adeguatamente grandi, enfatizzando il risultato<br />

più importante con un colore (ad esempio in rosso).<br />

E’ corretto che il relatore dia alla platea qualche secondo<br />

per guardare ed assimilare i dati scritti prima di esporli.<br />

FILMATI E ANIMAZIONI<br />

Riguardo all’uso dei filmati, è consigliabile fare ricorso al ciclo<br />

continuo e, cosa estremamente importante, se non si<br />

utilizza il proprio computer bisogna ricordarsi di importare<br />

non solo la presentazione ma anche il filmato nel CD o<br />

nella penna ottica e quindi nel computer da cui verrà proiettata<br />

la relazione.<br />

Ogni elemento della diapositiva (testo, diagrammi di flusso,<br />

grafici, tabelle, immagini e filmati) può essere reso più interessante<br />

mediante una animazione personalizzata. Meglio<br />

però non esagerare perché si potrebbe ottenere un effetto<br />

ridicolo che danneggerebbe una buona presentazione.<br />

Inoltre, è meglio fare ricorso ad animazioni semplici e consistenti,<br />

evitando quelle parola per parola e gli oggetti volanti.<br />

CORREZIONE ED ESPOSIZIONE<br />

Terminata la preparazione della relazione è buona regola lasciarla<br />

“riposare” per un paio di giorni e poi rivederla in maniera<br />

critica a caccia di eventuali errori e incongruenze. E’<br />

molto utile chiedersi se il proprio lavoro piacerà alla platea<br />

e se l’interesse sarà mantenuto vivo fino alla fine.<br />

Il passo successivo è quello di ripetere più volte la presentazione<br />

e cronometrarla per sincronizzare l’esposizione orale<br />

con le diapositive e per automatizzare i vari passaggi. Una<br />

pratica molto valida è quella di ripetere la propria relazione<br />

a un pubblico “familiare”, come ad esempio i propri colleghi,<br />

le cui osservazioni possono essere non solo utili, ma<br />

anche più benevole.<br />

Se durante le prove si supera il tempo a disposizione è meglio<br />

sacrificare qualche diapositiva per evitare di stancare la<br />

platea o essere tagliati dal moderatore.<br />

Per ridurre al minimo i problemi che possono presentarsi<br />

durante la preparazione o la presentazione della relazione,<br />

ci sono degli accorgimenti che non dovrebbero essere dimenticati.<br />

Anzitutto è fondamentale fare continui back-up<br />

per far fronte a possibili incidenti in grado di fare perdere<br />

25<br />

quanto prodotto in tante ore di lavoro. Al momento della<br />

presentazione, se si utilizza il proprio computer, è bene usare<br />

il cavo di alimentazione e non le batterie.Viceversa, se si<br />

trasferisce la propria relazione su un computer mediante un<br />

CD o pen-drive, prima della proiezione occorre controllare<br />

se formato e animazioni sono stati modificati.<br />

Lo stile del relatore deve essere elegante ed efficace. Il modo<br />

migliore per catturare l’interesse è quello di parlare rivolto<br />

verso la platea con un tono di voce non monotono<br />

ed evitando di rimanere seduto, di mettere le mani in tasca,<br />

di giocherellare con qualcosa che può distrarre l’auditorio<br />

o di gesticolare eccessivamente.<br />

Gli studi cognitivi rivelano che le persone assimilano meglio<br />

una presentazione multimediale se le parole sono presentate<br />

come una narrazione, piuttosto che come testo sulla<br />

diapositiva. In tal senso il podio va usato come un palcoscenico<br />

in cui la rappresentazione deve divertire e il relatore<br />

deve essere in grado di dosare e modulare i canali sensoriali<br />

ancorando l’attenzione con un breve testo o un’immagine,<br />

che impegnano il canale visivo, per poi voltarsi verso<br />

il pubblico e parlare, servendosi anche di metafore, spostando<br />

il racconto fuori schermo, per impegnare il canale<br />

auditivo.<br />

Alla fine della presentazione è doveroso ed elegante ringraziare<br />

chi ha collaborato alla preparazione della stessa e il<br />

pubblico per l’attenzione.<br />

Un errore commesso frequentemente da un oratore poco<br />

esperto è quello di presentare troppo materiale e di parlare<br />

eccessivamente. E’ questo un modo di dimostrare a se stessi<br />

di conoscere bene l’argomento trattato ma le conseguenze<br />

sono rappresentate dal fatto che spesso si perde il messaggio<br />

principale, l’esposizione è troppo veloce e si sacrifica<br />

il tempo per le domande. Piuttosto, la conoscenza dell’argomento<br />

viene meglio espressa mediante una presentazione<br />

chiara e concisa che sia provocatoria e porti a un dialogo<br />

con la platea alla fine della relazione. Saranno le risposte a<br />

mettere in luce la preparazione dell’oratore. D’altra parte,<br />

l’assenza di domande significa che la presentazione è stata<br />

poco comprensibile o che l’auditorio è annoiato o stanco.<br />

Un altro consiglio utile, soprattutto in caso di una relazione<br />

destinata a un corso di insegnamento, è quello di non distribuire<br />

la stampa della stessa prima dell’esposizione per evitare<br />

che il pubblico si metta a sfogliarla, determinando una caduta<br />

dell’attenzione mentre il relatore parla. Piuttosto, è consigliabile<br />

informare la sala che al termine della presentazione<br />

verrà distribuito materiale, come ad esempio la presentazione<br />

nella versione con le note o il discorso in breve ma<br />

con tutte le argomentazioni e i passaggi logici, ciò anche per<br />

evitare che qualcuno prenda appunti a ritmi forsennati.<br />

Una presentazione di successo è quella le cui conclusioni<br />

vengono ricordate nel tempo. A tale proposito una buona<br />

regola, se possibile, è quella di chiedere una settimana dopo<br />

ad un membro della platea di ricordare 3 punti: se essi<br />

sono punti chiave, il relatore ha fatto un buon lavoro; se non<br />

si tratta di punti chiave non è stata posta la giusta enfasi agli<br />

argomenti trattati e alle conclusioni; infine, se non vengono<br />

ricordati 3 punti della relazione, ciò va letto come un insuccesso.


CONCLUSIONI<br />

Di solito il “mestiere” del relatore viene improvvisato e il<br />

successo di una presentazione è affidato al buon senso e<br />

alle innate capacità comunicative e pedagogiche del singolo<br />

individuo. Di conseguenza, ciascun incontro scientifico ha<br />

un cospicuo numero di relazioni potenzialmente interessanti<br />

ma perfettibili da un punto di vista espositivo. Una buona<br />

presentazione gratifica sia il relatore che la platea e rende<br />

il flusso cognitivo efficace.<br />

Il presente documento è stato redatto con lo scopo di riassumere<br />

in maniera schematica delle regole utili a chi, dovendo<br />

preparare una lezione o presentare i risultati di una<br />

propria ricerca, desidera trasmettere i propri messaggi in maniera<br />

efficace e duratura.<br />

DIECI REGOLE UTILI PER UNA<br />

BUONA PRESENTAZIONE<br />

1. In via preliminare considerare contesto della relazione,<br />

tipo di platea e tempo a disposizione;<br />

2. preparare le diapositive per tempo;<br />

3. scegliere un titolo intrigante;<br />

4. sia per la preparazione delle diapositive che per l’esposizione<br />

usare uno stile sobrio ma vario;<br />

5. dire ciò che la platea vuole sentire, mediante uno stile<br />

espositivo di tipo narrativo, in cui vene raccontata<br />

una storia con un flusso logico;<br />

6. stimolare in maniera bilanciata il canale visivo e quello<br />

verbale, facendo un uso sapiente del testo (poche<br />

frasi brevi e incisive, ben contrastate rispetto allo<br />

sfondo), degli elementi grafici, delle immagini e delle<br />

animazioni (semplici ma efficaci);<br />

7. prima della presentazione rivedere criticamente il<br />

proprio lavoro;<br />

8. ripetere e cronometrare l’esposizione, riducendo il<br />

numero di diapositive, se necessario;<br />

9. prevenire eventuali problemi (fare continui back-up<br />

e trasferire i filmati assieme alla relazione);<br />

10. ringraziare adeguatamente prima di lasciare il podio.<br />

TABELLA RIASSUNTIVA<br />

• Sfondo:<br />

- stile unico per tutte le diapositive,<br />

- semplice e privo di ornamenti,<br />

- colore scuro piatto o con gradazione semplice (meglio<br />

il blu),<br />

- fanno eccezione alcune diapositive in cui è utile enfatizzare.<br />

• Prima diapositiva:<br />

- titolo,<br />

- nome, cognome e affiliazione del relatore,<br />

- un elemento grafico semplice ma d’effetto,<br />

- data, luogo e meeting facoltativi.<br />

26<br />

• Testo:<br />

- colore chiaro e con buon contrasto rispetto allo sfondo<br />

(ideale testo bianco su sfondo blu),<br />

- dimensioni grandi,<br />

- carattere semplice e sempre lo stesso in tutta la relazione,<br />

- moderazione nell’uso dei colori e delle evidenziazioni,<br />

- evitare corsivo e tutto maiuscole (tranne casi sporadici),<br />

- titolo + liste puntate e numerate,<br />

- limitarsi a 8-10 righe di 6-10 parole,<br />

- evitare abbreviazioni, avverbi e aggettivi,<br />

- usare simboli appropriati (α, β, →, ecc.),<br />

- ogni concetto va sviluppato in una sola diapositiva,<br />

- referenze in basso e con carattere più piccolo,<br />

- evitare più di tre diapositive di solo testo.<br />

• Immagini:<br />

- tagliare dati paziente e informazioni tecniche,<br />

- estrarre dalle foto il particolare di interesse,<br />

- ottimizzare contrasto, risoluzione e dimensioni (convertire<br />

BMP in JPG),<br />

- se immagine in bianco e nero convertire nella scala dei<br />

grigi per ridurre le dimensioni del file,<br />

- se si usano più immagini, usare orientamento e dimensioni<br />

del riquadro simili,<br />

- se non si mostrano immagini proprie citare la fonte di<br />

provenienza.<br />

• Grafici e tabelle:<br />

- semplici e poco affollati di dati,<br />

- titolo esplicativo e legenda chiara,<br />

- evitare testo di dimensioni ridotte e abbreviazioni poco<br />

comprensibili,<br />

- enfatizzare il risultato più importante con testo colorato<br />

(rosso),<br />

- mostrare i dati per alcuni secondi prima di esporli.<br />

• Animazioni e filmati:<br />

- non abusare,<br />

- semplici e consistenti per non annoiare,<br />

- se non si usa il proprio computer copiare anche il filmato,<br />

- usare il ciclo continuo.<br />

LETTURE CONSIGLIATE<br />

- La presentazione in PowerPoint (I parte). Bollettino di<br />

informazione sui farmaci. 2005; 12: 79-83.<br />

- La presentazione in PowerPoint (II parte). Bollettino di<br />

informazione sui farmaci. 2005; 12: 133-137.<br />

- Jeanty P. Creating multimedia lectures. 2002.<br />

http: www.TheFetus.net<br />

- Atkinson C. http://www.beyondbullet.com<br />

- Bourne P.Ten simple rules for making good oral presentations.<br />

PLoS Computational Biology 2007; 3: e76-e77.<br />

http://www.ploscompbiol.org<br />

- Di Pasqua E.Alla ricerca del powerpoint perfetto. 2007;<br />

39-41.<br />

http://www.mestierediscrivere.com/pdf/vision_ppt.pdf


ESAME ECOGRAFICO DEL<br />

SISTEMA NERVOSO CENTRALE<br />

FETALE: LINEE GUIDA PER<br />

L’ESAME DI BASE E PER LA<br />

NEURO SONOGRAFIA FETALE<br />

Ultrasound Obstet Gynecol 2007; 29: 109-116.<br />

Linee Guida stilate sotto il patrocinio dell’ISUOG<br />

Presidente Prof. D. Paladini, Università di Napoli<br />

G. Malinger1,A. Monteagudo2, G. Pilu3, I.Timor-<br />

Tritsch2,A.Toi4 1 Fetal Neurology Clinic, Department of Obstetrics and<br />

Gynecology,Wolfson Medical Center,Tel-Aviv University,<br />

Israel<br />

2 Department of Obstetrics and Gynecology, New York<br />

University School of Medicine, New York, USA<br />

3 Department of Obstetrics and Gynecology, University<br />

of Bologna, Italy<br />

4 Department of Medical Imaging, Mount Sinai Hospital,<br />

University of Toronto, Canada<br />

Traduzione a cura di:<br />

Dott.ssa G. Zabbara<br />

Unità di Medicina Materno Fetale dell’Università di<br />

Torino (Direttore Prof.T.Todros)<br />

INTRODUZIONE<br />

Le anomalie del Sistema Nervoso Centrale (SNC) costituiscono<br />

una delle più comuni patologie malformative<br />

congenite. I difetti del tubo neurale sono le più frequenti<br />

malformazioni del SNC: 1-2 casi ogni 1.000 nati.<br />

L’incidenza delle malformazioni intracraniche con tubo<br />

neurale integro è incerta, poichè probabilmente la maggior<br />

parte di queste non vengono riconosciute alla nascita<br />

e diventano evidenti solo in seguito. Studi di followup<br />

a lungo termine suggeriscono comunque che l’incidenza<br />

potrebbe essere più alta dell’1% (1).<br />

L’ecografia è stata usata per quasi trent’anni come la principale<br />

metodica per diagnosticare le anomalie del SNC<br />

fetale. Lo scopo di queste Linee Guida è di analizzare gli<br />

aspetti tecnici di un approccio ottimale allo studio dell’encefalo<br />

nel corso dell’ecografia che viene effettuata per<br />

valutare l’anatomia fetale; in questo documento le indicazioni<br />

fornite saranno utili allo svolgimento di un esame<br />

di base.<br />

La valutazione dettagliata del SNC fetale (neurosonografia<br />

fetale) è anche possibile ma richiede competenze specifiche<br />

e sofisticate apparecchiature. Questo tipo di esame,<br />

talora integrato con ecografia tridimensionale, è indicato<br />

nelle gravidanze ad aumentato rischio per anomalie<br />

del SNC.<br />

Negli ultimi anni la Risonanza Magnetica fetale è emer-<br />

28<br />

sa come una promettente nuova tecnica che potrebbe<br />

aggiungere importanti informazioni in casi selezionati e<br />

principalmente dopo le 20-22 settimane (2, 3), sebbene<br />

i suoi vantaggi rispetto agli ultrasuoni rimangono oggetto<br />

di discussione (4, 5).<br />

CONSIDERAZIONI GENERALI<br />

Età gestazionale<br />

L’aspetto dell’encefalo e del midollo cambiano completamente<br />

nel corso della gravidanza. Al fine di evitare errori<br />

diagnostici è importante avere familiarità con la normale<br />

morfologia del SNC nelle differenti epoche gestazionali.<br />

La maggior parte degli sforzi per diagnosticare le<br />

anomalie del SNC si concentrano nel secondo trimestre<br />

(6-11). L’esame di base è infatti di solito eseguito intorno<br />

a 20 settimane di età gestazionale. Qualche anomalia<br />

potrebbe essere evidenziata nel primo trimestre e nelle<br />

prime fasi del secondo trimestre.Anche se queste possono<br />

rappresentare una minoranza, di solito sono gravi<br />

e pertanto meritano particolare considerazione. E’ vero<br />

che l’esame precoce richiede competenze specifiche, tuttavia,<br />

è sempre opportuno prestare particolare attenzione<br />

alla testa fetale e al cervello in età precoce. Il vantaggio<br />

di un’ecografia precoce mirata al SNC fetale (14-16<br />

settimane) è che le ossa della teca cranica sono sottili e<br />

il cervello può essere studiato da quasi tutte le angolazioni.<br />

Di solito una soddisfacente valutazione del SNC<br />

fetale può essere ottenuta nel secondo e terzo trimestre<br />

di gravidanza. Nelle fasi finali della gravidanza la visualizzazione<br />

delle strutture intracraniche è spesso ostacolata<br />

dall’ossificazione della teca cranica.<br />

Fattori tecnici<br />

Trasduttori ecografici<br />

Le sonde ecografiche ad alta frequenza aumentano la risoluzione<br />

spaziale ma diminuiscono la penetrazione del<br />

fascio ecografico. La scelta di sonde e di frequenze operative<br />

ottimali è influenzata da numerosi fattori quali: l’habitus<br />

materno, la posizione fetale e l’approccio utilizzato.<br />

La maggior parte degli esami di base sono effettuati<br />

in modo soddisfacente con sonde transaddominali di 3-<br />

5 MHz. La neurosonografia fetale richiede frequentemente<br />

l’esame ecografico transvaginale che è di solito effettuato<br />

con sonde tra 5 e 10 MHz (12-13). L’ecografia 3D<br />

può facilitare l’esame dell’encefalo e della colonna vertebrale<br />

(14-15).<br />

Parametri relativi all’immagine<br />

L’esame ecografico è nella maggior parte dei casi eseguito<br />

con metodica bidimensionale. L’uso dell’armonica<br />

nelle immagini può migliorare la visualizzazione dei dettagli<br />

anatomici più fini soprattutto nelle pazienti con alta<br />

impedenza acustica. Possono essere usati, principalmente<br />

per l’identificazione dei vasi cerebrali, nello studio neurosonografico<br />

il Color e il Power Doppler. E’ necessario<br />

il corretto adeguamento della frequenza di ripetizione degli<br />

impulsi (le principali arterie cerebrali hanno le velo-


cità nel range di 20-40 cm/sec durante la vita intrauterina)<br />

(16) e della persistenza del segnale che migliora la<br />

visualizzazione dei piccoli vasi.<br />

ESAME DI BASE<br />

Valutazione qualitativa<br />

L’ecografia transaddominale è la tecnica d’elezione per<br />

lo studio del SNC fetale nel corso della fine del primo<br />

trimestre, del secondo e terzo trimestre nelle gravidanze<br />

a basso rischio. L’esame dovrebbe includere la valutazione<br />

della testa fetale e della colonna vertebrale. Due<br />

piani di scansione assiali consentono la visualizzazione delle<br />

strutture cerebrali rilevanti per valutare l’integrità anatomica<br />

del cervello (17). Questi piani sono comunemente<br />

denominati transventricolare e transcerebellare. Un terzo<br />

piano è stato chiamato transtalamico ed è frequentemente<br />

usato soprattutto ai fini della valutazione biometrica<br />

(Fig. 1). Le strutture che dovrebbero essere visualizzate<br />

nell’esame di base sono: i ventricoli laterali, il cervelletto,<br />

la cisterna magna e il cavo del setto pellucido.<br />

Dovrebbero essere valutate in queste scansioni anche la<br />

forma della testa fetale e l’ecogenicità del parenchima cerebrale.<br />

Figura 1:Visione assiale della testa fetale.<br />

(a) Piano transventricolare;<br />

(b) Piano transtalamico;<br />

(c) Piano transcerebellare.<br />

Scansione assiale transventricolare<br />

Questo piano di scansione dimostra la porzione anteriore<br />

e posteriore dei ventricoli laterali. La porzione anteriore<br />

dei ventricoli laterali (corni frontali o anteriori)<br />

29<br />

è visualizzata come due strutture ecoprive a forma di virgola<br />

che hanno una parete laterale ben definita e medialmente<br />

sono separate dal cavo del setto pellucido<br />

(CSP). Il CSP è una cavità ripiena di liquido delimitata da<br />

due sottili membrane. Nell’ultimo periodo della gravidanza<br />

o nel primo periodo neonatale le pareti che delimitano<br />

il cavo si fondono a formare il setto pellucido. Il CSP<br />

comincia ad essere visualizzabile intorno a 16 settimane<br />

di età gestazionale e presso il termine della gravidanza<br />

si oblitera. Con l’ecografia transaddominale dovrebbe<br />

sempre essere visualizzato tra 18 e 37 settimane ovvero<br />

quando il diametro biparietale è di 44-88 mm (18).<br />

Al contrario non visualizzare il CSP prima delle 16 o dopo<br />

le 37 settimane è un reperto normale. Il valore da<br />

attribuire alla visualizzazione del CSP per l’identificazione<br />

di anomalie cerebrali è stato molto discusso. Comunque<br />

questa struttura è facilmente identificabile ed è alterata<br />

in modo evidente in molte lesioni cerebrali quali<br />

l’oloprosencefalia, l’agenesia del corpo calloso, la severa<br />

idrocefalia e la displasia setto-ottica (19). A partire da<br />

16 settimane la porzione posteriore dei ventricoli laterali<br />

(chiamati anche corni posteriori) è in realtà un complesso<br />

formato dall’atrio che continua posteriormente nel<br />

corno occipitale. L’atrio è caratterizzato dalla presenza<br />

al suo interno del plesso corioideo iperecogeno, a differenza<br />

dei corni occipitali che appaiono anecogeni. In particolare<br />

nel secondo trimestre di gravidanza entrambe<br />

le pareti mediale e laterale del ventricolo sono ben visualizzabili<br />

ed appaiono come linee parallele alla linea mediana.<br />

Il plesso corioideo spesso occupa l’intera cavità del<br />

ventricolo a livello atriale, anche se talvolta si evidenzia<br />

separato dalla parete mediale del ventricolo stesso (20-<br />

23). Nella scansione transventricolare standard è chiaramente<br />

visualizzabile solo l’emisfero distale al trasduttore<br />

mentre l’altro è frequentemente oscurato da artefatti.<br />

Comunque le più gravi anomalie cerebrali sono bilaterali<br />

o associate con una significativa deviazione o distorsione<br />

della linea mediana; per cui è stato suggerito<br />

di verificare sempre nell’esame di base la simmetria dell’encefalo<br />

(17).<br />

Scansione assiale transcerebellare<br />

Questo piano di scansione è ottenuto ad un livello leggermente<br />

inferiore rispetto a quello transventricolare e<br />

con una leggera inclinazione posteriore che include la visualizzazione<br />

dei corni frontali dei ventricoli laterali, il cavo<br />

del setto pellucido, i talami, il cervelletto e la cisterna<br />

magna. Il cervelletto appare come una struttura a forma<br />

di farfalla formata dagli emisferi cerebellari uniti medialmente<br />

dal verme cerebellare. La cisterna magna, detta<br />

anche cisterna cerebello-midollare, appare come una<br />

struttura anecogena nello spazio posteriore al cervelletto.<br />

Essa contiene fini setti, che sono strutture fisiologiche<br />

e che non dovrebbero essere confusi con strutture vascolari<br />

o formazioni cistiche. Nella seconda metà della<br />

gravidanza le dimensioni della cisterna magna sono stabili<br />

e dovrebbero essere comprese tra 2-10 mm (17).<br />

In epoca gestazionale precoce il verme cerebellare non<br />

ha completamente coperto il quarto ventricolo e que-


sto potrebbe generare delle false impressioni di difetti<br />

del verme. Nell’ultima fase della gravidanza ciò potrebbe<br />

far sospettare un’anomalia cerebellare che prima delle<br />

20 settimane è un reperto ecografico di frequente osservazione<br />

(24).<br />

Scansione assiale transtalamica<br />

Un terzo piano di scansione, ottenuto ad un livello intermedio,<br />

è anche frequentemente usato nello studio della<br />

testa fetale ed è comunemente denominato scansione<br />

transtalamica o piano del diametro biparietale. La scansione<br />

anatomica comprende in senso fronto-occipitale:<br />

i corni frontali dei ventricoli laterali, il cavo del setto pellucido,<br />

i talami e il giro dell’ippocampo. Questa scansione<br />

non aggiunge dettagli anatomici a quelli che otteniamo<br />

con le scansioni transventricolari e transcerebellari,<br />

è però utilizzata per lo studio della biometria della testa<br />

fetale. E’ stato proposto che, particolarmente nel terzo<br />

trimestre, questo piano di scansione sia più facile da identificare<br />

e consenta misurazioni più riproducibili rispetto<br />

alla scansione transventricolare (25).<br />

La colonna vertebrale fetale<br />

L’esame dettagliato della colonna vertebrale fetale richiede<br />

esperienza e meticolose scansioni; i risultati sono fortemente<br />

dipendenti dalla posizione del feto. Pertanto la<br />

valutazione dettagliata della colonna vertebrale in tutte<br />

le sue proiezioni non fa parte dell’esame di base. La più<br />

frequente e grave malformazione della colonna, la spina<br />

bifida aperta, è associata usualmente con anomalie dell’anatomia<br />

intracranica.Tuttavia una sezione longitudinale<br />

della colonna fetale dovrebbe essere ottenuta poiché<br />

può rilevare, almeno in alcuni casi, altre malformazioni spinali<br />

tra cui anomalie vertebrali e agenesia sacrale. In condizioni<br />

normali, una sezione longitudinale della colonna<br />

a partire dalle 14 settimane di età gestazionale dimostra<br />

i tre centri di ossificazione vertebrali (uno nel corpo vertebrale,<br />

l’altro alla giunzione tra la lamina e il peduncolo<br />

da ciascun lato) che circondano il canale neurale e che<br />

appaiono come altre due o tre linee parallele in relazione<br />

all’orientamento del fascio ecografico. Inoltre dovrebbe<br />

essere dimostrata l’integrità<br />

della cute sovrastante la colonna<br />

con scansioni trasversali o<br />

longitudinali.<br />

Valutazione quantitativa<br />

La biometria è una parte essenziale<br />

dell’esame ecografico della<br />

testa fetale. Nel secondo e<br />

nel terzo trimestre l’esame standard<br />

usualmente include la misurazione<br />

del diametro biparietale,<br />

della circonferenza cranica<br />

e la misura dei trigoni cerebrali.<br />

Si è soliti anche misurare il<br />

diametro trasverso del cervelletto<br />

e la dimensione della cisterna<br />

magna. Il diametro bipa-<br />

30<br />

rietale e la circonferenza cranica sono comunemente usati<br />

per stabilire l’epoca e la crescita fetale, ma potrebbero<br />

essere anche usati per identificare anomalie cerebrali.<br />

Essi possono essere misurati in scansione transventricolare<br />

o transtalamica utilizzando diverse modalità. Più<br />

frequentemente i calibri sono posizionati al di fuori della<br />

teca cranica.Tuttavia, alcune delle curve disponibili sono<br />

state prodotte utilizzando la tecnica con i calibri posizionati<br />

esterno-interno per evitare gli artefatti generati<br />

dagli echi distali della teca cranica. I differenti approcci<br />

risultano in differenze di pochi millimetri che possono<br />

essere clinicamente rilevanti solo in epoca gestazionale<br />

precoce. E’ importante perciò conoscere la tecnica utilizzata<br />

nel costruire le curve di crescita di riferimento che<br />

ogni operatore utilizza. Se l’ecografo ha la possibilità di<br />

misurare utilizzando l’ellissi la CC può essere misurata<br />

direttamente posizionando l’ellissi sul margine esterno degli<br />

echi della teca cranica. Alternativamente, la circonferenza<br />

cranica (CC) può essere calcolata dal diametro biparietale<br />

(BPD) e dal diametro occipito-frontale (OFD)<br />

usando l’equazione HC = 1,62 X (BPD+OFD). Il rapporto<br />

tra diametro biparietale e diametro occipito-frontale<br />

è in genere 75-85%.Tuttavia nelle prime fasi della gravidanza<br />

è frequente la modificazione di forma della testa<br />

fetale e molti feti in presentazione podalica hanno<br />

qualche grado di dolicocefalia. La misurazione degli atri<br />

è raccomandata, perchè numerosi studi dimostrano che<br />

è il più efficace approccio per valutare l’integrità del sistema<br />

ventricolare e la ventricolomegalia è il più frequente<br />

marker di anomalie dello sviluppo cerebrale. La misurazione<br />

si ottiene a livello del plesso corioideo, perpendicolare<br />

alla cavità ventricolare, posizionando i calibri<br />

all’interno degli echi generato dalla parete laterale (Fig.<br />

2). La misurazione è stabile nel secondo e all’inizio del<br />

terzo trimestre con un diametro medio di 6-8 mm (20,<br />

22-27) ed è considerata normale quando misura meno<br />

di 10 mm (27-32). Molti degli studi biometrici hanno usato<br />

nella misurazione delle dimensioni dei ventricoli laterali<br />

apparecchi ecografici che prevedevano misure in millimetri;<br />

con i moderni ecografi le misurazioni vengono fornite<br />

in decimi di millimetro, così non è certo su quale sia<br />

a<br />

Figura 2: (a) Misura dell’atrio dei ventricoli laterali. I calibri vanno posizionati a livello<br />

del plesso corioideo, all’interno degli echi generati dalle pareti dei ventricoli.<br />

(b) Diagramma che illustra il corretto posizionamento dei calibri per la misura dei<br />

ventricoli. I calibri sono correttamente posizionati toccando il margine interno della<br />

parete ventricolare nella sua porzione più ampia e allineati perpendicolarmente all’asse<br />

lungo del ventricolo (Yes).<br />

b


il valore di cut-off più ragionevole (33). Noi riteniamo<br />

che in particolare nel secondo trimestre un valore di 10<br />

mm o più dovrebbe essere considerato sospetto. Il diametro<br />

trasverso cerebellare aumenta di circa un millimetro<br />

per settimana di gravidanza tra le 14 e le 21 settimane<br />

di epoca gestazionale. Questa misurazione, con la<br />

circonferenza cranica e il diametro biparietale è utile a<br />

valutare la crescita fetale. Il diametro antero-posteriore<br />

della cisterna magna misurato tra il verme cerebellare e<br />

il margine interno dell’osso occipitale è solitamente 2-<br />

10 mm (34). In presenza di dolicocefalia questo spazio<br />

può avere una misura superiore a 10 mm.<br />

NEUROSONOGRAMMA FETALE<br />

E’ comunemente accettato che l’esame neurosonografico<br />

fetale abbia un potenziale diagnostico maggiore dell’esame<br />

transaddominale standard e che sia di particolare<br />

ausilio nella valutazione delle malformazioni complesse.Tuttavia<br />

questo esame richiede un grado di esperienza<br />

che non è disponibile in tutti i gruppi di lavoro e il<br />

metodo non è ancora universalmente utilizzato. L’esame<br />

neurosonografico fetale mirato è indicato nelle pazienti<br />

con un aumentato rischio per le malformazioni del SNC,<br />

includendo anche quei casi identificati come sospetti all’esame<br />

ecografico di base. La base dell’esame neurosonografico<br />

fetale è l’approccio multiplanare che si ottiene<br />

allineando la sonda con le suture e le fontanelle della<br />

testa fetale (12-13) Quando il feto è in presentazione<br />

di vertice, può essere usato sia l’approccio transaddominale<br />

sia quello transvaginale. Nel feto in presentazione<br />

podalica è usato l’approccio transfontanellare posizionando<br />

la sonda parallelamente all’addome invece che<br />

perpendicolarmente. La sonda vaginale ha il vantaggio di<br />

utilizzare frequenze più alte rispetto alla sonda addominale<br />

permettendo di ottenere una migliore definizione<br />

dei dettagli anatomici. Per questa ragione, in alcuni feti in<br />

presentazione podalica si può considerare il rivolgimento<br />

esterno al fine di utilizzare l’approccio transvaginale.<br />

La valutazione della colonna vertebrale fa parte dell’esame<br />

neurosonografico e va eseguita ottenendo una<br />

combinazione di piani di scansione; assiali, coronali e sagittali.<br />

L’esame neurosonografico dovrebbe includere le<br />

stesse misurazioni che sono comunemente ottenute nell’esame<br />

di base: il diametro biparietale, la circonferenza<br />

31<br />

cranica e la misura dei ventricoli laterali. Le specifiche misure<br />

ottenute potrebbero variare essendo in relazione<br />

all’età gestazionale e alla situazione clinica.<br />

ENCEFALO FETALE<br />

Indipendentemente dall’approccio utilizzato, transvaginale<br />

o transaddominale, l’allineamento della sonda lungo il<br />

piano di scansione corretto in genere richiede delicate<br />

manovre di spostamento del feto. Possono essere usati<br />

una varietà di piani di scansione, anche in relazione alla<br />

posizione del feto. Una sistematica valutazione dell’encefalo<br />

solitamente include la visualizzazione di quattro piani<br />

di scansione coronale e tre piani di scansione sagittale.<br />

Di seguito sarà riportata la descrizione delle differenti<br />

strutture che possono essere visualizzate alla fine del<br />

secondo e terzo trimestre di gravidanza. Oltre alle strutture<br />

anatomiche, l’esame neurosonografico fetale dovrebbe<br />

includere anche la valutazione delle circonvoluzioni<br />

dell’encefalo fetale che variano durante il corso della gravidanza<br />

(35-38).<br />

Scansioni Coronali (Fig. 3)<br />

La scansione transfrontale è ottenuta attraverso la fontanella<br />

anteriore e visualizza la linea mediana interemisferica<br />

e i corni anteriori dei ventricoli cerebrali di entrambi<br />

i lati. Il piano è rostrale al ginocchio del corpo calloso<br />

per cui permette di osservare la scissura interemisferica<br />

ininterrotta. Sono ben visibili inoltre lo sfenoide e le orbite.<br />

La scansione transcaudata si ottiene a livello del nucleo<br />

caudato, si visualizza il ginocchio o porzione anteriore del<br />

corpo calloso che interrompe la continuità della scissura<br />

interemisferica. In questa sua porzione, il corpo calloso<br />

ha un aspetto più ecogeno rispetto alle altre sue porzioni<br />

a causa del maggiore spessore del ginocchio stesso.<br />

Il cavo del setto pellucido si visualizza come una struttura<br />

triangolare anecogena situato inferiormente al corpo<br />

calloso. I ventricoli laterali sono circondati dalla corteccia<br />

cerebrale. In una posizione più laterale le Scissure<br />

di Silvio sono chiaramente identificate.<br />

La scansione transtalamica visualizza i due talami che si<br />

trovano in stretta apposizione, ma in qualche caso il terzo<br />

ventricolo può essere osservato lungo la linea mediana<br />

con i forami interventricolari e l’atrio dei ventri-<br />

Figura 3:Visione coronale della testa fetale.<br />

(a) Piano transfrontale; (b) Piano trans caudato; (c) Piano transtalamico; (d) Piano transcerebellare.<br />

CSP = cavo del setto pellucido. IHF = scissura interemisferica.


coli laterali con il plesso corioideo leggermente più craniale<br />

ai talami stessi.Vicino alla base del cranio e lungo<br />

la linea mediana della cisterna basale sono contenuti il<br />

circolo di Willis e il chiasma ottico.<br />

La scansione transcerebellare è ottenuta attraverso le fontanelle<br />

posteriori e consente di visualizzare i corni occipitali<br />

dei ventricoli cerebrali e le scissure interemisferiche.<br />

In questo piano è anche possibile valutare gli emisferi<br />

cerebellari e il verme.<br />

Scansioni sagittali (Fig. 4)<br />

Si studiano usualmente tre piani di<br />

scansione sagittale: la sagittale mediana<br />

e le scansioni sagittali paramediane<br />

destra e sinistra.<br />

La scansione sagittale mediana permette<br />

di visualizzare il corpo calloso<br />

con tutte le sue componenti; il cavo<br />

del setto pellucido e in qualche caso<br />

anche il cavum vergae, il ponte, il verme<br />

e la fossa cranica posteriore. Con<br />

l’utilizzo del Color Doppler si evidenziano<br />

l’arteria cerebrale anteriore, l’arteria<br />

pericallosa con i suoi rami e la<br />

vena di Galeno.<br />

Le scansioni sagittali paramediane destra<br />

e sinistra consentono di visualizzare<br />

interamente i ventricoli cerebrali,<br />

il plesso corioideo, il tessuto periventricolare<br />

e la corteccia cerebrale.<br />

COLONNA VERTEBRALE<br />

Tre piani di scansione possono essere<br />

usati per valutare l’integrità della<br />

colonna vertebrale. La scelta dipende<br />

molto dall’atteggiamento fetale.<br />

Usualmente solo due di questi piani<br />

di scansione sono ottenibili per ciascuno<br />

approccio.<br />

Nella scansione trasversa o assiale l’esame<br />

della colonna è un processo dinamico<br />

che consiste nello spostamento<br />

del trasduttore per l’intera lunghezza<br />

della colonna mantenendo nello<br />

stesso tempo un piano che sia assiale<br />

rispetto al livello esaminato (Fig. 5).<br />

Le vertebre hanno differenti configurazioni<br />

anatomiche nei differenti livelli.<br />

Le vertebre toraciche e lombari fetali<br />

hanno un corpo triangolare con<br />

i nuclei di ossificazione che circondano<br />

il canale neurale. La prima vertebra<br />

cervicale è di forma quadrangolare<br />

mentre le vertebre sacrali sono<br />

piatte.<br />

32<br />

Nella scansione sagittale i nuclei di ossificazione dei corpi<br />

vertebrali e gli archi posteriori formano due linee parallele<br />

che convergono a livello del sacro.<br />

Con il feto in posizione prona, con una scansione sagittale,<br />

facendo passare il fascio ultrasonico attraverso i processi<br />

spinosi non ancora ossificati, è possibile visualizzare<br />

il canale vertebrale e il midollo spinale al suo interno<br />

(Fig. 6).<br />

Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza il cono midollare<br />

si trova a livello di L2-L3 (39).<br />

Figura 4: Piani sagittali della testa fetale.<br />

(a) Sagittale mediano; (b) Piano parasagittale. 3v = III ventricolo. 4v = IV ventricolo.<br />

a b c d<br />

Figura 5:Visione assiale della colonna vertebrale a differenti livelli.<br />

(a) cervicale; (b) toracico; (c) lombare; (d) sacrale.<br />

Le frecce indicano i nuclei di ossificazione delle vertebre. Da notare la cute integra<br />

al di sopra della colonna. Nelle immagini a-c il midollo spinale è visibile<br />

come un ovoide ipoecogeno con un punto centrale bianco.<br />

Figura 6:Visione sagittale della colonna vertebrale a 21 settimane. Usando il processo<br />

spinoso non ossificato delle vertebre come finestra acustica si dimostra<br />

il contenuto del canale neurale. Il cono midollare normalmente si trova a livello<br />

della seconda vertebra lombare (L2).


Figura 7: Visione coronale della colonna vertebrale. Le immagini sono state ottenute con eco 3D dallo stesso volume<br />

sonografico usando differenti angolazioni e diversi gradi di profondità.<br />

Nella scansione coronale sono visibili una, due o tre linee<br />

parallele a seconda dell’orientamento del fascio ultrasonico.<br />

L’integrità del canale neurale si deduce dalla regolare<br />

disposizione dei nuclei di ossificazione delle vertebre<br />

e dalla presenza di tessuti molli al di sopra della colonna<br />

(Fig. 7). Inoltre la visualizzazione del cono midollare<br />

nella posizione corretta permette di accertare la normalità<br />

della colonna vertebrale del feto studiato.<br />

EFFICACIA DELL’ECOGRAFIA<br />

NELLO STUDIO DELL’ASSE<br />

NEURALE FETALE<br />

In una gravidanza a basso rischio al secondo trimestre,<br />

se i piani di scansione transventricolare e transcerebellare<br />

sono considerati soddisfacenti, la biometria della testa<br />

fetale (in particolare la circonferenza cranica) è nei<br />

limiti per l’età gestazionale, la misura dei trigoni è inferiore<br />

a 10 mm e l’ampiezza della cisterna magna è compresa<br />

tra 2 e 10 mm; la maggior parte delle malformazioni<br />

cerebrali sono escluse. Il rischio di anomalie del SNC<br />

è molto basso e non sono indicati ulteriori esami.<br />

Esula dallo scopo di queste Linee Guida rivedere la letteratura<br />

disponibile riguardo la sensibilità dell’ecografia<br />

prenatale nel predire le malformazioni neurali.Alcuni studi,<br />

su pazienti a basso rischio sottoposte a esame ecografico<br />

di base, hanno riportato una sensibilità superiore<br />

all’80% (40-41).Tuttavia questi risultati probabilmente<br />

sovrastimano di molto il potenziale diagnostico della<br />

tecnica, in quanto si riferiscono a studi con follow-up molto<br />

brevi e che includevano quasi esclusivamente i difetti<br />

aperti del tubo neurale, il cui riconoscimento era facilitato<br />

probabilmente dallo screening sistematico con l’alfafetoproteina<br />

su siero materno.<br />

I limiti diagnostici dell’ecografia prenatale sono ben documentati<br />

e gli errori si verificano per numerose ragioni<br />

(42).Alcune anomalie severe possono essere associate<br />

con quadri sfumati nella prima fase della gravidanza<br />

33<br />

(43). L’encefalo continua il suo sviluppo nella seconda<br />

metà della gravidanza e anche nel periodo neonatale, rappresentando<br />

in tal modo un limite all’individuazione delle<br />

anomalie di proliferazione neuronale (come ad esempio<br />

la microcefalia [44], i tumori [45], le malformazioni<br />

corticali).Alcune lesioni cerebrali non sono dovute a sviluppo<br />

embriologico anomalo ma rappresentano la conseguenza<br />

di insulti acquisiti in epoca prenatale o perinatale<br />

(46-48). Spesso anche in mani esperte questo tipo<br />

di anomalie potrebbero essere difficilmente diagnosticabili<br />

in utero in una proporzione che risulta impossibile<br />

determinare con precisione.<br />

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Cari Soci,<br />

continuiamo a proporvi in questo spazio “AREA SOCI” comunicazioni di eventi che possano avere un interesse comune<br />

unitamente alla presentazione breve di casi clinici ed ecografici seguiti dai Soci la cui condivisione possa essere<br />

di utilità per altri.<br />

L’intenzione originale, che rimane attuale, è quella di aprire una sezione di SIEOG News allo scambio e al colloquio tra<br />

i Soci.<br />

Attendiamo, pertanto, il materiale che ognuno di voi vorrà condividere per le prossime pubblicazioni.<br />

Grazie per la collaborazione e buona lettura!<br />

Serena Rigano<br />

coordinatrice SIEOG Regione Lombardia<br />

lombardia@sieog.it<br />

Giovanni Gerosolima<br />

coordinatore SIEOG Regione Campania<br />

campania@sieog.it<br />

Area Soci<br />

Elenco dei Coordinatori Regionali<br />

ABRUZZO E MOLISE Dr. Di Nisio Quirino AbruzzoMolise@sieog.it eletto luglio 2004<br />

CALABRIA Dr. Corea Domenico Calabria@sieog.it eletto settembre 2003<br />

CAMPANIA Dr. Gerosolima Giovanni Campania@sieog.it eletto giugno 2005<br />

EMILIA ROMAGNA Dr.Verrotti Carla EmiliaRomagna@sieog.it rieletta gennaio 2006<br />

FRIULI VENEZIA GIULIA Dr. Maso Gianpaolo FriuliVeneziaGiulia@sieog.it eletto dicembre 2006<br />

LAZIO Dr. De Santis Marco Lazio@sieog.it eletto marzo 2006<br />

LIGURIA Dr. Lituania Marco Liguria@sieog.it eletto 2002<br />

LOMBARDIA Dr. Rigano Serena Lombardia@sieog.it eletto ottobre 2006<br />

MARCHE Dr. Cecchi Alessandro Marche@sieog.it eletto febbraio 2006<br />

PIEMONTE Dr. Gaglioti Pietro Piemonte@sieog.it eletto novembre 2007<br />

PUGLIA E BASILICATA Dr. Campobasso Giuliano PugliaBasilicata@sieog.it eletto dicembre 2005<br />

SARDEGNA Dr. Altobelli Gianfranco Sardegna@sieog.it eletto maggio 2004<br />

SICILIA Dr. Orlandi Francesco Sicilia@sieog.it eletto 2005<br />

TOSCANA Dr. Centini Giovanni Toscana@sieog.it eletto 2006<br />

TRENTINO ALTO ADIGE Dr.Verdi Federica Trentino@sieog.it eletto 2004<br />

UMBRIA Dr. Luzi Giuseppe Umbria@sieog.it eletto 2002<br />

VENETO Dr. Sartori Rita Veneto@sieog.it eletto novembre 2007<br />

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