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n. 1 - 2012 - Servizio di hosting - Università degli Studi Roma Tre

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La nozione <strong>di</strong> pensiero <strong>di</strong>vergente invece si deve<br />

a Guilford (1967) che ha elaborato un modello<br />

dell’intelletto, rappresentato graficamente da un<br />

solido costituito da 120 elementi (4 contenuti x 5<br />

operazioni x 6 prodotti). L’autore utilizza per la<br />

scomposizione del pensiero creativo un approccio<br />

fattoriale: attraverso il calcolo dei coefficienti<br />

<strong>di</strong> correlazione fra i vari items in<strong>di</strong>vidua i fattori<br />

rilevanti. In due ricerche successive, nel 1954 e<br />

nel 1961, egli in<strong>di</strong>vidua fattorialmente la <strong>di</strong>stinzione<br />

tra pensiero <strong>di</strong>vergente e convergente che è<br />

sintetizzata dai cinque fattori <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenza: flui<strong>di</strong>tà<br />

o fluenza, flessibilità spontanea, flessibilità<br />

adattiva, originalità ed elaborazione. Un contributo<br />

rilevante alla riflessione psicologica e non<br />

su questi temi si deve nei primi anni Ottanta a<br />

Gardner (1983) che ridefinisce il concetto <strong>di</strong> produzione<br />

creativa introducendo la nozione <strong>di</strong> «intelligenze<br />

multiple».<br />

Alcuni stu<strong>di</strong> hanno avvalorato<br />

l'ipotesi che i primogeniti siano più<br />

creativi dei loro fratelli. Ciò<br />

<strong>di</strong>penderebbe dal tipo <strong>di</strong> relazione<br />

affettiva che si instaura con i genitori.<br />

Anche l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> nascita sembra<br />

avere quin<strong>di</strong> una certa influenza<br />

Anche i sociologi e gli psicologi sociali si occupano<br />

<strong>di</strong> creatività. Fra gli anni Sessanta e Settanta<br />

sono state realizzate una serie <strong>di</strong> ricerche per<br />

valutare l’impatto dell’ambiente. Questi approcci<br />

hanno stu<strong>di</strong>ato l’influenza sui processi <strong>di</strong> formazione<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui creativi sia <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> fattori<br />

sociobiologici (come il genere, l’età, l’or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> nascita, la classe sociale, la scolarizzazione),<br />

sia delle cosiddette centrali educative (la scuola,<br />

la famiglia). Scopo <strong>di</strong> queste ricerche è in<strong>di</strong>viduare<br />

quali siano i contesti più favorevoli all’emergere<br />

e al <strong>di</strong>ffondersi del talento creativo.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Torrance (1962) in<strong>di</strong>vidua una relazione<br />

significativa tra il genere dei soggetti e la<br />

loro creatività (misurata me<strong>di</strong>ante punteggi su test<br />

specifici). Tale significatività è confermata dagli<br />

stu<strong>di</strong> <strong>degli</strong> anni Settanta <strong>di</strong> Calvin (1977) e Lott<br />

(1978), che documentano come le componenti affettive<br />

e cognitive legate alla creatività, siano<br />

maggiormente inibite nei modelli educativi delle<br />

bambine. Gli stereotipi sessuali sembrano avere<br />

un notevole impatto. Alcuni stu<strong>di</strong> (Altus, 1965;<br />

Liechtenwalner-Maxwell, 1969) hanno avvalorato<br />

l’ipotesi che i primogeniti siano più creativi dei<br />

loro fratelli. Ciò <strong>di</strong>penderebbe dal tipo <strong>di</strong> relazione<br />

affettiva che si instaura con i genitori. Anche<br />

l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> nascita sembra avere quin<strong>di</strong> una certa<br />

influenza. Rispetto allo status socioeconomico sia<br />

lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Andreani e Orio (1972) sia quello<br />

successivo <strong>di</strong> Andreani (1974) documentano l’impatto<br />

dello status della famiglia <strong>di</strong> origine. Infine<br />

l’impatto della scuola sulla creatività <strong>degli</strong> alunni<br />

è stato oggetto <strong>di</strong> un ampio <strong>di</strong>battito culturale che,<br />

tra gli anni Sessanta e Settanta, ha visto contrapporsi<br />

da una parte i sostenitori <strong>di</strong> un’organizzazione<br />

scolastica conformista, dall’altra quelli più favorevoli<br />

all’anticonformismo. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Wilson<br />

(1972), ad esempio, ha documentato l’impatto<br />

fondamentale <strong>di</strong> un sistema scolastico aperto<br />

sullo sviluppo del pensiero <strong>di</strong>vergente, mentre<br />

quello <strong>di</strong> Ramney e<br />

Pipe (1974) ha portato<br />

a risultati opposti.<br />

Da tutto questo <strong>di</strong>battito<br />

sono scaturiti una<br />

serie <strong>di</strong> programmi<br />

applicativi: migliorando<br />

il clima scolastico,<br />

si pensava <strong>di</strong><br />

poter sviluppare la<br />

creatività. L’influenza<br />

<strong>di</strong> un buon clima<br />

sull’appren<strong>di</strong>mento è<br />

stata sostenuta anche<br />

da Rogers (1969): la<br />

non <strong>di</strong>rettività del<br />

rapporto <strong>di</strong>dattico<br />

sembrava avere<br />

un’effettiva incidenza<br />

sull’evoluzione del<br />

potenziale creativo.<br />

Infine molte ricerche<br />

hanno documentato<br />

come la mancanza <strong>di</strong><br />

autoritarismo e l’instaurazione<br />

<strong>di</strong> un clima<br />

educativo permissivo<br />

favorissero le<br />

manifestazioni creative<br />

del bambino. In<br />

particolare la ricerca<br />

<strong>di</strong> Getzels e Jackson<br />

(1962) esaminò due<br />

famiglie: una rappresentava<br />

il tipo convergente,<br />

l’altra quello<br />

<strong>di</strong>vergente. Gli autori<br />

hanno così potuto<br />

in<strong>di</strong>viduare stili educativi<br />

che sembrano<br />

più efficaci <strong>di</strong> altri nel<br />

favorire la creatività<br />

dei bambini.

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