Sieog 2-2008
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Vol. VII, n. 2, Maggio-Settembre <strong>2008</strong> - ISSN 1594-1361<br />
Rivista ufficiale di informazione della SIEOG<br />
Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica<br />
e Metodologie Biofisiche<br />
www.sieog.it
Rivista ufficiale di informazione della SIEOG<br />
Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica<br />
e Metodologie Biofisiche<br />
Vol.VII, n. 2, Maggio-Settembre <strong>2008</strong> - ISSN 1594-1361<br />
Direttore Scientifico<br />
TULLIA TODROS<br />
presidente@sieog.it<br />
Coordinatore Editoriale<br />
GIUSEPPE CALÌ<br />
pinocali@tiscalinet.it<br />
Responsabili Scientifici<br />
GIANCARLO CONOSCENTI<br />
gconoscenti@alice.it<br />
GIANPAOLO MASO<br />
gianpaolomaso@yahoo.it<br />
I
Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica e Metodologie Biofisiche<br />
PRESIDENTE<br />
Tullia Todros<br />
presidente@sieog.it<br />
PAST PRESIDENT<br />
Paolo Scollo<br />
pscollo@unict.it<br />
VICEPRESIDENTI<br />
Giuseppe Canzone<br />
gicanzone@tiscali.it<br />
Dario Paladini<br />
paladini@unina.it<br />
CONSIGLIERI<br />
Giovanni Gesmundo<br />
giovannigesmundo@alice.it<br />
Simona Melazzini<br />
s.melazzini@libero.it<br />
Carla Sacchini<br />
carla.sacchini@asmn.re.it<br />
Francesco Torcia<br />
francesco.torcia@uniroma1.it<br />
Paolo Volpe<br />
paolo-volpe@libero.it<br />
Copyright © <strong>2008</strong><br />
Progetto Grafico: EDITEAM Gruppo Editoriale.<br />
Via Gennari 81, 44042 Cento (Fe)<br />
Tel. 051.904181/903368 - Fax 051.903368<br />
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senza il permesso scritto dell’Editore.<br />
L’Editore declina, dopo attenta e ripetuta correzione delle bozze, ogni responsabilità derivante da eventuali errori di stampa, peraltro sempre possibili.<br />
Autorizzazione Tribunale Bologna n° 7198 del 22.02.2002<br />
Finito di stampare nel mese di Settembre <strong>2008</strong>.<br />
SEGRETARIO<br />
Fabrizio Taddei<br />
taddei.fabrizio@tiscali.it<br />
TESORIERE<br />
Cinzia Taramanni<br />
c.taramanni@sieog.it<br />
cinzia.taramanni@alice.it<br />
Tel. 06 55.94.671<br />
Fax 06 55.36.32.03<br />
SEGRETERIA PERMANENTE E TESORERIA<br />
Via dei Soldati, 25 - 00186 ROMA<br />
Tel. 06 6875119<br />
Fax 06 6868142<br />
C/C postale N. 20857009<br />
info@sieog.it
Editoriale<br />
Sommario<br />
PREVENZIONE E PREDIZIONE DEL PARTO PRETERMINE SPONTANEO:<br />
RUOLO DELL’ECOGRAFIA TRANSVAGINALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. IV<br />
P. Scollo, G. Conoscenti<br />
Lettera del Presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 1<br />
Area Medico-Legale<br />
RESPONSABILITA’ MEDICA NEL PRELIEVO DI MATERIALE BIOLOGICO FETALE:<br />
PROFILI MEDICO-LEGALI E CONTRIBUTO CASISTICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 5<br />
F. Buzzi, M. C. Fidone<br />
Area Aggiornamento Professionale<br />
RUOLO DELL’ECOGRAFIA ENDOVAGINALE NELLA SORVEGLIANZA<br />
DELLA PAZIENTE IN HRT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 19<br />
E. Ferrazzi, S. Rigano<br />
CONSIGLI E REGOLE UTILI PER PREPARARE E PRESENTARE UNA RELAZIONE<br />
MEDICO-SCIENTIFICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 23<br />
G. Conoscenti, G. Calì, F. Labate, P. Scollo<br />
ESAME ECOGRAFICO DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE FETALE:<br />
LINEE GUIDA PER L’ESAME DI BASE E PER LA NEURO SONOGRAFIA FETALE . . . . . . . “ 28<br />
G. Malinger,A. Monteagudo, G. Pilu, I.Timor-Tritsch,A.Toi<br />
Area Soci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 36<br />
III
PREVENZIONE E PREDIZIONE DEL<br />
PARTO PRETERMINE SPONTANEO:<br />
RUOLO DELL’ECOGRAFIA<br />
TRANSVAGINALE<br />
P. Scollo, G. Conoscenti<br />
Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia,<br />
Azienda Ospedaliera Cannizzaro, Catania<br />
INTRODUZIONE<br />
Nonostante i recenti progressi in campo clinico e terapeutico,<br />
sia nel versante ostetrico che neonatologico, il<br />
parto pretermine (PPT) rappresenta una delle maggiori<br />
sfide della medicina moderna. Negli ultimi trent’anni<br />
l’incidenza della prematurità, che in Europa è del 5-7%,<br />
non si è ridotta; se da una parte si è registrata una diminuzione<br />
della mortalità neonatale, dall’altra è aumentato<br />
il tasso di conseguenze a breve e lungo termine e<br />
di disabilità nei soggetti sopravvissuti. Il peso maggiore è<br />
rappresentato dalle nascite ad epoche gestazionali molto<br />
precoci (< 32 settimane) che, pur rappresentando meno<br />
del 2% circa di tutti i parti (1), sono responsabili del<br />
35-60% delle morti neonatali (2) e determinano per i<br />
sopravvissuti l’impegno di una quantità rilevante di risorse<br />
economiche e sociali (3, 4).<br />
Per il PPT spontaneo, che rappresenta i 2/3 dei parti<br />
< 37 settimane, è stato suggerito il termine più appropriato<br />
di “sindrome del PPT”, in quanto rappresenta il risultato<br />
finale comune a numerosi processi patologici con<br />
eziopatogenesi differente e manifestazioni eterogenee<br />
(5-7). La conoscenza ancora limitata dei fattori di rischio,<br />
dell’eziologia e dei meccanismi patogenetici è responsabile<br />
delle difficoltà diagnostiche e della mancanza sia di strategie<br />
preventive efficaci che di un trattamento causale.<br />
La raccolta anamnestica dei fattori di rischio, il più importante<br />
dei quali è rappresentato dalla storia di un PPT<br />
in una gravidanza precedente (8, 9), consente di individuare<br />
solo il 17% dei casi di PPT spontaneo (10). I criteri<br />
clinici di PPT sono altrettanto scarsamente predittivi:<br />
se da una parte è dimostrato che il 70-80% di donne<br />
con contrazioni partorisce a termine senza effettuare<br />
terapia (11), dall’altra l’esame digitale non è in grado<br />
di identificare le modificazioni iniziali che coinvolgono la<br />
porzione sopravaginale della cervice uterina (12, 13).<br />
L’ecografia transvaginale (ETV) rappresenta uno strumento<br />
semplice, obiettivo, riproducibile, ben accettato dalle<br />
pazienti, poco costoso e presente in quasi tutti i reparti<br />
di ostetricia, in grado di individuare le modificazioni precoci<br />
della cervice uterina non valutabili con l’esame digitale,<br />
quali dilatazione dell’orificio uterino interno (OUI)<br />
e riduzione della lunghezza cervicale. E’ dimostrato che<br />
una lunghezza cervicale < 25 mm fra 14 e 24 settimane<br />
è associata ad un aumento del rischio di PPT spon-<br />
Editoriale<br />
IV<br />
taneo e che la valutazione del canale cervicale con ETV<br />
nel secondo trimestre rappresenta un metodo utile per<br />
il calcolo del rischio di PPT, sia in gravide a basso rischio<br />
(12, 14-17) che ad alto rischio di PPT (18-23).<br />
Nella pletora di pubblicazioni scientifiche esistenti sul ruolo<br />
dell’ETV come predittore di PPT è difficile definire l’accuratezza<br />
diagnostica della metodica (sensibilità 20-90%;<br />
valore predittivo positivo 2-55%) e individuare la lunghezza<br />
del canale cervicale (cut-off) in grado di identificare<br />
la popolazione a maggior rischio di PPT imminente (12,<br />
16, 22, 24, 25).<br />
Il dato più utile è certamente l’elevato valore predittivo<br />
negativo (VPN) dell’ETV, cioè la capacità di prevedere che<br />
in presenza di un canale cervicale lungo il PPT non si verifichi.<br />
E’ infatti dimostrato che con una lunghezza cervicale<br />
> 25 mm e > 15 mm, rispettivamente in gravide<br />
asintomatiche e con segni e/o sintomi di PPT, il rischio<br />
di PPT entro la 1 settimana si riduce a meno dell’1%<br />
(14, 26). La cervicometria con ETV è quindi particolarmente<br />
valida nell’individuare i casi con un basso rischio<br />
di PPT imminente e consente di evitare ospedalizzazione<br />
e terapie non necessarie e potenzialmente pericolose,<br />
soprattutto nelle gravide asintomatiche ma ad alto rischio<br />
anamnestico di PPT e in quelle con minaccia di PPT.<br />
Secondo le evidenze della letteratura, la valutazione del<br />
canale cervicale con ETV non viene raccomandata come<br />
test di screening per il PPT nel 2° trimestre nella popolazione<br />
ostetrica generale. Ciò è dovuto alla bassa prevalenza<br />
del PPT in donne asintomatiche senza fattori di<br />
rischio, responsabile a sua volta del tasso elevato di falsi<br />
positivi e del basso valore predittivo positivo (VPP).<br />
Viceversa, nelle gravide asintomatiche a rischio anamnestico<br />
di PPT, caratterizzate da una prevalenza maggiore<br />
della condizione, la metodica ha una maggiore accuratezza<br />
diagnostica ed è quindi giustificata quale test di<br />
screening nel 2° trimestre, come documentato da una<br />
recente meta-analisi (27). La selezione delle gestanti da<br />
sottoporre a ETV basata sulla sola storia clinica ha però<br />
un effetto limitato nella predizione del PPT poiché circa<br />
il 50% delle gravide che partorisce prima del termine non<br />
presenta fattori di rischio.<br />
Due filoni di ricerca sembrano essere particolarmente<br />
interessanti relativamente al ruolo predittivo di PPT dell’ETV<br />
e alla identificazione delle donne da sottoporre a<br />
valutazione ecografica della cervice uterina nel secondo<br />
trimestre di gravidanza.<br />
RUOLO DELLA CERVICOMETRIA<br />
NELLA SOMMINISTRAZIONE<br />
PROFILATTICA DI PROGESTERONE<br />
E’ nota da tempo l’importanza del progesterone nel mantenimento<br />
della gravidanza e si sa che la riduzione materna<br />
di tale ormone ha un ruolo centrale nel meccanismo<br />
iniziale del parto (6, 28). La somministrazione di pro-
gestinici nella prevenzione dell’aborto spontaneo e del<br />
PPT si basa su tali premesse.<br />
In un recente trial clinico randomizzato multicentrico, effettuato<br />
su un cospicuo numero di pazienti, O’Brien e<br />
coll. hanno dimostrato che in gravide a rischio anamnestico<br />
di PPT spontaneo la somministrazione profilattica<br />
di progesterone per via vaginale a partire dal secondo<br />
trimestre non riduceva la percentuale di ricorrenza di tale<br />
evento < 32 settimane né il tasso di mortalità e morbilità<br />
neonatale (29). Il disegno dello studio prevedeva<br />
l’arruolamento fra 18+0 e 22+6 settimane gestazionali<br />
di donne con gravidanza monofetale senza segni o sintomi<br />
di travaglio pretermine nella gravidanza attuale e con<br />
storia di PPT spontaneo nella gravidanza monofetale immediatamente<br />
precedente (659 casi), randomizzate in un<br />
gruppo (332 casi) trattato con progesterone per via vaginale<br />
(90 mg al dì in gel) e in un gruppo di controllo<br />
(327 casi) trattato con placebo. Il trattamento veniva protratto<br />
fino all’eventuale parto pretermine o a 37+0 settimane.<br />
La scelta dell’end-point (prevenzione del PPT<br />
< 32 settimane) è dovuta all’evidenza che al di sotto di<br />
quest’epoca gestazionale sono riportati i maggiori tassi<br />
di mortalità e morbilità neonatale. Gli Autori avanzano<br />
un’interessante ipotesi per spiegare i loro risultati: le donne<br />
gravide con storia di pregresso PPT rappresentano<br />
una popolazione eterogenea in cui probabilmente esiste<br />
un gruppo di pazienti che può beneficiare della somministrazione<br />
profilattica di progestinici sin dal secondo<br />
trimestre per ridurre il tasso di PPT spontaneo. Questo<br />
sottogruppo di pazienti, cosiddetti responders, sembra<br />
essere rappresentato da gravide senza segni e/o sintomi<br />
di PPT spontaneo con cervice precocemente corta<br />
che possono essere facilmente identificate mediante valutazione<br />
ecografia con sonda vaginale nel secondo trimestre.<br />
Due studi supportano tale ipotesi.<br />
Nel trial randomizzato controllato multicentrico doppio<br />
cieco pubblicato da Fonseca e coll. (30) 250 gravide asintomatiche<br />
(gravidanze sia monofetali che gemellari) con<br />
cervice corta individuata con ETV a 20-25 settimane di<br />
gestazione (lunghezza cervicale ≤ 15 mm) sono state trattate<br />
da 24 a 34 settimane con 200 mg di progesterone<br />
(125 casi) o con placebo (125 casi) per via vaginale. Lo<br />
studio ha dimostrato che l’assunzione profilattica di progesterone<br />
determinava un tasso di PPT < 34 settimane<br />
significativamente più basso rispetto al gruppo di controllo<br />
(19,2% contro 34,4%). Un’analisi secondaria dei dati<br />
indica che tale riduzione era presente in maniera significativa<br />
nelle donne senza anamnesi positiva di PPT<br />
< 34 settimane (17,9% contro 31,2%) e in caso di gravidanza<br />
monofetale (17,5% contro 32,1%), mentre non<br />
sono state dimostrate differenze significative nel sottogruppo<br />
di gravidanze gemellari. Il trial non ha invece dimostrato<br />
alcuna differenza in termini di mortalità e morbilità<br />
perinatale fra i casi trattati e i casi controllo, anche<br />
se è importante riconoscere che da un punto di vista<br />
statistico la ricerca non era stata disegnata con una casistica<br />
sufficiente per valutare questi outcome. Gli Autori<br />
suggeriscono la validità di una strategia di screening ecografico<br />
nel secondo trimestre rivolto alla popolazione<br />
V<br />
ostetrica generale al fine di individuare le gravide asintomatiche<br />
con cervice corta che possono giovarsi della<br />
somministrazione profilattica vaginale di progesterone per<br />
ridurre il tasso di PPT spontaneo precoce.<br />
Nello studio multicentrico retrospettivo di De Franco e<br />
coll. (31) la somministrazione vaginale di progesterone (19<br />
casi) a partire da 18-22 settimane in gravide asintomatiche<br />
a rischio anamnestico di PPT spontaneo e/o con riduzione<br />
della lunghezza cervicale identificata con ETV nel<br />
secondo trimestre (< 28 mm) si è dimostrata significativamente<br />
efficace, rispetto al placebo (27 casi), non solo<br />
nel ridurre il tasso di PPT spontaneo ≤ 32 settimane<br />
(0% contro 29,6%) ma anche nel migliorare l’outcome<br />
neonatale, espresso in termini di tasso di ricoveri e giorni<br />
di permanenza in unità di terapia intensiva neonatale<br />
(rispettivamente 15,8% contro 51,9% e 1,1 giorni contro<br />
16,5 giorni). Il limite di questa ricerca è che si tratta<br />
di un’analisi secondaria del più vasto trial randomizzato<br />
precedentemente descritto (29) condotto per valutare<br />
l’efficacia della somministrazione vaginale di progesterone<br />
nella prevenzione del PPT spontaneo in donne con<br />
gravidanze monofetali. Gli Autori concludono che mentre<br />
la somministrazione profilattica di progesterone non<br />
è in grado di ridurre il tasso di PPT spontaneo in gravide<br />
asintomatiche con fattori di rischio solamente di tipo<br />
anamnestico, l’ETV rappresenta un valido ed obiettivo test<br />
di screening del secondo trimestre per identificare le<br />
pazienti con cervice corta (< 28 mm) in grado di giovarsi<br />
di tale terapia e in cui sia quindi possibile prevenire<br />
il PPT spontaneo e migliorare l’outcome neonatale.<br />
RUOLO DEL “FANGO” AMNIOTICO<br />
(AMNIOTIC FLUID “SLUDGE”)<br />
COME FATTORE DI RISCHIO DI PPT<br />
Esistono numerose evidenze relative all’associazione fra<br />
la presenza di materiale corpuscolato iperecogeno flottante<br />
nel liquido amniotico, definito “amniotic fluid sludge”<br />
nella letteratura anglosassone (“fango” amniotico), e<br />
PPT imminente, invasione microbica della cavità amniotica<br />
(MIAC) e corionamnionite istologica, sia in gravide<br />
con minaccia di PPT spontaneo a membrane integre che<br />
in gravide asintomatiche con fattori di rischio anamnestici<br />
di PPT (32, 33). E’ stata avanzata l’ipotesi che il “fango”<br />
amniotico, individuabile mediante ETV in prossimità<br />
dell’OUI (Fig. 1), sia costituito da aggregati di batteri e<br />
cellule della risposta infiammatoria e che la sua presenza<br />
rappresenti un segno di MIAC e di processo infiammatorio<br />
in corso (34).<br />
Kusanovic e coll. (35) hanno recentemente dimostrato<br />
che, rispetto alla lunghezza cervicale misurata con ETV,<br />
la presenza di “fango” amniotico nel secondo trimestre<br />
rappresenta un predittore indipendente di PPT spontaneo<br />
e PPROM in donne con gravidanza monofetale, asintomatiche<br />
e con fattori di rischio per PPT (storia di aborto<br />
spontaneo del 2° trimestre o di PPT, cervice corta<br />
< 25 mm nel 2° trimestre, anomalie mulleriane, pregressa<br />
conizzazione cervicale). Lo studio, di tipo retrospetti-
vo caso-controllo, prevedeva una valutazione della cervice<br />
uterina con ETV fra 13 e 29 settimane in 281 gravide<br />
asintomatiche e a rischio di PPT. I risultati hanno dimostrato<br />
che le pazienti con evidenza di “fango” amniotico<br />
(23,5% dei casi) avevano lunghezza cervicale media<br />
inferiore (15 mm contro 27 mm), età gestazionale più<br />
precoce al parto (31 settimane contro 38 settimane), minore<br />
peso neonatale (1.430 gr contro 2.868 gr), intervallo<br />
ETV-parto più breve (127 giorni contro 161 giorni),<br />
PPROM più frequente (39,4% contro 13,5%), più precoce<br />
(24,7 contro 32,3 settimane) e con intervallo ETV-<br />
PPROM ridotto (23 giorni contro 57 giorni) e maggiore<br />
tasso di MIAC (21,7% contro 0%), infiammazione intra-amniotica<br />
(27,3% contro 3,6%), corionamnionite clinica<br />
(15,2% contro 5,1%), istologica (61,5% contro 28%)<br />
e funisite (32,3% contro 19,2%). Fra gli outcome neonatali,<br />
erano più frequenti sepsi (27,1% contro 5,8%), morbilità<br />
severa (47,9% contro 17%) e mortalità (12,2% contro<br />
0,5%).<br />
Figura 1: Ecografia transvaginale nel secondo trimestre che<br />
mostra una lunghezza cervicale ridotta (10,8 mm) e la presenza<br />
di “fango” amniotico (freccia), rappresentato da materiale<br />
ecogeno in prossimità dell’orificio uterino interno.<br />
OUI: orificio uterino interno; OUE: orificio uterino<br />
esterno.<br />
La presenza del “fango” amniotico è risultata inversamente<br />
proporzionale alla lunghezza cervicale (69%, 49%, 35%<br />
e 12% con una cervicometria rispettivamente < 5 mm,<br />
< 15 mm, < 25 mm e > 30 mm) e, stratificando per età<br />
gestazionali, le pazienti con “fango” amniotico avevano un<br />
maggiore tasso di PPT < 28 sett. (46,5% contro 5,8%),<br />
< 32 sett. (55,6% contro 12,3%) e < 35 sett. (62,2% contro<br />
19,9%).<br />
Un’analisi molto interessante riguarda il sottogruppo di<br />
174 gravide esaminate con ETV a 14-24 settimane: in<br />
questi casi l’evidenza del “fango” amniotico aumentava<br />
la predittività di PPT < 28 settimane e < 32 settimane<br />
(ma non < 35 settimane) della cervicometria. L’associazione<br />
di lunghezza cervicale < 25 mm e presenza di “fango”<br />
amniotico conferiva un odds ratio di 14,8 e 9,9 per<br />
PPT rispettivamente < 28 sett. e < 32 sett., contro 6,8<br />
e 6,1 della sola cervicometria.<br />
VI<br />
Questo studio nonostante i suoi limiti, rappresentati dal<br />
disegno retrospettivo, dalla soggettività della diagnosi ecografica<br />
di “fango” amniotico e dall’elevato tasso di PPT nel<br />
campione studiato (parto < 37 settimane nel 42% dei casi),<br />
indica che in gravide asintomatiche a rischio per PPT<br />
(rischio anamnestico e/o lunghezza cervicale ≤ 25 mm nel<br />
secondo trimestre di gravidanza) il riscontro ecografico<br />
di “fango” amniotico va considerato un fattore di rischio<br />
indipendente per outcome avverso della gravidanza.<br />
CONCLUSIONI<br />
Il fallimento nel ridurre la prevalenza del PPT negli ultimi<br />
30 anni è la conseguenza di metodi di screening inadeguati<br />
e della mancanza di strategie preventive efficaci.<br />
Numerose evidenze hanno dimostrato la capacità degli<br />
ultrasuoni di identificare la maggior parte delle donne ad<br />
alto rischio di PPT spontaneo: la misura del canale cervicale<br />
con ETV rappresenta il miglior predittore singolo<br />
di PPT spontaneo (12) ed è di gran lunga superiore rispetto<br />
alla storia di pregresso PPT (17). Ciononostante,<br />
il basso VPP e l’elevato VPN della metodica hanno indirizzato<br />
la valutazione cervicale con ETV per la previsione<br />
e prevenzione del PPT alle gestanti con fattori anamnestici<br />
di rischio, che però rappresentano non più della<br />
metà delle donne che partoriscono prima del termine.<br />
I risultati degli studi commentati in questo editoriale inducono<br />
ad alcune importanti considerazioni che hanno<br />
una potenziale ricaduta pratica. L’assegnazione del rischio<br />
di PPT deve necessariamente prendere in considerazione<br />
la valutazione ecografica della cervice uterina nel secondo<br />
trimestre nella popolazione di gravide senza fattori<br />
di rischio anamnestico. Le pazienti a rischio così individuate<br />
(lunghezza cervicale ≤ 25 mm e/o presenza di<br />
“fango” amniotico) possono beneficiare sia di metodiche<br />
diagnostiche ancillari in grado di migliorare la predittività<br />
dell’ETV, quali la ricerca nel secreto cervico-vaginale della<br />
fibronectina fetale (36, 37) o dell’isoforma fosforilata<br />
dell’insulin-like growth factor binding protein-1 [phIGFBP-<br />
1] (38, 39), che della somministrazione profilattica di progesterone<br />
per via vaginale (30, 31).<br />
In questi termini, al fine di migliorare la sicurezza materno-fetale<br />
da una parte e ottimizzare l’assistenza dall’altra,<br />
la valutazione ecografica della cervice va considerata<br />
come un valido mezzo di valutazione del rischio di PPT<br />
e dovrebbe fare parte integrante dell’esame ecografico<br />
standard del secondo trimestre.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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Protein-1 (pIGFBP-1) Test and Fetal Fibronectin Test. Ann. Acad.<br />
Med. Singapore 2007; 36: 399-402.
Cari Soci,<br />
Lettera del Presidente<br />
ho riletto oggi la lettera pubblicata su SIEOG News del<br />
2006, subito dopo l’insediamento dell’allora nuovo Direttivo.<br />
Ho messo a confronto quello che ci eravamo proposti<br />
due anni fa con quanto è stato realizzato.<br />
Per ciò che riguarda la formazione sono stati organizzati<br />
i corsi avanzati: uno di neurosonologia, due di ecocardiografia<br />
ed uno sulle malformazioni toraco-addominali,<br />
che hanno visto una ampia partecipazione. Mi sembra<br />
che il bilancio sia stato complessivamente positivo. Un limite<br />
evidenziato dai partecipanti è stata la mancanza di<br />
un testo su cui preparare l’esame di competenza. Per rispondere<br />
a questa esigenza sono stati approntati alcuni<br />
manuali: uno di neurosonologia ed uno di ecocardiografia;<br />
un terzo, sulle malformazioni toraco-addominali, è in<br />
fase avanzata di preparazione.<br />
I corsi sulla translucenza nucale (NT) sono stati sei. I corsi<br />
NT sono inseriti in un percorso teorico-pratico che<br />
porta all’accreditamento degli operatori. Il percorso è stato<br />
reso possibile grazie all’accordo con la Fetal Medicine<br />
Foundation (FMF), con la quale sono stati condivisi i<br />
temi trattati durante i corsi ed identificati i Centri italiani<br />
presso cui può essere effettuata la parte pratica della<br />
procedura di certificazione. Sul sito web della SIEOG<br />
(www.sieog.it) è descritto il percorso di accreditamento<br />
ed è presente il link con il sito della FMF.<br />
Sono anche stati organizzati due Corsi di Ecografia Ginecologica,<br />
con un approccio multidisciplinare, grazie alla<br />
collaborazione con la Società di Endoscopia.<br />
Inoltre, fra gli obiettivi educazionali era prevista una revisione<br />
dei corsi cosiddetti “di base”, con una differenziazione<br />
fra la preparazione alla “office ecografia”, che dovrebbe<br />
essere patrimonio di tutti gli ostetrici-ginecologi,<br />
da acquisire anche durante il Corso di Specializzazione<br />
in Ginecologia e Ostetricia, e la preparazione all’ecografia<br />
di screening, rivolta particolarmente allo screening delle<br />
malformazioni, che dovrebbe prevedere un accreditamento,<br />
ancorché non istituzionale, in analogia all’accreditamento<br />
per la NT. Queste tipologie di corso non sono<br />
state istituite. Sono convinta che la proposta rimanga valida,<br />
e spero che verrà attuata nel prossimo biennio.<br />
Un altro aspetto che ci eravamo proposti di affrontare<br />
era quello dell’informazione circa potenzialità e limiti dell’ecografia<br />
ostetrica.Volevamo raggiungere sia i medici non<br />
ecografisti, sia il grande pubblico. A tal fine è stato stipulato<br />
un accordo con l’agenzia ZADIG, che ha portato alla<br />
diffusione delle nostre Linee Guida anche presso riviste<br />
non mediche (tra le altre, sono state pubblicate in<br />
extenso sul Sole 24 Ore) ed alla pubblicazione di alcuni<br />
articoli - relativi soprattutto ai limiti dell’ecografia nello<br />
screening delle malformazioni - su riviste rivolte a pubblico<br />
medico e non medico, tra cui Tempo Medico e Cor-<br />
1<br />
riere Salute. Certamente però molto rimane da fare affinché<br />
l’informazione su potenzialità e limiti dell’ecografia<br />
ostetrica e sugli screening delle aneuploidie diventi patrimonio<br />
non solo di tutti i ginecologi, ma anche dei medici<br />
di medicina generale e dell’utenza non medica.<br />
L’attività editoriale, in collaborazione con EDITEAM, oltre<br />
alla pubblicazione dei manuali, ha visto l’uscita regolare<br />
(ogni 4 mesi) della nostra rivista SIEOG News.Avrete<br />
notato che, su ogni numero della rivista, oltre alle sezioni<br />
“classiche” (editoriale del past-president, area dedicata<br />
agli aspetti medico-legali, curata dal gruppo medico-legale,<br />
sezione curata dai coordinatori regionali) sono<br />
stati pubblicati uno o due articoli originali tradotti da<br />
Prenatal Diagnosis e Ultrasound in Obstetrics and Gynecology,<br />
a scelta del Direttivo. Questo è avvenuto grazie<br />
ad un accordo con gli editori delle due riviste.<br />
SIEOG News, oltre ad essere spedita a tutti i Soci in regola<br />
con il pagamento della quota, è ora anche disponibile<br />
on-line sul nostro sito, nell’area riservata ai Soci; viene<br />
inoltre spedita a tutti i Soci in regola con il pagamento<br />
della quota. Ci sono state lamentele per il mancato<br />
recapito della rivista, ma speriamo che i disguidi siano superati<br />
grazie al nuovo data-base a disposizione della Segreteria<br />
con l’indirizzario aggiornato.<br />
In questo periodo stiamo lavorando ad un restyling del<br />
sito. Come già detto è stata recentemente attivata l’area<br />
riservata ai Soci.Tutti dovrebbero aver ricevuto indicazione,<br />
tramite SMS, di username e password per l’accesso.<br />
Chi non l’avesse ricevuta può chiederla telefonando<br />
in sede (06.6875119).<br />
Devo dire che avevo sperato in una maggiore partecipazione<br />
da parte dei Soci, direttamente o tramite i coordinatori<br />
Regionali, nel proporre attivazione di gruppi di<br />
lavoro, progetti di ricerca, ecc.Alcuni temi erano stati suggeriti<br />
nella riunione dei Coordinatori Regionali tenutasi<br />
a Roma nel marzo 2007: la verifica delle curve di riferimento<br />
da utilizzare per la biometria fetale, l’individuazione<br />
di programmi di refertazione; purtroppo non ne è seguito<br />
un lavoro che abbia dato risultato. Credo comunque<br />
che lo stimolo a proposte di lavoro da parte dei Soci<br />
e la realizzazione di progetti condivisi sia un obiettivo<br />
da perseguire.<br />
I rapporti con altre Società scientifiche si sono concretizzati<br />
principalmente nell’organizzazione di corsi e seminari:<br />
con l’ISUOG, due corsi precongressuali in occasione<br />
del Congresso Mondiale a Firenze nel 2007 (“Ginecologia”<br />
e “Velocimetria Doppler”), con la Società Italiana<br />
della Preeclampsia, un corso precongressuale in occasione<br />
del Congresso Nazionale a Bologna 2007 (“Ecografia<br />
e preeclampsia”); con la Società Italiana di Cardiologia<br />
Pediatrica il simposio “Cardiopatie e gravidanza” che<br />
si è tenuto in occasione del Congresso Nazionale di Cardiologia<br />
Pediatrica a Bergamo 2007.
Un gruppo di lavoro su “Auxologia perinatale” è stato<br />
costituito in collaborazione con la Società Italiana di Neonatologia,<br />
la Società Italiana di Auxologia e la Società Italiana<br />
di Statistica Medica ed Epidemiologia Clinica.<br />
Per quanto riguarda i rapporti con le Istituzioni, siamo<br />
stati invitati a partecipare al gruppo di lavoro “Cure alle<br />
età gestazionali molto basse”, istituito dal Ministero della<br />
Salute nel 2007, che ha prodotto un documento sull’argomento.<br />
Sullo stesso argomento siamo coinvolti nell’attività<br />
che sta svolgendo la FNOMCeO.<br />
Stiamo inoltre partecipando ai lavori del Sistema Nazionale<br />
Linee Guida (Istituto Superiore di Sanità) per la produzione<br />
di Linee Guida sulla gravidanza fisiologica la cui<br />
pubblicazione è prevista per i primi mesi del 2009.<br />
Avevo sperato che la SIEOG potesse proporsi come interlocutore<br />
ed incidere sull’attivazione di programmi di<br />
screening delle malformazioni e delle aneuploidie a livello<br />
regionale. Un dialogo costruttivo c’è stato solo con la<br />
Regione Toscana, che abbiamo supportato dal punto di<br />
vista educazionale e che ha istituito un programma di<br />
screening delle anomalie cromosomiche mediante il test<br />
combinato. Mi sono resa conto di quanto questo tipo<br />
di impegno sia difficile, ma ritengo che vada perseguito.<br />
Infine, abbiamo richiesto, e ottenuto, l’affiliazione alla<br />
FISM (Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane)<br />
e stiamo cercando di accreditarci presso il Ministero<br />
della Salute quale provider di eventi ECM.<br />
L’attività del gruppo medico-legale ha continuato ad essere<br />
intensa: sono stati forniti circa 20 pareri tecnico<br />
scientifici richiesti dai Soci, principalmente su casi di mancate<br />
diagnosi di malformazione, ma anche di placenta previa,<br />
arteria ombelicale unica, scorretto trattamento in un<br />
caso di Doppler ombelicale patologico. E’ stato messo a<br />
punto un foglio di consenso informato per la gravida relativo<br />
allo screening prenatale per le aneuploidie, pubblicato<br />
su SIEOG News (1; <strong>2008</strong>). Il contributo a SIEOG<br />
2<br />
News è stato costante. Infine, è in corso la preparazione<br />
di un manuale relativo alle problematiche medico-legali<br />
in ecografia ostetrica che vuole porsi come riferimento<br />
nel definire le possibilità ed i limiti dell’esame ecografico<br />
e riportare l’attenzione sulle linee guida SIEOG come<br />
standard inderogabile per l’ecografia ostetrica.<br />
In conclusione, mi sembra che, pur con i limiti che ho<br />
cercato di evidenziare, la bilancia pesi a favore degli obiettivi<br />
raggiunti. Ovviamente il giudizio ultimo spetta ai Soci.<br />
Io voglio sottolineare l’impegno costante di tutti coloro<br />
che sono stati coinvolti in questi due anni nella gestione<br />
della Società, e tutti voglio ringraziare, anche per<br />
avermi sopportata: i membri del Direttivo, il segretario<br />
e la tesoriera; il coordinatore ed i responsabili scientifici<br />
di SIEOG News; i membri del gruppo medico-legale; i<br />
coordinatori regionali; le segretarie organizzative.<br />
Si potrà dire che questo Direttivo è stato più efficiente<br />
o meno efficiente nel raggiungere gli obiettivi che si era<br />
proposto, ma certamente un prodotto bellissimo c’è stato:<br />
Pietro, il bimbo di Simona Melazzini, che è nato in questi<br />
giorni.
RESPONSABILITA’ MEDICA<br />
NEL PRELIEVO DI MATERIALE<br />
BIOLOGICO FETALE:<br />
PROFILI MEDICO-LEGALI E<br />
CONTRIBUTO CASISTICO<br />
F. Buzzi, M. C. Fidone<br />
Dipartimento di Medicina Legale e Sanità Pubblica<br />
“A. Fornari”, Università di Pavia<br />
INTRODUZIONE<br />
L’attuale diffusione dei test genetici appare legata in particolar<br />
modo alle problematiche connesse alla vita riproduttiva,<br />
sia per quanto riguarda la possibilità di effettuare<br />
una diagnosi precoce di soggetti che presentano anomalie<br />
genetiche, al fine di intervenire sugli stessi per ottenere<br />
benefici per i soggetti affetti o per la famiglia (ad<br />
esempio, test sui feti o suoi neonati), sia in relazione alla<br />
possibilità di identificare gli individui a rischio di trasmissione<br />
di un disordine genetico, al fine di pianificare le scelte<br />
riproduttive di coppia.<br />
La diagnostica pre-natale può essere definita “un complesso<br />
di indagini strumentali e di laboratorio finalizzate al monitoraggio<br />
dello stato di salute del concepito durante tutto<br />
l’arco della gravidanza e pertanto permette l’individuazione<br />
di definite patologie, siano esse su base ereditaria, infettiva,<br />
iatrogena o ambientale”.<br />
Lo sviluppo e la diffusione delle indagini pre-natali ha influito<br />
in maniera significativa sulle scelte riproduttive delle<br />
coppie a rischio, consentendo loro di conoscere le caratteristiche<br />
del concepito prima della nascita, e dunque<br />
di essere tranquillizzate rispetto al suo stato di salute o,<br />
viceversa determinarsi a fronte di eventuali anomalie.<br />
La diagnosi pre-natale riveste, quindi, un forte significato<br />
“esistenziale” per la gestante, la coppia e la famiglia, rappresentando<br />
nel sistema delle cure in cui viene praticata<br />
“una nuova variabile che influenza certamente i sentimenti,<br />
le attitudini, i comportamenti degli operatori, delle<br />
gravide, dei genitori nei confronti della gravidanza”.<br />
Le indagini pre-natali realizzano il diritto dei genitori ad<br />
essere informati sempre e, dunque anche durante la vita<br />
fetale, in merito alla condizione di salute dei figli e di<br />
determinarsi in maniera consapevole e responsabile al<br />
riguardo.<br />
Nell’ambito della diagnostica pre-natale, nella quale si distinguono<br />
metodi non invasivi (ecografia fetale, indagini<br />
biochimiche e molecolari sul sangue materno) ed invasivi<br />
(villocentesi, amniocentesi, cordocentesi, fetoscopia),<br />
si colloca anche la diagnosi genetica.<br />
Le peculiarità giuridiche della diagnosi genetica pre-natale<br />
consistono essenzialmente nel fatto che essa viene<br />
effettuata non già sul soggetto richiedente l’esecuzione<br />
dell’esame, ma sul concepito. Inoltre le sue implicazioni<br />
sulla vita personale e familiare degli interessati impongo-<br />
Area Medico-Legale<br />
5<br />
no che la proposta della diagnosi pre-natale, ovvero la<br />
comunicazione dei risultati, avvengano nell’ambito di un<br />
processo di consulenza non direttiva, improntata al rispetto<br />
del principio di autonomia della gestante/coppia e, al<br />
contempo, capace di fornire agli stessi soggetti gli strumenti<br />
per determinarsi in relazione alle possibili scelte<br />
procreative che potrebbero loro presentarsi.<br />
I dati forniti dalla Società Italiana di Genetica Umana<br />
(SIGU) e dall’Istituto C.S.S. Mendel, relativi al censimento<br />
2002 dei laboratori di genetica in Italia, rivelano che<br />
le analisi più richieste alle strutture di genetica medica nel<br />
corso del 2002 risultano essere state quelle pre-natali: per<br />
quanto riguarda i laboratori di citogenetica, sono state effettuate<br />
116.990 analisi pre-natali, con incremento del 30%<br />
rispetto al 2000. I dati rilevano inoltre come la maggior<br />
parte delle gravidanze (il 20% delle quali in gestanti di età<br />
inferiore ai 35 anni) risulti monitorata con una tecnica invasiva<br />
di diagnosi pre-natale, attraverso la preoccupante<br />
offerta di cosiddetti “pacchetti diagnostici”.<br />
Risulta dunque evidente la necessità di contestualizzare<br />
ogni test genetico - dalla proposta sino all’eventuale effettuazione<br />
e, dunque, alla comunicazione del risultato -<br />
nell’ambito di una consulenza genetica fondata sull’informazione<br />
e sul significato dell’informazione da fornire al<br />
potenziale fruitore.<br />
Non a caso il Comitato Nazionale per la Bioetica ha sottolineato<br />
la necessità di un “adeguato approccio consulenziale<br />
pre- e post-diagnosi” ed in particolare dell’accertamento<br />
delle indicazioni alla diagnosi,“requisito indispensabile sul<br />
piano etico-deontologico”.<br />
Invero, i profondi risvolti psico-sociali della diffusione della<br />
diagnostica genetica pre-natale, anche in riferimento<br />
ai dati dei predetti censimenti, impongono di affrontare<br />
le forme di abuso verificate nel ricorso a tali indagini, da<br />
un lato attraverso un potenziamento e una maggiore<br />
qualificazione del processo di consulenza genetica, e dall’altro<br />
attraverso la predisposizione di linee guida contenenti<br />
indicazioni, generalmente condivise dalla comunità<br />
scientifica, per la diagnosi pre-natale in riferimento alle<br />
diverse tipologie di analisi.<br />
In linea generale, la diagnosi pre-natale dovrebbe essere<br />
indicata nei casi in cui la malattia, di cui può essere affetto<br />
il feto, sia grave ed incurabile oppure nei casi in cui<br />
sia necessaria una diagnosi al fine di instaurare terapie<br />
precoci, anche in utero, o predisporre modalità particolari<br />
per l’espletamento del parto.<br />
Tale indagine dovrebbe dunque interessare le gravidanze<br />
in cui il rischio procreativo sia prevedibile a priori, ovvero<br />
le gravidanze in cui il rischio del feto si evidenzia<br />
durante il periodo gestazionale.<br />
Alla luce delle profonde implicazioni etiche che presentano<br />
i test genetici, la consulenza genetica riveste dunque<br />
un ruolo fondamentale nella diagnostica pre-natale, oltre<br />
che per la gestione di tali problematiche, ancor prima e<br />
proprio per evitare forme di abuso nel ricorso ai test.<br />
L’accesso alla diagnosi pre-natale dovrebbe essere principalmente<br />
regolato dal principio di proporzionalità, in
presenza di un’indicazione medica che oggettivamente<br />
giustifichi il ricorso alla diagnosi, ed a seguito di un approfondito<br />
processo di comunicazione tra l’interessato<br />
e genetic counselor, nel corso del quale “si abbiano presenti<br />
le condizioni da rispettare per condurre una diagnosi<br />
eticamente lecita, che:<br />
1. rispetti la vita e l’integrità dell’embrione/feto e sia<br />
orientata alla sua salute individuale;<br />
2. faccia uso di metodi impiegati con il pieno consenso<br />
informato della madre, senza far correre rischi sproporzionati<br />
né alla madre né al figlio;<br />
3. sia orientata a favorire una serena e consapevole accettazione<br />
del nascituro, quando non siano possibili<br />
interventi terapeutici;<br />
4. rispetti l’autonomia interiore e la coscienza del medico<br />
e del genetista, anche di fronte alla richiesta di<br />
una richiesta di una diagnosi eugenetica”.<br />
Infatti, i test per la diagnosi pre-natale hanno dei limiti e<br />
dei rischi, sia per la gestante che per il feto stesso: rischi<br />
che necessitano non solo di un’informazione esauriente<br />
e dettagliata, ma anche di un’attenta valutazione da parte<br />
della gestante, per la quale sarebbe auspicabile un discreto<br />
intervallo di tempo tra l’informazione suddetta e<br />
l’esecuzione della metodica.<br />
In questa nota si presentano alcuni casi giunti alla nostra<br />
attenzione, nei quali sono emersi profili di responsabilità,<br />
in ambito sia penale che civile, dell’esecutore della<br />
metodica. Si segnalano inoltre alcune sentenze in tema<br />
di responsabilità medica colposa e in tema di falsità ideologica.<br />
Si riportano, infine, i modelli di informazione/consenso<br />
proposti dalla S.I.G.U. nel 2002 e dalla S.I.E.O.G. nel 2006,<br />
che riteniamo molto ben impostati anche dal punto di<br />
vista medico-legale.<br />
CASISTICA<br />
Riportiamo, qui di seguito, i casi che sono stati osservati<br />
nell’ambito dell’attività peritale del Dipartimento di Medicina<br />
Legale di Pavia.Tutti e quattro riguardano complicanze<br />
consecutive ad amniocentesi.<br />
Non abbiamo invece avuto esperienze in materia di villocentesi<br />
e cordocentesi.<br />
Caso I<br />
35enne, primi-gravida, alla 15 a settimana:<br />
• Indicazione all’amniocentesi per rischio di Sindrome<br />
di Down età-correlato.<br />
• Informazione/consenso scritto: NO.<br />
• Data amniocentesi: 13.8.2001<br />
• Complicanze:<br />
- il giorno successivo assenza del BCF e distacco<br />
placentare,<br />
- ricovero per svuotamento e revisione della cavità<br />
uterina,<br />
- iperpiressia e metrorragia, risoltesi con l’assunzione<br />
di antibiotici e sintomatici.<br />
6<br />
Caso II<br />
42enne, terzi-gravida alla 15 a settimana (gemellare con<br />
perdita spontanea di uno dei due feti):<br />
• Indicazione all’amniocentesi per evidenza di mosaicismo<br />
(trisomia 11/normale) in villocentesi eseguita alla<br />
10 a settimana prima della perdita di uno dei due<br />
feti.<br />
• Informazione/consenso scritto: NO.<br />
• Data amniocentesi: 5.9.1994<br />
• Complicanze:<br />
- mezz’ora dopo violenti dolori addominali,<br />
- 6.9: addome acuto, dolori addomino-pelvici e iperpiressia<br />
(T superiore a 40°) con brividi. Diagnosi<br />
di amniosite con morte fetale, febbre settica, sospetta<br />
perforazione intestinale, peritonite,<br />
- assenza di BCF e di MAF, induzione di travaglio<br />
abortivo e revisione della cavità uterina.<br />
Caso III<br />
32enne, quarti-gravida nullipara, alla 16 a settimana:<br />
• Indicazione all’amniocentesi per tre precedenti aborti<br />
spontanei e riscontro di inversione pericentrica del<br />
cromosoma 5.<br />
• Informazione/consenso scritto: SI (modulo “presentato<br />
alla sua sottoscrizione” da parte di un’infermiera).<br />
• Data amniocentesi: 22.3.2004 (prelievo non riuscito<br />
dopo 3 tentativi infruttuosi e dolorosi).<br />
• Complicanze:<br />
- in serata emorragia dai genitali e morte endo-uterina<br />
ed espulsione del feto con secondamento<br />
spontaneo e completo,<br />
- quadro di CID,<br />
- emocolture positive per E. coli,<br />
- versamento siero-ematico pelvico e sub-frenico<br />
bilaterale, da microperforazione e lacerazione del<br />
retto medio - Perdita ematica dai drenaggi - Laparotomia<br />
mediana sovra-ombelico-pubica per<br />
processo peritonitico.<br />
• Revisione della cavità uterina, per persistente leucocitosi.<br />
Caso IV<br />
34enne, secondi-gravida, alla 15 a settimana:<br />
• Indicazione all’amniocentesi per rischio di Sindrome<br />
di Down età-correlato.<br />
• Informazione/consenso scritto: NO<br />
• Data amniocentesi: 24.4.2004<br />
• Complicanze:<br />
- morte intrauterina del feto, svuotamento cavità<br />
uterina,<br />
- sepsi, shock cardiogeno, insufficienza respiratoria<br />
e CID.<br />
• Sedata, intubata, ventilata meccanicamente. Edema polmonare,<br />
infarto miocardico e grave acidosi lattica.<br />
• Colture su tamponi dalle vie genitali positive per batteri<br />
di origine intestinale.<br />
• Perdite ematiche e purulente dai genitali, con necessità<br />
di isterectomia e salpingectomia bilaterale.<br />
• Emato-chimici indicativi di insufficienza epatica acuta.
• Emodialisi per insufficienza renale cronica.<br />
• Ipoacusia neurosensoriale bilaterale da antibiotico-terapia.<br />
GIURISPRUDENZA<br />
Si segnalano le seguenti sentenze, le prime due in tema<br />
di asserita responsabilità medica colposa, con rilevanti<br />
profili d’interesse sotto l’aspetto del controverso accertamento<br />
del nesso causale, e la terza in tema di falsità<br />
ideologica (nella fattispecie in cartella clinica), per mancata<br />
registrazione di un evento comprovatamente verificatosi.<br />
I) Tribunale Penale di Padova, sentenza del 7 giugno<br />
2001, così massimata: “…è da ritenersi caratterizzata da<br />
colpa per imprudenza la condotta di un medico ginecologo<br />
il quale, dovendo procedere a funicolocentesi, non differisca<br />
la ripetizione dell’intervento a un giorno successivo, dopo<br />
il terzo o al massimo il quarto tentativo infruttuoso, ma<br />
pratichi invece una quinta perforazione, alfine con esito positivo,<br />
così aumentando però la possibilità di complicanze e<br />
il conseguente rischio di aborto. Detto sanitario va tuttavia<br />
assolto dall’imputazione colposa di lesioni personali alla paziente<br />
e di aborto, con formula “perché il fatto non sussiste”,<br />
non essendovi sufficienti elementi di prova per asserire<br />
a posteriori, in termini di causalità materiale, che sia stata<br />
la quarta o la quinta e non una delle prime tre perforazioni<br />
a cagionare la perdita del feto, dovuta a rottura delle<br />
membrane connessa verosimilmente all’insorgenza di una<br />
corion-amnionite”.<br />
Questa sentenza (come pure la successiva) è stata oggetto<br />
di un pregevole commento da parte di Alice Ferrato<br />
(pubblicate su: Riv. It. Med. Leg. 4-5, 2007), con opportuna<br />
sottolineatura di diversi aspetti di sicuro interesse<br />
medico-legale, sui quali la giurista si è così espressa:<br />
“… il giudice condivide le conclusioni prospettate dai consulenti<br />
del P.M. e dal perito dell’incidente probatorio, individuando<br />
nella funicolocentesi [cordocentesi: ndr], con un grado<br />
di probabilità prossimo alla certezza, la causa diretta della<br />
corion-amnionite, origine della rottura delle membrane.<br />
Tuttavia, il Tribunale di Padova non ritiene sufficiente tale conclusione<br />
per addivenire ad un giudizio di penale responsabilità,<br />
essendo altresì necessario accertare se la condotta<br />
ascritta al sanitario sia inquadrabile in una fattispecie colposa<br />
e conseguentemente verificare il nesso eziologico fra<br />
la stessa e l’evento lesivo.<br />
In altre parole, il nodo centrale affrontato dalla pronuncia<br />
di primo grado riguarda conseguentemente l’accertamento<br />
dell’ulteriore rapporto causale tra operato del medico e aborto,<br />
facendosi essenziale l’indagine in ordine alla condotta dell’imputato<br />
nell’esecuzione dell’esame, sotto i profili della violazione<br />
di norme di prudenza, perizia e diligenza in relazione<br />
alla buona pratica medica.<br />
Nell’esaminare il problema causale, il Tribunale si affida alla<br />
letteratura medica in materia di funicolocentesi, la quale<br />
indica come “non prudenziale” l’espletamento di un numero<br />
di perforazioni superiore a tre, implicando, tale supe-<br />
7<br />
ramento, il sorgere di complicanze con maggiore frequenza.<br />
Questo dato tecnico, in una prospettiva garantistica, appare<br />
comunque debole ai fini della ricerca causale: tale innalzamento<br />
del rischio di complicanze, connesso all’aumento<br />
del numero di perforazioni, non offre infatti un parametro<br />
certo, scientificamente supportabile, poiché non risulta<br />
possibile quantificare, nemmeno per approssimazione, l’incremento<br />
di rischio dato dal singolo foro, divenendo le condizioni<br />
concrete di pericolo verificabili solo caso per caso.<br />
Alla luce dei dati raccolti, il Tribunale giunge in ogni modo a<br />
sancire che in presenza di ben cinque tentativi di funicolocentesi<br />
eseguiti consecutivamente senza un’effettiva situazione<br />
di urgenza, ovvero di una manovra diversa da quella<br />
che le leges artis prescrivono, sia sussistente una condotta<br />
colposa.<br />
La violazione delle regole cautelari dettate dall’arte clinica<br />
ha condotto, quindi, a valutare imprudente la condotta del<br />
prevenuto, in considerazione soprattutto dell’esistenza, nell’ambito<br />
della colpa medica, della misura del “rischio consentito”.<br />
Come è noto, secondo questa impostazione il superamento<br />
di tale rischio consentito, ovvero nel caso oggetto del presente<br />
commento il non rispetto della soglia delle tre perforazioni,<br />
implica la sussistenza dell’elemento soggettivo, in<br />
quanto componente ulteriore insieme alla prevedibilità ed<br />
evitabilità dell’evento.<br />
Invece, attraverso l’individuazione di una zona di rischio consentito<br />
volta a tutelare le attività socialmente utili, la colpa<br />
viene ravvisata solamente ove vi sia una palese violazione<br />
delle regole tecniche.<br />
Il magistrato compie così un giudizio di carattere prognostico<br />
e, anche aderendo all’ipotesi più sfavorevole all’imputato,<br />
sottolinea come il fatto di praticare tre tentativi di funicolocentesi,<br />
acquisito il consenso della paziente, rientri nell’area<br />
del rischio consentito. Più precisamente, nella ricostruzione<br />
compiuta dal Tribunale di Padova quella particolare attività<br />
medica costituisce una condotta cui difetterebbe il requisito<br />
della tipicità colposa, sul presupposto che siffatta attività d’indagine<br />
rientra in quella ormai tradizionale sfera di rischio consentito<br />
propria di una condotta medico-chirurgica.<br />
Per contro, sempre allineandosi all’ordine di idee seguito nella<br />
sentenza qui in esame, il superamento della specifica regola<br />
cautelare che disciplina questa particolare tipologia di<br />
intervento assumerebbe rilevanza penale configurando la fattispecie<br />
prevista dall’art. 17 L. 194/78. E ciò in quanto il mancato<br />
rispetto del c.d. protocollo medico escluderebbe la possibilità<br />
di inquadrare la condotta nell’ambito del rischio consentito.<br />
E’ evidente che sulla base di queste premesse il successivo<br />
passaggio logico-argomentativo affrontato nella sentenza è<br />
costituito dal necessario accertamento se la condotta colposa<br />
del sanitario sia eziologicamente legata con l’evento lesivo<br />
e cioè l’aborto. La risposta a tale interrogativo è peraltro<br />
negativa proprio sul piano dell’indagine causale: il Tribunale<br />
evidenzia, infatti, come l’eventuale rottura delle membrane,<br />
successiva all’esecuzione di sole tre perforazioni, sarebbe rientrata<br />
nell’area del rischio fisiologico, non potendosi, di conseguenza,<br />
imputare all’operatore la causazione dell’evento.<br />
Al tirar delle somme, il giudicante, pure riconoscendo profi-
li di colpa, ritiene non sufficientemente provato che la corion-amnionite,<br />
la rottura delle membrane e il conseguente<br />
aborto siano causalmente connessi alla condotta del sanitario.<br />
La sentenza in esame, dunque, non si ferma al riconoscimento<br />
della colpa e si spinge a verificare correttamente,<br />
altresì, se la condotta dell’agente, riconosciuta colposa, si possa<br />
considerare reale causa dell’evento verificatosi.<br />
L’iter motivazionale sottolinea, inoltre, come dal materiale<br />
probatorio, e in particolare dalle consulenze medico-legali,<br />
non sia emerso in modo certo se, nel caso concreto, il ricorso<br />
a un numero di tentativi superiore a tre abbia effettivamente<br />
aumentato il rischio di cedimento delle membrane,<br />
poiché un evento simile poteva essere riconducibile anche<br />
a una sola perforazione.<br />
Ed è proprio sulla base di questi elementi che la sentenza<br />
ha risolto il problema dell’accertamento causale fra la riconosciuta<br />
condotta imprudente - rappresentata dall’avere effettuato<br />
più di tre tentativi - e l’evento lesivo.<br />
Trasferito questo principio al caso di specie, il giudice, per<br />
mezzo di una verifica ex post, giunge così ad escludere la<br />
presenza del nesso causale, non potendosi individuare una<br />
legge scientifica idonea a dimostrare che la corion-amnionite<br />
e l’aborto siano conseguenza diretta della quarta o della<br />
quinta perforazione e non di uno tra i primi tre tentativi<br />
rientranti nell’area del rischio consentito.<br />
Ecco che il giudice di prime cure ritiene doverosa una verifica<br />
ex post dell’episodio storico oggetto del giudizio, al fine<br />
di riscontrare se possano essere intervenuti fattori di rischio<br />
diversi dalla condotta dell’imputato. In ordine a tale<br />
impostazione, indi, solamente qualora si pervenga ad escludere<br />
oltre ogni ragionevole dubbio che la parte offesa sia<br />
stata esposta ad altri fattori di rischio, allora potrà addebitarsi<br />
con ragionevole certezza l’evento al comportamento<br />
dell’imputato.<br />
Alla luce di quanto detto, il giudicante del caso de quo giunge<br />
a statuire che manca il nesso eziologico tra l’evento morte<br />
hic et nunc realizzatosi e la condotta del sanitario poiché<br />
neppure il coefficiente più elastico della probabilità si<br />
rivela sufficiente a dimostrare la successione causale tra gli<br />
eventi, pervenendo alla conclusione che anche le leggi di<br />
natura statistica “non portano ad una ragionevole esclusione<br />
di un diverso decorso causale rispetto alla condotta colposa,<br />
in quanto non è affatto escludibile che la corion-amnionite<br />
e l’aborto siano stati cagionati da una delle prime<br />
tre perforazioni, che costituirebbero una condotta del tutto<br />
legittima e priva di colpa”.<br />
In ossequio al principio “in dubio pro reo”, il giudice padovano,<br />
pure riconoscendo come l’infezione e l’aborto siano<br />
conseguenza dell’esecuzione di un numero eccessivo di tentativi<br />
di funicolocentesi, ritiene non provato il rapporto di<br />
causalità tra gli eventi contestati e la condotta colposa del<br />
sanitario.<br />
Tale soluzione appare sicuramente discutibile in un settore<br />
ove non può essere altro che la valutazione probabilistica<br />
a regolare diagnosi, malattie e la stessa attribuzione causale,<br />
non potendosi dimenticare come nelle discipline cliniche<br />
si abbia quasi sempre a che fare con l’incertezza e il<br />
rischio.<br />
In armonia con l’orientamento giudiziario oggi di maggio-<br />
8<br />
ranza, perciò, la condotta colposa del medico, pur in concreto<br />
casualmente significativa, a fronte di una incertezza<br />
del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale,<br />
conduce all’esito assolutorio del giudizio, anche a scapito<br />
del probabile sacrificio di esigenze di repressione, peraltro<br />
generalmente riconosciute”.<br />
II) Corte d’Appello Penale di Venezia, sez. I, sentenza<br />
dell’8 maggio 2003, così massimata: “…va confermata l’assoluzione<br />
del medico ginecologo per radicale insussistenza<br />
del fatto, non solo stante l’impossibilità di individuare con<br />
certezza, sul piano della causalità materiale, un nesso tra<br />
il suo operato e l’eziogenesi dell’aborto, ma anche perché<br />
la condotta deve ritenersi esente da qualsiasi nota di colpa,<br />
in quanto l’eventuale differimento di perforazioni ulteriori<br />
ad altro giorno non avrebbe comunque ridotto l’autonomo<br />
rischio di infezioni o cedimento delle membrane con<br />
conseguente aborto”.<br />
La dianzi citata giurista, Alice Ferrato, si è così espressa<br />
in merito a questo giudicato: “…Avverso la sentenza del<br />
Tribunale di Padova, il Pubblico Ministero, in aperta opposizione<br />
alle conclusioni dedotte nella pronuncia di primo grado,<br />
richiama l’attenzione in sede di appello sull’esame dei<br />
consulenti, dai cui emerge chiaramente una proporzionalità<br />
tra il numero degli interventi praticati e l’aumento del rischio<br />
della corion-amnionite: secondo quest’ordine di idee, pertanto,<br />
il medico avrebbe dovuto interrompere le perforazioni dopo<br />
il terzo tentativo fallito, comportando la prosecuzione dell’esame<br />
un ingiustificato rischio ulteriore di infezioni.<br />
La Corte d’Appello, chiamata a riesaminare la questione,<br />
giunge, in realtà, a confermare la sentenza impugnata, pervenendo<br />
a conclusioni ancora più favorevoli in relazione all’operato<br />
del medico e, addirittura, a escludere ogni elemento<br />
di colpa nella sua condotta.<br />
Si osserva infatti come l’intera struttura del reato colposo<br />
venga a fondarsi sul rapporto tra inosservanza della regola<br />
cautelare di condotta ed evento che, alla luce della definizione<br />
codicistica dell’art. 43 c.p., costituisce anche la causa<br />
dello stesso. In linea con tale corollario, affinché possa<br />
muoversi un rimprovero a titolo di colpa al soggetto agente<br />
per l’evento cagionato, appare necessario accertare, in<br />
primis, la contrarietà della condotta realizzata alla regola<br />
di diligenza. Il quesito che i giudicanti si pongono richiede,<br />
pertanto, l’accertamento che l’evento si sia verificato a causa<br />
dell’inosservanza della regola di diligenza, di prudenza o<br />
di perizia.<br />
Nel caso in esame, la Corte non ritiene inoltre ravvisabile<br />
in termini di certezza il nesso eziologico tra condotta del<br />
sanitario e morte del feto. La totale mancanza di questo<br />
accertamento giustifica e conduce alla confermata assoluzione<br />
dell’imputato. Secondo il Collegio veneziano, infatti,<br />
non risulta provato che un ipotizzato differimento delle ultime<br />
due perforazioni a qualche giorno dopo avrebbe ridotto<br />
il pericolo di infezioni, dato l’autonomo rischio che<br />
ognuna porta in sé, indipendentemente dalla distanza di<br />
tempo con cui viene eseguita.<br />
Nel ribadire, quindi, un concetto “forte” di causalità penalmente<br />
rilevante, i giudici concludono per la mancanza di<br />
elementi tali da consentire di qualificare con certezza co-
me imprudente, in quanto pericolosa, la scelta di proseguire<br />
le perforazioni anche dopo il terzo tentativo, ravvisando,<br />
eventualmente, un comportamento contraddistinto da<br />
scarsa sensibilità per le sofferenze fisiche procurate alla<br />
paziente.<br />
La Corte, infatti, alla luce delle risultanze processuali, secondo<br />
cui va escluso un processo infettivo emergente dall’esame<br />
anatomo-patologico del feto e della placenta, afferma<br />
“che se da un lato la rottura delle membrane sembra non<br />
potersi non porre in connessione con l’esame effettuato, dall’altro<br />
non appare possibile individuare con certezza quale<br />
ne sia stata la causa”.<br />
Infine, relativamente al nesso di causalità tra il numero di<br />
perforazioni praticate dall’imputato e la corion-amnionite,<br />
i giudici veneziani ricordano che la sussistenza di tale rapporto<br />
va vista in relazione ad ogni singola perforazione di<br />
per sé comportante un rischio di infezione e che, quindi,<br />
venga a mancare la prova certa che a determinare la corion-amnionite<br />
siano state le perforazioni compiute oltre la<br />
soglia del rischio consentito.<br />
Di conseguenza, la pronuncia in oggetto si pone chiaramente<br />
in una prospettiva di superamento del vecchio indirizzo<br />
giurisprudenziale, che si accontentava di accertare il nesso<br />
causale in presenza di serie e apprezzabili probabilità di<br />
salvezza del bene giuridico, e opta per la ricostruzione dell’iter<br />
causale alla luce di principii di stretta legalità che permettano<br />
di verificare, nel singolo caso, se davvero l’imputato<br />
abbia posto in essere, oltre ogni ragionevole dubbio, la<br />
conditio sine qua non dell’evento.<br />
E ciò in quanto la Corte d’Appello sembra più propensa a<br />
credere che nella ricerca della causa non rilevi principalmente<br />
il grado di probabilità espresso dalla legge statistica e che,<br />
pertanto, il nesso causale si debba ritenere esistente solamente<br />
ove si provi la mancanza di fattori eziologici alternativi<br />
diversi dalla condotta in questione.<br />
Secondo il Collegio veneziano, in buona sostanza, il dubbio<br />
sulla reale perforazione origine dell’infezione - ammesso che<br />
la stessa sia stata conseguenza di un solo tentativo piuttosto<br />
che dell’esame complessivo - implica che detto evento<br />
sia un possibile esito anche della condotta perita e che, quindi,<br />
il comportamento conforme alle leges artis non ne avrebbe<br />
impedito la verificazione. Il dubbio, quindi, sulla possibile<br />
concretizzazione dell’evento lesivo anche in caso di comportamento<br />
competente dell’imputato non consente che la<br />
circostanza possa essergli addebitata, dovendosi pervenire<br />
ad un giudizio di assoluzione.<br />
La Ferrato non può conclusivamente esimersi dall’esprimere<br />
una presa di distanza dalla criteriologia adottata dai<br />
giudicanti dei due gradi, con queste considerazioni: “Qualche<br />
perplessità è legittimo che emerga poiché il dovere di<br />
diligenza pone un generale obbligo, per chi svolge una determinata<br />
attività, di adottare tutte le cautele necessarie ad<br />
impedire che dalla propria condotta possano derivare eventi<br />
dannosi di altrui beni giuridici e, pertanto, di arrestarsi a<br />
fronte di un esame clinico che si mostri particolarmente ostico<br />
e complicato”.<br />
A nostro avviso è più facile condividere queste riflessioni,<br />
che i termini delle due sentenze, se non altro perché,<br />
altrimenti, v’è da chiedersi quale significato “orientativo”,<br />
9<br />
se non “direttivo” abbiano specifiche linee guida elaborate<br />
dalla comunità scientifica.<br />
III) Cassazione Penale, sez.V, sentenza n. 22694 del 16<br />
giugno 2005. In questa pronuncia la Suprema Corte si<br />
è così espressa in ordine alla responsabilità dell’ostetrico,<br />
proprio con riferimento alle indicazioni delle linee guida:<br />
“…K.H., sanitario presso l’Ospedale Y, è stato ritenuto<br />
colpevole di falso ideologico in atto pubblico per avere effettuato<br />
un intervento di amniocentesi descrivendolo nella<br />
cartella clinica come «amniocentesi T.A. ecoguidata: si estraggono<br />
15 ml di L.A. limpidi», mentre aveva effettuato un primo<br />
prelievo, risultato nettamente ematico, del quale non veniva<br />
fatta alcuna menzione... Ora, nel caso di amniocentesi,<br />
intervento particolarmente delicato a ragione dei rischi<br />
connessi, dato clinico rilevante è anche quello costituito da<br />
un prelievo ematico, che, pur se ininfluente ai fini dell’indagine<br />
genetica, sui l’intervento mira, acquista indubbia valenza<br />
alla luce delle conseguenze che ne possono derivare: correttamente<br />
osserva la corte bresciana che il trauma fetale<br />
‘da puntura’, anche se ritenuta evenienza molto rara ‘da<br />
quando la procedura di amniocentesi è guidata dall’ecografia’,<br />
è pur sempre possibile. Ne consegue che la sua annotazione<br />
sulla cartella clinica non è da considerarsi affatto<br />
ultronea nell’economia dell’atto. Invano pertanto si insiste sulla<br />
tesi della innocuità del falso da parte ricorrente, che peraltro<br />
confonde tale concetto con la innocuità del primo prelievo<br />
ematico accertata in sede peritale nell’ambito delle indagini<br />
sulle cause del decesso del feto conseguito alla amniocentesi<br />
de qua. Quanto all’elemento psicologico del reato<br />
in esame, punito a titolo di dolo generico, la giurisprudenza<br />
di questa Corte è orientata nel senso che ai fini del<br />
dolo generico nei reati di falso è sufficiente la sola coscienza<br />
e volontà dell’alterazione del vero, indipendentemente dallo<br />
scopo che l’agente si sia proposto e anche se sia incorso<br />
nella falsità per ignoranza o per errore, cagionato da una<br />
prassi o per rimediare ad un precedente errore. E a tali ineccepibili<br />
principi si sono ispirati, nella specie, i giudici di merito,<br />
che peraltro, come riporta lo stesso ricorrente, hanno<br />
anche escluso che sia rimasta accertata la sussistenza di<br />
una prassi, quale quella invocata…”.<br />
La sentenza è stata commentata dall’avvocato Marlon Lepera<br />
(in: Cass. Pen., 11, 1401, 2005), con le seguenti osservazioni<br />
di notevole interesse anche sul piano medico-legale:<br />
“…La sentenza annotata offre l’occasione per affrontare<br />
la problematica relativa al falso ideologico commesso<br />
mediante l’omessa attestazione di determinati fatti.<br />
Invero, come sottolinea la suprema Corte, non ogni “silenzio”<br />
del pubblico ufficiale su una determinata realtà integra<br />
il reato di cui all’art. 479 c.p.Al riguardo, occorre distinguere,<br />
infatti, tra la dichiarazione meramente incompleta e<br />
l’attestazione reticente incidente sulla stessa esistenza del<br />
documento e lesiva della funzione probatoria dell’atto in relazione<br />
allo specifico contenuto per cui esso è stato formato:<br />
soltanto quest’ultima omissione, difatti, è penalmente rilevante.<br />
Per poter distinguere tra una mera dichiarazione incompleta<br />
e una omissione idonea ad integrare il delitto di<br />
cui all’art. 479 c.p. occorre valutare, a dire della Corte, se<br />
l’informazione omessa sia o meno “ultronea nell’economia
dell’atto”: ossia si deve stabilire se l’omissione è inerente a<br />
fatti rilevanti che il documento deve, quindi, menzionare<br />
conformemente al loro verificarsi. La suprema Corte applicando<br />
siffatti principi ha ritenuto sussistente il reato di falsità<br />
ideologica di cui all’art. 479 c.p. a carico del sanitario<br />
che nel descrivere nella cartella clinica - la cui funzione è<br />
quella di diario dell’intervento medico e dei relativi fatti clinici<br />
rilevanti - l’intervento di amniocentesi aveva omesso di<br />
menzionare l’effettuazione di un primo prelievo risultato<br />
ematico... Il silenzio serbato dal sanitario sull’avvenuta effettuazione<br />
di un prelievo ematico idoneo a causare un trauma<br />
irreparabile sul feto, unitamente alla contemporanea attestazione<br />
di aver effettuato un intervento di amniocentesi,<br />
non può considerarsi una mera lacuna informativa, bensì<br />
una omissione in grado di ingenerare un fuorviante giudizio<br />
sulle reali cause della morte del feto”.<br />
Queste note ci sembrano razionalmente coerenti con<br />
l’importanza del report sulla procedura, come abbiamo<br />
già più volte sottolineato nei precedenti paragrafi.<br />
CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI<br />
Nonostante stiano affacciandosi sulla scena clinica delle<br />
metodiche non invasive di diagnosi citogenetica fetale, che<br />
utilizzano il sangue materno, oppure ricercano il DNA fetale<br />
libero nel siero materno, allo stato si tratta di indagini<br />
ancora pionieristiche e non in grado di sostituire la amniocentesi<br />
e le consimili procedure invasive pre-natali.<br />
I pur statisticamente esigui rischi di queste ultime dovranno<br />
essere quindi ancora affrontati almeno per alcuni anni<br />
dalle pazienti, con comprensibilmente mal accettata delusione<br />
delle loro aspettative (particolarmente elevate soprattutto<br />
perché l’amniocentesi viene prevalentemente<br />
eseguita in gravidanze ad alto investimento emotivo), e<br />
dai medici, che mal tollerano di essere messi sotto accusa,<br />
specie quando l’evento avverso è fortemente condizionato<br />
da fattori fortuiti e non è completamente eliminabile,<br />
nonostante ogni impegno di accuratezza e di<br />
prudenza.<br />
Accuratezza e prudenza devono essere invero fortemente<br />
coltivate non solo nell’esecuzione di tali esami, ma anche<br />
a monte, nella loro indicazione.<br />
Questa deve prevalentemente essere infatti riservata alle<br />
gravidanze realmente giustificanti i predetti rischi, o, nelle<br />
altre, deve essere richiesta espressamente dalla paziente,<br />
che va compiutamente informata - in maniera comprovata<br />
per iscritto - del rischio principale di perdere il<br />
feto, oltre che dei rischi meno gravi, ma di certo non trascurabili,<br />
di complicanze peritonitiche o di nocumenti materno-fetali.<br />
Di qui la necessità, decisamente inderogabile, di predisporre<br />
e utilizzare modelli di informazione-consenso il più possibile<br />
dettagliati, al fine di eliminare dal contenzioso quanto<br />
meno l’elemento eliminabile: cioè l’illecito costituito dal<br />
non aver adeguatamente informato la paziente, che rappresenta<br />
oramai di per sé un danno risarcibile ulteriormente,<br />
quando non prioritariamente, rispetto ai danni<br />
10<br />
eventualmente cagionati sul piano “materiale”, per l’innesco<br />
di complicanze o per la perdita del feto.<br />
E’ quindi indispensabile la predisposizione di una “prova<br />
scritta” dell’avvenuta informazione alla paziente e della<br />
sua consapevolezza nell’accettazione dei rischi insiti in<br />
queste procedure diagnostiche pre-natali.<br />
Tale prova può essere ottimamente realizzata utilizzando<br />
i modelli specificamente predisposti sia dalla SIGU nelle<br />
proprie Linee Guida del 2002, sia dalla SIEOG nelle<br />
proprie Linee Guida del 2006 (riportate in appendice).<br />
E’ ben vero che non sempre le complicanze sono comprovatamente<br />
ascrivibili a manchevolezze tecniche, o a difetto<br />
di indicazione, ma è altrettanto vero che, qualora<br />
esse si verifichino, ben difficilmente il medico sfugge a “rappresaglie”<br />
di tipo legale, se non altro perché gli effetti sono<br />
quasi sempre altamente provanti per la paziente.<br />
Esiste infatti anche una sorta di revanche nel contenzioso<br />
per responsabilità medica e, di norma, la revanche è tanto<br />
più pervicace e oltranzista, quanto più l’offesa vissuta<br />
dalla persona è non soltanto di natura fisica, ma anche di<br />
natura emotiva: e l’emotività la fa sicuramente da padrona<br />
quando l’amniocentesi non è foriera di buone (o cattive)<br />
notizie, ma di una totale debacle di aspettative personali,<br />
materiali e psicologiche, particolarmente importanti<br />
sul piano del vissuto e dell’investimento personale.<br />
Per quanto riguarda gli accertamenti peritali - a prescindere<br />
dal corretto assolvimento della procedura di informazione-consenso<br />
- è evidentemente necessario esaminare<br />
accuratamente il report descrittivo delle procedure<br />
invasive, attraverso un’accurata analisi della tipologia<br />
della complicanza e delle condizioni di base nelle quali<br />
è stata eseguita la procedura, onde stabilire se la stessa<br />
è stata particolarmente indaginosa oppure maldestra, oppure<br />
ancora non rispettosa delle linee guida.<br />
Purtroppo, questi report non sono quasi mai disponibili,<br />
perché materialmente non compilati, oppure, se compilati,<br />
sono talmente stringati e generici, da impedire di<br />
riconoscervi elementi giustificativi della complicanza.<br />
I medici che praticano la diagnostica pre-natale invasiva<br />
dovrebbero essere ben avveduti del fatto che una documentazione<br />
accurata, dettagliata e circostanziata gioca<br />
in ogni caso a loro favore, non solo perché costituisce<br />
di per sé una buona immagine del contesto assistenziale,<br />
ma anche perché consente di enucleare e “apprezzare”<br />
a posteriori, anche sul piano epicritico peritale, le<br />
eventuali difficoltà incontrate, che potrebbero aver significativamente<br />
contribuito all’esito sfavorevole, con conseguente<br />
alleggerimento della posizione dell’esecutore.<br />
In mancanza di questo tipo di documentazione torna facile<br />
ai giudici risarcire i pazienti, se del caso anche attraverso<br />
la formula del tutto nuova del “danno evidenziale”:<br />
una formula costruita sulla congettura che spetta al medico,<br />
che ha il dominio del substrato clinico e il compito<br />
privilegiato di redigere testimonianza scritta del suo<br />
operato, dimostrare che il risultato negativo è derivato<br />
da situazioni da lui materialmente non controllabili.<br />
Pertanto, oltre all’accurata e ben documentata procedu-
a di informazione-consenso, il medico deve mettere in<br />
conto di occuparsi a fondo anche della descrizione del<br />
proprio operato, se non vuole esser ritenuto responsabile<br />
dell’esito sfavorevole, ancorché esso abbia avuto origine<br />
fortuita.<br />
Indubbiamente, nei casi da noi presentati trapelano diversi<br />
elementi atti a delineare procedure e comportamenti<br />
assistenziali non appropriati, non solo (quasi sempre)<br />
sul piano informativo, ma anche sul piano tecnico.<br />
Si tratta comunque di eventi (per fortuna) non frequenti<br />
e che potrebbero essere ulteriormente contenuti, attraverso<br />
l’adozione delle “misure preventive” qui richiamate.<br />
APPENDICE<br />
LINEE GUIDA<br />
I - S.I.G.U. 2002<br />
Delle ultime Linee Guida S.I.G.U., pubblicate nel 2002,<br />
riportiamo qui di seguito le indicazioni di maggiore interesse<br />
sul piano medico-legale e il modulo dell’informazione-consenso<br />
alla diagnosi pre-natale.<br />
A) INDICAZIONI ALL’ANALISI<br />
Nessun cambiamento importante è avvenuto nelle indicazioni<br />
al prelievo di cellule fetali per diagnosi cromosomica.<br />
Se ne riporta pertanto l’elenco riconosciuto a livello<br />
internazionale:<br />
• età materna ≥ ai 35 anni<br />
• precedente figlio affetto da anomalia dei cromosomi<br />
• genitori portatori di anomalia strutturale dei cromosomi<br />
geneticamente bilanciata<br />
• genitori con riscontro citogenetico di mosaicismo cellulare<br />
• anomalie fetali osservate in ecografia<br />
• test biochimici indicanti un aumento del rischio cromosomico<br />
• malattia genetica<br />
Situazioni particolari devono essere valutate singolarmente<br />
con appropriata consulenza multidisciplinare, che valuti<br />
i rischi genetici del caso in oggetto e i rischi connessi<br />
con il prelievo di cellule fetali. E’ possibile che per il completamento<br />
dell’iter diagnostico si renda necessaria l’estensione<br />
dell’esame citogenetico e/o molecolare ai genitori.<br />
B) CONSENSO<br />
B.1 Diagnosi citogenetica pre-natale su villi coriali<br />
L’indagine citogenetica pre-natale ha lo scopo di accertare<br />
la presenza di anomalie cromosomiche numeriche<br />
e/o strutturali (indicare uno o più esempi). Esistono difetti<br />
congeniti che, non essendo associati ad anomalie cromosomiche,<br />
non possono essere diagnosticati mediante<br />
l’analisi citogenetica pre-natale (indicare uno o più<br />
esempi). In rari casi non possono essere stabilite con certezza<br />
le conseguenze cliniche associate ad una anomalia<br />
cromosomica, i chiarimenti del caso saranno forniti in<br />
sede di consulenza.<br />
11<br />
Trattamento del campione:<br />
dopo valutazione del campione prelevato, si suddivide lo<br />
stesso in due aliquote al fine di ottenere un preparato<br />
diretto ed un preparato colturale. Esiste una quantità minima<br />
di villi coriali necessaria per l’allestimento dei due<br />
preparati (è facoltativo indicare tale quantità).<br />
Diagnosi:<br />
1 I criteri utilizzati per l’indagine citogenetica sono quelli<br />
raccomandati dalle Linee Guida della Società Italiana<br />
di Genetica Umana e del Gruppo Europeo di Studio<br />
sulla Diagnosi Pre-natale.<br />
2 L’analisi sia del preparato diretto che colturale ottimizza<br />
l’affidabilità della diagnosi. L’utilizzo di una sola delle<br />
due analisi porta ad una affidabilità pari al 99%, dato<br />
ottenuto dall’esperienza internazionale pubblicata.<br />
3 Non si possono escludere casi di differenza di risultato<br />
nei due preparati. In questa circostanza potrebbe<br />
rendersi necessario procedere ad ulteriori accertamenti,<br />
di cui la paziente verrà informata in sede di<br />
consulenza genetica.<br />
4 L’impossibilità di pervenire ad una diagnosi può verificarsi<br />
in rarissimi casi, per motivi generalmente correlati<br />
ad una ridotta crescita dei villi in coltura e ad<br />
assenza di cellule in divisione nel preparato diretto.<br />
5 E’ possibile che il risultato richieda, per una sua più<br />
corretta interpretazione, l’estensione dell’esame citogenetico<br />
ai genitori o l’applicazione di indagini molecolari.<br />
6 La qualità dei preparati cromosomici non garantisce<br />
la possibilità di individuare anomalie strutturali di ridottissima<br />
dimensione.<br />
7 Esiste la possibilità di errore diagnostico, limitata a rarissimi<br />
casi, dovuto a discordanza fra l’esito della diagnosi<br />
citogenetica pre-natale e il cariotipo riscontrato<br />
alla nascita.Tale discordanza può essere imputata<br />
a cause diverse: contaminazione del campione con<br />
cellule di origine materna, mosaici a bassa percentuale<br />
o presenza di anomalie cromosomiche di struttura<br />
non rilevabili con le tecniche applicate.<br />
8 La refertazione è prevista entro e non oltre 21 giorni<br />
dalla data dell’arrivo del campione in laboratorio.<br />
La sottoscritta .....................................................................................................................................................................<br />
informata di quanto sopra, esprime il consenso alla diagnosi<br />
citogenetica pre-natale.<br />
Data ............................................................................ Firma .............................................................................................................<br />
Firma di chi ha raccolto e illustrato il consenso<br />
....................................................................................................................................................................................................................................
B.2 Diagnosi citogenetica pre-natale su cellule del liquido<br />
amniotico<br />
L’indagine citogenetica pre-natale ha lo scopo di accertare<br />
la presenza di anomalie cromosomiche numeriche<br />
e/o strutturali (indicare uno o più esempi). Esistono difetti<br />
congeniti che, non essendo associati ad anomalie cromosomiche,<br />
non possono essere diagnosticati mediante<br />
l’analisi citogenetica pre-natale (indicare uno o più<br />
esempi). In rari casi non possono essere stabilite con certezza<br />
le conseguenze cliniche associate ad una anomalia<br />
cromosomica, i chiarimenti del caso saranno forniti in<br />
sede di consulenza.<br />
Trattamento del campione:<br />
la componente cellulare del liquido amniotico viene raccolta<br />
e suddivisa in più colture indipendenti.<br />
La quantità minima di campione necessaria per l’allestimento<br />
delle colture è di 10 ml, quella ottimale è di 16-<br />
18 ml.<br />
Il successo delle colture cellulari è in relazione al numero<br />
di cellule vitali presenti nel campione.<br />
Diagnosi:<br />
1 I criteri utilizzati per l’indagine citogenetica sono quelli<br />
raccomandati dalle Linee Guida della Società Italiana<br />
di Genetica Umana e del Gruppo Europeo di Studio<br />
sulla Diagnosi Pre-natale.<br />
2 In caso di riscontro di due o più linee cellulari con<br />
diverso cariotipo (mosaico) può rendersi necessaria<br />
un’ulteriore indagine citogenetica su altro campione.<br />
In questa circostanza la paziente viene informata, in<br />
sede di consulenza genetica, riguardo alle possibilità<br />
di approfondimento diagnostico.<br />
3 L’impossibilità di pervenire ad una diagnosi può verificarsi<br />
in rarissimi casi, per motivi generalmente correlati<br />
ad una ridotta crescita delle cellule in coltura<br />
oppure alla massiva presenza di sangue o meconio.<br />
4 E’ possibile che il risultato richieda, per una sua più corretta<br />
interpretazione, l’estensione dell’esame citogenetico<br />
ai genitori o l’applicazione di indagini molecolari.<br />
5 La qualità dei preparati cromosomici non garantisce<br />
la possibilità di individuare anomalie strutturali di ridottissima<br />
dimensione.<br />
6 Esiste la possibilità di errore diagnostico, limitata a rarissimi<br />
casi, dovuto a discordanza fra l’esito della diagnosi<br />
citogenetica pre-natale ed il cariotipo riscontrato<br />
alla nascita.Tale discordanza può essere imputata<br />
a cause diverse: contaminazione del campione<br />
con cellule di origine materna, mosaici a bassa percentuale<br />
o presenza di anomalie cromosomiche di<br />
struttura non rilevabili con le tecniche applicate.<br />
7 La refertazione è prevista entro e non oltre 21 giorni<br />
dalla data dell’arrivo del campione in laboratorio.<br />
12<br />
La sottoscritta .....................................................................................................................................................................<br />
informata di quanto sopra, esprime il consenso alla diagnosi<br />
citogenetica pre-natale.<br />
Data .............................................................................. Firma ..............................................................................................................<br />
Firma di chi ha raccolto e illustrato il consenso<br />
....................................................................................................................................................................................................................................<br />
B.3 Diagnosi citogenetica pre-natale su sangue fetale<br />
L’indagine citogenetica pre-natale su sangue fetale viene<br />
eseguita solo se esistono condizioni ad alto rischio di anomalia<br />
cromosomica (es. malformazioni fetali evidenziate<br />
ecograficamente, verifica di un sospetto mosaicismo cromosomico<br />
riscontrato in corso di diagnosi pre-natale su<br />
villi coriali o su liquido amniotico). Esistono difetti congeniti<br />
che, non essendo associati ad anomalie cromosomiche,<br />
non possono essere diagnosticati mediante l’analisi<br />
citogenetica pre-natale.<br />
In rari casi non possono essere stabilite con certezza le<br />
conseguenze cliniche associate ad una anomalia cromosomica;<br />
i chiarimenti del caso saranno forniti in sede di<br />
consulenza.<br />
Trattamento del campione:<br />
il quantitativo di sangue prelevato dal funicolo non deve<br />
essere inferiore a 1-2 ml. L’adeguatezza del campione viene<br />
stabilita mediante... (indicare le metodiche locali).<br />
Diagnosi:<br />
1 I criteri utilizzati per l’indagine citogenetica sono quelli<br />
raccomandati dalle Linee Guida della Società Italiana<br />
di Genetica Umana e del Gruppo Europeo di Studio<br />
sulla Diagnosi Pre-natale.<br />
2 L’impossibilità di pervenire ad una diagnosi è limitata<br />
a rarissimi casi per motivi legati unicamente all’inadeguatezza<br />
del campione prelevato.<br />
3 La possibilità di errore diagnostico è limitata ai rarissimi<br />
casi di anomalie cromosomiche di struttura di<br />
ridottissime dimensioni non rilevabili con le tecniche<br />
applicate.<br />
4 La refertazione è prevista entro e non oltre 7-10 giorni<br />
dalla data di arrivo del campione in laboratorio. In<br />
casi particolari può essere richiesto un tempo superiore.<br />
La sottoscritta .....................................................................................................................................................................<br />
informata di quanto sopra, esprime il consenso alla diagnosi<br />
citogenetica pre-natale.<br />
Data ............................................................................. Firma .............................................................................................................<br />
Firma di chi ha raccolto e illustrato il consenso<br />
....................................................................................................................................................................................................................................
II - S.I.E.O.G. 2006<br />
A) INDICAZIONI ALL’ESAME<br />
Si rimanda al capitolo “Diagnosi prenatale invasiva” del<br />
testo pubblicato nel 2006, consultabile sul sito<br />
(www.sieog.it), di cui si sottolinea la rilevanza dal punto<br />
di vista medico-legale.<br />
PROCEDURA<br />
Epoca del prelievo<br />
Tecnica<br />
Rischi Materni<br />
Rischi Fetali<br />
Successo del<br />
prelievo<br />
Accuratezza<br />
diagnostica<br />
PRELIEVO<br />
TRANSADDOMINALE<br />
DI VILLI CORIALI<br />
dopo la 10a settimana<br />
Prelievo di villi coriali dalla placenta,<br />
sotto guida ecografica, con<br />
un sottile ago attraversante la<br />
parete addominale materna.<br />
Quelli di ogni piccolo intervento<br />
chirurgico.<br />
Rischio di aborto legato alla<br />
procedura: 1% circa.<br />
Rischio di malformazioni fetali:<br />
dalla 10 a settimana uguale a<br />
quello della popolazione generale.<br />
Nel 98% circa dei casi al primo<br />
tentativo e 99,8% circa al secondo.<br />
Cariotipo<br />
Fallimento dell’analisi nello 0,5-<br />
1%.<br />
Falsi positivi<br />
(falsi malati) nell’1% circa dei casi<br />
(per mosaicismo).<br />
Falsi negativi<br />
(falsi normali) con analisi diretta<br />
1:3000, con analisi diretta +<br />
cultura 1:20000.<br />
DNA<br />
Rischio di falsi negativi (falsi normali)<br />
con analisi del DNA molto<br />
rari.<br />
Essendo stata dettagliatamente informata ed essendomi<br />
stati chiariti tutti i dubbi riguardo alla procedura e ai suoi<br />
rischi associati, e sapendo di potere chiedere all’operatore<br />
di sospendere il prelievo o che l’operatore stesso<br />
può a sua volta decidere di sospendere il prelievo in funzione<br />
di condizioni di rischio che possono evidenziarsi,<br />
ed essendo a conoscenza che l’impegno degli Ostetrici<br />
13<br />
B) CONSENSO<br />
Atto di Consenso ad essere sottoposta a prelievo ostetrico<br />
per Diagnosi Pre-natale Invasiva.<br />
Io sottoscritta .....................................................................................................................................................................<br />
autorizzo i/il Dr. .............................................................................................................................................................<br />
a sottopormi al seguente esame:<br />
AMNIOCENTESI<br />
dopo la 15 a settimana<br />
Prelievo di liquido dal sacco amniotico,<br />
sotto guida ecografica<br />
continua, con un sottile ago attraversante<br />
la parete addominale<br />
materna.<br />
Quelli di ogni piccolo intervento<br />
chirurgico.<br />
Rischio di aborto legato alla<br />
procedura: 1% circa.<br />
Rischio di malformazioni fetali:<br />
dalla 15 a settimana uguale a<br />
quello della popolazione generale.<br />
Nel 98% circa dei casi al primo<br />
tentativo e 99,8% circa al secondo.<br />
Cariotipo<br />
Fallimento dell’analisi citogenetica<br />
nello 0,2% circa.<br />
Falsi positivi<br />
(falsi malati) nello 0,2-0,5%. Nel<br />
caso di mosaicismo può essere<br />
opportuno procedere a cordocentesi.<br />
Falsi negativi<br />
(falsi normali) 1:5000.<br />
CORDOCENTESI<br />
dopo la 18 a settimana<br />
Prelievo di sangue fetale dal cordone<br />
ombelicale, sotto guida<br />
ecografica continua, con un sottile<br />
ago attraversante la parete<br />
addominale materna.<br />
Quelli di ogni piccolo intervento<br />
chirurgico.<br />
Rischio di aborto legato alla<br />
procedura: 2% circa.<br />
Nel 97% circa dei casi al primo<br />
tentativo nell’inserzione placentare<br />
della vena ombelicale.<br />
Cariotipo<br />
Gli errori diagnostici sono rari.<br />
resta esclusivamente limitato al prelievo e non prende<br />
in considerazione eventuali problemi di pertinenza del<br />
Laboratorio di Genetica che esegue la diagnosi, io faccio<br />
richiesta ed acconsento a sottopormi al prelievo.<br />
Firma di assenso Sig.ra ....................................................................................................................................<br />
Firma (facoltativa) Sig.........................................................................................................................................
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Area Aggiornamento Professionale<br />
RUOLO DELL’ECOGRAFIA<br />
ENDOVAGINALE NELLA<br />
SORVEGLIANZA DELLA<br />
PAZIENTE IN HRT<br />
E. Ferrazzi 1, S. Rigano 2<br />
1 U.O. Ostetricia e Ginecologia Ospedale V. Buzzi,<br />
Milano<br />
2 Delegato Regionale SIEOG Lombardia<br />
INTRODUZIONE<br />
Il razionale delle raccomandazioni sull’uso della ecografia<br />
endovaginale in pazienti che iniziano e che si sottopongono<br />
a terapia ormonale sostitutiva (HRT) si basa<br />
sul criterio principale che ha portato l’ecografia a rivestire<br />
un ruolo chiave nello studio dell’endometrio in post-menopausa:<br />
lo spessore bi-endometriale. E’ forse il caso<br />
di percorrere rapidamente un dibattito clinico scientifico<br />
che ha percorso gli ultimi dieci anni e che ha trasformato<br />
la pratica della clinica ginecologica per quanto<br />
concerne la condizione che più frequentemente porta<br />
la donna ad un consulto con lo specialista.<br />
Il ruolo dell’ecografia endovaginale in post-menopausa<br />
in pazienti con AUB: screening del carcinoma<br />
o diagnosi di ipo-atrofia?<br />
Innanzi tutto occorrerebbe sgombrare il campo da un<br />
equivoco terminologico: la parola “screening” è usato in<br />
modo improprio quando applicata alla paziente con perdite<br />
ematiche atipiche (AUB). In questa fattispecie la parola<br />
screening dovrebbe essere sostituita con “case finding”<br />
o in italiano con “esame diagnostico”. L’ecografia in<br />
questi casi si applica infatti a pazienti con un segno, l’AUB,<br />
che impone una diagnosi differenziale e che nel 70-80%<br />
dei casi è determinato da atrofia e probabilmente flogosi<br />
coesistente, in un 10%-20% da anomalie del tutto benigne,<br />
ma che necessitano una terapia per interrompere<br />
le perdite ematiche, e nell’8%-10% è causato da una<br />
forma iniziale di carcinoma dell’endometrio (Choo YC. Obstet.<br />
Gynecol. 1985 - Osmers R. Lancet 1990 - Karlsson B.<br />
Am. J. Obstet. Gynecol. 1995 - Ferrazzi E. Ultrasound in Obstet.<br />
Gynecol. 1996 - Tabor A. Obstet. Gynecol. 2004). Il carcinoma<br />
endometriale tipo 1 quando trattato alla prima<br />
manifestazione clinica è curabile chirurgicamente nella<br />
quasi totalità dei casi qualora non intercorrano più di 6<br />
settimane tra la comparsa del sintomo, il segno e la terapia<br />
(Gerber B. European Journal of Cancer 2001). Il ruolo<br />
dell’ecografia è in questo quadro clinico, l’AUB, proprio<br />
quello di identificare le pazienti che non necessitano<br />
di ulteriori indagini avendo uno spessore bi-endometriabile<br />
compatibile con un quadro di atrofia (Ferrazzi E.<br />
Ultrasound in Obstet. Gynecol. 1996 - Epstein E,Valentin L<br />
et al. Ultrasound Obstet. Gynecol. 2001 - Gull B, Karlsson<br />
B et al. Am. J. Obstet. Gynecol. 2003).<br />
19<br />
L’endometrio spesso: quanto spesso?<br />
Il valore soglia che permette la migliore accuratezza diagnostica<br />
è 4 mm. Perché 4 mm e non 5 mm? La risposta<br />
sta nel lavoro di Tabor (Tabor A. Obstet. Gynecol. 2004)<br />
che osservava, con il dito indice alzato nel tipico gesto<br />
dell’epidemiologo, come ad un cut-off di 5 mm la sensibilità<br />
per la diagnosi di carcinoma fosse solo del 96%,<br />
quindi con 4% di falsi normali, più del doppio di quanto<br />
rilevato nel trial italiano che aveva definito un cut-off di<br />
4 mm con una sensibilità del 98%. Il cut-off di 4 mm è<br />
stato poi adottato dallo stesso Karlsson nel 2003, nello<br />
studio di follow-up decennale del trial nordeuropeo (Gull<br />
B, Karlsson B et al. Am. J. Obstet. Gynecol. 2003).<br />
Al di la degli indici alzati degli epidemiologi, chiunque oggi<br />
appoggi una sonda da 9 MHz su un utero menopausale<br />
non può che rimanere stupito di quanto si possa “vedere”<br />
in un endometrio di 5 mm.<br />
L’endometrio spesso in post-menopausa in paziente<br />
con AUB, quale triage?<br />
Esiste una ampia evidenza scientifica che dimostra come<br />
le procedure a “cielo coperto”, non precedute da visualizzazione<br />
diretta o indiretta non siano in grado di identificare<br />
oltre il 50% delle lesioni focali della cavità uterina (polipi,<br />
miomi, iperplasie focali, carcinomi a sviluppo focale).<br />
In particolare, la dilatazione e curettage (D&C), procedura<br />
invasiva introdotta sin dal 1834, nel 10-25% dei casi<br />
ottiene una quantità di materiale endometriale insufficiente<br />
per l’esame istologico (Kaunitz A. J. Reprod. Med.<br />
1988 - Grimes D. Am. J. Obstet. Gynecol. 1982). In oltre il<br />
60% dei casi la campionatura è inferiore al 50% della superficie<br />
cavitaria e nel 16% è inferiore a un quarto (Stock<br />
R. Obstet. Gynecol. 1975). Due recenti studi (Epstein E et<br />
al. Acta Obstet. Gynecol. Scand. 2001 - Bettocchi S et al.<br />
Fertil Steril 2001), che hanno confrontato i risultati della<br />
dilatazione e curettage con l’osservazione in toto della<br />
cavità endometriale dopo isterectomia, hanno dimostrato<br />
che la D&C eseguita a “cielo coperto” prima della isterectomia,<br />
non aveva riconosciuto: il 58% delle iperplasie<br />
complesse atipiche e l’11% dei cancri dell’endometrio.<br />
Alla luce delle tecnologie oggi disponibili occorre sottolineare<br />
che applicare oggi la biopsia a cielo coperto nelle<br />
sue varie forme (dilatazione e curettage in anestesia<br />
generale,VABRA curettage, Pipelle, ecc.) è superato se<br />
non associato alla visualizzazione diretta ed indiretta della<br />
cavità endometriale.<br />
In caso di endometrio con caratteri ecografici non univocamente<br />
interpretabili (spessore endometriale superiore<br />
a 4 mm, anche focalmente) si rende necessaria l’esecuzione<br />
di una sonoisterografia oppure una isteroscopia<br />
diagnostica. Entrambe le procedure sono da eseguire<br />
in un contesto ambulatoriale. Le linee guida di molte<br />
società scientifiche considerano la sonoisterografia paragonabile<br />
alla isteroscopia diagnostica per quanto concerne<br />
la possibilità di identificare lesioni focali o diffuse. (American<br />
College of Obstetrics and Gynecology - Technological<br />
Bulletin - Saline Infusion sonohysterography Obstet. Gyne-
col. 2003 - Kroon CD, de Bock GH, Dieben SW, Jansen FW.<br />
BJOG 2003). L'esecuzione dell’una o dell’altra tecnica dipende<br />
dalle capacità degli operatori, dalla disponibilità di<br />
spesa non remunerata (nell’ambito pubblico la tariffa della<br />
isteroscopia diagnostica non remunera i costi di personale<br />
e materiale impiegato), ma soprattutto dalla necessità<br />
di non ritardare la diagnosi.Vi sono Centri in cui<br />
al rilievo di uno spessore endometriale a rischio, non sono<br />
in grado di eseguire contestualmente una sonoisterografia<br />
e inviano la paziente ad un ulteriore appuntamento<br />
magari giorni o settimane dopo.A volte intercorrono<br />
ancora giorni o settimane all’esecuzione della biopsia.<br />
In questi casi è bene che pur affrontando una spesa<br />
maggiore, la paziente venga inviata direttamente ad una<br />
isteroscopia diagnostica sempre avendo come obiettivo<br />
la celerità nei tempi di esecuzione dell’esame. In mani non<br />
esperte ed in presenza di polipi o miomi sottomucosi<br />
non aggredibili in office hysteroscopy, questo comporterà<br />
un ulteriore invio ad una isteroscopia operativa, ma la<br />
diagnosi istologica delle forme a rischio di carcinoma endometriale<br />
sarà stata ottenuta in un tempo più breve.<br />
L’apprendimento della sonoisterografia deve quindi divenire<br />
parte integrante del saper fare del ginecologo e del<br />
ginecologo in formazione proprio per essere in grado di<br />
completare in una sola seduta un percorso diagnostico<br />
che va dalla anamnesi alla definizione del percorso diagnostico<br />
terapeutico dell’AUB.<br />
L’endometrio spesso in post-menopausa in<br />
donna asintomatica<br />
Sino ad ora per quanto risulta dalla letteratura scientifica<br />
dove si è tentato di applicare l’ecografia ad uno screening<br />
in post-menopausa, cioè a pazienti asintomatiche, si<br />
sono commessi due errori. Il primo è quello di prescindere<br />
completamente dalla storia naturale del carcinoma<br />
endometriale, il secondo generato da questo, di ricorrere<br />
ad astratti calcoli statistici per identificare in diversi livelli<br />
di spessore endometriale, la soglia oltre al quale proporre<br />
anche in donne asintomatiche accertamenti invasivi<br />
(Smith-Bindman R. Ultrasound Obstet. Gynecol. 2004).<br />
Secondo questi concetti preclinici di epidemiologia degli<br />
spessori endometriali, si avrebbe un uguale rischio di<br />
carcinona endometriale rispetto a pazienti con AUB e<br />
endometrio superiore a 5 mm, in pazienti asintomatiche<br />
quando lo spessore > 11 mm. Ora è chiaro a chiunque<br />
conosca l’istologia dell’endometrio post-menopausale che<br />
un simile spessore è di regola costituito da quadri con<br />
una forte prevalenza di condizioni anomale, per quanto<br />
in larghissima prevalenza benigne. Fortunatamente per il<br />
clinico l’iperplasia semplice o complessa, raramente vanno<br />
incontro a sanguinamento spontaneo mentre il carcinoma<br />
endometriale probabilmente per l’ulteriore alterazione<br />
della architettura istologica presenta un sanguinamento<br />
da rottura nelle prime fasi di trasformazione.<br />
Proporre uno screening ecografico della patologia endometriale<br />
maligna e premaligna è quindi sicuramente destinato<br />
a rilevarsi inefficace e inefficiente.<br />
Il fatto che il clinico tuttavia debba dare una risposta allo<br />
screening spontaneo della eco-visita ginecologica, co-<br />
20<br />
me avviene in molti Paesi europei e in molte aree del<br />
Nord-America, appartiene ad un diverso rango di problemi<br />
che esula dalla possibilità di una risposta basata su<br />
criteri di evidenza. Le opinioni degli esperti divergono. Il<br />
nodo da sciogliere è cosa fare in una donna in post-menopausa<br />
che al controllo di screening oncologico costituito<br />
da pap test, mammografia ed eco ovarica (quest’ultima<br />
probabilmente non cost-effective) presenti un endometrio<br />
di spessore aumentato.<br />
ECOGRAFIA ENDOVAGINALE ED HRT<br />
Fare o non fare l'ecografia prima del trattamento<br />
La maggiore sensibilità diagnostica dell’esame ecografico<br />
rispetto all’esame obiettivo in presenza di neoformazioni<br />
ovariche e miometriali si applica a maggior ragione allo<br />
studio dell’endometrio. Eseguire una ecografia endovaginale<br />
prima della prescrizione di una HRT è quindi raccomandabile<br />
sulla base della opinione di esperti anche<br />
se mancano, ma sono difficilmente eseguibili, studi che<br />
confrontano coorti o serie randomizzate con o senza<br />
ecografia endovaginale. In una donna che richiede questa<br />
terapia la presenza di uno spessore endometriale anomalo<br />
deve indurre a considerazioni di prudenza diverse<br />
da quelle che si applicano alla popolazione generale. In<br />
questo caso la prescrizione di una terapia sostitutiva ormonale<br />
potrebbe infatti incidere su condizioni endometriali<br />
anormali preesistenti (Langer RD. N. Engl. J. Med. 1997<br />
- Ferrazzi E. Best Practice & Research Clinical Obstetrics and<br />
Gynaecology 2004).<br />
Esistono valori di riferimento dello spessore endometriale<br />
in HRT<br />
Con la stessa metodologia di preporre la biologia alla epidemiologia<br />
occorre sottolineare come la misura dell’endometrio<br />
in pazienti in HRT deve tenere conto del regime<br />
terapeutico, nella misura in cui questo influisce sulle<br />
caratteristiche dell’endometrio in modo ciclico o continuo.<br />
Nelle terapie sequenziali cicliche o continuative l’endometrio<br />
deve essere misurato nella finestra tra il 5° e<br />
il 10° giorno dopo la fine della terapia progestinica. In<br />
questo modo secondo il più ampio studio multicentrico,<br />
su 794 pazienti pubblicato su Fertility & Sterility nel<br />
2004 (Omodei U, Ferrazzi E et al. Fert. Ster. 2004) i valori<br />
di riferimento per le terapie sequenziali cicliche sono<br />
3,3±2,3 mm, 2,4±2,0 mm per le terapie sequenziali continuative<br />
e 4,2±2,4 mm per le terapie combinate. Quando<br />
non si rispettano i criteri temporali di misura dell’endometrio,<br />
lo spessore bi-endometriale si colloca a caso<br />
su valori anche significativamente aumentati, ma ovviamente<br />
per nulla informativi (Affinito P. Ultrasound in Obstetrics<br />
and Gynecology 1997 - Granberg S. Maturitas 1997<br />
- Holbert TR. American Journal of Obstetrics and Gynecology<br />
1997).<br />
Perché misurare l’endometrio in pazienti in HRT<br />
Il problema del rischio di carcinoma endometriale nelle<br />
donne in HRT rimane aperto (Beral V, Bull D, Reeves G;
Million Women Study Collaborators Endometrial cancer and<br />
hormone-replacement therapy in the Million Women Study.<br />
Lancet 2005). Confrontate con donne che non fanno uso<br />
di HRT il rischio è ridotto in pazienti che fanno uso di<br />
terapie combinate (relative risk 0,71 [95% CI 0,56-0,90];<br />
p = 0,005); aumentato con l’uso di tibolone (1,79 [1,43-<br />
2,25]; p < 0,0001) e aumentato con l’uso di estrogeni<br />
non bilanciati dall’impiego ciclico di progesterone (1,45<br />
[1,02-2,06]; p = 0,04); il rischio non è modificato significativamente<br />
con l’uso di terapie cicliche (1,05 [0,91-1,22];<br />
p = 0,5). L’obesità aumenta questi rischi.<br />
Questi dati erano già presenti nella revisione sistematica<br />
della letteratura proposta dalla Chocrane nel 2004 su<br />
trenta trial (Cochrane Database Syst. Rev. 2004). L’elemento<br />
di interesse aggiuntivo è l’aumento di iperplasie che<br />
si osserva negli schemi di terapia sequenziale lunghi (progesterone<br />
ogni tre mesi).<br />
La sorveglianza clinica deve quindi tenere conto di questa<br />
evidenza di rischio relativo aumentato, solo dal tibolone,<br />
dagli estrogeni non bilanciati, e dalle terapie sequenziali<br />
lunghe.<br />
La pratica clinica attuale si basa per molti su un concetto<br />
che non regge alla prova dell’evidenza e cioè che il<br />
sanguinamento non ciclico o la perdita non attesa siano<br />
indicatori di rischio di anomalia istologica. Studi multicentrici<br />
autorevolmente pubblicati da Sturdee, Pikar e Langer<br />
dimostrano che questo non è vero (Sturdee DW et<br />
al. Is the timing of withdrawal bleeding a guide to endometrial<br />
safety during sequential oestrogen-progestaogen replacement<br />
therapy? Lancet 1994 - Pickar JH & Archer DF. Is<br />
bleeding a predictor of endometrial hyperplasia in post-menopausal<br />
women receiving hormone replacement therapy?<br />
American Journal of Obstetrics and Gynecology 1997; Langer<br />
RD et al. Transvaginal ultrasonography compared with<br />
endometrial biopsy for the detection of endometrial disease.<br />
New England Journal of Medicine 1997). Uno studio<br />
prospettico di Omodei, Ferrazzi e coll. (Omodei, Ultrasound<br />
in Obstetrics and Gynecology 2000), dimostra su 121<br />
casi consecutivi in HRT sottoposti a biopsia iseroscopica<br />
che la prevalenza di patologie endometriali era identica<br />
in pazienti con perdite ematiche e in pazienti senza<br />
perdite ematiche ed era significativamente maggiore solo<br />
in quelle con spessore superiore a 4,5 mm. In uno studio<br />
successivo Omodei e Ferrazzi (Omodei, Fertil Steril,<br />
2004) hanno dimostrato come su 702 pazienti in HRT<br />
sottoposte ad ecografie endovaginali in 121 casi lo spessore<br />
fosse superiore a 4 mm. Metà di queste pazienti presentava<br />
anomalie dell’endometrio (polipi, miomi sottomucosi,<br />
iperplasie semplici e complesse) all’esame isteroscopico.<br />
La critica che oggi possiamo fare a questi studi è da una<br />
parte relativa alla impossibilità di avere informazioni sullo<br />
spessore endometriale in meta-analisi di studi disegnati<br />
per altri scopi o in lavori epidemiologici su popolazioni<br />
sottoposte a malapena a controlli clinici salvo gli indicatori<br />
di outcome durante lo studio (ricordiamo in proposito<br />
che il 49% delle donne arruolate nel One million<br />
women study era sotto la soglia di povertà), dall’altra il<br />
fatto che gli studi più analitici citati non impiegavano la<br />
21<br />
sonoisterografia nel triage diagnostico degli spessori aumentati.<br />
A chi proporre l’ecografia endovaginale tra le<br />
donne in HRT<br />
Oggetto di sorveglianza è certamente la paziente in<br />
estrogeni non bilanciati, in terapie sequenziali lunghe e<br />
in tibolone. Le pazienti in altri regimi terapeutici che si<br />
sottopongono a screening oncologici (pap test biennale<br />
- mammografia biennale, ecc.) potrebbero comunque<br />
giovarsi anche di un controllo della rima endometriale<br />
purchè eseguito nella fase corretta e purchè seguito da<br />
una sonoisterografia qualora lo spessore risultasse superiore<br />
a 4 mm. Probabilmente non per indicazione basata<br />
sull’evidenza ma per mantenere la compliance della<br />
paziente andrebbe proposta la misura dello spessore biendometriale<br />
alle pazienti in HRT con perdite ematiche<br />
non attese.<br />
RACCOMANDAZIONI PRATICHE<br />
1. Lo spessore endometriale > 4 mm è un criterio sicuro<br />
in pazienti in post-menopausa con AUB non<br />
obese e di età inferiore ai 75 anni per identificare<br />
una condizione di ipo-atrofia endometriale.<br />
2. Uno spessore di 5 mm aumenta la specificità ma riduce<br />
la sensibilità a valori non sicuri con un tasso di<br />
falsi normali del 4%, superiore all’errore diagnostico<br />
della isteroscopia nell’identificare lesioni endometriali<br />
focali.<br />
3. La sonoisterografia deve essere preferenzialmente<br />
eseguita nella stessa seduta in presenza di spessori<br />
endometriali superiori a 4 mm.<br />
4. Le biopsie endometriali a cielo coperto, non precedute<br />
da un imaging endometriale diretto o indiretto<br />
sono poco sensibili e ritardano la diagnosi e la terapia<br />
nei casi patologici.<br />
5. La misura dell’endometrio in donne in HRT deve tenere<br />
conto della fase della terapia in atto.<br />
6. Il rischio relativo di carcinoma e iperplasia endometriale<br />
in donne in HRT varia a seconda del regime<br />
terapeutico ed è significativamente aumentato solo<br />
in donne in terapia con estrogeni non bilanciati, in<br />
terapia con cicli sequenziali lunghi (progesterone ogni<br />
tre mesi) e in tibolone. A queste pazienti andrebbe<br />
raccomandata una sorveglianza ecografica dell’endometrio.<br />
7. La biopsia endometriale limitata a donne con perdite<br />
ematiche atipiche in HRT non è un criterio sensibile<br />
per l’identificazione di condizioni patologiche.<br />
8. La perdite ematica atipica riduce la compliance alle<br />
terapie. Il controllo dello spessore endometriale dovrebbe<br />
essere proposta alla paziente per rassicurazione<br />
e permetterle di continuare la terapia senza<br />
ansie.
CONSIGLI E REGOLE UTILI PER<br />
PREPARARE E PRESENTARE<br />
UNA RELAZIONE<br />
MEDICO-SCIENTIFICA<br />
G. Conoscenti 1, G. Calì 2, F. Labate 3, P. Scollo 1<br />
1 U.O. di Ostetricia e Ginecologia - Azienda Ospedaliera<br />
Cannizzaro, Catania<br />
2 1 a Ostetricia e Ginecologia - ARNAS Ospedale Civico,<br />
Palermo<br />
3 U.O. di Ostetricia e Ginecologia - Azienda Ospedaliera<br />
“Vincenzo Cervello”, Palermo<br />
Uno dei canali attraverso cui avviene la divulgazione delle<br />
conoscenze medico-scientifiche è l’organizzazione di Corsi<br />
e Congressi. I medici sono chiamati frequentemente a preparare<br />
relazioni e a confrontarsi con una platea motivata,<br />
che investe tempo e risorse economiche nell’aggiornamento,<br />
manifestando per tali eventi delle aspettative che non<br />
sempre vengono soddisfatte.<br />
Da una parte c’è il relatore, che ha dedicato tempo, entusiasmo<br />
e fatica nella raccolta dei dati e nella stesura della presentazione,<br />
e dall’altra c’è la platea, affamata di nozioni, in cerca<br />
di chiarimenti e sottoposta durante il meeting a un continuo<br />
e stancante “bombardamento culturale”.<br />
Alcuni relatori hanno una capacità innata di catalizzare l’attenzione<br />
del pubblico e di trasferire in maniera chiara e sintetica<br />
il messaggio contenuto nella loro presentazione mentre<br />
in altri casi la platea perde interesse e si annoia quasi<br />
subito. Le diapositive rappresentano un supporto visivo di<br />
grande aiuto e uno straordinario strumento pedagogico in<br />
quanto, oltre a essere utili nell’organizzazione di un discorso<br />
e a fissare i punti salienti della presentazione orale, attirano<br />
l’attenzione della platea che, altrimenti, potrebbe annoiarsi<br />
e distrarsi facilmente, soprattutto se la relazione viene<br />
presentata al termine di una lunga sessione.<br />
Come si costruisce una buona relazione? Di cosa deve parlare<br />
la prima diapositiva? E l’ultima? Come si utilizza una ipotetica<br />
domanda strategica? O una immagine? Come si enfatizzano<br />
i risultati da un punto di vista grafico?<br />
Dietro la presentazione di una relazione ci sono una fine psicologia<br />
e delle regole precise sulla percezione e sulla comunicazione<br />
che affondano le loro radici nell’arte della retorica<br />
degli antichi romani e hanno avuto uno sviluppo consapevole<br />
nella moderna disciplina della scienza della comunicazione.<br />
Perché il messaggio sia ben recepito la presentazione deve<br />
essere raccontata come una storia in cui c’è un flusso logico<br />
con inizio chiaro, sviluppo e fine. Secondo la classica costruzione<br />
ciceroniana, il discorso va organizzato in 4 momenti:<br />
- esordio: in cui si annuncia l’oggetto della relazione;<br />
- narrazione: dove vengono esposti razionale e metodi<br />
della ricerca;<br />
- argomentazione: in questa sezione il relatore mostra<br />
i risultati ed espone le proprie idee;<br />
- conclusione: in cui viene enunciato il messaggio finale.<br />
Più recentemente, gli studi degli anni novanta di Richard Mayer<br />
23<br />
hanno analizzato le modalità di apprendimento e l’uso integrato<br />
di parole e immagini secondo tre concetti chiave:<br />
1. doppio canale: la mente ha due canali di apprendimento,<br />
quello visivo e quello verbale;<br />
2. capacità limitata: in ogni canale riusciamo a far passare<br />
poche informazioni alla volta;<br />
3. elaborazione attiva: chi ascolta ritiene non tutto quello<br />
che gli viene proposto, ma solo quello che gli serve.<br />
Su questa base una relazione dovrebbe essere elaborata seguendo<br />
4 principi:<br />
1. principio di segnalazione: scrivere un titolo chiaro<br />
che sintetizzi il contenuto;<br />
2. principio di segmentazione: se si assimila meglio un<br />
concetto alla volta, ogni diapositiva deve essere dedicata<br />
a un solo tema;<br />
3. principio di modulazione: una diapositiva troppo<br />
piena di testo “chiude” il canale visivo;<br />
4. principio di multimedialità: usare la grafica per tradurre<br />
i concetti in immagini e le immagini per fornire<br />
suggestioni.<br />
Sulla base di queste premesse si intuisce come il successo<br />
di una relazione che possa mantenere l’attenzione della platea<br />
per tutta, o quasi, la durata dell’esposizione orale implica<br />
una preparazione per tempo delle singole diapositive, che<br />
vanno fatte con accuratezza, in modo uniforme ma vario,<br />
con aggiunta di grafici, tabelle e immagini esplicative, e il cui<br />
numero non sia eccessivo ma neanche troppo ridotto.<br />
Sono di seguito schematizzate alcune considerazioni, consigli<br />
e regole che possono essere utili nel preparare e presentare<br />
una relazione.<br />
VALUTAZIONE PRELIMINARE<br />
Prima di iniziare a preparare una relazione occorre considerare<br />
il contesto, il tipo di platea e il tempo a disposizione.<br />
Infatti una presentazione destinata a un corso di insegnamento,<br />
una lezione magistrale o la presentazione dei risultati<br />
di una ricerca rappresentano scenari completamente<br />
differenti. Conoscere il background culturale degli astanti<br />
e cosa sperano di apprendere è di estrema importanza<br />
per la scelta dei contenuti e delle conclusioni. Infine, rispettare<br />
il tempo concesso per la presentazione rappresenta un<br />
segno di educazione e di stile molto apprezzato dagli organizzatori,<br />
dagli altri relatori e dalla platea.<br />
Una relazione di successo è quella in cui gli spettatori hanno<br />
la sensazione che la stessa sia stata preparata proprio<br />
per loro e in cui viene detto ciò che essi vogliono sentire.<br />
STILE E SFONDO DELLE DIAPOSITIVE<br />
E’ consigliabile scegliere uno stile uguale per tutte le diapositive<br />
per dare la sensazione che la relazione sia originale e<br />
non un collage di altre precedenti.<br />
Conviene usare uno sfondo semplice, privo di ornamenti<br />
che tolgono spazio utile, limitano la lettura del testo e pos-
sono distrarre. I colori da preferire sono quelli scuri, piatti<br />
o con una gradazione semplice. E’ dimostrato che il blu rappresenta<br />
la scelta migliore mentre conviene evitare il bianco<br />
e il rosso, che rendono il testo difficile da leggere, e il<br />
verde, in quanto stancante.<br />
Occorre inoltre ricordare che l’8% dei maschi è affetto da<br />
daltonismo per cui è bene evitare i seguenti accostamenti:<br />
verde-blu, rosso-verde, rosso-marrone e bianco-verde<br />
chiaro.<br />
L’eccezione a quanto detto è rappresentata da alcune diapositive<br />
con poco testo utilizzate per enfatizzare alcuni contenuti<br />
(ad esempio titolo e inizio delle varie sezioni della relazione)<br />
per cui possono essere applicati stili e sfondi diversi<br />
e meno sobri.<br />
LE DIAPOSITIVE INIZIALI<br />
Le prime diapositive sono estremamente importanti per catalizzare<br />
l’attenzione degli astanti, una specie di promessa che<br />
il resto della relazione sarà interessante e varrà la pena di<br />
seguirla.<br />
La prima diapositiva è quella che cattura maggiormente l’attenzione<br />
della platea. Essa deve mostrare un bel titolo eloquente,<br />
che dia una piccola anticipazione dei contenuti della<br />
presentazione, nome e cognome del relatore e la sua affiliazione<br />
ed eventualmente un elemento grafico semplice<br />
ma d’effetto. Possono anche essere indicati data e luogo della<br />
relazione e titolo del meeting, evitando però di affollare<br />
troppo la diapositiva.<br />
La seconda diapositiva dovrebbe riportare l’indice degli argomenti<br />
trattati. Una bella domanda nella terza diapositiva,<br />
cui verrà data una risposta con la presentazione, può servire<br />
a stimolare la curiosità della platea.<br />
TESTO<br />
Purtroppo, molti relatori utilizzano male la funzione del testo<br />
nelle diapositive poiché scrivono esattamente ciò che<br />
devono esprimere oralmente. Ciò è sbagliato e inutile. Le<br />
diapositive, infatti, rappresentano la traccia del discorso e un<br />
aiuto a meglio comprendere e ricordare per chi ascolta, piuttosto<br />
che ricordare al relatore cosa dire.<br />
Il testo della diapositiva deve sintetizzare ciò che verrà esposto<br />
in dettaglio, oppure deve lanciare un breve messaggio,<br />
da espandere successivamente. Vanno usate frasi brevi ed<br />
incisive in grado di attirare l’attenzione della platea alludendo<br />
a ciò che seguirà, ma senza essere tanto prolisse da annoiare<br />
l’auditorio. Interpretazioni, particolari, dettagli e considerazioni<br />
in più sono affidati alle capacità oratorie di chi<br />
espone. Scrivendo troppo si corre un altro rischio: gli ascoltatori<br />
si mettono a leggere riga per riga e non ascoltano più<br />
il relatore. Dal lato opposto c’è il pericolo dell’estrema sintesi<br />
che sfocia nella povertà di impatto.<br />
Ogni concetto andrebbe sviluppato in una sola diapositiva<br />
costituita da un titolo e da non più di 6-8 righe, servendo-<br />
24<br />
si il più possibile di liste puntate o numerate. Quando ciò<br />
non è possibile, conviene suddividere il testo in non più di<br />
2-3 diapositive successive, in quanto è meglio proiettare molte<br />
diapositive rarefatte che poche ma illeggibili.<br />
Per ottimizzare l’uso del testo conviene andare all’essenziale,<br />
condensando i concetti in poche frasi telegrafiche di 6-<br />
10 parole, eliminando avverbi e aggettivi e privilegiando cifre<br />
e fatti e utilizzando simboli quali “maggiore” o “minore”<br />
o una bella freccia per esprimere il rapporto causa-effetto.<br />
I diagrammi di flusso rappresentano elementi grafici molto<br />
interessanti e utili per far passare e semplificare in una diapositiva<br />
dei concetti complessi.<br />
Il messaggio deve essere ben evidente e leggibile e restare<br />
in vista finché il relatore non ha esaurito l’argomento.<br />
Da un punto di vista grafico, è bene utilizzare per il testo<br />
un colore chiaro con un buon contrasto rispetto allo sfondo<br />
(la combinazione cromatica più efficace è fondo blu con<br />
scritte gialle o bianche) e caratteri di dimensioni grandi, in<br />
modo che sia possibile leggere ogni parola anche dall’ultima<br />
fila di una sala affollata. E’ preferibile usare sempre lo stesso<br />
tipo di carattere per tutta la relazione, evitando di scrivere<br />
tutto maiuscole e l’uso delle abbreviazioni, che distraggono,<br />
e il corsivo, che si legge male. Le referenze bibliografiche<br />
vanno riportate in basso e di dimensioni più piccole.<br />
L’uso di colori, evidenziazioni e sottolineature va limitato, in<br />
quanto rendono il testo difficile da leggere a distanza.<br />
Al fine di non stancare l’auditorio è consigliabile evitare la<br />
successione di più di tre diapositive di solo testo, facendo<br />
ricorso a immagini, elementi grafici o filmati.<br />
IMMAGINI<br />
L’uso delle immagini rappresenta il punto di forza della presentazione.<br />
Esse spesso valgono più delle parole per inviare<br />
un messaggio o far passare un’idea. L’immagine, corredata<br />
delle giuste parole (una breve frase di 5-6 parole o un<br />
simbolo), può esprimere un concetto interessante in grado<br />
di allentare la tensione e introdurre in maniera efficace l’argomento<br />
successivo.<br />
Le immagini vanno utilizzate in maniera efficace e mai eccessiva<br />
e vanno ottimizzate al fine di ottenere il migliore<br />
aspetto evitando eccessive dimensioni del file. Non vanno<br />
mostrati i dati identificativi della paziente, per ovvi motivi di<br />
privacy, e le informazioni tecniche relative all’ecografo, che<br />
tolgono spazio utile. Estrarre dall’immagine il particolare di<br />
interesse consente di focalizzare l’attenzione e risparmiare<br />
spazio nella diapositiva.Vanno ottimizzati contrasto, dimensioni<br />
e risoluzione, ad esempio convertendo un formato<br />
BMP a JPG o convertendo nella scala dei grigi una foto in<br />
bianco e nero, per ridurre le dimensioni del file. Se si usano<br />
più immagini nella stessa diapositiva conviene orientarle<br />
in maniera simile e usare le stesse dimensioni del riquadro<br />
per ottenere un aspetto grafico più omogeneo, che sia<br />
in grado di attirare l’attenzione e ridurre i motivi di distrazione.<br />
Infine, se non si utilizzano immagini proprie è corretto<br />
citare la fonte di provenienza, sia che si tratti di un individuo<br />
(ad esempio un collega, un fotografo, un artista), di<br />
una voce bibliografica o di un sito internet.
GRAFICI E TABELLE<br />
Al contrario delle immagini, questi elementi non suscitano<br />
un’idea, bensì esprimono dati raggruppati in un determinato<br />
modo. I grafici sono molto utili per la rappresentazione<br />
dei dati numerici, in quanto sono elementi molto chiari e<br />
facilmente assimilabili. Occorre invece fare attenzione all’uso<br />
delle tabelle che, se troppo affollate, disperdono l’attenzione<br />
della platea.<br />
La rappresentazione grafica deve essere semplice, corredata<br />
di titoli esplicativi e legende chiare e senza troppe abbreviazioni<br />
incomprensibili. E’ meglio fare ricorso ad un testo<br />
di dimensioni adeguatamente grandi, enfatizzando il risultato<br />
più importante con un colore (ad esempio in rosso).<br />
E’ corretto che il relatore dia alla platea qualche secondo<br />
per guardare ed assimilare i dati scritti prima di esporli.<br />
FILMATI E ANIMAZIONI<br />
Riguardo all’uso dei filmati, è consigliabile fare ricorso al ciclo<br />
continuo e, cosa estremamente importante, se non si<br />
utilizza il proprio computer bisogna ricordarsi di importare<br />
non solo la presentazione ma anche il filmato nel CD o<br />
nella penna ottica e quindi nel computer da cui verrà proiettata<br />
la relazione.<br />
Ogni elemento della diapositiva (testo, diagrammi di flusso,<br />
grafici, tabelle, immagini e filmati) può essere reso più interessante<br />
mediante una animazione personalizzata. Meglio<br />
però non esagerare perché si potrebbe ottenere un effetto<br />
ridicolo che danneggerebbe una buona presentazione.<br />
Inoltre, è meglio fare ricorso ad animazioni semplici e consistenti,<br />
evitando quelle parola per parola e gli oggetti volanti.<br />
CORREZIONE ED ESPOSIZIONE<br />
Terminata la preparazione della relazione è buona regola lasciarla<br />
“riposare” per un paio di giorni e poi rivederla in maniera<br />
critica a caccia di eventuali errori e incongruenze. E’<br />
molto utile chiedersi se il proprio lavoro piacerà alla platea<br />
e se l’interesse sarà mantenuto vivo fino alla fine.<br />
Il passo successivo è quello di ripetere più volte la presentazione<br />
e cronometrarla per sincronizzare l’esposizione orale<br />
con le diapositive e per automatizzare i vari passaggi. Una<br />
pratica molto valida è quella di ripetere la propria relazione<br />
a un pubblico “familiare”, come ad esempio i propri colleghi,<br />
le cui osservazioni possono essere non solo utili, ma<br />
anche più benevole.<br />
Se durante le prove si supera il tempo a disposizione è meglio<br />
sacrificare qualche diapositiva per evitare di stancare la<br />
platea o essere tagliati dal moderatore.<br />
Per ridurre al minimo i problemi che possono presentarsi<br />
durante la preparazione o la presentazione della relazione,<br />
ci sono degli accorgimenti che non dovrebbero essere dimenticati.<br />
Anzitutto è fondamentale fare continui back-up<br />
per far fronte a possibili incidenti in grado di fare perdere<br />
25<br />
quanto prodotto in tante ore di lavoro. Al momento della<br />
presentazione, se si utilizza il proprio computer, è bene usare<br />
il cavo di alimentazione e non le batterie.Viceversa, se si<br />
trasferisce la propria relazione su un computer mediante un<br />
CD o pen-drive, prima della proiezione occorre controllare<br />
se formato e animazioni sono stati modificati.<br />
Lo stile del relatore deve essere elegante ed efficace. Il modo<br />
migliore per catturare l’interesse è quello di parlare rivolto<br />
verso la platea con un tono di voce non monotono<br />
ed evitando di rimanere seduto, di mettere le mani in tasca,<br />
di giocherellare con qualcosa che può distrarre l’auditorio<br />
o di gesticolare eccessivamente.<br />
Gli studi cognitivi rivelano che le persone assimilano meglio<br />
una presentazione multimediale se le parole sono presentate<br />
come una narrazione, piuttosto che come testo sulla<br />
diapositiva. In tal senso il podio va usato come un palcoscenico<br />
in cui la rappresentazione deve divertire e il relatore<br />
deve essere in grado di dosare e modulare i canali sensoriali<br />
ancorando l’attenzione con un breve testo o un’immagine,<br />
che impegnano il canale visivo, per poi voltarsi verso<br />
il pubblico e parlare, servendosi anche di metafore, spostando<br />
il racconto fuori schermo, per impegnare il canale<br />
auditivo.<br />
Alla fine della presentazione è doveroso ed elegante ringraziare<br />
chi ha collaborato alla preparazione della stessa e il<br />
pubblico per l’attenzione.<br />
Un errore commesso frequentemente da un oratore poco<br />
esperto è quello di presentare troppo materiale e di parlare<br />
eccessivamente. E’ questo un modo di dimostrare a se stessi<br />
di conoscere bene l’argomento trattato ma le conseguenze<br />
sono rappresentate dal fatto che spesso si perde il messaggio<br />
principale, l’esposizione è troppo veloce e si sacrifica<br />
il tempo per le domande. Piuttosto, la conoscenza dell’argomento<br />
viene meglio espressa mediante una presentazione<br />
chiara e concisa che sia provocatoria e porti a un dialogo<br />
con la platea alla fine della relazione. Saranno le risposte a<br />
mettere in luce la preparazione dell’oratore. D’altra parte,<br />
l’assenza di domande significa che la presentazione è stata<br />
poco comprensibile o che l’auditorio è annoiato o stanco.<br />
Un altro consiglio utile, soprattutto in caso di una relazione<br />
destinata a un corso di insegnamento, è quello di non distribuire<br />
la stampa della stessa prima dell’esposizione per evitare<br />
che il pubblico si metta a sfogliarla, determinando una caduta<br />
dell’attenzione mentre il relatore parla. Piuttosto, è consigliabile<br />
informare la sala che al termine della presentazione<br />
verrà distribuito materiale, come ad esempio la presentazione<br />
nella versione con le note o il discorso in breve ma<br />
con tutte le argomentazioni e i passaggi logici, ciò anche per<br />
evitare che qualcuno prenda appunti a ritmi forsennati.<br />
Una presentazione di successo è quella le cui conclusioni<br />
vengono ricordate nel tempo. A tale proposito una buona<br />
regola, se possibile, è quella di chiedere una settimana dopo<br />
ad un membro della platea di ricordare 3 punti: se essi<br />
sono punti chiave, il relatore ha fatto un buon lavoro; se non<br />
si tratta di punti chiave non è stata posta la giusta enfasi agli<br />
argomenti trattati e alle conclusioni; infine, se non vengono<br />
ricordati 3 punti della relazione, ciò va letto come un insuccesso.
CONCLUSIONI<br />
Di solito il “mestiere” del relatore viene improvvisato e il<br />
successo di una presentazione è affidato al buon senso e<br />
alle innate capacità comunicative e pedagogiche del singolo<br />
individuo. Di conseguenza, ciascun incontro scientifico ha<br />
un cospicuo numero di relazioni potenzialmente interessanti<br />
ma perfettibili da un punto di vista espositivo. Una buona<br />
presentazione gratifica sia il relatore che la platea e rende<br />
il flusso cognitivo efficace.<br />
Il presente documento è stato redatto con lo scopo di riassumere<br />
in maniera schematica delle regole utili a chi, dovendo<br />
preparare una lezione o presentare i risultati di una<br />
propria ricerca, desidera trasmettere i propri messaggi in maniera<br />
efficace e duratura.<br />
DIECI REGOLE UTILI PER UNA<br />
BUONA PRESENTAZIONE<br />
1. In via preliminare considerare contesto della relazione,<br />
tipo di platea e tempo a disposizione;<br />
2. preparare le diapositive per tempo;<br />
3. scegliere un titolo intrigante;<br />
4. sia per la preparazione delle diapositive che per l’esposizione<br />
usare uno stile sobrio ma vario;<br />
5. dire ciò che la platea vuole sentire, mediante uno stile<br />
espositivo di tipo narrativo, in cui vene raccontata<br />
una storia con un flusso logico;<br />
6. stimolare in maniera bilanciata il canale visivo e quello<br />
verbale, facendo un uso sapiente del testo (poche<br />
frasi brevi e incisive, ben contrastate rispetto allo<br />
sfondo), degli elementi grafici, delle immagini e delle<br />
animazioni (semplici ma efficaci);<br />
7. prima della presentazione rivedere criticamente il<br />
proprio lavoro;<br />
8. ripetere e cronometrare l’esposizione, riducendo il<br />
numero di diapositive, se necessario;<br />
9. prevenire eventuali problemi (fare continui back-up<br />
e trasferire i filmati assieme alla relazione);<br />
10. ringraziare adeguatamente prima di lasciare il podio.<br />
TABELLA RIASSUNTIVA<br />
• Sfondo:<br />
- stile unico per tutte le diapositive,<br />
- semplice e privo di ornamenti,<br />
- colore scuro piatto o con gradazione semplice (meglio<br />
il blu),<br />
- fanno eccezione alcune diapositive in cui è utile enfatizzare.<br />
• Prima diapositiva:<br />
- titolo,<br />
- nome, cognome e affiliazione del relatore,<br />
- un elemento grafico semplice ma d’effetto,<br />
- data, luogo e meeting facoltativi.<br />
26<br />
• Testo:<br />
- colore chiaro e con buon contrasto rispetto allo sfondo<br />
(ideale testo bianco su sfondo blu),<br />
- dimensioni grandi,<br />
- carattere semplice e sempre lo stesso in tutta la relazione,<br />
- moderazione nell’uso dei colori e delle evidenziazioni,<br />
- evitare corsivo e tutto maiuscole (tranne casi sporadici),<br />
- titolo + liste puntate e numerate,<br />
- limitarsi a 8-10 righe di 6-10 parole,<br />
- evitare abbreviazioni, avverbi e aggettivi,<br />
- usare simboli appropriati (α, β, →, ecc.),<br />
- ogni concetto va sviluppato in una sola diapositiva,<br />
- referenze in basso e con carattere più piccolo,<br />
- evitare più di tre diapositive di solo testo.<br />
• Immagini:<br />
- tagliare dati paziente e informazioni tecniche,<br />
- estrarre dalle foto il particolare di interesse,<br />
- ottimizzare contrasto, risoluzione e dimensioni (convertire<br />
BMP in JPG),<br />
- se immagine in bianco e nero convertire nella scala dei<br />
grigi per ridurre le dimensioni del file,<br />
- se si usano più immagini, usare orientamento e dimensioni<br />
del riquadro simili,<br />
- se non si mostrano immagini proprie citare la fonte di<br />
provenienza.<br />
• Grafici e tabelle:<br />
- semplici e poco affollati di dati,<br />
- titolo esplicativo e legenda chiara,<br />
- evitare testo di dimensioni ridotte e abbreviazioni poco<br />
comprensibili,<br />
- enfatizzare il risultato più importante con testo colorato<br />
(rosso),<br />
- mostrare i dati per alcuni secondi prima di esporli.<br />
• Animazioni e filmati:<br />
- non abusare,<br />
- semplici e consistenti per non annoiare,<br />
- se non si usa il proprio computer copiare anche il filmato,<br />
- usare il ciclo continuo.<br />
LETTURE CONSIGLIATE<br />
- La presentazione in PowerPoint (I parte). Bollettino di<br />
informazione sui farmaci. 2005; 12: 79-83.<br />
- La presentazione in PowerPoint (II parte). Bollettino di<br />
informazione sui farmaci. 2005; 12: 133-137.<br />
- Jeanty P. Creating multimedia lectures. 2002.<br />
http: www.TheFetus.net<br />
- Atkinson C. http://www.beyondbullet.com<br />
- Bourne P.Ten simple rules for making good oral presentations.<br />
PLoS Computational Biology 2007; 3: e76-e77.<br />
http://www.ploscompbiol.org<br />
- Di Pasqua E.Alla ricerca del powerpoint perfetto. 2007;<br />
39-41.<br />
http://www.mestierediscrivere.com/pdf/vision_ppt.pdf
ESAME ECOGRAFICO DEL<br />
SISTEMA NERVOSO CENTRALE<br />
FETALE: LINEE GUIDA PER<br />
L’ESAME DI BASE E PER LA<br />
NEURO SONOGRAFIA FETALE<br />
Ultrasound Obstet Gynecol 2007; 29: 109-116.<br />
Linee Guida stilate sotto il patrocinio dell’ISUOG<br />
Presidente Prof. D. Paladini, Università di Napoli<br />
G. Malinger1,A. Monteagudo2, G. Pilu3, I.Timor-<br />
Tritsch2,A.Toi4 1 Fetal Neurology Clinic, Department of Obstetrics and<br />
Gynecology,Wolfson Medical Center,Tel-Aviv University,<br />
Israel<br />
2 Department of Obstetrics and Gynecology, New York<br />
University School of Medicine, New York, USA<br />
3 Department of Obstetrics and Gynecology, University<br />
of Bologna, Italy<br />
4 Department of Medical Imaging, Mount Sinai Hospital,<br />
University of Toronto, Canada<br />
Traduzione a cura di:<br />
Dott.ssa G. Zabbara<br />
Unità di Medicina Materno Fetale dell’Università di<br />
Torino (Direttore Prof.T.Todros)<br />
INTRODUZIONE<br />
Le anomalie del Sistema Nervoso Centrale (SNC) costituiscono<br />
una delle più comuni patologie malformative<br />
congenite. I difetti del tubo neurale sono le più frequenti<br />
malformazioni del SNC: 1-2 casi ogni 1.000 nati.<br />
L’incidenza delle malformazioni intracraniche con tubo<br />
neurale integro è incerta, poichè probabilmente la maggior<br />
parte di queste non vengono riconosciute alla nascita<br />
e diventano evidenti solo in seguito. Studi di followup<br />
a lungo termine suggeriscono comunque che l’incidenza<br />
potrebbe essere più alta dell’1% (1).<br />
L’ecografia è stata usata per quasi trent’anni come la principale<br />
metodica per diagnosticare le anomalie del SNC<br />
fetale. Lo scopo di queste Linee Guida è di analizzare gli<br />
aspetti tecnici di un approccio ottimale allo studio dell’encefalo<br />
nel corso dell’ecografia che viene effettuata per<br />
valutare l’anatomia fetale; in questo documento le indicazioni<br />
fornite saranno utili allo svolgimento di un esame<br />
di base.<br />
La valutazione dettagliata del SNC fetale (neurosonografia<br />
fetale) è anche possibile ma richiede competenze specifiche<br />
e sofisticate apparecchiature. Questo tipo di esame,<br />
talora integrato con ecografia tridimensionale, è indicato<br />
nelle gravidanze ad aumentato rischio per anomalie<br />
del SNC.<br />
Negli ultimi anni la Risonanza Magnetica fetale è emer-<br />
28<br />
sa come una promettente nuova tecnica che potrebbe<br />
aggiungere importanti informazioni in casi selezionati e<br />
principalmente dopo le 20-22 settimane (2, 3), sebbene<br />
i suoi vantaggi rispetto agli ultrasuoni rimangono oggetto<br />
di discussione (4, 5).<br />
CONSIDERAZIONI GENERALI<br />
Età gestazionale<br />
L’aspetto dell’encefalo e del midollo cambiano completamente<br />
nel corso della gravidanza. Al fine di evitare errori<br />
diagnostici è importante avere familiarità con la normale<br />
morfologia del SNC nelle differenti epoche gestazionali.<br />
La maggior parte degli sforzi per diagnosticare le<br />
anomalie del SNC si concentrano nel secondo trimestre<br />
(6-11). L’esame di base è infatti di solito eseguito intorno<br />
a 20 settimane di età gestazionale. Qualche anomalia<br />
potrebbe essere evidenziata nel primo trimestre e nelle<br />
prime fasi del secondo trimestre.Anche se queste possono<br />
rappresentare una minoranza, di solito sono gravi<br />
e pertanto meritano particolare considerazione. E’ vero<br />
che l’esame precoce richiede competenze specifiche, tuttavia,<br />
è sempre opportuno prestare particolare attenzione<br />
alla testa fetale e al cervello in età precoce. Il vantaggio<br />
di un’ecografia precoce mirata al SNC fetale (14-16<br />
settimane) è che le ossa della teca cranica sono sottili e<br />
il cervello può essere studiato da quasi tutte le angolazioni.<br />
Di solito una soddisfacente valutazione del SNC<br />
fetale può essere ottenuta nel secondo e terzo trimestre<br />
di gravidanza. Nelle fasi finali della gravidanza la visualizzazione<br />
delle strutture intracraniche è spesso ostacolata<br />
dall’ossificazione della teca cranica.<br />
Fattori tecnici<br />
Trasduttori ecografici<br />
Le sonde ecografiche ad alta frequenza aumentano la risoluzione<br />
spaziale ma diminuiscono la penetrazione del<br />
fascio ecografico. La scelta di sonde e di frequenze operative<br />
ottimali è influenzata da numerosi fattori quali: l’habitus<br />
materno, la posizione fetale e l’approccio utilizzato.<br />
La maggior parte degli esami di base sono effettuati<br />
in modo soddisfacente con sonde transaddominali di 3-<br />
5 MHz. La neurosonografia fetale richiede frequentemente<br />
l’esame ecografico transvaginale che è di solito effettuato<br />
con sonde tra 5 e 10 MHz (12-13). L’ecografia 3D<br />
può facilitare l’esame dell’encefalo e della colonna vertebrale<br />
(14-15).<br />
Parametri relativi all’immagine<br />
L’esame ecografico è nella maggior parte dei casi eseguito<br />
con metodica bidimensionale. L’uso dell’armonica<br />
nelle immagini può migliorare la visualizzazione dei dettagli<br />
anatomici più fini soprattutto nelle pazienti con alta<br />
impedenza acustica. Possono essere usati, principalmente<br />
per l’identificazione dei vasi cerebrali, nello studio neurosonografico<br />
il Color e il Power Doppler. E’ necessario<br />
il corretto adeguamento della frequenza di ripetizione degli<br />
impulsi (le principali arterie cerebrali hanno le velo-
cità nel range di 20-40 cm/sec durante la vita intrauterina)<br />
(16) e della persistenza del segnale che migliora la<br />
visualizzazione dei piccoli vasi.<br />
ESAME DI BASE<br />
Valutazione qualitativa<br />
L’ecografia transaddominale è la tecnica d’elezione per<br />
lo studio del SNC fetale nel corso della fine del primo<br />
trimestre, del secondo e terzo trimestre nelle gravidanze<br />
a basso rischio. L’esame dovrebbe includere la valutazione<br />
della testa fetale e della colonna vertebrale. Due<br />
piani di scansione assiali consentono la visualizzazione delle<br />
strutture cerebrali rilevanti per valutare l’integrità anatomica<br />
del cervello (17). Questi piani sono comunemente<br />
denominati transventricolare e transcerebellare. Un terzo<br />
piano è stato chiamato transtalamico ed è frequentemente<br />
usato soprattutto ai fini della valutazione biometrica<br />
(Fig. 1). Le strutture che dovrebbero essere visualizzate<br />
nell’esame di base sono: i ventricoli laterali, il cervelletto,<br />
la cisterna magna e il cavo del setto pellucido.<br />
Dovrebbero essere valutate in queste scansioni anche la<br />
forma della testa fetale e l’ecogenicità del parenchima cerebrale.<br />
Figura 1:Visione assiale della testa fetale.<br />
(a) Piano transventricolare;<br />
(b) Piano transtalamico;<br />
(c) Piano transcerebellare.<br />
Scansione assiale transventricolare<br />
Questo piano di scansione dimostra la porzione anteriore<br />
e posteriore dei ventricoli laterali. La porzione anteriore<br />
dei ventricoli laterali (corni frontali o anteriori)<br />
29<br />
è visualizzata come due strutture ecoprive a forma di virgola<br />
che hanno una parete laterale ben definita e medialmente<br />
sono separate dal cavo del setto pellucido<br />
(CSP). Il CSP è una cavità ripiena di liquido delimitata da<br />
due sottili membrane. Nell’ultimo periodo della gravidanza<br />
o nel primo periodo neonatale le pareti che delimitano<br />
il cavo si fondono a formare il setto pellucido. Il CSP<br />
comincia ad essere visualizzabile intorno a 16 settimane<br />
di età gestazionale e presso il termine della gravidanza<br />
si oblitera. Con l’ecografia transaddominale dovrebbe<br />
sempre essere visualizzato tra 18 e 37 settimane ovvero<br />
quando il diametro biparietale è di 44-88 mm (18).<br />
Al contrario non visualizzare il CSP prima delle 16 o dopo<br />
le 37 settimane è un reperto normale. Il valore da<br />
attribuire alla visualizzazione del CSP per l’identificazione<br />
di anomalie cerebrali è stato molto discusso. Comunque<br />
questa struttura è facilmente identificabile ed è alterata<br />
in modo evidente in molte lesioni cerebrali quali<br />
l’oloprosencefalia, l’agenesia del corpo calloso, la severa<br />
idrocefalia e la displasia setto-ottica (19). A partire da<br />
16 settimane la porzione posteriore dei ventricoli laterali<br />
(chiamati anche corni posteriori) è in realtà un complesso<br />
formato dall’atrio che continua posteriormente nel<br />
corno occipitale. L’atrio è caratterizzato dalla presenza<br />
al suo interno del plesso corioideo iperecogeno, a differenza<br />
dei corni occipitali che appaiono anecogeni. In particolare<br />
nel secondo trimestre di gravidanza entrambe<br />
le pareti mediale e laterale del ventricolo sono ben visualizzabili<br />
ed appaiono come linee parallele alla linea mediana.<br />
Il plesso corioideo spesso occupa l’intera cavità del<br />
ventricolo a livello atriale, anche se talvolta si evidenzia<br />
separato dalla parete mediale del ventricolo stesso (20-<br />
23). Nella scansione transventricolare standard è chiaramente<br />
visualizzabile solo l’emisfero distale al trasduttore<br />
mentre l’altro è frequentemente oscurato da artefatti.<br />
Comunque le più gravi anomalie cerebrali sono bilaterali<br />
o associate con una significativa deviazione o distorsione<br />
della linea mediana; per cui è stato suggerito<br />
di verificare sempre nell’esame di base la simmetria dell’encefalo<br />
(17).<br />
Scansione assiale transcerebellare<br />
Questo piano di scansione è ottenuto ad un livello leggermente<br />
inferiore rispetto a quello transventricolare e<br />
con una leggera inclinazione posteriore che include la visualizzazione<br />
dei corni frontali dei ventricoli laterali, il cavo<br />
del setto pellucido, i talami, il cervelletto e la cisterna<br />
magna. Il cervelletto appare come una struttura a forma<br />
di farfalla formata dagli emisferi cerebellari uniti medialmente<br />
dal verme cerebellare. La cisterna magna, detta<br />
anche cisterna cerebello-midollare, appare come una<br />
struttura anecogena nello spazio posteriore al cervelletto.<br />
Essa contiene fini setti, che sono strutture fisiologiche<br />
e che non dovrebbero essere confusi con strutture vascolari<br />
o formazioni cistiche. Nella seconda metà della<br />
gravidanza le dimensioni della cisterna magna sono stabili<br />
e dovrebbero essere comprese tra 2-10 mm (17).<br />
In epoca gestazionale precoce il verme cerebellare non<br />
ha completamente coperto il quarto ventricolo e que-
sto potrebbe generare delle false impressioni di difetti<br />
del verme. Nell’ultima fase della gravidanza ciò potrebbe<br />
far sospettare un’anomalia cerebellare che prima delle<br />
20 settimane è un reperto ecografico di frequente osservazione<br />
(24).<br />
Scansione assiale transtalamica<br />
Un terzo piano di scansione, ottenuto ad un livello intermedio,<br />
è anche frequentemente usato nello studio della<br />
testa fetale ed è comunemente denominato scansione<br />
transtalamica o piano del diametro biparietale. La scansione<br />
anatomica comprende in senso fronto-occipitale:<br />
i corni frontali dei ventricoli laterali, il cavo del setto pellucido,<br />
i talami e il giro dell’ippocampo. Questa scansione<br />
non aggiunge dettagli anatomici a quelli che otteniamo<br />
con le scansioni transventricolari e transcerebellari,<br />
è però utilizzata per lo studio della biometria della testa<br />
fetale. E’ stato proposto che, particolarmente nel terzo<br />
trimestre, questo piano di scansione sia più facile da identificare<br />
e consenta misurazioni più riproducibili rispetto<br />
alla scansione transventricolare (25).<br />
La colonna vertebrale fetale<br />
L’esame dettagliato della colonna vertebrale fetale richiede<br />
esperienza e meticolose scansioni; i risultati sono fortemente<br />
dipendenti dalla posizione del feto. Pertanto la<br />
valutazione dettagliata della colonna vertebrale in tutte<br />
le sue proiezioni non fa parte dell’esame di base. La più<br />
frequente e grave malformazione della colonna, la spina<br />
bifida aperta, è associata usualmente con anomalie dell’anatomia<br />
intracranica.Tuttavia una sezione longitudinale<br />
della colonna fetale dovrebbe essere ottenuta poiché<br />
può rilevare, almeno in alcuni casi, altre malformazioni spinali<br />
tra cui anomalie vertebrali e agenesia sacrale. In condizioni<br />
normali, una sezione longitudinale della colonna<br />
a partire dalle 14 settimane di età gestazionale dimostra<br />
i tre centri di ossificazione vertebrali (uno nel corpo vertebrale,<br />
l’altro alla giunzione tra la lamina e il peduncolo<br />
da ciascun lato) che circondano il canale neurale e che<br />
appaiono come altre due o tre linee parallele in relazione<br />
all’orientamento del fascio ecografico. Inoltre dovrebbe<br />
essere dimostrata l’integrità<br />
della cute sovrastante la colonna<br />
con scansioni trasversali o<br />
longitudinali.<br />
Valutazione quantitativa<br />
La biometria è una parte essenziale<br />
dell’esame ecografico della<br />
testa fetale. Nel secondo e<br />
nel terzo trimestre l’esame standard<br />
usualmente include la misurazione<br />
del diametro biparietale,<br />
della circonferenza cranica<br />
e la misura dei trigoni cerebrali.<br />
Si è soliti anche misurare il<br />
diametro trasverso del cervelletto<br />
e la dimensione della cisterna<br />
magna. Il diametro bipa-<br />
30<br />
rietale e la circonferenza cranica sono comunemente usati<br />
per stabilire l’epoca e la crescita fetale, ma potrebbero<br />
essere anche usati per identificare anomalie cerebrali.<br />
Essi possono essere misurati in scansione transventricolare<br />
o transtalamica utilizzando diverse modalità. Più<br />
frequentemente i calibri sono posizionati al di fuori della<br />
teca cranica.Tuttavia, alcune delle curve disponibili sono<br />
state prodotte utilizzando la tecnica con i calibri posizionati<br />
esterno-interno per evitare gli artefatti generati<br />
dagli echi distali della teca cranica. I differenti approcci<br />
risultano in differenze di pochi millimetri che possono<br />
essere clinicamente rilevanti solo in epoca gestazionale<br />
precoce. E’ importante perciò conoscere la tecnica utilizzata<br />
nel costruire le curve di crescita di riferimento che<br />
ogni operatore utilizza. Se l’ecografo ha la possibilità di<br />
misurare utilizzando l’ellissi la CC può essere misurata<br />
direttamente posizionando l’ellissi sul margine esterno degli<br />
echi della teca cranica. Alternativamente, la circonferenza<br />
cranica (CC) può essere calcolata dal diametro biparietale<br />
(BPD) e dal diametro occipito-frontale (OFD)<br />
usando l’equazione HC = 1,62 X (BPD+OFD). Il rapporto<br />
tra diametro biparietale e diametro occipito-frontale<br />
è in genere 75-85%.Tuttavia nelle prime fasi della gravidanza<br />
è frequente la modificazione di forma della testa<br />
fetale e molti feti in presentazione podalica hanno<br />
qualche grado di dolicocefalia. La misurazione degli atri<br />
è raccomandata, perchè numerosi studi dimostrano che<br />
è il più efficace approccio per valutare l’integrità del sistema<br />
ventricolare e la ventricolomegalia è il più frequente<br />
marker di anomalie dello sviluppo cerebrale. La misurazione<br />
si ottiene a livello del plesso corioideo, perpendicolare<br />
alla cavità ventricolare, posizionando i calibri<br />
all’interno degli echi generato dalla parete laterale (Fig.<br />
2). La misurazione è stabile nel secondo e all’inizio del<br />
terzo trimestre con un diametro medio di 6-8 mm (20,<br />
22-27) ed è considerata normale quando misura meno<br />
di 10 mm (27-32). Molti degli studi biometrici hanno usato<br />
nella misurazione delle dimensioni dei ventricoli laterali<br />
apparecchi ecografici che prevedevano misure in millimetri;<br />
con i moderni ecografi le misurazioni vengono fornite<br />
in decimi di millimetro, così non è certo su quale sia<br />
a<br />
Figura 2: (a) Misura dell’atrio dei ventricoli laterali. I calibri vanno posizionati a livello<br />
del plesso corioideo, all’interno degli echi generati dalle pareti dei ventricoli.<br />
(b) Diagramma che illustra il corretto posizionamento dei calibri per la misura dei<br />
ventricoli. I calibri sono correttamente posizionati toccando il margine interno della<br />
parete ventricolare nella sua porzione più ampia e allineati perpendicolarmente all’asse<br />
lungo del ventricolo (Yes).<br />
b
il valore di cut-off più ragionevole (33). Noi riteniamo<br />
che in particolare nel secondo trimestre un valore di 10<br />
mm o più dovrebbe essere considerato sospetto. Il diametro<br />
trasverso cerebellare aumenta di circa un millimetro<br />
per settimana di gravidanza tra le 14 e le 21 settimane<br />
di epoca gestazionale. Questa misurazione, con la<br />
circonferenza cranica e il diametro biparietale è utile a<br />
valutare la crescita fetale. Il diametro antero-posteriore<br />
della cisterna magna misurato tra il verme cerebellare e<br />
il margine interno dell’osso occipitale è solitamente 2-<br />
10 mm (34). In presenza di dolicocefalia questo spazio<br />
può avere una misura superiore a 10 mm.<br />
NEUROSONOGRAMMA FETALE<br />
E’ comunemente accettato che l’esame neurosonografico<br />
fetale abbia un potenziale diagnostico maggiore dell’esame<br />
transaddominale standard e che sia di particolare<br />
ausilio nella valutazione delle malformazioni complesse.Tuttavia<br />
questo esame richiede un grado di esperienza<br />
che non è disponibile in tutti i gruppi di lavoro e il<br />
metodo non è ancora universalmente utilizzato. L’esame<br />
neurosonografico fetale mirato è indicato nelle pazienti<br />
con un aumentato rischio per le malformazioni del SNC,<br />
includendo anche quei casi identificati come sospetti all’esame<br />
ecografico di base. La base dell’esame neurosonografico<br />
fetale è l’approccio multiplanare che si ottiene<br />
allineando la sonda con le suture e le fontanelle della<br />
testa fetale (12-13) Quando il feto è in presentazione<br />
di vertice, può essere usato sia l’approccio transaddominale<br />
sia quello transvaginale. Nel feto in presentazione<br />
podalica è usato l’approccio transfontanellare posizionando<br />
la sonda parallelamente all’addome invece che<br />
perpendicolarmente. La sonda vaginale ha il vantaggio di<br />
utilizzare frequenze più alte rispetto alla sonda addominale<br />
permettendo di ottenere una migliore definizione<br />
dei dettagli anatomici. Per questa ragione, in alcuni feti in<br />
presentazione podalica si può considerare il rivolgimento<br />
esterno al fine di utilizzare l’approccio transvaginale.<br />
La valutazione della colonna vertebrale fa parte dell’esame<br />
neurosonografico e va eseguita ottenendo una<br />
combinazione di piani di scansione; assiali, coronali e sagittali.<br />
L’esame neurosonografico dovrebbe includere le<br />
stesse misurazioni che sono comunemente ottenute nell’esame<br />
di base: il diametro biparietale, la circonferenza<br />
31<br />
cranica e la misura dei ventricoli laterali. Le specifiche misure<br />
ottenute potrebbero variare essendo in relazione<br />
all’età gestazionale e alla situazione clinica.<br />
ENCEFALO FETALE<br />
Indipendentemente dall’approccio utilizzato, transvaginale<br />
o transaddominale, l’allineamento della sonda lungo il<br />
piano di scansione corretto in genere richiede delicate<br />
manovre di spostamento del feto. Possono essere usati<br />
una varietà di piani di scansione, anche in relazione alla<br />
posizione del feto. Una sistematica valutazione dell’encefalo<br />
solitamente include la visualizzazione di quattro piani<br />
di scansione coronale e tre piani di scansione sagittale.<br />
Di seguito sarà riportata la descrizione delle differenti<br />
strutture che possono essere visualizzate alla fine del<br />
secondo e terzo trimestre di gravidanza. Oltre alle strutture<br />
anatomiche, l’esame neurosonografico fetale dovrebbe<br />
includere anche la valutazione delle circonvoluzioni<br />
dell’encefalo fetale che variano durante il corso della gravidanza<br />
(35-38).<br />
Scansioni Coronali (Fig. 3)<br />
La scansione transfrontale è ottenuta attraverso la fontanella<br />
anteriore e visualizza la linea mediana interemisferica<br />
e i corni anteriori dei ventricoli cerebrali di entrambi<br />
i lati. Il piano è rostrale al ginocchio del corpo calloso<br />
per cui permette di osservare la scissura interemisferica<br />
ininterrotta. Sono ben visibili inoltre lo sfenoide e le orbite.<br />
La scansione transcaudata si ottiene a livello del nucleo<br />
caudato, si visualizza il ginocchio o porzione anteriore del<br />
corpo calloso che interrompe la continuità della scissura<br />
interemisferica. In questa sua porzione, il corpo calloso<br />
ha un aspetto più ecogeno rispetto alle altre sue porzioni<br />
a causa del maggiore spessore del ginocchio stesso.<br />
Il cavo del setto pellucido si visualizza come una struttura<br />
triangolare anecogena situato inferiormente al corpo<br />
calloso. I ventricoli laterali sono circondati dalla corteccia<br />
cerebrale. In una posizione più laterale le Scissure<br />
di Silvio sono chiaramente identificate.<br />
La scansione transtalamica visualizza i due talami che si<br />
trovano in stretta apposizione, ma in qualche caso il terzo<br />
ventricolo può essere osservato lungo la linea mediana<br />
con i forami interventricolari e l’atrio dei ventri-<br />
Figura 3:Visione coronale della testa fetale.<br />
(a) Piano transfrontale; (b) Piano trans caudato; (c) Piano transtalamico; (d) Piano transcerebellare.<br />
CSP = cavo del setto pellucido. IHF = scissura interemisferica.
coli laterali con il plesso corioideo leggermente più craniale<br />
ai talami stessi.Vicino alla base del cranio e lungo<br />
la linea mediana della cisterna basale sono contenuti il<br />
circolo di Willis e il chiasma ottico.<br />
La scansione transcerebellare è ottenuta attraverso le fontanelle<br />
posteriori e consente di visualizzare i corni occipitali<br />
dei ventricoli cerebrali e le scissure interemisferiche.<br />
In questo piano è anche possibile valutare gli emisferi<br />
cerebellari e il verme.<br />
Scansioni sagittali (Fig. 4)<br />
Si studiano usualmente tre piani di<br />
scansione sagittale: la sagittale mediana<br />
e le scansioni sagittali paramediane<br />
destra e sinistra.<br />
La scansione sagittale mediana permette<br />
di visualizzare il corpo calloso<br />
con tutte le sue componenti; il cavo<br />
del setto pellucido e in qualche caso<br />
anche il cavum vergae, il ponte, il verme<br />
e la fossa cranica posteriore. Con<br />
l’utilizzo del Color Doppler si evidenziano<br />
l’arteria cerebrale anteriore, l’arteria<br />
pericallosa con i suoi rami e la<br />
vena di Galeno.<br />
Le scansioni sagittali paramediane destra<br />
e sinistra consentono di visualizzare<br />
interamente i ventricoli cerebrali,<br />
il plesso corioideo, il tessuto periventricolare<br />
e la corteccia cerebrale.<br />
COLONNA VERTEBRALE<br />
Tre piani di scansione possono essere<br />
usati per valutare l’integrità della<br />
colonna vertebrale. La scelta dipende<br />
molto dall’atteggiamento fetale.<br />
Usualmente solo due di questi piani<br />
di scansione sono ottenibili per ciascuno<br />
approccio.<br />
Nella scansione trasversa o assiale l’esame<br />
della colonna è un processo dinamico<br />
che consiste nello spostamento<br />
del trasduttore per l’intera lunghezza<br />
della colonna mantenendo nello<br />
stesso tempo un piano che sia assiale<br />
rispetto al livello esaminato (Fig. 5).<br />
Le vertebre hanno differenti configurazioni<br />
anatomiche nei differenti livelli.<br />
Le vertebre toraciche e lombari fetali<br />
hanno un corpo triangolare con<br />
i nuclei di ossificazione che circondano<br />
il canale neurale. La prima vertebra<br />
cervicale è di forma quadrangolare<br />
mentre le vertebre sacrali sono<br />
piatte.<br />
32<br />
Nella scansione sagittale i nuclei di ossificazione dei corpi<br />
vertebrali e gli archi posteriori formano due linee parallele<br />
che convergono a livello del sacro.<br />
Con il feto in posizione prona, con una scansione sagittale,<br />
facendo passare il fascio ultrasonico attraverso i processi<br />
spinosi non ancora ossificati, è possibile visualizzare<br />
il canale vertebrale e il midollo spinale al suo interno<br />
(Fig. 6).<br />
Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza il cono midollare<br />
si trova a livello di L2-L3 (39).<br />
Figura 4: Piani sagittali della testa fetale.<br />
(a) Sagittale mediano; (b) Piano parasagittale. 3v = III ventricolo. 4v = IV ventricolo.<br />
a b c d<br />
Figura 5:Visione assiale della colonna vertebrale a differenti livelli.<br />
(a) cervicale; (b) toracico; (c) lombare; (d) sacrale.<br />
Le frecce indicano i nuclei di ossificazione delle vertebre. Da notare la cute integra<br />
al di sopra della colonna. Nelle immagini a-c il midollo spinale è visibile<br />
come un ovoide ipoecogeno con un punto centrale bianco.<br />
Figura 6:Visione sagittale della colonna vertebrale a 21 settimane. Usando il processo<br />
spinoso non ossificato delle vertebre come finestra acustica si dimostra<br />
il contenuto del canale neurale. Il cono midollare normalmente si trova a livello<br />
della seconda vertebra lombare (L2).
Figura 7: Visione coronale della colonna vertebrale. Le immagini sono state ottenute con eco 3D dallo stesso volume<br />
sonografico usando differenti angolazioni e diversi gradi di profondità.<br />
Nella scansione coronale sono visibili una, due o tre linee<br />
parallele a seconda dell’orientamento del fascio ultrasonico.<br />
L’integrità del canale neurale si deduce dalla regolare<br />
disposizione dei nuclei di ossificazione delle vertebre<br />
e dalla presenza di tessuti molli al di sopra della colonna<br />
(Fig. 7). Inoltre la visualizzazione del cono midollare<br />
nella posizione corretta permette di accertare la normalità<br />
della colonna vertebrale del feto studiato.<br />
EFFICACIA DELL’ECOGRAFIA<br />
NELLO STUDIO DELL’ASSE<br />
NEURALE FETALE<br />
In una gravidanza a basso rischio al secondo trimestre,<br />
se i piani di scansione transventricolare e transcerebellare<br />
sono considerati soddisfacenti, la biometria della testa<br />
fetale (in particolare la circonferenza cranica) è nei<br />
limiti per l’età gestazionale, la misura dei trigoni è inferiore<br />
a 10 mm e l’ampiezza della cisterna magna è compresa<br />
tra 2 e 10 mm; la maggior parte delle malformazioni<br />
cerebrali sono escluse. Il rischio di anomalie del SNC<br />
è molto basso e non sono indicati ulteriori esami.<br />
Esula dallo scopo di queste Linee Guida rivedere la letteratura<br />
disponibile riguardo la sensibilità dell’ecografia<br />
prenatale nel predire le malformazioni neurali.Alcuni studi,<br />
su pazienti a basso rischio sottoposte a esame ecografico<br />
di base, hanno riportato una sensibilità superiore<br />
all’80% (40-41).Tuttavia questi risultati probabilmente<br />
sovrastimano di molto il potenziale diagnostico della<br />
tecnica, in quanto si riferiscono a studi con follow-up molto<br />
brevi e che includevano quasi esclusivamente i difetti<br />
aperti del tubo neurale, il cui riconoscimento era facilitato<br />
probabilmente dallo screening sistematico con l’alfafetoproteina<br />
su siero materno.<br />
I limiti diagnostici dell’ecografia prenatale sono ben documentati<br />
e gli errori si verificano per numerose ragioni<br />
(42).Alcune anomalie severe possono essere associate<br />
con quadri sfumati nella prima fase della gravidanza<br />
33<br />
(43). L’encefalo continua il suo sviluppo nella seconda<br />
metà della gravidanza e anche nel periodo neonatale, rappresentando<br />
in tal modo un limite all’individuazione delle<br />
anomalie di proliferazione neuronale (come ad esempio<br />
la microcefalia [44], i tumori [45], le malformazioni<br />
corticali).Alcune lesioni cerebrali non sono dovute a sviluppo<br />
embriologico anomalo ma rappresentano la conseguenza<br />
di insulti acquisiti in epoca prenatale o perinatale<br />
(46-48). Spesso anche in mani esperte questo tipo<br />
di anomalie potrebbero essere difficilmente diagnosticabili<br />
in utero in una proporzione che risulta impossibile<br />
determinare con precisione.<br />
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Cari Soci,<br />
continuiamo a proporvi in questo spazio “AREA SOCI” comunicazioni di eventi che possano avere un interesse comune<br />
unitamente alla presentazione breve di casi clinici ed ecografici seguiti dai Soci la cui condivisione possa essere<br />
di utilità per altri.<br />
L’intenzione originale, che rimane attuale, è quella di aprire una sezione di SIEOG News allo scambio e al colloquio tra<br />
i Soci.<br />
Attendiamo, pertanto, il materiale che ognuno di voi vorrà condividere per le prossime pubblicazioni.<br />
Grazie per la collaborazione e buona lettura!<br />
Serena Rigano<br />
coordinatrice SIEOG Regione Lombardia<br />
lombardia@sieog.it<br />
Giovanni Gerosolima<br />
coordinatore SIEOG Regione Campania<br />
campania@sieog.it<br />
Area Soci<br />
Elenco dei Coordinatori Regionali<br />
ABRUZZO E MOLISE Dr. Di Nisio Quirino AbruzzoMolise@sieog.it eletto luglio 2004<br />
CALABRIA Dr. Corea Domenico Calabria@sieog.it eletto settembre 2003<br />
CAMPANIA Dr. Gerosolima Giovanni Campania@sieog.it eletto giugno 2005<br />
EMILIA ROMAGNA Dr.Verrotti Carla EmiliaRomagna@sieog.it rieletta gennaio 2006<br />
FRIULI VENEZIA GIULIA Dr. Maso Gianpaolo FriuliVeneziaGiulia@sieog.it eletto dicembre 2006<br />
LAZIO Dr. De Santis Marco Lazio@sieog.it eletto marzo 2006<br />
LIGURIA Dr. Lituania Marco Liguria@sieog.it eletto 2002<br />
LOMBARDIA Dr. Rigano Serena Lombardia@sieog.it eletto ottobre 2006<br />
MARCHE Dr. Cecchi Alessandro Marche@sieog.it eletto febbraio 2006<br />
PIEMONTE Dr. Gaglioti Pietro Piemonte@sieog.it eletto novembre 2007<br />
PUGLIA E BASILICATA Dr. Campobasso Giuliano PugliaBasilicata@sieog.it eletto dicembre 2005<br />
SARDEGNA Dr. Altobelli Gianfranco Sardegna@sieog.it eletto maggio 2004<br />
SICILIA Dr. Orlandi Francesco Sicilia@sieog.it eletto 2005<br />
TOSCANA Dr. Centini Giovanni Toscana@sieog.it eletto 2006<br />
TRENTINO ALTO ADIGE Dr.Verdi Federica Trentino@sieog.it eletto 2004<br />
UMBRIA Dr. Luzi Giuseppe Umbria@sieog.it eletto 2002<br />
VENETO Dr. Sartori Rita Veneto@sieog.it eletto novembre 2007<br />
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