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n. 1 - 2012 - Servizio di hosting - Università degli Studi Roma Tre

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Riformulare il mondo<br />

La creatività come misura del vivere umano<br />

<strong>di</strong> Paolo Apolito<br />

Quando nel secondo<br />

dopoguerra la ristrutturazione<br />

capitalista<br />

penetrò saldamente in<br />

Picacicaba, regione<br />

agraria brasiliana nota<br />

per la canna da zucchero,<br />

un esercito <strong>di</strong><br />

manodopera a buon<br />

Paolo Apolito<br />

mercato, i bóia-frias,<br />

espulso dai processi produttivi precedenti, si trovò<br />

a fare l’esperienza del lavoro delle piantagioni, a<br />

“cadere nella canna” come si <strong>di</strong>ceva: lavoro faticosissimo,<br />

ritmi forsennati, senso <strong>di</strong> precarietà<br />

estrema, scomparsa dei vecchi riferimenti del lavoro<br />

conta<strong>di</strong>no precedente e <strong>di</strong> ogni nuova prospettiva<br />

<strong>di</strong> miglioramento. Spaventapasseri in lunghi<br />

abiti protettivi <strong>di</strong> lavoro, venivano raccolti<br />

all’alba dai caporali nelle citta<strong>di</strong>ne che punteggiavano<br />

l’immenso panorama delle piantagioni <strong>di</strong><br />

canna da zucchero e là ricondotti al tramonto dopo<br />

una insensata giornata passata a tagliare canna, accatastare<br />

steli, bruciare fogliame secco. Ma “insensata”<br />

non è parola adeguata. L’antropologo<br />

John Dawsey si fece ingaggiare come “bóia-fria”<br />

nel 1980 per stu<strong>di</strong>are dall’interno la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

questi ex conta<strong>di</strong>ni non del tutto proletari, scoprendo<br />

la loro quoti<strong>di</strong>ana costruzione <strong>di</strong> un mondo<br />

<strong>di</strong> senso. Paradossale senso, quasi carnevalesco,<br />

fuso e confuso in un incessante clima <strong>di</strong> “stanchezza<br />

fisica e nervosa”. I bóia-frias “caduti nella<br />

canna”, facevano tutti i giorni teatro della e con la<br />

loro vita, un contro-teatro riflessivo. Tra trasognata<br />

e feroce autoironia e stuporoso e aggressivo sarca-<br />

Gli antropologi hanno stu<strong>di</strong>ato molti<br />

esempi, negli angoli più vari della Terra, <strong>di</strong><br />

questo “potere <strong>degli</strong> ultimi” <strong>di</strong> non subire<br />

il senso da un pensiero unico imposto dalla<br />

logica del capitale finanziario, <strong>di</strong><br />

riscriverlo secondo una possibilità<br />

comunitaria <strong>di</strong> <strong>di</strong>rsi altre “verità”,<br />

raccontarsi altre storie<br />

smo verso tutti gli altri, i bóia-frias mostravano a<br />

Dawsey una speciale forza creativa <strong>di</strong> stravolgimento<br />

agito nei loro comportamenti quoti<strong>di</strong>ani del<br />

mondo umanamente insensato nel quale si trovavano<br />

a vivere. Gli antropologi hanno stu<strong>di</strong>ato altri<br />

esempi negli angoli più vari della Terra <strong>di</strong> questo<br />

“potere <strong>degli</strong> ultimi”, là dove il capitalismo nelle<br />

sue forme più violente e recenti ha fatto e sta facendo<br />

la sua marcia apparentemente trionfale. Potere <strong>di</strong><br />

non subire il senso da un pensiero unico imposto<br />

dalla logica del capitale finanziario, <strong>di</strong> riscriverlo<br />

secondo una possibilità comunitaria <strong>di</strong> <strong>di</strong>rsi altre<br />

“verità”, raccontarsi altre storie. Potere <strong>di</strong> resistere<br />

ai processi <strong>di</strong> alienazione che sembrerebbero inevitabili<br />

sulla falsariga <strong>di</strong> ciò che avvenne nelle città<br />

europee alla nascita del capitalismo industriale.<br />

Certo è ben magro il bottino dell’invenzione <strong>di</strong> un<br />

senso del mondo che ne confermi le ingiustizie<br />

reali. Forse perché non può fare altro, in attesa o<br />

scomparso del tutto il “sole dell’avvenire”, o forse<br />

perché non fa altro proprio in quanto si attarda a<br />

inventare mon<strong>di</strong> carnevaleschi. Di fatto esperienze<br />

come quelle che nelle situazioni estreme ri-umanizzano<br />

in mo<strong>di</strong> paradossali un mondo <strong>di</strong>s-umano,<br />

<strong>di</strong>cono della creatività come misura del vivere<br />

umano in generale.<br />

Certo è ben magro il bottino della<br />

invenzione <strong>di</strong> un senso del mondo che ne<br />

confermi le ingiustizie reali. Forse perché<br />

non può fare altro, in attesa o scomparso<br />

del tutto il “sole dell’avvenire”, o forse<br />

perché non fa altro proprio in quanto si<br />

attarda a inventare mon<strong>di</strong> carnevaleschi<br />

Agli esseri umani non basta il mondo così com’è.<br />

Soprattutto nelle situazioni estreme <strong>di</strong> sopravvivenza,<br />

ma anche nelle più normali con<strong>di</strong>zioni, gli<br />

esseri umani vanno oltre i limiti del mondo in cui<br />

vivono, non lo accettano per com’è e lo riformulano.<br />

Essi costruiscono il mondo in cui vivono,<br />

non lo deducono semplicemente dalle con<strong>di</strong>zioni<br />

ecologiche esistenti, e gli danno un senso. Fossero<br />

api, fossero ron<strong>di</strong>ni, se ne starebbero là dove si<br />

trovano a vivere la loro vita, adattati all’ambiente<br />

o spazzati via da esso. Ma sono esseri umani e<br />

possono vivere solo se danno al mondo un senso<br />

con<strong>di</strong>viso e così lo abitano, vi agiscono dentro, se<br />

lo spiegano e raccontano. Per questo essi, partiti<br />

millenni fa dall’Africa, hanno popolato la superficie<br />

intera della Terra, angolo per angolo o quasi,<br />

subendo solo in parte le con<strong>di</strong>zioni ambientali, in<br />

ampia parte invece mo<strong>di</strong>ficandole a proprio vantaggio<br />

(almeno provvisoriamente tale). O meglio,<br />

a vantaggio del senso che essi attribuivano a quel-<br />

primo piano<br />

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