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n. 1 - 2012 - Servizio di hosting - Università degli Studi Roma Tre

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Irena Sendler, l’angelo del Ghetto <strong>di</strong> Varsavia<br />

<strong>di</strong> Gaia Bottino<br />

Esistono persone<br />

che riescono a fare<br />

della propria vita un<br />

capolavoro. Colgono<br />

l’essenza più<br />

profonda del proprio<br />

cammino su<br />

questa terra e decidono<br />

<strong>di</strong> intraprenderlo<br />

senza porsi<br />

troppe domande,<br />

consapevoli che sia<br />

Gaia Bottino<br />

l’unica strada percorribile.<br />

Sono capaci<br />

<strong>di</strong> cambiare non solo il corso della propria esistenza,<br />

ma anche quella <strong>di</strong> coloro che incontrano<br />

durante il loro viaggio.<br />

Irena Sendler, nella sua lunga, travagliata e meravigliosa<br />

vita, è stata protagonista <strong>di</strong> questo “miracolo”:<br />

infermiera e assistente sociale polacca nata a<br />

Varsavia nel 1910, iniziò a collaborare nel 1942 con<br />

il movimento clandestino non comunista la Żegota.<br />

Il suo incarico fu quello <strong>di</strong> riuscire a mettere in salvo<br />

i bambini ebrei del Ghetto <strong>di</strong> Varsavia dalla deportazione<br />

nazista.<br />

La donna riuscì ad entrare nel Ghetto grazie ad un<br />

permesso speciale come operatrice ufficiale del Dipartimento<br />

contro le malattie contagiose. «Dopo<br />

aver detto alle famiglie del ghetto che avevo la possibilità<br />

<strong>di</strong> salvare i loro bambini, dovevo purtroppo<br />

assistere alle scene strazianti del <strong>di</strong>stacco dei figli<br />

dai genitori», ricordò in seguito l’ex infermiera.<br />

Irena riuscì ad organizzare la fuga <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong><br />

bambini, che nascose all’interno <strong>di</strong> ambulanze. In<br />

altre occasioni, si spacciò per un tecnico <strong>di</strong> condutture<br />

idrauliche, i neonati nascosti nel fondo della<br />

sua cassa per attrezzi, altri bambini più gran<strong>di</strong> chiusi<br />

in un sacco <strong>di</strong> juta.<br />

Una volta fuori dal Ghetto, la donna fornì ai piccoli<br />

dei documenti falsi con nomi cristiani e li affidò a<br />

famiglie cristiane o a preti cattolici. Nel frattempo,<br />

conservò delle liste dei nomi veri e <strong>di</strong> quelli nuovi<br />

dei bambini salvati con la speranza <strong>di</strong> poterli riunire<br />

un giorno alle loro famiglie. Per proteggere queste<br />

liste, le nascose all’interno <strong>di</strong> vasetti vuoti <strong>di</strong> marmellata<br />

e le sotterrò sotto un albero <strong>di</strong> mele in un<br />

giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> conoscenti a Varsavia.<br />

Il 20 ottobre 1943 Irena Sendler fu arrestata e torturata<br />

dai nazisti ma ebbe la forza <strong>di</strong> non rivelare i nomi<br />

dei suoi collaboratori né il nascon<strong>di</strong>glio delle liste<br />

dei nomi dei bambini. Venne condannata a morte<br />

ma l’organizzazione Żegota riuscì a corrompere<br />

l’ufficiale incaricato <strong>di</strong> ucciderla. Irena riuscì così a<br />

fuggire, continuando a vivere fino alla fine della<br />

guerra in clandestinità.<br />

Al termine del conflitto, la donna utilizzò le liste<br />

nascoste nei vasetti <strong>di</strong> marmellata, per riunire i<br />

bambini ai genitori sopravvissuti all’Olocausto.<br />

La sua lista è oggi custo<strong>di</strong>ta allo Yad Vashem, il<br />

memoriale dell’Olocausto in Israele. Nel 1965 le<br />

venne conferito il titolo onorifico <strong>di</strong> Giusto tra le<br />

nazioni, ma le autorità comuniste polacche l’autorizzarono<br />

a recarsi in Israele per ritirare la medaglia<br />

solo nel 1983.<br />

«Ho fatto quello che bisognava fare e non ho avuto<br />

paura» <strong>di</strong>sse Irena riguardo alla sua impresa «I veri<br />

eroi furono i genitori che dovettero separarsi dai figli<br />

in modo così crudele».<br />

Per lungo tempo la vita <strong>di</strong> Irena, l’angelo custode<br />

<strong>di</strong> 2500 bambini<br />

ebrei, è stata <strong>di</strong>menticata<br />

dall’opinione<br />

pubblica e solo nel<br />

1999 riscoperta da un<br />

gruppo <strong>di</strong> studenti <strong>di</strong><br />

un college del Kansas<br />

che hanno lanciato<br />

un progetto per far<br />

conoscere la sua vita<br />

e il suo operato a li-<br />

vello internazionale.<br />

Gli studenti hanno<br />

Irena Sendler, nel 1942<br />

creato così uno spettacolo dal titolo Life in a Jar<br />

(La vita in un barattolo) in cui hanno rappresentato<br />

la storia <strong>di</strong> Irena. Ad ogni rappresentazione, gli<br />

studenti portano con sé un barattolo in cui raccogliere<br />

denaro per sostenere coloro che hanno messo<br />

a repentaglio la propria stessa vita nel tentativo<br />

<strong>di</strong> salvare gli ebrei dal dramma della Shoah.<br />

Irena Sendler si è spenta all’età <strong>di</strong> 98 anni nel<br />

2008. Nominata dal suo Paese eroe nazionale nel<br />

2007 ma ormai cagionevole <strong>di</strong> salute, mandò una<br />

sua <strong>di</strong>chiarazione per mezzo <strong>di</strong> Elżbieta Ficowska,<br />

allontanata dal ghetto e dalla sua famiglia a<br />

soli 5 mesi nel luglio del 1942. «Ogni bambino<br />

salvato con il mio aiuto è la giustificazione della<br />

mia esistenza su questa terra, e non un titolo <strong>di</strong><br />

gloria», scrisse la Sendler nella lettera in<strong>di</strong>rizzata<br />

al Parlamento polacco.<br />

Nel buio più oscuro della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale,<br />

un’umile infermiera ha avuto l’intuizione <strong>di</strong> abbracciare<br />

la luce e <strong>di</strong> creare una speranza nelle vite <strong>di</strong><br />

2500 bambini. Quando la creatività <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo<br />

abbatte le barriere del destino.<br />

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