Storia di Partinico - Blog di Giuseppe Casarrubea
Storia di Partinico - Blog di Giuseppe Casarrubea
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<strong>Giuseppe</strong> Maria Di Bartolomeo<br />
<strong>Storia</strong> <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
Manoscritto ine<strong>di</strong>to del 1805<br />
Trascrizione e commenti <strong>di</strong><br />
<strong>Giuseppe</strong> SCHIRÒ<br />
Gioacchino NANIA<br />
REGIONE SICILIANA<br />
Assessorato Beni Culturali Ambientali e Pubblica Istruzione
Copertina: Carta dell’Ufficio Topografico del Regno <strong>di</strong> Napoli del 1851<br />
Reperibilità: Archivio Istituto Geografico Militare - Firenze<br />
Stampa: Tipografia Puccio <strong>di</strong> Fiorello Paolo & C.<br />
© 2007: Arcipretura <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
prof. <strong>Giuseppe</strong> Schirò: giusep.schiro@virgilio.it<br />
ing. Gioacchino Nania: posta@gioacchinonania.it<br />
Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> marzo del 2007<br />
2
<strong>Giuseppe</strong> Maria Di Bartolomeo<br />
<strong>Storia</strong> <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
Manoscritto ine<strong>di</strong>to del 1805<br />
Trascrizione e commenti <strong>di</strong><br />
<strong>Giuseppe</strong> SCHIRÒ<br />
Gioacchino NANIA<br />
REGIONE SICILIANA<br />
Assessorato Beni Culturali Ambientali e Pubblica Istruzione<br />
3
Presentazione<br />
Vedere pubblicato il manoscritto del notaio <strong>Giuseppe</strong> Maria Di<br />
Bartolomeo sulla “<strong>Storia</strong> <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>”, è una delle sod<strong>di</strong>sfazioni più<br />
gran<strong>di</strong> della mia vita e assume maggiore importanza perché avviene<br />
mentre svolgo il mio servizio pastorale come Arciprete-<br />
Parroco nella Chiesa Madre del mio paese.<br />
Sono grato all’Assessorato Regionale dei BB.CC.AA e alla Pubblica<br />
Istruzione per avere contribuito alla pubblicazione <strong>di</strong> tale importante<br />
iniziativa.<br />
La mia gratitu<strong>di</strong>ne va anche ai due stu<strong>di</strong>osi che hanno profuso<br />
tanto impegno per la realizzazione <strong>di</strong> questa preziosa opera: il<br />
prof. <strong>Giuseppe</strong> Schirò e l’ing. Gioacchino Nania che hanno trascritto<br />
l’intero manoscritto corredandolo con annotazioni e curandone<br />
anche l’aspetto tipografico.<br />
Il mio ricordo va al rev.mo can. Salvatore Mo<strong>di</strong>ca, della Diocesi<br />
<strong>di</strong> Caltanissetta, il quale mi ha consegnato il manoscritto che, a<br />
sua volta aveva ricevuto dal sac. prof. Francesco Gibellina, partinicese,<br />
docente al Liceo Classico <strong>di</strong> Caltanissetta.<br />
La ragione più profonda della mia sod<strong>di</strong>sfazione deriva dal fatto<br />
che con questa pubblicazione del notaio Di Bartolomeo, nato e<br />
vissuto a <strong>Partinico</strong>, viene a mettersi in luce la storia della nostra<br />
città, dei suoi monumenti e, soprattutto, delle sue ra<strong>di</strong>ci cristiane.<br />
Sono sicuro che questa pubblicazione, oltre a far conoscere<br />
aspetti poco noti della vita della nostra città, sarà utilissima alle<br />
nuove generazioni per proiettarsi in un avvenire migliore.<br />
<strong>Partinico</strong> marzo 2007<br />
mons. <strong>Giuseppe</strong> Geraci<br />
Arciprete <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
5
Introduzione<br />
Sono <strong>di</strong>versi gli scrittori <strong>di</strong> storia <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> che nelle loro opere<br />
si riferiscono agli stu<strong>di</strong>, sullo stesso oggetto, fatti dal notar D. <strong>Giuseppe</strong><br />
Maria <strong>di</strong> Bartolomeo. Possono citarsi il Marchese <strong>di</strong> Villabianca<br />
(1802), Marino (1850), Gibellina (1910), Lo Grasso (1935).<br />
Scrive <strong>Giuseppe</strong> <strong>Casarrubea</strong> nel suo Uomini e terra <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> –<br />
Vittorietti E<strong>di</strong>tore – Palermo (1981) nella nota a pag. 10: figlio <strong>di</strong><br />
Domenico, uno dei più gran<strong>di</strong> gabelloti del tempo, e <strong>di</strong> Crescenzia<br />
Oddo, sua terza moglie, il Di Bartolomeo è uno <strong>di</strong> quegli sconosciuti<br />
letterati del Settecento che meriterebbero <strong>di</strong> essere portati<br />
alla luce se non altro perché il Settecento siciliano è ancora oggi<br />
poco conosciuto.<br />
Il Villabianca ce ne dà un quadro sommario: da giovinetto questi<br />
dotato dalla natura del bel genio <strong>di</strong> coltivare le muse e la leggiadria<br />
della comica teatrale, ne ha professato egli in tutti i tempi della sua<br />
età gloriosamente le belle arti. Ne vagano quin<strong>di</strong> le <strong>di</strong> lui composizioni<br />
e parti graziosamente lavorate su tal talento per le mani dei<br />
letterati e quasi tutte esse quantunque ine<strong>di</strong>te sono state portate in<br />
scena con sommo applauso e stimate degne della luce dei torchii.<br />
Una delle sue opere è la comme<strong>di</strong>a dei Golosi Scherniti stampata<br />
a Palermo per i tipi <strong>di</strong> Pietro Bentivegna nel 1779. Ai torchi furono<br />
dati anche parecchi suoi sonetti in lode <strong>di</strong> alcuni scrittori <strong>di</strong> opere<br />
scientifiche.<br />
Ma il Di Bartolomeo fu soprattutto autore <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e e trage<strong>di</strong>e<br />
che si àn fatto nome ne' teatri e montano più volte in scena<br />
portando il carattere per lo più buffo.<br />
Nessuno, malgrado estenuanti ricerche in archivi e biblioteche<br />
nel corso del tempo, è mai riuscito a venire in possesso del prezioso<br />
documento – pronto per essere dato alle stampe e consegnato<br />
alla storia nel 1805 – per il semplice motivo che il manoscritto<br />
originale non si trovava neppure in provincia <strong>di</strong> Palermo e, solo<br />
recentemente, è stato reperito da mons. <strong>Giuseppe</strong> Geraci, Arciprete<br />
<strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>.<br />
Il notaio Don <strong>Giuseppe</strong> Maria <strong>di</strong> Bartolomeo nacque in <strong>Partinico</strong><br />
il 19 marzo 1753 da Domenico, anch'esso notaio, e da una popolana,<br />
Crescenza Oddo. Il padre era nato nel 1695 a Regalmuto,<br />
mentre il nonno, Niccolò era originario <strong>di</strong> Corleone.<br />
Contemporaneo e in rapporti con l'illustre Marchese <strong>di</strong> Villabianca<br />
l'autore riporta una cartolina estratta dagli opuscoli sulle qualità<br />
del padre Domenico: Notar D. Domenico <strong>di</strong> Bartolomeo, pel latino<br />
eloquio, per la buona <strong>di</strong>sposizione, ed esattezza legale, che contengono<br />
li libri <strong>di</strong> questo notaio, si può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere le migliori <strong>di</strong><br />
tutti quanti che ne corrono de' <strong>di</strong>fonti notai <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>. Si anno<br />
questi attivati per libri mastri, esenti <strong>di</strong> ogni ammenda. La famiglia<br />
<strong>di</strong> Bartolomeo fiorì nobilissima nella città <strong>di</strong> Palermo. Il primo che<br />
6
<strong>di</strong> lei leggiamo è Lembo <strong>di</strong> Bartolomeo, giurista, che fu Giu<strong>di</strong>ce<br />
della Gran Corte del re Pietro II nel 1340 scrive l'autore.<br />
L’opera è costituita dall’aggregazione <strong>di</strong> nove quinterni legati insieme<br />
in modo piuttosto precario e formanti un unico volume, privo<br />
<strong>di</strong> copertina, della quale però si conservano tre legacci <strong>di</strong> cuoio<br />
nella zona centrale.<br />
Lo stato <strong>di</strong> conservazione è piuttosto buono. Vi è solo una leggera<br />
macchia <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà nell’angolo inferiore sinistro, che si estende<br />
per tutto il volume, che ha provocato un leggero degrado dello<br />
scritto. L’inchiostro <strong>di</strong> colore bruno è ben conservato, le carte hanno<br />
la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> cm. 25 x 35 e provengono dalla stessa cartiera,<br />
la Fagiani, e, quasi tutte presentano evidenti impronte dell’uso<br />
manuale nella zona destra. Le prime tre carte non contengono<br />
numerazione. La quarta inizia col numero 1 e la numerazione, recto<br />
e verso, prosegue sino al n. 228. Dopo questo numero è evidente<br />
la mancanza <strong>di</strong> un quinterno e la numerazione riprende col n.<br />
241 e prosegue sino all’ultima carta col n. 250. La prima carta <strong>di</strong><br />
frontespizio, contiene il titolo, con la de<strong>di</strong>ca, la data ed una frase<br />
del Metastasio.<br />
Si è in presenza <strong>di</strong> un’opera <strong>di</strong> eccezionale valore storico e culturale,<br />
che restituisce a <strong>Partinico</strong> la sua memoria e la sua identità<br />
nel modo più completo. L’autore si <strong>di</strong>stingue anzitutto per la sincera<br />
ed onesta probità intellettuale, per la rigorosa precisione delle<br />
informazioni fornite, perché cita scrupolosamente le fonti che, nella<br />
maggior parte, sono costituite da atti notarili, dei quali era un perfetto<br />
conoscitore ed un attento e meticoloso ricercatore.<br />
E’ quanto mai interessante la trattazione della vita della città e<br />
dell’evoluzione delle sue strutture amministrative, la descrizione<br />
precisa del territorio, della sua estensione, dei suoi prodotti, delle<br />
memorie, delle usanze, delle tra<strong>di</strong>zioni, della storia dei monumenti,<br />
la trascrizione delle lapi<strong>di</strong> e delle iscrizioni ivi poste, molte delle<br />
quali sono ormai perdute, come pure sono assai interessanti le<br />
numerose informazioni biografiche sulle personalità più illustri e<br />
benemerite <strong>di</strong> questa città.<br />
Tutte queste qualità lo rendono nettamente <strong>di</strong>verso e superiore<br />
rispetto a tutti gli altri autori che, in passato, si sono occupati della<br />
storia <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, come il Marchese <strong>di</strong> Villabianca, coetaneo ed<br />
amico del Di Bartolomeo, autore <strong>di</strong> una “<strong>Storia</strong> della Sala <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>”.<br />
Il Villabianca però non era originario <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e la sua opera,<br />
se pur ricca <strong>di</strong> pregi, ha una carattere piuttosto descrittivo e<br />
<strong>di</strong>stante, mentre nell’opera del Di Bartolomeo si avverte l’amore<br />
dell’autore per la sua città e per la sua storia.<br />
Questa pubblicazione contiene il testo integralmente trascritto,<br />
nel rispetto dei moderni criteri <strong>di</strong> trascrizione, corredato da un in<strong>di</strong>ce<br />
onomastico e toponomastico. Le annotazioni al testo, oltre ad<br />
7
esplicitare la terminologia usata, fanno riferimento alle più recenti<br />
ricerche nei settori specifici, sia storici che toponomastici.<br />
8<br />
<strong>Partinico</strong> <strong>di</strong>cembre 2006<br />
<strong>Giuseppe</strong> Schirò<br />
Gioacchino Nania
In<strong>di</strong>ce generale<br />
Presentazione ................................................................................5<br />
Introduzione ..................................................................................6<br />
In<strong>di</strong>ce ............................................................................................13<br />
Parte prima ..................................................................................16<br />
Capitolo I.......................................................................................... 16<br />
Introduzione alla storia: etimologia <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> – sua origine –<br />
sito antico e moderno della medesima...................................... 16<br />
Capitolo II ........................................................................................ 25<br />
Origine e fondazione della venerabile regale Abbazia <strong>di</strong> Santa<br />
Maria d’Altofonte, sotto vocabolo del Parco e <strong>Partinico</strong> e de’ suoi<br />
privileggi ed essenzioni........................................................... 25<br />
Serie storico-cronologica degli abbati <strong>di</strong> Santa Maria d’Altofonte<br />
conosciuta sotto vocabolo del Parco e <strong>Partinico</strong>. ..................... 34<br />
Capitolo IV....................................................................................... 49<br />
La nostra città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> in prospetto, sua fondazione,<br />
progresso e stato presente con quanto v’ha in essa <strong>di</strong><br />
rimarchevole. ......................................................................... 49<br />
Capitolo V......................................................................................... 64<br />
La terra del Parco, altro fondo <strong>di</strong> nostra venerabile reale Abbazia<br />
d’Altofonte, con quanto in essa e suo territorio si contiene. ...... 64<br />
Capitolo VI....................................................................................... 70<br />
Borgetto e Sicciara, loro chiese un tempo <strong>di</strong> pertinenza e<br />
giuris<strong>di</strong>zione della nostra real Madrice chiesa <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, <strong>di</strong> lei<br />
suborghi adesso <strong>di</strong>smembrate.................................................. 70<br />
Capitolo VII..................................................................................... 85<br />
Strade suburbane <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, stato rurale della medesima città,<br />
continente il <strong>di</strong> lui moderno salmeggio, siccome i suoi possessori<br />
utili domini ed enfiteuti e quanto in esso Stato oggidì esiste<br />
d’anticaglie saracinesche, casini e chiese villerecce................. 85<br />
Capitolo VIII ................................................................................... 96<br />
Fiumi, fonti d’acque, mulini, cartiere, stazzoni, trappeti, mangani<br />
da seta, tonnare e laghi <strong>di</strong> pesci d’acqua dolce, che si trovano<br />
nella città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e suo territorio e <strong>di</strong> lui produzioni. ....... 96<br />
Capitolo IX..................................................................................... 106<br />
Luoghi deliziosi, cacce, accademie e anticaglie che avvanzano<br />
nella città e sue vicinanze e territorio.................................... 106<br />
Parte seconda: della fondazione delle chiese ....................115<br />
Capitolo I........................................................................................ 115<br />
9
Fondazione della venerabile regal Madrice chiesa <strong>di</strong> regio<br />
patronato ............................................................................. 115<br />
Capitolo II ...................................................................................... 137<br />
Chiesa <strong>di</strong> San Leonardo in cui la Compagnia del ss.mo<br />
Sacramento .......................................................................... 137<br />
Capitolo III .................................................................................... 140<br />
Ven. Spedale dell’Infermi e sua chiesa ed aggregazione della<br />
Compagnia dell’Immacolata Concezione................................ 140<br />
Capitolo IV..................................................................................... 144<br />
Ven. Chiesa <strong>di</strong> San Francesco ed Opera del Purgatorio .......... 144<br />
Capitolo V....................................................................................... 146<br />
Venerabile convento e chiesa dei Cappuccini ......................... 146<br />
Capitolo VI..................................................................................... 151<br />
Ven. chiesa <strong>di</strong> santo Rocco, ovvero convento e chiesa del Carmine<br />
........................................................................................... 151<br />
Capitolo VII................................................................................... 156<br />
Ven. Chiesa <strong>di</strong> s. Antonio <strong>di</strong> Padova ...................................... 156<br />
Capitolo VIII ................................................................................. 160<br />
Venerabile regal Collegio <strong>di</strong> Maria ....................................... 160<br />
Capitolo IX..................................................................................... 169<br />
Ven. chiesa dell’oratorio del Carmine ................................... 169<br />
Capitolo X....................................................................................... 169<br />
Ven. Compagnia e chiesa del SS. Crocefisso .......................... 169<br />
Capitolo XI..................................................................................... 170<br />
Ven. Compagnia <strong>di</strong> Maria SS. Del Rosario ............................. 170<br />
Capitolo XII ................................................................................... 171<br />
Ven. Congregazione ossia Confraternita dell’Opera Santa della<br />
Misericor<strong>di</strong>a, cui oggidì va aggregata la filial parrocchia. ..... 171<br />
Capitolo XIII ................................................................................. 174<br />
Ven. chiesa e Confraternita<strong>di</strong> Maria SS.ma degli Agonizzanti . 174<br />
Capitolo XIV.................................................................................. 175<br />
Ven. chiesa della Confraternita <strong>di</strong> Gesù Maria, cui oggi è<br />
aggregato lo ritiro detto <strong>di</strong> padre Manfré, ossia l’orfanotrofio <strong>di</strong><br />
Maria SS. del Ponte.............................................................. 175<br />
Capitolo XV ................................................................................... 176<br />
Reclusorio delle donzelle sotto titolo <strong>di</strong> Maria SS.ma del Ponte,<br />
titolo da me suggerito in onore <strong>di</strong> nostra Padrona oggi, detto lo<br />
Ritiro <strong>di</strong> padre Manfré aggregato a detta ven. Confraternita <strong>di</strong><br />
Gesù Maria .......................................................................... 176<br />
Capitolo XVI.................................................................................. 182<br />
10
Ven. chiesa e Confraternita del patriarca san <strong>Giuseppe</strong>.......... 182<br />
Capitolo XVII................................................................................ 184<br />
Ven. chiesa <strong>di</strong> S. Maria della Grazia, volgarmene detta <strong>di</strong> Ballo,<br />
oggi real cappella del casino reale........................................ 184<br />
Capitolo XVIII .............................................................................. 186<br />
Ven. chiesa del patriarca san Gioacchino .............................. 186<br />
Capitolo XIX.................................................................................. 187<br />
Santa Casa degli Esercizi <strong>di</strong> s. Ignazio .................................. 187<br />
Capitolo XX ................................................................................... 190<br />
Ven. santuario <strong>di</strong> Nostra Signora Maria SS.ma del Ponte........ 190<br />
Capitolo XXI.................................................................................. 195<br />
Iscrizioni lapidarie ovvero epitaffii sepolcrali che esistono nelle<br />
chiese infradette................................................................... 195<br />
Capitolo XXII................................................................................ 204<br />
Uomini segnalati nel servigio <strong>di</strong> Dio ed in santità .................. 204<br />
Capitolo XXIII .............................................................................. 223<br />
Uomini illustri in letteratura, professioni ed arti.................... 223<br />
Appen<strong>di</strong>ce.....................................................................................233<br />
Memoria per la manipolazione dei vini ......................................... 233<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi e dei luoghi ..................................................240<br />
11
Non meritò <strong>di</strong> nascere<br />
chi visse sol per sé<br />
Met. 1<br />
12<br />
STORIA <strong>di</strong> PARTINICO<br />
<strong>di</strong><br />
Notar D. <strong>Giuseppe</strong> Maria <strong>di</strong> Bartolomeo<br />
della medesima<br />
Memorie Storiche<br />
Intorno alla fondazione, progresso e stato<br />
della ven. reale Abba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Santa Maria d’<br />
Altofonte<br />
sotto titolo del Parco e <strong>Partinico</strong>,<br />
e delle stesse popolazioni e conta<strong>di</strong>:<br />
ricavate e scritte da notar Don<br />
<strong>Giuseppe</strong> Maria <strong>di</strong> Bartolomeo<br />
<strong>di</strong> detta città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>.<br />
consacrate<br />
a Sua Altezza il principe D. Leopoldo<br />
<strong>di</strong> Borbone secondo genito del Re nostro Signore<br />
Delle Due Sicilie Fer<strong>di</strong>nando primo<br />
Terzo,<br />
Regio Commendatore <strong>di</strong><br />
suddetta Abazia, oggidì aggregata alla<br />
Real Commenda della Maggione<br />
Anno 1805<br />
1 Metastasio, “Il sogno <strong>di</strong> Scipione” – Il verbo non è visse ma vive
Parte I<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Capitolo I Introduzione alla storia: etimologia<br />
<strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, sua origine,<br />
sito antico e moderno della me-<br />
desima.<br />
Capitolo II Origine, fondazione della venerabile<br />
regale Abbazia <strong>di</strong> Santa<br />
Maria d’Altofonte, sotto vocabolo<br />
del Parco e <strong>Partinico</strong> e de’<br />
suoi privileggi ed essenzioni.<br />
Capitolo III Serie storico-cronologica degli<br />
abbati <strong>di</strong> Santa Maria<br />
d’Altofonte sotto vocabolo del<br />
Parco e <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>.<br />
Capitolo IV La nostra città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> in<br />
prospetto, sua fondazione, progresso<br />
e stato presente con<br />
quanto v’ha in essa <strong>di</strong> rimarche-<br />
vole.<br />
Capitolo V La terra del Parco, altro fondo<br />
<strong>di</strong> nostra venerabile reale Abbazia<br />
d’Altofonte, con quanto in<br />
essa e suo territorio si contiene.<br />
Capitolo VI Borgetto e Sicciara, loro chiese<br />
un tempo <strong>di</strong> pertinenza e giuris<strong>di</strong>zione<br />
della nostra real Madrice<br />
chiesa <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, <strong>di</strong> lei<br />
suborghi, adesso <strong>di</strong>smembrate.<br />
Capitolo VII Strade suburbane <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>:<br />
stato rurale della medesima città,<br />
continente il <strong>di</strong> lui moderno<br />
salmeggio, siccome i suoi possessori<br />
utili dòmini ed enfiteuti<br />
e quanto in esso Stato oggidì esiste<br />
d’anticaglie saracinesche,<br />
casini e chiese villerecce.<br />
Capitolo VIII Fiumi, fonti d’acque, mulini,<br />
cartiere, stazzoni, trappeti, mangani<br />
da seta, tonnare e laghi <strong>di</strong><br />
pesci d’acqua dolce, che si trovano<br />
nella città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, suo<br />
territorio e <strong>di</strong> lui produzioni.<br />
Capitolo IX Luoghi deliziosi, cacce, acca-<br />
Foglio 1<br />
Foglio 11<br />
Foglio 23<br />
Foglio 40<br />
Foglio 54<br />
Foglio 60<br />
Foglio 76<br />
Foglio 89<br />
13
Parte II<br />
demie e anticaglie, che avvanzano<br />
nella città e sue vicinanze<br />
e territorio.<br />
Capitolo I Fondazione della venerabile regal<br />
Madrice chiesa <strong>di</strong> regio Pa-<br />
dronato.<br />
Capitolo II Chiesa <strong>di</strong> san Leonardo, in cui<br />
la Compagnia del ss. Sacramen-<br />
to.<br />
Capitolo III Venerabile spedale dell’infermi<br />
e sua chiesa ed aggregazione<br />
della Compagnia della Immacolata<br />
Concezione.<br />
Capitolo IV Venerabile chiesa <strong>di</strong> san Francesco<br />
ed Opera del Purgatorio.<br />
Capitolo V Venerabile convento e chiesa<br />
de’ Cappuccini.<br />
Capitolo VI Venerabile chiesa <strong>di</strong> santo Rocco<br />
ovvero convento e Chiesa del<br />
Carmine.<br />
Capitolo VII Venerabile chiesa <strong>di</strong> sant’Antonio<br />
<strong>di</strong> Padova.<br />
Capitolo VIII Venerabile regal Collegio <strong>di</strong><br />
Maria.<br />
Capitolo IX Venerabile chiesa dell’oratorio<br />
del Carmine.<br />
Capitolo X Venerabile Compagnia e chiesa<br />
del ss. Crocefisso.<br />
Capitolo XI Venerabile Compagnia <strong>di</strong> Maria<br />
ss.ma del Rosario.<br />
Capitolo XII Venerabile Congregazione ossia<br />
Confraternita dell’Opera Santa<br />
della Misericor<strong>di</strong>a, cui oggidì va<br />
aggregata la filial parrocchia.<br />
Capitolo XIII Venerabile chiesa e Confraternita<br />
<strong>di</strong> Maria ss. degli Agonizzan-<br />
ti.<br />
Capitolo XIV Venerabile chiesa della Confraternita<br />
<strong>di</strong> Gesù e Maria, cui oggi<br />
è aggregato lo Ritiro <strong>di</strong> padre<br />
Manfré, ossia l’orfanatrofio <strong>di</strong><br />
Maria ss. del Ponte<br />
14<br />
Foglio 99<br />
Foglio 107<br />
Foglio 129<br />
Foglio 131<br />
Foglio 135<br />
Foglio 137<br />
Foglio 142<br />
Foglio 148<br />
Foglio 152<br />
Foglio 161<br />
Foglio 161<br />
Foglio 162<br />
Foglio 163<br />
Foglio 165<br />
Foglio 166
Capitolo XV Reclusorio delle donzelle sotto<br />
titolo <strong>di</strong> Maria ss. del Ponte, titolo<br />
da me suggerito in onore<br />
della Padrona, oggi detto lo Ritiro<br />
<strong>di</strong> padre Manfré aggregato a<br />
detta venerabile Confraternita <strong>di</strong><br />
Gesù e Maria.<br />
Capitolo XVI Venerabile chiesa e Confraterni-<br />
ta del patriarca s. <strong>Giuseppe</strong>.<br />
Capitolo XVII Venerabile chiesa <strong>di</strong> Maria ss.<br />
della Grazia volgarmente detta<br />
<strong>di</strong> Ballo, oggi real cappella del<br />
Casino reale.<br />
Capitolo XVIII Venerabile chiesa del patriarca<br />
san Gioacchino.<br />
Capitolo XIX Santa Casa degli Esercizi <strong>di</strong><br />
sant’Ignazio<br />
Capitolo XX Venerabile santuario <strong>di</strong> Nostra<br />
Signora Maria ss. del Ponte<br />
Capitolo XXI Iscrizioni lapidarie ovvero epitafii<br />
sepolcrali che esistono nelle<br />
chiese infrascritte<br />
Capitolo XXII Uomini segnalati nel servizio <strong>di</strong><br />
Dio e in santità<br />
Capitolo XXIII Uomini illustri in letteratura,<br />
professioni ed arti.<br />
Foglio 168<br />
Foglio 174<br />
Foglio 176<br />
Foglio 178<br />
Foglio 179<br />
Foglio 183<br />
Foglio 187<br />
Foglio 195<br />
Foglio 220<br />
15
16<br />
G.M.G.L. 2<br />
della storia della città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
ossia<br />
della venerabile regale Abbazia<br />
<strong>di</strong> s. M.a d’Altofonte sotto titolo del<br />
Parco, e <strong>Partinico</strong>.<br />
Parte prima<br />
Capitolo I<br />
Introduzione alla storia: etimologia <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> – sua origine –<br />
sito antico e moderno della medesima.<br />
Non v’ha tra gli uomini cosa più cara, monumento più augusto<br />
per la posterità, che l’istoria patriottica. Un invincibile istinto<br />
d’innato affetto verso la patria ci attira sempre e ci pervade costantemente<br />
a promuoverne l’avvantaggi possibili e stabilirne<br />
per quanto da noi si possa la felicità, sino alle volte a costo del<br />
proprio sangue. Tanti venerabili esempi dell’antichità ce lo danno<br />
a rivedere in persona d’innumerevoli eroi: l’unanime consenso<br />
<strong>di</strong> tutte le nazioni del mondo ce lo contestano, e fin anco ce<br />
l’ammaestra l’amoroso attaccamento ai lor propri covili de’ bruti<br />
stessi; e noi, qualora spinti e guidati dalla molla della natura non<br />
ché dalla ragione ci facciamo un dovere <strong>di</strong> calcare le stesse onorate<br />
tracce degli ottimi citta<strong>di</strong>ni, ci ren<strong>di</strong>amo all’ugual tempo e<br />
giusti insieme e gloriosi onorando la patria, avendo a cuore la<br />
stessa.<br />
2<br />
Sono oramai <strong>di</strong> già trascorsi quattro secoli e più da che risorse<br />
nuovamente al fiorire l’o<strong>di</strong>erno abitato <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>; quella stessa<br />
<strong>Partinico</strong> rimasta oscura fra gli avanzi de’ barbari, ma adottata<br />
bambina poi e resa adulta all’aura felicissima <strong>di</strong> prelati cospicui,<br />
d’insigni porporati, d’illustri sempre e magnanimi Commendatarii,<br />
che - vaglia la verità – attesa la dovizia de’ campi, la <strong>di</strong> lei<br />
amenità, la invi<strong>di</strong>abile situazione cui fu dalla natura fortunatamente<br />
dotata, d’avanzo miserabile <strong>di</strong> ruine <strong>di</strong> antica città qual<br />
surse un giorno, loro mercé la estolsero a contrastarne, per così<br />
<strong>di</strong>re, il primato alle più colte, più belle e più ragguardevoli città<br />
del Regno, e che oggidì finalmente esaltata si vede all’energico<br />
(e non senza mistero) specioso titolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>vota e fedele città; doti<br />
peculiari detettevi dalla munificenza del migliore tra i Re, Fer-<br />
2 G.M.G.L = Gesù Maria <strong>Giuseppe</strong> Leonardo
<strong>di</strong>nando III <strong>di</strong> Borbone – Dio guar<strong>di</strong> – nostro amabilissimo Sovrano;<br />
a segno ché non solo trovasi da quello garentita e <strong>di</strong>stinta,<br />
ma careggiata altresì e pre<strong>di</strong>letta, sovente onorandola dalla <strong>di</strong><br />
lui augusta <strong>di</strong>mora, prescelto avendosi nel <strong>di</strong> lei seno un <strong>di</strong> lui<br />
regale albergo e delizioso, onde da presso godersela, qualora<br />
stanco dalle cure del Regno dar voglia all’animo suo regale de’<br />
prudenti sollazzi, in essa trasferendovisi gioviale dalla vicina<br />
dominante Palermo.<br />
Avventurati citta<strong>di</strong>ni, cui è toccato in sorte sì clementissimo<br />
Principe, epoca sì faustissima alla vostra felicità! Io non v’invi<strong>di</strong>o<br />
punto, giacché del pari godo io delle communi fortune, perché<br />
partecipe delle medesime<br />
3<br />
qual membro fedelissimo <strong>di</strong> cui mi vanto. Ciò mi ha impuntato a<br />
ragione, tutto ché inetto, <strong>di</strong>sadorno e sfornito de’ necessari talenti,<br />
a trarre dall’oscurità e <strong>di</strong>menticanza de’ tempi andati la<br />
presente storica narrazione ed agognare, per quanto le mie deboli<br />
forze il permettono, all’impasto della medesima in ammenda della<br />
negligenza o <strong>di</strong>samorevole errore de’ miei concitta<strong>di</strong>ni, cui<br />
avrebbe prima peculiarmente dovuto premere l’interesse e<br />
l’impegno in onor della patria, e per non assoggettirsi alla reprensibile<br />
trascuratezza, indegna <strong>di</strong> un buon patriotta, per cui<br />
bene<strong>di</strong>co i sudori se trovo la mia mercede, come non <strong>di</strong>spero ritrovar<br />
senza meno, nel solo commune aggra<strong>di</strong>mento e benignità,<br />
insieme del sempre grande e amabilissimo nostroPadre e Signore,<br />
sotto i <strong>di</strong> cui regali auspici esce fortunatamente alla luce 3 .<br />
<strong>Partinico</strong> adunque se vogliam darle (come senza fallo se le deve)<br />
la precedenza ai tempi de’ Saracini ed attenersi alla <strong>di</strong> lei<br />
greca definizione παρϑενικοs corrisponde a Virginalis de’ Latini<br />
e a quella quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> parte verginale degli Italiani. E ciò forse<br />
per ragione alla de<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> una qualche vergine dea od altro<br />
che ché si fosse da noi ignorato. Se poi si voglia, per un momento,<br />
saracinesca voce Parthenic, secondo rapportan Malaterra ed<br />
altri (a) Parthenic cum omnibus suis pertinentiis, etc 4 . dee premettersi,<br />
come parecchie città situate sull’eminenza d’una qualche<br />
collina o montagna del nostro Regno, portavano l’aggiunto<br />
<strong>di</strong> Naica ossia Calata, voce che usavan gli Arabi a significare,<br />
anche semplicemente, un monte e infatti trovasi la fortezza Naica,<br />
che da’ scrittori<br />
3 Annullata nell’originale<br />
4 Parthenic con tutte le sue pertinenze etc.<br />
17
(a) Libro 3. N° 2, pag. 214. Tomo I della Biblioteca del Caruso, ed anche in un<br />
<strong>di</strong>ploma del Conte Rogieri al 1193 5 appo il Pirro, Not. Eccles. Mazar. pag. 500.<br />
4<br />
s’interpreta: la fortezza in cima al monte e quin<strong>di</strong> presso già <strong>Partinico</strong>.<br />
Onde ci fa credere fuor <strong>di</strong> dubbio che un tal nome formato<br />
fosse da due parole: Nico, cioè, e Parte, dalla voce Phart o<br />
Bart, che significano: signum rectum ad in<strong>di</strong>candam viam, dux et<br />
index vie 6 vale a <strong>di</strong>re il Nico per relazione a Naica, ch’era la<br />
suddetta fortezza, e Parte, significante il posto <strong>di</strong> un poggio, un<br />
ermete 7 o altro segnale, che in<strong>di</strong>casse il cammino o viottolo per<br />
andare a Naica, ossia Nico (a).<br />
Nell’intelligenza che il nome <strong>Partinico</strong> è stravisato dall’arabica<br />
pronunzia, quali arabi tra l’altri stravolgimenti privi sendo nel <strong>di</strong><br />
loro alfabeto della lettera equivalente al P de’ Latini, sebbene<br />
alle volte il compensino col Phe forte ed acuto, ossia segnato col<br />
Tefo<strong>di</strong>dum, pello più però lo proferiscono col Be, cossì in fatti,<br />
per rapportarne fra l’innumerevoli un esempio: invece <strong>di</strong> Petros<br />
proferiscono e scrivono Betros.<br />
Voglion altri che <strong>Partinico</strong> fosse cossì appellata ed essere stata<br />
Parte del castello <strong>di</strong> Naica suddetta, perché nei tempi oscuri e a<br />
noi lontani chiamata Castel de’ Sicoli, come sotto <strong>di</strong>remo.<br />
Non patisce frattanto dubiezza alcuna il costante nome <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
ai tempi <strong>di</strong> suddetti Arabi, che benanco la <strong>di</strong>ssero Barstanin.(b)<br />
8<br />
E del pari, in una carta geografica dell’antica Sicilia, ove si respingono<br />
in lingua latina i nomi delle città tutte, terre, castella<br />
ed ogni altro, ch’esistevano allora in essa isola, vi si annovera e<br />
legge Parthenicum, <strong>di</strong> genere neutro, e che oggi non si sa il perché<br />
scrivesi Partenicus, tolta e abbolita l’h e ridotta a voce maschile.(x)<br />
E che cotesta voce sia passata altresì a volgari-<br />
(a) Tar<strong>di</strong>a, Opusc. Sic. Di Blasi, Tom. 8 fogl. 309<br />
(b) Pirro, Sic. Sacr., Not. 6. Maz. Tomo 2. Fog. 398. Tar<strong>di</strong>a, Opusc. Sic. Di Blasi.<br />
Tom. 8. Fogl. 309<br />
(x) L’anzidetta carta geografica trovasi annessa nel Viaggio della Sicilia del cavaliere<br />
Gastone conte della Torre <strong>di</strong> Rezzonico, patrizio comasco, prima e<strong>di</strong>zione<br />
5 Da correggere in 1093<br />
6 segno retto per in<strong>di</strong>care la via, guida e in<strong>di</strong>ce della via<br />
7 Scultura su colonna raffigurante una testa umana e parte appena del busto (dal latino<br />
Herma = forma femminile <strong>di</strong> Hermes, <strong>di</strong>o Ermete (Mercurio).<br />
8 Nel periodo arabo, <strong>Partinico</strong> è riportato al-Bart’niq e Parthenicum come si rileva nei testi<br />
arabo e latino della donazione <strong>di</strong> Guglielmo II al monastero <strong>di</strong> Santa Maria la Nuova <strong>di</strong> Monreale<br />
risalente al maggio del 1182. La forma Barstanin riportata da Rocco Pirri è uno dei<br />
tanti strazi operati dallo stesso nella trascrizione <strong>di</strong> numerosi toponimi.<br />
18
in Palermo, 1828, presso gli ere<strong>di</strong> Abbate del fu Francesco, nella quale carta si<br />
legge: Sicilia antiqua cum antiquis itineribus, ex itinerario M. Antonimi, ove si<br />
vede la descrizione del viaggio della posta: da Palermo = Panormus – Hiccara –<br />
Parthenicum – Segesta – Drepanum. E che la marina vicino <strong>Partinico</strong> si chiamava<br />
Aquae partinicenses 9 . Quin<strong>di</strong> ad evidenza si contesta l’esistenza <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
nell’epoca <strong>di</strong> Segesta che fu <strong>di</strong>strutta da ……..(sic)<br />
5<br />
zarsi e adottata in cognome <strong>di</strong> famiglia illustre (o perché natia o<br />
perché oriunda) si ha dal Pirro anzidetto nel suo Tomo I della<br />
Sicilia Sacra al f. 98 nella soscrizione <strong>di</strong> taluni soggetti intervenuti<br />
a legalizzare un atto regio fatto da Guglielmo I, Re <strong>di</strong> Sicilia,<br />
a favore della Metropolitana <strong>di</strong> Palermo nell’ottobre del<br />
1157 VI ind. 10 , in cui si legge: Ego Mattheus de <strong>Partinico</strong> testis<br />
sum 11 .<br />
Dall’addotte irrefragabili storiche testimonianze probanti la denominazione<br />
suddetta si ha pure chiaramente esservi stata sin dai<br />
tempi trasandati e pria dell’attuale abitato, cotesta antica <strong>Partinico</strong><br />
e seco ancora senza contrasto la sua fortezza Naica o altrimenti<br />
detta Castel dei Sicoli. Per rimontarne ora a un <strong>di</strong> presso<br />
l’epoca onde sursero e contestarne insiememente il verisimile<br />
preciso topografico sito, per quanto ci addottrinano gli scrittori e<br />
ci guida la prudente conghiettura, andrem <strong>di</strong> passo a respingerne<br />
la circostanza.<br />
Si vuole che il famigerato Castel de’ Sicoli fosse stato nella sua<br />
origine assegnato in custo<strong>di</strong>a <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>. Cotesta abitazione,<br />
senza meno, dobbiam crederla precessa alla fabrica del medesimo.<br />
Ciò dovette avvenire immancabilmente sotto il governo de’<br />
Sicoli – giacché il Castello ne assunse il nome ed in<strong>di</strong> poi lo ritenne<br />
lungamente – dominanti allora <strong>di</strong> nostra isola, <strong>di</strong>scacciati i<br />
Sicani e pria d’essere eglino respinti da’ Greci. I Sicoli signoreggiarono<br />
la Sicilia anni 427 avanti Gesù Cristo e del 4 anno<br />
della guerra del Peloponneso ossia al II dell’Olimpiade XXCVIII<br />
che compongono ventidue secoli e alquanti anni <strong>di</strong> più ad<strong>di</strong>etro(a).<br />
Suddetti e<strong>di</strong>fizi <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e suo Castello de’ Sicoli si vollero<br />
giacenti presso l’antica Elima, città cioè detta anche Palamita(b),<br />
quella stessa fondata dal famoso Aceste condottiero dei fuggiaschi<br />
Troiani origine della guerra co’ Greci pel ratto <strong>di</strong> Elena,<br />
9 Nei co<strong>di</strong>ci è riportato “perticianenses” non “partinicenses”<br />
10 Ind. = In<strong>di</strong>zione: corrispondeva ad un periodo cronologico <strong>di</strong> 15 anni. Erano gli anni amministrativi<br />
utilizzati soprattutto nel calendario ecclesiastico. Tali anni presi a gruppi <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci<br />
a partire dal 313 d.C. iniziavano il 1° Settembre <strong>di</strong> ogni anno e cessavano il 31 Agosto<br />
dell’anno successivo. Tale computo fu abolito con decreto del 19 Novembre 1818.<br />
11 E’ l’atto con cui Guglielmo I dona alla Chiesa Panormitana il feudo <strong>di</strong> Broccato nei pressi<br />
<strong>di</strong> Caccamo. L’atto è controfirmato anche dal noto Matteo Bonello.<br />
19
famosissima bella regina greca, moglie del re Menelao, cognata<br />
<strong>di</strong> Agamennone, detto Re dei Re<br />
(a) Tuci<strong>di</strong>de, Libro 3 ed Opusc. Sic. Tomo 6 Fog. 292 e 293. Il chiarissimo Canonico<br />
<strong>di</strong> Gregorio sul tomo I delle sue Considerazioni vuole <strong>Partinico</strong> antichissima<br />
e vi prova esservi stata anche truppa <strong>di</strong> militi<br />
(b) Caruso, Stor. Sic. Part. I, Vol. I, Libr. I, Fogl. 33<br />
6<br />
circa l’anno 1201 prima <strong>di</strong> Gesù Cristo(a). Del pari si accenna il<br />
sito della città anzidetta: su la cima <strong>di</strong> un monte, quell’appunto,<br />
che tutto si estolle lungo la marina <strong>di</strong> s. Cataldo, littorale <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>,<br />
secondo il Cluverio, e se ne in<strong>di</strong>cano altresì l’orme <strong>di</strong> un<br />
sontuoso tempio da Enea troiano innalzato in onore <strong>di</strong> Venere<br />
sua genitrice, come si ha dallo scrittore Antonino 12 nel suo Itinerario<br />
Romano delle Provincie(b). Non è ciò frattanto senza contrasto<br />
appo degli antiquarii, che tolgono affatto Elima dalla corografia<br />
<strong>di</strong> nostra isola sebbene il Fazello la voglia assolutamente<br />
(c). E si vuole per fine, che nell’in<strong>di</strong>ziato Castello fossevi stato<br />
relegato da Guglielmo, re <strong>di</strong> Sicilia, l’uno <strong>di</strong> quei tre rei cavalieri,<br />
stante l’altro in quello <strong>di</strong> Bonifato (oggi montagna<br />
dell’alto) d’Alcamo, ed il terzo nel castello <strong>di</strong> Corleone.<br />
Ciò va apertamente e con ragionevolezza lontano troppo dal vero<br />
e patisce dell’insuperabili ostacoli e contrad<strong>di</strong>zioni. Primieramente<br />
perché <strong>Partinico</strong>, nonché il <strong>di</strong>visato Castel de’ Sicoli, dalla<br />
invasione <strong>di</strong> varie potenze nemiche e benanco de’ Saracini,<br />
accaduta poi nel sesto secolo sino al nono, furono da quei barbari<br />
<strong>di</strong>strutti in un colla detta Elima, stata e<strong>di</strong>ficata da Elimo(d),<br />
<strong>di</strong>sgrazia a cui soggiacquero tante altre rinomate antichissime<br />
città dell’isola e, tra l’altre Segesta, stata fabricata da Egesto, <strong>di</strong><br />
cui salvarono il solo tempio, oggi giorno esistente e ristorato dal<br />
nostro sovrano Fer<strong>di</strong>nando dall’ingiuria del tempo e da un fulmine,<br />
ed il secondo poi che il re Guglielmo (sia stato il Buono o<br />
il Malo) non regnarono che sul secolo XII, epoca in cui non più<br />
esisteva il citato Castello.<br />
Tal evidenza dunque ci porta a credere indubitatamente l’antica<br />
<strong>Partinico</strong> e il suo Castello <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>a non sorgere presso la voluta<br />
Elima, ossia Palamita, ma con più <strong>di</strong> ragione e verosimiglianza<br />
in prospetto della detta città, come andremo raggionando.<br />
(a) Canterani, Traduzione della <strong>Storia</strong>…. foglio 265 e f. 267<br />
12 L'Itinerario <strong>di</strong> Antonino non prende nome da uno scrittore, come riferisce il Di Bartolomeo,<br />
ma dall'imperatore romano Antonino Caracalla sotto il cui impero ne fu iniziata la compilazione.<br />
L'Itinerario <strong>di</strong> Antonino risulta inoltre aggiornato sino al periodo <strong>di</strong> Costantino il Grande<br />
(primi decenni del 300 dopo Cristo).<br />
20
(b) Panormo-Hiccara 16, Parthenico 7, Aquis segestanis 12, Drepanis 14. E in<br />
altro luogo viene a descrivere: 6 Hiccaris per maritima loca Drepanum usque<br />
m.p. 46. Sic Parthenico 12 ad Aquas Parthinicenses 16 Drepanis 18. 13<br />
(c) <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Sicilia, Dec. I Libr. 7, fog. 141<br />
(d) Fazello, fogl. 139, fogl. 142, Dec. I<br />
7<br />
S’egli è vero ciò che si legge fra i storici: che il Castello de’ Sicoli<br />
<strong>di</strong>stava dalla sua <strong>Partinico</strong> lungi un miglio, si accorda bene<br />
riconoscerlo piuttosto su la vetta della nostra montagna denominata<br />
la Baronessa, rimpetto appunto <strong>di</strong> Elima, dalla parte <strong>di</strong><br />
mezzodì e poco men che una lega da quella lungi. Ci portan a<br />
credere ciò per altro benanco parecchi fondamentali monumenti<br />
vetusti ivi esistenti a dì nostri e, fra l’altre antichità, un collo ossia<br />
bocca <strong>di</strong> cisterna <strong>di</strong> bianco marmo scovertasi a caso l’anno<br />
1800 or passato, ròsa alquanto dall’uso del logoramento del canape<br />
della secchia con cui verisimilmente da questi abitatori attingevansi<br />
in essa dell’acque e colla stessa guida riconoscer piuttosto<br />
<strong>Partinico</strong> nella prossima sottoposta pianura <strong>di</strong> S. Catrini (o,<br />
come altri vogliono, S. Margarita o Margaritella) ovvero dove<br />
attualmente fiorisce, come sotto <strong>di</strong>remo, amendue cotesti siti, <strong>di</strong>stanti<br />
un miglio circa dal suddetto Castello.<br />
In verità, le antichissime evidenti reliquie, l’invecchiati rovinosi<br />
avanzi coverti alcuni tutti <strong>di</strong> edere, tronchi e spineti, unitamente<br />
alle circostanze immancabili, ci portano più sennatamente a ravvisar<br />
l’abitato e il Castello colà, che alla marina <strong>di</strong> San Cataldo e<br />
lungo Elima, molto più che il priore D’Amico, ai tempi <strong>di</strong> Carlo<br />
V Imperatore nel XVIII (sic) secolo, ci assicura: il Casale <strong>di</strong> S.<br />
Margarita essere stato abitato da n. 200 anime e 70 fuochi(a).<br />
Cheché ne <strong>di</strong>cono altrimenti alcuni, che opinano questo casale<br />
essere stato il Borgetto (attuale vicina terra alla nostra città),<br />
imperocché questa terra sin dal principio del passato secolo 18°<br />
non formava altro che umili capanne e rarissime casette villerecce,<br />
e dependenti le loro anime dalla giuris<strong>di</strong>zione della nostra<br />
Madrice, ed abbiamo ancora de’ nostri padri viventi, che se ne<br />
ricordano, la formazione <strong>di</strong> quella terra, prima<br />
(a) Lex. Topog. <strong>di</strong> Sic. Parthenicum par. 2 fol. 74. Fazello ancora nel Val <strong>di</strong> Mazara<br />
pone Sala <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> fuochi n. 70 nel 1548. Dec. 2 Libr. 10 fol. 601. Tradusse<br />
l’Abate D. Martino La Farina quello stesso che stampò vari tomi <strong>di</strong> trage<strong>di</strong>e<br />
antiche d’uomini dotti <strong>di</strong> cui io ne ho un tomo<br />
13 Bisogna correggere in: Panormo-Hiccara 16, Parthenico 8, Aquis segestanis 12, Drepanis<br />
14. inoltre: iter ab Hiccaris per maritima loca Drepanum usque m.p. 46. Sic Parthenico 12<br />
ad Aquas Perticianenses 16 Drepanis 18<br />
21
8<br />
appellata feudo del Borgetto e dagli atti pubblici, stipolati in<br />
questa nostra città a mancanza dei notai <strong>di</strong> quella e massime dal<br />
<strong>di</strong>fonto mio padre notar don Domenico, chiaramente si <strong>di</strong>ce Apud<br />
feudum Burgetti per transitum mei notarii infrascripti.<br />
Il Pirri similmente porta un soldato e servitor <strong>di</strong> Roberto Avenello,<br />
principe normanno e del real sangue de’ Normanni, Re <strong>di</strong> Sicilia,<br />
che chiamossi Giovanni e fu naturale <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e non<br />
mai del Borgetto (a).<br />
Il castello poi, dove venne deportato il surriferito Re d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
Guglielmo, poté verosimilmente essere stato l’attuale <strong>di</strong>ruto castellaccio,<br />
un tempo detto Castello d’Ercole 14 , oggidì abbellito<br />
dal nostro sovrano Fer<strong>di</strong>nando, cui eresse la scala e gli serve da<br />
vista, accordandosi benissimo e la conghiettura e l’epoca della <strong>di</strong><br />
lui antichità coi tempi <strong>di</strong> suddetti sovrani, perché comunemente<br />
creduto da’ periti opera saracinesca e non mai d’altra nazione, e<br />
sorto e costrutto sul lor governo. In esso Castellaccio similmente<br />
<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver tenuta abitazione il gran capitan Sala <strong>di</strong> nazione<br />
spagnuolo, come meglio a suo luogo ragioneremo nella fondazione<br />
<strong>di</strong> nostra città, allora terra. Beninteso non essere stato questo<br />
il Castelletto <strong>di</strong> cui fa menzione il Fazello, che asserisce essere<br />
stato rovinato al tempo del normanno conte Rogieri (b).<br />
Sin dai primi anni del secolo XII furono baroni <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> i tre<br />
fratelli <strong>di</strong> Avellano 15 (sic), conti palermitani, appellati Drogone,<br />
Roberto e Rinaldo (c), da cui in<strong>di</strong> nel 1112 lo Stato e Casale <strong>di</strong><br />
essa passò graziosamente in donazione al monastero <strong>di</strong> s. Bartolomeo<br />
<strong>di</strong> Lipari unitamente ad una chiesa, un mulino e famiglie<br />
villiche, poste nella medesima baronia e <strong>di</strong> loro spettanza (d).<br />
Cotesta chiesa si opina ragionevolmente essere stata l’attual rifatta<br />
e abbellita chiesa <strong>di</strong> Santa Maria delle Grazie del fu marchese<br />
<strong>di</strong> Grammontagna, don Vincenzo del Castillo nel luogo <strong>di</strong><br />
Ballo, oggi interna alla real casina e villa. Il mulino poi esserne<br />
stato l’antico primo denominato il Molinello Vecchio, oggi non<br />
più esistente, e ch’era situato nella contrada dell’istesso nome in<br />
fine<br />
(a) In Cronic. Reg. Sic. fol. 16<br />
(b) Fazello, Deca 2, libro 7, fol. 141<br />
(c) Pirri, Sicilia Sacra 16 e nella Cronic. De’ Re <strong>di</strong> Sicilia, Tom. I, foglio 11.<br />
14 Quasi certamente tale castello corrisponde alla “turris herculis” della Donazione <strong>di</strong> Guglielmo<br />
II al Monastero <strong>di</strong> Santa Maria la Nuova <strong>di</strong> Monreale del 1182. Tale torre costituisce<br />
punto <strong>di</strong> riferimento per uno dei confini della Divisa <strong>di</strong> Mirto.<br />
15 Avenello.<br />
16 Pirri, Sicilia Sacra, tomo II pag. 772: “In nomine Sanctae, & in<strong>di</strong>viduae Trinitatis anno ab<br />
Incarnatione 1111. Ind. 3. Regnante in Sicilia Rogerio Comite, & Adelayda matre ejus, filio<br />
Rogerii Comitis fra tris Roberti Guiscar<strong>di</strong> Ducis. Ego Raynaldus Avenellus, concedente uxo-<br />
22
(d) Inveges, Pal. 1206 f. 163<br />
9<br />
dell’abitato che guarda verso greco, <strong>di</strong> cui si servì più anni<br />
l’o<strong>di</strong>erna <strong>Partinico</strong>.<br />
Beninteso che se si voglia per detta chiesa quella <strong>di</strong> s. Cataldo,<br />
la qual si accenna in un <strong>di</strong>ploma <strong>di</strong> Papa Lucio III sin dal 1182,<br />
spe<strong>di</strong>to in favore <strong>di</strong> S. Giorgio <strong>di</strong> Grattieri <strong>di</strong> Cefalù (a), ciò si<br />
pretende senza alcun fondamento, attesoché lo scaro ossia litorale<br />
<strong>di</strong> s. Cataldo ov’è posta la detta antica chiesa e oggidì reformata<br />
e tirata <strong>di</strong> pitture, tuttoché attaccato al nostro territorio,<br />
non si legge però mai essere stato compreso nel medesimo e<br />
spettare alla nostra <strong>Partinico</strong>, ma come parte delle Balestrate, riconosce<br />
la sua soggezione alla Dominante.<br />
E qui cade in acconcio creder verisimilmente denominata della<br />
Baronessa la succitata montagna, che sovrasta alla nostra Città<br />
verso sirocco, dal Baronaggio tenutone gli anzidetti <strong>di</strong> Avellano<br />
17 e <strong>di</strong> essa e dell’intero contado, come sopra abbiamo detto.<br />
In quest’istesso sito <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, che ne venne impossessato dal<br />
conte Rogieri Bosso, conquistatore <strong>di</strong> nostro Regno in un co’<br />
suoi commilitoni, <strong>di</strong>etro aver cominciato a trionfar da Siracusa<br />
nel 1085 dalla ruberia saracinesca, entrandovi glorioso in ottobre,<br />
epoca felicissima pe’ siciliani, i quali vennero sin dal 1060<br />
a respirar la quiete, il pacifico e libero uso ed esercizio della cattolica<br />
religione, stata tiranneggiata da quei barbari per lo spazio<br />
anzidetto <strong>di</strong> oltre quattro secoli e dal 649, il quale corrisponde al<br />
29° dell’Egira maomettana sino al detto anno 1060(b). In questo<br />
stesso sito <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> restò poi sul 1179 18 effettuata la seconda<br />
ripartizione de’ feu<strong>di</strong> e castella in Sicilia pattuita da detti commilitoni,<br />
come riferisce Goffredo Malaterra (c) <strong>di</strong>cendo: Sici-<br />
re mea Fredesenda, fratribusque meis Roberto, & Dragone de<strong>di</strong>, atque concessi libere, &<br />
absolute Ambrosio Liparitano Abbati, ejusque successoribus in perpetuum Ecclessiam,<br />
quae est in casali meo sub Partiniaco, & Molen<strong>di</strong>num, quod est juxta Ecclesiam, & decem<br />
villanos cum omnibus rebus suis, & familiis, & duas terrae culturas, una supra viam publicam,<br />
alteram inferius juxta fontem, & vineam, quae est sub Ecclesia. Uxor vero mea Fredesenda<br />
de<strong>di</strong>t unum villanum cum omnibus filiis suis, & rebus, Guernerico miles similiter unum,<br />
Sanson similiter unum. Hujus rei etiam testes Ego ipse Raynaldus, qui feci hanc donationem<br />
Monasterio S. Bartolomaei Liparitanae Insulae pro anima Rogerii Comitis terrae acquisitoris,<br />
& anima mea, & parentum meorum. +Fredesenda. +Drogo Avenellus. +Robertus<br />
Avenellus. +Sanson. +Raynaldus de Terrone. Radulphus de Nonanto. Joannes de Partiniaco.<br />
+Ju<strong>di</strong>tta filia Comitis. Alchemius de Ficaria, +Ambrosius Liparitanus Abbas.<br />
+Blancardus monachus. +Andreas Monachus. Coram his omnibus testibus supra<strong>di</strong>ctae Ecclesiae<br />
S.Bartholomaei post mortem meam, concessit libere, & absolute, & habere concedente<br />
uxore mea Fredesenda, & fratribus meis Roberta, & Drogone in camera domus,<br />
quam habeo Panormi, Casale Mirti cum omnibus appen<strong>di</strong>tiis suis.<br />
17<br />
Avenello<br />
18<br />
Da correggere in 1079<br />
23
lienses ergo milites suos, quibus iam impertierat possessiones<br />
insule quantum subjugaverat apud Partinicum 19<br />
(a) Pirri, Tomo 2, f. 839<br />
(b) Burigny, <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Sicilia<br />
(c) Appo il Tornamira, Prosapia <strong>di</strong> S. Rosalia, fol. 340<br />
10<br />
Ad ogni modo cotesta <strong>Partinico</strong> non ha che fare con quella menzionata<br />
coi privilegi e citata benanco dal Caruso (a).<br />
Non può frattanto rivocarsi in dubbio che pria <strong>di</strong> assumer <strong>Partinico</strong><br />
la forma <strong>di</strong> città nell’o<strong>di</strong>erno sito, e non mai presso<br />
d’Elima, si estolsero parecchie torri, che s’istradavano, come al<br />
presente se ne veggono i cammini sotterranei, l’una coll’altra e<br />
ciò unitamente al <strong>di</strong>visato Castellaccio, già quasi <strong>di</strong>strutto dalle<br />
ingiurie del tempo <strong>di</strong>voratore (b).<br />
Che sia frattanto risorta ed ampliata la nuova nostra città nel sito<br />
istesso dove fiorì l’antica, verte indeciso ancora il giu<strong>di</strong>zio, pende<br />
irresoluta la quistione fra i storici. Si consulti su questo articolo<br />
La Sicilia in prospettiva ne’ luoghi non più esistenti. Pure,<br />
la verisimiglianza, gli antichi peculiari documenti e le circostanze<br />
tutte ci portano a riconoscerla, fuor <strong>di</strong> contrasto e senza fallo,<br />
quivi appunto dove adesso s’innalza e <strong>di</strong>etro il privilegio ottenutone<br />
da Federico il…(sic), da’ Cistercio pochi anni dopo la<br />
…(sic), come a suo luogo <strong>di</strong>remo cioè dopo il 1307, (nel qual<br />
tempo esistea in piccola borgata), tanto ciò è vero che pria <strong>di</strong> istituirsi<br />
l’Arcipretura che fu nel secolo XV, cioè l’anno 1495,<br />
<strong>Partinico</strong> possedeva il fondaco, ciò rilevandosi da due scritture<br />
pubbliche in notar don Domenico <strong>di</strong> Leo <strong>di</strong> Palermo a 1 <strong>di</strong>cembre,<br />
14a ind., 1495, in cui si assegna detto fondaco per confine<br />
alla censuazione dalle terre, dalla baronessa donna M. Ant. Pucci<br />
e Raccuglia, a 9 <strong>di</strong>cembre, 15 ind. 1496, e mai affatto però lungo<br />
la citata marina <strong>di</strong> s. Cataldo, in cui non si scorge orma veruna<br />
né cadaun vestigio, che ci faccia almen per poco dubitare <strong>di</strong> sua<br />
antica esistenza, molto più che mai è stata la contrada anzidetta<br />
<strong>di</strong> pertinenza del nostro ba<strong>di</strong>ale contado.<br />
(a) <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Sicilia, Tomo 2 fogl. 180<br />
(b) Bonfiglio – Stor. Sic. Fogl. 244<br />
19 (Allora mandò alcuni) suoi militi siciliani, a cui aveva già assegnato quei posse<strong>di</strong>menti<br />
dell’isola che aveva soggiogato presso <strong>Partinico</strong> (e Corleone, perché<br />
molestassero i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Jato. Egli stesso, con dei Calabresi, andò<br />
all’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Cinisi, che similmente era ribelle).<br />
24
11<br />
Capitolo II<br />
Origine e fondazione della venerabile regale Abbazia <strong>di</strong> Santa<br />
Maria d’Altofonte, sotto vocabolo del Parco e <strong>Partinico</strong> e de’<br />
suoi privileggi ed essenzioni.<br />
Non sia <strong>di</strong> <strong>di</strong>scaro al lettore, pria d’inoltrarci nell’arringa e ragionare<br />
della fondazione e origine <strong>di</strong> nostra reale Abbazia<br />
d’Altofonte dal pio Federico Terzo donata al monastero dei Cisterciensi,<br />
<strong>di</strong> far parola <strong>di</strong> codesto Or<strong>di</strong>ne ed istituto, e ciò in<br />
grazia della novità per chi mai l’ignorasse e per ammirarsene insieme<br />
le imprescrutabili <strong>di</strong>sposizioni della Provvidenza, che nel<br />
suo principio lo volle in Sicilia aggregato alla Maggione, cui oggigiorno<br />
venne inopinatamente a riunirsi, <strong>di</strong>etro il lasso <strong>di</strong> sette<br />
secoli e sotto i fortunatissimi auspici <strong>di</strong> un real commendatore<br />
Leopoldo <strong>di</strong> Borbone, nostro Augusto Signore e secondogenito<br />
amabilissimo <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando III, re <strong>di</strong> Sicilia, che Dio in felicità<br />
lungamente ci serbi e l’uno e l’altro, in un con tutta la regale<br />
famiglia.<br />
La Congregazione adunque, ossia l’Or<strong>di</strong>ne de’ monaci cisterciensi,<br />
trasse la sua denominazione da Cistercio 20 , luogo remotissimo<br />
e solitario nel ducato <strong>di</strong> Borgogna. In esso, sul 1098, fu e<strong>di</strong>ficato<br />
il loro primo monastero dal beato Roberto 21 abate, che<br />
era de’ molismensi, col piacer <strong>di</strong> Gualtiero, vescovo <strong>di</strong> quella<br />
città, coll’autorità <strong>di</strong> Ugone, arcivescovo <strong>di</strong> Lione, e coll’aiuto<br />
altresì <strong>di</strong> Oddone, duca <strong>di</strong> essa Borgogna. L’istituto che adottarono,<br />
detti Cisterciensi, si fu quello <strong>di</strong> san Benedetto: vestivano<br />
tonaca bianca, cocolla 22 , scapolare e cappa nera, cingendosi <strong>di</strong><br />
cordella <strong>di</strong> lana. Non si cibavano <strong>di</strong> carne mai, ma per un brieve<br />
pontificio del 1560, l’usavano poi alquanti dì della settimana(a).<br />
(a) Padre Morigia, <strong>Storia</strong> delle religioni, foglio 80 e seguenti.<br />
12<br />
Il suddetto Beato Roberto (dopo essersi restituito alla sua antica<br />
Abba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Langres, dello stesso ducato) successe in Abate <strong>di</strong><br />
detto monastero de’ Cisterciensi un zelantissimo <strong>di</strong> quei medesimi<br />
monaci chiamato Stefano ed in<strong>di</strong> s. Bernardo, <strong>di</strong>etro tre lustri<br />
dalla <strong>di</strong> lui fondazione e anni 22 della sua città, reggendolo<br />
parecchi anni, sinoché venne destinato a fondare la famosa Ab-<br />
20 Citeax (lat. Cistercium) in Borgogna<br />
21 San Roberto <strong>di</strong> Mosleme<br />
22 Sopravveste che s’infila come una pianeta ed è fornita <strong>di</strong> cappuccio.<br />
25
a<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Chiaravalle nel detto dominio <strong>di</strong> Langres, non lontano<br />
dal fiume Alba.<br />
Nel 1150 ad istanza <strong>di</strong> Rogiero, Re <strong>di</strong> Sicilia, furono da detto<br />
padre abate Bernardo destinati nel nostro Regno alquanti de’<br />
suddetti Cisterciensi ed ebbero il loro monastero ossia albergo in<br />
Palermo, provveduti <strong>di</strong> vari beni dalla regia munificenza del prelodato<br />
sovrano, venne detto albergo aggregato alla Maggione, su<br />
le mura <strong>di</strong> Porta <strong>di</strong> Termine, eretta da Matteo <strong>di</strong> Ajello anni prima<br />
(a).<br />
Creduti fazionari i monaci anzidetti del re Tancre<strong>di</strong>, nel 1195,<br />
perseguitati perciò dall’imperadore Enrico VI e spogli de’ loro<br />
beni, vennero espulsi da detto albergo, dopo averlo abitato ben<br />
quarantacinque anni (b).<br />
Non ebbero più in Palermo detti monaci il loro monastero per lo<br />
spazio <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un secolo, finoché si compiacque il Signore riporli<br />
un’altra volta in decorazione, mercé la real munificenza e<br />
pietà <strong>di</strong> Federico, Re <strong>di</strong> Sicilia (c). Fu costui Secondo <strong>di</strong> cotal<br />
nome, ma detto il Terzo, nativo <strong>di</strong> Aragona, figlio del Re Pietro I<br />
e germano <strong>di</strong> Giacomo, monarchi siciliani. Fu falsamente appellato<br />
il III per confonderlo col Federico Svevo stato imperadore<br />
<strong>di</strong> Germania sotto nome <strong>di</strong><br />
(a) Mongitore, Monumenta historica Mantionis, Cap. 2, fol. 5<br />
(b) Mongitore, Monumenta historica Mantionis, fol. 12<br />
(c) Fazello, Traduzione del R. D. Martino La Farina, deca 2, dall’Istoria <strong>di</strong> Sicilia,<br />
Libro II, foglio 475, cap. 3.<br />
13<br />
Secondo e insiememente Re <strong>di</strong> Sicilia col titolo <strong>di</strong> Federico I, attesoché<br />
il terzo Federico propriamente fu quel re nostro, che per<br />
la sua dapocaggine venne cognominato il Semplice, a parte che il<br />
prelodato Federico Secondo <strong>di</strong> Aragona è lo stesso sovrano che<br />
da noi Siciliani vien detto debitamente il Grande, mercé il <strong>di</strong> lui<br />
valore ad<strong>di</strong>mostratoci in guerra, sostenendosi gloriosamente il<br />
<strong>di</strong>adema, in onta alla triplice belligerante potenza europea, che<br />
agognava <strong>di</strong> strapparglielo dalla fronte e attese ancora le lasciateci<br />
insigni opere, sagre non sol che profane, unitamente<br />
all’amore, benemerenze, trionfi e privilegi de’ quali e generosamente<br />
e magnanimo fu a colmare la nazione attirandosi a ragione<br />
l’amor de’ popoli.<br />
Questo cattolico glorioso monarca fu desso appunto che alla gloria<br />
<strong>di</strong> Dio e della ss.ma Annunziata Signora, <strong>di</strong> cui era al sommo<br />
<strong>di</strong>voto e giusto, perché il dì <strong>di</strong> Pasqua <strong>di</strong> Resurrezione e della festa<br />
della medesima, 25 marzo 1296, fu assonto al trono siciliano<br />
e coronato nella regia Cattedrale. Egli quin<strong>di</strong> fondò generosa-<br />
26
mente la doviziosa sua regale Abbazia d’Altofonte (b), che non<br />
la cede affatto ad un vescovado e che francamente può <strong>di</strong>rsi la<br />
massima e la XIII fra le parlamentarie abbazie del Regno (c). La<br />
de<strong>di</strong>cò alla Vergine dell’Altofonte, giusto per una sacra immagine<br />
<strong>di</strong> Maria, che in pittura veneravasi in una cappelletta campestre<br />
ne’ monti del Parco Nuovo, sovra posta a una sorgiva<br />
d’acqua, che scaturiva da un alto fonte, come si vuole dall’antica<br />
tra<strong>di</strong>zione (d).<br />
Sedata che fu la guerra, da Federico intrapresa col re angioino,<br />
con Giacomo suo fratello e col papa Clemente V, <strong>di</strong> nazione<br />
francese, insorta e che ardea per lo conquisto del Regno <strong>di</strong> Sicilia<br />
e per sbalzar dal trono il nostro Federico, e ottenuta finalmente<br />
(a) Fazello Dec.2 Libro 9 Foglio 475<br />
(b) Fazello, Sommario delle Chiese Cattredali e Abbazie <strong>di</strong> Sic., Traduzione del<br />
Farina, in fine della <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Sicilia, foglio 623.<br />
(c) Or<strong>di</strong>ne del Parlamento Generale in fine del Fazello, come sopra<br />
(d) Fazello, Deca I, libro 8, foglio 175.<br />
14<br />
la pace coll’anzidette tre allegate potenze, grato egli a Dio degli<br />
usatigli benefici nell’averli conservato l’Impero, trovandosi a respirare<br />
la tranquillità, <strong>di</strong>etro i sofferti affanni e goder delle cacce,<br />
si guardavano al Parco nuovo presso la Dominante, stabilì fra<br />
sé stesso, in giusto ossequio alle beneficenze <strong>di</strong>vine, <strong>di</strong> fondare<br />
un monastero <strong>di</strong> Cisterciensi e secondare con ciò al tempo istesso<br />
la brama ed inclinazione del suo gran genitore, re Pietro, facendo<br />
prima celebrar la santa Messa il dì solenne <strong>di</strong> nostra <strong>di</strong>vina<br />
Signora Annunziata, affin <strong>di</strong> Dio prendere a grado l’offerta<br />
pia opera.<br />
Con un tal santo e costante proponimento restituitosi il pio sovrano<br />
in Messina, mandò tosto ad effetto i suoi voti, fondando<br />
l’anzidetta Abbazia ed eligendo in seguito il <strong>di</strong> lei primo Abate,<br />
della qual fondazione ossia elezione, l’original privilegio è desso<br />
il seguente come lo rapporta il padre don Michele lo Giu<strong>di</strong>ce (a),<br />
quale in verità non può darsi più ampio, più generoso e più pio<br />
<strong>di</strong> quel processe a decorare e beneficare la Casa del Signore, che<br />
racchiudevasi nel corpo <strong>di</strong> quel Monastero.<br />
CXLIIX (b). A 11 giugno, nella cappella regia del real palazzo<br />
della città <strong>di</strong> Messina, l’arcivescovo Arnaldo alla presenza del<br />
re (Don) Federico e della regina donna Eleonora sua moglie, celebrando<br />
messa solenne, bene<strong>di</strong>sse fra Michele, primo abate <strong>di</strong><br />
donna Maria d’Altofonte o del Parco, dell’or<strong>di</strong>ne Cisterciense e<br />
della Diocesi <strong>di</strong> Monreale, (h)avendo prima fatto solenne pro-<br />
27
fessione con giuramento nelle mani sue <strong>di</strong> prestar riverenza ed<br />
obbe<strong>di</strong>enza a Lui ed a suoi successori.<br />
A 28 poi del suddetto mese <strong>di</strong> Giugno 4a ind. 1306<br />
(a) Descrizione del R.Tempio e Monastero <strong>di</strong> Morreale. Parte 2, foglio 52.<br />
(b) Lello, Descrizione del R.Tempio et Monastero <strong>di</strong> Morreale, Sommario de’<br />
privilegi. f.66<br />
15<br />
in detta città <strong>di</strong> Messina avendo il Re Federico, <strong>di</strong> già fondata la<br />
regale Abbazia, lontana sei miglia da Palermo, de<strong>di</strong>cata a M.a<br />
SS.ma dell’Altofonte, e nel monte del Parco per le ragioni anzidette<br />
in presenza <strong>di</strong> Gualtiero <strong>di</strong> Manna, Abate <strong>di</strong> s. Spirito <strong>di</strong><br />
Palermo e <strong>di</strong> Giovan d’Oberto <strong>di</strong> Camerana, 23 passò a spe<strong>di</strong>rne il<br />
formal privilegio, concernente la fondazione e donazione regale,<br />
in favor de’ monaci cisterciensi e loro Abate, che in quei tempi<br />
fiorivano in santità e dottrina nella riferita città <strong>di</strong> Messina, e ciò<br />
per suffragar l’anime <strong>di</strong> Pietro Primo d’Aragona e della regina<br />
Costanza, sveva, <strong>di</strong> lui consorte, nonché de’ suoi consanguinei e<br />
regia stirpe. Quale donazione e fondazione tornò l’istesso Re<br />
don Federico a rattificare ed omologar legalmente con nuovo<br />
privilegio in Messina suddetta, per mano <strong>di</strong> Federico Massasanta,<br />
Gran Cancelliere del Regno, come vuole il Pirri, addì 23 o<br />
come altri scrittori a 27 (a) del mese <strong>di</strong> settembre dell’anno 4a<br />
ind. 1320, in favore del succitato fra Michele, primo Abate del<br />
Parco e <strong>Partinico</strong> (b).<br />
Venne scelto il Parco nuovo pel luogo peculiare in cui dovea erigersi<br />
e si eresse il monastero (c), come quello in cui fu ispirato<br />
il nostro gran Re <strong>di</strong> fondar l’Abbazia e de<strong>di</strong>carla alla immagine<br />
<strong>di</strong> suddetta Nostra Signora d’Altofonte (da lui così denominata)<br />
per la scaturiggine ben alta come sopra si è detto – in cui veneravasi<br />
effigiata, e perché quivi solea sovente il pio nostro fondatore<br />
trasferirsi per godere della caccia, cui era portatissimo. Lo<br />
volle inoltre simile al chiostro fioriva in Aragona sua patria e<br />
23 Il testo riportato dal Di Bartolomeo risulta lacunoso. L’originale del Lello è il seguente: “Il<br />
Re Don Federigo à 28 <strong>di</strong> Giugno 1306 in Messina havendo fondata l’Abba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Santa Maria<br />
lontana sei miglia da Palermo, sotto un grande fonte, che però si chiama d’Altofonte, &<br />
nel Parco del Rè Guglielmo II, che però si chiama del Parco, havendola fatta soggetta al<br />
monasterio delle tre sante della <strong>di</strong>ocese <strong>di</strong> Barcellona, trovandosi presenti Gualtieri <strong>di</strong> Manna<br />
Abbate <strong>di</strong> Santo Spirito <strong>di</strong> Palermo, & Gio. d’Oberto <strong>di</strong> Camerana, il quale li donò Partenico<br />
(dove era una terra del medesimo nome al’ tempo del Rè Ruggirei) con facoltà del Rè,<br />
che ve se ne potesse fare un’altra (come seguì co’l nome <strong>di</strong> Sala) li donò molti beni, & particolarmente<br />
il monasterio <strong>di</strong> San Giorgio nella contrada <strong>di</strong> Palermo detta Kemonia dell’or<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> San Basilio co’l fego, & casale <strong>di</strong> Casibili, & Abdelalì, & il Parco nuovo, dove haveva e<strong>di</strong>ficato<br />
l’Abba<strong>di</strong>a, & il Parco vecchio <strong>di</strong> Palermo; la quale donatione tornò il medesimo Rè<br />
Don Federigo à ratificare per mano <strong>di</strong> Federigo Massasanta Cancelliero del Regno à 27 <strong>di</strong><br />
settembre del 1320 al detto Fra’ Michele primo Abbate.”<br />
28
proprio nella Diocesi <strong>di</strong> Barcellona sotto titolo delle Sante Croci,<br />
serbante l’augusta tomba de’ regi suoi avoli aragonesi e Principi<br />
del suo sangue reale, epperò questo sottopose egli a<br />
(a) Lello, loco cit. foglio 67<br />
(b) Padre del Giu<strong>di</strong>ce, loc. cit., f. 52<br />
(c) Fazello, Deca I , libro 8, foglio 175<br />
16<br />
quel <strong>di</strong> Barcellona da cui prese <strong>di</strong>rezione, leggi e regolamenti,<br />
come a filial monastero.<br />
Pel decoro e sossistenza del prelodato Chiostro, convenendo la<br />
dote, venne detto monarca su regia pargamena nell’in<strong>di</strong>gitato<br />
privilegio del 1306 a costituirvi e donarvi i seguenti beni:<br />
Primieramente i due Parchi, vecchio, cioè, e nuovo, ville reali e<br />
defense, siccome i luoghi destinati alle cacce dagli antichi nostri<br />
sovrani serenissimi, colle campagne e feu<strong>di</strong> tutti <strong>di</strong> loro pertinenza,<br />
esistenti amendue cotesti Parchi, vale a <strong>di</strong>re il vecchio<br />
(unitamente ai due palazzi della Cubba e Zisa, che in esso si alzavano<br />
fastosi) nel territorio <strong>di</strong> Palermo 24 , prossimo all’abitato,<br />
accerchiato allora <strong>di</strong> mura palizzate (ciò forse significando la<br />
voce Parco, destinato in simil guisa ad uso delle cacce e specialmente<br />
per serraglio <strong>di</strong> fiere, solite mantenersi da’ monarchi<br />
in mostra <strong>di</strong> lor grandezza) e il Parco nuovo, che trae cotesta sua<br />
denominazione dal monte istesso chiamato Parco in cui surge la<br />
terra, ossia paese, che tutt’ora fiorisce, del medesimo nome, sendo<br />
codesto uno de’ monti del territorio palermitano, che sta su<br />
del monte dello Stato <strong>di</strong> Monreale, appellato volgarmente la Pizzuta.<br />
Vieppiù, la picciola borgata ossia casale detta pria ovvero anticamente<br />
dell’Altofonte, in<strong>di</strong> del Parco, esistente nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong><br />
suddetto monte del Parco, a cinque miglia <strong>di</strong>stante dalla Capitale.<br />
Le anime che a dì nostri l’abitavano il padre priore de Amico<br />
ce le porta assorbire il numero <strong>di</strong> 1222.<br />
17<br />
La foresta inoltre, il Bosco <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, che in <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 6 leghe,<br />
ossia <strong>di</strong> miglia 18 dalla Dominante va a campegiare<br />
coll’antica, esisteva terra al tempo del re Rugieri (a), avanzo<br />
della città, che quivi era stata una volta anticamente col nome <strong>di</strong><br />
<strong>Partinico</strong>, da’ Saracini <strong>di</strong>strutta. Lo stesso contado pria <strong>di</strong> spet-<br />
24<br />
Il sito del Parco Vecchio sembra essere quello tra Santa Cristina Gela e Marineo come si<br />
vedrà meglio in seguito.<br />
29
tanza dei fratelli <strong>di</strong> Avellano 25 , in<strong>di</strong> poi del monastero <strong>di</strong> san<br />
Bartolomeo <strong>di</strong> Lipari e allora in tempo <strong>di</strong> detta fondazione e de<strong>di</strong>ca<br />
possesso dal detto pio Giovan <strong>di</strong> Oberto <strong>di</strong> Camerana, signore<br />
del Casale <strong>di</strong> Misilicurto, maggiordomo della regina donna<br />
Eleonora, citata moglie del nostro re Federico (b), dal quale <strong>di</strong><br />
Camerana, per l’effetto <strong>di</strong> cotesta reale fondazione era stato <strong>di</strong>messo<br />
e trasferito al Re nostro, riportato avendone egli da quel<br />
giustissimo e generoso Monarca il corrispondente sorrogato e<br />
compenso me<strong>di</strong>ante l’assegnazione d’altri feu<strong>di</strong> nobili e notabili<br />
feu<strong>di</strong>.<br />
Concessesi del pari dal prelodato pio regal fondatore al monastero<br />
anzidetto intuitivamente alla detta donazione la potestà e facoltà<br />
<strong>di</strong> poter e<strong>di</strong>ficare nella succitata foresta una novella Terra<br />
col nome <strong>di</strong> Sala <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, come in progresso <strong>di</strong> tempo verificossi,<br />
adottando la denominazione anzidetta <strong>di</strong> Sala, che si crede<br />
così or<strong>di</strong>nata dal Sovrano in onore e benemerenza del nobile oriundo<br />
spagnuolo capitan Sala, che in tempo <strong>di</strong> detta fondazione<br />
si era cattata la regia benevolenza, ad effetto co’ servigi prestati<br />
alla corona, mercé la <strong>di</strong> lui residenza e vigilante cura in essa foresta,<br />
quella felicitando con estirpar gli ladroni che la infestavano,<br />
ed altresì ovviando alle depredazioni de’ Turchi e ai danni<br />
ancora recavano sovente alla medesima e loro pochi abitanti coloni<br />
nonché alle cacce regali. Non lasciano frattanto alcuni <strong>di</strong><br />
credere lo detto capitan Sala, signore <strong>di</strong> quel <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> terra in<br />
cui se ne ideò e stabilì <strong>di</strong> poi la formazione e fabrica della novella<br />
terra o pure che Sala appellavasi realmente cotale contrada. E<br />
affinché il monastero avesse potuto a bella posta rinvenir degl’in<strong>di</strong>- <br />
(a) Lello, Sommario de’ privilegi <strong>di</strong> Morreale foglio 67.<br />
(b) Lello, Descrizione del Tempio <strong>di</strong> Morreale, p. 3 e n. 150<br />
18<br />
vidui onde fondarla, furon costoro in numero 100 famiglie per<br />
espressa grazia affrancati da cadauna gabella e dazio per lo giro<br />
d’anni cinque (a).<br />
Beninteso, che il peculiar privilegio concesso dal prelodato re<br />
Federico al nostro monastero intorno alla erezione <strong>di</strong> suddetta<br />
nuova Terra baronale nella foresta 26 <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e che appellar si<br />
25 Avenello<br />
26 Dei confini del Bosco <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> si riportano due descrizioni negli anni 1327 e 1502. (Anno<br />
1327 – Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Palermo Fondo San Martino delle Scale F2 B1613 Foglio<br />
165): “Fines vero tenimenti foreste et nemoris partinici sunt hii: (videlicet): incipit <strong>di</strong>visio<br />
a...que est in mari que vocatur calataiub et exinde itur ad vallonem q. <strong>di</strong>citur <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ca unde<br />
currit aqua deinde va<strong>di</strong>t per viam qua itur apud montem regalem et transit per planum que<br />
30
dovesse Sala, processe tre anni dopo la in<strong>di</strong>gitata donazione e<br />
fondazione della reale Abbazia e dato in Trapani addì 20 gennaio,<br />
6a ind., 1309 e venne similmente rattificato e confermato<br />
dai privilegi seguenti, spe<strong>di</strong>ti ed emanati dai regii successori del<br />
nostro fondatore.<br />
Più la Chiesa e monastero <strong>di</strong> s. Giorgio de Kemonia, degente in<br />
Palermo nel quartiere dell’Albergaria vicino il monastero <strong>di</strong> s.<br />
Giovanni Ermete, detto volgarmente degli Eremiti, unitamente a<br />
tutti gli averi e possessioni a quella spettanti, consistenti cioè<br />
nel feudo e casale <strong>di</strong> Casibili e Abdelalì (oggi corrottamente Rapitalà)<br />
dalla nostra Commenda nel 1800 venduto a don Vincenzo<br />
Marù, e impiegato il Capitale nella compera del luogo del Crocefisso<br />
e poderi aggregati, come agli atti <strong>di</strong> notar don Marco Morici<br />
<strong>di</strong> Palermo, siccome in vigneti, case, giar<strong>di</strong>ni, censi, dritti e<br />
raggioni tutte, e ciò a comodo e ospizio degli abati cisterciensi<br />
suddetti, volendo abitar la capitale, coll’obbligo preciso però <strong>di</strong><br />
soggiornarvi alquanti padri e funzionarvi in detta chiesa, in supplire<br />
al <strong>di</strong>fetto de’ monaci greci dell’Or<strong>di</strong>ne basiliano, che per<br />
l’ad<strong>di</strong>etro possedevano detto monastero e chiesa <strong>di</strong> Kemonia,<br />
prima del sesto secolo tratta avea la sua origine e fondazione in<br />
la suddetta Palermo. Si perdè in<strong>di</strong> ai tempi del primo re Rogieri<br />
(a) Pirri, Sicilia Sacra, Tomo 2, foglio 1325<br />
<strong>di</strong>citur de finochio, pianura et postmodum pervenit ad locum... vallonem que <strong>di</strong>citur donna<br />
dominica et deinde ascen<strong>di</strong>t usque ad serronem curresim et deinde descen<strong>di</strong>t ad vallonem<br />
de finocharis usque ad viam qua itur de mo<strong>di</strong>ca apud <strong>di</strong>scisam et postmodum va<strong>di</strong>t per viam<br />
viam usque ad cristas que sunt supra indulcinum quod indulcinum nunc tenet ...montis regalis<br />
remanente (?) ...indulcino infra fines ...nemoris partinici et va<strong>di</strong>t per viam viam ... quadam<br />
crucem que est in me<strong>di</strong>o vie usque ad vineam presbiteri petri de <strong>di</strong>sisa quam vineam<br />
nunc tenet ecclessia montis regalis... et postmodum ad quoddam gurgum aque postea ascen<strong>di</strong>t<br />
ad quoddam serram ... et postmodum descen<strong>di</strong>t per eandem serram usque ad falcunariam<br />
ubi est quedam via p. quam itur a panhormo ad desisam et mo<strong>di</strong>cam et postea<br />
descen<strong>di</strong>t per eandem viam usque ad flumen jati ubi erat molen<strong>di</strong>num quoddam de testa et<br />
postea descen<strong>di</strong>t per flumen flumen usque ad aquam que descen<strong>di</strong>t de miritecto (?) et postea<br />
ascen<strong>di</strong>t per vallonem vallonem miritecti (?) usque ad fontem rachalis et postea ascen<strong>di</strong>t<br />
per ipsum fontem supra planum de pulicariis et postea va<strong>di</strong>t per timpas timpas de plano<br />
pulicarioris(?) usque ad transitum aque que venit de merito ubi est quedam via que descen<strong>di</strong>t<br />
de merito usque ad sanctam <strong>di</strong>sam et postea ascen<strong>di</strong>t per vallonem vallonem que<br />
<strong>di</strong>citur de...ascendendo usque ad palearia...masserie et mandre que tenet ...fratris jordani et<br />
postea va<strong>di</strong>t ad fontem que <strong>di</strong>citur de ficu et postea descen<strong>di</strong>t de fonte p.quendam vallonem<br />
qui <strong>di</strong>citur de timpa rubea et postea descen<strong>di</strong>t ad quendam violum qui est sub terram de<br />
rubuli et postea per ipsum violum va<strong>di</strong>t ad quemdam lapidem vocata petra grossa e<strong>di</strong>ficium<br />
burgecti et postmodum va<strong>di</strong>t ad viam que itur ad montem regalem et postmodum per ...viam<br />
usque ad vallonem que <strong>di</strong>citur gual<strong>di</strong>cassar et postmodum descen<strong>di</strong>t per ipsum vallonem<br />
seu flumen usque ad mare et postmodum p.litus litus maris pervenit ad locum unde incepsa<br />
est <strong>di</strong>visio supra<strong>di</strong>cta.”<br />
Anno 1502 (Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Palermo Fondo San Martino delle Scale F2 Busta 1567 Foglio<br />
199): “...a vallone Gued Elcassaro usque ad vallonem calatacubi incluso eodem tenimento<br />
calatacubi cum eius pertinentiis et ascendendo per...vallonem calatacubi descen<strong>di</strong>tur<br />
ad casalem indulcini incidendo per timpam casalis <strong>di</strong>sise, descen<strong>di</strong>tur a flumine Jati et deinde<br />
ascen<strong>di</strong>tur ad casalem mirtetti quod cum omnibus pertinentiis suis in eadem foresta et<br />
defensa inclu<strong>di</strong>tur et deinde per montem Partinici proce<strong>di</strong>tur et ten<strong>di</strong>tur ad ...primum vallonem<br />
Gued elcassaro.”<br />
31
19<br />
figlio del liberatore Gran Conte dell’istesso nome, da cui venne<br />
ree<strong>di</strong>ficata per servir da cimiterio al real duomo <strong>di</strong> palazzo, sotto<br />
titolo <strong>di</strong> S. Pietro, così dal privilegio <strong>di</strong> detto monarca Rogieri,<br />
dato in Palermo l’anno 1140 (a).<br />
E finalmente la chiesa denominata <strong>di</strong> s. Giorgio esistente in detta<br />
capitale Palermo, oggi Molo <strong>di</strong> quella marina, con godere la nostra<br />
Abbazia e <strong>di</strong> lei abati all’anno dalla tonnara <strong>di</strong> essa chiesa,<br />
che portava lo stesso nome <strong>di</strong> s. Giorgio, la quantità <strong>di</strong> barrili<br />
cento <strong>di</strong> tonnina preparata e salsa.<br />
Non mancò pure il piissimo real fondatore, a parte <strong>di</strong> suddetta<br />
donazione de’ beni, <strong>di</strong> concedere alla nostra Abbazia in larga<br />
copia e generosamente, anco con l’attrasso de’ suoi regii dritti e<br />
proventi (oltre l’addotta grazia <strong>di</strong> erigersi la nuova Terra) de’<br />
sommi e speciali privileggi onde sossistere e mantenersi splen<strong>di</strong>da<br />
sempre e ricca ne’ tempi avvenire e rendersi invi<strong>di</strong>abile a<br />
cadauna altra Abbazia e Commenda del Regno, ammirandosene<br />
insiememente col girare de’ secoli la sua regia munificenza.<br />
Son dessi privileggi i seguenti:<br />
- primo: <strong>di</strong> poter liberamente una barca del monastero pescar<br />
sempremai nei mari e porto della capitale Palermo affin <strong>di</strong> provvedersi<br />
<strong>di</strong>ariamente del pesce e ciò franco dei pesi e dazii <strong>di</strong> dogana<br />
ed altri qualunque si fossero spettanti alla regia Corte;<br />
- secondo: la stessa similmente generale ampissima franchigia<br />
accordossi al monastero d’ogni sorta <strong>di</strong> gabelle, dogana, cassia,<br />
assisa ed altro, per quello concerne il <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> non<br />
solo e Parco, ma benanco per tutta l’Isola, sopra i viveri, animali<br />
e generi <strong>di</strong> qualunque specie, a con<strong>di</strong>zione che sieno spettanti e<br />
provenienti all’Abbazia e <strong>di</strong> lei monaci, dalle loro massarie, poderi<br />
e pertinenze civiche e rusticane;<br />
(a) Pirri e Mongitore: Not. Cap. Divi Petri, fol. 4 e 5<br />
20<br />
- terzo: per conservarsi illese le giuris<strong>di</strong>zioni, dritti e interesse <strong>di</strong><br />
suddetto monastero intorno all’acqua fruiva il medesimo dal suo<br />
contado del Parco, non tralasciò lo zelante e amorevolissimo sovrano<br />
con sue reali lettere, in data delli 8 luglio 1312, sciolte in<br />
Messina, d’inculcar severamente ai Ministri giustizieri <strong>di</strong> Palermo<br />
<strong>di</strong> gastigare e raffrenar coloro che, con temerità, si fossero<br />
fatti lecito <strong>di</strong> usar e usurpar <strong>di</strong> quell’acqua in pregiu<strong>di</strong>zio del<br />
monastero e Abati e de’ loro sommi interessi;<br />
32
- quarto: pensò altresì la regale accuratezza del non mai abbastanza<br />
commendabile Monarca <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>r la persona delle genti<br />
e famigliari del monastero, con accordargli l’apportazione<br />
dell’arme vietate per la propria <strong>di</strong>fesa, e ne sciolse un suo regio<br />
<strong>di</strong>ploma in Palermo li 27 aprile 15a ind., dell’anno 1318;<br />
- quinto: anzi a magior cautela dell’anzidetto monastero si accordò<br />
da quel Sovrano benignissimo la facoltà <strong>di</strong> fabricar un fortalizio<br />
nel casale della Sala e Bosco <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, come si rileva<br />
da una regia carta segnata in Palermo li 21 maggio del succitato<br />
anno 1318; credendosi verisimilmente codesto fortalizio essere<br />
stata fra tante, che ancora s’innalzano, più rispettabile la magnifica<br />
torre del Ballo (oggi attaccata e interna al regal Casino e<br />
pria de’ marchesi <strong>di</strong> Grammontagna) la qual contiene ben otto<br />
stanze superiori e altrettante inferiori, con porta inferriata, premunita<br />
a dovere <strong>di</strong> forti volte, che naturalmente servì <strong>di</strong> ospizio<br />
ai padri del monastero, forse quivi eretta perché vicina alla chiesa<br />
<strong>di</strong> esso luogo e poco lungi dal Castellaccio, da cui era custo<strong>di</strong>ta<br />
e guardata;<br />
21<br />
- sesto: a codesta novella terra <strong>di</strong> Sala <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> fu parimenti<br />
concesso il privilegio <strong>di</strong> respingere in rame la propria marca, segno<br />
ossia stemma conforme lo godono le terre baronali, come<br />
per lettera e concessione reale date in Messina li 30 luglio del<br />
1320. E <strong>di</strong> fatti levava l’Aquila Palermitana. Lo geroglifico poi<br />
peculiar del suo stemma <strong>Partinico</strong>to ci resta ancora ignoto affatto,<br />
perché la carta reale non lo in<strong>di</strong>vidua;<br />
- settimo: dall’istesso augusto fondatore, con altro suo privilegio<br />
in favore del nostro monastero e Abbazia, dato in Catania li 6<br />
maggio 1321, si venne ad accordar l’ampia e generale esenzione,<br />
franchigia e libertà d’ogni sorta <strong>di</strong> gabelle e regie dogane in ogni<br />
e qualunque caso <strong>di</strong> voler comprare e vendere, immettere in regno<br />
ed estrarre altresì per fuori territorio tutta sorta <strong>di</strong> robbe <strong>di</strong><br />
panni, tele ed altri generi e cose attinenti a coprir la persona, che<br />
i monaci, servi e loro terrazani faranno in tutti i luoghi e città<br />
del regno per uso delle loro vesti necessarie, a parte già sempre<br />
<strong>di</strong> aver omologato nello stesso privilegio e carta reale, anzi aver<br />
rinnovato accortamente il precedente privilegio della franchigia<br />
accordata al monastero <strong>di</strong> tutte le sue pertinenze come sopra annoverate<br />
e considerate;<br />
- ottavo: in suddetto magnifico privilegio del 1321 a magior<br />
comprova della regia deliberazione e volontà, confermato ed approvato<br />
altra volta dallo stesso pio fondatore nella città <strong>di</strong> Catania,<br />
con carta delli 5 luglio 1332 e tal rattifica ed approvazione<br />
fu parimenti in<strong>di</strong> omologata e confermata dal Re Pietro 2, <strong>di</strong> lui<br />
33
figliuolo, con <strong>di</strong>ploma reale dato in Messina, addì 18 <strong>di</strong> agosto<br />
dell’anno 1340;<br />
22<br />
- nono: dal precitato re Pietro Secondo (allora Infante reale) fu<br />
commendato al capitano giustiziere <strong>di</strong> Palermo il nostro monastero<br />
e Abbazia <strong>di</strong> Altofonte, vale a <strong>di</strong>re posto lo stesso su la valevolissima<br />
protezione <strong>di</strong> un sì potente ministro onde non venir<br />
leso, anzi manutenuto nelle sue giuris<strong>di</strong>zioni e ragioni riguardo<br />
alle <strong>di</strong> lui possessioni e dominii, come per lettere reali date nella<br />
città <strong>di</strong> Polizzi li 10 maggio 1322, nelle quali si descrivono i<br />
confini dello Stato del Parco, controversi allora da monsignor<br />
Arcivescovo <strong>di</strong> Monreale, tenendo quin<strong>di</strong> detto capitano giustiziere<br />
la giuris<strong>di</strong>zione sopra Parco e <strong>Partinico</strong> in forza delle lettere<br />
in<strong>di</strong>gitate (a). Donde fu che in progresso fu considerata la nostra<br />
patria per quinto quartiere <strong>di</strong> Palermo.<br />
(a) Capitoli del Senato Palermitano, e<strong>di</strong>zione del 1766, fogli 8,9 e 10.<br />
23<br />
Capitolo III<br />
Serie storico-cronologica degli abbati <strong>di</strong> Santa Maria<br />
d’Altofonte conosciuta sotto vocabolo del Parco e <strong>Partinico</strong>.<br />
Fondata già, come sopra si è detto, la nostra venerabile regale<br />
Abbazia <strong>di</strong> Santa Maria d’Altofonte conosciuta sul vocabolo del<br />
Parco e Partenico, ben è dovere che adesso si sappia la serie de’<br />
suoi abbati e commendatarii dal suo principio sino al dì d’oggi,<br />
per quanto se ne ricava dal Mongitore appo il Pirri nella <strong>di</strong> lui<br />
Sicilia Sagra.<br />
1 – Del primo, dunque, abbate che abbia avuto la ridetta Abbazia<br />
non occorre <strong>di</strong>rne <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto se ne <strong>di</strong>sse nel precedente capitolo.<br />
Si sa purtroppo essere stato il cisterciense fra Michele, né<br />
più <strong>di</strong> ciò ne rapportano gli suddetti due scrittori <strong>di</strong> Pirro e Mongitore.<br />
L’anno della <strong>di</strong> lui elezione, che correva nel 1306 alli 11<br />
<strong>di</strong> giugno, fu quell’istesso dell’epoca della <strong>di</strong> colei fondazione<br />
sotto il pontificato <strong>di</strong> Clemente V.<br />
2 – Fra Pietro Guzio, cisterciense, ancora ne fu il secondo abbate,<br />
insignito nell’anno 1318, sotto il regno dell’istesso nostro<br />
Federico 2 e pontificato <strong>di</strong> Giovanni XXI. Vi si rese meritevole<br />
troppo a cagion de’ privileggi. Il suo stemma gentilizio è una<br />
barriera, al <strong>di</strong> sopra una fenice e al <strong>di</strong> sotto fra due cipressi un<br />
cane, come dal Mugnoz, Tomo 2, foglio 38.<br />
34
3 – Fra Paolo, terzo abbate cisterciense, sotto il regno <strong>di</strong> Pietro<br />
II e pontificato <strong>di</strong> detto Giovanni XXI. Desso fu Arcivescovo <strong>di</strong><br />
Morreale sul 1328. Sebbene Lello nelle vite degli Arcivescovi <strong>di</strong><br />
detta città, a foglio 32, lo voglia intruso. Di lui se n’ha la iscrizione<br />
su d’una porta della <strong>di</strong> lei chiesa cattedrale, la qual ce lo<br />
conferma nostro Abbate nei sensi seguenti:<br />
24<br />
Anno Domini 1328, XI ind., opus factum est tempore fratris Pauli<br />
Abbatis S. Marie de Altophonte. Lo stemma <strong>di</strong> questo reveren<strong>di</strong>ssimo<br />
abate ci è ignoto.<br />
4 – Fra Pietro Gaetano, cisterciense e quarto Abate del nostro<br />
monastero, creato al 1340, sotto il regno dell’in<strong>di</strong>gitato re Pietro<br />
2 e pontificato <strong>di</strong> Benedetto X detto XII, ebbe la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> regio<br />
cappellano, brigò detto anno la conferma ed emologazione regale<br />
de’ privilegii del monastero che reggea, sendo benemerito molto<br />
al prelodato re Pietro. Per stemma respingea due fenici e sei barriere.<br />
5 – Qual nome abbia avuto il quinto abbate <strong>di</strong> nostra Abbazia<br />
che fiorì nel 1341, dopo detto fra Pietro Gaetano, per fatali combinazioni<br />
ci è ancora ignoto, né alcuno de’ scrittori sa darcene<br />
contezza. Dalle lettere dell’Ill.mo allora e adesso Ecc.mo Senato<br />
Palermitano spe<strong>di</strong>te al re Pietro 2, per la chiestagli grazia <strong>di</strong> farsi<br />
la collazione <strong>di</strong> questa nostra doviziosa Abbazia non se ne deduce<br />
il nome, ma si <strong>di</strong>ce soltanto nella persona <strong>di</strong> un citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong><br />
Palermo, e ciò in detto anno 1341. Lo stemma ancora <strong>di</strong> questo<br />
prelato non è alla nostra cognizione.<br />
6 – Fra Giovanni, cisterciense, fu il nostro sesto abbate<br />
d’Altofonte. Si ha <strong>di</strong> costui solamente contezza nella lite verteva<br />
allora al 1397 tra <strong>di</strong> lui qual abbate e il venerabile gregoriano<br />
monastero <strong>di</strong> San Martino delle Scale <strong>di</strong> Palermo onde fissarsi i<br />
reali e veri confini <strong>di</strong> nostra <strong>Partinico</strong> co’ feu<strong>di</strong> del Borgetto,<br />
pertinenza dello stesso San Martino. Ciò dovette avvenire sul regno<br />
<strong>di</strong> Maria, figlia <strong>di</strong> Federico 3 e moglie <strong>di</strong> Martino I. Ci è<br />
quin<strong>di</strong> ignoto <strong>di</strong> questo abbate l’anno della sua elezione e ben<br />
anco lo stemma della famiglia.<br />
7 – Fra Rainaldo <strong>di</strong> Lezione, cisterciense, priore <strong>di</strong> Santa Lucia<br />
<strong>di</strong> Montagna, sul regno <strong>di</strong> suddetta Maria figlia <strong>di</strong> Federico 3 e<br />
consorte <strong>di</strong> Martino I, passò ad essere il settimo nostro abbate<br />
sul 1396, pontificato <strong>di</strong> 27 .<br />
25<br />
27 manca una riga<br />
35
Di questi abbate nel 1413 si hanno pubblici monumenti nella regia<br />
cancelleria.<br />
8 – Giovanni Pontecorona, palermitano, venne eletto in ottavo<br />
nostro abbate nell’anno 1413 dalla regina Maria, governatrice<br />
del Regno, e nell’interregno <strong>di</strong> Martino e Fer<strong>di</strong>nando I <strong>di</strong> Aragona,<br />
detto il Giusto, sul pontificato <strong>di</strong> Giovanni XXI detto XXIII.<br />
Credesi aver egli rinonziato questa Abbazia per non pregiu<strong>di</strong>car<br />
e togliere il legittimo dritto ai poveri Cisterciensi. Godè per altro<br />
la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> canonico della cattedrale <strong>di</strong> Palermo e quell’altra<br />
più insigne <strong>di</strong> ciantro della medesima, sul 1420. Leva per stemma<br />
un fiume, nel cielo una stella e al <strong>di</strong> sopra, una corona.<br />
9 – Fra Giovanni <strong>di</strong> Stefano, cisterciense, fu il nono abbate<br />
ch’abbia goduto l’Abbazia nostra e che gloriosamente si fe’ <strong>di</strong>stinguere<br />
sul 1424, regnando Alfonso detto il Magnanimo. Insiememente<br />
alla suddetta <strong>di</strong>gnità ebbe quella <strong>di</strong> cappellano maggiore<br />
<strong>di</strong> questo Regno. Fiorì in talento e l’anno anzidetto fu a<strong>di</strong>bito<br />
ad aggiustar le liti insorte tra l’abbate e monaci del monastero<br />
<strong>di</strong> Santa Maria la Noara. Collo stesso incarico abbisognò <strong>di</strong><br />
poi farla da giu<strong>di</strong>ce compromissario fra le controversie occorsero<br />
tra l’Arcivescovo <strong>di</strong> Palermo e Michele cancelliero, pel beneficio<br />
<strong>di</strong> San Giacomo la Mazara, ch’era <strong>di</strong> regio patronato, definendole<br />
giuresperitamente nel 1428. Finì <strong>di</strong> vivere l’anno 1435<br />
in qualità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce Conservatore del gregoriano monastero <strong>di</strong><br />
San Martino delle Scale <strong>di</strong> Palermo, stato eletto l’anno precedente<br />
da papa Eugenio 4. In seguito alla morte <strong>di</strong> questo prelato insigne<br />
e decorato abbate, fu chiesta la nostra Abbazia o ne principiò<br />
la interruzione e a conferirsi la medesima non più a persone<br />
chiesiastiche, ma a secolari, contro la mente del regal privilegio<br />
dell’or<strong>di</strong>ne, e quin<strong>di</strong> ne venne <strong>di</strong>chiarata Abbazia commendataria<br />
tenendo nel monastero i seguenti <strong>di</strong> lui abbati l’osservanza<br />
dell’istituto e il servigio della parrocchia del Parco, non altro<br />
contribuendo ai poveri monaci se non se<br />
26<br />
i scarsi alimenti, e quin<strong>di</strong>, poco curanti questi dell’istituto, si resero<br />
monaci <strong>di</strong> solo nome e retinenti il solo abito cisterciense,<br />
degenerando dall’esemplare loro regolarità e <strong>di</strong>vozione. A dì nostri<br />
poi finalmente, attesa la poca loro osservanza, furono sul<br />
1770 anche coll’opera e zelo del degnissimo monsignor Francesco<br />
Testa, arcivescovo <strong>di</strong> Monreale, <strong>di</strong>messi dal monastero del<br />
Parco e in esso sostituiti i reveren<strong>di</strong> cappellani per la cura<br />
dell’altare e parrocchia <strong>di</strong> quel paese, come tuttora assistono lodevolmente<br />
a profitto spirituale dell’anime, e vi ha nel 1800 accomodato<br />
in esso un decente quartino e appartamento per uso e<br />
comodo <strong>di</strong> Sua Altezza Reale il principe don Leopoldo <strong>di</strong> Bor-<br />
36
one, o<strong>di</strong>erno nostro illustre commendatario, e del <strong>di</strong> lui troppo<br />
degno cavaliere don. Felice Lioy, regio Intendente Generale della<br />
commenda della Magione. Lo stemma <strong>di</strong> suddetto Stefano abate<br />
è quello <strong>di</strong> un albero <strong>di</strong> pegno a cui vi si avventa un lione.<br />
10 – Ugone de Cordova fu il X abbate, che fiorì al 1435, sotto il<br />
regno <strong>di</strong> detto Alfonso e pontificato <strong>di</strong> Eugenio 4, veneto. Tutto<br />
s’ignora <strong>di</strong> costui, malgrado le praticatesi <strong>di</strong>ligenze. Levò per<br />
stemma tre fiori, situati due al <strong>di</strong> sopra ed un sotto.<br />
11 – Fabrizio Sottile sortì in undecimo nostro abate <strong>di</strong>etro la<br />
morte del <strong>di</strong> lui predecessore Ugone, e ciò l’anno 1436. Citta<strong>di</strong>no<br />
palermitano, sul regno ed azione del prelodato Alfonso<br />
d’Aragona e pontificato <strong>di</strong> detto Eugenio 4. L’arma gentilizia del<br />
<strong>di</strong> lui casato è quella appunto <strong>di</strong> un’aquila coronata.<br />
12 – Fra Giacomo de’ Tedeschi, nobile catanese e nostro insigne<br />
siciliano, successe in abbate al precedente Sottile nell’anno 1438<br />
sul dell’in<strong>di</strong>gitato re Alfonso, figlio <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando il Giusto, e<br />
pontificato <strong>di</strong> suddetto Eugenio 4. Pure pel <strong>di</strong> lui monito ottenne<br />
anco la prelatura della città <strong>di</strong> Messina. Fu regio consigliere: ottenne,<br />
sendo abbate nostro, la franchigia per anni sei<br />
27<br />
d’ogni regia colletta in favor de’ suoi Stati abbaziali, a parte già<br />
delle franchezze, privileggi ed assenti, che antecedentemente<br />
godeva il cisterciense suo monastero, in forza <strong>di</strong> quanto si espressò<br />
nel capitolo della fondazione. Lo stemma <strong>di</strong> questo abbate<br />
è un albero con d’ue rami sopra d’una barriera.<br />
13 – Giovanni Bernardo Leofante riportò la elezione <strong>di</strong> XIII abbate<br />
d’Altofonte l’anno 1456, da surriferito re Alfonso, sotto il<br />
pontificato <strong>di</strong> Calisto 3, spagnolo. A <strong>di</strong> lui istanza fu transontato<br />
e ridotto a gli atti pubblici il privilegio a pro della sua Abbazia,<br />
d’or<strong>di</strong>ne del re Pietro 2, emanato sul 1340, e ciò appo le tavole<br />
<strong>di</strong> notar Giorlando Vergelito <strong>di</strong> Palermo, l’anno 1456. Il <strong>di</strong> lui<br />
stemma è un elefante.<br />
14 – Niccola Leofante, nobile palermitano, venne creato in XIV<br />
abbate dal suddetto re Alfonso con reali lettere date in Foggia<br />
città del regno <strong>di</strong> Napoli, addì 15 giugno del 1457, sotto il pontificato<br />
<strong>di</strong> suddetto Calisto 4, da Valenza. Attesa la pienezza de’<br />
suoi meriti, fu inoltre insignito dal mentovato Monarca degli uffici<br />
<strong>di</strong> usciere e falconiere maggiore dell’istesso sovrano e della<br />
più eccelsa carica <strong>di</strong> luogotenente <strong>di</strong> Mastro Giustiziere del Regno.<br />
Contese molto con essolui il Senato palermitano, pel privilegio<br />
ottenutone i <strong>di</strong> lui citta<strong>di</strong>ni (Federico terzo, dato in Messina<br />
li 25 feb. 1306, 4 ind.) <strong>di</strong> poter fare dei legna nei territorii <strong>di</strong><br />
Parco e <strong>Partinico</strong> (a) per uso <strong>di</strong> loro case, contrastato da detto<br />
abbate, ma cedè quin<strong>di</strong> poi nell’opposizione suddetta <strong>di</strong> molesta-<br />
37
e i Palermitani. Morì finalmente a 7 ottobre 1486 coll’onore <strong>di</strong><br />
essere stato egli il magior privilegiato de’ suoi abbati antecessori,<br />
giacché in retribuzione de’ suoi fedeli servigii prestati alla<br />
corona, si rese concessionario del jus <strong>di</strong> regio patronato su la<br />
collazione della nostra Abbazia, coll’espressa facoltà <strong>di</strong> liberamente<br />
tramandarlo a suoi posteri abbati d’Altofonte, nonché <strong>di</strong><br />
casa Leofante, per grazia singolare accordatagli detto re Alfonso,<br />
con <strong>di</strong>ploma dato in detta città <strong>di</strong> Foggia, della Capitanata <strong>di</strong><br />
Napoli, li 15 giugno 5 ind., 1457, come rapportasi dall’<br />
(a) Del Vio, Priv. Pan. foglio 39<br />
28<br />
Inveges, nel <strong>di</strong> lui Palermo Nobile, nell’apparato, a foglio 86. Lo<br />
stemma poi <strong>di</strong> questo nostro abbate è lo stesso elefante <strong>di</strong> sopra<br />
in<strong>di</strong>ziato.<br />
15 – Giovan Goffredo Balves, <strong>di</strong> nazion francese, benedettino<br />
della Congregazione cloniacense <strong>di</strong> Borgogna, sul 1487. Fu questo<br />
nostro abbate, che successe al surriferito Leofante, giusta la<br />
elezione riportatane da Fer<strong>di</strong>nando II il Cattolico, reggente il sacro<br />
trono <strong>di</strong> Piero Alessandro VI, spagnolo, ed in quel tempo appunto<br />
in cui esso Balves godeva della <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> santa<br />
Chiesa, e quell’altra <strong>di</strong> confessore dell’XI Luigi, re <strong>di</strong> Francia,<br />
e similmente <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Vescovo nel Ducato <strong>di</strong> Angiò. Ne morì<br />
egli alla fine in Roma nell’ottobre del 1491.<br />
16 – Giovanni Sanchez, cesaragustano, ossia <strong>di</strong> Saragozza <strong>di</strong> Aragona,<br />
fratello <strong>di</strong> Luigi, tesoriere del nostro Regno alla morte<br />
del Balves ne occupò il luogo in qualità <strong>di</strong> sestodecimo abbate<br />
eletto dal prelodato sovrano Fer<strong>di</strong>nando 2, sul pontificato <strong>di</strong><br />
Giulio 2, da Savona, e crebbe e avanzossi sempre in magiori onori<br />
in Sicilia. Qui, da cameriere apostolico in cui fioriva, la fe’<br />
da ciantro della regia cappella <strong>di</strong> san Pietro in palazzo, in<strong>di</strong> poi<br />
da priore <strong>di</strong> Sant’Andrea <strong>di</strong> Piazza. Promosso al 1506 alla nostra<br />
Abbazia la chiuse col Vescovato, che acquistossi <strong>di</strong> Cefalù. Respingeva<br />
il suo stemma fra quattro barriere un lione.<br />
17 – Francesco Sanchez, citta<strong>di</strong>no palermitano, fu il decimo settimo<br />
abbate, ch’abbia vantata la nostra Altofonte l’anno 1520,<br />
creato da Carlo V imperadore, sotto il pontificato <strong>di</strong> Leone X,<br />
fiorentino. Vantossi costui del grado <strong>di</strong> canonico della chiesa <strong>di</strong><br />
palazzo e ciantro ancora della collegiata <strong>di</strong> san Piero <strong>di</strong> detta regia,<br />
oltre del priorato, nel Regno, <strong>di</strong> Sant’Andrea <strong>di</strong> Piazza, godendo<br />
similmente le uguali <strong>di</strong>gnità del suo antecessore Giovanni<br />
Sanchez. Eresse nella chiesa del suo monastero nella terra del<br />
Parco, la<br />
38
29<br />
Cappella in onor del Natale <strong>di</strong> Nostro Signore, cui fu apposta in<br />
marmo l’iscrizione, che siegue: Franciscus Sanchez istius Monasterii<br />
perpetuus commendatarius me construit anno 1522 28 .<br />
Null’altro <strong>di</strong> più se ne sa <strong>di</strong> costui.<br />
18 – Scipione Rebiba, <strong>di</strong> eterna nostra ricordanza e gratitu<strong>di</strong>ne,<br />
fu quel decimottavo illustre abbate, che decorò l’Abbazia<br />
d’Altofonte, colla elezione che ne ottenne sul 1568 da Filippo 2<br />
Re <strong>di</strong> Spagna, sotto il pontificato <strong>di</strong> Pio V, d’Alessandria. Fu costui<br />
nativo della terra <strong>di</strong> San Marco nostro siciliano, sebbene il<br />
Chiarandà lo voglia della città <strong>di</strong> Piazza nel nostro Regno, <strong>di</strong> cui<br />
il Pirro nella sua Sicilia Sagra punto non se ne incarica. Il veritiero<br />
onesto uomo e regio storiografo nostro signore conte Emmanuele<br />
marchese <strong>di</strong> Villabianca asserisce, per la sincera assicurazione<br />
fattagli il <strong>di</strong>fonto parroco don <strong>Giuseppe</strong> Iugnino, che il<br />
Rebiba, conferitosi nella capitale ragazzo, dalla sua patria <strong>di</strong> San<br />
Marco, attesa la <strong>di</strong> lui povertà si <strong>di</strong>è per vivere a farla da sagristano<br />
nella chiesa parrocchiale <strong>di</strong> Castellamare <strong>di</strong> essa Palermo e<br />
che mercé le sue insigni virtù, gli ottimi suoi morigerati costumi<br />
lo portarono debitamente all’eminenza delle seguenti illustri <strong>di</strong>gnità.<br />
Fu desso onorato della porpora car<strong>di</strong>nalizia <strong>di</strong> Chiesa santa<br />
nel 1559. Abbate altresì <strong>di</strong> San Filippo il Grande, ristorò egli<br />
le fabriche cadenti del monastero cisterciense del Parco, vi eresse<br />
dentro l’atrio del medesimo il fonte marmoreo, e ciò si rileva<br />
dall’affissa lapide in esso fonte sul tenore infrascritto: Car<strong>di</strong>nalis<br />
Pisan familiae de Ribiba sacrario, domibusque, restauratis<br />
tunc ab lato fonte deduxit anno 1573 29 .<br />
30<br />
Costui <strong>di</strong> Rebiba zelantemente fu quell’abbate, che passò alla elezione<br />
del primo reverendo arciprete <strong>di</strong> nostra <strong>Partinico</strong> in persona<br />
del sacerdote don Pietro Lombardo, come nella cronica degli<br />
arcipreti della nostra madre chiesa sarà per <strong>di</strong>visarsi. Cotesto<br />
gran car<strong>di</strong>nale ed abbate, qual nostro nazionale siciliano, fu pure<br />
Vescovo <strong>di</strong> Troja nella Capitanata del Regno <strong>di</strong> Napoli, e <strong>di</strong> Sabina<br />
in Romagna e Inquisitor Supremo del Tribunale del S. Officio,<br />
ultima carica con cui chiuse gloriosamente i suoi dì a 24 luglio<br />
dell’anno 1577 e 73 <strong>di</strong> sua vita, assalito da soffocazione, a<br />
cagion <strong>di</strong> sua somma pingue<strong>di</strong>ne. Il <strong>di</strong> lui cadavere fu posto a<br />
giacere nella chiesa <strong>di</strong> san Silvestro al Quirinale col seguente e-<br />
28<br />
Francesco Sanchez, perpetuo commendatario <strong>di</strong> questo monastero, mi ha<br />
costruito nell’anno 1522<br />
29<br />
Il car<strong>di</strong>nale Pisano della famiglia Rebiba, avendo restaurato il sacro e<strong>di</strong>ficio,<br />
vi addusse l’acqua nell’anno 1573<br />
39
pitafio: Scipioni Rebiba siculo Episcopo sabinensi S. R. E. Car<strong>di</strong>nali<br />
Pisanum, integritate, doctrina, religione prestanti, haereticae<br />
pravitatis Inquisitori summo fidei orthodoxae acerrimo<br />
propugnatori, Prosper Rebiba Patriarcha Costantineapolitanus<br />
et Troie Civitatis Episcopus patruo benemerent. maestissimo posuit.<br />
Vixit annos 73 obiit <strong>di</strong>e 24 Julii 1577 30 . Due mazze incrociate<br />
forman lo stemma del nostro Rebiba.<br />
19 – Antonio Marino de Pazos, <strong>di</strong> nazione spagniuolo da Compostella,<br />
capitale <strong>di</strong> Galizia e del villaggio, nativo ignobile <strong>di</strong> Protovedere,<br />
fu che, al 1580, occupò qual decimonono abbate, la<br />
nostra abazia, sotto il regno <strong>di</strong> Filippo II, Re <strong>di</strong> Spagna, e pontificato<br />
<strong>di</strong> Gregorio decimoterzo. Si rese questi chiarissimo e ricolmo<br />
<strong>di</strong> sommi onori, priaché assonto fosse stato alla detta Abbazia<br />
mercé i talenti e dottrina <strong>di</strong> cui era adorno, in la più alta<br />
sfera. Resse il Tribunale della Santa Inquisizione <strong>di</strong> Fede in Siviglia<br />
e in Toledo nell’Iberia. Fu Vescovo <strong>di</strong> Patti, nel nostro<br />
Regno, in<strong>di</strong> traslato al vescovado <strong>di</strong> Avola e <strong>di</strong> Cordova nella<br />
Spagna, godè della carica <strong>di</strong> Presidente<br />
31<br />
del Supremo Conseglio <strong>di</strong> Siviglia suddetta. Frattanto con sì cariche<br />
eccelse, a rendersi più luminoso presso il suo protettore Filippo<br />
suddetto, che lo guardò <strong>di</strong> buon occhio, siccome ad impinguarsi<br />
vieppiù malgrado le sue larghe dovizie, pose in impegno<br />
la revoca alla sua azienda ba<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> tutti i fon<strong>di</strong>, che la componevano<br />
e ch’erano stati dati antecedentemente a censo alla ragione<br />
<strong>di</strong> tarì 8 e taluni a tarì 6 salma (giusto perché allora trovavansi<br />
boschigni ed incolti). S’istituirono a tale oggetto de’ competenti<br />
giu<strong>di</strong>zii, ma quin<strong>di</strong> a carico della potenza, non prevalendo<br />
la ragione de’ sud<strong>di</strong>ti coloni, si pattuì il canone regolarsi e<br />
aumentarsi a tarì 24 la salma per le terre, ed unico terragiolo ed<br />
ottina della frutta <strong>di</strong> vigna, affrancando affatto i frutti d’ogni genere<br />
<strong>di</strong> albero e massime dell’ulivi. Se ne stipolò <strong>di</strong> tal concordato<br />
legal transazione appo gli atti del notar Antonio Occhipinti<br />
<strong>di</strong> Palermo, su li 17 luglio, X ind., 1592 e ne seguiron anco dappoi<br />
dell’altre transazioni consimili, presso le tavole <strong>di</strong> notar<br />
<strong>Giuseppe</strong> Sapienza <strong>di</strong> detta capitale nel corso della stessa in<strong>di</strong>zione,<br />
agli atti stessi del <strong>di</strong>visato Occhipinti, li 21 <strong>di</strong> detto luglio<br />
1582, come altresì seguinne il reale assenso interposto da S. E.<br />
30 Prospero Rebiba, patriarca <strong>di</strong> Costantinopoli e vescovo della città <strong>di</strong> Troia,<br />
pose (questo sarcofago) in onore dell’afflitto zio paterno, ricco <strong>di</strong> meriti, Scipione<br />
<strong>di</strong> Rebiba, vescovo siciliano <strong>di</strong> Sabina, car<strong>di</strong>nale Pisano <strong>di</strong> Santa Romana<br />
Chiesa, eccellente per integrità, dottrina, religiosità, Inquisitore della detestabile<br />
eresia, acerrimo propugnatore della fede ortodossa. Visse 73 anni, morì<br />
il 24 luglio 1577<br />
40
Viceré Marcantonio Colonna, procuratore seriamente creato a tal<br />
uopo dalla Maestà <strong>di</strong> suddetto Filippo 2, in forza <strong>di</strong> lettere regali<br />
della Cancellaria, date a 10 aprile del 1581 ed esseguite in Palermo<br />
li 10 gennaio del 1582, come si espressa a piè dello in<strong>di</strong>gitato<br />
atto <strong>di</strong> transazione in detto notar Occhipinti, detto giorno 21<br />
luglio 1582.<br />
A perpetua cautela degli enfiteuti si ricuperò ben anco la Paolina<br />
della Santità <strong>di</strong> papa Gregorio XIII, data in Roma, li 8 febbraio<br />
del 1583, essecutoriata in Palermo a 23 marzo dell’istesso anno e<br />
ne seguì finalmente in conferma <strong>di</strong> sì gran transazione formal<br />
sentenza, profferita dal delegato apostolico monsignor Ludovico<br />
de Torres, Arcivescovo <strong>di</strong> Morreale, che venne transuntata in Palermo<br />
da notar Giacomo Lavaggi, li 7 luglio del detto anno 1583,<br />
avverso i contravventori <strong>di</strong> essi accor<strong>di</strong>i.<br />
32<br />
Illese soltanto si resero dal comune augumento ed esenti da tal<br />
transazione le possessioni denominate <strong>di</strong> Gambacurta Raccuglia,<br />
ossia Salvini, attaccate alla nostra città, che in detto anno 1582<br />
si tenevano da Leonardo de Scorza, da cui a tutta possa si resistì<br />
legalmente alla pretesa dell’abbate, ed oggidì i <strong>di</strong> lui successori<br />
corrispondono alla nostra azienda l’antico tenue censo. Dessi sono<br />
il barone don Pietro e donna Antonia Puccio, erede questa del<br />
<strong>di</strong>fonto don Emmanuello Raccuglia e Salvini, <strong>di</strong> lei primo marito,<br />
e quello del consorte secondo e dotatario della medesima<br />
donna Maria Antonia.<br />
L’autor veramente della regolazione e aumento del canone annuale<br />
<strong>di</strong> suddetti fon<strong>di</strong> ba<strong>di</strong>ali a carico de’ censualisti non fu in<br />
realtà il de Pazos abbate, ma la suggestione del <strong>di</strong> lui procurator<br />
generale dottor don Giovan Battista Salamone e <strong>di</strong> lui subalterni,<br />
a magiormente godere della grazia del suo costituente. Pagarono<br />
frattanto costoro il loro fio <strong>di</strong> tanta dannosa novità con prossima<br />
morte e miserabile fine, e il loro capo, vale a <strong>di</strong>re il Salomone la<br />
finì da forsennato, stante la morte seguita del suo costituente,<br />
epperò cadute le sue speranze ed estinte le sue fortune, oltre<br />
all’o<strong>di</strong>o attiratosi dalle due popolazioni Abbaziali.<br />
Chi brama poi più largamente venir a lume del deplorabile fine<br />
<strong>di</strong> suddetti ministri, promotori <strong>di</strong> suddetto aumento de’ censi, riscontri<br />
il Di Giovanni nel suo Palermo ristorato, libro 4 fogli<br />
275 e 276. Lo stemma del nostro de Pazos è un mascherone <strong>di</strong><br />
etiopo con ciuffo e mustacchi.<br />
20 – Simone Tagliavia, Aragona, Ventimiglia, Emanuele e Moncada<br />
venne creato a vigesimo abbate d’Altofonte dal prelodato<br />
beatissimo padre Gregorio XIII, nel 1595, regno <strong>di</strong> suddetto Fi-<br />
41
lippo 2, Re della Spagna. Nacque egli a 20 maggio del 1550 in<br />
Castelvetrano,<br />
33<br />
terra <strong>di</strong> nostra Isola e nella Val <strong>di</strong> Mazara, vassallagio <strong>di</strong> proprio<br />
retaggio <strong>di</strong> sua chiarissima famiglia. Il <strong>di</strong>fonto duca <strong>di</strong> Terranuova<br />
Carlo Tagliavia, detto magnus siculus, e Margarita Ventimiglia<br />
jugali furono i suoi genitori. Fu degnissimo chiesastico<br />
e, mercé l’aura <strong>di</strong> suo gran padre e per il suo gran merito, giunse<br />
al grado <strong>di</strong> car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> santa Chiesa nel 1583, in età <strong>di</strong> 33 anni,<br />
godé la carica insigne <strong>di</strong> commendatario della Maggione e insiememente<br />
poi abbate <strong>di</strong> altre due chiese in Sicilia, cioè S. Angelo<br />
<strong>di</strong> Brolo e Santa Maria della Noara. Finì <strong>di</strong> vivere in Roma<br />
a 20 del mese <strong>di</strong> maggio dell’anno 1604 d’anni 55 e venne sepolto<br />
nella Chiesa del Gesù. Leva per stemma un pegno, tre barriere,<br />
un’altra laterale, due lioni, due bracci, che impugnano spade,<br />
otto occhi o, a <strong>di</strong>r meglio, otto O.<br />
21 – Ascanio Colonna, romano, figlio <strong>di</strong> Marcantonio Colonna,<br />
stato viceré <strong>di</strong> Sicilia e <strong>di</strong> Felice Orsini, jugali, venne eletto in<br />
nostro vigesimo primo abate in seguito alla morte del sopradetto<br />
suo predecessore l’anno stesso 1604 reggendo il freno apostolico<br />
la santità <strong>di</strong> (sic) sotto il regno <strong>di</strong> Filippo 3, Re <strong>di</strong> Spagna.<br />
Ebbe altresì conferita in sua persona l’altra Abbazia <strong>di</strong> Santa<br />
Maria della Noara, lo stesso anno, e fu ben anco car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong><br />
Chiesa santa. Chiuse i suoi dì gloriosamente in Roma li 17 maggio<br />
del 1608. Lo stemma <strong>di</strong> sua famiglia è quello appunto d’una<br />
colonna con al <strong>di</strong> sopra un <strong>di</strong>adema.<br />
22 – Andrea Mastrilli occupò il vigesimo secondo numero de’<br />
nostri abati pella riportatane elezione del Re Filippo 3 suddetto,<br />
addì 5 novembre 1608, seguita la morte del Colonna, e sotto il<br />
pontificato <strong>di</strong> (sic) . Fu desso per privilegio, palermitano,<br />
ma nativo della terra <strong>di</strong> Golisano del nostro Regno. Quando<br />
fu creato in abate resedeva in Spagna presso la corte col grado<br />
eccelso <strong>di</strong> regio appellano. Ristorò il refettorio minacciante rovina<br />
del suo monastero de’ cisterciensi nel Parco, in cui <strong>di</strong> presente<br />
se ne veggono i marmi continenti lo stemma <strong>di</strong> sua famiglia<br />
Mastrilli, che sono: un leone, una barra grande, con uno<br />
scorpione e una quasi M. La iscrizione<br />
34<br />
che portano i detti marmi è la seguente: D. Andreas Mastrilli<br />
Abas 1616 (a). Passò in<strong>di</strong> ad occupare il vescovado della città <strong>di</strong><br />
Messina.<br />
42
23 – Giovanni Pirrello fu quel vigesimo terzo abbate, che<br />
s’ignora dal Pirri nella sua Sicilia Sagra, e venne eletto da Paolo<br />
V Sommo Pontefice, sotto il Regno <strong>di</strong> Filippo 3 a dì 16 marzo<br />
1614. Null’altro si sa <strong>di</strong> questo nostro prelato.<br />
24- Scipione Borghese, romano <strong>di</strong> nazione, ottenne la nostra Abbazia<br />
sul 1618 qual vigesimo quarto abate sotto il regno <strong>di</strong> detto<br />
Filippo 3, Re <strong>di</strong> Spagna, e pontificato <strong>di</strong> (sic) fu costui<br />
nipote per parte <strong>di</strong> sorella della beatitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> papa Paolo V,<br />
godé fastoso della porpora car<strong>di</strong>nalizia e delle mitre vescovili <strong>di</strong><br />
Sabina e Bologna, ristorò decentemente la chiesa del Parco occorrendo<br />
alla <strong>di</strong> lei minacciante ruina. Su la porte del tempio<br />
leggesi quanto siegue: Scipio Car<strong>di</strong>nalis Burghesius Pauli V<br />
Pont. Max. piiss. munificentis. nepos, Abbas Sanctae Mariae de<br />
Altophonte magni umani insignis in eum pietatis, eo in Cistercensium<br />
familia, beneficentia, templum hoc a fundamentis excitatum<br />
AE.S.P. anno salutis 1632. 31<br />
Morì finalmente in Roma il nostro Scipione li 2 ottobre del<br />
1633. Ed il suo stemma levava due aquile l’una sotto l’altra con<br />
in capo una corona e in loro mezzo una barca.<br />
25 – Il serenissimo arciduca don Sigismondo d’Austria tuttoché<br />
tenerissimo <strong>di</strong> età fu quel nostro chiarissimo vigesimo quinto<br />
abbate, che illustrò e decorò l’Abbazia colla riportatane elezione<br />
del 1635, governando per lui e gloriosamente amministrando la<br />
stessa la <strong>di</strong> lui augusta sempre arcidechessa madre e signora<br />
Clau<strong>di</strong>a de Austria, e ciò sotto il pontificato <strong>di</strong> (sic) e regno<br />
<strong>di</strong> Filippo 4, Re <strong>di</strong> Spagna. In questo glorioso soggetto, così piacendo<br />
a Dio, si estinse l’augusto ceppo della Casa austriaca del<br />
ramo degli illustri duchi <strong>di</strong> Ausburgh del Tirolo in Germania,<br />
chiudendo i giorni l’anno del 1665. Ottenne questo principe abbate<br />
dalla munificenza <strong>di</strong> Filippo IV,<br />
(a) Si dubita apposta per errore la data del 1616 a cotesta lapide, qual almeno<br />
avrebbe dovuto portar quella del 1610, per non luttare colla data dell’elezione del<br />
<strong>di</strong> lui successor abate Pirrello al 1614, tempo in cui non esistea più abate il Mastrilli.<br />
Pure anche la data dell’elezione <strong>di</strong> detto Pirrello, a mio avviso, patisce altresì<br />
della contrad<strong>di</strong>zione manifesta, creder dovendosi anche erronea: giacché il<br />
successor del medesimo che fu incontrastabilmente l’abate Scipio Borghezio al<br />
sommo ne debbe occupar la carica al 1610 e non già al 1618, come vuole il Pirri<br />
da noi seguito, mentre sul governo <strong>di</strong> questi car<strong>di</strong>nale commendatore si leggono<br />
stipolati vari istromenti <strong>di</strong> concessioni enfiteutiche <strong>di</strong> questo fondo ba<strong>di</strong>ale, agli<br />
atti <strong>di</strong> notar Vincenzo Ferranti <strong>di</strong> Palermo, li 17 novembre, XI in<strong>di</strong>zione, 1612, in<br />
seguito della potestà per esso chiesta e accordatagli il Re cattolico Filippo <strong>di</strong><br />
Spagna, con regio biglietto dato in Madrid a 27 marzo 1611, esecutoriato in Re-<br />
31 Il car<strong>di</strong>nale Scipione Borghese, nipote del munificentissimo e piisimo pontefice<br />
massimo Paolo V, abbate <strong>di</strong> Santa Maria <strong>di</strong> Altofonte.costruì questo tempio<br />
a sue spese, dalle fondamenta nel 1632, per manifestare la sua grande<br />
affezione e per beneficare la famiglia cistercense.<br />
43
gno li 5 giugno 1612. E però volendo assentar l’epoca delle elezioni e del Pirrello<br />
e del Borghezio, quella sarebbe espe<strong>di</strong>ente crederla apocrifa (giacché il Pirri<br />
non porta affatto questo abate e se vogliam crederlo col Mongitore, fol. 106 allora<br />
erronea) e se vera sul 1610 e non al 1614 e questa del Borghezio contemporanea<br />
al 1610 o 1611<br />
35<br />
monarca delle Spagne la esenzione e franchigia per anni sei delle<br />
tande regie dovute su l’Abbazia <strong>di</strong> Parco e <strong>Partinico</strong> con real<br />
carta data in Madrid li 5 <strong>di</strong>cembre del 1637, esecutoriata in Palermo<br />
li 18 aprile 1640. Sotto il suo felicissimo governo e per<br />
effetto <strong>di</strong> sua beneficenza e generosità, come a pio cristiano, si<br />
e<strong>di</strong>ficò dai fondamenti la nostra madre chiesa in questa forma<br />
che esistì sino al cadere del passato secolo, in cui venne alquanto<br />
ingran<strong>di</strong>ta nella foggia, che adesso fa ravvisarsi. E’ vano qui<br />
<strong>di</strong> annoverar <strong>di</strong>stintamente gli effetti della sua larga munificenza<br />
e carità usata coi vassalli, e le illustri doti, che il fiancheggiarono<br />
mai sempre, degne tutte <strong>di</strong> eterna ammirazione, perché figlia<br />
<strong>di</strong> un germe <strong>di</strong> un eccelso sovrano. Lo stemma gentilizio è quello<br />
<strong>di</strong> due barre apposte in campi <strong>di</strong>versi.<br />
26 – Francesco Maria Me<strong>di</strong>ci, figlio <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando 2, Gran Duca<br />
<strong>di</strong> Toscana, a riguardo <strong>di</strong> sì gran padre, ancorché fanciullo tenero,<br />
ad esempio del <strong>di</strong> lui predecessore, conferita ebbe nel 1666<br />
l’Abbazia nostra d’Altofonte, <strong>di</strong>simpegnandola egli qual vigesimo<br />
sesto abbate, e decorandola illustramente, e ciò sotto il regno<br />
<strong>di</strong> Carlo 2, Re <strong>di</strong> Spagna e pontificato <strong>di</strong> (sic) fu desso car<strong>di</strong>nal<br />
<strong>di</strong> Chiesa santa, ristorò in Palermo la chiesa <strong>di</strong> san Giorgio<br />
de Kemonia, con accrescerla insiememente <strong>di</strong> decenti ornati,<br />
perché stava cedendo, atteso l’irremissibile tarlo de’ secoli. Nella<br />
marmorea lapide ivi affissa leggevasi la seguente iscrizione:<br />
A.M.D.P – Quod bonum, faustumque felix Carolo II Hispaniarum<br />
et Siciliae Rege, Franciscus Maria Princeps alter magni<br />
ducis Etruriae Fer<strong>di</strong>nan<strong>di</strong> II filius, sanctae Mariae Altiphontis<br />
Regio ex munere Abas religionis gratique animi erga sacram<br />
hanc aedem post alias munificentia haud regi penitenda instaurandam,<br />
exornandam, <strong>di</strong>tandam curavit. Anno 1676 32 .<br />
A conservarsi la sua sovrana progenie de Me<strong>di</strong>ci, come che allora<br />
scevra <strong>di</strong> maschia prole, fu duopo ammogliarsi in Leonora<br />
Gonzaga. Fu quin<strong>di</strong> astretto rinonziar l’Abbazia e la porpora altresì<br />
car<strong>di</strong>nalizia. Morì frattanto senza<br />
32 Il principe Francesco Maria, figlio secondogenito del granduca dell’Etruria<br />
Fer<strong>di</strong>nando II, abbate <strong>di</strong> Santa Maria <strong>di</strong> Altofonte per regia concessione, regnando<br />
Carlo II, re <strong>di</strong> Spagna e <strong>di</strong> Sicilia, pose questa lapide affinché si conservasse<br />
il buono e felice ricordo <strong>di</strong> aver restaurato, decorato, arricchito questa<br />
sacra <strong>di</strong>mora ed altre ancora, con munificenza degna <strong>di</strong> un sovrano. Anno<br />
1676<br />
44
36<br />
prole alcuna, deluse le sue speranze e quelle del Regno, il dì 3<br />
febraio 1711. Si celebrarono l’essequie <strong>di</strong> sì gran principe collo<br />
sfarzo possibile dai padri dell’Oratorio <strong>di</strong> san Filippo Neri <strong>di</strong> Palermo<br />
nella loro chiesa li 2 luglio <strong>di</strong> detto anno, a proprie spese<br />
dell’infrascritto <strong>di</strong> lui successore Acquaviva. Lo stemma <strong>di</strong> questo<br />
illustre principe abbate si è quello <strong>di</strong> numero sei O ed in<br />
quello del centro tre rose.<br />
27 – Francesco Maria Acquaviva, napolitano, fu il vigesimo settimo<br />
e penultimo nostro illustre abate, creato l’anno 1709, in seguito<br />
alla rinunzia del <strong>di</strong> lui predecessore de Me<strong>di</strong>ci sotto il regno<br />
<strong>di</strong> Filippo 4, Re <strong>di</strong> Sicilia e pontificato <strong>di</strong> (sic)<br />
Godé del cappello <strong>di</strong> car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Chiesa santa, e ottenne pe’<br />
suoi meriti, a 8 gennaio del 1725, il vescovado <strong>di</strong> Sabina, in cui<br />
non poté porsi in possesso perché prevenuto dalla morte in Roma.<br />
Eresse nella nostra piazza a comodo ed utile <strong>di</strong> noi partinicoti<br />
la fontana marmorea in cui si leggono le infrascritte due iscrizioni:<br />
in quella che guarda sirocco (a):<br />
Fontana <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> (1860)<br />
da M.Viollet Le Duc – “Lettres sur la Sicile” – pag. 9<br />
45
46<br />
Eminentissimo Domino Francisco S.R.E.<br />
Car<strong>di</strong>nali de Acquaviva S. Mariae Alti<br />
fontis Abbate, ejusque vices Procurante<br />
Simone Zati et Gucciar<strong>di</strong>ni Congregationis<br />
Oratorj Panormitani presbitero hoc exci<br />
tato fonte fuit publicis votis munifi<br />
centissime consultum. Anno salutis MDCCXVI 33 .<br />
Nell’altra che guarda a tramontana la seguente epigramma:<br />
D.O.M.<br />
Natura irriguos cum mergeret un<strong>di</strong>que campos<br />
optabat populus <strong>di</strong>vite fonte flui (sic)<br />
sed modo dedaleo sublato marmore ludens<br />
vitrea municipes alluit unda suos.<br />
Sic Domino defert vectigal gratior amnis<br />
Ire vias cupidus quas Acquaviva docet 34 .<br />
Lo stemma <strong>di</strong> questo eminentissimo abbate è un campo in un<br />
quarto del quale un leone, nell’altro un altro leone e nei restanti<br />
due quarti alcune barre attraverse.<br />
(a) Cotesta iscrizione e l’epigramma seguente si <strong>di</strong>cono componimenti del cele<br />
bre giureconsulto Antonino Veneziano <strong>di</strong> Morreale<br />
37<br />
28 – <strong>Giuseppe</strong> Barlotta e Ferro, principe <strong>di</strong> San <strong>Giuseppe</strong>, famiglia<br />
nobile della città <strong>di</strong> Trapani, <strong>di</strong>etro la morte <strong>di</strong> Giovanna<br />
Papè, de’ duchi <strong>di</strong> Giampilieri e Protonotai del Regno, annoiato<br />
dalle lusinghe del mondo, abbracciò volentieri lo stato chiesiastico,<br />
attesi i <strong>di</strong> lui fedeli servigii prestati all’augustissimo Carlo<br />
VI, imperatore austriaco allora in Sicilia, al 1726, in premio ne<br />
ottenne dal medesimo l’Abbazia nostra sotto il pontificato <strong>di</strong><br />
(sic) <strong>di</strong> cui prese il possesso addì 5 magio <strong>di</strong> esso anno.<br />
A parte della carica anzidetta godè la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> vescovo titolare<br />
<strong>di</strong> Teletta. Era egli <strong>di</strong> buon cuore, gran limosiniere e protettor<br />
33 Questo fonte è stato eretto per venire incontro splen<strong>di</strong>damente alle pubbliche<br />
attese, essendo abbate <strong>di</strong> santa Maria <strong>di</strong> Altofonte l’eminentissimo car<strong>di</strong>nale<br />
<strong>di</strong> Santa Romana Chiesa Francesco Acquaviva e suo procuratore Simone<br />
Zati e Gucciar<strong>di</strong>ni, presbitero palermitano della Congregazione dell’Oratorio.<br />
Anno 1716<br />
34 Al Signore Ottimo e Massimo - Mentre la natura provvedeva ad innaffiare i campi<br />
attorno, il popolo aspirava a godere <strong>di</strong> una fonte abbondante. Ma adesso una<br />
fonte cristallina insinuandosi come in un dedalo <strong>di</strong> marmo, lieta scorre a bagnare<br />
i citta<strong>di</strong>ni. Così il fiume reca vantaggio al padrone per quelle vie in<strong>di</strong>cate<br />
dall’appassionato Acquaviva
zelantissimo de’ suoi sud<strong>di</strong>ti baziali. Costrusse per lui comodo<br />
un decente quartino nel monastero del Parco, istituì le annue limosine,<br />
che tuttora si corrispondono, eresse il Collegio <strong>di</strong> Maria<br />
in detta terra del Parco, sul 1757, e promosse in Collegio ancora<br />
il Conservatorio dell’Orfane <strong>di</strong> questa città, fondato prima<br />
d’Antonino <strong>di</strong> Bartolomeo, cui assegnò onze 63.12 all’anno, in<br />
sussi<strong>di</strong>o dell’alimenti, su gl’introiti dell’Abbazia, e ciò <strong>di</strong>etro il<br />
<strong>di</strong>spaccio reale in i<strong>di</strong>oma spagnuolo, dato in luglio al 1759.<br />
Gli adulatori <strong>di</strong> cui era assistito profittando del suo buon cuore<br />
lo persuasero a praticar delle novità con <strong>di</strong> lui poca gloria: si<br />
pretese dal medesimo le decime ed ottine sopra i frutti degli alberi<br />
e piante, nonché delle olive, istituitosene formal giu<strong>di</strong>zio a<br />
carico <strong>di</strong> coloni ed enfiteuti, finalmente dal Tribunale della Real<br />
Monarchia e dal Giu<strong>di</strong>ce allora <strong>di</strong> esso monsignor <strong>Giuseppe</strong> Rifos,<br />
sotto li 30 giugno del 1732, si rigettò la istanza del Barlotta<br />
e Ferro, qual abbate suddetto, restando esenti i frutti suddetti<br />
dalla nuova pretesa decima ed ottina, com’erano pell’ad<strong>di</strong>etro, e<br />
ciò mercé l’antichi privilegii reali.<br />
Di ciò non contento l’abbate avvanzò altro nuovo libello, chiedendo<br />
l’ottina sopra le uve moscate e lignaggi, e questa pe’ suoi<br />
maneggi e per la negligenza e povertà de’ litiganti sud<strong>di</strong>ti felicemente<br />
la ottenne, al 1734, malgrado le lettere viceregie del<br />
principe Filiberto <strong>di</strong> Savoja de’ 26 agosto 1622, al volume 5 <strong>di</strong><br />
Albragiara, foglio 410, presso il conte marchese <strong>di</strong> Villabianca,<br />
essecutoriate in Palermo per la regia Corte pretoriana, a 9 settembre<br />
1622, ove si leggono soggette a detta decima ed ottina le<br />
sole uve semplici, latine.<br />
38<br />
Ciò non ostante, dal padre <strong>di</strong> Francesco Maria Emmanuele, marchese<br />
<strong>di</strong> Villabianca, come uno degl’interessati, perché ha de’<br />
luoghi nel nostro fondo Abbaziale, si fecero sciorre, in onta a<br />
detta sentenza, delle lettere osservatoriali <strong>di</strong> queste antiche viceregie<br />
del 1622, e questo sotto li 10 settembre del detto anno<br />
1734, come al volume suddetto <strong>di</strong> Albragiara, al foglio 156. Ma<br />
frattanto, non brigandosi d’alcuno, restarono frustanee l’ anzidette<br />
lettere ed inoperative e vigente la sentenza a pro<br />
dell’abbate, in seguito <strong>di</strong> che oggigiorno l’azienda ricupera le<br />
decime e ottine delle uve moscate, oggi <strong>di</strong> già abbolite, atteso lo<br />
strasatto convenutosi mercé l’opera del degno cavaliere don Felice<br />
Lioy, intendente generale della Commenda.<br />
Fu sedotto altresì detto monsignor principe abbate a cattivarsi<br />
l’in<strong>di</strong>gnazione de’ sud<strong>di</strong>ti, a cagione della ricor<strong>di</strong>azione e misura<br />
praticata dei fon<strong>di</strong> rustici e urbani <strong>di</strong> questa città nostra. Frattanto<br />
fu così tenue questo augumento ritrovatosi che bastò a pena a<br />
47
sod<strong>di</strong>sfarne le ingenti spese <strong>di</strong> agrimensori ed ufficiali impiegatisi<br />
a tal oggetto, potendosi <strong>di</strong>r con Stazio in Gambacorta foro<br />
Cristiano a foglio 245:<br />
48<br />
Est quoque cunctarum novitas gratissima rerum<br />
eventus nocuos res nova semper habet 35<br />
Ed è veramente la gran massima <strong>di</strong> chi voglia governar bene e<br />
meritarsi l’amor de’ sud<strong>di</strong>ti il non dar ascolto alle lingue adulatrici<br />
e il non permettere delle novità.<br />
Morì finalmente l’abbate nostro in Palermo li 11 maggio del<br />
1764. Pure non dee passarsi in silenzio la sua somma pietà ad<strong>di</strong>mostrata<br />
l’anno precedente del 1763, nella ingente carestia del<br />
frumento, in cui arrivò pubblicamente a <strong>di</strong>re: Si vendano le mitre,<br />
si versi il mio sangue e si occorra alla compra del grano<br />
pell’amati miei partinicoti. E la nostra sola <strong>Partinico</strong> fu quella<br />
fra tutto il Regno cui non mancò né scarseggiò del pane, né minorò<br />
punto dal solito stabilimento del peso <strong>di</strong> once 3.10, per ogni<br />
grani otto, malgrado l’ingente prezzo e scarsezza comune. Gli<br />
sacri <strong>di</strong> lui arre<strong>di</strong>, <strong>di</strong>etro della sua morte, vennero ad appropriarsi<br />
in parte alla nostra<br />
39<br />
Madrice e, in parte, a quella della terra del Parco. Il suo cadavere<br />
giace sepolto nella chiesa <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong> della Dominante e<br />
nella propria cappella <strong>di</strong> sua famiglia nobile, in cui si veggono<br />
due lapi<strong>di</strong> marmorie colle seguenti iscrizioni:<br />
Ioseph Barlotta et Ferro, Episcopus Theleptensis,<br />
Abbas S. Marie Altifontis, Princeps Sancti Ioseph<br />
obiit V idus Maii 1764. Corpus eius hic posuit<br />
amantissimus nepos Ioseph Barlotta et Bonfiglio.<br />
Cor Iosephi Barlotta et Ferro Episcopi,<br />
Abatis, Principis 36<br />
Lo stemma <strong>di</strong> questi ultimo nostro principe e abate commendatario.<br />
Dietro la morte del prelodato Barlotta e Ferro, cesse l’Abbazia<br />
nostra <strong>di</strong> aver abbati commendatarii, attesoché restò incamerata<br />
35 La novità riesce sempre gratissima, ogni cosa nuova reca <strong>di</strong>sastri<br />
36 <strong>Giuseppe</strong> Barlotta e Ferro, vescovo <strong>di</strong> Telepte (città della Tunisia non più<br />
esistente), abbate <strong>di</strong> santa Maria <strong>di</strong> Altofonte Principe <strong>di</strong> San <strong>Giuseppe</strong>. Morì<br />
l’11 maggio 1764. Il suo affezionatissimo nipote Giiuseppe Barlotta e Bonfiglio<br />
depose qui il suo corpo. Il cuore <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong> Barlotta e Ferro, vescovo, abbate,<br />
principe.
per la regia Corte e, <strong>di</strong> special or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Maestà Fer<strong>di</strong>nando<br />
3, passò ad amministrarsi prima dall’illustre don Domenico Salamone,<br />
in<strong>di</strong> a don Diodato Targiani, rispettivi consultori <strong>di</strong> Sua<br />
Eccellenza in questo Regno, e finalmente dal real Consesso Patrimoniale,<br />
da cui si <strong>di</strong>è in arrendamento, sendone stato l’ultimo<br />
arrendatario don <strong>Giuseppe</strong> Pardo, <strong>di</strong>chiaratario <strong>di</strong> don <strong>Giuseppe</strong><br />
Fuxa, liberatario pro persona nominanda, sebbene, in realtà <strong>di</strong><br />
fatto, sieno stati sommessi dei fratelli don <strong>Giuseppe</strong> e don Leonardo<br />
Rizzo, come si rileva da un atto presso le tavole <strong>di</strong> questo<br />
notar <strong>Giuseppe</strong> Maria <strong>di</strong> Bartolomeo, autore della presente <strong>Storia</strong>,<br />
sotto li 20 ottobre, 5a ind., 1801.<br />
Oggidì però e fin dall’anno 1799 fortunatamente venne altra volta<br />
l’Abbazia d’Altofonte, come fu nella sua prima origine, ad<br />
aggregarsi alla real Commenda della Magione in Palermo, <strong>di</strong> cui<br />
n’è il degnissimo commendatore l’augusto figlio del nostro Sovrano,<br />
Sua Altezza il real principe don Leopoldo <strong>di</strong> Borbone,<br />
<strong>di</strong>etro la morte <strong>di</strong> Sua Altezza il principe don Gennaro, <strong>di</strong> lui<br />
fratello (a), e vanne, con speciale zelo ed impegno, amministrata<br />
e protetta dal mentovato illustre intendente cavaliere Lioy, come<br />
largamente a suo luogo <strong>di</strong>rassi nel corrispondente capitolo dell’aggregazione.<br />
(a) Si inserisca per nota, la iscrizione lapidaria sul prisco gusto, in istampa per<br />
Januario Borbonio.<br />
40<br />
Capitolo IV<br />
La nostra città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> in prospetto, sua fondazione, progresso<br />
e stato presente con quanto v’ha in essa <strong>di</strong> rimarchevole.<br />
1 – De’ i due abitati che oggidì sorgono nel contado ba<strong>di</strong>ale <strong>di</strong><br />
Santa Maria d’Altofonte, il primato <strong>di</strong> loro origine dee competere,<br />
senza contrasto, affatto mai alla terra del Parco, ma alla nostra<br />
<strong>Partinico</strong>. Cotesta, malgrado la fatale calamità e sciagura cui<br />
soggiacque miseramente ne’ tempi oscuri col suo Castel dei Sicoli<br />
celebratissimo, e a cagion in<strong>di</strong> della sofferta total <strong>di</strong>struzione<br />
sotto la tirannica barbarie saracinesca (a), pur tuttavolta remastine<br />
della medesima alcuni umili avanzi (bastevoli pur non <strong>di</strong><br />
meno a non farla cadere nella total <strong>di</strong>menticanza, anzi a riconoscere<br />
quin<strong>di</strong> poi in un Casale) unitamente alle erettevi poscia<br />
torri saracinesche, vennero, la Dio mercé e del sempre piissimo<br />
nostro gran fondatore, sul cominciare del sesto decimo secolo,<br />
ad accrescersi così rapidamente che la resero ben grossa terra,<br />
in<strong>di</strong> invi<strong>di</strong>abile città del Regno. Di modo ché adesso può fran-<br />
49
camente vantarsi la capitale della real commenda della Maggione,<br />
cui si trova, come si è detto, <strong>di</strong> sovrana grazia aggregata e<br />
gareggiarla colle prime città.<br />
2 – Di essa adunque primieramente ben’è dovere tener ragione<br />
sul progre<strong>di</strong>ente corso della sua storia particolare (peculiar assonto<br />
<strong>di</strong> nostra impresa) in <strong>di</strong> poi <strong>di</strong> quella del Parco come a<br />
germana, amendue figlie <strong>di</strong> nostra Abbazia d’Altofonte.<br />
3 – Fa <strong>di</strong> mestieri aversi pria contezza che il vasto territorio <strong>di</strong><br />
<strong>Partinico</strong>, costante <strong>di</strong> salme 5487.8 terre (b) dal dì della fondazione<br />
<strong>di</strong> nostra reale Abbazia l’anno 1307, trovavasi imboscato,<br />
inselvatichito e de’ suoi uberi campi la magior parte inculta, non<br />
ostante il casal contenea e non altra <strong>di</strong>nominazione ritenea che <strong>di</strong><br />
Bosco <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, che poi sul 1309 per un<br />
(a) Bonfiglio, <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Sicilia, Parte I libro 6 foglio 244.<br />
(b) Relazione <strong>di</strong> Giovanni Inga, agrimensore citta<strong>di</strong>no data in agosto del 1800,<br />
conservata nell’archivio della Commenda.<br />
41<br />
secondo espresso privilegio reale del nostro pio fondatore, come<br />
si ha nel suo capitolo precedente, fu accordata la graziosa facoltà<br />
<strong>di</strong> costruirvisi altra borgata o terra col nome <strong>di</strong> Sala.<br />
4 – La mancanza <strong>di</strong> braccialieri, le guerre, che intestine in quei<br />
tempi ardevano dapertutto pel conquisto della nostra Isola,<br />
gl’ingor<strong>di</strong> lupi, che ne <strong>di</strong>fficultavano la coltivazione, i turchi<br />
spesso, che colle loro scalate nel nostro littorale depredavano coi<br />
coloni abitanti i loro scarsi averi, strascinandoli cattivi in Tunisi,<br />
e finalmente i ladroni famosi, che colle scorrerie loro, cogli assassini<br />
e omici<strong>di</strong>, attesa la comoda opportunità del loco,<br />
l’infestavano terribilmente (a), recava tutto ciò unito e lo sconcerto<br />
e l’orrore a quella contrada e partoriva all’ugual tempo<br />
l’incoltura della medesima.<br />
5 – In quella e sua torre ossia castello, come a loco mici<strong>di</strong>ale ed<br />
infame, si deportavano e restringevano dal Governo per l’avanti<br />
i malfattori e, fra gli altri, l’accennato cavaliere sotto il regno<br />
del re Guglielmo.<br />
6 – Qui fu che poi il nobile capitan Sala, oriundo della Spagna,<br />
destinato a soggiornare in esso loco con de’ soldati e proprio nel<br />
Castellaccio, alle falde della montagna, mercé la sua accurata<br />
vigilanza e la forza si venne a capo una volta <strong>di</strong> ovviarsi a tanti<br />
sconcerti e pericoli e tranquillar la contrada.<br />
7 – Cotesta lodevolissima opera del Sala meritò degnamente cattarsi<br />
tutta la real grazia e beneficenza del giustissimo fondator<br />
Federico, a segno ché, nell’accordar ch’ei fece la detta potestà al<br />
monastero <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficar la nuova borgata o terra del Bosco <strong>di</strong> Par-<br />
50
tinico, per eternare il nome <strong>di</strong> tanto militare, or<strong>di</strong>nò espressamente<br />
che dessa assunto avesse il nome <strong>di</strong> Sala. Così dalla tra<strong>di</strong>zione<br />
non contrastata o smentita sino a dì nostri da nessuno<br />
scrittore. <strong>Partinico</strong>, ne giace nel Val <strong>di</strong> Mazara, e nello spirituale<br />
depende dal Vescovo <strong>di</strong> essa, tuttodì monsignor Della Torre. La<br />
<strong>di</strong>ocesi e vescovado <strong>di</strong> Patti vi avrebbe dovuto aver <strong>di</strong>ritto per la<br />
concession della chiesa <strong>di</strong> san Cataldo esiste alla <strong>di</strong> lui marina,<br />
fatta dal conte Rogieri al prelato allora <strong>di</strong> quella città, e similmente<br />
potea pretenderlo quello <strong>di</strong> Cefalù per detta chiesa <strong>di</strong> san<br />
Cataldo, che anticamente spettava al monastero <strong>di</strong> san Giorgio<br />
dell’or<strong>di</strong>ne dei Premostratensi, fondato nella <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> detta Cefalù<br />
in forza della bolla sciolta al detto monastero da papa Lucio<br />
3, ne’ suoi tempi del 1181, <strong>di</strong> sopra accennata (b). Tant’è, che<br />
adesso, comunque stata si fosse la mutazione delle <strong>di</strong>ocesi, noi<br />
riceviamo le leggi e siam visitati dal prelodato Vescovo <strong>di</strong> Mazara<br />
e siamo suoi <strong>di</strong>ocesani. Ossia la fede e pia devozione a codesto<br />
glorioso S. Cataldo o’ natural salubrità dell’acque del <strong>di</strong><br />
lui litorale in cui esiste la chiesa: buttandosi in quelle i leprosi e<br />
gli attaccati <strong>di</strong> scabbia ne vengono, per or<strong>di</strong>nario, mon<strong>di</strong> e sani e<br />
ciò tanto i citta<strong>di</strong>ni che gli esteri, quali vi concorrono apposta.<br />
Siccome ancora il dì dell’Ascensione un’infinità <strong>di</strong> bestiame<br />
d’ogni sorta, si paesano che estraneo, seriamente si porta a<br />
quell’acque per venirne bagnato e benedetto dal reverendo Cappellano,<br />
a nome <strong>di</strong> Dio ed ad intercessione del Santo onde conservarsi<br />
in sanità.<br />
Finalmente il litorale anzidetto <strong>di</strong> san Cataldo, volgarmente detto<br />
Scalo, nonché i vicini … del Trappeto e Sicciara in ogni … <strong>di</strong><br />
doverne venir custo<strong>di</strong>ti per qualunque urgenza <strong>di</strong> nemici, fuorché<br />
pestilenze e simili debban custo<strong>di</strong>rsi dall’Università d’Alcamo e<br />
Carini a seconda della pianta della contribuzione stabilita a 11<br />
<strong>di</strong>cembre 1733 dal Consesso Patrimoniale, d’or<strong>di</strong>ne preciso <strong>di</strong><br />
Sua Eccellenza conte <strong>di</strong> Sastago (?), Viceré allora <strong>di</strong> nostro Regno,<br />
rattificata ed emologata la pianta suddetta, ad istanza della<br />
nostra <strong>Partinico</strong>, in due <strong>di</strong>spacci del Supremo Tribunale suddetto<br />
del Regio Patrimonio, in data l’uno del 3 agosto 1752 e l’altro<br />
de’ 4 giugno 1777, in ricorrenza <strong>di</strong> simili custo<strong>di</strong>a de’ litorali<br />
surriferiti, <strong>di</strong>retto alli Giurati della città <strong>di</strong> Alcamo, in cui si incarica<br />
la custo<strong>di</strong>a <strong>di</strong> nostra marina, compresa nelle nove miglia a<br />
detta Alcamo toccanti, stante che le miglia 15 spettano a Carini,<br />
alla cui Università devono avvisarne le emergenze detti Giurati<br />
<strong>di</strong> Alcamo.<br />
9 (sic) – Non va’ la città nostra premunita <strong>di</strong> mura. I nostri padri<br />
lontano dall’ambire un sì sicuro ornamento, sempre mai<br />
l’abborrirono. Difatti sul 1743 che dallo zelo dell’accorto abbate<br />
Barlotta, principe <strong>di</strong> San <strong>Giuseppe</strong> si accerchiò <strong>di</strong> mura pel sospetto<br />
dell’invasion del contaggio, che partiva da Messina, sva-<br />
51
nita tosto la pestilenza nel Regno, i nostri stessi <strong>di</strong> notte tempo<br />
le demolirono.<br />
(a) Fazello, ho<strong>di</strong>e ager, Dec. I, libro 7, titolo 1, cum notis Amici, a fol. 309 =<br />
Partinici nomen retinet nemori cognomentum de<strong>di</strong>t toti Siciliane ad latrocinandum<br />
olim accomodato notissimum<br />
(b) Pirri , Sicilia Sacra, not. Cepalum, tomo 2 f. 389 et not. Maz. f. 898<br />
42<br />
Il superstizioso movente o la ragion forse, che prevaleva allora<br />
in quell’anime libere, si era <strong>di</strong> poter venirne con ciò assoggettito<br />
un giorno il Paese a vettigali ed imposizioni <strong>di</strong> cui godeva la totale<br />
esenzione, in forza de’ suoi privileggi e molto più della imposizion<br />
della poliza sul macino de’ grani, al <strong>di</strong> cui solo nome<br />
paventa ancora, anzi abomina forsennatamente la popolazione.<br />
10 – Il circuito che la contiene tuttora sorpassa la meta delle due<br />
miglia e mezzo siciliani, giusta l’ultima cor<strong>di</strong>azione e misura<br />
dell’espertissimo nostro patriotta regio agrimensore don Gaetano<br />
Inga, respinta l’anno 1781, in occasione della ragionevol domanda<br />
popolare avvanzata al Re, per la erezione d’una nuova<br />
Parrocchia, che sortì in<strong>di</strong> sul 1783.<br />
11 – Contavasi in detto tempo <strong>di</strong> abitanti il numero <strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />
quin<strong>di</strong>ci mila, compresi i borghi del Trappeto, San <strong>Giuseppe</strong>,<br />
Gesuiti ossia Parrini, Ramo, Raccuglia, Giudeo, Sicciara e Sicciarotta,<br />
Giambruno ed Albragiara, come dalla fede autentica de’<br />
deputati del Senato, ingionta nell’incartamento drizzato al Sovrano,<br />
per l’effetto <strong>di</strong> suddetta Parrocchia, si deduce. E quin<strong>di</strong><br />
mercé sì incontrastabile documento, asseconda le prammaticali<br />
costituzioni, vennero abilitati meco alla sobintranza ed esercizio<br />
<strong>di</strong> pubblici Notai della medesima don Luigi Speciale, oggi <strong>di</strong><br />
domicilio in Alcamo, che per la sua laurea in legge ha goduto la<br />
Giu<strong>di</strong>catura in quella città, e don Leonardo <strong>di</strong> Bartolomeo, mio<br />
fratello, e ciò in onta alla fede della numerazione dell’anime della<br />
Madrice, che in quei tempi, per privati riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
quell’arciprete Perrone, da Marineo, non oltrepassava giammai il<br />
numero delle do<strong>di</strong>cimila forse (ma senza forse) temendo<br />
l’erezione della pretesa parrocchia e venirgli così minorati i <strong>di</strong><br />
lui <strong>di</strong>ritti parrocchiali. Adesso però, per la sterilità de’ tempi, si<br />
è ridotta la popolazione presso a poco al numero <strong>di</strong> quattor<strong>di</strong>ci<br />
mila anime.<br />
12 – Larga e spaziosa è la pianura in cui si alza la città nostra.<br />
Va dessa in giro circondata d’alti feraci monti,<br />
43<br />
52
che a guisa <strong>di</strong> propugnacoli par che la <strong>di</strong>fen<strong>di</strong>no e coronino dapertutto.<br />
Spezzano solamente per buon tratto <strong>di</strong> via dal capo Rama,<br />
lasciandoci liberamente godere del vasto seno dell’acque<br />
me<strong>di</strong>terranee da parte dell’occidente, che ne forma l’orizzontale<br />
prospetto, in cui va l’occhio a perdersi giocondamente. Dalla<br />
parte <strong>di</strong> sirocco ci si presenta poi la sovrastante picciola montagna,<br />
detta la Baronessa, cotanto a cuore del nostro amabilissimo<br />
Re, che destinolla per la sua invi<strong>di</strong>abile situazione, in luogo <strong>di</strong><br />
sue private delizie, con allocarvi delle cacce <strong>di</strong> pernici e volatili,<br />
ed aprirvi delle agiatissime vie sino alla cima, su cui godesi il<br />
più bel colpo d’occhio del mondo e tutto ciò che v’ha <strong>di</strong> peregrino,<br />
<strong>di</strong> vago e <strong>di</strong> ridente nella sottoposta sterminata campagna<br />
(*).<br />
13 – Va’ dessa tutta sparsa ed ingombra d’orti, giar<strong>di</strong>ni, vigneti<br />
ed olivari e vi fioriro un tempo delle cannamele <strong>di</strong> zucchero (a)<br />
al trappeto, che ne conserva ancora la denominazione. E’ contesta<br />
insiememente <strong>di</strong> alberghi villerecci, casini, antiche torri saracinesche<br />
e molini, irrigata per ogni dove d’acque sorgive e perenni,<br />
fonti e fiumi, donde promana la universale fertilità e abbondanza<br />
d’ogni genere necessario alla vita, da cui resta provveduta<br />
la popolazione, non che le convicine terre e città.<br />
14 – Dal punto d’austro la confinano i monti altissimi del Borgetto,<br />
ai cui pie’ ne giace la terra del <strong>di</strong> lui nome <strong>di</strong> spettanza del<br />
venerabile gregoriano monastero <strong>di</strong> San Martino delle Scale <strong>di</strong><br />
Palermo.<br />
15 – Succedono a codesti le inaccessibili erte montagne dalla<br />
parte d’oriente <strong>di</strong> pertinenza <strong>di</strong> Monreale colle terre e paesi <strong>di</strong><br />
Montilepre e Giar<strong>di</strong>nelli, l’uno appartenente al principe <strong>di</strong> Carini,<br />
duca delle Grotte, e l’altra al principe <strong>di</strong> Niscemi, a cui sieguono<br />
concatenatamente quelle <strong>di</strong> Carini colle possessioni ed e<strong>di</strong>fici<br />
rurali del baron Vernagallo.<br />
16 – L’ultimo monte infine, che serra cotal vago anfiteatro si è<br />
quello in cui si volle la città d’Elima, volgarmente Palamita al<br />
Capo Ramo (b) toccante il greco e lungo lo scaro <strong>di</strong> San Cataldo(c).<br />
17 – All’opposta sponda del Mar Tirreno detta volgarmente il<br />
Capo <strong>di</strong><br />
(*) Viaggio nella Sicilia del Cavaliere Carlo Gastone conte della torre <strong>di</strong> Rezzonico,<br />
patrizio comasco, prima e<strong>di</strong>zione siciliana, Palermo, 1828, presso gli ere<strong>di</strong><br />
Abate, fol. 48 Per la via non cessava <strong>di</strong> meravigliarmi da principio a guardarlo<br />
la fertilità delle valli e delle agevoli colline a sinistra e l’asperità e la nuda apparenza<br />
de’ monti a destra. Ma dopo alcune miglia entrasi in una gola <strong>di</strong> mon-<br />
53
tagne sterilissime e <strong>di</strong> sassose vallee, finché si scopre quella deliziosissima e<br />
spaziosa dove giace <strong>Partinico</strong> 37<br />
(a) Fazello, Deca 1, tomo I, folio 309<br />
(b) Fazello, Deca 1, libro 7, cap. 5, foglio 142<br />
(c) Fazello, Deca 1, cap. 5, foglio 141<br />
44<br />
Santo Vito verso maestro, ossia ponente và a scoprirsi in lontananza<br />
la vasta piana girata altresì <strong>di</strong> monti sino al mezzodì, che<br />
ci presentano il Lilibeo, sacro per le ceneri del vecchio Anchise<br />
(a), e l’altissimo Bonifato, un tempo detto Bonifacio (b), a pie’<br />
<strong>di</strong> cui nel piano la citta d’Alcamo, do<strong>di</strong>ci miglia da noi <strong>di</strong>stante.<br />
18 – Nella conca <strong>di</strong> cotesta pianura, sotto la zona temperata, a<br />
maestro del Borgetto, e lungo appunto le falde <strong>di</strong> suddetta montagna<br />
della Baronessa, rimpetto la prossima accennata marina,<br />
che <strong>di</strong>sta quasi tre miglia, si erge e fiorisce tuttodì la nostra <strong>Partinico</strong>,<br />
quell’istessa che nell’aprile del 1800 venne a fruire dalla<br />
regia clemenza de’ speciosi titoli <strong>di</strong> devota e fedele città lastricate<br />
intieramente ne contiene le strade, fiancheggiate all’intorno<br />
<strong>di</strong> rispettabili pubblici e privati e<strong>di</strong>fizii e talora benanco d’umili<br />
case, granai e cantine. Le fabriche frattanto non son desse in verità<br />
<strong>di</strong> quelle che necessitano l’attenzione e molto meno la meraviglia<br />
de’ riguardanti, a riserba della real Casina nella contrada<br />
<strong>di</strong> Ballo, frattanto non la cedono in politezza, modernismo e como<strong>di</strong>tà<br />
a quelle <strong>di</strong> qualunque nobile città del Regno.<br />
19 – Avvanzan dentro d’essa città n. 12 torri saraceniche, cioè:<br />
la più superba quella <strong>di</strong> Bisaccia rifatta dal barone Scammacca,<br />
oggidì marchese Bellaroto. La 2a detta <strong>di</strong> Camillo, quadra 38 , oggidì<br />
<strong>di</strong> Domenico Bonì. La 3a l’antico campanile della Madrice,<br />
oggi <strong>di</strong>roccata. La 4a il Castello o sia carcere, poi demolita dal<br />
Re, al 1800. La 5a <strong>di</strong> Ballo, la più grande <strong>di</strong> tutte, aggregata alla<br />
real Casina. La 6a <strong>di</strong> Seregnano, oggi duca Verdura. La 7a <strong>di</strong><br />
Ragona. L’8a <strong>di</strong> notar Speciale. La 9a <strong>di</strong> Riso, vicino lo Spedale.<br />
La 10a <strong>di</strong> Ficarra, <strong>di</strong>etro detto Spedale, che servì per carcere <strong>di</strong><br />
detta e della corte foranea. L’11a <strong>di</strong> Villabianca … (illegibile)<br />
20 – Le chiese son piuttosto poco decenti al sagro culto che magnifiche<br />
quai dovrebbero essere, toltone quelle <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong>,<br />
convento del Carmine, san Gioacchino (non ancora perfezionata)<br />
e Colleggio <strong>di</strong> Maria, in cui per altro non se ne ammira che una<br />
37<br />
Aggiunta in un foglio con grafia <strong>di</strong>versa. Tale aggiunta, verosimilmente, è successiva alla<br />
morte dell’autore.<br />
38<br />
Nota cancellata: dal <strong>di</strong> lei amenissimo sito meritò dessa l'elogio del Padre Aghilera della<br />
Compagnia <strong>di</strong> Gesù in quella espressione latina: Partinicus amoenissimo in lithore posita,<br />
altissimis longe montibus circum septa<br />
54
graziosa lindura e il greco o<strong>di</strong>erno stucco, ma quella <strong>di</strong> san Gioacchino<br />
riescerà maestosa.<br />
21 – La regia Madrice chiesa sta in fabrica, ma ancor che poi<br />
terminata e abbellita sarà sempremai angusta attesa la popolazione<br />
e sempre non perfetta in architettura, giusta il comune sentimento<br />
de’ periti, perché <strong>di</strong>lungata oltremodo e non costrutta seriamente<br />
e con quella perfezione e venustà<br />
(a) Virgilio, Eneide, libro 5<br />
(b) Fazello, Deca I, libro 7, foglio 241<br />
45<br />
si converrebbe a cotesta Matrice e <strong>di</strong> lei arcipreti furon sud<strong>di</strong>te<br />
le chiese e parrocchiani tutti della terra del Borgetto, sin<br />
dall’anno 1710, e della borgata o casale della Sicciara, sino al<br />
1800, adesso già <strong>di</strong>smembrate, comeché a suborghi allora <strong>di</strong> nostra<br />
città, <strong>di</strong> cui largamente ragioneremo nel <strong>di</strong> loro appresso serio<br />
capitolo.<br />
22 – Riguardo alle sacre case de’ Regolari sieno d’uomini come<br />
<strong>di</strong> donne han desse quasi del buono e ragguardevole magiormente<br />
nell’interno. Son elleno il convento de’ Carmelitani, che la<br />
gareggia coi primi della Provincia, quello de’ PP. Cappuccini<br />
che non la cede a verun altro, il Collegio <strong>di</strong> Maria tanto utile alle<br />
ragazze per la cristiana <strong>di</strong>sciplina e manifatture, il Ritiro nuovo<br />
detto <strong>di</strong> padre Manfrè, sotto titolo <strong>di</strong> Nostra Signora del Ponte,<br />
ossia l’Orfanatrofio.<br />
23 – Sette sono le strade maestre e principali che si <strong>di</strong>stinguono<br />
infra tante altre, lunghe, dritte, spaziose e selciate, interamente<br />
piane altresì e rotabili tutte, a riserba <strong>di</strong> pochissime, in parti rimote.<br />
L’una vien detta del Corso, che parte dallo stradone <strong>di</strong> Palermo,<br />
passa innanzi la Madrice, s’inoltra avanti il convento del<br />
Carmine, e termina colla fine della città a intersecare con una<br />
via, che porta in Alcamo.<br />
L’altra la Strada grande, che dalla piana a sirocco tira rettamente<br />
sino alla chiesa dell’Agonizzanti, lasciando a sinistra la chiesa<br />
dell’Opera del Purgatorio, ossia san Francesco nel <strong>di</strong> lei principio,<br />
e quell’altra dell’Orfanatrofio ossia Gesù Maria e chiude a<br />
tramontana colla ridente veduta <strong>di</strong> giar<strong>di</strong>ni seguita dall’ orizzontale<br />
marina <strong>di</strong> San Cataldo.<br />
La terza, che dal Carmine termina colla casa del dr. Greco, da<br />
cui poi si torce a sinistra a trovar il Collegio <strong>di</strong> Maria; la quarta,<br />
che dal corso trova in prospetto il suddetto Collegio; la quinta,<br />
che dal piano <strong>di</strong> esso porta alla trada grande.<br />
La sesta, che da essa <strong>di</strong>etro l’Orfanatrofio a sinistra va a ritrovare<br />
quella che dal Carmine scende a detta casa <strong>di</strong> Greco; e la set-<br />
55
tima finalmente che dal fianco della Madrice a man sinistra conduce<br />
alla Villa reale.<br />
24 – Avvi laterale alla Madrice la piana del mercato, sparsa <strong>di</strong><br />
spezierie, zagati, forni e botteghieri, che provvedono alle umane<br />
in<strong>di</strong>genze, e sorge in essa illustre fontana provveduta d’otto<br />
sbocci <strong>di</strong> perenni acque eccellenti (oltre al beveratoio per giumenti,<br />
che giace lungo la stessa piazza, a man destra, sotto la<br />
pubblica osteria e fondaco) fiancheggiato il beviere suddetto<br />
d’altri due piccioli fonti ad uopo de’ citta<strong>di</strong>ni.<br />
25 – Ben altre cinque fontane provvedono d’acque limpide la città:<br />
cioè quella attaccata alle mura del Collegio nel <strong>di</strong> lui piano,<br />
l’altra nella strada grande, la terza lungo le case dette <strong>di</strong><br />
46<br />
Avellone, attaccata a un beviere per gli animali, la quarta infine<br />
dell’abitato a tramontana nel terreno <strong>di</strong> Bellaroto (oltre quella<br />
interna nel cortile della gran Torre dell’istesso marchese) quella<br />
infine detta <strong>di</strong> Merelli nel terreno <strong>di</strong> Cesarò.<br />
26 – E ciò a parte dell’innumerevoli pozzi così pubblici che privati<br />
ed interni in una infinità <strong>di</strong> case particolari, tutti perenni<br />
d’ottime acque, come <strong>di</strong>remo nel suo competente capitolo<br />
dell’acque sorgive e fonti <strong>di</strong> cui abbonda la città nostra non meno<br />
che l’intera campagna.<br />
27 – L’aere n’è piuttosto me<strong>di</strong>a, quasi uguale a quella che si respira<br />
nella Dominante, anzi si vuole abbia un grado <strong>di</strong> miglioranza,<br />
perché più svelta e favorita dal vento <strong>di</strong> tramontana. Lo<br />
scirocco però vi si fa sentir spesso spesso e tante delle volte temibile,<br />
perché si rovina giù la montagna ed or<strong>di</strong>nariamente pizzica<br />
troppo forte. Vero è che nei mesi estivi abbondano degli<br />
ammalati, ma questi tali per or<strong>di</strong>nario son gente villica, ch’esce<br />
dalla città per faticare nelle campagne esterne e quin<strong>di</strong> dall’aere<br />
malsana e corrotta, nonché dall’intemperanza e abuso de’ vili<br />
cibbi e sregolatezze contraggono de’ morbi, che seco portano<br />
nella patria e <strong>di</strong>sgraziatamente communicano ai lor congionti,<br />
de’ quali ne restano attaccati de’ citta<strong>di</strong>ni. Se sia ciò <strong>di</strong> verità si<br />
consulti la popolazione civile: codesta <strong>di</strong> rado vien corrotta da<br />
malattie. Ciò si assicura dai fisici, cui tocca meglio ciò giu<strong>di</strong>care.<br />
30 (sic) – A proposito <strong>di</strong> cotesto capitolo cade in acconcio <strong>di</strong><br />
riferire un ottava siciliana del commendabile regio istoriografo<br />
Francesco Maria Emanuele, conte marchese <strong>di</strong> Villabianca più<br />
che nostro buon patriotta, cui si deve molto pei lumi ci ha tramandati<br />
coerenti all’impasto della presente storia.<br />
Eccola originale e in tutto uniforme alla verità:<br />
56
47<br />
Gran cità Partinicu ora è chiamata:<br />
Chiesi ha decenti e casi appalazati:<br />
La sua campagna è tutta abbivirata<br />
d’acqui; ed ha orti e frutti prelibati;<br />
in idda nun c’è terra, chi spughiata<br />
fussi <strong>di</strong> olivi, vigni e siminati.<br />
E’ la sua conca chiù meghiu indorata<br />
<strong>di</strong> chidda <strong>di</strong> la domina citati.<br />
28 – I costumi dei citta<strong>di</strong>ni sono eglino come alla comune <strong>di</strong> tutti<br />
gli altri del Regno. La religione cattolica vi si osserva nel suo<br />
rigore: le limosine a poveri e men<strong>di</strong>canti, siccome alle chiese si<br />
può <strong>di</strong>re eccedente ed il culto <strong>di</strong>vino e de’ santi ne occupa il<br />
primo luogo. I vizii son quegli stessi, che ha in retaggio la umana<br />
fragilità: il lusso e lo sfarzo nel vestire e banchettare, massime<br />
poi in occasioni <strong>di</strong> nozze, non la cedono a quei della capitale,<br />
da cui traggono l’esempio per la <strong>di</strong> lor vicinanza; la urbanità e il<br />
tratto famigliare abbonda più in verso de’ forastieri, per i quali<br />
<strong>di</strong> sovente si fanno un piacere attrassar i concitta<strong>di</strong>ni, massimente<br />
la gente culta.<br />
29 – I nostri agricoli (sia ciò detto a gloria loro) non invi<strong>di</strong>ano in<br />
sì nobile facoltà i più migliori delle più colte e perite nazioni. La<br />
lor perizia si singolarizza in questo genere (e ar<strong>di</strong>scesi <strong>di</strong>r francamente)<br />
fra tutto il Regno, e la feracità de’ campi nostri sotto a<br />
tali coloni rende commendabile la loro industria ed opulenta<br />
all’ugual tempo la patria. Se si tra<strong>di</strong>sca con tal debito encomio la<br />
verità ci smentisca chi è stato su la faccia del luogo, e sopratutto<br />
il Sovrano istesso, Fer<strong>di</strong>nando, Dio guar<strong>di</strong>, che se n’è reso testimonio<br />
<strong>di</strong> veduta e come inteso abbastanza <strong>di</strong> un tal mestiere, non<br />
ha potuto colla sua giustizia non ammirarne l’arte, lodarne<br />
l’eccellenza e compiacersene grandemente. Il celebre canonico<br />
Zucchini, sanese, tanto del prelodato Monarca pre<strong>di</strong>letto, attesa<br />
la <strong>di</strong> lui nota espertezza nell’agricoltura; destinato apposta in<br />
giugno del 1801 da quel provvido zelante padre e signore a visitar<br />
i conta<strong>di</strong> della real commenda, non si ebbe a pentire de’ suoi<br />
sparsi sudori e del suo accesso in queste nostre campagne, né<br />
ebbe coraggio <strong>di</strong> riprendere i nostri villici, anzi quello <strong>di</strong> uniformarsi<br />
sinceramente alla citata sovrana oppinione in favor <strong>di</strong><br />
coloro. L’ocular visione poi può abilitar a poter <strong>di</strong>re su questo<br />
emergente col poeta cesareo:<br />
chi vuol vedere appieno<br />
se fu attento il cultor guar<strong>di</strong> il terreno.<br />
57
31 – Ciò malgrado non vanno esenti i giar<strong>di</strong>nieri nostri ed ortolani<br />
48<br />
<strong>di</strong> massimi <strong>di</strong>fetti. La loro infingardagine li defrauda non poco<br />
del centuplo, che potrebbero ricavare da quelle terre, che lascian<br />
vuote d’alberi, ortaggi ed arbitrii.<br />
32 – Riguardo poi al Governo, questo toccante lo Stato civico<br />
antico pel temporale, politico e civile fu <strong>di</strong> spettanza della capitale<br />
Palermo e il ripartimento dell’annona governato da quattro<br />
deputati <strong>di</strong> piazza ovvero acatapani che venivano eletti dall’Ecc.<br />
Senato e si regolavano a norma delle istruzioni foggiate in questa<br />
in <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> visita dell’ill.mo don Geronimo Pilo, senatore<br />
in data delli 24 marzo 1714. E’ in tutto adesso il Governo suddetto<br />
si ha appunto da Sua Altezza Reale il nostro don Leopoldo,<br />
commendatore dell’Abbazia <strong>di</strong> cui zelantemente ne fa le veci il<br />
degno signor Intendente della Magione don Felice cav. Lioy.<br />
Il militare all’Au<strong>di</strong>tor generale da cui si eligge il suo delegato in<br />
questa e sua Corte ossia Ispettore, oggi don Antonino Ragona.<br />
L’arcipretura e rettoria <strong>di</strong> questa ven. regal madre chiesa e beneficiale<br />
<strong>di</strong> Nostra Signora del Ponte, si conferisce a soggetti citta<strong>di</strong>ni<br />
dalla suddetta real commenda come succe<strong>di</strong>trice ai regii<br />
dritti dell’Abbazia e oggigiorno la gode meritatamente il sempre<br />
degno per costumi e dottrina sac. dr. don Vito Bordonaro. Codesta<br />
arcipretura, antecedentemente al 16 <strong>di</strong>cembre del 1781 in cui<br />
si abolirono dal Governo i dritti funeratizii ed altri che ricavavansi<br />
dalla numerosa popolazione, era considerata per uno de’<br />
migliori parrocati del Regno. Si ridusse in<strong>di</strong> all’estremo a cagion<br />
anco dell’annua contribuzione fa delle somme pel manutenimento<br />
della nuova parrocchia, la quale è suffraganea alla Madrice<br />
sin dal 1783, come <strong>di</strong>remo a suo luogo. Adesso però la regal<br />
munificenza dell’amabilissimo nostro Sovrano, con suo regal biglietto<br />
delli settembre, 5 ind., 1800, le costituì in supplemento <strong>di</strong><br />
congrua la somma <strong>di</strong> onze ottanta all’anno su i proventi <strong>di</strong> nostra<br />
abazia.<br />
33 – La magistratura civile, nonché quella criminale resideva ne’<br />
tempi andati in un solo soggetto probbo e civile col titolo <strong>di</strong> castellano,<br />
dependente però dalla capitale <strong>di</strong>etro l’atto risolutivo <strong>di</strong><br />
Pietro Giron, duca <strong>di</strong> Ossuna del 1616 20 aprile, 14 ind., ottenutane<br />
detta Palermo, a cui assoggettiva <strong>Partinico</strong> qual <strong>di</strong> lei territorio<br />
e borgo insieme, anzi considerata qual quinto quartiere (a)<br />
od altro atto a dì nostri a 12 ottobre 1741(b). A ricorso de’ naturali<br />
venne codesto castellano abolito dalla Maestà Sua e con carta<br />
reale del 1775 fu in dette cariche sostituito un giureconsulto<br />
58
colla facoltà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce, regio capitano giustiziere col mero e misto<br />
imperio e ciò a no-<br />
(a) De Vio, Priv. Pan. foglio 469<br />
(b) Reg. Sanz. tomo I, foglio 384<br />
49<br />
mina ogni anno dell’eccellentissimo Senato, da cui per onerario<br />
se gli rispondevano onze 120 su gl’introiti della pingue gabella<br />
del tarì 6, dovutagli la nostra popolazione su ogni botte <strong>di</strong> vino.<br />
Nel 1800 e nel mese <strong>di</strong> marzo per la mutazione del Governo perché<br />
aggregata l’Abbazia alla commenda, da questa si abolì la<br />
giu<strong>di</strong>catura anzidetta, non che la deputazione dell’annona, la <strong>di</strong><br />
cui elezione tenne detto Senato tanti secoli per l’addotta ragione<br />
d’esser <strong>Partinico</strong> riputato quinto quartiere della Capitale, e come<br />
quella, che fruiva delle palermitane franchigie e privilegii (a), e<br />
ciò attesa la collettazione <strong>di</strong> questo comune seguita in <strong>di</strong>cembre<br />
dell’anno precedente 1799 venendone dalla commenda eletta la<br />
magistratura delle consuete Corti civile, capitaniale e Giuratoria,<br />
<strong>di</strong>etro il solito squittinio, come più largamente ci riserbiam rapportare<br />
nel suo competente capitolo.<br />
34 – Pel corpo militare presedé allora nei tempi antichi un soggetto<br />
col titolo <strong>di</strong> capitan d’armi e guerra, con pensione <strong>di</strong> onze<br />
200 all’anno, regolata poi al 1752 ad onze 61 comprese 10 che<br />
rispondea la terra del Borgetto. Era dessa la carica più luminosa<br />
e cospicua del paese e che, per le istruzioni nel <strong>di</strong>spaccio del 31<br />
agosto del 1710, godè del privilegio <strong>di</strong> suonar tromba nel territorio:<br />
<strong>di</strong> occupar il primo luogo ed il più degno nelle funzioni<br />
chiesastiche e sagre processioni, massime in quella del Corpus<br />
Domini, cui seguiva con brandonotto <strong>di</strong> cera e tenente a mano<br />
una bianca fetuccia, che scendeva attaccata al baldacchino (onorificenza<br />
adesso conferita al regio Segreto). Venne soppressa e<br />
abolita codesta carica <strong>di</strong> Capitano d’armi sin dal 1754 con carta<br />
del 17 aprile in tutto il nostro Regno <strong>di</strong> real or<strong>di</strong>ne, ma nella nostra<br />
città abusivamente pochi anni sono restandone affrancata <strong>di</strong><br />
corrispondere quell’inutil annua tangente delle onze 61. Usossi<br />
in detti tempi e sino a dì nostri il tocco dell’oriuolo, a lunga<br />
pezza battuto da un sol martello, situato nell’antico campanile<br />
della Madrice sul batter delle ore due della notte, che chiamavasi<br />
la castellana, nata tal costumanza anticamente per avvisarsi gli<br />
artisti <strong>di</strong> serrar a quel suono le loro botteghe e ritirarsi a casa<br />
ogni citta<strong>di</strong>no, onde il capitan d’armi co’ suoi custo<strong>di</strong>re il paese.<br />
59
Di tal tocco d’ore si ha menzione nella <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Riccardo <strong>di</strong> S.<br />
Germano al 1626 (b) 39 (sic)<br />
35 – La giuris<strong>di</strong>zione protome<strong>di</strong>cale sopra gli aromatari, me<strong>di</strong>ci,<br />
barbieri, spezieri ossia Botteghe <strong>di</strong> merci e simili, e la potestà <strong>di</strong><br />
visitare i medesimi fu sempre della capitale, e del Pretore della<br />
medesima in forza <strong>di</strong> un atto viceregio dato in Palermo li 19 agosto,<br />
4 ind., 1616 (c). Oggi però per la mutazion del nostro Governo<br />
come sopra, la real commenda crede<br />
(a) Cap. del Senato <strong>di</strong> Palermo e<strong>di</strong>zione del 1745 f. 226. Altri come sopra, e<strong>di</strong>zione<br />
1760 foglio 473 e foglio 503.<br />
(b) Villabianca, Opuscoli siciliani, tomo 29, art. 119, foglio 386<br />
(c) De Vio, Reg. priv. <strong>di</strong> Palermo, f. 469<br />
50<br />
<strong>di</strong> essere sua ispezione, e ne sta implorando dal Sovrano gli or<strong>di</strong>ni<br />
convenienti: frattanto l’ill. duca Lucchesi qual Protome<strong>di</strong>co<br />
del Regno crede spettare a lui e sta usando della sua giuris<strong>di</strong>zione.<br />
36 – L’interessi dell’Abbazia, come l’amministrazione<br />
dell’economico ed ogni altro concernente la stessa, veniva ciò<br />
tenuto in tempo degli abbati e commendatarii da loro procuratori<br />
generali. In quello dell’incamerazione della regia Corte del Consultor<br />
del Governo <strong>di</strong> allora, don Domenico Salomone in<strong>di</strong> don<br />
Diodato Targiani, e finalmente dal Patrimoniale Consesso, in<br />
qualittà ogni uno <strong>di</strong> serio amministratore reale, da cui veniva eletto<br />
un proamministratore in questa, sendone stato il primo il<br />
degnissimo don <strong>Giuseppe</strong> Gigante, il secondo <strong>di</strong> lui successore<br />
<strong>di</strong>etro la <strong>di</strong> lui morte notar don Vito <strong>Giuseppe</strong> Gigante, rimosso<br />
per l’aggregazione dell’Abbazia seguita alla regia commenda.<br />
Oggidì però si amministrano dal prelodato regio generale Intendente<br />
cavaliere Lioy e, per esso, qui dal regio Segreto notar don<br />
Sebastiano Cannizzo, dal Sindaco, don <strong>Giuseppe</strong> Bonura e dal<br />
cassiere don Gaetano Bonura.<br />
37 – Il Santo patrono della città sin dai tempi della sua fondazione<br />
n’è stato sempre san Leonardo, perché ragionevolmente<br />
monaco dell’istesso Or<strong>di</strong>ne dei cisterciensi, su cui fu fondata la<br />
39 L’anno non è il 1626 ma il 1226. Ryccar<strong>di</strong> de Sancti Germani notarii chronica: “Anno<br />
1226…Henricus de Morra magister iustitiarius auctoritate imperiali, contra forbannitos et<br />
lusores taxillorum, et euntes nocturnis horis post tertium campane sonitum, sua statuta e<strong>di</strong><strong>di</strong>t<br />
in Sancto Germano, et contra tabernarios etiam, ut ad secundum campane sonitum<br />
claudant tabernas suas, ita quod af ad tertium campane sonitum nella earum aperta valeat<br />
inveniri. Et super hiis inquiren<strong>di</strong>s certum statuit numerum iuratorum, qui pena statutas a<br />
transgressoribus recipiant pro <strong>di</strong>versa criminum qualitate. Quod si aliquis iuratorum in dolo<br />
seu fraude vel negligentia fuerit deprehensus, penam recipiat quam recipere deberent pre<strong>di</strong>cti,<br />
salvo in omnibus mandato et or<strong>di</strong>natione imperiali”.<br />
60
nostra Abbazia, e vi si celebra l’annua festività li 6 novembre,<br />
giorno destinato dalla Chiesa e per noi <strong>di</strong> precetto (a). In questo<br />
stesso dì s’impone la legal meta delle uve obbligate dai vocali ed<br />
officiali competetenti, cioè rev.mo arciprete, rev.mo Vicario foraneo,<br />
rev.mo padre priore del Carmine, rev.mo padre guar<strong>di</strong>ano<br />
de’ Capuccini, rev.mo giu<strong>di</strong>ce delegato della regia Monarchia,<br />
rev. giu<strong>di</strong>ce delegato del Tribunale della SS. Crociata, regio secreto,<br />
giu<strong>di</strong>ce civile e capitano <strong>di</strong> giustizia, siccome altri due<br />
soggetti probbi citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>sinteressati, e vi presiedono col loro<br />
maestro notaro li quattro giurati della città, e questo giusta le<br />
senatorie istruzioni dell’illustre giurato marchese Pilo, stabilite<br />
al 1714. Questa meta ed anche dell’olii da norma alle convicine<br />
terre e città riguardo all’uve <strong>di</strong> obbligazione e si forma sui riveli<br />
degl’in<strong>di</strong>vidui ven<strong>di</strong>tori, e compradori delle uve<br />
(a) Croiset, Vol. XI. Mese <strong>di</strong> Novembre.<br />
51<br />
acconce territoriali, ricavandosene il prezzo supremo, me<strong>di</strong>o ed<br />
infimo.<br />
38 – L’annuale popolar solennità è quell’appunto che si festeggia<br />
con isfarzo a 3 maggio in onore e gloria della invenzione <strong>di</strong><br />
santa Croce, prescelta da nostri primi antichi padri in un con<br />
quella <strong>di</strong> Nostra Signora del Ponte e ciò per lo giro <strong>di</strong> tre giorni,<br />
che chiude colla sacra condotta dei venerabili loro simulacri e<br />
alle volte ogni cinque.<br />
Il Santuario della Madonna del Ponte dopo i restauri del 1935<br />
61
39 – Non è da passarlo in silenzio l’occorso nel secolo XVII. Di<br />
special grazia reale <strong>di</strong> Filippo IV Re delle Spagne e nostro, passò<br />
il contado <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> in donazione al regente Benedetto<br />
Frelles, marchese <strong>di</strong> Toralba e consorte <strong>di</strong> Elisabetta Agliata, figlia<br />
<strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong>, principe <strong>di</strong> Villafranca, col titolo insieme <strong>di</strong><br />
principe a lui collocato in regno. I nostri padri partinicoti stimarono<br />
meglio restar vassalli del Senato palermitano, che sud<strong>di</strong>ti<br />
ad<strong>di</strong>venire <strong>di</strong> un barone, il quale, per or<strong>di</strong>nario, riuscir suole il<br />
<strong>di</strong> lui governo infelice per popoli. Strepitando quin<strong>di</strong> presso la<br />
corte <strong>di</strong> Spagna e fattasi al Re giustissimo palpare la irragionevolezza<br />
del seguito consiglio e l’ingiuria arrogavasi ad un paese<br />
al sommo libero, al sommo privilegiato e sacro, qual era <strong>Partinico</strong>,<br />
dai <strong>di</strong> lui antecessori regnanti nella <strong>di</strong> lui fondazione, ne ottennero<br />
alla fine la liberazione, derogandosi la grazia emanata<br />
(a). Se ne deduce laonde da ciò: che Parco e <strong>Partinico</strong> sono vere<br />
demaniali e noi citta<strong>di</strong>ni non d’altri signori vassalli che <strong>di</strong> Sua<br />
Maestà, che Dio ci guar<strong>di</strong> felicemente.<br />
40 40 – Gli oneri, i pesi e le gabelle, che tuttora rispondonsi da<br />
<strong>Partinico</strong> e suoi citta<strong>di</strong>ni, tutto che franco nella sua origine (b),<br />
son frattanto i seguenti, <strong>di</strong> cui raggioneremo nel loro capitolo<br />
particolare, consentendoci per ora qui <strong>di</strong> accennarli.<br />
41 – La gabella del tarì sei per ogni botte <strong>di</strong> vino, che si produce<br />
in questo territorio, e si risponde all’eccell.mo Senato <strong>di</strong> Palermo,<br />
loco omnium, cioè in vece de’ dazii, donativi, tande regie ed<br />
ogni altro, ch’egli corrisponde alla regia Corte per <strong>Partinico</strong>, <strong>di</strong><br />
lui quinto quartiere e ciò giusta il concordato dell’anno 1692, 27<br />
marzo (c).<br />
42 – La gabella <strong>di</strong> grano uno a rotolo sopra il pesce, che si vende<br />
in questa per pagarsi l’orologio, il quaresimale, capitan d’armi,<br />
rappezzi <strong>di</strong> strade, catusato del beveratoio imposto con <strong>di</strong>spaccio<br />
patrimoniale, sotto Carlo, …a 30 ottobre 1603 …( illegibile)<br />
(a) Diploma regale del 15 gen. 1660<br />
(b)Ve<strong>di</strong> capitolo ultimo 31 ottobre 1799: <strong>di</strong>sserzione circa l’università<br />
(c) Ve<strong>di</strong> Consiglio per la collettazione, cap. unico e ultimo, anno 1799<br />
52<br />
Questa piazza e città impostasi volontariamente sin dall’anno<br />
1694 per le cause nel documento <strong>di</strong> tal imposizione.<br />
43 – La gabella <strong>di</strong> grano uno a rotolo sopra la carne, grossa e<br />
minuta, che si macella e vende in questa città, impostasi volontariamente<br />
la popolazione, in favor del regio convento del Carmi-<br />
40 Da 40 sino a 49 risultano cancellati dall'autore ma vengono trascritti ugual-<br />
mente.<br />
62
ne, giusta il Conseglio civico del 1634, 17 settembre, 3a ind.<br />
(Ve<strong>di</strong> convento del Carmine).<br />
44 – Il dazio sorrogato al 1781 in onze 781.25.1 all’abbolito appalto<br />
del tabacco in<strong>di</strong> alla ragione <strong>di</strong> tarì 5.8, imposto sopra ogni<br />
salma <strong>di</strong> terre in quantità <strong>di</strong> salme del nostro Stato giusta il <strong>di</strong>spaccio<br />
patrimoniale del 1793. (Ve<strong>di</strong> capitolo unico ed ultimo<br />
l’anno 1805).<br />
45 – Quell’altro dazio temporaneo <strong>di</strong> tarì 6 a salma sopra le stesse<br />
terre per saldar la massa e capitale, erogatosi per la costruzione<br />
della nuova strada carrozzabile da questa città alla Dominante,<br />
e che intersica con quella <strong>di</strong> Miserocannone, e ciò per lo documento<br />
del 1791, che se ne dee richiamar il conto per la liquidazione<br />
e così via. (ve<strong>di</strong> il Consiglio la collettazione).<br />
46 – La gabella del torchio sulle olive si producono nel territorio<br />
nostro, alla ragione <strong>di</strong> tarì tre la salma a seconda la imposizione<br />
del 1638 abolita poi al 1804. (Ve<strong>di</strong> capitolo ultimo).<br />
47 – L’altra, volgarmente detta della Miraglia, ossia del Grande<br />
Ammiraglio <strong>di</strong> grani 14 a carico d’ogni salmiere e <strong>di</strong> tarì 1 a carico<br />
come sopra, nel tempo quaresimale sopra i pesci si vendono<br />
in questo pubblico mercato abusivamente, e questo per la forza<br />
del concordato del 1692. (Ve<strong>di</strong> consiglio dell’Università).<br />
48 – I soliti dritti <strong>di</strong> dogana su le immissioni in questa <strong>di</strong> pannimi,<br />
telarie, merci e simili spettanti alla regia Corte, non già i<br />
comestibili <strong>di</strong> zagato perché franchi.<br />
49 – E la gabella del nuovo Imposto e Fiore da pochi anni a questa<br />
parte abusivamente introdotta. (Ve<strong>di</strong> il Consiglio dell’Università).<br />
50 – Tutto finalmente, senza alcuna eccezione, produce la nostra<br />
piana, perché tutto vi alligna feracemente. Sarebbe <strong>di</strong> soverchio<br />
l’in<strong>di</strong>vidualizzarne la specie e gli generi dell’innumerevoli frutta,<br />
ortaggi simili <strong>di</strong> cui abbonda in guisa da restar provveduta ad<br />
esuberanza la città e avvanzarne in larga copia per le vicine terre<br />
e città in cui si portano a farne la ven<strong>di</strong>ta. Taccio de’ vini<br />
53<br />
moscati e calabresi, cotanto celebrati dall’esimio poeta alcamese<br />
Sebastiano Bagolino, ne’ suoi epigrammi illustrati dal chiarissimo<br />
cav. <strong>Giuseppe</strong> Triolo e Galifi, <strong>di</strong> lui concitta<strong>di</strong>no(*). Taccio<br />
degli ogli comunali e <strong>di</strong> lino per cui vi sono veri serii tappeti,<br />
taccio altresì degli agrumi, canapi, tartaro, feccia <strong>di</strong> botte, portogalli<br />
e miloni eccellenti e singolari per gusto e grossezza (sebbene<br />
quei irrigati coll’acqua esterna e non dell’Abbazia pregiu<strong>di</strong>chino<br />
in qualche maniera la salute) attesoché questi generi<br />
vantano i primi capi dell’opulento commercio e che si estragge<br />
la magior parte loro e si consuma in uso della Capitale, Trapani,<br />
63
vicine isole aggiacenti e benanco se ne estraregna massime i portogalli.<br />
Il grano però e legumi, lini, bambaggia, soda e verme <strong>di</strong><br />
seta (<strong>di</strong> cui ve n’è il mangano, ossia l’arbitrio <strong>di</strong> estrarla). Questi<br />
tuttoché abbon<strong>di</strong>no, non arrivano però in quella copia degli anzidetti<br />
generi. Fuvvi un tempo che altresì vi fiorirono perennemente<br />
delle canne <strong>di</strong> zucchero ed ebbe il vanto <strong>di</strong> riportar<br />
l’elogio il nostro contado d’ aquis irriguus et cannamelis feracissimus<br />
(a), confermato dal <strong>di</strong> Giovanni (b). Di fatti il feudo del<br />
Trappeto, nostro suborgo, ne ere<strong>di</strong>tò la denominazione appunto,<br />
a cagion del Trappeto o sia arbitrio, in cui si estraevan gli zuccheri<br />
e tuttodì ancora se ne veggono le rovine degli e<strong>di</strong>fizii e loro<br />
moli, che mulivano le cannamele. Scusi intanto il chiarissimo<br />
regio istoriografo signor abate Leanti e si ricreda nella sua Sicilia<br />
<strong>di</strong> portar per capo <strong>di</strong> commercio la città nostra delle pezze e<br />
stracci, da far la carta. Evvi fra gli altri, è vero, cotesto mercio,<br />
ma desso è fra gli ultimi e non è cosa da farne strepito.<br />
(*)…29 epigramma 46, tom. 2 Implet saepe …sua pocula Partinicus, dum fun<strong>di</strong>t<br />
gelidas …Maragis aquas … Sebben non si <strong>di</strong>ca del vino <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, pure il luogo<br />
che lo produce è nel <strong>di</strong> lei territorio … 212 nella nota dell’epigramma 32° esalta<br />
il nostro vino Tunc ego hilaris et attonitus amphoram uno eodemque <strong>di</strong>e<br />
mecum natam. Attenta gubernante, plenam veteris Partinici mecum afferma, così<br />
il poeta celebrando col suo amico Polizzi, cui va <strong>di</strong>retto l’epigramma al tom. 2<br />
(a) Fazello, tomo I, foglio 309<br />
(b) Palermo ristorato, foglio 351<br />
54<br />
64<br />
Capitolo V<br />
La terra del Parco, altro fondo <strong>di</strong> nostra venerabile reale Abbazia<br />
d’Altofonte, con quanto in essa e suo territorio si contiene.<br />
La terra del Parco (o come altri vollero nella sua origine,<br />
d’Altofonte) (a) - fu fabricata, secondo le conghietture, contemporaneamente<br />
quando fu de<strong>di</strong>cato il suo monastero de’ Cisterciensi,<br />
oggi Collegio <strong>di</strong> Maria, vale a <strong>di</strong>re: imme<strong>di</strong>atamente alla<br />
fondazione della regia Abbazia, l’anno 1307.<br />
E’ dessa una picciola, ma spiritosa popolazione, giacente in seno<br />
quasi della montagna <strong>di</strong> cui adottò il nome. Di cotesta montagna<br />
del Parco, comecché <strong>di</strong> gioconda situazione, fu scritto da’ storici:<br />
oculos prospectu jucun<strong>di</strong>ssima (b). Costa tuttora <strong>di</strong> quasi n.<br />
2000 anime, ma un tempo ne contò 1222 (c), gente tutta stata<br />
sempre attaccata alla felicità della patria e a non farla attraversar<br />
punto dai suoi privileggi onde fu assonta e gratificata dai Sovrani.<br />
Ciò l’han sostentato nei Tribunali anche a costo del <strong>di</strong> loro
interesse e ad attirarsi l’in<strong>di</strong>gnazione de’ propri abati padroni e<br />
commendarii. Oggidì resta aggregata unitamente colla sua sorella<br />
<strong>Partinico</strong>, nostra Città, alla real commenda della Maggione<br />
come sopra si è detto.<br />
Amena e presepiale è la sua situazione, sendo accerchiata dai<br />
monti dello Stato <strong>di</strong> Monreale dalla parte <strong>di</strong> scirocco sino a levante,<br />
da cui scuopre la marina della capitale in <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sei<br />
miglia. Ha sottoposta una vaga e ridente campagna <strong>di</strong> spettanza<br />
<strong>di</strong> suddetta azienda arcivescovile <strong>di</strong> Monreale, irrigata generosamente<br />
per ogni dove d’acque perenni e adorna tutta d’alberi<br />
<strong>di</strong>mestici. Il suo territorio non oltrepassa le salme 3000 <strong>di</strong> terre,<br />
ma feraci e proficue, riccamato <strong>di</strong> vigneti e olivari. Il capo primario<br />
del suo commercio, che fa <strong>di</strong>stinguerla, si sono i fichi, che<br />
soprattutto produce in abbondanza<br />
(a) Inveges, Pal. Ant. f. 33 - 34<br />
(b) Hondro, appo il Massa Sic. In prospettiva, Monti e caverne, tom. I, fol. 174<br />
(c) Amico nel suo Lexicon.<br />
55<br />
e qualittà <strong>di</strong> gusto particolare, almeno ai citta<strong>di</strong>ni della dominante,<br />
che ne fa stima e aggra<strong>di</strong>mento. L’aere che vi si respira è<br />
piuttosto sana e salubre.<br />
Ne’ tempi lontani in detto monte del Parco vi fiorì un sacro<br />
chiostro fondato da san Gregorio il Grande, sotto nome de’ santi<br />
palermitani Massimo ed Agata e che venne dappoi da’ Saracini<br />
abbolito e mandato a male, chiamando in seguito detto santo<br />
pontefice questo estinto monastero col titolo <strong>di</strong> Lucusiano, che<br />
vuol <strong>di</strong>re bosco e luogo <strong>di</strong> campagna (a), e ci da coraggio <strong>di</strong> verificare<br />
la nostra asserzione <strong>di</strong> essere stato il riferito chiostro del<br />
Parco <strong>di</strong> cui parliamo, e come del pari ne da ragione il Pirro con<br />
note d’Amico (b) e similmente l’Inveges (c).<br />
La sua chiesa parrocchiale è quella stessa del monastero de’ Cisterciensi,<br />
ora ad<strong>di</strong>venuto Casa del Collegio <strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> donne<br />
sotto titolo <strong>di</strong> sant’Anna, <strong>di</strong>etro la <strong>di</strong>missione ed espulsione de’<br />
monaci sin dal 1770. Pria n’era regolata ed ufficiata da coloro ed<br />
un <strong>di</strong> essi la faceva da parroco, in<strong>di</strong> a tutt’oggi è retta da un rev.<br />
sac. secolare col titolo <strong>di</strong> parroco curato, che venne eletto dal<br />
Tribunale del Real Patrimonio, <strong>di</strong> nome don (sic) Guitto, ma<br />
<strong>di</strong>etro la <strong>di</strong> lui morte la creazione <strong>di</strong> un tal soggetto appartiene<br />
alla commenda.<br />
E’ posto il Parco soggetto alla giuris<strong>di</strong>zione chiesiastica <strong>di</strong><br />
mons. Arcivescovo <strong>di</strong> Monreale, perché chiuso nel <strong>di</strong> lui territorio.<br />
Dovrebbe spettare all’Arcivescovo <strong>di</strong> Palermo per trovarsi<br />
troppo vicina al contado palermitano, tant’è che altrimenti<br />
65
l’abbate Amico riflette non esservene stata altra ragione che<br />
quella d’esser il Parco perché chiuso, come sopra si è detto, epperò<br />
segregato dal territorio (d).<br />
Pell’ad<strong>di</strong>etro usavavi giuris<strong>di</strong>zione nel temporale e politico la<br />
Dominante qual <strong>di</strong> lei quinto quartiere, come usavala in <strong>Partinico</strong>,<br />
amendue feu<strong>di</strong> Ba<strong>di</strong>ali. Oggidì in tutto ne riceve le leggi della<br />
commenda della Magione.<br />
I pesi e le collette le risponde il Senato palermitano cui si paga<br />
la gabella del tarì sei per ogni botte <strong>di</strong> vino, come meglio si <strong>di</strong>sse<br />
<strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> nel precedente capitolo.<br />
(a) Epistole. libro 7 num. 27. libro 9 num. 42 e 43.<br />
(b) Sicilia Sacra. lib. 4. tomo 2. foglio 1070<br />
(c) Pal. Sacro. foglio 452<br />
(d) Lex. Sic. V. Parcus. tomo 2, part. 2, Vallis Mazarie. foglio 66<br />
56<br />
Nel piano esiste in essa terra del Parco, si erge una fontana in<br />
cui eravi un’antica tabella marmorea, che rinnovatasi fu surrogatavi<br />
la seguente iscrizione:<br />
66<br />
Fontem hunc gemino decurrentem morem (sic)<br />
Fer<strong>di</strong>nandus IV Borbonius munificen-<br />
tissimus aere suo erigendum curavit au<br />
spice tribunali realis patrimonii anno<br />
reparationis salutis 1794 41<br />
Dell’altro fonte nel chiostro e sua iscrizione, se n’è fatta menzione<br />
nella cronica degli abbati e commendatarii, e giusto in<br />
quello del Rebiba car<strong>di</strong>nal Pisani.<br />
Nella foresta del Parco, attesa la sua amenità venustale e ubertà<br />
<strong>di</strong> fiere, furonvi prescelte dagli antichi nostri sovrani le reggie<br />
cacce e luoghi <strong>di</strong> delizia, ed ecco l’Inveges su tal preciso come<br />
si espressa (a).<br />
Parco, <strong>Partinico</strong> e Monreale furon foreste destinate alle caccie<br />
regali, altro Parco non significando che luogo chiuso in cui si<br />
rinserravan le fiere ad uso <strong>di</strong> caccia locus ad ferarum custo<strong>di</strong>am<br />
(b), e così pure il Pirro (c).<br />
Nel monte del Parco, detto volgarmente la Pizzuta, designato<br />
venne ed eretto un regio Parco in serraglio d’animali <strong>di</strong> caccia<br />
selvagia come danii, capriroli, cignali, lepri e simili accerchiato<br />
41 Il munificentissimo Fer<strong>di</strong>nando IV Borbone, con l’auspicio del Tribunale del<br />
Real Patrimonio, fece erigere a sue spese questo fonte, che scaturisce dal<br />
monte.
e custo<strong>di</strong>to <strong>di</strong> siepi, spinetti ed in parte <strong>di</strong> muri, denominandosi<br />
poscia il Parco nuovo, a <strong>di</strong>stinzione del Parco vecchio che esisteva<br />
girato <strong>di</strong> muri interamente al <strong>di</strong> sotto nella pianura, ove<br />
fiorirono le praterie, le ville regali e il serraglio della Cubba, che<br />
un tempo serbò le fiere del Re, come vogliam <strong>di</strong>re: leoni, orsi,<br />
pantere 42 .<br />
Amendue cotesti Parchi fondati vennero dal re Rogieri, figlio<br />
degnissimo del nostro conte liberatore della tirannide saracinesca.<br />
Sebbene il Parco nuovo (<strong>di</strong> cui teniamo raggione) si vo<br />
(a) Pal. antico. foglio 34<br />
(b) Du Gange in Glossa<br />
(c) De Abbatiis lib. 4, f. 160<br />
57<br />
glia attribuire dal Fazello al re Guglielmo il Buono, poiché Romualdo,<br />
arcivescovo <strong>di</strong> Salerno (a) scrive <strong>di</strong> suddetto monarca:<br />
quosdam autem montes, et nemora, que sunt circa Panormum<br />
muro fecit lapideo conclu<strong>di</strong>, et Parcum deliciosum satis, et amenum,<br />
<strong>di</strong>versis arboribus insitum, et plantatum construi jussit, et<br />
in eo damas, capreolos, porcos silvestres jussit inclu<strong>di</strong> 43 . Ciò<br />
similmente rapportato ci viene da parecchi scrittori (b).<br />
Nel Parco vecchio tuttora si rilevano le rovine <strong>di</strong> antiche e magnifiche<br />
fabriche, real sogiorno dei sovrani, mentre ivi si portavano<br />
per l’esercizio della caccia: e fra gli altri una torre <strong>di</strong> antichissima<br />
struttura, che lo scrittor Massa crede non esser stata<br />
opera né de’ Romani, nettampoco de’ Greci.<br />
In conferma <strong>di</strong> quanto citammo sopra del re Guglielmo II, ecco il<br />
Fazello come si esprime: Saltus Guilelmi secun<strong>di</strong> quos Parcum,<br />
aut Circum regium nominabant, ubi frequenter venationi indulgebat<br />
(c) 44 . E Lello altresì lo conferma nella sua descrizione del<br />
tempio <strong>di</strong> Morreale (d).<br />
Cotesto nuovo Parco è quello appunto che, insiememente alla<br />
nostra <strong>Partinico</strong> e sua foresta ed altri beni, furono <strong>di</strong> special grazia<br />
regale concessi e donati, come si è detto, ai monaci Cister-<br />
42 Il Parco Vecchio cui fa riferimento l’autore non si trovava nella piana <strong>di</strong> Palermo ma tra<br />
Santa Cristina e Marineo. L’identificazione è possibile attraverso la donazione <strong>di</strong> Guglielmo<br />
II al Monastero <strong>di</strong> Santa Maria la Nuova <strong>di</strong> Monreale del maggio 1182 laddove è riportato il<br />
‘murum parci’ che delimitava l’area. Ancora oggi il sito è denominato Parco Vecchio.<br />
43 fece circondare alcuni monti e boschi attorno a Palermo con un muro <strong>di</strong> pietra<br />
e fece costruire un parco assai delizioso e ameno col piantarvi degli alberi<br />
e vi fece immettere camosci, capre selvatiche e cinghiali.<br />
44 terreno selvoso <strong>di</strong> Guglielmo secondo, che chiamavano Parco o recinto regio,<br />
dove spesso si intratteneva per la caccia<br />
67
ciensi dalla pietà del nostro fondator Federico, dopo la solenne<br />
de<strong>di</strong>cazione alla Vergine d’Altofonte.<br />
La immagine <strong>di</strong> un quadretto <strong>di</strong> Nostra Signora d’Altofonte è<br />
quell’istessa identifica cui fu de<strong>di</strong>cata dal pio Sovrano al 1306 la<br />
real Abbazia, ch’era posta su la sorgiva dell’Alto Fonte, nella<br />
montagna del Parco stesso. In venerazione quin<strong>di</strong>, fabbricata la<br />
terra, monastero e chiesa, ivi venne trasferita dalla <strong>di</strong>vozione de’<br />
Cisterciensi e paesani, e tuttodì si venera nella Madrice chiesa e<br />
sul primo altare all’ingresso da mano destra. Tal figura per la<br />
sua enorme antichità meriterebbe abolirsi, ma la <strong>di</strong>vozion nol<br />
comporta. Le iscrizioni, che porta ai pie<strong>di</strong> sono<br />
(a) In Chronic. Ad annum 1149<br />
(b) Rinald. Cron. ad annum 1149. Dufresne, Glossar. latin. tomo 2, f. 158.<br />
Mongitore in Ad<strong>di</strong>t. ad Pirr. Not. N. 66. Parci tom. 2, f. 1322. Mongitore, Sic.<br />
Ricercata. Cap. delle cacce. tomo I foglio 333.<br />
(c) Fazello, Deca I, lib. 8 foglio 188 et cap. de Parc. tomo I folio 347.<br />
(d) Part. 3, folio 52, n. 149<br />
58<br />
elleno aragonesi, onde illegibili, ma pur si ravvisano.<br />
Non poco abbonda il Parco <strong>di</strong> limpi<strong>di</strong>ssime acque eccellenti, le<br />
quali, comeché vantano dell’alto posto nella loro sorgiva, dette e<br />
appellate vengono dell’Altofonte. La loro prima fonte o scaturigine<br />
nasce a pie’ del monte <strong>di</strong> Moarta e che, scorrendo per la<br />
pianura del Parco, state son meritevoli a dar titolo non solo alla<br />
nostra Abbazia d’Altofonte, ma anche alla stessa abitazione de’<br />
coloni del Parco, che nell’origine <strong>di</strong> sua e<strong>di</strong>ficazione fu chiamata<br />
la terra d’Altofonte, come sopra accennossi.<br />
Vi ha il fonte Oreto, che spetta all’acque dell’antichissimo vasto<br />
fiume, del suo nome tanto dai poeti celebrato, e che bagna la<br />
Dominante Palermo, in cui, toccando il punto <strong>di</strong> Gurgur, che<br />
giace sotto la chiesa vecchia de’ Padri della Grazia, va a dar sua<br />
foce. Nasce egli dalla montagna volgarmente <strong>di</strong>nominata Ragaliceusi,<br />
nello stato arcivescovile <strong>di</strong> Morreale, alquanto sopra la<br />
scaturigine <strong>di</strong> Cannizzaro, e miglia due su <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Ambleri,<br />
vomitando acque da cento bocche <strong>di</strong> vive selci in un picciol vivaio<br />
a pie’ <strong>di</strong> terra, ond’è, che, a ragion del posto eminente <strong>di</strong><br />
capo d’acqua sortito graziosamente dalla natura, fu chiamata la<br />
fontana d’Altofonte. Ciò non ostante prende e gode il primato fra<br />
l’acque del Parco la sua sorgiva, come comunemente si stima, a<br />
pie’ del monte <strong>di</strong> Moarta (voce corrotta da Barca) (a), cinque<br />
miglia lontan da Palermo, per cui l’acqua <strong>di</strong> Altofonte volgarmente<br />
vien detta: l’acqua del Parco (b).<br />
68
Quest’acqua adesso si <strong>di</strong>vide in due corsi, passa l’uno in menzo<br />
la terra stessa del Parco facendo girar tre mulini da grano, scende<br />
l’altro e s’inoltra sin a Santa Maria <strong>di</strong> Gesù. In molti luoghi<br />
suole assiemarsi dessa coll’acqua <strong>di</strong> Ambleri dell’ Auricchiuta.<br />
(a) Cascini, A vitam S. Rosaliae … I, f. 17 45<br />
(b) Di Blasi, Opusc.Sicil. T. X, fol. 210<br />
59<br />
Lo storico Di Giovanni abbaglia senza meno quando pretenda<br />
dar capo vena a questa bella fonte nella piazza della chiesa Abbaziale<br />
del nostro Parco, in cui non si scorge altro <strong>di</strong> cospicuo<br />
che una piccola fontana pubblica. Cadde pure in questo errore<br />
l’abate don Vito Maria Amico nel suo Lexico topografico siciliano<br />
(a).<br />
Fiume lo chiama il Baronio questa gran fonte dell’Altofonte, la<br />
quale sgorga perennemente tre zappe d’acqua (b).<br />
Rendesi quin<strong>di</strong> a ragione delizioso insieme e fruttifero al sommo<br />
il <strong>di</strong>visato monte del Parco e, conseguentemente con esso, la sottoposta<br />
campagna palermitana (c).<br />
Meritò degnamente questo bel monte e luogo del Parco l’elogio<br />
onde gli attribuisce il Baronio anzidetto per la sorgiva dell’acqua<br />
surriferita, colla seguente magnifica espressione (d):<br />
Totum panormitanum aequor uno lustratur<br />
aspectu unaque aspectu, variis, iucun<strong>di</strong>s<br />
simisque rerum, fere omnium imagini<br />
bus affatim advenae incolaeve desiderium<br />
satiatur, undequaque fontes erumpunt,<br />
undequaque etiam ut innui vernat, et<br />
avis, ut post haustum beneficii non im<br />
memor loci delitium, cantu reddat amoe<br />
nius vel loci delitium ingeminato Carmine<br />
consultet. In eo nihil est cur quispiam de<br />
sideret 46<br />
45 E’ molto improbabile che il toponimo Moarta abbia a che fare con Barca. L’autore fa riferimento<br />
alla “Vita e Invenzione del corpo <strong>di</strong> Santa Rosalia” del gesuita impressa nell’anno<br />
1631. In essa si fa riferimento al sito Barca. Trattasi però <strong>di</strong> un feudo alle falde del monte<br />
Pellegrino, quin<strong>di</strong> in tutt’altro luogo, appartenente al Monastero <strong>di</strong> San Martino delle Scale.<br />
46 Tutta la pianura palermitana offre una vista luminosa, il desiderio del forestiero e<br />
dell’abitante è sod<strong>di</strong>sfatto abbondantemente dalla lieta immagine <strong>di</strong> ogni cosa, scaturiscono<br />
fonti da ogni dove, tutto rinver<strong>di</strong>sce e gli uccelli allietano col dolce canto. Non c’è nulla che<br />
si possa desiderare <strong>di</strong> più. (Il testo appare quasi incomprensibile, forse per qualche errore in<br />
esso riportato e, pertanto, la traduzione non risulta del tutto rispondente)<br />
69
Dal <strong>di</strong>visato fonte <strong>di</strong> Moarta viene a precipitarsi una seconda<br />
fontana, che nasce da una selce ossia grossa rocca, laterale al<br />
luogo <strong>di</strong> Roana. Cotesta acqua vien detta <strong>di</strong> Fontana Rossa e<br />
consiste <strong>di</strong> una zappa. Per acqua parimenti del Parco vien reputata<br />
quella della masseria dell’Api, voce corrotta dalla latina turris<br />
lapidum 47 .<br />
(a) T. 2, parte I, ve<strong>di</strong> Altus fons<br />
(b) Palermo glorioso, cap. 3, f. 29<br />
(c) Di Giovanni, Palermo ristorato, Libr. 2, fogl. 3q retro<br />
(d) Maestà palermitana, libr. 1, cap. 12, fogl. 93<br />
60<br />
Nella possessione <strong>di</strong> Manno chiusa nel territorio del Parco sorge<br />
altresì dell’acqua, che volgarmente va detta della Paglia, la quale<br />
vena se non supera la quantità dell’acqua accennate <strong>di</strong> sopra,<br />
le avanza certamene in qualità. Vi è finalmente per chiudere il<br />
presente capitolo l’acqua chiamata <strong>di</strong> Antonio Di Liberto, <strong>di</strong> ottima<br />
e bastante qualità e quantità.<br />
Capitolo VI<br />
Borgetto e Sicciara, loro chiese un tempo <strong>di</strong> pertinenza e giuris<strong>di</strong>zione<br />
della nostra real Madrice chiesa <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, <strong>di</strong> lei suborghi<br />
adesso <strong>di</strong>smembrate.<br />
Il Borgetto (situato all’opposto <strong>di</strong> Montelepre)(a), casale un<br />
tempo ed oggi grossa terra, in cui si annoverano 4273 anime, unitamente<br />
al suo feudo nobile 48 , confina e attacca da vari lati col<br />
nostro contado ba<strong>di</strong>ale e ne giace lontano da <strong>Partinico</strong> a levante,<br />
poco meno che un miglio. Si ha creduto sempre un’antica tra<strong>di</strong>zione<br />
tale voce Borgetto essersi corrotta col volger degli anni e<br />
che peculiarmente ne fosse stata nella sua origine quella <strong>di</strong> Borghetto,<br />
giusto perché considerato quel casale un piccolo borgo<br />
della nostra città, a cui fin dall’anno 1710 venne soggetto in<br />
rapporto alla giuris<strong>di</strong>zione spirituale, che la tennero sempre i nostri<br />
reveren<strong>di</strong> arcipreti, spacciandosi anche in stampa Parrochia<br />
47<br />
Torre delle pietre. Il toponimo Api più che da turris lapidum quasi certamente deriva da<br />
don Vincenzo <strong>di</strong> Lapi che nel 1549 era massarioto del sito.<br />
48<br />
-feu<strong>di</strong> nobili: erano quei feu<strong>di</strong> non concessi a nessuno, nel pieno dominio e nella libera<br />
amministrazione della Chiesa.<br />
-feu<strong>di</strong> censionali: quelli “li quali riconoscono alla Chiesa una determinata somma e canone<br />
pecuniario”<br />
-feu<strong>di</strong> a comune e decime: quelli che pagavano alla Chiesa la decima parte dei prodotti presunti.<br />
-Feu<strong>di</strong> a Massarie: quelli “concessi dalla Chiesa a particolari a modo <strong>di</strong> enfiteusi perpetua,<br />
con patti però ed oneri molto <strong>di</strong>fferenti dagli or<strong>di</strong>nari contratti enfiteutici”.<br />
70
<strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e Borgetto. A palparsi siffatto errore e deteggersi<br />
apertamente che sì non era e che<br />
(a) Descrizione geografica <strong>di</strong> Sicilia, Palermo, e<strong>di</strong>zione del 1798, fol. 56<br />
61<br />
all’opposto il Borgetto così appellavasi, sin da secoli trasandati<br />
anche prima che la nostra <strong>Partinico</strong> fiorissse, a piacere degli amatori<br />
della storia, siami lecito per qualche volta, giacché mi<br />
cade in acconcio e quasi per episo<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> rapportare succintamente<br />
le nozioni pria <strong>di</strong> scendere a ragionare della <strong>di</strong> lei <strong>di</strong>smembrazione,<br />
nonché <strong>di</strong> quella della Sicciara, dalla nostra madre<br />
Chiesa.<br />
Dal re Giacomo <strong>di</strong> Aragona, l’anno <strong>di</strong> nostra salute 1294, il Nobil<br />
Uomo Simone de Esculo, signore del feudo e del Casale del<br />
Borgetto, ottenne carta <strong>di</strong> commendazione <strong>di</strong>retta all’Infante don<br />
Federico, luogotenente allora <strong>di</strong> questo Regno <strong>di</strong> manutenendo<br />
nei <strong>di</strong> lui <strong>di</strong>ritti (a), a cagion che ne veniva molestato dal (nostro)<br />
nobile Giovanni Oberto da Camerana, signore del bosco e<br />
foresta <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e regio foresteraio e custode della defensa e<br />
cacce riserbate al regio <strong>di</strong>porto.<br />
Passò quin<strong>di</strong> il Borgetto a Margarita de Esculo, figlia del mentovato<br />
Simone (a mancanza <strong>di</strong> maschia prole), che andò a marito in<br />
Federico <strong>di</strong> Antiochia. E comeché amendue cotesti jugali si resero<br />
felloni, gli venne al 1339 confiscato e dal re Pietro Secondo<br />
donato al nobile Raimondo <strong>di</strong> Peralta, a premiarne col merito gli<br />
servigii prestati alla Corona (b).<br />
Sul 1343, il <strong>di</strong>visato Raimondo chiese il permesso al re Ludovico<br />
<strong>di</strong> poter alienare il feudo del Borgetto, onde occorrere col <strong>di</strong> lui<br />
prezzo a ricattarsi dai debiti contratti e torsi la vessazione dei<br />
suoi cre<strong>di</strong>tori, e il Re benignamente vi con<strong>di</strong>scese con sua carta<br />
reale (c). Di fatti poi, al 1346, passollo a vendere al nobile Perrono<br />
de Campsora con tutti i jussi e ragioni, giustizie e giuste<br />
pertinenze sue superiori ed inferiori. A cagion quin<strong>di</strong> de’ contratti<br />
debiti dal Campsora, già domino del feudo <strong>di</strong> Borgetto, cotesto<br />
alienossi nel 1351 alla nobile donna Margherita de Blanco<br />
per sentenza proferita dal Tribunale<br />
(a) In quodam casali suo vocato dello Borgetto, cum pertinentiis et finibus suis<br />
(b) Terram et castrum Caltabillottae et castra Calatubii et Burgetti prope Alcamum,<br />
cum Castro ad mare de Gulpho, quae in unum corpus re<strong>di</strong>gentes et unientes<br />
et Comitatus nomine et vocabulo insignentes et decorantes, quem Comitatum<br />
Caltabillottae vocari decrevimus, ea cum omnibus vassallis et omnibus territoriis,<br />
molen<strong>di</strong>nis, aquis, venationibus, gabellis, juribus, quae castra Calatubii,<br />
71
Burgetti et Mare de Gulpho Fridericus de Antiochia pro<strong>di</strong>tor noster tenebat a<br />
Curia<br />
(c) quoddam eius feudum vocatum del Burgetto, situm et positum in Valle Mazariae<br />
62<br />
della Regia Gran Corte (a).<br />
Da cotesta pia Dama passa in dominio al ven. monastero <strong>di</strong> San<br />
Martino delle Scale <strong>di</strong> Palermo il prelodato feudo del Borgetto,<br />
l’anno 1355, in forza <strong>di</strong> una irrevocabile donazione (b).<br />
Conferma il nostro prelodato sovrano Federico la in<strong>di</strong>gitata donazione<br />
ed esenta il monastero dal servizio militare, a cui veniva<br />
tenuto il feudo nobile del Borgetto, e ciò con la <strong>di</strong> lui regia carta<br />
del 1366 (c).<br />
Il monastero, in seguito a sì regal <strong>di</strong>spaccio, ha sempre usato<br />
giuris<strong>di</strong>zione in detto feudo, conservata con continuate lettere<br />
osservatoriali. Ha eletto gli ufficiali e si veggono informazioni<br />
appo la <strong>di</strong> lui corte sin da due secoli ad<strong>di</strong>eto. Ha tenuto nella<br />
dominante Palermo da gran tempo il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sua Corte superiore,<br />
e qualche volta ne ha fatta cadere la elezione in persona<br />
dell’avvocato ficale della Gran Corte, previa la corrispondente<br />
<strong>di</strong>spensa, onde poterne esercitare la carica. Nei contratti enfiteutici,<br />
da più <strong>di</strong> tre secoli sono, si è curato <strong>di</strong> conservarsi la propria<br />
giuris<strong>di</strong>zione (d). Sonovi delle sentenze che la Corte pretoriana<br />
non s’intrometta nello Stato dello Borgetto e vassalli del<br />
monastero, lettere rogatoriali del Senato che parlano <strong>di</strong> alcuni<br />
luoghi dello Stato del Borgetto nella più energica favorevole<br />
guisa (e). Vanta il monastero la facoltà <strong>di</strong> carcerare i propri vassalli<br />
in Palermo, e insomma è stato sempre, per parecchi secoli,<br />
in possesso pacifico ed assoluto della giuris<strong>di</strong>zione civile e criminale<br />
a relegazione infra, con esercitar l’altra a relegazione<br />
supra il tribunale della regia Gran Corte.<br />
Ciò presupposto frattanto la spirituale giuris<strong>di</strong>zione<br />
(a) cum omnibus rationibus proprietatibus et pertinentiis suis<br />
(b) cum omnibus juribus et pertinentiis suis cum servitio equi armati<br />
(c) Pro salute animarum progenitorum nostrorum et nostrae<br />
(d) Debent conveniri in Curia ipsius monaterii<br />
(e) Quia <strong>di</strong>cta loca reperiuntur extra nostrum territorium, ideo rogamus<br />
63<br />
e la cura <strong>di</strong> quelle poche anime, che in quei tuguri e casette villerecce<br />
abitavano, <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> essersi ingrossata la nostra <strong>Partinico</strong><br />
e resa <strong>di</strong> già parrocchial la sua chiesa; fu sempre <strong>di</strong> spettanza<br />
72
della medesima e in essa si sod<strong>di</strong>sfaceva il precetto pascale dei<br />
borgettani, in cui similmente si riceveva il santo battesimo e si<br />
adempivano religiosamente tutti gli altri sacramenti sino ad aver<br />
in quella la sepoltura. Si rispondevano all’ugual tempo al rev.<br />
arciprete i dritti <strong>di</strong> stuola, primizie e funeratizii e tutto ciò che<br />
dai partinicoti pagavasi e si reputavano insomma i borgettani altrettanti<br />
parrocchiani <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>. Di fatti, in contingenza <strong>di</strong> doversi<br />
costruere la campana grande <strong>di</strong> nostra chiesa (che tuttodì<br />
esiste, sebbene più ingran<strong>di</strong>ta al 1719), concorsero quei comparrocchiani<br />
al sod<strong>di</strong>sfo del prezzo, e ne acquistarono benanco la<br />
facoltà perenne, come la godono i nostri citta<strong>di</strong>ni, <strong>di</strong> dover quella<br />
suonare a mortoro nei loro funerali, senza pagar dritto alcuno<br />
all’arciprete, a riserba soltanto del tarì 1 al sacrestano (a).<br />
Nulla <strong>di</strong> manco, esisteva al Borgetto una campestre chiesetta in<br />
onore <strong>di</strong> san Nicola (ch’è adesso la sacristia della Madrice), ma<br />
codesta era soggetta benanco alla giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> nostra Madrice<br />
e vi amministravano a loro bell’agio i sacramenti i nostri<br />
rev.<strong>di</strong> arcipreti, la tenevano però sprovveduta assai troppo dei<br />
sacri arre<strong>di</strong> e poco ben culta, per l’alpestre sua situazione, talché<br />
essa degenerò in uso profano in quegli abitanti.<br />
In <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> sacra visita, tenuta in ottobre del 1705, il rev.mo<br />
monsignor don Alessandro Castelli, Vescovo <strong>di</strong> Mazara in quel<br />
casale degente, conoscendo la necessità dell’anime <strong>di</strong> quella<br />
chiesa e per renderla culta e fornita <strong>di</strong> quanto decentemente convenivasi,<br />
fè produrre delle testimonianze corrispondenti al bisogno<br />
e poi, al 1706, il dì 18 <strong>di</strong> ottobre, si or<strong>di</strong>nò dalla sua<br />
(a) Contratto presso gli atti <strong>di</strong> notar Giovanni <strong>di</strong> Lione <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, addì 30 marzo<br />
1696, conservati nel pubblico archivio<br />
64<br />
Gran Corte vescovile al rev.mo arciprete, don Francesco Albamonte,<br />
a conferirsi sulla faccia del luogo e profanare solennemente<br />
la detta chiesa <strong>di</strong> san Niccola, giusto il sacro romano rito.<br />
E come in esso casale eravi stata eretta una nuova chiesa, de<strong>di</strong>cata<br />
a santa Maria Maddalena, <strong>di</strong>spose in seguito suddetto monsignore<br />
che in essa dovesse erigersi un altare al detto glorioso<br />
san Niccola e si dovessero assegnare a detta cappella quei frutti<br />
annuali, che erano stati assegnati alla riferita chiesa profanata.<br />
Or<strong>di</strong>nò similmente detto rev.mo Vescovo, su’ li 27 ottobre <strong>di</strong><br />
detto anno 1706, che l’arciprete Albamonte dovesse eligere fra<br />
mesi quattro e manutenere, a spese sue, un rev. cappellano e un<br />
sacristano e provvedere altresì <strong>di</strong> suppellettili, sacri arre<strong>di</strong> e ornamenti<br />
la detta chiesa bisognevoli per l’amministrazione dei<br />
sacramenti per le anime <strong>di</strong> quel casale.<br />
73
Inteso <strong>di</strong> ciò, il rev. padre don Simeone Zati, general procuratore<br />
dell’eminentissimo card. Me<strong>di</strong>ci ed abbate nostro commendatario,<br />
cui privativamente spettava il jus <strong>di</strong> regio patronato su la<br />
ven. nostra real Madrice, a cui era quella del Borgetto soggetta,<br />
si gravò nelle debite forme nel Tribunale della regia Monarchia e<br />
Apostolica Legazia della processura del Vescovo <strong>di</strong> Mazara et,<br />
servatis servan<strong>di</strong>s, fù da detto Tribunale, a 27 agosto 1708, proferita<br />
sentenza, per cui si <strong>di</strong>sse non darsi luogo al gravame per<br />
questa causa, venendo confermata la stessa dal Tribunale del regio<br />
Concistoro, sotto li 23 marzo 1709, e cotesta ben’anco da<br />
quello della Gran Corte Criminale <strong>di</strong> CC. DD. Il dì 3 agosto<br />
dell’istess’anno.<br />
Non venivano dall’arciprete frattanto eseguite siffatte sentenze,<br />
motivo che da quel prelato si passò alla formale ingionzione a <strong>di</strong><br />
lui carico, il quale non potendo esimersi <strong>di</strong> esecutoriare le suddette<br />
sentenze e peraltro, come a zelante che era, facendosi carico<br />
del dan-<br />
65<br />
no spirituale dell’anime abitavano quel casale (rimorsi che<br />
scompigliavano la sua illibata coscienza) procurava tuttavia <strong>di</strong><br />
ritrovar de’ mezzi onde avesse potuto coonestar tali pendenze,<br />
senza attrassar la sua congrua, che riconosceva impotente a sostenere<br />
il nuovo peso se gli voleva indossare, in pregiu<strong>di</strong>zio dei<br />
<strong>di</strong> lui successori.<br />
Ma, profittando dell’incontro <strong>di</strong> sì favorevoli momenti, non meno<br />
che delle critiche situazioni e costernazion dell’arciprete,<br />
l’accortezza dell’abbate <strong>di</strong> San Martino, già Signore del mentovato<br />
casale, quale donatario <strong>di</strong> detta nobil donna De Blanco, e<br />
spinto similmente dallo zelo <strong>di</strong> quell’anime alla sua giuris<strong>di</strong>zione<br />
soggette, nonché del piacere d’in<strong>di</strong>pendenza baronale, che per<br />
sé attiravasi, colse il punto e guadagnossi quella buon’anima<br />
dell’Albamonte, inducendolo alla stipola <strong>di</strong> un contentamento e<br />
liticessione ai precedenti giu<strong>di</strong>zii e sentenze, ottenendo dallo<br />
stesso la piena facoltà <strong>di</strong> poter a suo bell’agio in ogni tempo <strong>di</strong>venire<br />
alla nomina ed elezione del cappellano sacramentale della<br />
Madrice chiesa del Borgetto, d’approvarsi dall’Or<strong>di</strong>nario e, come<br />
tale conferire a costui il corrispondene titolo <strong>di</strong> arciprete <strong>di</strong><br />
quella, con obbligarsi al tempo stesso perpetuamente il monastero<br />
rispondere all’intero mantenimento della Madrice per tutte le<br />
bisogne ed urgenze parrocchiali, rinunziandosi intuitivamene<br />
all’accor<strong>di</strong>o anzidetto da riferito Albamonte, al tutto che poteasi<br />
<strong>di</strong> sua eccezione esperire circa i premessi e così venir <strong>di</strong>sgravato<br />
esso lui ed i suoi successori dai pesi impostigli l’Or<strong>di</strong>nario, co-<br />
74
me meglio si rimarca dall’atto corrispondente presso le tavole <strong>di</strong><br />
notar Stefano Sardo, addì 22 febbraio 1710.<br />
66<br />
Ed ecco ciò posto che nell’istess’anno e sotto il dì 5 maggio,<br />
prese l’esercizio quella chiesa dei dritti parrocchiali (a), battezzando<br />
per la prima volta un bambino borgettano, nato dalla famiglia<br />
Pezzino, cui venne imposto il nome <strong>di</strong> Onorato, in venerazione<br />
del rev.mo suo padrone abate don Onorato Salerno, cassinese,<br />
unico mentre era unita la Congregazione cassinese, Presidente<br />
siciliano, uomo insigne che fè onore alla stessa e al monastero,<br />
arricchendolo <strong>di</strong> un gran<strong>di</strong>oso organo, coro e eccellenti<br />
sacre pitture, ed al qual bambino da esso battezzato detto rev.mo<br />
padre abbate, a nome del suo monastero, graziosamente assegnò<br />
e concesse salma una <strong>di</strong> terra nel territorio del Borgetto, sul solo<br />
canone <strong>di</strong> onza una annuale.<br />
Difonto l’Albamonte e succedendo all’arcipretura <strong>di</strong> nostra madre<br />
chiesa l’anno 1731 il rev.mo dr. don Giovanni Paolo Raccuglia,<br />
nostro degnissimo concitta<strong>di</strong>no, risentissi costui a carico<br />
del monastero e arciprete del Borgetto, presso il nostro allora illustre<br />
abbate commendatario, monsignor principe <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong>,<br />
allegando sanamene: non essersi potuto dal <strong>di</strong> lui antecessore<br />
pregiu<strong>di</strong>car punto ai dritti del regio Patronato, che risiedono negli<br />
abbati <strong>di</strong> Altofonte, da cui non si era affatto prestato assenso<br />
alla suddetta <strong>di</strong>smembrazione, ed ancorché tolleranza fussevi<br />
stata dall’abbate commendatario <strong>di</strong> allora, pure sendo questi un<br />
mero custode, anziché despota o assoluto signore de’ dritti Abbaziali,<br />
in nulla pregiu<strong>di</strong>car poteva ai medesimi, perché illesi ed<br />
intatti dovea conservarli a pro’ dei suoi successori nell’istessa<br />
Abbazia, epperò nulli si pretendevano gli atti tutti interposti in<br />
pregiu<strong>di</strong>zio del jusso del regio patronato. Frattanto, qualsiasi<br />
stata la magnete o la tempra della molla adopratasi in tal emergente<br />
dalli abbati presso il Raccuglia, da cotui si liticesse del pari<br />
e in premio (<strong>di</strong>ciam così) dell’omologazione dei dritti acquistati<br />
dal monastero, da costui ottenne per uso della nostra Madrice<br />
e pro omni jure un calice d’oro ben grande, che tuttora conservasi<br />
(b) (e ciò circa<br />
(a) sendone stato insignito da cappellano curato il rev. don Giovanni Flores, in<strong>di</strong><br />
a 24 <strong>di</strong> esso maggio il rev. don Antonio Paruta, sino a 2 novembre 1723 e vi successe<br />
il rev. don Antonio Paruta e poi al 1725 don <strong>Giuseppe</strong> Urso al 1727, don<br />
Simone Macaluso al 1730 don Giacomo Torre a cui nel 1733 gli fu aggionto un<br />
rev. cappellano don Serafino Pignatelli a cui gli fu sostituito in grado <strong>di</strong> rev. cappellano<br />
nel 1735 don Luca Mandalà e qui finiscono poi gli cappellani curati<br />
75
(b) e ciò giusta contratto <strong>di</strong> transazione, rogato da notar don Salvatore Nuvola<br />
(?) <strong>di</strong> Palermo a primo maggio 1737 ratificato da … a li atti del fu mio genitore<br />
notar don Domenico li 10 <strong>di</strong> detto mese 1737 …<br />
67<br />
l’anno 1739) attesoché sino al precedente 1738 (a), in cui celebrossi<br />
in Mazara da quell’Or<strong>di</strong>nario monsignor Caputo il sinodo<br />
dato alla luce colle stampe, il nostro Raccuglia, nella tavola dei<br />
parrochi concorsivi, spacciò il titolo <strong>di</strong> Arciprete <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e<br />
<strong>di</strong> Borgetto.<br />
Ciò malgrado il primo arciprete che vantò quella Madrice <strong>di</strong><br />
Borgetto, l’anno 1737, a 3 agosto, si fu il rev. padre cassinese<br />
don Fulgenzio Platamone, il quale dopo pochi anni renunciando,<br />
vi successe al 1739 il rev. padre don Severino Barochal, che del<br />
pari al second’anno rinonziò, subintrandovi il rev. padre don<br />
Emmanuello Ventosa che col suo accostumato zelo trovando la<br />
Madrice alzata sino al cornicione, dalla cura de’ benefattori e dei<br />
suoi predecessori, che fabbricata l’avevano, coll’avvanzati cementi<br />
d’un cominciato nuovo monastero, ov’è tuttora la casa<br />
grande <strong>di</strong> don Emmanuele Migliore, nel piano del Castellano, la<br />
finì egli al 1748, adornandola <strong>di</strong> una magnifica scalinata a due<br />
fughe con balaustri d’intaglio all’ingresso da tramontana, siccome<br />
del sacro fonte battesimale, del coro, dell’orologio e campanile<br />
l’anno 1762, opera de’ nostri fabbri mastro Antonino Savarino<br />
e mastro Salvatore Caiola, come dall’iscrizione in esso rilevasi<br />
Saverino et Caiola fecere 49 .<br />
Finalmente il Ventosa, tanto benemerito alla popolazione, li 4<br />
<strong>di</strong>cembre 1769, con universal cordoglio della medesima, cesse <strong>di</strong><br />
vivere e venne sepolto nella sua madre chiesa, innanzi l’altare<br />
maggiore, coverto <strong>di</strong> una lapide marmorea portante il seguente<br />
epitafio:<br />
Adsta viator quod mortalibus de hoc mundo<br />
superest, ut semper prae oculis haberes hoc mihi<br />
Et successoribus posui sepulcrum rev.mus D. Emma-<br />
(a) nonostante la detta transazione l’anno 1838<br />
68<br />
76<br />
nuel Maria Ventosa, decanus casinensis, jam<br />
archipresbiter terrarum Cinisis et Terrasinis<br />
nunc huius Ecclesiae pastor et rector. Anno<br />
49 opera <strong>di</strong> Saverino e Caiola
MDCCLVII, obiit IV decembris 1769 50<br />
A sinistra dell’altare suddetto, ossia alla cancellata del coro<br />
s’alza poi l’urna marmorea con medaglia rappresentante al vivo<br />
la immagine del Ventosa, in cui la seguente iscrizione:<br />
R.mi P.tris D. Emmanuelis Ventosa, Or<strong>di</strong>nis S. P. Benede<strong>di</strong>cti,<br />
marmor hoc refert imaginem, mores, animi indolem, reffere haud<br />
valet qui mundum a teneris cautus trasfuga deserens in coenobio<br />
S. Martini delituit, virtutibus incumbuit seque perpolivit, <strong>di</strong>tavit,<br />
sacris plene ad<strong>di</strong>ctus ad hanc regendam paroeciam tertius Archipresbiter<br />
reluctans vocatus, templum vix inceptum desudans<br />
perfecit, Christi pauperrimus pauperum <strong>di</strong>tissimus cultor, coelo<br />
maturus, cunctis tandem flebilis occi<strong>di</strong>t, anno salutis 1769,<br />
aetatis suae 82 51<br />
A gloria dell’accuratezza e interesse per la Madrice del Ventosa,<br />
dee ascriversi la seguente iscrizione in una tabella apposta su la<br />
porta della sacristia, monumento tanto interessante la storia:<br />
D.O.M.<br />
Parrocchiali veteri ecclesiae, sub titulo sanctae Mariae Magdalenae<br />
hic sitae unceas duodecim annuas praestitit D. Philippus<br />
Zappulla, anno 1680, <strong>di</strong>e 5 aprilis, per acta Honuphrii Sardo et<br />
Fontana, Panormi, cum onere unius sollemnis Missae quolibet<br />
anno <strong>di</strong>cen<strong>di</strong> in eius hobitus anniversario, praeter missas privatas<br />
XXX solennemque aliam in <strong>di</strong>e hobitus omnes pro Dei gloria,<br />
donantis, anima eiusque intentione. Item trecentas alias uncias<br />
ad novae fabricae constructionem anno Domini 1726, <strong>di</strong>e 14<br />
maii subministravit per acta Francisci Sardo et Fontana ae<strong>di</strong>ficata<br />
jam nova ecclesia quae in Archipresbiteralem anno 1737<br />
<strong>di</strong>e primo iunii erecta fuerat maximisque monasterii S. Martini<br />
de Scalis expensis cui patronatus presbiterosque nominan<strong>di</strong>, eligen- <br />
50 Fermati o viandante: affinché tu abbia sempre davanti agli occhi quello che<br />
<strong>di</strong> questo mondo resta ai mortali ho posto questo sepolcro per me e per i miei<br />
successori io Don Emanuele Maria Ventosa, decano cassinese, già arciprete<br />
delle terre <strong>di</strong> Cinisi e Terrasini, adesso pastore e rettore <strong>di</strong> questa Chiesa.<br />
Anno 1757, morto il 4 <strong>di</strong>cembre 1769<br />
51 Questo marmo reca l’immagine del rev. padre Emanuele Ventosa, dell’ Or<strong>di</strong>ne<br />
del santo padre Benedetto, ma non può rapportare i suoi costumi, l’indole<br />
dell’animo <strong>di</strong> lui che, da fanciullo abbandonò il mondo nascondendosi nel cenobio<br />
<strong>di</strong> San Martino, cercò la virtù, si perfezionò, si arricchì. Essendosi interamente<br />
de<strong>di</strong>cato alle cose sacre, venne chiamato, contro sua voglia, a reggere<br />
questa parrocchia quale terzo arciprete, completò con sacrifici questo tempio<br />
la cui costruzione era appena cominciata. Poverissimo, ebbe gran cura dei<br />
poveri <strong>di</strong> Cristo, maturo per il cielo, <strong>di</strong>venuto debole per tutti, morì nel 1769,<br />
all’età <strong>di</strong> 82 anni.<br />
77
69<br />
<strong>di</strong> jus per superiora annorum 1694 et 1696 instrumenta competit<br />
integre completum lapidem hunc posuit Rev.mus Pater D. Emmanuel<br />
Maria Ventosa monacus decanus prae<strong>di</strong>cti monasterij et<br />
tertius Archipresbiter anno Domini 1764 52<br />
L’anno 1770 fu assonto all’arcipretura il rev.do padre cassinese<br />
don <strong>Giuseppe</strong> Settimo, il quale renuziò la carica dopo due anni<br />
<strong>di</strong> sua regenza e l’occupò degnamente, al 1772, il rev.do padre<br />
don Giovanni Crisostomo Settimo, alla <strong>di</strong> cui rinunzia successe<br />
il rev.do padre don Anselmo Caldarera, che finalmente morì al<br />
1777 e venne sepolto nella suddetta Madrice.<br />
Sul 1778 godè l’arcipretura il rev.do padre don Benedetto Requisens<br />
che rinunziò al 1791 e morì quin<strong>di</strong> appresso, nella città <strong>di</strong><br />
Napoli, e fu quella conferita in persona dell’o<strong>di</strong>erno rev.do padre<br />
don Casimiro Drago, l’anno 1792, da cui si eresse il non tuttora<br />
in<strong>di</strong>fferente ragguardevole altare sul 1794.<br />
E vaga e decente la madre chiesa anzidetta, che venne adorna<br />
tutta <strong>di</strong> pittura sul greco gusto l’anno 1780 e <strong>di</strong>rimpetto a cui si<br />
erige nel piano una fontana marmorea con vari sbocci <strong>di</strong> limpi<strong>di</strong>ssime<br />
acque e porta seco le seguenti iscrizioni: da parte <strong>di</strong> scirocco:<br />
Verso tramontana:<br />
78<br />
Praesulis eximii Requisens benefacta loquatur<br />
qui Crjcimanno praeside fons struitur 53<br />
Anno ab erecta Universitate huius terrae Burgetti 1754 D. Cjrus<br />
Baiar<strong>di</strong> capitaneus, magister Leonardus Vicari, juratus, magi-<br />
52<br />
Don Filippo Zappulla cosituì una ren<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci onze l’anno, in favore <strong>di</strong><br />
questa antica chiesa parrocchiale sotto il titolo <strong>di</strong> santa Maria Maddalena, il 5<br />
aprile 1680, con atto <strong>di</strong> Onofrio Sardo e Fontana <strong>di</strong> Palermo, con l’onere <strong>di</strong><br />
una messa solenne da celebrarsi ogni anno nell’aniversario della sua morte,<br />
oltre le trenta messe private ed un’altra messa solenne nel giorno della sua<br />
morte, tutte a gloria <strong>di</strong> Dio e per l’anima del donante. Parimenti il 12 settembre<br />
del 1726 elargì altre trecento onze per la costruzione della nuova fabbrica, con<br />
atti presso Francesco Sardo e Fontana, essendo stata costruita la nuova chiesa,<br />
che era stata elevata ad arcipretura il primo giugno 1737, con gran<strong>di</strong> spese<br />
del monastero <strong>di</strong> San Martino delle Scale, cui era stato conferito il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
patronato e <strong>di</strong> nominare i titolari , con atti del 1694 e 1696. Il rev. padre Emanuele<br />
Maria Ventosa, monaco, decano del predetto monastero e terzo arciprete<br />
pose questa lapide nell’anno del Signore 1764<br />
53<br />
Questo fonte, costruito sotto la presidenza <strong>di</strong> Crescimanno, manifesti i benfatti<br />
dell’esimio prelato Requisens
ster Joseph Polizzi, juratus, magister Joseph Bonfardeci, juratus<br />
et magister Santus Migliore, iuratus 54<br />
Ben un’altra fontana detta <strong>di</strong> Vittoria, laterale allo stradone<br />
70<br />
porta altresì la iscrizione seguente:<br />
Hic erecto fons meruit Victoria nomen<br />
nam primus in aquis solus hic umor habet 55<br />
La Patrona <strong>di</strong> detta terra n’è la vergine santa Maria Maddalena,<br />
venerata tanto dai borgettani, ed a cui solennizzano l’annua popolar<br />
festa l’ultima domenica del mese agosto con l’universal<br />
brioso concorso della gente <strong>di</strong> nostra città, attesa la <strong>di</strong> lei vicinanza<br />
e agevolissima piacevol strada, sì per godere delle corse<br />
dei berberi, che dell’artificio <strong>di</strong> fuoco la sera. Saluberima e sana<br />
n’è l’aere della medesima erta, scoscese e <strong>di</strong>sastrose ha le strade,<br />
a riserba <strong>di</strong> quelle del corso, resa carrozzabile adesso pel tragitto<br />
dalla nostra città alla dominante, seben non lascia <strong>di</strong> non esser<br />
erta.<br />
Non va però esente il Borgetto della innata <strong>di</strong>vozione alla Vergine.<br />
Vanta egli la Madonna dello Rimitello, nome assonto, come<br />
sotto <strong>di</strong>remo, la quale la domenica in albis si trasferisce solennemente<br />
dalla vicina montagna delle Ciambre in detta madre<br />
chiesa e vi si fa la solita annua regal processione. In detto monte<br />
fuvvi costrutto, vivente la donatrice De Blanco, un monastero<br />
(adesso rovinato), che de<strong>di</strong>cato venne alla Vergine sagratissima,<br />
e il <strong>di</strong> lui abbate appellossene <strong>di</strong> Santa Maria del Borgetto. Fabbricò<br />
quello il beato Angelo Senisio, cassinese, citta<strong>di</strong>n <strong>di</strong> Catania,<br />
quell’istesso insigne soggetto che l’anno 1362 ree<strong>di</strong>ficò<br />
l’altro <strong>di</strong> San Martino nella valle rimpetto Palermo, monumento<br />
oggidì che attira l’universale ammirazione e per la magnificenza<br />
della mole e per la religiosità dei monaci vi soggiornano, tra i<br />
quali fiorisce tuttodì in vasta eru<strong>di</strong>zione il chiarissimo padre abate<br />
don Salvatore Di Blasi, cui vagli tenuta non poco la repubblica<br />
delle lettere, per le <strong>di</strong> lui scientifiche cognizioni e raccolte<br />
degli opuscoli dell’Autori siciliani, date alla luce a beneficio <strong>di</strong><br />
letterati, nonché per la biblioteca (a) e Museo <strong>di</strong> cui ne fu<br />
l’auttore, raccoglitore e conservatore don Salvatore De Blasi (b).<br />
54 Nell’anno 1754 dalla costituzione del Comune <strong>di</strong> Borgetto Don Ciro Baiar<strong>di</strong><br />
capitano, mastro Leonardo Vicari giurato, masro <strong>Giuseppe</strong> Polizzi giurato, mastro<br />
<strong>Giuseppe</strong> Bonfardeci giurato e mastro Santo Migliore giurato<br />
55 Questo fonte ha meritato il nome <strong>di</strong> Vittoria, infatti è il primo e solo che por-<br />
ge acqua<br />
79
Quivi alle Ciambre abitò da penitente il beato Giuliano abbate<br />
Majale, che in<strong>di</strong> rinselvossi più addentro a menar vita romitica,<br />
fabbricandosi colà una celletta con altarino ed in cui, per la tra<strong>di</strong>zione,<br />
si <strong>di</strong>ce esser morto sul 1447, <strong>di</strong>etro<br />
(a) Catalogo dei libri <strong>di</strong> stampa del XV secolo esistenti nella biblioteca del monastero<br />
<strong>di</strong> San Martino delle Scale <strong>di</strong> Palermo nel mese <strong>di</strong> giugno del 1778, in<br />
Palermo colle stampe del Raponi (?)<br />
(b) panormitani casinensis gregoriani monasterii sancti Martini de Scalis, Panormi,<br />
bibliotecarii ac cimeliarche ad referendum praesulem D. Petrum Aloysium<br />
Galletti, SS.mi Salvatoris et Cyrini casinensis congregationis abbatorum<br />
epistola<br />
71<br />
d’aver goduto in sua vita più fiate dell’illustre grado <strong>di</strong> ambasciadore<br />
del nostro re Alfonso, in Tunisi e altrove.<br />
La chiesetta surriferita esiste tuttodì rinnovata colla erogazione<br />
recente <strong>di</strong> onze 47 della pia devozione del degno sacerdote don<br />
Vincenzo Vicari, borgettano, abbondando quel luogo <strong>di</strong> molte<br />
vene limpi<strong>di</strong>ssime d’acque <strong>di</strong>oretiche e fred<strong>di</strong>ssime.<br />
Nella montagna detta Lingone, oggi comunemente Romitello<br />
(che <strong>di</strong>è il titolo alla Vergine prelodata), questo lo ere<strong>di</strong>tò e ritiene<br />
dall’abitazione eremitica presceltavi in essa il rinomatissimo<br />
padre Teofilo Folengo, mantovano, che meritò per la sua insigne<br />
poetica (a), molto più in essa nel secolo XVII, l’elogio<br />
dell’universo, sendo stato il suo nome accademico pastorale<br />
quello appunto <strong>di</strong> Merlin Coccaio (b). Checché ne sia stato, il<br />
motivo del suo ritiro in detto romitaggio delle Ciambre ci è ignoto,<br />
come del pari l’altro della sua repentina segreta fuga e restituzione<br />
alla patria, l’anno 1544, in cui chiuse i suoi dì li 9 <strong>di</strong>cembre<br />
dell’istess’anno, trovandosi nella sua cella a caso la seguente<br />
epigramma, lasciatavi lo stesso romito <strong>di</strong> suo carattere originale:<br />
80<br />
Dulce solum, patriaeque instar, mea cara Ciambre<br />
accipe supremum cogor abire, vale.<br />
Vos rupes atque antra, cavi gratique recessus<br />
quodque horrore nemus, silva virore places.<br />
Vos vitrei fontes et amoris conscia nostri,<br />
murmura perpetuo vere cadentis aquae.<br />
Tuque mei testata grave via longa labore,<br />
tuque olim sancto cellula culta sene.<br />
Si vestri curam gessi quidquamve peregi,<br />
quo facti auctorem fas sit amare boni.<br />
Mantuam aeternis memorate Theophilon annis,
sitque meae vobis causa sepulta fuge 56<br />
Ed ecco altresì l’epitafio in morte dell’accennato poeta:<br />
Hic cineres Theophili monachi<br />
tantisper ut reviviscant<br />
asservantur<br />
(a) Scelta <strong>di</strong> canzoni, tom. I, in Venezia presso Lorenzo Baseggio, 1727, fol. 482.<br />
Si trascriva il sonetto del poeta Quando l’alma gentil, Descrizione geografica <strong>di</strong><br />
Sicilia, terza e<strong>di</strong>zione in Palermo del 1728<br />
(b) Giovan Mario Crescimbeni, <strong>Storia</strong> della volgar poesia, vol. 2, parte I, f. 328<br />
72<br />
in Domino quievit <strong>di</strong>e 9 decembris 1544 57<br />
Circa sepulcrum sequentes versus<br />
Hospes, siste gradum, manus venerare solutas<br />
Merlini corpus con<strong>di</strong>tur hoc tumulo;<br />
quod si fata viri, sortem patriamque requiris<br />
saxo hasce inscriptos perlege versiculos<br />
Mantua me genuit, Veneti rapuere, tenet nunc<br />
Campasium 58 : eccini lu<strong>di</strong>ca, sacra sales 59<br />
E per chiudere finalmente le notizie riguardo al succitato Merlino,<br />
si trascrive l’estemporaneo sonetto dell’abbate D. Martino<br />
Anastasio, <strong>di</strong>rimpetto alle ninfe del poeta anzidetto:<br />
Venni ai monti ciambrischi, ove rivolto<br />
trovai del bel Parnaso il dotto coro<br />
e dai rami più langui<strong>di</strong> d’alloro<br />
vi<strong>di</strong> cinger ben tosto il crin <strong>di</strong>sciolto.<br />
Flebili in voce e pallide nel volto<br />
cangiato in nero e ruvido lavoro<br />
56<br />
Dolce suolo, simile alla patria, mia cara Ciambra, ricevi il mio estremo saluto,<br />
sono costretto ad andare via, vale! O voi rupi, antri, caverne e grati recessi,<br />
orrido bosco e verde selva gra<strong>di</strong>ta. Voi fonti cristallini, testimoni del nostro<br />
amore, mormorii permanenti dell’acqua, Tu, cammino faticosoe tu cella dotta,<br />
<strong>di</strong>mora <strong>di</strong> un santo vecchio.Se ho avuto cura <strong>di</strong> voi e se ho fatto qualcosa, sia<br />
consentito usare affetto per l’autore del ben fatto. Ricordate per sempre Teofilo<br />
e Mantova e <strong>di</strong>menticate la mia fuga<br />
57<br />
Qui si conservano le ceneri <strong>di</strong> Teofilo per quel tempo che dovranno risuscitare<br />
58<br />
Campese: frazione del Comune <strong>di</strong> Bassano del Grappa (VI).<br />
59<br />
Sul sepolcro i seguenti versi: Ospite, ferma il passo, sciogli la mano in un<br />
saluto. In questo sarcofago è conservato il corpo <strong>di</strong> Merlino e se vuoi conoscere<br />
il destino <strong>di</strong> quest’uomo, la sua sorte, la sua patria, leggi questi versi scolpiti<br />
nella pietra: Mantova mi ha generato, i veneti mi hanno rapito, adesso mi<br />
trattiene Campese: ho cantato cose scherzose, cose sacre, cose argute<br />
81
delle seriche vesti e l’ostro e l’oro<br />
cantar le vi<strong>di</strong>, quanto ho qui raccolto:<br />
questa è la dolce cura e il grato suolo<br />
<strong>di</strong> chi formò non mai più interi canti<br />
che straccò dalla fama il grido e volo<br />
i chiari fregi e gli onorati vanti<br />
rammenti oggi sorelle il nostro duolo<br />
e viva il nome suo ne’ nostri pianti.<br />
Tanto fin qui riguardo il Borgetto.<br />
Seguitando poi il nostro assunto per quello riguarda il casale<br />
della Sicciara è da notarsi che fu desso sempre soggetto alla giuris<strong>di</strong>zione<br />
temporale, e molto più spirituale, della nostra città e<br />
suo rev.mo arciprete. I deputati nostri <strong>di</strong> annona esercitarono nei<br />
suoi tempi la visita dei generi comestibili e potabili. Il castellano<br />
ed in poi il giu<strong>di</strong>ce e regio capitano <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> vi amministrava<br />
e compartiva la giustizia, sì nel civile che nel criminale, ed il<br />
nostro arciprete riconosceva in suoi parrocchiani gli abitanti <strong>di</strong><br />
quella borgata, vi amministrava i sacramenti,<br />
73<br />
ne praticava la numerazione dell’anime e da esse ne ritraeva ogni<br />
anno la solita primizia.<br />
Adesso, per la mutazione del governo e per la nuova eretta Università,<br />
il tutto si amministra in quel casale dall’illustre generale<br />
Intendente sig. cavaliere Lioy e per esso riguardo all’annona dai<br />
nostri spettabili giurati da cui si eligono colà due deputati: riguardo<br />
alla giustizia dal giu<strong>di</strong>ce civile e Corte capitaniale <strong>di</strong> nostra<br />
città, e per quanto concerne lo spirituale resta questo liberato,<br />
separato e <strong>di</strong>smembrato da questa nostra ven. madre chiesa<br />
per quanto veniam <strong>di</strong> riferire.<br />
Implorata la Maestà del nostro amabilissimo sovrano Fer<strong>di</strong>nando,<br />
Dio guar<strong>di</strong>, da don Paolino Gesugrande <strong>di</strong> Palermo, possessore<br />
<strong>di</strong> due terze parti del territorio delle Balestrate, ossia del<br />
casale <strong>di</strong> suddetta Sicciara, come altresì dagli altri tenutari del<br />
territorio suddetto, abitanti colà al numero <strong>di</strong> 500 circa, affinché<br />
si fosse la Maestà Sua benignata <strong>di</strong>smembrare suddetto territorio<br />
e casale dalla soggezione spirituale ha sempre in esso tenuta il<br />
nostro rev.do arciprete, con ridursi in parrocchia la chiesa <strong>di</strong><br />
sant’Anna quivi esistente, eligendosi un serio rettore, ossia vicario<br />
curato, stante la lontananza da questa madre chiesa e per avere<br />
quell’anime un pabolo spirituale e l’amministrazione dei santi<br />
sagramenti, venne il Re nostro Signore, per effetto <strong>di</strong> sua pietà e<br />
regia clemenza, a menar buona l’inchiesta, e con suo regio biglietto<br />
dato in Palermo, <strong>di</strong>retto all’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara mons.<br />
82
don Orazio della Torre, de’ principi della Torre, sotto li 26 maggio<br />
1800, or<strong>di</strong>nogli l’erezione <strong>di</strong> suddetta nuova parrocchia e la<br />
<strong>di</strong>smembrazione da questa venerabile madre chiesa.<br />
In seguito a siffatta regia carta, il Prelato anzidetto eseguendo<br />
prontamente il comando reale, attenta la positiva urgenza spiritual<br />
<strong>di</strong> quell’anime, sciolse or<strong>di</strong>ne al nostro rev.mo Arciprete<br />
dottor don Vito Bordonaro, per via del suo vicario generale e visitatore<br />
degente in Palermo, don Agostinto canonico Cangemi,<br />
sotto li 16 agosto <strong>di</strong> detto anno 3 ind., 1800, registrato in questa<br />
Corte foranea li 25 <strong>di</strong> esso mese, in cui partecipava ed inibiva<br />
questo<br />
74<br />
nostro arciprete Bordonaro della sovrana risoluzione concernente<br />
la <strong>di</strong>smembrazione anzidetta e all’ugual tempo la esenzione <strong>di</strong><br />
quelle onze 12 annuali contribuiva quel casale all’arciprete, per<br />
ragion <strong>di</strong> primizia. Alla quale inibizione formale praticata da<br />
quesa Curia foranea, il rev. Di Bordonaro, arciprete rispose sul<br />
seguente tenore: Essere stata questa appunto la sua premura per<br />
il maggior vantaggio <strong>di</strong> quell’anime, onde volentieri ad<strong>di</strong>viene<br />
ad esentar quel casale e suo territorio dal pagamento delle primizia,<br />
cominciando dal raccolto del 1801 in poi, e ad erigersi la<br />
nuova parrocchia colle riserve volute da’ canoni a favore della<br />
parrocchia primiera e servata sempre l’identità dello stesso<br />
dritto <strong>di</strong> regio padronato. In <strong>Partinico</strong>, li 26 agosto 1800. Vito<br />
Bordonaro, arciprete.<br />
Dietro a tanta e<strong>di</strong>ficante risposta si devenne da quel zelante pastore<br />
per l’organo della sua Gran Corte, Vescovo <strong>di</strong> Mazara a<br />
sciorre le legali canoniche lettere ossiano bolle contenenti la <strong>di</strong>smembrazione<br />
surriferita <strong>di</strong> quel casale della Sicciara da questa<br />
nostra venerabile madre chiesa, sotto li 11 ottobre 4 ind. 1800,<br />
che registrate ed eseguite vennero da questa Corte foranea li 13<br />
novembre dell’anno stesso.<br />
Dal suddetto vescoval documento si rileva essere stata eretta <strong>di</strong><br />
già in parrocchia la chiesa <strong>di</strong> sant’Anna esiste alla Sicciara,<br />
d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Maestà, a ricorso del Gesugrande e commoranti<br />
<strong>di</strong> quel casale, per le necessità spirituali <strong>di</strong> sopra rapportate, come<br />
altresì <strong>di</strong> spettare l’elezione <strong>di</strong> quel rettore, o sia vicario curato<br />
e cappellano all’Or<strong>di</strong>nario monsignor Vescovo <strong>di</strong> Mazara e<br />
suoi successori in perpetuo, e del pari la dote costituita alla parrocchia<br />
anzidetta nell’annua somma <strong>di</strong> onze ottanta perpetue,<br />
contribuendo e pagando questa, cioè onze 36 in supplemento <strong>di</strong><br />
esse 80, dalla regia munificenza dello stesso piisimo Sovrano<br />
Fer<strong>di</strong>nando e del regio erario commendale dell’Abbazia <strong>di</strong> nostra<br />
83
75<br />
Signora d’Altofonte, onze 20 sopra l’azienda vescovile<br />
dell’istessa Mazara (giusta il regio anzidetto biglietto de’ 26<br />
maggio 1800) ed onze 24, cioè onze 12 dagli stessi abitanti della<br />
Balestrate, sotto la legge e con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> venir esenti <strong>di</strong> rispondere<br />
in futuro la primizia al nosto rev. arciprete <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> ed<br />
onze 12 dal succitato don Paolino Gesugrande ed altri compossessori<br />
del detto territorio della Sicciara. Con questo però che<br />
per la facile consecuzione <strong>di</strong> esse onze 24 in due partite promesse<br />
detto don Paolino particolarmente ed espressamente obbligossi<br />
all’annual adempimento, <strong>di</strong> terzo in terzo ovvero <strong>di</strong> mese in<br />
mese. Siccome del pari a proprie spese e <strong>di</strong> detti compossessori<br />
far gli ripari ed acconcimi necessari alla chiesa parrocchiale,<br />
suddetta cappella e case annesse alla medesima, giusta la mente<br />
dell’atto <strong>di</strong> obbligazione, stipulatone presso notar don Lorenzo<br />
Generale della dominante, sotto li 20 luglio del 1800. La regia<br />
munificenza poi, a parte <strong>di</strong> suddette onze 36 l’anno onde istituersi<br />
detta parrocchia, deliberò sborzare altre onze 150 per una<br />
sola volta per la costruzione (<strong>di</strong> già adempiuta) del sagro fonte<br />
battesimale, de’ sacri vasi e suppellettili necessari alla chiesa<br />
anzidetta e per l’amministrazione dei santi sacramenti. Dichiarandosi<br />
perfine dalla suddetta gran Corte vescovile, nelle accennate<br />
bolle le surriferite onze 80 annuali destinarsi cioè onze 30<br />
all’anno al rettore, ossia vicario curato <strong>di</strong> detta nuova parrocchia<br />
da esso vescovo eligendo, vale a <strong>di</strong>re onze 24 per la <strong>di</strong> lui congrua<br />
porzione ed onze 6 pel loero della casa <strong>di</strong> sua abitazione,<br />
onze 24 al cappellano <strong>di</strong> essa parrocchia, cioè onze 18 per salario<br />
ed onze 6 per limosina <strong>di</strong> tante messe da essolui celebrande a<br />
tarì 1.10 l’una, a seconda l’intenzione dei contribuenti, onze 6 al<br />
sagrestano per salario ed onze 20 per manutenimento delle lampade<br />
accese, cera, giogali ed utensili in servigio della stessa<br />
chiesa parrocchiale. Conchè dette onze 20 <strong>di</strong> dote particolar della<br />
chiesa si amministrassero sempre mai dal suddetto rettore o<br />
vicario curato (eligendo già dall’Or<strong>di</strong>nario) e da altri due deputati<br />
anche dal Vescovo eligen<strong>di</strong>, con renderne ogni anno<br />
76<br />
i conti al medesimo della eseguita erogazione. E intuitivamente<br />
frattanto all’esenzione della soggiogazione, separazione e <strong>di</strong>smembrazione<br />
suddetta, si prescrisse e decretò da quel Vescovo<br />
darsi in ogni anno e in perpetuo al nostro rev. arciprete <strong>di</strong> questa<br />
<strong>Partinico</strong> e suoi successori un cereo <strong>di</strong> peso <strong>di</strong> once tre, in giusto<br />
tributo e ossequio alla primiera parrocchia, nel dì della festa della<br />
Purificazione <strong>di</strong> Nostra Signora e in segno dell’antica sogge-<br />
84
zione, e ciò dal rev. rettore o vicario curato <strong>di</strong> quel casale e <strong>di</strong><br />
lui successori.<br />
Ed ecco com’è seguita la <strong>di</strong>smembrazione suddetta e già assistita<br />
quella nuova parrocchia da suo rettore o vicario curato, che ne<br />
riportò la prima elezione dal Vescovo <strong>di</strong> Mazara il rev. sac. don<br />
<strong>Giuseppe</strong> Burgio da Giancascio, con bolle date in Mazara, sotto<br />
li 13 <strong>di</strong> detto novembre 1800.<br />
Capitolo VII<br />
Strade suburbane <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, stato rurale della medesima città,<br />
continente il <strong>di</strong> lui moderno salmeggio, siccome i suoi possessori<br />
utili domini ed enfiteuti e quanto in esso Stato oggidì esiste<br />
d’anticaglie saracinesche, casini e chiese villerecce<br />
Duodeci sono le strade suburbane che partono e dan l’uscita dalla<br />
nostra città alla campagna e che rendono vieppiù adorna e <strong>di</strong>lettevole<br />
la medesima. Poche pari nel Regno, a sentimento comune,<br />
dar se ne possono che invitino al passeggio al <strong>di</strong>porto gli<br />
animi i più tristi, i più melanconici<br />
77<br />
sollevandoli al piacere ed insiememente allo ristoro delle fatiche<br />
da cui si trovi oppressa ed atte<strong>di</strong>ata la povera umanità.<br />
N’è la primiera quella resa <strong>di</strong> fresco carrozzabile, che dalla parte<br />
<strong>di</strong> oriente torcendo a dritta s’inoltra a levante esibendosi <strong>di</strong>rimpetto<br />
in poco più <strong>di</strong> mezzo miglio, lo rispettabile castello ossia<br />
casino appellato <strong>di</strong> Ramo (nome che assunse dal <strong>di</strong> lui autore<br />
don Francesco Ramo e non Ramirez, come altri credono, uomo<br />
pio e generoso, che nel principio del passato secolo se ne morì,<br />
donando la <strong>di</strong> lui libreria al nostro venerabile convento dei Cappuccini).<br />
Vaga ed amena è codesta possessione <strong>di</strong> spettanza oggigiorno<br />
dell’illustre don Antonino Stella e Valguarnera, duca <strong>di</strong><br />
Castel Mirto. Si ascende al casino anzidetto per una scalinata a<br />
due fughe, quale introduce ad un vasto terrazzo, girato intorno <strong>di</strong><br />
contornati balaustri in mezzo a cui si estolle il suddetto castello,<br />
<strong>di</strong> nobile piuttosto architettura e ricco al <strong>di</strong> dentro <strong>di</strong> non poche<br />
comode camere, a segno ché venne riconosciuto e capace e decente<br />
a potervi alloggiare S. E. il Principe <strong>di</strong> Caramanico, Viceré<br />
del nostro Regno, in un con tutto il suo equipaggio, in occasione<br />
<strong>di</strong> essersi l’anno 179 (sic) conferito nell’antica Segesta e quivi<br />
ammirarne l’ancora esistente rinomatissimo tempio. Presenta ben<br />
anco questa strada, a fianchi del riferito castello, la vaga presepiale<br />
veduta <strong>di</strong> alcune deliziose colline, attaccate dalla parte destra<br />
all’alte montagne delle Ciambre e Lingona nelle quai sorgo-<br />
85
no e’l romitaggio, un tempo del beato Majale, e l’altro con chiesetta<br />
della Madonna del Romitello, solitu<strong>di</strong>ne presceltavi il celebre<br />
poeta Merlin Coccai, ossia padre Teofilo mantovano, <strong>di</strong> cui<br />
parlammo nel precedene capitolo. Sparse si veggono e tappezzate<br />
l’anzidette montagne <strong>di</strong> ridente verzura e arborata, mista ad<br />
erte graziose pen<strong>di</strong>ci ed antri muscosi da cui sgorgano limpi<strong>di</strong>ssime<br />
vene d’acqua perenni, che irrigandole le fertilizzano e nobilitano<br />
grandemente. Alle falde <strong>di</strong> quelle erger si vede la grossa,<br />
sebbene bambina, terra del Borgetto, a cui conduce la strada<br />
istessa, e frattanto del passeggiere o del passeggiator chiunque<br />
sia al restituirsi dal suo <strong>di</strong>porto in città, comeché rivolto a <strong>di</strong>scendere<br />
gli spaziano dappoi gli sguar<strong>di</strong> giocondamene su la<br />
sterminata sottoposta pianura ricamata <strong>di</strong> ver<strong>di</strong> piante, <strong>di</strong> villerecci<br />
alberghi <strong>di</strong> torri saraci-<br />
78<br />
nesche in mezzo a cui vede alzar la città e chiude infine<br />
coll’orizzontal veduta del mar Tirreno, lungo le spiagge <strong>di</strong> san<br />
Cataldo, Trappeto Sicciara e Capo <strong>di</strong> San Vito in ben lunga <strong>di</strong>stanza.<br />
Pochi passi pria <strong>di</strong> inoltrarsi, il passagiere o passeggiatore nella<br />
strada anzidetta incontra a sinistra un arborato quadrivio, fianchegiato<br />
da se<strong>di</strong>li <strong>di</strong> forte pietra, lasciando a destra giù la città<br />
buona pezza <strong>di</strong> via, incontra e prosegue il suo corso piuttosto<br />
agevole e selciato per poco men <strong>di</strong> un miglio, che porta poi similmente<br />
alla surriferita terra del Borgetto. Va questa strada adorna<br />
dall’uno all’altro lato d’olmi, noci e <strong>di</strong> pioppi, or<strong>di</strong>natamente<br />
<strong>di</strong>sposti e <strong>di</strong> continuate spalliere <strong>di</strong> ver<strong>di</strong> landri, che in lor<br />
stagione il suo roseo colore <strong>di</strong>letta i riguardanti e chiudon finalmente<br />
sull’alto questo cammino due proporzionati pilastri, opera<br />
tutta e capriccio del rev. padre don Gesualdo <strong>di</strong> Santo Stefano,<br />
stato anni 24 ad<strong>di</strong>etro degnissimo rettore <strong>di</strong> quel paese.<br />
Ben larga e <strong>di</strong>lettevole nonché lunga n’è la terza, che in <strong>di</strong>rittura<br />
alla piazza esce e parte a ritrovar la terra <strong>di</strong> Montilepre, sparsa<br />
graziosamente per ogni dove d’olivari saracineschi, che in <strong>di</strong>stanza<br />
formano quasi un intricato boschetto. A sinistra pochi<br />
passi già scorsi e quasi un quarto <strong>di</strong> miglio, ne giace la casina<br />
denominata <strong>di</strong> Gambacorta ossia Raccuglia, accerchiata <strong>di</strong> muri,<br />
comoda e spaziosa all’interno, in cui avvi la sua chiesa, uno stagno<br />
con dell’acqua corrente, dentro al qual guizzano de’ pesci<br />
in<strong>di</strong>ani e nostrali e vi fiorisce del pari un ameno giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> portogalli,<br />
delle frutte e pergolati <strong>di</strong> scelte uve. Podere è questo <strong>di</strong><br />
spettanza oggidì della baronessa donna Maria Antonia Pucci,<br />
consorte del barone don Pietro Pucci, abitante palermitano. Si<br />
tralascia qui <strong>di</strong> annoverarsi gli ridenti viali si <strong>di</strong>ramano in cotal<br />
86
nobile possessione conducenti ad orti, giar<strong>di</strong>ni e luoghi deliziosi<br />
che ricreano colla soavità in sua stagione de’ fiori dell’arangi e<br />
d’altri alberi domestici e piante aromatiche de’ quali va straricca.<br />
79<br />
La quarta è quella che dal piano del convento de’ padri Cappuccini<br />
scorrendo <strong>di</strong>etro apre un bivio, il quale porta l’una strada<br />
nuovamente selciata al <strong>di</strong> sotto a destra pei giar<strong>di</strong>ni e conduce<br />
agiatamente, seguitando per ben due miglia circa, alle nobili<br />
possessioni dell’illustre Francesco Maria Emanuele, conte marchese<br />
<strong>di</strong> Villabianca, <strong>di</strong>nominate dell’Albragiara, Ramotta e<br />
Principe <strong>di</strong> Cutò; l’altra poi che scende dritta e ben anco <strong>di</strong> recente<br />
selciata porta agevolmente ai prossimi primo, secondo,<br />
terzo mulino <strong>di</strong> questa nostra regale Abbazia, tutti e tre dalla città<br />
non lungi che più <strong>di</strong> mezzo miglio, ed in<strong>di</strong>, in <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un<br />
miglio, incontra la casina e sua chiesa, rispettabili allora, ospizio<br />
degli espulsi Gesuiti, detta volgarmente li Parrini, oggi possessa<br />
co’ suoi poderi da <strong>di</strong>versi inquilini, che ne rispondono l’annuo<br />
canone alla nostra Abbazia ossia azienda.<br />
Per cotesti fon<strong>di</strong> cade in acconcio <strong>di</strong> rapportare all’eru<strong>di</strong>ta curiosità<br />
dei lettori le seguenti storiche cognizioni e frammenti.<br />
E’ antichissima la torre saracinesca esiste all’Albragiara,<br />
dall’arabico i<strong>di</strong>oma Hbaxara (a), in mezzo a varie case, cantine<br />
e stanze, formanti tutte una decente casina. Và dessa circondata<br />
da vigneti e d’un magnifico giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> agrumi, pomi, portogalli<br />
e <strong>di</strong>lettevoli, fiancheggiati d’arbori e spalliere <strong>di</strong> landri, con introspetti<br />
orizzonti <strong>di</strong> fabbriche villarecciamente pitturate e a <strong>di</strong><br />
cui piè giacciono de’ se<strong>di</strong>li a comodo dei passeggiatori. Và la<br />
possessione abbondante dell’acque condottevi dalla cura del<br />
provvido padrone. Portavi la medesima in vari muri eretti ad ornamento<br />
<strong>di</strong> essa delle <strong>di</strong>verse iscrizioni, parto del talento del<br />
prelodato Marchese che qui riferiam fedelmente:<br />
(a) porta in uno svolazzo marmoreo scolpito: saracenicum Habaxara nel <strong>di</strong> lei<br />
frontespizio<br />
80<br />
Nelle case dell’Albragiara:<br />
Quae modo frondosis nucibus via clau<strong>di</strong>tur unde<br />
grata sub arboribus gignitur umbra comis<br />
laetior et duplices nectens pro finibus aedes<br />
maius ab Emmanuel nomen adempta suo est<br />
87
88<br />
sic tibi iam fesso requiem dabit umbra viator<br />
utraque et hospitium proxima villa dabit.<br />
Anno Domini incaluit 1764 60<br />
Nel giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> detta Albragiara e in una lapide apposta alla peschiera:<br />
Effuso aere nimis, septem quaesita per annos<br />
centenos tandem vena cavatur aquae.<br />
Fontibus hinc habitis cum ter bibat omne virescens<br />
spicae, oleae et vites ter modo poma ferunt.<br />
Piscina inde subest, germinant viridaria ob undas<br />
quae feu<strong>di</strong>s complent gau<strong>di</strong>a, delicias.<br />
Pro te, o posteritas, res haec cumulantur in arvis<br />
hinc tibi post spectat quod meliora seras<br />
tertius Emmanuel Franciscus marchio quartus<br />
haec fecit gaudens magna de<strong>di</strong>sse suis<br />
Anno 1791 61<br />
Nella fonte della torre <strong>di</strong> Albragiara l’infrascritto <strong>di</strong>sticon:<br />
Ut purgentur lina, bibant animalia fontem<br />
si jaceo hic fluminis sic mihi jussit opus.<br />
1791 62<br />
Nel beveratoio del luogo <strong>di</strong> Cutò:<br />
81<br />
Sat foecunda oleis, sat pomis terra referta est<br />
cunctaque frondosis vitibus arva virent.<br />
Omnia quam bella deerat si rivus aquarum<br />
inriguis decorat fontibus Emanuel<br />
Anno 1764 63<br />
60<br />
Quella via fiancheggiata da noci frondosi, che porge lieta ombra sotto gli alberi<br />
ancor più festosamente collegale due <strong>di</strong>more e maggiore vanto ha conquistato<br />
col suo Emanuele e così darà riposo a te, stanco.viandante e la villa vicinati<br />
darà ospitalità. Nell’infuocato anno 1764<br />
61<br />
All’aria aperta finalmente sgorga una antica vena d’acqua attesa da sette<br />
anni. La presenza della fonte <strong>di</strong>sseta per tre volte ogni essere verdeggiante, le<br />
spighe, gli olivi, le viti adesso fruttificano tre volte. Vi è anche una peschiera, i<br />
giar<strong>di</strong>ni raddoppiano il loro prodotto perché irrorati. In tuo favore, o posterità<br />
tutto ciò si accumula nei campi, a te si ha riguardo, affinché possa coltivare<br />
ancora meglio. Tutto ciò ha realizzato il terzo Francesco Emanuele, quarto<br />
marchese, godendo <strong>di</strong> dare ai suoi. Anno 1791<br />
62<br />
Affinché si purifichino i panni e le bestie vengano a <strong>di</strong>ssetarsi. Se mi trovo<br />
qui è perché così ha voluto l’opera. 1791<br />
63<br />
La terra abbonda <strong>di</strong> olivi e <strong>di</strong> frutta, i campi verdeggiano per le viti frondose.<br />
Emanuele ha recato decoro con questi ruscelli. Anno 1764
Nella gebbia alla Ramotta:<br />
Limpha optata <strong>di</strong>u per nos post tempora surgit<br />
piscina hos hortos quos subit aucta rigat.<br />
Cum plantis hinc poma fluunt cum vitibus uvae<br />
quando ubi spinetum terraque limus erat. Anno 1789 64<br />
Nel giar<strong>di</strong>no grande del luogo della Ramotta:<br />
En nova fit Manuel turris qua poma tuantur<br />
sit specula in fures agricolaeque domus.<br />
A Paula et Manuel conduntur turris et horti<br />
fecit at is curis, alter et aere suo. Anno 1794 65<br />
Per quello riguarda poi la casina degli espulsi Gesuiti, ovvero<br />
luogo detto delli Parrini, occorre in quella un pro<strong>di</strong>gio, che credesi<br />
per opera del tanto servo <strong>di</strong> Dio padre Luigi Lanuza, rapportato<br />
nella sua vita scritta dal padre Michele Frazzetta, della stessa<br />
Compagnia <strong>di</strong> Gesù, stampata in Palermo al 1708, a foglio<br />
140, ed eccolo:<br />
Fra <strong>Giuseppe</strong> Cannella, sovraintendente alla casina suddetta, vide<br />
a sé una mattina venire un giovane d’aria gentile, ma in abito<br />
<strong>di</strong> marinaio, portante seco una cesta <strong>di</strong> quantità d’ottimi pesci<br />
per venderglieli, al che il fratello gesuita rispose <strong>di</strong> non averne<br />
bisogno. Il marinaio però gli soggiunse: no, fratello, comprateli,<br />
in fede mia, e assicuratevi che questa sera vi saran d’uopo, perché<br />
si porteranno qui alcuni vostri padri, né io domando altra<br />
paga da voi che un sol piccolo pane e questo fiaschetto ripien <strong>di</strong><br />
vino. Il Cannella, credendo e non credendo, accettò i pesci e, dato<br />
or<strong>di</strong>ne al suo garzone <strong>di</strong> dargli del pane e vino, salì le scale<br />
per prendere un mezzo scudo e darlo in prezzo de’ pesci e non<br />
profittar della generosità<br />
82<br />
del marinaio. Frattanto, ritornando il fratello col denaro alla mano<br />
e ricercando del marinaio, non fu possibile <strong>di</strong> ritrovarsi, perché<br />
<strong>di</strong>sparve, restando soprafatti e stupiti col fratello gli astanti<br />
tutti. Verificossi la sera l’accesso del prelodato padre Luigi La-<br />
64 La linfa da lungo tempo desiderata sgorga, la peschiera si accresce. Adesso<br />
la frutta abbonda sugli alberi e le uve nelle viti, qui dove la terra era fango e<br />
spine. Anno 1789<br />
65 Ecco che sorge una nuova torre, opera <strong>di</strong> Emanuele, a <strong>di</strong>fesa dei giar<strong>di</strong>ni:<br />
sia <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a verso i ladroni e casa per i conta<strong>di</strong>ni. Paola ed Emanuele creano<br />
la torre ed i giar<strong>di</strong>ni, l’una con sua cura, l’altro con sue spese. Anno 1794<br />
89
nuza a cui narrato l’occorso, questi rivolto al cielo, ringraziò Id<strong>di</strong>o<br />
della <strong>di</strong>vina providenza fatta precedere al <strong>di</strong> lui arrivo.<br />
La sesta strada detta dell’acqua longa o, come altri la chiamano,<br />
della Madonna del Lume, si è quella che dal portone della torre<br />
merlata, detta <strong>di</strong> Bisaccia, su la fine della strada grande <strong>di</strong> nostra<br />
città, oggi possessa dall’illustre don Pietro Bellaroto, marchese<br />
della Scala, in retaggio paterno. Scende essa ad oriente e torce<br />
quin<strong>di</strong> a sinistra a tramontana, chiudendola con una cappelletta<br />
in onore della Vergine del Lume, <strong>di</strong> cui si ne adotta il nome. E’<br />
agevole, larghissima ed arborata dal uno e l’altro lato, correndo<br />
quasi un miglio e dando a vedere in prospetto la marina <strong>di</strong> San<br />
Cataldo. Nella detta possessione del Bellaroto, in fine della città<br />
e in prospetto a levante, avvi una fontana che porta la infrascritta<br />
iscrizione:<br />
83<br />
90<br />
Latet hic regia munificentia illustri domini Bene<strong>di</strong><br />
cti Bellaroto, marchioni Scalae, baroni feudo<br />
rum Castellutiorum, Campileti et Grani unius<br />
pro qualibet tritici salma extraendo, ex<br />
principibus Alcarae ex baronibus feu<strong>di</strong> Mun<br />
ghi ac certo quodam canone pro se suisque<br />
donatus ab eodemque spectatissimo viro suo<br />
aere iniugem fontem huc usque transvectus<br />
et adornatus ad publicam utilitatem fecit, anno nostrae<br />
salutis MDCCLXXIV 66<br />
La settima è quella strada per cui si parte dal piano <strong>di</strong> Avellone e<br />
Russo (case amendue ben gran<strong>di</strong> e rispettabili oggidì in abbandono<br />
perché in fine dell’abitato) e scende a settentrione guardando<br />
la marina, a cui porta per mezzo a varii giar<strong>di</strong>ni.<br />
L’ottava è la strada volgarmente appellata della Madonna del<br />
Ponte, perché per essa si conduce la domenica in albis la nostra<br />
<strong>di</strong>vina Signora in città e nella sua regia madre chiesa ver le ore<br />
21 circa <strong>di</strong> ogn’anno dalla <strong>di</strong> lei campestre chiesa nella contrada<br />
del Ponte (da cui trasse la denominazione). In essa strada concorre<br />
l’intero <strong>di</strong>voto popolo partinicoto non meno che borgettano<br />
66 Qui la regia munificenza si cela all’illustre signore Benedetto Bellaroto, marchese<br />
della Scala, barone dei feu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Castelluzzi, Campolieto e del Grano,<br />
gravato dall’obbligo <strong>di</strong> estrarre un solo grano da ogni salma dai principi <strong>di</strong> Alcara<br />
e dai baroni del feudo Murghi e per un canone offerto per sé ed i suoi<br />
dallo stesso rispettabilissimo uomo che, a sue spese fece addurre l’acqua a<br />
questo fonte, ornandolo per la pubblica utilità. L’anno 1774
e forestiere ed è ammirevole la pia festiva gioia dell’incontro ed<br />
arrivo della sacra imagine in tela <strong>di</strong> sì celeste regina e madre nostra.<br />
Appena il suolo può occuparne il concorso, è inenarrabile il<br />
tripu<strong>di</strong>o ne fa la gente attaccatissima a sì gran Vergine, le lagrime<br />
<strong>di</strong> piacere che ne spremono gli occhi, gli replicati frequenti<br />
evviva, i continui <strong>di</strong>spari dei fucili e mortaretti, i concenti sonori<br />
che echeggiano da per tutto, la banda musicale e i pastorali<br />
strumenti da fiato che assordan l’aere, insomma l’universale<br />
contento che spira ognuno può esprimerlo soltanto chi è stato <strong>di</strong>voto<br />
spettatore <strong>di</strong> sì festevol giorno e <strong>di</strong> sì grato spettacolo, degno<br />
trionfo <strong>di</strong> nostra santa religione.<br />
Ed è la nona strada della Scalilla, che comodamene guida alla<br />
terra <strong>di</strong> Valguarnera Ragali, in<strong>di</strong> in Alcamo.<br />
E’ la decima quella in fine allo stradone del corso della nostra<br />
città, che torcendo a dritta intersica coll’anzidetta, che conduce<br />
alla Scalilla.<br />
La undecima strada parte d’innanzi la reale casina <strong>di</strong> Ballo, porge<br />
agli occhi dei passeggeri un prospetto orizzontale <strong>di</strong> teatral<br />
boschetto, vagamente intrecciato <strong>di</strong> olive saracinesche, qua e là<br />
sparse dall’arte con simetria, s’inoltra più addentro a libeccio a<br />
trovare a sinistra in poca <strong>di</strong>stanza<br />
84<br />
91
la nuova regal possessione e casino detta del Crocefisso in cui<br />
sorge la superba ammiranda regia cantina, eterno insigne monumento<br />
<strong>di</strong> eccellente architettura, che darà a vedere alla prosperità<br />
più remota la regale grandezza del nostro generoso Sovrano<br />
Fer<strong>di</strong>nando I (Dio ci conservi) e in faccia alla medesima casina<br />
verso oriente avvi una seconda brieve stra<strong>di</strong>cella, ma agiata, larga<br />
ed amena, che esce a scirocco e chiude alle falde della montagna<br />
della Baronessa, da cui sbocca in Santa Catrini.<br />
L’ultima finalmente do<strong>di</strong>cesima strada suburbana si è quella appunto<br />
che dalla piazza e sotto il campanile della nostra Madrice<br />
va <strong>di</strong>rettamente alla santa Croce esiste quivi alberata in una angusta<br />
pianura della Cubba, lungo la riferita montagna della Baronessa,<br />
ov’è il lago che serra dell’anguille e simili pesci<br />
d’acqua dolce, in solazzo della pesca regale, tanto cara<br />
all’amabilissimo nostro prelodato Monarca quando qui trovasi,<br />
ed in cui sorgono infinite vene <strong>di</strong> cristalline linfe, parte <strong>di</strong>scoverte<br />
e che hanno il loro corso nel fiume ossia vallone, in servigio<br />
<strong>di</strong> pulirsi le biancherie dalle lavandaie del paese e che poi,<br />
giunte in città, per sotterranei acquedotti, va a ritrovare i mulini<br />
che fa girare e parte resta imprigionata e <strong>di</strong>fesa da una gran cupola<br />
per guardarla dall’inclemenze dell’aria, acqua cotesta in<br />
gran copia e perenne destinata in uso della popolazione e fontane<br />
a cui perviene limpi<strong>di</strong>ssima e fresca per mezzo <strong>di</strong> sotterranei catusati.<br />
Descritte dunque <strong>di</strong> già le strade suburbane ridette, ch’escono alla<br />
campagna del nostro Stato, inoltriamo <strong>di</strong> grazia nell’interno <strong>di</strong><br />
esso.<br />
E’ questi consistente, senza abbaglio, <strong>di</strong> salme cinquemila e trecento<br />
<strong>di</strong> terre (comprese le balestrate) tutte occupate in vigneti,<br />
olivari saracineschi e <strong>di</strong> Mazara ed in giar<strong>di</strong>ni con orti, poche restandone<br />
boschigne<br />
85<br />
e inculte e poche altresì destinate al seminerio, e ciò giusta<br />
l’ultima cor<strong>di</strong>azione fattane in agosto 1800 gli regi agrimensori<br />
Giovanni e suo figlio don Salvatore Inga, nostri concitta<strong>di</strong>ni.<br />
In maggior parte vien desso territorio posseduto da varii utili<br />
dòmini ed in parte da <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>retti enfiteuti baziali, vale a <strong>di</strong>re<br />
in salme 2523.13.0.3, <strong>di</strong> cui consiste la piana ossia campagna<br />
nostra, e in salme 2776.2.3.1 il <strong>di</strong> lui bosco e ciò oltre il feudo <strong>di</strong><br />
Rapitalà, anticamente Abdellalì, consistente <strong>di</strong> salme 187.8 terre<br />
con case, che in detto anno 1800 dalla nostra azienda ossia real<br />
commenda alienato venne e venduto per onze 8.000 a don Natale<br />
Mignano, alias Manì, ed il <strong>di</strong> lui prezo suddetto surrogato in<br />
compra dell’in<strong>di</strong>gitata possessione del Crocefisso e luoghi ag-<br />
92
gregati, posseduti allora da <strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>vidui partinicoti. Cosicché<br />
in tutto poi il contado ossia territorio a partenente alla nostra<br />
Abbazia ovvero azienda assorbisce la quantità <strong>di</strong> salme 5487.8 a<br />
parte già del territorio del Parco.<br />
La <strong>di</strong>stribuzione poi del salmeggio delle terre suddette e i possessori<br />
ancora delle medesime eccoli qui brevemente accennati<br />
coi nomi peculiari dei luoghi e colle case, chiese campestri e torri<br />
saraceniche in alcuni <strong>di</strong> loro esistenti.<br />
Luoghi nella piana ossia campagna <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>:<br />
Margi sottani e soprani posseduti da <strong>di</strong>versi<br />
inquilini che ne rispondono il canone<br />
<strong>di</strong>rettamente alla reale azienda, in<br />
tutto<br />
Ramo possesso dal ven. monastero <strong>di</strong><br />
San Martino delle Scale <strong>di</strong> Palermo<br />
Capo d’acqua possesso da don Saverio<br />
Fazio, oggi real Commenda nostra<br />
Montagna della Baronessa, possessa<br />
dall’illustre<br />
donna Rosalia Ventimiglia, ossia Cesarò,<br />
oggi regia commenda nostra<br />
Crocefisso con casino e chiesa <strong>di</strong> suddetto<br />
Ventimiglia, oggi commenda<br />
Galeazzo con casa campestre <strong>di</strong> donna<br />
Maria Giar<strong>di</strong>na<br />
86 Giorgentana con casa e magnifica<br />
eco degli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Antonino Lo Jacono<br />
Torrisi soprano con casa e torre del<br />
ven. convento della Zisa fuori le porte<br />
della città <strong>di</strong> Palermo<br />
Nocilla con case <strong>di</strong>rute e mulino del<br />
ven. monastero <strong>di</strong> san Martino<br />
Galifi con case <strong>di</strong>rute del ven. monaste-<br />
ro <strong>di</strong> Monreale<br />
Marcianò Galifi con case <strong>di</strong>rute<br />
dell’ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> mastro Fedele e Lionardo<br />
Marcianò<br />
Albragiara Garofalo, principe <strong>di</strong> Cutò e<br />
Ramotta, con casini, torre, chiesa e magazzini<br />
da vino, dell’illustre don Franco<br />
Maria Emanuele, conte marchese <strong>di</strong><br />
Villabianca<br />
Mezzavilla, Bracco e Conti con case e<br />
torre dell’ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> don Domenico Parisi<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
salme<br />
500<br />
70.8<br />
8.13<br />
32<br />
28.4<br />
60.4<br />
7.13<br />
41.13<br />
3.2<br />
4.10.3<br />
5.8<br />
159.5<br />
44.8<br />
93
Raccuglia, con casino case, torre e<br />
chiesa del barone don Pietro e donna<br />
Maria Antonia Puccio e Raccuglia<br />
Pollastra con torre dell’illustre donna<br />
salme<br />
36<br />
Antonia Tomasi<br />
Parrini ossia gesuiti, oggi regia Corte<br />
per l’azienda gesuitica con torre, case,<br />
salme 28.10<br />
cantine e chiesa<br />
Piano del Re, Giannella, con case e torre<br />
antichissima del barone don Pietro<br />
salme 163.8.2<br />
Di Miceli<br />
Ballo e Sovaro, con casina reale, magazzini,<br />
officina, chiesa e torre, come<br />
ancora il castellaccio in mezzo Ballo e<br />
Crocefisso, oggi del nostro amabilissi-<br />
salme 52.12.3<br />
mo Sovrano ossia commenda<br />
Bisaccia con torre e case e chiesa<br />
dell’illustre don Pietro marchese Bella-<br />
salme 11.9.3<br />
roto<br />
San Carlo, case e torre, oggi del mona-<br />
salme<br />
79.2<br />
stero <strong>di</strong> San Carlo<br />
Ba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> san Castro ossia san Castrense<br />
salme<br />
33.6<br />
<strong>di</strong> Monreale con case e torre<br />
Ba<strong>di</strong>otta del suddetto monastero <strong>di</strong><br />
salme 16.1.1<br />
Monreale<br />
Milioti, con case e torre del reverendo<br />
salme 5.10.2<br />
don Girolamo Di Leo e Milioti<br />
San Cataldo, Balestrate, con antica rinnovata<br />
chiesa <strong>di</strong> questo nome, taverna e<br />
salme<br />
18.8<br />
mulino <strong>di</strong> detto barone Miceli<br />
87 Trappeto Balestrate <strong>di</strong> suddetto <strong>di</strong><br />
Miceli, sobborgo nostro con casale e<br />
salme<br />
55<br />
chiesa<br />
San Francesco Di Paola ossia Seregnano,<br />
con torre e casino del del barone<br />
salme<br />
100<br />
don Gerolamo Seregnano e Crapanzano<br />
Ba<strong>di</strong>otta del monastero <strong>di</strong> san Castrense<br />
salme<br />
55<br />
<strong>di</strong> Monreale<br />
Pagino sottano del marchese <strong>di</strong> Savo-<br />
salme<br />
15<br />
chetta don Girolamo Garzia Fernandez<br />
Bisignano con casino <strong>di</strong> detto <strong>di</strong> Savo-<br />
salme<br />
15.4<br />
chetta<br />
salme 20.15<br />
Carrozza della Zisa, con case e torre salme 32.12<br />
Torrisi sottano <strong>di</strong> detta Zisa<br />
San <strong>Giuseppe</strong>, cioè Pellizza, Ogliastro<br />
e Framisteri, con casino, case, chiesa<br />
94<br />
salme 28
<strong>di</strong>ruta e torre del barone della Leggia<br />
don Giovanni Michele De Francisco<br />
Carrozza <strong>di</strong> Pollastra, con case e torre<br />
salme 54.2.3<br />
dell’illustre donna Antonia Tomasi<br />
Giambruno, Raccugli, Federico, Santa<br />
Catrini e Lenzotti, in varie parti con casino,<br />
case, torre e chiesa dell’illustre<br />
don Franco Simone Tarallo duca della<br />
salme 15.10<br />
Miraglia e Ferla<br />
Piano d’ Inferno, Balestrate, con case e<br />
salme 247.3<br />
torre <strong>di</strong> detto Illustre duca Tarallo salme<br />
60<br />
Spadafora con casino e torre<br />
dell’illustre duca <strong>di</strong> Sperlinga don<br />
Francesco Oneto<br />
Timpanelli del barone del Prano don<br />
salme 75.8.3<br />
Benedetto Barone e Godano<br />
salme<br />
8.13<br />
Corso <strong>di</strong> suddetto <strong>di</strong> Barone salme 37<br />
Giannella del dr. Domenico Puma<br />
Giannella del ven. Spedale dell’infermi<br />
salme 1.9.2<br />
<strong>di</strong> nostra città<br />
Cicale, Bellacera, Cannizzaro, Gencoria<br />
e Ponti, con casino, case, torri e chiesa<br />
degli ere<strong>di</strong> del barone don Andrea Gal-<br />
salme<br />
2.9<br />
lo<br />
Randazzo con case e torre del ven. no-<br />
salme 185.15<br />
stro convento del Carmine<br />
Monacelli con case e chiesa dell’ere<strong>di</strong><br />
salme<br />
15<br />
<strong>di</strong> notar don Diego 88 Speciale<br />
Mottola con case e torre <strong>di</strong> don Salva-<br />
salme 25.8.1<br />
tore Mottola<br />
Rognone ossia Randazzo <strong>di</strong> Giulia Ar-<br />
salme<br />
33.6<br />
tesi<br />
salme 8.10.2.3<br />
Carrozza dell’Abbazia con case e torre salme 3.5.2<br />
Carrozza <strong>di</strong> Parisi<br />
Credenziero con case <strong>di</strong>rute del ven<br />
salme 6.2.3<br />
convento de’ Benfratelli <strong>di</strong> Palermo salme<br />
8.6.2<br />
Piana ossia campagna<br />
Bosco <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> possesso tanto da<br />
naturali che in maggior parte dagli alcamesi,<br />
che <strong>di</strong>rettamente ne rispondono<br />
il loro annuo canone all’Abbazia ossia<br />
reale azienda, nei luoghi rispettivi de’<br />
quali esistono vaghi casini, cantine da<br />
vino, trappeti da oglio, giar<strong>di</strong>netti,<br />
chiese ed alcune torri ben anco saraceniche,<br />
tutti per lo più cotesti luoghi spisalme<br />
2523.13.0.3<br />
95
ano amenità e vi si <strong>di</strong>portano in villeggiatura<br />
i padroni, massime alcamesi<br />
nell’autunno, ascendenti le loro terre in<br />
tutto a<br />
2776.2.3.1<br />
In tutto salme 5300<br />
Alle quali terre che formano il territorio baziale <strong>di</strong> nostra città<br />
aggiontevi quelle del feudo <strong>di</strong> Rapitalà, oggi non più della nostra<br />
azienda perché alienato al suddetto <strong>di</strong> Mignano salme 187.8<br />
In tutto dunque costa effettivamente il contado surriferito<br />
<strong>di</strong> salme 5487.8.<br />
Oltre salme 388 Parco Vecchio ossia Parco Reale vicino la Piana<br />
dei Greci possesso da don Camillo <strong>di</strong> Gregorio, enfiteuta<br />
dell’Abbazia che pretende essere nel territorio <strong>di</strong> Monreale,<br />
quando è inviscerata nel territorio <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
Le torri e castella saracineschi che ci avvanzano nel territorio<br />
assorbiscono il numero <strong>di</strong> ventisei e cioè: Bragiara (sic), Antiochia<br />
presso Pollastra, Bracco, Carrozza, Castellaccio, Santa Catrini,<br />
Cicala, Gesuiti ossia Parrini, Giambruno, Giorgentana,<br />
<strong>Giuseppe</strong>, Ponte Milioto, Passo <strong>di</strong> Conti, Raccuglia, Crocefisso,<br />
Federico, Rapitalà, Ramotta, Spadafora, Torre del Re, che si<br />
crede <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a dell’antica città <strong>di</strong> Elima e soggiorno per la<br />
caccia dei Re <strong>di</strong> Sicilia, Rognone, Solitano, Trappeto e Torrisi<br />
oggi del rev. don Martino Mattina, in tutto<br />
n. 26<br />
oltre le 12 che ci avanzano in città, fanno in tutto il n. 38<br />
89<br />
96<br />
Capitolo VIII<br />
Fiumi, fonti d’acque, mulini, cartiere, stazzoni, trappeti, mangani<br />
da seta, tonnare e laghi <strong>di</strong> pesci d’acqua dolce, che si trovano<br />
nella città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e suo territorio e <strong>di</strong> lui produzioni.<br />
Propriamente son cinque i fiumi che scorrendo nobilitano fertilizando<br />
la nostra piana e campagna <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, tuttoché molti<br />
apparissero pe’ molti e vari nomi adottano dalle <strong>di</strong>verse contrade<br />
e mulini per cui passano pria <strong>di</strong> metter la loro foce e internarsi<br />
nel mare.<br />
Il primato lo gode senza meno l’antichissimo e sempre mai perenne<br />
regal fiume <strong>di</strong> Jato. Nasce cotesto tra Leto 67 , castello un<br />
tempo, oggidì rovinato a la Scala del Palazzo 68 da una fonte chiamata<br />
Cannavera e tosto comincia a ingrossarsi per l’acque del<br />
67 Qui l’autore fa riferimento a quanto riportato dal Fazello. Leto è Jeto (Jato).<br />
68 Lungo la Regia Trazzera della Cannavera in corrispondenza delle case della Procura.
fonte Bizzolo 69 , in<strong>di</strong> per quelle <strong>di</strong> Chisa 70 , le quali scaturendo in<br />
alcune caverne s’impietriscono e con esse si congiunge la fonte<br />
della Ginestra, che sbocca dalla montagna della Chiusa e feudo<br />
dell’istesso nome Ginestra da levante a ponente, sotto la modernissima<br />
terra delli Mortilli ossia San <strong>Giuseppe</strong>, <strong>di</strong> pertinenza del<br />
marchese della Sambuca. Coteste fontane tutte riunendosi a piè<br />
del monte, nel feudo <strong>di</strong> Jato, territorio <strong>di</strong> Monreale, formano il<br />
fiume anzidetto, così vasto e sì grosso che volge il mulino quivi<br />
esistente, da cui piglia il nome, il quale si lascia egli a destra la<br />
rocca <strong>di</strong> Mirabella, in<strong>di</strong> lontano ben quattro miglia riceve nel<br />
corso l’acque del fiume Balletto, che scaturisce nel feudo <strong>di</strong> tal<br />
nome e vede in passando il rovinato antichissimo Castel <strong>di</strong> Lisia<br />
71 , posto appiè del colle, passa per altri feu<strong>di</strong> <strong>di</strong> detto territorio<br />
<strong>di</strong> Monreale, in<strong>di</strong> entra nel nostro contado ba<strong>di</strong>ale e poi in<br />
Tauro 72 (già stato castello saracinesco) sotto la terra <strong>di</strong> Valguarnera<br />
Ragali<br />
90<br />
verso Alcamo e con ciò prende ancora la denominazione <strong>di</strong> Tauro,<br />
scorrendo sotto un magnifico ben premunito ponte e s’inoltra<br />
a trovar altro ponte ben grande nella contrada che da esso adotta<br />
il nome dalla chiesa campestre <strong>di</strong> Nostra Signora e Avvocata<br />
Maria Santissima e finalmente si scarica e mette foce alla Mangiona,<br />
s’interna nel mar Tirreno in mezzo ai scari, ossiano littorali<br />
del Trappeto e Sicciara, che massime in tempo del verno si<br />
può soltanto valicare con della barca a tal uopo destinata (a).<br />
E’ Renda l’altro fiume, che piglia vari nomi dalle varie contrade<br />
per cui scorre. Egli è men ragguardevole del Jato, la fonte <strong>di</strong> costui<br />
ci è affatto ignorata, tant’è che si vede scaturire dalla parte<br />
<strong>di</strong> levante e dalla contrada <strong>di</strong> Renda (che gli presta il primo nome)<br />
in mezzo alle altissime montagne <strong>di</strong> Sagana (possessione<br />
adesso <strong>di</strong> sua Altezza il Principe ere<strong>di</strong>tario Francesco Gennaro) e<br />
giù la nuova strada carrozzabile <strong>di</strong> Palermo. Si precipita pel vallone<br />
<strong>di</strong> Simone, sbocca ai mulini della Nucilla, che fa girare e<br />
lavorare insiememente il paratore, fabbrica così detta, in cui fan<br />
degli albraggi, vale a <strong>di</strong>re rozzi panni e grossolani <strong>di</strong> lane nere e<br />
bianche per uso <strong>di</strong> gente villica; si volta a settentrione e internandosi<br />
nel mulino della cartiera, sotto la picciola terra dei<br />
Giar<strong>di</strong>nelli, si volge a Passo <strong>di</strong> Conti e scende nel luogo delli<br />
Cuti, assumendo cotal nome e quivi ritrovando un mulino, fa che<br />
69<br />
Il fonte Bizzolo, sempre riportato dal Fazello non ha mai trovato una sua precisa collocazione.<br />
70<br />
Probabilmente Chiusa<br />
71<br />
Il Fazello riporta Gisia (Disisa?)<br />
72 Tajuro<br />
97
lavori e poi si avanza mettendo foce nello scaro <strong>di</strong> San Cataldo,<br />
<strong>di</strong> cui adotta l’ultimo nome e si abbandona nel mare, ivi trovando<br />
un vastissimo seno ricco <strong>di</strong> pesci denaro, del quale in prima si<br />
scorgevano delle rovine gran<strong>di</strong>ssime <strong>di</strong> una fortezza, stata anticamente<br />
e<strong>di</strong>ficata in guar<strong>di</strong>a del littorale istesso e sua riviera.<br />
Appresso a questo luogo eranvi delle molte cavernette allora nei<br />
tempi antichi accomodate con alquante finestre<br />
(a) Fazello<br />
91<br />
guardanti il mare, dove poteasi agevolmente abitare e si può verisimilmente<br />
credere che quinci stessero coloro ch’erano destinati<br />
alla custo<strong>di</strong>a e che spiavano l’arrivo de’ nemici, donde anche<br />
gli potevano offendere quando fussegli bisognato e un mezzo<br />
miglio poi da qui <strong>di</strong>stante si trova la fonte del Re cotanto antica,<br />
come <strong>di</strong>remo appresso (a).<br />
Il terzo è il Cirasella, che in prima porta il nome della sconfitta<br />
(forse da una qualche scaramuccia o battaglia ivi datasi nei tempi<br />
oscuri). Nasce questo in larga vena dal feudo <strong>di</strong> Mirto e Valle<br />
d’Olmo, poderi dell’illustre duca <strong>di</strong> Castel Mirto, don Antonino<br />
Stella e Valguarnera, cioè 15 teste dai casalini <strong>di</strong> esso fondo ed<br />
una da detta valle. Quest’acqua sì abbondante, lavorando il paratore<br />
e volgendo il mulino <strong>di</strong> detto Mirto, si bipartisce quin<strong>di</strong> in<br />
due corsi: l’uno piglia la <strong>di</strong>rezione per la contrada della Sconfitta,<br />
passa alla Giorgentana, in cui s’ingrossa da una fonte ivi perenne,<br />
s’inoltra nel luogo <strong>di</strong> Carrozza, incontrando delle nuove<br />
vene d’acqua, entra in quello <strong>di</strong> San Francesco <strong>di</strong> Paola ossia Seregnano,<br />
in cui prende forze maggiori per altre acque che acquista,<br />
siccome in quell’altro <strong>di</strong> San <strong>Giuseppe</strong> e <strong>di</strong> lui grotta e va<br />
poscia a far girare il mulino <strong>di</strong> Cerasella e’l paratore colà esistenti,<br />
da cui sboccando tra il menzo delle contrade <strong>di</strong> Alvini e<br />
Ciaramita, si perde in mare poco lungi da San Cataldo. L’altro<br />
corso poi dello restante <strong>di</strong> suddetta acqua e in maggior copia del<br />
Cirasella, passa e s’interna nel luogo <strong>di</strong> Ballo 73 , adesso real villa,<br />
uscendo nel piano della Cubba e sotto il lago <strong>di</strong> essa intersica<br />
col fiume della medesima e, resosi grosso bastante, dopo <strong>di</strong> aver<br />
servito alle lavandaie della città per pulire le biancherie e imbianchir<br />
le tele, per acquedotti sotterranei esce a far girare i tre<br />
mulini della nostra azienda, lungo il convento de’ Cappuccini,<br />
in<strong>di</strong> poi nel tempo estivo serve ad inaffiare i giar<strong>di</strong>ni, gli orti e<br />
73 L’esatto corso <strong>di</strong> questo braccio dell’acqua <strong>di</strong> Mirto è rilevabile in una carta dell’Ufficio<br />
Topografico del Regno <strong>di</strong> Napoli dell’anno 1851 che riportiamo nella pagina successiva.<br />
98
le innumerevoli nogare <strong>di</strong> milloni, sino a che arriva a concentrarsi<br />
nel mare <strong>di</strong> San Cataldo.<br />
(a) Fazello, Decade I, libro 7 foglio 141 e 142<br />
92<br />
Pratti si è il quarto fiume, che dalla montagna delle Ciambre, sovrapposta<br />
alla terra del Borgetto, in cui ha la sua fonte a levante,<br />
si precipita e viene a sboccare verso sirocco, lungo il casino e<br />
castello <strong>di</strong> Ramo, scorrendo sotto <strong>di</strong> un ponte ivi eretto modernamene,<br />
a comodo della strada carrozzabile <strong>di</strong> Palermo, si avvanza<br />
a trovare altro ponte più antico, ma dappoco, in menzo la<br />
vecchia strada, che va al Borgetto, esce e s’interna nel luogo <strong>di</strong><br />
Gambacurta overo Raccuglia, in quello dell’Albragiara, tragitta<br />
il passo <strong>di</strong> Gallo, torce su quasi la casina un tempo de’ gesuiti e<br />
ritorce a tramontana a sboccare ne lo mare e scaro <strong>di</strong> San Cataldo,<br />
unendosi pria col Renda nella contrada della Coda della Volpe<br />
74 .<br />
Ed è il quinto il fiume del Borgetto, il quale scende dalla montagna<br />
detta la Carrubella, su la riferita terra del Borgetto, e forse è<br />
un rivolo dependente dalla fonte <strong>di</strong> Pratti. Scorre questi verso<br />
occidente, congiungendosi col detto fiume <strong>di</strong> Pratti nel luogo <strong>di</strong><br />
74 In Sicilia sono numerose le contrade “Coda <strong>di</strong> Volpe”. Prendono nome da un’erba chiamata<br />
appunto Coda <strong>di</strong> Volpe (alopecurus pratensis) detta anche Fanusu o, ancora, erba<br />
mazzulina.<br />
99
100
Ramo, pria d’arrivare al ponte della detta strada vecchia del<br />
Borgetto, prosieguono in<strong>di</strong> amendue sotto unico torrente il loro<br />
corso sino a mettere la loro foce in San Cataldo, come si è detto<br />
del riferito Pratti.<br />
E ciò a parte <strong>di</strong> molti altri torrenti, volgarmente detti valloni,<br />
che si tralasciano <strong>di</strong> annoverare in grazia della brevità e perché<br />
<strong>di</strong> fatti non sono ragguardevoli a segno da farcene carico.<br />
Gli effettivi mulini poi, che sorgono nel nostro contado ba<strong>di</strong>ale e<br />
che ad esso in parte a partengono sono i seguenti, quali tutti<br />
vengono girati dall’acque degli anzidetti fiumi:<br />
il mulino che anticamente e sino al 1646 si serviva questa nostra<br />
popolazione era quello dappoi denominato sino ai dì nostri del<br />
Molinello. Esistea questo in fine dell’abitato ad oriente e<br />
all’impresso oggidì del luogo <strong>di</strong> Gambacurta, che da esso viene<br />
ora tal contrada il nome <strong>di</strong> Molinello<br />
93<br />
Di tal mulino ne esistì sino a pochi anni ad<strong>di</strong>etro l’avanzo <strong>di</strong> una<br />
sola casetta, che servì per arbitrio ossia fabrica <strong>di</strong> polvere da<br />
fuoco e ben anco per luogo <strong>di</strong> mangano, ordegni da caldaia e<br />
ruota da estrar dal verme la seta. Tenea il corso il fiume della<br />
Cubba, che volgea detto mulino, per menzo l’attual piazza e<br />
s’inoltrava a trovar detta contrada <strong>di</strong> Raccuglia ossia Gambacurta,<br />
da cui sboccando nel vallone <strong>di</strong> esso Raccuglia, <strong>di</strong>etro varie<br />
giravolte, andava a perdersi in mare.<br />
101
Resa più grossa la popolazione nel principio del 1646, si penzò<br />
dall’abbate <strong>di</strong> fabbricare altro più grande corrispondente mulino,<br />
egli fu quello appunto ch’oggi esiste nel menzo, cioè del primo e<br />
del terzo de’ nostri o<strong>di</strong>erni tre mulini.Trascorsi in<strong>di</strong> degli anni e<br />
su la fine dello stesso secolo (abbandonato il vecchio Molinello),<br />
bisognevole il paese <strong>di</strong> un secondo, vi fu aggionto quell’altro,<br />
che portò il nome dell’ultimo Mulino.<br />
Nel 1767 poi, ad insinuazione <strong>di</strong> mastro Geronimo Finazzo, ingran<strong>di</strong>ta<br />
<strong>di</strong> molto la popolazione e la gente, d’or<strong>di</strong>ne della Maestà<br />
Sua Fer<strong>di</strong>nando, si eresse il terzo ossia l’o<strong>di</strong>erno primo mulino<br />
(sebbene ne contenga due e quin<strong>di</strong> è che lavora sempre mai) e<br />
ciò con l’acque della Cubba e Mirto e Valle d’Olmo, guidate per<br />
sotterranei acquedotti, e coll’occasione <strong>di</strong> cavar questi furono<br />
dagli operari ritrovati dei <strong>di</strong>versi corpi ed ossa giganteschi e saracenici.<br />
Dio però perdoni il Finazzo! Giacché la costruzione <strong>di</strong><br />
un tal mulino e l’imperizia <strong>di</strong> quei ingegnieri partorirono lo stravisamento<br />
<strong>di</strong> quella parte <strong>di</strong> città, in menzo a cui bisognarono<br />
alzarsi delli muri, detti volgarmente saitte per portare in alto<br />
l’acque surriferite, e tante delle volte si generavano delle laterali<br />
palu<strong>di</strong>, causa forse <strong>di</strong> render l’aria poco sana della città. Non è<br />
da omettersi la providenza legale data dall’illustre commendatore<br />
Troisi, con <strong>di</strong>sposizione del 20 luglio 1800 passato e registrata<br />
in questa Curia civile li 26 d’esso mese: si or<strong>di</strong>na in esso e si<br />
stabilisce che i molinari e arrendatari de’ nostri mulini debban<br />
dar l’acqua ai gia<strong>di</strong>nari ed ortolani del territorio nel tempo estivo<br />
per tutti quei mesi appunto ne’ quali l’han goduto da un recente<br />
decennio, fuori però dell’inverno e ciò nonostante qualunque<br />
<strong>di</strong>fferente patto stabilito e convenuto nel contratto del 1795<br />
tra l’illustre duca allora <strong>di</strong> Castelmirto e Gaspare Ficarro, fittaiolo<br />
<strong>di</strong> acqua.<br />
N’è il quarto il mulino detto delli Cuti <strong>di</strong> spettanza degli ere<strong>di</strong><br />
del dr. don Domenico Barone Parisi, tre miglia<br />
94<br />
lungi dalla nostra città, in cui or<strong>di</strong>nariamente si servono le vicine<br />
terre <strong>di</strong> Favarotta e Cinisi.<br />
Il quinto è quello <strong>di</strong> Cirasella, anche tre miglia lontano, che appartiene<br />
al barone della Leggia, don Giovanni Michele De Francisco<br />
.<br />
Il sesto il mulinello <strong>di</strong> San Cataldo dell’ugual sopradetta <strong>di</strong>stanza<br />
e proprio del barone don (sic) Di Stefano.<br />
Il settimo quello della Madonna del Ponte, sei miglia da noi lontano,<br />
<strong>di</strong> pertinenza del barone don Antonio Morfino e La Via.<br />
L’ottavo finalmente è il Tauro, che serve a varie esterne città,<br />
come Alcamo, i feu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Monreale, la terra <strong>di</strong> Valguarnera Raga-<br />
102
li e tant’altre, e spetta al barone <strong>di</strong> sant’Anna d’Alcamo, don<br />
<strong>Giuseppe</strong> Maria Triolo e Galifi, tre miglia e menzo lungi la città<br />
nostra.<br />
Le fonti, sorgive e pozzi che danno perennemente dell’acqua alla<br />
città non meno che al territorio sono dessi innumerevoli e <strong>di</strong>fficilmente<br />
posson tutti con <strong>di</strong>stinzione annoverarsi senza ristuccar<br />
gli lettori. A parte dunque delle cinque fontane che saziano i citta<strong>di</strong>ni<br />
pubblicamente nell’interno dell’abitato, nonché i <strong>di</strong> loro<br />
armenti, sonovi in considerevole copia dei pozzi nelle rispettive<br />
case e quasi potrebbe con franchezza asserirsi non esservi albergo<br />
che ne vada esente. La piana poi ed il bosco senza fallo abbonda<br />
infinitamente <strong>di</strong> vene, rivoli, sorgive e fontanelle nonché<br />
<strong>di</strong> pozzi ancora, a segno ché <strong>di</strong> rado si trovi una contrada, un podere<br />
che men<strong>di</strong>cassse dell’acqua. La maggiore però fra tutte si è<br />
quella che scaturisce nel delizioso luogo <strong>di</strong> Cappello, rispettabile<br />
possessione del barone don Nicola<br />
95<br />
dr. Pastori alcamese, che arrivò per menzo dell’arte ad unirne<br />
molte vene e renderla corrente, stringendola in stagni e fontane e<br />
destinarla ad irrigar de’ bellissimi orti e giar<strong>di</strong>ni, piantati e coltivati<br />
da quell’accorto e provvido padrone, che seppe unire<br />
all’utile lo <strong>di</strong>lettevole, sendo ripieni d’insigni alberi <strong>di</strong> pomi,<br />
pruni, peri, melogranati, portogalli, limoni e d’ogni altro particolare<br />
genere <strong>di</strong> squisite frutta. Ma <strong>di</strong> tutte poi coteste fontane,<br />
vaglia la verità, ne ha il primo vanto e l’ha tenuto ben anco nei<br />
tempi oscuri quella indeficiente mai sempre denominata del Re,<br />
quale nasce presso l’antica gran torre, che la segnalisce e <strong>di</strong>stingue<br />
fra tante l’istesso nome regale, esistente del pari nel luogo<br />
della medesima denominazione del Re, lungo alquanto lo scaro e<br />
chiesa <strong>di</strong> San Cataldo, che sgorga delle generose limpi<strong>di</strong>ssime<br />
acque, abbeverando e saziando tutti i <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> quel fertilissimo<br />
paese (a).<br />
Sono <strong>di</strong>verse e in <strong>di</strong>verse tenute del territorio nostro le fabriche,<br />
ovvero arbitrii, a varie cose destinati, infiniti (per così <strong>di</strong>re) i<br />
torchi volgarmente appellati stringitori da spremer l’uva, (oltre<br />
gl’infiniti esistono nella città e suborghi), molti trappeti da olio<br />
<strong>di</strong> olivo e lino, a parte <strong>di</strong> quei numero sette nella città, che inservono<br />
pubblicamente a comodo <strong>di</strong> tutti, cioè quello dei fratelli<br />
don Nicola e don Luigi Minore, nel quartiere dell’Agonizzanti,<br />
l’altro <strong>di</strong> don Antonio Ragona, nel suo terreno e quartiere <strong>di</strong> San<br />
<strong>Giuseppe</strong>, quello del dottor don Domenico Puma, nel piano del<br />
Collegio <strong>di</strong> Maria, quell’altro <strong>di</strong> don <strong>Giuseppe</strong> Zaccaria, nel<br />
quartiere <strong>di</strong> don Domenico Sapienza, alla fine dello stradone, il<br />
quinto <strong>di</strong> don Domenico Ran<strong>di</strong>si, nel quartiere de lo Presti, il se-<br />
103
sto <strong>di</strong> mastro <strong>Giuseppe</strong> Patti, nel quartiere <strong>di</strong> Bisazza ed il settimo<br />
del marchese don Pietro Bellaroto, in detto quartiere e dentro<br />
il recinto e case della torre del medesimo.<br />
(a) Fazello, Deca 1, fol. 142, libro 7<br />
96<br />
V’ha similmente l’ordegno da estrar le sete dal verme detto il<br />
mangano, in fine dell’abitato e in principio del luogo del capo<br />
d’acqua. Sino a <strong>di</strong>eci anni sono esisteano e lavoravano della carta<br />
da straccio due cartiere nella contrada <strong>di</strong> San Francesco <strong>di</strong> Paola,<br />
appartenente a donna Palmina Seregnano e Crapanzano<br />
(oggi l’una <strong>di</strong>strutta e l’altra lavora delle lane <strong>di</strong> albraggio, detta<br />
il paratore <strong>di</strong> Seregnano). Giace questo arbitrio presso la collina<br />
detta del Re Cucco; è dessa tutta ingombra <strong>di</strong> edere e <strong>di</strong> fichi<br />
d’In<strong>di</strong>a, si aprono ai <strong>di</strong> lei fianchi vaste bocche d’orride caverne<br />
quali si stradano in vastissimi sotterranei. Quivi vuole l’antica<br />
superstiziosa ignoranza del vulgo che vi siano de’ nascosti tesori<br />
impossessati da’ spirti infernali e giunge a segno la guasta fantasia<br />
<strong>di</strong> codesti avi<strong>di</strong> creduli ad assicurare altrui costantemente aver<br />
u<strong>di</strong>to e veduto colà dell’urli, strida e gemiti e dei spettri e<br />
larve terribili. Fanvi frattanto in esse gli uccelli <strong>di</strong> rapina i loro<br />
ni<strong>di</strong> ed è altresì lo ricovro degli altri <strong>di</strong> passa in <strong>di</strong>fferenti stagioni,<br />
partendo da libeccio per in<strong>di</strong> avvanzarsi a ritrovar altro asilo<br />
a greco su’ le vette della montagna ov’era Elima ossia Palamita.<br />
Assicura ne’ suoi opuscoli e notizie storiche Francesco Manuele,<br />
conte marchese <strong>di</strong> Villabianca, che amendue le riferite cartiere<br />
<strong>di</strong> Seregnano, nel passato secolo lavoravano perfettamente della<br />
carta <strong>di</strong> scrivere ed egli stesso <strong>di</strong>ce possederne ancora indentificamente<br />
dei fogli, soggiungendosi all’ugual tempo che intanto si<br />
sospesero i lavori <strong>di</strong> tal carta non già perché non riesciva perfetta,<br />
ma in quanto la spesa eccedeva poi il prezzo della carta nel<br />
comune spaccio se ne faceva.<br />
Eravi ancora nei tempi andati nella nostra campagna l’ordegno <strong>di</strong><br />
estrar lo zucchero dalle cannamele, va ciò senza contrasto, come<br />
abbiam prima <strong>di</strong> adesso riferito, e perché il luogo ne ritiene sino<br />
ai <strong>di</strong> nostri la denominazione <strong>di</strong> Trappeto e perché lo assicura<br />
nella sua Sicilia il Fazello.<br />
Sonovi <strong>di</strong> presente e vi sono stati mai sempre nella nostra<br />
97<br />
città dei stazzoni, in cui si lavorano a dovere i vasi <strong>di</strong> creta cotta<br />
per uso d’acqua, per tegole e mattoni da pavimento e per fabri-<br />
104
che <strong>di</strong> dammusi finti o sia volte <strong>di</strong> camere. Vero si è che per<br />
quest’arte <strong>di</strong> costrurre detti finti dammusi <strong>di</strong> mattoni la portò nel<br />
passato secolo in questa nostra città il celebre mastro Francesco<br />
Brù, spagnuolo, ma i <strong>di</strong> lui scolari, nostri concitta<strong>di</strong>ni,<br />
l’appresero sì finamente che non ci è ar<strong>di</strong>re l’assicurare che superarono<br />
e tuttora superano il lor maestro ed inventore. I vasi<br />
poi anzidetti per conservarvi dell’acqua e potabili, come il servigio<br />
da cucina e per piantarvi de’ fiori e simili, i nostri stazzonai<br />
non invi<strong>di</strong>ano ad alcuno della loro arte e tanto sono abbondanti<br />
tai vasi che vanno <strong>di</strong> buon mercato e se ne provvedono altresì<br />
le vicine terre e città.<br />
Due sono le tonnare appartenenti al nostro contado, l’una è quella<br />
denominata li Magasenazzi, posta alla punta dove termina il<br />
littorale in cui succede quello d’Alcamo. Cotal denominazione<br />
ella l’ha tolta dal vallone detto Magasenazzo, il quale parte dalla<br />
surriferita città a trovare il mare. Le sta alle rive una torre <strong>di</strong><br />
guar<strong>di</strong>a per <strong>di</strong>fesa della pescagione de’ tonni ed alalonghe. Di<br />
essa tonnara ne è la proprietaria signora la ere<strong>di</strong>tà de’ baroni<br />
Specchi <strong>di</strong> Naro. E l’altra, la Sicciara, tonnara, suborgo tuttora<br />
della città nostra, malgrado la <strong>di</strong>smembrazione nello spirituale<br />
dalla nostra Madrice, come si è detto nel suo serio precedente<br />
capitolo. Vien quella fiancheggiata dalla Cala del Lagone.<br />
L’antica <strong>di</strong> lei signoria la tenne in prima il Principe <strong>di</strong> Paceco, in<br />
forza dell’avvenutogli retaggio dell’illustre famiglia Fardella da<br />
Trapani, adesso però è posseduta da donna Cristina <strong>di</strong> Gaetani e<br />
Basile, <strong>di</strong> Palermo, riescendo alle volte la pesca così abbondante<br />
che reca alla popolazione del vantaggio notabile.<br />
Oltre alla pescaggione delle anzidette tonnare non manca il littorale<br />
<strong>di</strong> suddeti mari de’ Magasenazzi, Sicciara, Trappeto, Salvina<br />
e San Cataldo <strong>di</strong> abondare della pesca d’ogni sorta <strong>di</strong> pesci <strong>di</strong><br />
bellissima qualittà, in uso e<br />
98<br />
comodo dei citta<strong>di</strong>ni in cui vengono dai pescivendoli a smerciarsi<br />
<strong>di</strong>ariamente a <strong>di</strong>screto prezzo.<br />
Nell’anzidette fiumare non meno che nei valloni e laghi ben anco<br />
si fan delle pesche continue <strong>di</strong> pesci d’acqua dolce, come a<br />
<strong>di</strong>re <strong>di</strong> anguille, moletti, tenchie, orgioni, corinella, minusa,<br />
gambaro, granchi, ranocchie e simili <strong>di</strong> eccellente e saporita<br />
con<strong>di</strong>zione, e tante delle volte queste <strong>di</strong>arie pesche suppliscono e<br />
correggono la mancanza del pesce marittimo nei tempi sterili,<br />
cattivi e tempestosi, a gran comodo e piacere della popolazione.<br />
Delle anguille poi particolarmente n’è dovizioso e perenne (ed<br />
anco dei moletti e tenchie) tutto il corso del Jato sino alla <strong>di</strong> lui<br />
foce, nonché delli cuti e soprattutto il lago della Cubba, pesca<br />
105
iserbata ad uso e <strong>di</strong>porto peculiare <strong>di</strong> sua Maestà, nostro signore,<br />
e ne’ tempi trasandati dai notri illustri abbati e commendatari.<br />
Non è finalmente da passarsi in silenzio la insigne feracità del<br />
nostro territorio, può quella con franchezza arguirsi dalla <strong>di</strong> lui<br />
doviziosa annuale produzione <strong>di</strong> generi principali capi del commercio.<br />
Diamo <strong>di</strong> essi un brieve dettaglio, a soltanto appagare la<br />
curiosa intelligenza <strong>di</strong> chi mai l’ignorasse:<br />
-Vino botti ottomila circa<br />
-Olio da ulivo da circa quintali settemila<br />
-Canape da circa dugento quintali<br />
-Lino da circa quintali cento<br />
-Melloni d’acqua e da pane sopra quintali trentamila<br />
-Melogranati ricci, napoletani, valenziani ed agrodolci, portogalli,<br />
agrumi, noci fichi secche e simili frutti in copia tanto considerevole<br />
quanto a parte <strong>di</strong> restarne la città provveduta ne avvanza<br />
un infinità capace ad abbondare le vicine terre e città e se ne<br />
estrarregna per Napoli<br />
99<br />
ed isole aggiacenti alla nostra Sicilia.<br />
-Tartaro da botte da circa quintali dugento<br />
-Cenere <strong>di</strong> feccia e <strong>di</strong> soda in circa quintali cinquecento<br />
-Manna in pochissima quantità e par che il paese non la comporti<br />
Gli ortaggi e frutta d’ogni specie e genere sono in abbondanza<br />
straor<strong>di</strong>naria ed in eccellente qualittà.<br />
Riguardo poi al grano ed orzo non son costoro della primaria<br />
produzione, ma non sono frattanto dell’ultima. Vi se ne immette<br />
dagli esteri però tal quantità che <strong>Partinico</strong> vien riputata per caricatore,<br />
a segno ché provvista la città ne avanza tanto quanto i<br />
suoi mercatanti ne fan l’abbasto e provvista alli convicini paesi<br />
<strong>di</strong> Valguarniera Ragali, Borgetto, Montilepre, Giar<strong>di</strong>nelli, Favarotta,<br />
Cinisi, Torretta, Capaci e Carini, come annualmente da vari<br />
atti pubblici si rimarca.<br />
Capitolo IX<br />
Luoghi deliziosi, cacce, accademie e anticaglie che avvanzano<br />
nella città e sue vicinanze e territorio<br />
Chi non si è mai trovato nella nostra città non può giu<strong>di</strong>car sanamente<br />
delle doti della medesima e si catterebbe la riprensione<br />
dei saggi se si volesse dar il coraggio <strong>di</strong> contra<strong>di</strong>rgliele. La natura<br />
vi concorse pro<strong>di</strong>gamente in renderla quanto potè amena per<br />
ogni dove, verità quanto perenne altretanto incontrastabile<br />
106
dall’istessa invi<strong>di</strong>a. Tranne la dominante, cui cede in paragone,<br />
non è mica iperbole o prevenzione patriottica il doversi <strong>di</strong> giustizia<br />
<strong>Partinico</strong> annoverare tra le prime città del Valle. Ove trovarsi<br />
<strong>di</strong> essa al pari un paese che spiri dappertutto decenza, allegria<br />
insieme e abbondanza, che anima, <strong>di</strong>porta e provvede i suoi<br />
abitanti, conservandoli gioviali e contenti <strong>di</strong> loro sorte? I passagieri<br />
che <strong>di</strong> frequente la tragittano pe’ <strong>di</strong> loro interessi e i villeggianti<br />
palermitani, che vi si portano io chiamo in testimonii<br />
irrefragabili <strong>di</strong> tanta verità, senza impegnarsi <strong>di</strong> soverchio a decantarla.<br />
100<br />
E con non poca ragione, atteso il <strong>di</strong> lei amenissimo sito, meritossi<br />
sin d’allora l’elogio (ancorché bambina e sfornita <strong>di</strong> quei<br />
preggi che andò quin<strong>di</strong> acquistando) dal padre Aghilera della<br />
Compagnia <strong>di</strong> Gesù in quella imparziale e sincera espressione<br />
Partinicus amenissima in littore posita, laetissimis longe montibus<br />
circumsepta. 75<br />
Sono parecchi i suoi luoghi deliziosi, che invitano al <strong>di</strong>porto, al<br />
sollievo dalle serie occupazioni gli animi lassi o tristi, ma noi<br />
per non ristuccare i lettori e curiosi forestieri o replicar ciò che<br />
innanzi forse se n’è accennato, andrem brevemente respingendone<br />
taluni meritevoli <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione.<br />
Tale si è quello appunto della vetta della montagna la Baronessa,<br />
a cui salire non isdegnò la maestà del nostro Fer<strong>di</strong>nando e <strong>di</strong> onorarla<br />
a perenne memoria, con ispecialità del suo positivo aggra<strong>di</strong>mento,<br />
nonché la Sovrana amabilissima Carolina d’Austria<br />
e l’intera real famiglia, ivi portandosi a cavallo, ogni qualvolta<br />
si conferiva in <strong>Partinico</strong> a fruir con <strong>di</strong>letto della vista <strong>di</strong> quanto<br />
al <strong>di</strong> sotto se le presenta <strong>di</strong> ameno dalla natura, rendendo quella<br />
agiatissima, accettabile e <strong>di</strong>lettevole per via <strong>di</strong> como<strong>di</strong> sentieri,<br />
d’erta e ripida che era, non perdonando la <strong>di</strong> lui regal grandezza<br />
a spesa <strong>di</strong> sorta alcuna, sino ad or<strong>di</strong>narne un modello che a propria<br />
delizia detiene nella regia (a).<br />
Non è mica invi<strong>di</strong>abile la regal villa e casina sul finire della città,<br />
verso mezzogiorno e nel luogo <strong>di</strong> Ballo, quasi alle falde<br />
dell’addotta montagna. Anzi, a <strong>di</strong>r meglio, non v’ha fra tutto il<br />
paese e nel Regno singolarità più pregevole e gloriosa <strong>di</strong> cotesta.<br />
La Maestà Sua non a caso la prescelse per sito <strong>di</strong> suo delizioso<br />
sogiorno. Lo riconobbe non indegno pur troppo della sua regal<br />
persona. Di quai piante non ha egli arricchito quel fortunato feracissimo<br />
campo? A parte già dei vigneti, olivari e portogalli, <strong>di</strong><br />
75<br />
<strong>Partinico</strong> amenissima, posta vicino al mare, circondata a <strong>di</strong>stanza da monti<br />
rigogliosi e ridenti<br />
107
cui abbonda a dovizia, <strong>di</strong> fresco vi ha or<strong>di</strong>nata la piantagione <strong>di</strong><br />
n. trentaseimila piante <strong>di</strong> alberi <strong>di</strong>mestici in uso <strong>di</strong> fruttiera, scegliendo<br />
fra le migliaia <strong>di</strong> ottime frutta, a render quella deliziosa<br />
per quanto si può ridente, non men che utile e compiuta. Oltre<br />
poi dell’anassiera fabricata co’ suoi cristalli e vari boschetti e<br />
bottaniche. V’ha ancora aperti e selciati de’ vari nuovi viali. E<br />
senza iperbole: da su’ poggetti alle falde<br />
(a) Fu fatto da don <strong>Giuseppe</strong> Patti, ingegniero, nostro concitta<strong>di</strong>no al 1801<br />
101<br />
della montagna e massime dalla piccola casina, ivi sorge a fronte<br />
la tramontana; sul cadere del giorno, sull’opposto orizonte si respira<br />
piacevolmente e si gode <strong>di</strong> tante vaghezze, che vi presenta<br />
la natura, nella ridente sottoposta pianura, oltre al veder declinare<br />
piacevolmente nella larga marina il luminoso <strong>di</strong>urno pianeta.<br />
La regal cantina poi, già fabricata ed eretta nel contiguo regal<br />
luogo del Crocefisso, oggidì aggregata alla deliziosa anzidetta, è<br />
dessa per la verità una delle sorprendenti magnificenze proprie<br />
<strong>di</strong> un Sovran generoso nonché provvido ed accorto pe’ suoi regali<br />
interessi.<br />
108<br />
Cantina reale borbonica<br />
L’arte vi si è impegnata a segno che si è resa tal rarità il primiero<br />
augusto monumento del Regno d’attirar eternamene<br />
l’ammirazion ancora de’ più curiosi viaggiatori e vi è più<br />
degl’insigni architetti del mondo. Se ne danno in le straniere na-
zioni, per quel ch’io so, <strong>di</strong> simili, ma lavorate sul tornio <strong>di</strong> cotesta<br />
ed in egual grandezza e vastità penerei a crederlo. S’istrada<br />
ella in tre spaziose braccia e ben proporzionate, larghe, l’uno de’<br />
quali, il più rispettabile, sotterraneo, l’altri su la faccia del suolo<br />
ad una corispondente maestosa altezza, seguendo ad essi loro un<br />
ben vasto magazino. Avvi una comoda scala o salita dalla parte<br />
d’oriente, aggiata tanto che rende facile la salita e scesa da’ piccoli<br />
giumenti nella vendemmia, carichi de’ soliti vasi <strong>di</strong> legname,<br />
pieni dell’uva onde pestarsi. Evvene una seconda<br />
all’opposto e rimpetto a libeccio, più magnifica e spaziosa, per<br />
dove si salisce ad una loggia, che guarda a sirocco ossia la mentovata<br />
montagna e da codesta poi si passa nelle stanze superiori<br />
<strong>di</strong> suddetta cantina. Le porte, le finestre son elleno lavorate con<br />
so<strong>di</strong>tà e galanteria <strong>di</strong> legname <strong>di</strong> noce, tinte e piene l’ultime <strong>di</strong><br />
vetriate, con suoi ferramenti al gusto moderno. Tutto e <strong>di</strong> dentro<br />
e al <strong>di</strong> fuori spira novità e grandezza e vi si sono profusi a tutto<br />
l’anno 1803, in si finirono i bracci suddetti la somma <strong>di</strong> onze<br />
(sic) .<br />
Non è in<strong>di</strong>fferente il torchio da spremer l’uva. Egli costrutto <strong>di</strong><br />
nuova foggia e con argano, maneggiandolo non più <strong>di</strong> tre uomini<br />
e vi si spremono carrozzate (sic) dell’uva ad ogni volta. Il costo<br />
<strong>di</strong> tal ordegno si fa ascendere ad onze seicento. E ciò oltre ai<br />
torcolari nazionali e con questi <strong>di</strong> cui ve ne son dei parecchi, a<br />
parte un’infinità <strong>di</strong> botti 76 .<br />
102<br />
Avvi una peschiera detta la Cubba ossia lago, quasi alle falde<br />
della citata montagna da cui si tramanda l’abbondantissima acqua<br />
perenne e cristallina alla magiore fontana marmorea della<br />
piazza, con otto sbocci, siccome al beveratojo laterale alla locanda<br />
e alla locanda istesa e macello, che poi passa per meati<br />
coverti alle fontane della strada grande <strong>di</strong> Merelli, del Collegio<br />
<strong>di</strong> Maria, <strong>di</strong> Avellone e Bisaccia ossia Bellaroto. Cotesta Cuba<br />
oggigiorno e sin dal 1804 trovasi <strong>di</strong>latata ed ampliata <strong>di</strong> gran<br />
lunga <strong>di</strong> quell’era anticamente e munita all’intorno da grossi ripari<br />
<strong>di</strong> pietre forti, appellate a carrozzata, onde conservarsi le <strong>di</strong><br />
lei sorgive, che zampillanvi dentro. E’ ricca dessa e popolata da<br />
moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> anguille e tenchie, che crescono in smisurata<br />
grossessa e riescono squisite al gusto. Di quando in quando va’ a<br />
ripulirsi codesto lago per non rendersi paludoso e nocivo alla<br />
prossima popolazione, come del pari le circonvicine terre, che<br />
vennero in detto anno purgate da palu<strong>di</strong> e rese abili e feraci alla<br />
76 Si è ritenuto opportuno riportare in appen<strong>di</strong>ce lo stu<strong>di</strong>o fatto dal cav. Lioy sulla lavorazione<br />
del vino. E’ molto probabile che la regal cantina borbonica <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> sia stata realizzata<br />
proprio in funzione delle nuove teorie espresse dal Lioy.<br />
109
coltivazione e prodotti, come <strong>di</strong> fatti furonvi poste delle varie<br />
piante <strong>di</strong> melaranci e altri con portogalli, rendendole a giar<strong>di</strong>ni.<br />
Di tratto in tratto galleggia in essa Cubba una galante barchetta,<br />
remiggiata d’un pratico, che va battendo le onde della medesima<br />
per tenerle vive e agitate, siccome a svellerle delle piante acquatiche<br />
soglionvi nascere e renderle sempremai chiare, dolci e salubri.<br />
Opera tutta, zelo ed ingentissima spesa del regio erario e<br />
della esimia premura dell’amabilissimo nostro Sovrano Fer<strong>di</strong>nando.<br />
Sollazzevole e amena, sebben piccola, è del pari la villetta o, per<br />
<strong>di</strong>r meglio, giar<strong>di</strong>nello <strong>di</strong> notar don Mariano Usai, quatripartita<br />
in <strong>di</strong>lettevoli viali adorni <strong>di</strong> vasi <strong>di</strong> fiori, molto più <strong>di</strong> rose, garofani<br />
e fiori peregrini, massime la contigua fioriera. In essa sorgono<br />
de’ pergolati d’uve ragguardevoli e frutta singolari e spira<br />
il tutto aggra<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong>letto, molto più in tempo <strong>di</strong> primavera.<br />
La romita, orto e picciola fioriera interna al convento dei Cappuccini,<br />
unitamente al parterra (opera del molto<br />
103<br />
rev. padre Giacinto da Palermo) che sporge tramontana e scopre<br />
coll’ameni e sottoposti giar<strong>di</strong>ni la prossima marina da un capo<br />
all’altro, sono tutti aggradevoli, spirando del piacere alla gente,<br />
che il dopo pranzo vi si porta a scacciarne la melenconia e te<strong>di</strong>o<br />
delle cure seriose.<br />
Le cacce degli uccelli e de’ minuti quadrupe<strong>di</strong>, come vogliam <strong>di</strong>re<br />
tor<strong>di</strong>, quaglie, beccafichi e anitre, colliver<strong>di</strong> e simili acquatici<br />
e sovratutto delle francoline e pernici introdottevi da vicino il<br />
nostro Sovrano nella montagna della Baronessa son quelle in abbondanza,<br />
come ancora delle lepri e conigli che trovansi in tutto<br />
il territorio. Avvi però, per <strong>di</strong>vieto regale, la proibizione penale<br />
<strong>di</strong> ammazzarsi e a tale oggetto sonvi destinati de’ guardaboschi,<br />
che custo<strong>di</strong>scon girando le riserbe, impedendo gli contraban<strong>di</strong>eri.<br />
Maggiore impegno e rigore su l’assunto vi è per la caccia de’<br />
cinghiali nel feudo del Lavadore, qual’era feracissimo oltre modo<br />
sino all’anno 1797 (a), tempo in cui ne tenne per anni 12.<br />
L’arrendamento dell’interi fon<strong>di</strong> ba<strong>di</strong>ali <strong>di</strong> don <strong>Giuseppe</strong> Pardo,<br />
persona sommessa de’ fratelli <strong>di</strong> Rizzo, qual feudo adesso trovasi<br />
censito al cav. Don Vincenzo Mollica (b), reso <strong>di</strong> già in vigneti<br />
e giar<strong>di</strong>no.<br />
Si ha per tra<strong>di</strong>zione che i nostri antichi sovrani solevano portarsi<br />
in questo territorio per sollazarsi alla caccia e massime nei tempi<br />
andati nel piano del Re (nome restatogli dalla <strong>di</strong>mora ivi faceano<br />
in tale occasione) e nella <strong>di</strong> lui torre, che ancora vi sorge intatta<br />
e ritiene il nome della torre del Re similmente.<br />
110
E in comprova che abbiano i prelodati Sovrani quivi trasferitisi o<br />
in altre allora foreste del territorio si rimarca costantemente della<br />
cura ne tenne il mentovato Giovanni da Camerana ossia Camerano,<br />
uno dei regi forestari o siniscalchi del Regno (c), quali regii<br />
ministri ebber benanco quella delle defense altri luoghi destinati<br />
alle cacce reali. Di essi luoghi si ha espressa menzione nelle<br />
Costituzioni del nostro Regno e in un de’ privilegi della città <strong>di</strong><br />
Palermo raccolti da S. Vincenzo del Vio a foglio 16, come altresì<br />
nei capitoli del Regno stesso e in particolare del re Giacomo, al<br />
cap. 28 (d).<br />
Tra le anticaglie che ci avanzano v’ha la torre detta del Re Cucco,<br />
esiste cotesta nel luogo <strong>di</strong> San Francesco <strong>di</strong> Paola <strong>di</strong> spettanza<br />
un tempo del barone don Geronimo Sevagnano, oggi del moderno<br />
Duca della Verdura. Varie fole la credula plebbe asserisce<br />
su questo Re Cucco. Alle vicinanze <strong>di</strong> essa torre si stradano sotterraneamente<br />
delle spelonche, ove asseriscono gli ignoranti villani<br />
per antica tra<strong>di</strong>zione esservi occultati de’ tesori e possessi<br />
cotesti da spiriti. Varie burle a costoro si son dati in parecchi<br />
tempi da gente <strong>di</strong> spirito brillante e lepida da potersene formar<br />
romanzi. Quello però che rende meraviglia si è la struttura,<br />
grandezza e formazione delle grotte incavate dalla natura che<br />
forma una comoda abitazione. Vi ha parimenti nell’<br />
(a) da cui venne <strong>di</strong>strutta con incen<strong>di</strong>o a torsi dei danni subiva da dette fiere<br />
(b) per l’atti <strong>di</strong> Luigi Maria Vasta <strong>di</strong> Palermo il 6 marzo, 14 ind. 1796<br />
(c) Mongitore, Sicilia Sacra, Pirri, Notizia t. 2, fol. 1323<br />
(d) Mongitore, Sicilia sacra, t. 1, fol. 334<br />
104<br />
accennato luogo un poggetto che si denomina il Belvedere <strong>di</strong> Seregnano,<br />
nome che acquistò per l’amenissima sua situazione e<br />
per tutto ciò che porge <strong>di</strong> vago e <strong>di</strong>lettevole alla vita de’ curiosi<br />
per la smaltata campagna ridente.<br />
Non è da passar in silenzio la famosissima eco che vanta la<br />
Giorgentana, possessione vicina alla città, che appartiene alla<br />
famiglia Iacono, oriunda <strong>di</strong> questa, abitante in Montilepre. Ella<br />
interamente e con tutta chiarezza ripete non sol la voce e le varie<br />
parole, ma altresì qualunque passaggio <strong>di</strong> canto o suono <strong>di</strong> strumenti,<br />
siano <strong>di</strong> fiato non che <strong>di</strong> corda.<br />
Altra ve n’ha il luogo <strong>di</strong> Ballo, oggi regal casino, accanto la Hanassiera,<br />
dalla parte a montagna, ma è troppo inferiore alla prima.<br />
Moltissime poi sorgono ancora delle torri saracinesche, tanto in<br />
città che in territorio, che per essersene d’elleno fatta altronde<br />
menzione non ristucchiamo il lettore curioso.<br />
111
Intorno a pitture è dell’ultima ammirazione il quadrone che sta<br />
nell’altare maggiore della chiesa dell’Opera Santa, oggi anche<br />
parrocchia. Desso rappresenta la Deposizione del sacro corpo <strong>di</strong><br />
Nostro Signore dalla croce. Tutto vi ha in esso <strong>di</strong> arte sovrafina.<br />
L’eroe è inavanzabile, la svenuta madre, la desolata Maddalena,<br />
l’inconsolabile <strong>di</strong>scepolo, i devoti prìncipi fanno inarcar le ciglia<br />
per la vivezza, per la mossa, per la naturalezza del colorito e<br />
tutt’altro. Opera si <strong>di</strong>ce del Muto, morrealese, ma altri credono<br />
venir dal pennello del celebre Piero Novelli. Non è d’omettersi<br />
l’altro quadrone della Nunziata Signora (titolo della Madrice in<br />
cui esiste), ma non arriva alla perfezione <strong>di</strong> quello.<br />
All’altar maggiore del convento del Carmine si ammira il quadrone<br />
della Vergine del medesimo; non è pezzo <strong>di</strong> antichità, ma,<br />
a senno de’ pratici, si asserisce copiato su <strong>di</strong> originale <strong>di</strong> Raffaello<br />
<strong>di</strong> Urbino e forse della perizia somma.<br />
105<br />
Non ha mai avuto <strong>Partinico</strong> casa senatoria o simile albergo addetto<br />
ai pubblici congressi, a riserba della casa dell’Abbazia, in<br />
cui ogni anno si fa l’esazione dei censi nella vindemmia, siccome<br />
l’altra appellata la decima, in cui si ritiravano le decime in<br />
uve, che peste poi, il vin mustale si conservava nelle botti del<br />
famosissimo <strong>di</strong> lei interno magazzino e similmente i terragioli,<br />
oggi tutti aboliti e strasattati, pagandosi quelli in denaro per opera<br />
laudevole del regio Intendente cav. Lioy.<br />
In detta casa della Bazia oggi però si tengono i congressi civici<br />
da’ Giurati, servendo in casa senatoria ossia della città. I consegli<br />
pubblici frattanto si detengono nelle ricorrenze nella chiesa<br />
<strong>di</strong> san Leonardo, seguendosi l’antica costumanza che in sua origine<br />
si celebravano dentro la chiesa madre.<br />
Il luogo delle adunanze letterarie ovvero Accademia, nel trasandato<br />
secolo, si fu la casa del Duca della Ferla don Simone Franco<br />
Tarallo (oggi <strong>di</strong> don <strong>Giuseppe</strong> Domina). Il zelo <strong>di</strong> suddetto<br />
cavaliere istituì sotto i suoi auspicii, al 1776, questo corso <strong>di</strong> letteratura,<br />
intitolando i pastori accademici gli scienziati agricoltori<br />
(a). In<strong>di</strong> restituitosi alla capitale, al 1794, il duca anzidetto<br />
sobintrò in <strong>di</strong> lui vece e in mecenate don Franco Paolo del Castillo,<br />
marchese <strong>di</strong> Granmontagna, che con pari zelo protesse<br />
quell’assemblea, provvedendola delle corrispondenti nuove patenti<br />
in stampa, aggiungendo al <strong>di</strong> lei titolo <strong>di</strong> scientifici agricoltori<br />
quello <strong>di</strong> Granmontagna, apponendovi lo stemma <strong>di</strong> suo casato,<br />
qual è un castello. Le radunanze tengonsi in casa<br />
dell’istesso marchese. (Tuttora per la moderna mutazione del<br />
governo e per essersi il detto marchese domiciliato in Palermo,<br />
non sonosi seguite le solite radunanze). Il numero dei pastori che<br />
112
compongono l’assemblea suddetta si fanno ascendere a più <strong>di</strong> 60,<br />
compresi taluni degli esteri paesi ad essa arrollati e la medesima<br />
trovasi aggregata del pari a quella degli Aretusini <strong>di</strong> Siracusa. Il<br />
<strong>di</strong> lei peculiare istituto si è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorrersi almeno una fiata<br />
all’anno su dell’agricoltura, oltre delle varie <strong>di</strong> lettere, scienze e<br />
cicalate.<br />
Non meno ammirevole è il gusto e genio innato dei nostri concitta<strong>di</strong>ni<br />
pel teatro scenico. Soggetti purtroppo degni <strong>di</strong> gloria e <strong>di</strong><br />
encomi produce la città nostra. Io ne chiamo in testimoni i paesani<br />
<strong>di</strong>lettanti delle convicine terre e città, nonché i nobili villeggianti<br />
della capitale, che gli colmavan <strong>di</strong> plausi nelle recite<br />
così tragiche che comiche e caratteristiche d’ogni sorta. Sotto gli<br />
auspicj massimamente del <strong>di</strong>fonto marchese <strong>di</strong> Granmontagna<br />
don Vincenzo del Castillo (da cui fu eretto nel 1794 il graziosissimo<br />
domestico teatro sul moderno buon gusto) e <strong>di</strong>etro la <strong>di</strong> lui<br />
morte, della <strong>di</strong> lui vedova marchesa<br />
(a) Le patenti in stampa portarono lo stemma <strong>di</strong> una aratro tirato da una coppia<br />
<strong>di</strong> buoi con de’ stromenti pastorali adatti alla messe. I nomi del mecenate e accademici<br />
corsero in lingua greca, imitando gli Ereini <strong>di</strong> Palermo, perché <strong>Partinico</strong><br />
allora godeva de’ privilegi <strong>di</strong> quinto quartiere <strong>di</strong> quella. Il mecenate per allora ne<br />
venne eletto il prelodato Duca … (illeggibile perché sbia<strong>di</strong>to).<br />
106<br />
da cui venne ampliato decorato <strong>di</strong> fine scene e finalmene dal <strong>di</strong><br />
loro figlio il <strong>di</strong> sopra mentovato moderno marchese, che lo ristorò<br />
ed arricchì <strong>di</strong> quanto credé necessario ad ogni rappresentazione,<br />
si ammirarono delle più squisite rappresentazioni, sostenute<br />
egregiamente da ogni attore e arricchite superbamente da decorazioni,<br />
vestiario e comparse, tutto a loro proprie spese e senza<br />
paga veruna dell’u<strong>di</strong>torio, che veniva invitato. Più <strong>di</strong> 100 fra<br />
comme<strong>di</strong>e e trage<strong>di</strong>e videro le dette scene frà il corso circa <strong>di</strong> 20<br />
anni, e ciascheduna <strong>di</strong> esse soffriva la replica almeno <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci<br />
fiate. I caratteri delle donne si sosteneano a meraviglia dalle due<br />
damine, figlie <strong>di</strong> detta marchesa e sorella <strong>di</strong> detto marchesino,<br />
l’una delle quali (oggi duchessa d’Acquaviva) <strong>di</strong>simpegnava mai<br />
sempre il carattere forte, grave e severo, l’altra, oggi <strong>di</strong>fonta<br />
(che fu moglie dell’attuale barone don Michele Capuzzo), si <strong>di</strong>stinse<br />
inavanzabilmente nelle parti tenere, tragiche e, quel che<br />
sembra <strong>di</strong>fficile, nelle lepide e brillanti, toccandole alle volte<br />
quelle <strong>di</strong> servetta e or<strong>di</strong>nariamente napoletana, vernacolo non<br />
nazionale, ma ch’ella imitava aggraziatamente. Gli caratteri buffi,<br />
siano in lingua toscana che nella nostra e nella napoletana ancora<br />
si addossavano (colla scelta dell’opera e sotto la <strong>di</strong>rezione<br />
ben anco) a me <strong>di</strong> Bartolomeo e notar don Mariano Usai ed ab-<br />
113
imo la sorte <strong>di</strong> venirne compatiti. Adesso, sendo passato il palazzo<br />
<strong>di</strong> detto marchese unitamente alla villa e teatro al degnissimo<br />
nostro Sovrano amabilissimo, non è stato proprio montar<br />
più quelle scene.<br />
Né solamente in teatro si è sempre <strong>di</strong>stinta la comica de’ partinicoti,<br />
ma ezian<strong>di</strong>o si è fatta vedere sempre uguale a sé stessa su<br />
de’ palchi in pubblici piani della città, in occasione <strong>di</strong> solenni<br />
festività celebrate in ricorrenza dell’invenzione <strong>di</strong> s. Croce. Ne’<br />
tempi antichi e sotto l’arcipretura dell’esimio e dotto Albamonte,<br />
nei primi anni del passato secolo, resta ancora a perenne memoria<br />
la celebre procession iconografica rappresenante l’istoria dei<br />
tempi andati, dalla creazione del mondo sino alla Crocefissione<br />
del Redentore Gesù, composto da circa 800 caratteri, parte dei<br />
quali <strong>di</strong>alogizzava a proposito comicamente<br />
107<br />
de pezzi concernenti quell’azione. Anche il teatro fiorì in<br />
quell’età e, tra l’altre rappresentazioni, tenne il maggior vanto la<br />
passione <strong>di</strong> Cristo, sotto titolo dell’ Amor deicida, trage<strong>di</strong>a del<br />
dottor Mancuso, poeta egregio nazionale in quei tempi, sendo<br />
stata <strong>di</strong>simpegnata dal ceto tutto chiesiastico, <strong>di</strong> cui ancora se ne<br />
raggiona. A nostri tempi poi (e parlo con chi è vivente e col concorso<br />
quasi universale dei popoli spettatori seriamente qua portatisi)<br />
non ebbero compagne le tre processioni iconografiche,<br />
dette volgarmente ideali, l’una della passion del Signore, l’altra<br />
del giu<strong>di</strong>zio finale e la terza della spiegazione del Credo, sì per<br />
la ricchezza dei personaggi e vestiario che per le recite <strong>di</strong>alogistiche<br />
frammessevi. Memoria che passerà alle rimote posterità<br />
con invi<strong>di</strong>a, in cadauna delle quali si profusero dell’ingentissime<br />
somme a cui, per la decadenza dei tempi, io opino non potervisi<br />
<strong>di</strong> più aspirare (a).<br />
Ma è tempo ormai <strong>di</strong> inoltrarsi nella fondazione e fabrica delle<br />
chiese e luoghi pii, che sorgono nella città, <strong>di</strong> cui <strong>di</strong> passo in<br />
passo tratteremo nei seguenti capitoli della seconda parte.<br />
114
Parte seconda: della fondazione delle chiese<br />
Capitolo I<br />
Fondazione della venerabile regal Madrice chiesa <strong>di</strong> regio patronato<br />
Tanto è lontana da noi la intelligenza della erezione della chiesa<br />
<strong>di</strong> san Cristofaro, antico e primitivo titolo della nostra madre<br />
chiesa, quanto ci ha resi inetti a praticarne le ulteriori <strong>di</strong>ligenze<br />
onde venirsi a capo <strong>di</strong> poterne fissare precisamente l’epoca della<br />
sua origine. Quel che frattanto saremo per narrare in progresso e<br />
che si ha ricavato da pubblici documenti si è ch’ella trasse da<br />
regii successori <strong>di</strong> Rogieri, sovrano <strong>di</strong> Sicilia la <strong>di</strong> lei fondazione,<br />
che è stata mai sempre <strong>di</strong> regio pattronato e che <strong>di</strong> tanto<br />
s’incarica il successor <strong>di</strong> coloro Federico II detto il III, nella sua<br />
de<strong>di</strong>cazione alla Vergine <strong>di</strong> Altofonte, allorché la <strong>di</strong> lui pietà<br />
passò a conceder la fondata Abbazia del Parco e <strong>Partinico</strong>, al<br />
1306, agli Padri cisterciensi. Si ha però per tra<strong>di</strong>zione che cotesta<br />
chiesa campestre venne fabbricata dai successori <strong>di</strong> Rugiero<br />
conquistatore, per comodo <strong>di</strong> sentir la santa Messa, in occasione<br />
delle … per cui in questo allora bosco <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> si portavano.<br />
Nel mancare del quin<strong>di</strong>cesimo secolo, risorta già nel principio<br />
del seguente la nuova o<strong>di</strong>erna <strong>Partinico</strong> e accresciuta … la popolazione,<br />
avanzossi da ella all’abate<br />
(a) Oggidì esiste il real teatro detto <strong>di</strong> san Leonardo nella strada grande, più vasto<br />
<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> san Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Palermo, ma oggidì per la resistenza dei tempi<br />
svaligiato <strong>di</strong> quasi tuta la scena e decorazione, in atto in notar don <strong>Giuseppe</strong> Bartolomeo<br />
108<br />
commendatario allora l’eminentissimo don Scipione Rabbiba,<br />
car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Chiesa santa, la supplichevole istanza onde venisse<br />
provveduta del parroco cotanto necessario al culto <strong>di</strong>vino, nonché<br />
al proprio sprituale vantaggio delle anime per l’ amministrazione<br />
dei sacramenti, <strong>di</strong> cui era manchevole. E menando buona<br />
quel zelante Padrone l’ortatoriale domanda, passò <strong>di</strong> buon grado<br />
ad eligere in arciprete, rettore della borgata ossia in quei tempi<br />
casale, il rev. sac. dr. Luca Lombardo, citta<strong>di</strong>no del Monte <strong>di</strong><br />
San Giuliano, con atto rogato appo le tavole <strong>di</strong> notar Girolamo<br />
Lo Cascio <strong>di</strong> Palermo, a dì 8 marzo 1573 ed istituzione dei santi<br />
sagramenti, in forza <strong>di</strong> pubblico stromento, stipulato li 25 dello<br />
stesso mese, per gli atti <strong>di</strong> notar don Vincenzo Lo Vecchio <strong>di</strong><br />
115
Carini, oggi conservati nel pubblico archivio dei notai <strong>di</strong> quella<br />
terra e <strong>di</strong> cui in seguito l’anno istesso in persona del medesimo<br />
se ne sciolsero dalla cancelleria <strong>di</strong> Mazara le consuete canoniche<br />
bolle <strong>di</strong> arcipretura rettoria, preso avendone quello il governo<br />
de’ parrocchiani con quella vigilanza ed affetto convenivasi a<br />
proprio pastore. Ed ecco <strong>di</strong>venuta l’oscura picciola chiesa (quasi<br />
campestre) da quind’innanzi novella rettoria ossia parrocchia,<br />
ritenendo il titolo del riferito santo e soggetta imme<strong>di</strong>atamente al<br />
regio patronato e rispetto all’amministrazione de’ sagramenti sacramentali<br />
all’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara, come vescovo della <strong>di</strong>ocesi.<br />
Godé fin <strong>di</strong> allora il detto primo arciprete dell’annua perpetua<br />
dotazione <strong>di</strong> onze sei sovra alcuni pezzetti <strong>di</strong> terra con canneti<br />
esistevan nel territorio e luogo detto <strong>di</strong> Tremmistieri, il quale<br />
oggidì appartiene alla famiglia del barone della Legia don Giovanni<br />
Michele <strong>di</strong> Francisco, da cui se ne fé la renovazione<br />
dell’atto a favore dell’arciprete <strong>di</strong> detta Madrice (a). Similmente<br />
godé d’onze sei annuali perpetue per l’onorario <strong>di</strong> un cappellano,<br />
che si rispondevano su’ i proventi dell’Abbazia. E ciò oltre ai<br />
frutti volgarmente detti <strong>di</strong> stuola, pertinenti all’arcipretura, che<br />
sino a pochi anni ad<strong>di</strong>etro si ridussero a quasi ad onze 200 annuali.<br />
116
Ma non potendo in conto alcuno decentemente sossistere il <strong>di</strong>visato<br />
arciprete, nonché l’anzidetto suo cappellano colla tenue dotazione<br />
anzidetta, fatto nuovo ricorso all’illustrissimo e rev.mo<br />
monsig. don Bernardo Asch, vescovo <strong>di</strong> Mazara, e da esso al<br />
1580 si permise tassarsi ai parrocchiani tarì tre per ogni famiglia<br />
all’anno, che poi al 1581 in <strong>di</strong> loro vece si contribuì il dritto <strong>di</strong><br />
primizia, come oggidì si costuma, cioè riguardo ai borgesi che<br />
seminan dei frumenti, tumeno uno per cadauna famiglia<br />
(a) In notar Gaetano Malinaci <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, li … (sic)<br />
109<br />
e per le altre a grana 35 a famiglia.<br />
Cotesto regio dritto <strong>di</strong> patronato della <strong>di</strong>visata Madrice nel 1584<br />
venne espressamente <strong>di</strong>chiarato tale ed omologato da don Francesco<br />
Del Pozzo, in qualità <strong>di</strong> regio Visitatore, seriamente a tal<br />
uopo eletto e destinato in questa dal sudetto abbate commendatario<br />
e ciò in occasione della sua prima visita pratica nella predetta<br />
madre chiesa.<br />
Resse per ben 19 anni con zelo e carità l’incarico <strong>di</strong> arciprete il<br />
riferito don Luca Lombardo, il quale finalmente per <strong>di</strong>vina <strong>di</strong>sposizione,<br />
l’anno 1592, cesse <strong>di</strong> vivere, lasciando degna memoria<br />
della sua irreprensibile spirituale condotta.<br />
Per fatali combinazioni non esistono affatto nell’archivio <strong>di</strong> detta<br />
Madrice i libri della numerazione dell’anime, battesimi, confermazioni,<br />
sponsali e defunti, tanto necessari alla posterità, occorsi<br />
in detti 19 anni <strong>di</strong> detta pria arcipretura, né tampoco quei<br />
che precedentemente doveano esistere.<br />
II – A quel degno soggetto, in detto anno 1592, vi successe il secondo<br />
arciprete, rev. don Lionardo Ferigo, che sostenne ancora<br />
la carica <strong>di</strong> Vicario foraneo. Dietro al quarto anno della sua rettoria<br />
e proprio nel 1595 finì coi suoi giorni <strong>di</strong> governarla. Di<br />
questo rettore non se ne sa affatto né i natali né la padria né<br />
tampoco il dì preciso <strong>di</strong> sua elezione e morte. Non ci avanzano<br />
<strong>di</strong> esso vestigi <strong>di</strong> monumento alcuno, anzi si può incolpare <strong>di</strong><br />
negligenza, attesoché i libri del medesimo soggiacquero similmente<br />
all’istesso fatal destino del suo predecessore e ch’esso lui<br />
avrebbe potuto rintracciare, restorare e preservare dalle ingiurie<br />
del tempo in vantaggio dei parrocchiani.<br />
III – Nell’anno 1598 ne occupò la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> arciprete in terzo<br />
luogo il rev. don Antonio Guerraci, nativo della città <strong>di</strong> Monreale.<br />
Costui sostenne altresì (verosimilmente a mancanza <strong>di</strong> soggetti)<br />
le veci <strong>di</strong> Vicario foraneo. Assonto quin<strong>di</strong> al canonicato<br />
della cattredale metropolitana chiesa <strong>di</strong> suddeta città, passò a ri-<br />
117
nunziare l’arcipretura anzidetta, restituendo nel 1606, <strong>di</strong>etro anni<br />
un<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> sua reggenza ad amministrarne la nuova <strong>di</strong>gnità.<br />
Mancano similmente i libri dall’archivio <strong>di</strong> cotesto arciprete<br />
Guerraci, altri non avendo che quel de’ defunti, quale incomincia<br />
dall’anno 1595 e l’altro de’ battesimi dall’anno 1599<br />
Del 1 e secondo trascriviamo le prime note, ossia fe<strong>di</strong>, su lo stile<br />
e ortografia <strong>di</strong> quei sciocchi soggetti: dal libro dei <strong>di</strong>fonti: A <strong>di</strong>e<br />
2 <strong>di</strong> novembro 1595 morsi figlia <strong>di</strong> Filippo <strong>di</strong> Mauro, sepulta<br />
in questa mag-<br />
110<br />
giori ecclesia e per la morte <strong>di</strong> la <strong>di</strong>tta si ave avuto tarì 3.10.<br />
Nell’altro de’ battesimi, al 1599: A 6 gennaro, io don Antonio<br />
Guerraci, archipresbyter della Sala <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, ho b. (che tale<br />
lettera b. abbreviata voglia <strong>di</strong>r battezzato) lo figlio <strong>di</strong> Domenico<br />
e Vincenza Xhimeca, nome Vincentio, lo patrino Vincentio Miopoli,<br />
la patrina Eulalia La Brama.<br />
IV – L’anno suddetto 1606 venne ammesso alla stessa arcipretura<br />
il quarto rettore don Vincenzo Lo Monte <strong>di</strong> detta Monreale,<br />
goduto avendo altresì dell’onore <strong>di</strong> Vicario foraneo sino all’anno<br />
1628. Beninteso che in detto anno 1606, sotto li 12 <strong>di</strong>cembre, 5<br />
ind., si conchiuse e stipolò transazione tra detta ven. rev. madre<br />
chiesa e Compagnia del SS.mo Sacramento, riguardo ad alcune<br />
giuris<strong>di</strong>zioni ed obbligazioni reciproche, come meglio sarà per<br />
<strong>di</strong>rsi <strong>di</strong> sotto nell’ultima transazione.<br />
Intorno all’anno 1630 si crede verisimilmente istituita l’annua<br />
popolare festività in onore del Ss.mo Crocefisso. E’ fola quanto<br />
si vuol dal vulgo che suddetto simulacro sia stata opera del glorioso<br />
san Luca, il quale sebbene si <strong>di</strong>ca d’essere stato pittore,<br />
non l’abbiamo però per scultore. La festa anzidetta si celebra il<br />
tre <strong>di</strong> maggio, <strong>di</strong> che la Chiesa solennizza la Invenzion <strong>di</strong> Santa<br />
Croce e ciò con l’ultima pompa e splen<strong>di</strong>dezza e la precede una<br />
sacra quin<strong>di</strong>cina la sera, esponendosi <strong>di</strong>nnanzi il Cristo a’ fedeli<br />
una delle sante spine in dorato ostensorio (qual sacra quin<strong>di</strong>cina<br />
sarebbe meglio abolirsi ad ovviare tanti concerti e forse peccati<br />
si commettono pel concorso festivo <strong>di</strong> sessi <strong>di</strong>vesi). Chiudeva finalmente<br />
la solennità con decorata condotta della bara del Crocefisso<br />
Signore e dell’altra <strong>di</strong> Nostra Signora del Ponte, precedute<br />
da confraternite, clero e poi da’ regolari, come ancor si costuma,<br />
sebben <strong>di</strong> giorno, che allora si estendea sino alle ore sei<br />
della notte, girando tutto l’abitato.<br />
Ingrossatasi <strong>di</strong> molto la popolazione, nell’anno 1639, a preghiere<br />
della medesima, fu dallo zelo e dovizia del serenissimo don Sigismondo<br />
d’Austria, eminentissimo car<strong>di</strong>nale e abbate commenda-<br />
118
tario, or<strong>di</strong>nato lo ingran<strong>di</strong>mento o, per <strong>di</strong>r meglio, la nuova fabrica<br />
<strong>di</strong> suddetta madre chiesa, che sin allora altro<br />
111<br />
non era che una povera chiesetta senza navi e colonne o pilastroni.<br />
Durò la fabrica per ben sei anni continui, sino al 1645, in cui<br />
venne per intiero <strong>di</strong>sbrigata nella guisa che sarem per descrivere.<br />
Officiossi frattanto nella picciola chiesa dell’oratorio <strong>di</strong> san<br />
Francesco lo vecchio, che esisteva in quei tempi ove tuttora sorge<br />
la graziosa chiesa della Congregazione del patriarca san <strong>Giuseppe</strong>,<br />
dove fu trasferito in detto anno 1639, processionalmente e<br />
con pompa, il <strong>di</strong>vinissimo sacramento dell’Eucaristia.<br />
La forma e struttura che nuovamente prese la ridetta Madrice capace<br />
allora per quella popolazione fu la seguente:<br />
venne <strong>di</strong>sposta in tre navi con or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> colonne <strong>di</strong> pietra forte al<br />
numero <strong>di</strong> 14, sette cioè per ciascun lato su cui erano volti degli<br />
archi corrispondenti. Entro <strong>di</strong> ognun de’ quali nelle laterali navicelle<br />
si eressero delle cappelle co’ suoi altari, oltre quello maggiore<br />
nel coro, ma senza del The e cupola, e altre due cappelle<br />
ne’ frontispizii delle navicelle. Codeste tutte cappelle si de<strong>di</strong>carono<br />
in onore degli infrascritti santi.<br />
Nel maggiore adoravasi il <strong>di</strong>vinissimo Sacramento, custo<strong>di</strong>to nel<br />
tabernacolo, <strong>di</strong>etro cui si alzava il quadro coll’immagine <strong>di</strong> Maria<br />
SS.ma Nunziata, nuovo titolo della Madrice, che pria portava<br />
<strong>di</strong> san Cristofaro e che tuttora insiememente ritiene.<br />
Nelle laterali cappelle in frontispizio alle porte picciole delle<br />
due navatelle a destra si eresse l’altare e cappella per SS.mo<br />
Crocefisso, coverto da cinque veli in cui effigiati i cinque principali<br />
misteri della passione, e a sinistra l’altro a Maria SS.ma<br />
del Rosario lungo il quale fu scavata la sepoltura per sotterrare i<br />
confrati <strong>di</strong> suddetta Vergine, come del pari avanzi quello del<br />
SS.mo Crocefisso in uso dei confrati <strong>di</strong> quello.<br />
Scendeano del pari rispettivamene le restanti cappelle con altari<br />
dall’uno e l’altro lato de’ seguenti, cioè a destra della Madonna<br />
dell’Itria, <strong>di</strong> san Cristofaro, restava vuota la terza per conserva<br />
della bara o sia cereo del SS.mo Crocefisso, la quarta Madonna<br />
del Lume (che poi la domenica<br />
112<br />
in albis cedeva il luogo alla patrona Maria SS.ma del Ponte (che<br />
conducevasi dalla <strong>di</strong> lei or<strong>di</strong>naria residenza e chiesa campestre,<br />
nella contrada da cui trasse il titolo) e ciò sin dopo la solennità<br />
de’ 3 maggio, siccome in altri tempi e staggioni, che per li bisogni<br />
popolari coll’ultima <strong>di</strong>vozione e fede andava la gente da lì a<br />
119
levarla e condurla nella Madrice, come pratica <strong>di</strong> presente. La<br />
quinta della Vergine assonta al cielo, restando la sesta prossima<br />
all’ingresso piccolo per uso del fonte battesimale.<br />
Dalla sinistra poi, quella <strong>di</strong> Maria SS.ma Addolorata, cui seguiva<br />
quella <strong>di</strong> San Francesco Saverio, restava la terza vuota per uso<br />
del confessionale, la quarta quella <strong>di</strong> santo Stefano, la quinta<br />
quella <strong>di</strong> santo Menna e la sesta finalmente, prossima<br />
all’ingresso piccolo, del vescovo san Polino.<br />
In onore <strong>di</strong> tutte le sovrascritte sacre immagini, a suo tempo, si<br />
celebravano delle solennità, con della pompa e devozione de’<br />
quali oggidì la maggior parte resta in <strong>di</strong>suso.<br />
Guardava l’ingresso intero, come tuttora guarda, la tramontana<br />
con tre porte, l’una grande centrale, laterali le due restanti.<br />
Accanto l’una <strong>di</strong> queste picciole, dalla parte <strong>di</strong> fuori nel tocchetto,<br />
verso oriente, si vedeva la cappella colla immagine del santo<br />
Cristofaro, che guardava la tramontana, <strong>di</strong>nanzi al quale la sera<br />
vi si accendeva una lampada e nel dì della sua festa si apparava<br />
la cappella suddetta. A questa sagra immagine fu concessa indulgenza<br />
da monsignor Alessandro Caputo, vescovo <strong>di</strong> Mazara,<br />
come oggigiorno si rimarca dalla iscrizione esistente, tuttoché<br />
non esista la cappella anzidetta.<br />
Non portò la detta Madrice più <strong>di</strong> numero due campane, che furono<br />
appese nella torre saracinesca esistea allora dalla parte verso<br />
oriente, ov’è tuttora la nuova antesacristia. Codesta torre per<br />
più tempi fé le veci <strong>di</strong> campanile. Eran coteste campane l’una<br />
picciola, l’altra più<br />
113<br />
grande <strong>di</strong> peso <strong>di</strong> cantari 8.60, a spese popolari costrutta, col<br />
concorso altresì degli abitanti del feudo del Borgetto, anch’essi<br />
comparrocchiani, come il tutto si rileva da un atto in notar Giovanni<br />
<strong>di</strong> Lione <strong>di</strong> questa, li 30 marzo del 1605. E infatti gli borgettani<br />
suddetti, in forza del citato istromento, vengono abilitati<br />
del pari de’ partinicoti a pretendere a martoro il suono della medesima,<br />
senza rispondere dritto alcuno, a riserba del tarì uno,<br />
mercede del sacristano. Rottasi in<strong>di</strong> la stessa, se ne fuse altra più<br />
grande, che assorbì il peso <strong>di</strong> cantari 11.70, in giorno <strong>di</strong> sabato<br />
del mese aprile e si spinse in detto campanile ossia torre il dì<br />
primo maggio del 1719 e che tuttora è esistente nel nuovo campanile,<br />
<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> essersi atterrata la torre nel 1783, a cagion<br />
dell’ingran<strong>di</strong>mento novello dell’attual Madrice, la qual campana<br />
venne solennemene benedetta da monsignor Ugone Papé, de’<br />
principi <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>na, vescovo <strong>di</strong> Mazara, in giorno <strong>di</strong> domenica,<br />
con concorso del popolo.<br />
120
In detta antica torre eravi ancora l’orologio, che batteva le sole<br />
ore. Al presente però esiste nel nuovo campanile, battendo ancora<br />
le quarte e annunziando il mezzodì e la mezzanotte e prima<br />
alle ore 2 suonava a lungo.<br />
Domentre era per spe<strong>di</strong>rsi la fabrica <strong>di</strong> detta nuova Madrice, alli<br />
7 <strong>di</strong>cembre del 1645, finì <strong>di</strong> regere l’arcipretura il detto rev. <strong>di</strong><br />
Monte, dopo anni 39 <strong>di</strong> commendevole condotta, ignorandosi<br />
frattanto se fosse morto ovvero se abbia renunziato la carica. Attesoché<br />
se morto fosse se ne troverebbe la nota nel libro de’ <strong>di</strong>fonti<br />
in cui manca con effetto, molto più che un giorno dopo li 7<br />
<strong>di</strong>cembre sudetto, vale a <strong>di</strong>re alli 8 <strong>di</strong> esso mese, <strong>di</strong> detta arcipretura<br />
se ne prese il possesso dal <strong>di</strong> lui infrascritto successore.<br />
Il rev. don Pietro Palazzolo, oriundo del Monte <strong>di</strong> San Giuliano e<br />
citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Palermo, cominciò a governare dal suddetto giorno 8<br />
<strong>di</strong>cembre 1645 la nostra regal Madrice, la quale fiorir si vide da<br />
in<strong>di</strong> in poi perennemente e nel mateiale e nel suo formale avendo<br />
quella ornata e provveduta <strong>di</strong> sagri arre<strong>di</strong>, dell’organo, del fonte<br />
battesimale in miglior forma dell’antico e delle citate sagre immagini,<br />
che affisse alle cappelle ed espose alla venerazione de’<br />
fedeli rendendola officiabile e degna finalmente del culto <strong>di</strong>vino,<br />
restando affatto sbrigata il dì 28 aprile del 1646.<br />
Era desso rev. arciprete insignito della laurea dottorale in amendue<br />
114<br />
le leggi <strong>di</strong> cui fu peritissimo e dalle allegazioni da lui foggiate e<br />
scritte <strong>di</strong> proprio pugno (come ho veduto cogli occhi miei presso<br />
il rev. arciprete Bordonaro) e ciò in <strong>di</strong>fesa delle giuris<strong>di</strong>zioni e<br />
qual avvocato della propria parrocchia, si <strong>di</strong>scerne abbastanza la<br />
<strong>di</strong> lui legale e giurisperita facoltà possedeva.<br />
A 29 poi <strong>di</strong> detto aprile e il giorno appunto della domenica in albis,<br />
venne la detta madre chiesa benedetta e vi cantò lo stesso<br />
arciprete solennemente la prima messa. Il dopo pranzo, dato il<br />
vespre, con l’intiero concorso del popolo spettatore, con religiosa<br />
<strong>di</strong>vozione e festiva ilarità, sposato il tutto ad una solenne<br />
condotta <strong>di</strong> tutte le confraternite in sacco, communità regolari e<br />
clero, fu restituito con lagrime <strong>di</strong> pia gioia nel proprio sacro<br />
soggiorno parrocchiale il <strong>di</strong>vinissimo Sagramento eucaristico,<br />
dall’oratorio anzidetto <strong>di</strong> san Francesco, e da in<strong>di</strong> in poi la Madrice,<br />
attesa la detta nuova decente riforma, cambiò d’aspetto,<br />
nonché <strong>di</strong> titolo, assumendo quello della SS.ma Nunziata, non<br />
lasciando l’antico <strong>di</strong> san Cristofaro, menzionandosi nelle scritture<br />
e documenti sino al <strong>di</strong> d’oggi: Sanctissimae Annuntiationis,<br />
olim <strong>di</strong>vi Cristofori.<br />
121
Molto si riceve da un antico scritto <strong>di</strong> original carattere dello<br />
stesso arciprete (che conservasi dal detto arciprete Bordonaro)<br />
delle intraprese pie, agognate dal Palazzolo, in vantaggio della<br />
sua chiesa. Stabilì essolui otto chiesiastici per ufficiarvi a coro<br />
(che colla <strong>di</strong> lui morte cessa affatto, forse a mancanza del necessario<br />
rendale per la <strong>di</strong> lui sossistenza), istituì il canto gregoriano,<br />
sistemò lo regolare suono delle campane per le ore canoniche,<br />
ché tutto si osserva, introdusse la celebrazione solenne <strong>di</strong><br />
tutte le feste mobili, l’ottava decentissima del corpo <strong>di</strong> Cristo,<br />
con processione <strong>di</strong>aria e tutto ciò che si pratica in una ben culta<br />
parrocchia, cose tutte non più praticate per l’ad<strong>di</strong>etro dai suoi<br />
predecessori, introdusse la sagra novena alla Nostra Signora del<br />
Ponte Padrona principale della città, <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> essersi trasferita la<br />
Domenica in albis dal <strong>di</strong> lei santuario, che si erge nella contrada<br />
del Ponte, da cui trasse la denominazione, a <strong>di</strong>ferenza <strong>di</strong> quella<br />
<strong>di</strong> Altofonte, che la riportò dalla sorgiva d’un alta rupe nei monti<br />
del Parco. Pure inerendo al regal or<strong>di</strong>ne del cattolico re Filippo<br />
IV, emanato l’anno 1659 per tutto il Regno e quell’altro in seguito<br />
115<br />
dell’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara, l’eminentissimo titolar car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong><br />
santa Cecilia, prescrisse con fervente zelo e sotto pene pecuniarie<br />
la solenne processione della prelodata Signora, il dopo pranzo<br />
della domenica in albis. Subito quella arrivata nel piano allora<br />
detto <strong>di</strong> Campo, poi <strong>di</strong> sant’Antonino ed oggi del Collegio <strong>di</strong><br />
Mariani cui accorrono vestite a sacco le confraternite, le comunità<br />
regolari ed il clero ad onorarne l’accesso alla condotta festiva<br />
nella Madrice, la quale onorava <strong>di</strong> sua sagra <strong>di</strong>mora, per parecchi<br />
giorni sin dopo li 3 maggio, terminata la sollennità del<br />
SS. Crocefisso.<br />
Trascorso appena un lustro del suo commendabile governo, pe’<br />
suoi imprescrutabili fini, Dio Signor Nostro chiamò a sé il Palazzolo<br />
a ritirarne nella sua celeste magione il meritato eterno<br />
compenso, come si spera, mercé la sua clemenza e attese le <strong>di</strong> lui<br />
esimie cristiane virtù, e ciò a 22 settembre 1650.<br />
Nel 1652, anno appunto dalla morte del prelodato arciprete, vi<br />
successe il sesto rev. dr. don Vincenzo Conti. Se ne ignora <strong>di</strong> costui<br />
sin la patria e i natali e’l dì preciso <strong>di</strong> sua elezione, malgrado<br />
le nostre più attive <strong>di</strong>ligenze. Nulla si sa benanco in che abbiasi<br />
segnalato nel suo corto governo, che durò circa sette anni,<br />
che corrispondono sino a 2 luglio del 1658, in cui finì <strong>di</strong> vivere.<br />
Dai pochi suoi scritti, che avanzano nell’archivio, si può più tosto<br />
dedurre della sua scarsa letteratura. Si ha unicamente <strong>di</strong> lui<br />
che abbia egli concesso alla Compagnia <strong>di</strong> Nostra Signora del<br />
122
Rosario la cappella dentro la madre chiesa, colla facoltà <strong>di</strong> collocarvi<br />
il simulacro della stessa, che persisté sino ai dì nostri, in<br />
cui vi si sostituì l’attuale <strong>di</strong> miglior gusto e scultura in legno,<br />
siccome il luogo della sepoltura de’ confrati, con atto in notar<br />
don Onofrio Casafuri li 2 maggio, 8 ind., 1655, che tuttora le<br />
godono, malgrado l’erezione in<strong>di</strong> seguita della propria chiesa e<br />
oratorio, attaccata e laterale a quella dalla parte verso sirocco.<br />
Il laureato in amendue le leggi, rev. don Marco De Marino fu<br />
quel settimo arciprete che sobintrò in detto anno 1658 al predetto<br />
Di conti. Di costui non avanza altro monumento che il solo attual<br />
fonte marmoreo bianco del battisterio, che eresse l’anno<br />
1666, osservandosi nella base del medesimo la seguente incisa<br />
iscrizione: Utriusque juris doctor dominus Marcus De Marino,<br />
archipresbiter. Finì i suoi giorni nel 1670.<br />
116<br />
VIII Al riferito Di Marino, in detto anno, vi successe l’arciprete<br />
don Gaspare Carnevale e <strong>di</strong>etro il <strong>di</strong> lui brevissimo governo del<br />
tutto oscuro, nel 1671, ne occupò il luogo il <strong>di</strong> lui successore<br />
nell’anno istesso che fu<br />
IX – il rev. don Antonio Peggino, il quale cesse poi l’anno 1683.<br />
Ma come né dell’un né dell’altro abbiam positiva materia da<br />
tramandare alla posterità, perché amendue o non feron copia <strong>di</strong><br />
loro stessi o non si <strong>di</strong>stinsero <strong>di</strong> preciso, così ci asteniamo <strong>di</strong> ristuccar<br />
gli lettori con inutili <strong>di</strong>cerie. Non altro avvi <strong>di</strong> questi arciprete<br />
se non che perfezionò nel detto 1683 il tocchetto sotto<br />
cui costrusse il cimiterio, come dal millesimo inciso nelle palle<br />
<strong>di</strong> pietra, si rileva. Di questi Peggino, perché morto in Palermo<br />
l’anno 1683 li …(sic) se ne trova il cadavere seppellito nella<br />
ven. chiesa <strong>di</strong> s. Eligio, portando la <strong>di</strong> lui lapide il seguente epitaffio:<br />
Antonino Pegino, ex can. Montis Regalis ecclesia, parthinicensi<br />
pastori vigilantissimo D. Cassandra Fernandez e D. Catharina<br />
lacrimantes sorores hanc lapidem posuerunt.<br />
Obiit Panormi, 2 novembris MDCLXXXIII 77 .<br />
X – L’anno stesso 1683 venne conferita l’arcipretura anzidetta in<br />
persona del rev. don Vincenzo Agliata La Farina, che la resse da<br />
circa anni nove e sino al 1702, in cui morì. In cotesto soggetto<br />
abbiam poco è vero, ma non nulla da ammirare. Dalla <strong>di</strong> lui con-<br />
77<br />
A don Antonino Peggino, canonico della chiesa <strong>di</strong> Monreale, vigilantissimo<br />
pastore <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> donna Cassandra Fernandez e donna Caterina, sorelle, in<br />
lagrime, posero questa lapide. Morì a Palermo il 2 novembre 1683 .<br />
123
dotta si deduce il costante suo zelo nella conservazione delle<br />
proprie parocchiali giuris<strong>di</strong>zioni, massime doverosa in chi regna<br />
<strong>di</strong> mantenerle illese o’ ven<strong>di</strong>carle in pro’ de’ successori. Si pretese<br />
tra gli altri dal Capitan d’armi e guerra <strong>di</strong> quel tempo, don<br />
Marcello Rogasi, la esorbitante vanità, a carico dell’arciprete,<br />
dell’acqua benedetta sino alla porta maggiore della chiesa, il serio<br />
invito ad intervenire in tutte le sagre funzioni si celebravano<br />
in essa nelle festive solennità, riscuotere dell’importuni ossequj<br />
non più praticati o, se alcuna volta praticati, sol per ufficio <strong>di</strong><br />
polizia ed urbanità e simili stucchevoli pregiu<strong>di</strong>zii d’anime vulgari<br />
ed altere, che impropri sembrarono al circospetto arciprete e<br />
che meritamente seco negossegli e vi resistì implorandone la<br />
provvidenza da’ magistrati supremi in onta agli or<strong>di</strong>ni ottenuti<br />
da parte <strong>di</strong> detto rogati o’ carpiti dal Tribunale della Regia Monarchia<br />
e che l’arciprete per allora bisognò, a mancanza del necessario<br />
tempo, riparare con un preventivo atto preservativo <strong>di</strong><br />
ragioni a carico del Capitan d’Armi, che stipolossi da notar don<br />
Girolamo Cannizzo seniore, li 24 <strong>di</strong>cembre, 4 ind., 1695. Siccome<br />
ancora, insorte tra detta Madrice e la ven. Compagnia del<br />
SS.mo Sacramento delle questioni relative e dependenti dalla<br />
prima citata transazione tra esse sin dal 1606 stabilita, egli,<br />
l’Agliata la Farina,<br />
117<br />
usando <strong>di</strong> sua prudenza e attese le circostanze si frapposero allora,<br />
con<strong>di</strong>scese volentieri alla stipola <strong>di</strong> un secondo accordo regolatorio<br />
al primo, che venne rogato appo gli atti <strong>di</strong> notar don <strong>Giuseppe</strong><br />
Bellomo a 13 giugno, 7 ind., dello stesso anno. Di qual<br />
transazione, in grazia qui della brevità, ci riserbiamo <strong>di</strong> più largamente<br />
rapportarla in appresso sotto il governo dell’arciprete<br />
Raccuglia, in cui cade magiormente in acconcio.<br />
XI – Fu l’undecimo nostro arciprete don Paolo Cocuzza. Visse<br />
egli sì poco, sì poco resse la carica che nulla lasciò dopo, che<br />
possa interessare la storica curiosità, dapoiché l’anno appresso<br />
alla sua promozione, ossia nel 1702, ci venne rapidamente a<br />
mancare.<br />
XII – Non poco influiscono al volere <strong>di</strong>vino lo stato de’ buoni<br />
costumi e la dovizia delle scienze. Di nulla <strong>di</strong> queste doti fu<br />
manchevole il rev. dr. don Francesco Albamonte, duodecimo fra<br />
gli arcipreti <strong>di</strong> questa nostra Madrice chiesa <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e del<br />
Borgetto, cui coltivava lo spirituale, e ciò sin dai tempi trasandati,<br />
a mancanza <strong>di</strong> chiesa parrocchiale <strong>di</strong> quel feudo. Fu desso palermitano,<br />
<strong>di</strong> nobile casato, godè della laurea dottorale nell’una e<br />
l’altra legge, Consultore del Tribunale della santa Inquisizione e<br />
<strong>di</strong> lui qualificatore dotto nella sacra teologia, adorno <strong>di</strong> vaste<br />
124
scienze, insigne poi e zelante oratore, che <strong>di</strong>è la spinta alla <strong>di</strong> lui<br />
promozione all’arcipretura. Si crede figlio <strong>di</strong> Francesco Albamonte,<br />
come si ha dalla Biblioteca Sicula del Mongitore (a). Destinato<br />
in questa città per la carriera <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cator quaresimale<br />
del 1702, incontrò così bene la grazia del Signore sposata al talento<br />
che, accaduta la morte dell’arciprete Cocuzza, <strong>di</strong> unanime<br />
voto e istanza del pubblico avvanzati all’eminentissimo car<strong>di</strong>nal<br />
Acquaviva, abbate allora commendatario, per acclamazione venne<br />
eletto in arciprete, <strong>di</strong>gnità che la <strong>di</strong>simpegnò a segno che ne<br />
resta tuttodì perenne la memoria, a gloria <strong>di</strong> Dio, in onor del<br />
medesimo e in decoro della patria. La carità <strong>di</strong> costui non abbastanza<br />
esagerabile, d’una pingue arcipretura qual’era in quei<br />
tempi, non altro ne ritraeva se non lo scarso frugale alimento,<br />
tutto applicava ed ai poveri ed alla chiesa, questa rese adorna <strong>di</strong><br />
sacre pitture sino al soffitto, che poi mancando la vita terminò<br />
il suo degnissimo successore.<br />
(a) T. II in appen<strong>di</strong>ce prima, f. 14<br />
118<br />
L’amor poi pe’ parrocchiani si <strong>di</strong>stinse in lui in grado eminente.<br />
Non tralasciò mezzo onde solicitare coloro e nello spirituale con<br />
esercizii <strong>di</strong> pietà e <strong>di</strong> s. Ignazio e nel temporale presso i ministri<br />
ed officiali della città, onde governarla a dovizia e con rettitu<strong>di</strong>ne.<br />
Promoveva con attività e con del proprio interesse anche i<br />
leciti <strong>di</strong>porti a magiormente tener occupata la gioventù in affari<br />
scientifici e massime comici, facendola da <strong>di</strong>rettore e tante delle<br />
volte da suggeritore nei teatri accademici citta<strong>di</strong>ni, ad impe<strong>di</strong>r<br />
l’intrusion degli stregoni e prezzolati, come largamente si è detto<br />
nel cap. IX. Egli era amabile e nelle conversazioni e nel pergamo<br />
e il suo volto ispirava <strong>di</strong>vozione ed amore. Venne amato<br />
oltremodo dal popolo e meritò degnamente la sua per<strong>di</strong>ta il pianto<br />
universale, giacché dopo anni 29 <strong>di</strong> lodevolissima regenza,<br />
sotto li 13 del mese aprile dell’anno 1731, ci fu rapito fatalmente.<br />
Venne debitamente onorato dalla orazione funebre del celebre<br />
dr. Raccuglia, suo successore, <strong>di</strong> cui ancor se ne parla. Il suo cadavere<br />
fu sepolto nella nostra Madrice. Il suo originale ritratto<br />
(primo <strong>di</strong> tutti i suoi antecessori) si conserva nell’antisacrestia,<br />
colla epigrafe infrascritta:<br />
Rev.mus Dominus utriusque juris doctor dominus Franciscus Albamonte,<br />
Tribunalis SS. Inquisitionis Consultor et qualificator,<br />
Partinici et Burgetti Archipresbiter, humilitate et charitate in<br />
pauperes mirabilis, eloquentia et zelo in concionando egregius,<br />
conspicuoque nobilitatis genere nutritus,<br />
125
126<br />
obiit <strong>di</strong>e 13 mensis aprilis 1731, aetatis suae annorum 63 78 .<br />
XIII – Ossia che la novità abbia il vantaggio d’incontrar più che<br />
mai o che la magior fiamma suole estinguere la minore, la successione<br />
del rev. dr. don Giovan Paolo Raccuglia alla carica del<br />
prelodato suo antecessore, ne compensò al pubblico abbastanza<br />
la per<strong>di</strong>ta. Non sono mai eccedenti le lo<strong>di</strong> ove abbonda la verità,<br />
verità per altro che ci viene costantemente confermata da non<br />
pochi, che tuttora sopravvivono al Raccuglia e potriano tacciarci<br />
<strong>di</strong> adulazione. Fu egli il primo arciprete che vanta <strong>Partinico</strong>.<br />
Trae desso l’origine da una famiglia palermitana piuttosto illustre.<br />
Le qualità <strong>di</strong> cui fu adorno bastarono ad immortalar lui e<br />
decorare la patria. Fu versato quasi in ogni sorta <strong>di</strong> letteratura.<br />
La giovialità, la prudenza, la facon<strong>di</strong>a non erano le magior doti<br />
del suo animo. Giovò al pubblico nonché al privato sin dal dì del<br />
suo possesso, che fu in detto anno 1731, <strong>di</strong>etro la riportata elezione<br />
che fugli presentata domentre scendeva dal pergamo <strong>di</strong> recitar<br />
l’elegantissima funebre orazione al <strong>di</strong>fonto suo predecessore<br />
Albamonte. Prese a perfezionar interamente e abbellir la Madrice,<br />
a curarne gl’interessi più che gli proprj. Fu celeberrimo<br />
oratore e quaresimalista,<br />
119<br />
precedente alla carica <strong>di</strong> arciprete e in qualità allora <strong>di</strong> Vicario<br />
foraneo <strong>di</strong> nostra città, segnalossi nel 1728 nel pergamo della<br />
città <strong>di</strong> Marsala, massime nella panegirica orazione da lui recitata<br />
nel corso del quaresimale in onore <strong>di</strong> Maria SS.ma della Cava,<br />
padrona <strong>di</strong> quella città, che da codesti citta<strong>di</strong>ni gli venne data alle<br />
stampe in Palermo, presso Vincenzo Toscano, detto anno, in<br />
quarto, in carte n. 37, preceduta da n. 27 sonetti <strong>di</strong> quegli Accademici<br />
composti in <strong>di</strong> lui lode. Si <strong>di</strong>stinse ben anco egregiamente<br />
nell’arte poetica, ammirandosene moltissimi sonetti nella lira a<br />
due corde del Pomé (a), oltre a tanti altri ine<strong>di</strong>ti e ad ottave siciliane,<br />
che restarono a memoria dei nostri concitta<strong>di</strong>ni e si recitavan<br />
occorrendo nelle ricreazioni. Tutti però i suoi scritti soggiacquero<br />
fatalmente, non si sa come, alla per<strong>di</strong>ta, con notabile<br />
danno della letteraria repubblica, che avrebbero potuto eternar<br />
magiormente il <strong>di</strong> lui nome. Non altro avvanza presso il rev. don<br />
Francesco Tosco, nostro letterato citta<strong>di</strong>no, che la panegirica orazione<br />
da lui scritta e recitata nella nostra Congregazione<br />
78 Il reveren<strong>di</strong>ssimo signore don Francesco Albamonte, dottore in <strong>di</strong>ritto canonico<br />
e civile Consultore e qualificatore del Tribunale della SS. Inquisizione,<br />
arciprete <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e <strong>di</strong> Borgetto,ammirevole per umiltà e carità verso i poveri,<br />
brillante per eloquenza e zelo nella pre<strong>di</strong>cazione, ragguardevole per nobiltà,<br />
morì il 13 aprile 1731 all’età <strong>di</strong> anni 63
dell’Opera Santa, in onor de’ gloriosi santi <strong>Giuseppe</strong> d’Arimatea<br />
e Nicodemo, <strong>di</strong> lei protettori, tirata intieramente <strong>di</strong> suo carattere<br />
e <strong>di</strong> gusto squisito su’ lo stil <strong>di</strong> quei tempi. Se mai poté meritar<br />
la <strong>di</strong> lui condotta redarguzion alcuna, si fu quella <strong>di</strong> aver declinato<br />
nel suo governo alla <strong>di</strong>smembrazion della chiesa del Borgetto,<br />
<strong>di</strong> cui era anche arciprete, e furono i suoi predecessori da<br />
questa nostra madre chiesa, come si <strong>di</strong>sse nel cap. VI. In tutto il<br />
resto poi fu irreprensibile, anzi ammirabile la sua condotta.<br />
Sotto la sua reggenza e nel 1742 venne altra volta visitata da don<br />
Giovanni Angelo De Ciocchis, regio visitatore, la nostra madre<br />
chiesa e <strong>di</strong>chiarandola ulteriormente regia, <strong>di</strong>sse spettar<br />
all’abbate <strong>di</strong> s. Maria d’Altofonte tutto ciò che apparteneva al <strong>di</strong><br />
lei formale e materiale stato, giusta le regole delle chiese regali,<br />
coll’infrascritto decreto.<br />
Eamdem ecclesiam jam olim a principibus constructam et in eorum<br />
manu, potestate et <strong>di</strong>spositione positam, tum post donatam a<br />
rege Friderico 2, vulgo 3, abbatiae prae<strong>di</strong>ctae S. Mariae de Altofonte,<br />
atque insuper anno 1573 ab abbate commendatario car<strong>di</strong>nali<br />
D. Scipione Rebiba in rectoriam erectam, sub inde vero<br />
anno 1584 visitatam a regio visitatore Francisco de Puteo qui<br />
fuit ultimus <strong>di</strong>ctae abbatiae Parchestrator et demum a car<strong>di</strong>nali<br />
(a) stampata in Palermo al 1731, fog. 91, 106, 217, 218, 241, 242, 247, 254, 256.<br />
257, 268, 269, 276, 291, 305 e ciò in quarto<br />
120<br />
de Austria abbate commendatario in ampliorem formam anno<br />
1645 redactam fuisse et esse regiam ex fundatione et membrum<br />
regalis abbatiae S. Mariae de Altofonte, atque sub eodem regio<br />
jurepatronatus totius abatis et sub jure, potestate, electione,<br />
nominatione et omnimoda <strong>di</strong>spositione abbatis commendatarii<br />
quoad formalem, tum materialem statum juxta morem et regulas<br />
ecclesiarum regalium, iisque tandem nominibus fuisse et esse<br />
sub jure, facultate et visitatione regiorum visitatorum ecclesiarum<br />
regii patronatus, juxta ultimum statum 79<br />
79 Questa chiesa (fu) costruita anticamente da principi e posta nelle loro mani,<br />
in loro potere e <strong>di</strong>sposizione, donata in seguito dal re Federico II, detto III, alla<br />
predetta abbazia <strong>di</strong> Santa Maria <strong>di</strong> Altofonte ed ancora nel 1573 eretta in rettoria<br />
dall’abbate commendatario car<strong>di</strong>nale don Scipione Rebiba, visitata nel<br />
1584 dal regio visitatore Francesco Dal Pozzo, che fu l’ultimo Parchestratore<br />
<strong>di</strong> detta abbazia, ed infine dal car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Austria, abbate commendatario fu<br />
ingran<strong>di</strong>ta nel 1645. E’ <strong>di</strong> regia fondazione ed appartiene alla regale abbazia<br />
<strong>di</strong> Santa Maria <strong>di</strong> Altofonte ed è sotto il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> regio patronato per l’elezione,<br />
la nomina dell’abbate, sia dal punto <strong>di</strong> vista formale, quanto materiale, giusta<br />
il costume e le regole delle chiese regali. Pertanto è stata ed è sotto il <strong>di</strong>ritto,<br />
la facoltà e la visita dei regi visitatori delle chiese <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto patronato, come<br />
risulta dall’ultimo stato.<br />
127
Insorte nel governo <strong>di</strong> suddetto Raccuglia delle conroversie tra<br />
la detta Madrice e Compagnia del SS.mo Sacramento intorno alle<br />
due precedenti transazioni fra <strong>di</strong> esse e circa a varie reciproche<br />
giuris<strong>di</strong>zioni, riserve e pazioni, si <strong>di</strong>venne finalmente, per opera<br />
e prudenza <strong>di</strong> questo arciprete, nell’anno 1752, a stipolarne la<br />
terza concor<strong>di</strong>a, presso gli atti <strong>di</strong> notar don Domenico Di Bartolomeo,<br />
mio padre, sotto li 14 novembre, in cui sono respinti i pesi<br />
ed oneri reciproci <strong>di</strong> suddetta chiesa, che si pattuirono nelle<br />
precedenti transazioni del 1606 e 1699. Vale a <strong>di</strong>re: somministrar<br />
la Compagnia alla Madrice la cera per l’associo del SS.mo<br />
Viatico, solennizzar essa e far il sepolcro il giovedì santo nella<br />
Madrice, dar n. 60 candele d’once 2 l’una pel sabato santo e domenica<br />
<strong>di</strong> Pasqua, con <strong>di</strong>sparare n. 500 mortaretti, somministrar<br />
l’olio pelle lampa<strong>di</strong> <strong>di</strong>nanzi il Divinissimo, musica in dette funzioni<br />
e finalmente solennizzar la festa del Corpus Christi e sua<br />
ottava in detta Madrice, colle sue processioni, dovendo la domenica<br />
infra ottava celebrare e far la condotta del Divinissimo il<br />
rev. cappellano or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> detta Compagnia, e come meglio dal<br />
suddetto stromento si ravvisa.<br />
Inaspettatamente, l’anno 1753, pria del vespro, li 26 agosto, domentre<br />
assiso tentava torsi da noje che l’affliggevano, nel balcone<br />
della propria casa, assalito da mortale accidente apoplettico<br />
(morbo che minacciavalo in vita) subitaneamente ne perì con universale<br />
cordoglio e lutto della intera città e de’ <strong>di</strong> lui conoscenti,<br />
munito si rapidamente dei ss.mi sacramenti, come dalla<br />
nota ne’ libri della Madrice rilevasi, in età <strong>di</strong> anni 56 (a).<br />
Dall’epigrafe a pié del proprio ritratto, che serbasi nella detta<br />
antisacrestia si legge:<br />
Rev.mus dominus Sacrae Theologiae Doctor dominus<br />
Paulus Raccuglia, archipresbiter, decus familiae<br />
magnum, patriae majus, cleri sui maximum, mirum virtutis opus<br />
praeclarum, scientiae miraculum.<br />
Hac vel illo clarior incertum.<br />
Certissima eius animi ingenii praestantia.<br />
Saeculis ac siculis potius admirationi quam imitationi futurum.<br />
Parem in eo habuere locum virtutes omnes,<br />
mansuetudo in publicum, coeteris enim alios ac in seipsum praestitit,<br />
potiore hic omnium piissimus, aetatis suae annum<br />
(a) La <strong>di</strong> lui orazione funerale la scrisse egregiamente e recitò l’eru<strong>di</strong>tissimo rev.<br />
don Leonardo Inglese<br />
121<br />
128<br />
56 attingens, coelo maturus, subito correptus morbo, Cristo
fixis oculis animam efflavit<br />
8 kal. Septembris anno a Virginis partu 1753 80<br />
XIV - Nel settembre dell’istesso anno 1753, fu eletto da monsignor<br />
<strong>Giuseppe</strong> Barlotta e Ferro, vescovo <strong>di</strong> Teletta ed abbate<br />
commendatario, il 14 nostro arciprete dr. don Pietro Perrone,<br />
della terra <strong>di</strong> Marineo, per quanto si <strong>di</strong>ce, in grazia dei servigii<br />
prestati all’abate da don Onofrio Perrone fratello e razionale<br />
dell’Abbazia. Cotale elezione non fu a <strong>di</strong>r il vero cotanto grata<br />
al pubblico, in rapporto ai soggetti paesani <strong>di</strong> allora <strong>di</strong> maggior<br />
merito e dottrina del don Pietro, ai quali si fé torto, attrassandoli<br />
senza ragione. Tenne costui una condotta tutta propensa agli interessi<br />
dell’abbate, da cui venne sempre favorito e molto più allorquando,<br />
zelando il popolo e chiedendo l’ingran<strong>di</strong>mento della<br />
Madrice (resasi poi troppo angusta pell’avanzata popolazione), a<br />
consulto <strong>di</strong> detto arciprete, che assicurò non esservi tal necessità,<br />
si esentò dal contribuir alla spesa, cosa che gli attirò<br />
l’in<strong>di</strong>gnazione <strong>di</strong> ognuno, ma che lui poi, <strong>di</strong>fonto l’abate, forse<br />
ravvedutosi dell’errore, lo emendò (ma non intieramente), cooperandosi<br />
col fratello razionale presso il Consultore Terziani,<br />
amministadore (sic) dell’Abbazia, a far ottenere dalla regia<br />
munificenza dell’amabilissimo nostro Sovrano Fer<strong>di</strong>nando la<br />
somma annuale <strong>di</strong> onze 200 per l’ingran<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> suddetta Madrice<br />
sino al <strong>di</strong> lui fine pagabili, come si pagano, <strong>di</strong> terzo in terzo<br />
su’ proventi ba<strong>di</strong>ali, e ciò con biglietto dato in Napoli li 25<br />
aprile 1777 (a), quandoché avrebbe potuto da quell’anima generosamente<br />
sovrana ottenere la nuova fabrica intera della Madrice,<br />
atta a capire la grossa popolazione e non lasciar un’opera<br />
sempre angusta e imperfetta, quando anche vi si impiegasse un<br />
tesoro. Ciò però partorì un <strong>di</strong>svantaggio allo stesso arciprete ed<br />
utile al pubblico, qual fu quello che, attesa l’avvanzata popolazione<br />
ed elargato il <strong>di</strong>stretto della città, chiese il pubblico a<br />
monsignor Vescovo <strong>di</strong> Mazara don Ugone Papé una parrocchia<br />
manutenuta e filiale dell’arcipretura, che menandola buona quel<br />
zelantissimo prelato, non esitò punto <strong>di</strong> favorir la istanza presso<br />
il Sovrano, da cui se ne or<strong>di</strong>nò la fondazione dell’attual parrocchia<br />
nella chiesa della Congregazione dell’Opera Santa, come in<br />
essa si farà menzione.<br />
80 Il rev. Don Paolo Raccuglia, dottore in sacra teologia, arciprete, decoro<br />
grande della famiglia, più grande della patria, gran<strong>di</strong>ssimo del clero, amirevole<br />
per virtù encomiabile per le opere, miracolo <strong>di</strong> scienza. Si può dubitare in quale<br />
campo sia stato più grande è però cortissima l’eccellenza del suo animo.<br />
Per le future generazioni e per i siculi oggetto <strong>di</strong> ammirazione più che <strong>di</strong> imitazione.<br />
Le virtù ebbero in lui pari livello, mansueto con tutti, nelle altre virtù superiore<br />
a tutti, ma soprattutto nella pietà. Raggiunta l’età <strong>di</strong> 56 anni, colpito da<br />
improvviso malore, spirò con gli occhi rivolti al Crocifisso il 25 agosto 1753<br />
129
(a) comunicato in Palermo al Presidente allora don Stefano Airol<strong>di</strong>, interino<br />
amministratore della nostra Abbazia e Governatore <strong>di</strong> Sicilia, a 17 maggio <strong>di</strong> esso<br />
anno e da questi … a 23 maggio suddetto, registrato ed eseguito in questa<br />
Corte baziale li 24 <strong>di</strong> detto maggio 1773<br />
122<br />
Per ciò che riguarda al formale <strong>di</strong> detta Madrice, ossiano giogali,<br />
rappezi <strong>di</strong> fabriche e tutt’altro, nella morte dell’abate principe <strong>di</strong><br />
San <strong>Giuseppe</strong> <strong>di</strong> sopra riferito, accaduta in maggio 1764, e incameratasi<br />
l’Abbazia alla Regia Corte, assegnò codesta alla Madrice<br />
anzidetta, per la erogazione <strong>di</strong> suddetti giogali la somma <strong>di</strong><br />
onze 22.11.10 all’anno, che pria regendo gli abati si <strong>di</strong>edero carico<br />
<strong>di</strong> provvederla del bisognevole. Tant’è che sembra improporzionata<br />
cotal assegnazione e tenuissima, attesoché per la Madrice<br />
del Parco ne ritira quel parroco curato l’annua somma <strong>di</strong><br />
onze 80 e molto più a tempi <strong>di</strong> oggi che le merci sono carissime,<br />
in una chiesa in cui debbansi provvedere 11 altari su una maramma<br />
che giornalmente ha bisogno or dell’uno or dell’altro<br />
soccorso per mantenersi con decenza e politezza. Fu tanto ciò<br />
chiaro che nel governo del seguente arciprete Bordonaro riparossi<br />
tal inconveniente dalla Maestà del Sovrano, per opera<br />
dell’illustre Intendente cav. Lioy, accrescendosi la detta assegnazione,<br />
che tuttora l’arciprete la gode, come appresso si <strong>di</strong>rà<br />
(a).<br />
Dopo la lunga serie <strong>di</strong> ben 35 anni, alla perfine terminò i suoi<br />
giorni il Perrone, li 5 <strong>di</strong>cembre 1788, restando sepolto in essa<br />
Madrice in un fosso nell’ingresso della porta piccola a man destra,<br />
su cui nella lapide si legge l’epitaffio che trascriveremo nel<br />
capitolo delle iscrizioni lapidarie sepolcrali.<br />
Lo ritratto <strong>di</strong> codesto arciprete conservasi cogli altri due precedenti<br />
in detta antisacrestia, coll’epigrafe:<br />
Sacrae Theologiae doctor dominus Petrus Perrone, parochus et<br />
archipresbiter huius regiae matricis ecclesiae, qui cum per 35<br />
annorum curriculum, exemplum gregi suo in doctrina, in integritate,<br />
in gravitate exstitisset, tandem naturae cessit, nonis mensis<br />
decembris anno reparatae salutis 1787, aetatis suae 78 81<br />
Onorò eccellentemene il Perrone l’elegantissima funebre orazione<br />
del dotto sacerdote don Francesco Ioseo, recitata con bello<br />
81 Piero Perrone, dottore in sacra teologia, parroco e arciprete <strong>di</strong> questa regia<br />
chiesa madre, essendo stato per 35 anni <strong>di</strong> esempio per il suo gregge nella<br />
dottrina, nell’integrità, nella saggezza, ha infine ceduto alla natura il 5 <strong>di</strong>cembre<br />
1787, all’età <strong>di</strong> anni 78.<br />
130
spirito ed energia tuttoché allor non contava che anni 24 <strong>di</strong> sua<br />
ettà.<br />
XV – Il quintodecimo arciprete si fu il rev. sac. don Vito Bordonaro,<br />
oriundo della terra del Palazzo Adriano e dalla fanciullezza<br />
abitatore in questa nostra città. Egli non deve nulla ai suoi natali,<br />
perché figlio <strong>di</strong> onesti parenti sì, ma assai umili, sendo stato il<br />
suo genitore, <strong>Giuseppe</strong> Bordonaro, fattor <strong>di</strong> campagna degli espulsi<br />
allora Padri della Compagnia <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong> Roma, abitanti<br />
nel feudo del Macellaro, oggi terra detta Camporeale. La sua<br />
sorte e i suoi vantaggi gli deve a Dio signor nostro, in<strong>di</strong> ai meriti<br />
propri e per ultimo a quei buoni religiosi che avvedutisi<br />
(a) Dietro la suddetta assegnazione delle onze 20 temporanee venne ad elargarsi<br />
la Madrice, aggiungendovi altre due colonne marmoree, il Thé con sua cupola ed<br />
il coro unitamente al campanile, tutto ancora imperfetto sino alla morte del <strong>di</strong> lui<br />
successore Bordonaro. E frattanto pel tempo che vi faticarono gli artisti , il Divinissimo<br />
si trasferì nella chiesa <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong>, che per allora fè le veci <strong>di</strong> Madrice.<br />
123<br />
nella fresca età della indubitata riuscita del ragazzo Vito, si cooperarono,<br />
coltivando co’ stu<strong>di</strong> nel convitto <strong>di</strong> Mazara, in cui sviluppatosi,<br />
sorprese quei dotti lettori in qualunque scienza, che<br />
rapidamente apprendeva, sorpassando l’età propria. Divenne in<br />
brieve eloquentissimo, facondo, istrutto profondamente nella filosofia<br />
non meno che nella teologia, oltre all’umane lettere e poesia.<br />
Fu celeberrimo nell’arte oratoria, a segno ché nella città <strong>di</strong><br />
Alcamo, tuttoché giovane, nel corso del suo quaresimale, colla<br />
recita d’una panegirica orazione in onore <strong>di</strong> quella Vergine de’<br />
Miracoli, attirossi l’ammirazione ed applauso universale, tanto<br />
quanto quell’Università fé dare alle stampe la <strong>di</strong> lui eru<strong>di</strong>tissima<br />
produzione in Palermo, l’anno 1762. Resta immortale il nome <strong>di</strong><br />
Bordonaro non solo in quel Seminario e città nostra, ma ezian<strong>di</strong>o<br />
nella intera <strong>di</strong>ocesi e Regno, sì pegli amabili <strong>di</strong> lui costumi, che<br />
per la sua profonda letteratura e sarebbe <strong>di</strong>venuto un portento<br />
della natura se Dio per i suoi fini, nel più bel fiore non lo avesse<br />
arrestato della carriera, colpendolo una notte nel capo, domentre<br />
<strong>di</strong>morava in detto convitto, in qualità <strong>di</strong> rettore, che fu motivo <strong>di</strong><br />
non essersi potuto da quin<strong>di</strong> innanzi da più applicarsi e proseguire<br />
gli stu<strong>di</strong>, con <strong>di</strong> lui positivo increscimento e danno della propria<br />
casa e attraverso della sua fortuna. Gli convenne perciò restituirsi<br />
al padre, qui poi abitante e, <strong>di</strong>etro la <strong>di</strong> lui morte, a sostener<br />
la vita bisognò adottar l’incarico d’ajo in casa dell’illustre<br />
duca della Ferla nella capitale, in cui <strong>di</strong>é saggio delle sue virtù<br />
131
in quelle colte accademie fra’ quali fu ammesso con<br />
dell’universale aggra<strong>di</strong>mento.<br />
Vacata l’arcipretura, per la morte del sopradetto Perrone, ad istigazione<br />
del riferito duca ed a proprie <strong>di</strong> lui spese, fu richiamato<br />
in Palermo, pel concorso alla detta <strong>di</strong>gnità, <strong>di</strong> cui egli per la sua<br />
modestia si <strong>di</strong>chiarava immeritevole. E tuttoché sviatissimo<br />
dall’apprese scienze, a necessaria cagione del citato morbo, da<br />
cui fu letalmente corrotto e malgrado a qualunque preparazione,<br />
dovea interporsi a siffatto negozio, pure sempre uguale a sé stesso,<br />
anzi <strong>di</strong> sé stesso maggiore, anche dopo un lungo lasso <strong>di</strong> sospesi<br />
stu<strong>di</strong>, riportò il primato in esame con della ammirazione<br />
degli eru<strong>di</strong>ti soggetti scelti a tal uopo e a fronte altresì d’altri<br />
due attelentatissimi competitori, dr. don Michele Marocco, consumato<br />
<strong>di</strong> gran lunga in quasi tutte le scienze e don Francesco<br />
Tosco nel fior dell’anni suoi e nel caldo merigio de’ vivi stu<strong>di</strong>, il<br />
quale se non superollo, gli resisté l’emulo a segno che lasciossi<br />
ad<strong>di</strong>etro il Marocco e avrebbe<br />
124<br />
riportata la palma se Bordonaro non era.<br />
Egli adunque il Bordonaro ottenne da S. E. principe <strong>di</strong> Caramanico,<br />
Viceré del Regno, biglietto <strong>di</strong>retto al Tribunale del Regio<br />
Patrimonio, rappresentante (per la incamerazion dell’Abbazia)<br />
l’abbate commendatario, cui apparteneva la elezion dell’ arciprete,<br />
in cui si uniformava alla rappresentanza <strong>di</strong> esso Tribunale,<br />
per lo proposto arciprete <strong>di</strong> nostra città, e ciò sotto li 31 gennaio<br />
1792 (a). Dal quale Tribunale si spedì <strong>di</strong>spaccio al Vicario capitolare<br />
<strong>di</strong> Mazara, monsignor Di Vita, per spe<strong>di</strong>rgli le bolle, e<br />
questo sotto li 11 febbraio <strong>di</strong> esso anno. E <strong>di</strong> fatti furon le stesse<br />
bolle in persona del Bordonaro arciprete sciolte dal Capitolo <strong>di</strong><br />
Mazara e da detto monsignor don Francesco Saverio Di Vita,<br />
sotto li 2 marzo 1792, in seguito <strong>di</strong> cui si prestò dall’arciprete il<br />
giuramento de a<strong>di</strong>mplendo omnia et alia in <strong>di</strong>ctis bullis, a mani<br />
del notar don Sebastiano Cannizzo, notaio della corte foranea <strong>di</strong><br />
questa città, degente sotto li 3 <strong>di</strong> detto mese marzo, sendosi immesso<br />
in possesso il Bordonaro della carica anzidetta li 5 <strong>di</strong> detto<br />
marzo, per atto <strong>di</strong> possessione rogato all’atto <strong>di</strong> detto notaro<br />
Cannizzo, cui seguì la professione <strong>di</strong> fede, fatta dal Procuratore<br />
dell’arciprete in la cancelleria <strong>di</strong> Mazara, a 11 del mese aprile<br />
1792, che venne poi dallo zelante pastor Bordonaro fatta personalmente<br />
in Palermo, per serenazione <strong>di</strong> sua coscienza, secondo<br />
Lambertini nelle sue Notificazioni, e ciò a mani <strong>di</strong> don Vincenzo<br />
Procopio, vicario generale <strong>di</strong> Mazara, a 13 gennaio del 1793.<br />
Portossi laudevolmente in esercizio dell’arcipretura il Bordonaro,<br />
curò con tutto zelo <strong>di</strong>simpegnare il suo ministero, non solo<br />
132
per quello riguarda alla coltura della chiesa e ben dell’alme affidate<br />
alla sua <strong>di</strong>sciplina, ma ezian<strong>di</strong>o alla conservazione delle<br />
ren<strong>di</strong>te e legati spettanti a quella, con aggiustar la scrittura, tanto<br />
pubblica che <strong>di</strong> contadoria, negligentemente l’ad<strong>di</strong>etro amministrata.<br />
Si avvide frattanto della povera congrua godea<br />
l’arcipretura e tenutane parola con l’illuste Di Lioy, Intendente<br />
della regia commenda, se ne procurarono le providenze per<br />
l’augmento <strong>di</strong> quella, che finalmente si ottenne, in forza del seguente<br />
biglietto: Spett. Signore Presidente ossequentissimo, Con<br />
regal carta del dì 3 del corrente mese mi è stata comunicata la<br />
seguente sovrana determinazione: Sua Maestà approva quanto<br />
Vostra signoria ha proposto con rappresentanza del 18 dello<br />
scorso agosto per pagarsi<br />
(a) Uniformandosi alla proposta che V. S. mi ha fatta, in esecuzione della sovrana<br />
risoluzione, con <strong>di</strong>spaccio per via dell’Ecclesiastico del 9 luglio dell’anno<br />
scorso, per la vacante arcipretura <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, siccome son venuto in eliggereil<br />
primo nominato nella <strong>di</strong> lei rappresentanza de’ 25 ottobre e seguenti, don Vito<br />
Bordonaro, così glielo prevengo in risposta per presentarlo all’Or<strong>di</strong>nario, onde<br />
spe<strong>di</strong>rgli le lettere <strong>di</strong> canonica istituzione, Nostro Signore La feliciti. Palermo, 31<br />
gennaio 1792. Il Principe <strong>di</strong> Caramanico al Tribunale del Regio Patrimonio, co’<br />
Ministri aggiunti<br />
125<br />
dal mese <strong>di</strong> novembre 1800 in avanti alla Madrice chiesa <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong><br />
onze sessantatre, tarì otto e grani due annuali pel mantenimento<br />
de lo culto giornaliero ed onze venti d’oggi innanti per<br />
il consumo de’ sacri arre<strong>di</strong>. Vuole perciò la Maestà Sua che le<br />
onze cinquantotto e tarì venti, soprapiù delle onze ventiquattro,<br />
fissate dal Tribunale del Regio Patrimonio nel tempo della sua<br />
amministrazione per congrua del mantenimento della stessa<br />
chiesa, si rimpiazzi alla regia amministrazione della Maggione<br />
sulle pensioni, che si pagano dall’azienda <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> e che andranno<br />
ricadendo, delle quali già se ne trovano vacanti onze<br />
127. Di real or<strong>di</strong>ne glielo partecipo in risoluzione della detta<br />
sua rappresentanza, per l’uso che convenga all’adempimento.<br />
Palermo, 3 settembre 1801. Francesco Seratti, sig. Intendente<br />
Lioy. Nel comunicare a V. S. spettabile tal sovrana determinazione<br />
la incarico <strong>di</strong> curarne l’esatto adempimento. Beninteso che<br />
in qualunque spesa che farsi deve, per conto della riferita chiesa,<br />
vi debba essere le cautela del <strong>di</strong> lei Visto Buono, a qual oggetto,<br />
Le acchiudo copia della congrua stabilitasi nel congresso<br />
tenutosi tra V. S. spettabile con cotesto arciprete e vicario foraneo.<br />
Dispostissimo intanto a servirla, mi raffermo <strong>di</strong> V. S. spettabile,<br />
Palermo li 9 settembre 1801, Spett. dr. don Sebastiano<br />
133
Cannizzo, regio segreto, <strong>Partinico</strong>, affezionatissimo servitore<br />
cavaliere Lioy. A pié <strong>di</strong> cui si legge trascritto il <strong>di</strong>stinto piano<br />
per il congruo giornale manutenimento della real Madrice chiesa<br />
risultato in detta annualità <strong>di</strong> onze 63.8.2, che termina come<br />
appresso: Beninteso che intorno alla costruzione ossia formazione<br />
dei nuovi giogali relativi a sacri are<strong>di</strong> e mantenimento della<br />
Madrice chiesa e cose straor<strong>di</strong>narie ne’ bisogni che occorreranno<br />
se ne proporrà a V. E. (s’intende per il sig. cav. Lioy) la rispettiva<br />
necessità per ottenerne la corrispondente provvidenza.<br />
Don Vito Bordonaro Mercurio stato Vicario foraneo, Sebastiano<br />
Cannizzo, regio segreto. Confronta coll’originale che a<br />
tutt’oggi, 9 settembre 1801, si conserva nella segretarìa della<br />
regia Intendenza della Magione, Bernardo Scinia, regio segretario.<br />
Praeparetur exsecutio et stet penes acta. Cannizzo regius<br />
secretus, <strong>di</strong>e 10 septembris 1801. Praesentetur. Praesentata et<br />
exequta fuit et est una cum interclusa notula (idest plano) in officio<br />
curiae secretialis de mandato supra<strong>di</strong>cti spectabilis de<br />
Cannizzo, regii secreti ho<strong>di</strong>e. Philippus Bonì, magister notarius.<br />
Copia ex originali. D. Filippo Bonì maestro notaio<br />
126<br />
Cosiché la congrua <strong>di</strong> sudetta arcipretura in tutto assorbisce<br />
l’annua somma delle onze 83.8.2, cioè onze 20 che godea precedentemente<br />
al trascritto regio biglietto e le restanti onze 63.8.2<br />
in forza del medesimo. E ciò oltre alla costruzione de’ nuovi arre<strong>di</strong><br />
e bisogni straor<strong>di</strong>nari che forse accadranno.<br />
Notisi però che in detto piano vi sono considerati gli salari del<br />
prefetto <strong>di</strong> sagristia e due sagristani, unitamente all’oglio per loro<br />
uso, non già però gli oneri de’ cappellani, quali si rispondono<br />
dall’arciprete.<br />
Scorsi quasi anni tre<strong>di</strong>ci, finalmente il desiderabile Bordonaro,<br />
travagliato lentamente, sebben letale, da febbre, infra otto giorni<br />
chiuse gli occhi alla vita caduca, per aprirli all’eterna e gloriosa,<br />
cui Dio chiamollo, li 19 gennaio del 1805, in età d’anni 69 compiti,<br />
a 12 del passato <strong>di</strong>cembre 1804, dopo quasi due ore che fu<br />
munito da’ ss.mi sacramenti e nel mezzodì <strong>di</strong> quel giorno, compianto<br />
universalmente da tutta la popolazione. Dalla sua ultima<br />
volontà, che lui stesso foggiossi e scrisse <strong>di</strong> propria mano e che<br />
pubblicossi lo stesso 19 gennaio, agli atti <strong>di</strong> me notaro don <strong>Giuseppe</strong><br />
Bartolomeo, si rimarcano de’ tratti del suo talento, carattere<br />
e illibata coscienza. Il dopopranzo fu condotto alla Madrice,<br />
preceduto il suo cadavere nella funebre bara da tutte le compagnie,<br />
confraternite, regolari e clero, non senza effusione <strong>di</strong> lagrime,<br />
ed ivi esposto su ragguardevole musoleo, d’innanzi a cui<br />
l’indomani, giorno <strong>di</strong> domenica, col concorso dell’affollato po-<br />
134
polo se ne celebrarono li esequie funerali, colla recita d’una eloquentissima<br />
corrispondente orazione, parto del felicissimo eru<strong>di</strong>to<br />
ingegno del <strong>di</strong> sopra menzionato sacerdote dr. Don Francesco<br />
Tosco, tirata sull’o<strong>di</strong>erno buon gusto.<br />
Resta il corpo del nostro Bordonaro interrato all’ingresso della<br />
porta piccola a man sinistra della Madrice, giusta la sua testamentaria<br />
<strong>di</strong>sposizione. E lo ritratto fattogli in morte la <strong>di</strong> lui erede<br />
e nipote, donna Marianna Nicolotti e Bordonaro, conservasi<br />
presso lei, al qual io, per mio <strong>di</strong>porto in epigrafe, scrissi il seguente,<br />
che vi si potrebbe apporre:<br />
127<br />
Questi è il gran Bordonaro, il dotto, il pio<br />
l’ugual sempre a sé stesso, anzi maggiore<br />
che, in onta a sorte, con maschil valore<br />
trionfò della morte e dell’oblio.<br />
Fu finalmente il degnissimo nostro arciprete il portento degli ingegni,<br />
l’onor della patria, il decoro <strong>di</strong> sua famiglia, la gloria <strong>di</strong><br />
sé stesso e il lustro ancora ed ornamento della nostra Accademia,<br />
delle <strong>di</strong> cui poetiche produzioni eccone in stampa un sonetto da<br />
lui composto, nella ricorsa Accademia sulla morte del Redentore<br />
nella casa <strong>di</strong> adunanza dell’illustre signor marchese della Granmontagna<br />
in <strong>Partinico</strong>:<br />
Un Dio o un uomo è que’ che pende in Croce<br />
squarcio <strong>di</strong> piaghe e d’atro sangue intriso?<br />
Un Dio? Come morir? Un uomo? Il viso<br />
perché natura in lutto atroce?<br />
Un Dio? Ma come creatura il nuoce<br />
l’ebreo trionfa ed e’ ne giace ucciso?<br />
Un uom? Ma come a un ladro il para<strong>di</strong>so<br />
sovran <strong>di</strong>spensa e spira a un’altra voce?<br />
Placa il ciel, frange i sassi: ei dunque è un Dio;<br />
langue, geme, si duole: ei dunque è un uomo<br />
si perde a tai misteri il pensier mio!<br />
Ah? egli è uom Dio, poiché dal suo gran duomo<br />
<strong>di</strong>scese il Verbo e all’esser d’uom s’unio.<br />
Tanto costò del primo padre il pomo.<br />
XVI – Il decimo sesto rev. arciprete, ma il terzo fra’ naturali ne<br />
è appunto il rev. sac. Don Francesco Inga, eletto da Sua Maestà<br />
con real biglietto del 17 <strong>di</strong>cembre 1805, communicato dal Secretario<br />
<strong>di</strong> Stato Francesco Servati al regio Intendente cav. don Felice<br />
Lioy e da quesi al nostro o<strong>di</strong>erno arciprete il 1 gennaio<br />
1806.<br />
135
I costumi <strong>di</strong> questo rev. arciprete furono angelici, fondati<br />
sull’umiltà, era provveduto <strong>di</strong> buoni stu<strong>di</strong>, ma questi non si poterono<br />
in lui ammirare, perché accagionato mai sempre da infermità<br />
e più <strong>di</strong> già da una pertinace podagra, che lo confinava a suo<br />
<strong>di</strong>spiacere sempre mai in casa ed anche a guardare il letto, finché<br />
retrocessagli al petto, lo strangolò alle ore 17, la mattina del<br />
mercoledì 4 gennaio del 1809, <strong>di</strong> anni 44, con universale <strong>di</strong>spiacimento,<br />
giorno appunto consagrato al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù, <strong>di</strong><br />
cui fu amantissimo …dell’arcipretura …<strong>di</strong> tal Congregazione<br />
oltre <strong>di</strong> essere stato operaio insigne e cappellano sacramentale<br />
della filiale parrocchia<br />
128<br />
17 – Sac. don Ignazio Russo, si è appunto il decimo settimo arciprete.<br />
Naturale <strong>di</strong> questa, successo alla morte del precedente don Inga,<br />
venne desso degnamente promosso all’arcipretura, (<strong>di</strong>etro i suoi<br />
fatti stu<strong>di</strong> nel convitto <strong>di</strong> Mazara sino al sacerdozio) dall’ill.mo<br />
e rev.mo vescovo don Orazio La Torre, de’ principi della Torre,<br />
in seguito della nomina fatta da Sua Maestà (Dio guar<strong>di</strong>) per <strong>di</strong>ploma<br />
del 24 aprile e per i Ministri della real Intendenza della<br />
Magione e suo real commendatario e patrono, per epistola data<br />
in Palermo, nella corte achiepiscopale del 1 aprile 1809 e per<br />
bolla del suddetto nostro Or<strong>di</strong>nario delli 10 maggio 1809, presentata<br />
e registrata in questa corte foranea li 14 <strong>di</strong> esso mese, 14<br />
ind., 1809, firmata dal fu sac.don Martino Matina, allora maestro<br />
notaro.<br />
Gli zelanti ed esemplari costumi <strong>di</strong> questo rev. arciprete, come<br />
noti a cotesto pubblico io non so <strong>di</strong>r <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto lo decanta<br />
debitamente la fama <strong>di</strong> unita alle sue virtù e lettere, attesa la <strong>di</strong><br />
lui esistenza in vita e la sua modestia, né a me più lice<br />
d’inoltrarmi. Desso fu quel soggetto cotanto benemerito alla città<br />
che mercé l’opera sua praticata coi capi <strong>di</strong> essa e Ministri allora<br />
in vigore nel comune si fé riconoscer degno in felicitando e<br />
tranquillando la medesima nelle passate popolari vicende. Oggidì<br />
poi gode il titolo e la cariche d’Ispettore <strong>di</strong> queste publiche<br />
scuole normali in cui ogni lunedì del mese, portandosi in esse e<br />
casa comunale, le assiste, <strong>di</strong>rigge la gioventù presenzialmente e<br />
il dopo pranzo ancora, conducendosi alla parrocchial chiesa<br />
dell’Opera Santa, aggregata alla madre chiesa e d’essa <strong>di</strong>pendente,<br />
fondata appunto da monsignor vescovo Papé, come si ravvisa<br />
da un atto registrato e rogato agli atti <strong>di</strong> me notaio, allora chiesa<br />
filiale, detta la Congregazione dell’Opera Santa sotto titolo <strong>di</strong><br />
san <strong>Giuseppe</strong> e Nicodemo, opera che ha per peculiare istituto il<br />
seppellir i morti poveri, che vengon portati dai gentiluomini<br />
136
congregati in essa su’ le spalle ed in ogni anno in<strong>di</strong> il dopopranzo<br />
pratica esemplarmente la popolazione sacra condotta del<br />
ss.mo corpo <strong>di</strong> Cristo unitamente alla Vergine della Solità e alla<br />
raccolta <strong>di</strong> essi si recita un condegno sermone ai fedeli ivi concorsi<br />
in chiesa<br />
129<br />
Capitolo II<br />
Chiesa <strong>di</strong> San Leonardo in cui la Compagnia del ss.mo Sacramento<br />
Si vuole antica la erezione <strong>di</strong> cotesta chiesa in onore del nostro<br />
glorioso san Leonardo e ce la fan credere <strong>di</strong> certo ove esiste un<br />
pubblico forno della piazza in cui tuttodì ne avanzano due reliquie,<br />
come vogliam <strong>di</strong>re, cornicioni. Si vuole altresì che siasi<br />
prescelto questo santo in patrono <strong>di</strong> nostra città perché monaco<br />
dell’Or<strong>di</strong>ne cisterciense in Francia e perché in questo luogo appunto,<br />
ove sorse poi l’abitato, si volle per costante tra<strong>di</strong>zione esservi<br />
stata una parte del bosco <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, appellata <strong>di</strong> san Leonardo.<br />
Io per me lascio i lettori <strong>di</strong> arguirne il verosimile e della<br />
fabrica della chiesa e del titolo ed elezione del santo patrono.<br />
Certo è però che la chiesa ove si venerò e si venera oggigiorno il<br />
san Leonardo si fu quella eretta al 1634, come sotto <strong>di</strong>remo, e in<br />
cui è fondata la Compagnia del SS.mo Sacramento e che questa<br />
Compagnia o sia union <strong>di</strong> fratelli si vide fiorire coetaneamente<br />
colla erezion della Madrice, <strong>di</strong>etro l’elezione del primo arciprete<br />
Lombardo, e in quella esercitar gli atti <strong>di</strong> cristiana pietà e<br />
l’istituto <strong>di</strong> confrati (a), e si rimarca da un atto conchiuso<br />
coll’arciprete e stipulato in notar Vincenzo Di Franco li 17 <strong>di</strong>cembre,<br />
5 ind., 1606, in cui si enunciano i capitoli sin dal loro<br />
principio, stabiliti pel <strong>di</strong> loro governo ed approvati da monsignor<br />
Vescovo <strong>di</strong> Mazara, a 22 agosto, 4 ind., dello stesso anno.<br />
Intiepi<strong>di</strong>ta la Compagnia anzidetta, dallo zelo dell’arciprete<br />
Monte a rinvigorirla nuovamente nel 1611 si fé aggregare a quella<br />
della città <strong>di</strong> Palermo e <strong>di</strong> Roma, come si detegge dagli atti <strong>di</strong><br />
notar don Vincenzo Bellinvia, <strong>di</strong> detta capitale Palermo sul governo<br />
delli seguenti rettori, cioè: superiore Pietro Longo, congionto<br />
<strong>di</strong> man dritta, detto rev. arciprete don Vincenzo Monte e<br />
congionto <strong>di</strong> sinistra Filippo Valenza, sendo state accordate precedente<br />
a detto anno 1606 da esso arciprete a detta Compagnia la<br />
facoltà <strong>di</strong> esercitare in detta Madrice chiesa le <strong>di</strong> lei funzioni e<br />
<strong>di</strong> aprirsi la sepoltura per seppellersi ivi i confrati, come ancora<br />
si pratica. Il tutto rimarcasi dalla sopra visita fatta in questa da<br />
137
mons. Marco La Cava, vescovo <strong>di</strong> Mazara a 13 maggio, 2 ind.,<br />
1613.<br />
Smembrossi in<strong>di</strong> la detta Compagnia dalla Madrice, l’anno 1634,<br />
in cui i confrati, a proprie spese, alzarono e costrussero la chiesa,<br />
che titolarono e de<strong>di</strong>carono a san Leonardo, e in essa esercitarono<br />
le pie funzioni e quanto ne’ capitoli si era stabilito, quale<br />
chiesa ed oratorio ossia Compagnia venne visitata<br />
dall’eminentissimo don Giovanni Domenico Spinola, cavaliere <strong>di</strong><br />
santa Cecilia e vescovo <strong>di</strong> Mazara a 12 ottobre del 1639, respingendo<br />
in essa gli doveri <strong>di</strong> essa Compagnia verso la Madrice<br />
chiesa.<br />
Alzato il campanile, si <strong>di</strong>è a 30 aprile del 1643, il partito da detta<br />
Compagnia a mastro Andrea Corso per costruire due campane,<br />
stipolandosene l’atto in notar Franco Di Franco, quali poi si consegnarono<br />
partitario, per apoca in detto notaro a 10 luglio, 11<br />
ind., <strong>di</strong> esso anno.<br />
Nella visita dell’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara fra don Giovanni Lazàno a<br />
16 febbraio 1660<br />
(a) si come altri vogliono a l gennaio 1599<br />
130<br />
vennero approvati i capitoli <strong>di</strong> detto oratorio, che si annunziarono<br />
a 22 agosto, 4 ind., 1606.<br />
In detta chiesa si convoca, nelle contingenze, il civico consiglio,<br />
in essa si sollenizza il 6 novembre la festa del santo patrono, lo<br />
stesso giorno, dopo pranzo, s’impone dai vocali soliti la meta<br />
delle uve e si porta processionalmente per la città il simulacro<br />
del santo preceduto dalle Compagnie, regolari e clero, giusta la<br />
provvista ottenutane i confrati nel loro mandato o <strong>di</strong>spaccio della<br />
cancelleria <strong>di</strong> Mazara li 20 maggio, 9 ind., 1671.<br />
Nell’istessa chiesa si solennizza le 40 ore, ove nella Pasqua <strong>di</strong><br />
Resurrezione, co’ suoi sermoni, messa cantata e musica, suolea<br />
ogni terza domenica esporsi il Divinissimo nella Madrice, in cui<br />
portavasi processionalmene la Compagnia, per cibarsi del corpo<br />
eucaristico ed in<strong>di</strong> ne seguia la condotta nella piazza. Il giovedì<br />
santo la stessa si porta ad assistere in quella pel s. Sepolcro, presedendo<br />
i rettori alla bozzetta con Cristo e lumi e similmente il<br />
sabato santo, domenica <strong>di</strong> Pasqua <strong>di</strong> Resurrezione ed il lunedì <strong>di</strong><br />
essa, in cui si celebra messa all’altare maggiore, in onore del nostro<br />
santo patrono, con panegirica orazione del pre<strong>di</strong>catore quaresimalista.<br />
Tutto ciò si ricava dalla visita <strong>di</strong> mons. don Bartolomeo<br />
Castelli, vescovo <strong>di</strong> Mazara, l’anno 1697, e dalle visite<br />
posteriori sino ad oggigiorno dal nostro Or<strong>di</strong>nario.<br />
138
Intorno alle <strong>di</strong>fferenze imposte tra questa ven. chiesa e Compagnia<br />
alla Madrice chiesa, circa le scambievoli loro contratti e<br />
obbligazioni, si può vedere il capitolo della fondazione <strong>di</strong> detta<br />
Madrice e perentoriamente sotto il governo dell’arciprete Raccuglia,<br />
che stabilì l’ultima transazione per l’atti <strong>di</strong> mio padre, notar<br />
don A. Domenico <strong>di</strong> Bartolomeo, li 14 novembre 1752.<br />
Fé acquisto della chiesa ed oratorio <strong>di</strong> non picciole ren<strong>di</strong>te annuali,<br />
sebbene il magiore si è quello dei pie<strong>di</strong> delle olive e loro<br />
frutto annuale, nonché pezzetti <strong>di</strong> trazziere esistono nelle vie<br />
pubbliche <strong>di</strong> questo Stato ba<strong>di</strong>ale e ciò dai <strong>di</strong> lui abati e commendatari,<br />
e sotto tal emolumento perenne si resero obligati i<br />
rettori a contribuir le spese per ss.mo Viatico, feste ed ogni altro<br />
alla Madrice, giusta le enunciate transazioni. Ciò si ricava dalla<br />
provvista del rev.mo <strong>di</strong> Bruno, vicario generale della Gran Corte<br />
vescovile <strong>di</strong> Mazara, apposto in dorso ad un memoriale dei rettori<br />
<strong>di</strong> detta chiesa e Compagnia, sotto li 19 agosto, 1 ind., 1648.<br />
L’inveterato possessorio <strong>di</strong> suddetti pie<strong>di</strong> e frutti <strong>di</strong> ulivi e pezzetti<br />
contratti <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta e relazioni <strong>di</strong> detto inserto presso gli atti<br />
<strong>di</strong> vari notaj <strong>di</strong> questa, cioè anticamente in detto notar Di<br />
Franco<br />
131<br />
a 10 aprile, 2 ind., 1598, e più recentemente in notar Antonino<br />
Saporito, a 27 settembre, 8 ind., 1744; 5 novembre, 8 ind., <strong>di</strong> esso<br />
anno; 8 settembre, 9 ind., 1745; 21 settembre, 2 ind., 1747; 8<br />
ottobre dell’anno istesso; 23 settembre, 12 ind., 1748; 5 ottobre<br />
<strong>di</strong> detto anno e 14 e 20 settembre, 14 ind. 1750.<br />
In comprova che i confrati godono la facoltà <strong>di</strong> seppellirsi nella<br />
<strong>di</strong> loro peculiar sepoltura, dentro della Madrice, allora nel coro,<br />
oggi esistente nel mezzo <strong>di</strong> essa, <strong>di</strong>etro il <strong>di</strong> lei ingran<strong>di</strong>mento,<br />
se ne legge un documento, stipolato da due confrati, rev. sac.<br />
don Pasquale Rubino e sac. don Pietro Piro, appo gli atti <strong>di</strong> notar<br />
Francesco Minaci, li 12 marzo, 2 ind., 1748.<br />
La terza campana venne fusa, a proprie spese, dal confrate <strong>Giuseppe</strong><br />
Terrana e si rileva dalla lapidetta marmorea esiste nella<br />
sacristia, colla seguene iscrizione: questa venerabile Compagnia<br />
ha obbligo celebrare due messe ad intenzione <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong> Terrana<br />
dell’elemosina che perverrà dalla campana e che detto<br />
comprò de’ suoi denari, quando sona a martoro, eccetto per i<br />
fratelli, e non celebrando le dette messe la detta campana<br />
l’acquisterà l’Opera Santa, come per contratto in notar Giovanni<br />
<strong>di</strong> Leone a dì 8 aprile 1696.<br />
139
140<br />
Capitolo III<br />
Ven. Spedale dell’Infermi e sua chiesa ed aggregazione della<br />
Compagnia dell’Immacolata Concezione.<br />
Malgrado le usate <strong>di</strong>ligenze, non può darsi epoca certa alla fondazione<br />
<strong>di</strong> cotesto spedale, attesa la mancaza degli antichi volumi<br />
<strong>di</strong> scrittura del <strong>di</strong> lui archivio. Non è però da revocarsi in dubio<br />
che se non nacque in tempo dell’arcipretura è <strong>di</strong> lei contemporaneo<br />
<strong>di</strong> poco, vale a <strong>di</strong>re presso il 1570 circa. Ecco come si<br />
contesta ed arguisce da pubblici documenti, che ci sono avanzati.<br />
Cre<strong>di</strong>tor lo spedale <strong>di</strong> Francesca Tituni, alias la Palerma, vedova<br />
<strong>di</strong> Giovanni Antonio Tituni, la Palerma <strong>di</strong>strasse dal <strong>di</strong> lui potere<br />
vari beni e fon<strong>di</strong>, tra i quali salma una <strong>di</strong> terreno in questa <strong>Partinico</strong>,<br />
sovra <strong>di</strong> cui si doveano <strong>di</strong> canone annuale e perpetuo onze<br />
<strong>di</strong>eci e tarì venti a Francesco Manganella, utile domino <strong>di</strong> esso<br />
fondo, che vennero accollate dallo spedale e, per esso, dal <strong>di</strong> lui<br />
procuratore Fabrizio <strong>di</strong> Trapani, come dalla cedola ridotta agli<br />
atti della Regia Corte Patrimoniale <strong>di</strong> Palermo, li 27 luglio, 15<br />
ind., 1617, ed atto <strong>di</strong> possesso li 3 luglio <strong>di</strong> detto anno.<br />
In seguito al detto possesso se ne ottenne per detto Di Trapani, a<br />
nome <strong>di</strong> detto spedale al riferito Manganella la legal pre-<br />
132<br />
stazion del consenso, stipulata agli atti <strong>di</strong> notar Geronimo Capurato<br />
<strong>di</strong> Palermo, il dì 11 febbraio, 3 ind., 1620 ed in ventre <strong>di</strong> esso<br />
istromento, a maggior cautela del Manganella e suoi successori,<br />
per l’annua contribuzione <strong>di</strong> dette onze 10.20, il riferito venerabile<br />
spedale, oltre la general ipoteca de’ suoi beni e ren<strong>di</strong>te,<br />
espressamente ipotegò varie ren<strong>di</strong>te annuali a lui spettanti per<br />
<strong>di</strong>versi contratti, l’epoca dei quali ci porta alla cognizione della<br />
<strong>di</strong> lui origine avuta precedentemente:<br />
<strong>di</strong> onza 1 annuale dovuta al detto spedale per Giovanni e Can<strong>di</strong>a<br />
Rosella, iugali, per soggiogazione in notar Alfonso Cavarretta,<br />
<strong>di</strong> Palermo, a 8 <strong>di</strong> marzo, 7 ind., 1578;<br />
d’altra onza 1 annuale per <strong>Giuseppe</strong> e Isabella De Federico, jugali,<br />
per l’atti <strong>di</strong> notar Cavarretta, <strong>di</strong> Palermo, lo 1 febbraio, 11<br />
ind., 1582,<br />
più tarì 15 annuali dovuti per Giovanni Nunzia Pala<strong>di</strong>no, per<br />
contratto soggiogatorio in notar Giovanni Purpurgnano, <strong>di</strong> questa,<br />
a 9 marzo, 9 ind., 1594,<br />
d’altra onza 1 annuale dovuta a detto spedale per <strong>Giuseppe</strong> e<br />
Giulia d’Orlando, jugali, per contratto in notar Ottavio Cannella,<br />
<strong>di</strong> questa, il dì 11 novembre, 12 ind., 1598,
oltre non pochi altri istromenti publici che si enunciano nei primi<br />
del seguente secolo e pria <strong>di</strong> detto anno 1620.<br />
Quel che però <strong>di</strong> certo ci rimane dalla tra<strong>di</strong>zione si è che tale pia<br />
opera fu promossa, istituita e fondata dalla pietà de’ fedeli donatori<br />
e testatori, fra’ quali costantemene si vuole il maggiore, il<br />
prelodato Fabrizio Di Trapani, uomo molto dovizioso, e parecchie<br />
scritture par che cel dassero a <strong>di</strong>vedére.<br />
L’amministrazione poi dello rendale ed effetti, nonché la cura<br />
degli malati, coteste è da credersi che ne’ primi tempi la tennero<br />
i benefattori, senza veruna elezione dell’Or<strong>di</strong>nario. Tanto è ciò<br />
vero quanto dall’eminentissimo car<strong>di</strong>nale del titolo <strong>di</strong> santa Cecilia,<br />
rev.mo don Giovanni Domo Spinola, vescovo <strong>di</strong> Mazara, in<br />
<strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> sua sagra visita in questa, il dì 15 ottobre, 8 ind.,<br />
1639, si trovò cotesto inconveniente, cioè che l’albergo degli infermi<br />
suddetto mancava <strong>di</strong> rettori legittimi, onde provvide <strong>di</strong> essi<br />
il medesimo, creando il dottor in me<strong>di</strong>cina Vincenzo Caruesicca,<br />
il sac. don Gerolamo Lo Presti e Pietro Lo Re, soggetti probi, pii<br />
e benestanti, e per depositario Giovan Pietro Toledo, e tutti a<br />
beneplacito <strong>di</strong> suddetto eminentissimo car<strong>di</strong>nale, come il tutto si<br />
rileva da un atto firmato da mons. don <strong>Giuseppe</strong> Lumia, vicario<br />
generale della gran Corte vescovile <strong>di</strong> Mazara detto giorno, che<br />
per sorte originalmente conservasi nel vol. I <strong>di</strong> scrittura, a f. 36.<br />
Forma l’albergo un camerone, per uso degli uomini infermi e due<br />
ben gran<strong>di</strong> camere per le femmine malate, <strong>di</strong>stintamente l’un<br />
dall’altre separati, serviti tutti dall’infermieri rispettivi<br />
133<br />
giusta il loro sesso, oltre la sovrintendenza <strong>di</strong>aria <strong>di</strong> un reverendo<br />
sacerdote stipen<strong>di</strong>ato dall’Opera, che altresì fa da cappellano<br />
or<strong>di</strong>nario, amministrando i sacramenti e assistendo a ben morire<br />
gli infermi.<br />
L’amminisrazione del tutto e la elezione de’ rettori, ufficiali e<br />
detentoria ne’ tempi andati risiedè nell’Or<strong>di</strong>nario, in<strong>di</strong> nel Giu<strong>di</strong>ce<br />
locale, sino al 1799, e dal 1800 a questa parte a mani della<br />
regia Intendenza.<br />
Lo rendale <strong>di</strong> lordo <strong>di</strong> suddetto spedale si fa ascendere ad onze<br />
185.19.9.4, da cui, scemati gli oneri e salari in onze 81.19.3 annuali<br />
avvanza all’anno per li malati la somma <strong>di</strong> onze 104.0.6.4.<br />
Avvi la chiesa sotto titolo dello Spirito Santo, per uniformarsi<br />
alla pia testamentaria <strong>di</strong>sposizione dell’infrascritto <strong>di</strong> Manganella<br />
benefattore. In essa, a man sinistra e accanto la sacristia vi è<br />
la cappella <strong>di</strong> Maria SS.ma Immacolata, espressa in vaghissimo<br />
simulacro <strong>di</strong> legname, <strong>di</strong>nanzi cui ogni anno vi si celebrano li n.<br />
12 sabati solenni, con messa cantata, sermone ed esposizione del<br />
Divinissimo, e poi, nell’anno che le spetta, alli 8 <strong>di</strong>cembre, si<br />
141
solennizza sfarzosamente la festa nella più devota e splen<strong>di</strong>da<br />
guisa, non inferiore alla capitale, che poi chiude con numerosa e<br />
decente condotta del simulacro per la città nell’ultima festiva<br />
gioia.<br />
Gode l’altare maggiore, de<strong>di</strong>cato all’augustissimo Spirito Santo,<br />
<strong>di</strong> onze 12 annue per la celebrazione <strong>di</strong> una messa al giorno, <strong>di</strong>sposta<br />
da detto don Francesco Manganella nel suo testamento, in<br />
notar Pietro Paolo Pontifici <strong>di</strong> Palermo, il dì 29 novembre, 13<br />
ind., 1629, e ciò da un rev. cappellano celebrante, <strong>di</strong> pia vita,<br />
fama e costumi, eligendo dal <strong>di</strong> lui erede universale, che ne fu<br />
istituito il ven convento della ss.ma Nunziata della Zisa, fuori le<br />
mura della città <strong>di</strong> Palermo e, per esso, dal <strong>di</strong> lui padre priore e<br />
ben anco da governatore e un congionto della ven. Congregazione<br />
de’ Peccatori ripentiti, allora esistente nel ven. convento <strong>di</strong> s.<br />
Agostino <strong>di</strong> detta capitale, e pagabile detto legato <strong>di</strong> onze 12 sopra<br />
le onze 75 annuali <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta dovute a detto testatore <strong>di</strong><br />
Manganella dal Senato palermitano <strong>di</strong> due contratti soggiogatori,<br />
agli atti <strong>di</strong> notar Francesco Panitteri, <strong>di</strong> detta città il dì 27 maggio,<br />
8 ind., 1625 e dì 12 febbraio, 12 ind., 1629.<br />
In essa chiesa sacramentale, ogni dì si fa la santa bene<strong>di</strong>zione<br />
del Divinissimo ivi perenne, ogni anno il santo Sepolcro e la risurrezione<br />
il sabato santo.<br />
Sul cominciar del 1700, per un armonica convenzione, vi si aggregò<br />
a detta chiesa dello spedale e vi s’istituì la Compagnia <strong>di</strong><br />
Maria SS.ma Immacolata, prelodata <strong>di</strong> sopra, e ciò sul governo<br />
dell’Or<strong>di</strong>nario monsignor vescovo <strong>di</strong> Mazara, don Bartolomeo<br />
Castelli, da cui furono approvati i capitoli, presentati e <strong>di</strong>sposti<br />
dal Superiore e congionti, in <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> sua sagra visita detto<br />
anno.<br />
134<br />
Nell’anno poi 1703 e sotto li 23 maggio, per gli atti <strong>di</strong> notar don<br />
Gaspare Bellomo, <strong>di</strong> questa, dai rettori dello spedale suddetto si<br />
concesse al superiore e congionti della mentovata Compagnia il<br />
terreno in detta chiesa, per e<strong>di</strong>ficarsi la <strong>di</strong> sopra riferita cappella,<br />
ove situarsi e venerarsi il sagro simulacro della Signora, che pria<br />
serbavasi nella sacristia ed esponevasi la <strong>di</strong> lei festa su’ l’altare<br />
maggiore, si accordò similmente la potestà <strong>di</strong> scavarsi la sepoltura<br />
innanzi detta cappella, per sotterrarvisi gli confrati, e finalmente<br />
l’ampia e general facoltà <strong>di</strong> ufficiare e solennizzare in<br />
detta chiesa a lor proprie spese e ben anco avvalersi della sacristia.<br />
Siccome del pari e intuitivamente alle dette potestà, la<br />
Compagnia sborsò in contanti onze 50 ai rettori <strong>di</strong> detto spedale,<br />
per erogarle tanto nell’erezione e costruzione decente della sa-<br />
142
cristia che <strong>di</strong> un nuovo infermitoio, in uso de’ malati e finalmente<br />
ristorare la facciata allora cadente <strong>di</strong> detta chiesa.<br />
Posteriormente a detta concessione e nel 1751, per altro istromento<br />
in notar Antonino Saporito, <strong>di</strong> questa, il dì 26 <strong>di</strong>cembre,<br />
si accordò da detto spedale e a detta Compagnia altro pezzo <strong>di</strong><br />
terreno in detta chiesa, per altra sepoltura, onde interrarsi le mogli<br />
<strong>di</strong> suddetti confrati.<br />
Mossa da zelo, la detta Compagnia e maggiormente promuovere<br />
il culto <strong>di</strong>vino a vantaggio de’ fedeli e gloria dell’Altissimo<br />
nonché a veder più culta la chiesa, si opinò <strong>di</strong> concerto ai rettori<br />
<strong>di</strong> detto spedale, <strong>di</strong> fondarsi l’Opera dell’Agonia, quale venne<br />
approvata, a 4 settembre 1776, dalla gran Corte vescoval <strong>di</strong> Mazara<br />
e dal suo vicario generale degente in Palermo. E, volendo<br />
decorar la chiesa del campanile e campane, <strong>di</strong> cui era manchevole,<br />
supplicandosi la Corte suddetta, se ne ottenne da lei la licenza,<br />
erigendosi detto campanile su la facciata della chiesa, con<br />
due sonore campane, per le quali vi si erogarono onze 130, il<br />
suono delle quali poi, da parte degli rettori dello spedale si pretese<br />
impe<strong>di</strong>re pel <strong>di</strong>sturbo apportava agli infermi. E <strong>di</strong> fatti se ne<br />
istituì in detta gran Corte il giu<strong>di</strong>zio formale, che poi, ad ovviarsi<br />
le spese, chiesto informo da mons. Maccajone, vicario generale<br />
in Mazara, al rev. dottor don Michele Marocco, <strong>di</strong> questa,<br />
questi opinò consultare <strong>di</strong> restare il campanle e campane in decoro<br />
della patria e chiesa e per li altri mottivi addotti nel <strong>di</strong> lui<br />
ben lungo consulto ed informo, firmato li 15 giugno 1778, <strong>di</strong>etro<br />
<strong>di</strong> cui dal riferito mons. Maccajone col voto dell’Assessore<br />
135<br />
fu resoluto l’affare a pro’ <strong>di</strong> detta Compagnia per la permanenza<br />
del campanile e campane, e ciò in forza <strong>di</strong> sentenza data in Mazara<br />
sotto il dì 25 agosto d’esso anno 1778.<br />
Oggi però la detta Opera dell’Agonia in detta chiesa resta abolita<br />
né <strong>di</strong> più vi officia, come solea, coll’esposizione del Divinissimo<br />
nell’agonia degli ascritti alla stessa. Ma, i revv. preti della medesima<br />
siegono ciò non ostante il loro istituto <strong>di</strong> assistere a ben<br />
morire i fedeli dì e notte, che trovansi arrollati all’Opera e corrispondono<br />
alla stessa grani uno a settimana a famiglia, per sostegni<br />
de’ sol<strong>di</strong> dei Padri e bidelli.<br />
Vestono i confrati a sacco <strong>di</strong> tela fina bianca, con orlo <strong>di</strong> fettuccia<br />
celeste agli estremi e portanti una medaglia <strong>di</strong> argento, rappresentante<br />
l’Immacolata Signora.<br />
Ma siccome pria della fondazione <strong>di</strong> cotesta Compagnia ed erezione<br />
del simulacro suddetto, solea per <strong>di</strong>vozione la chiesa <strong>di</strong><br />
san Francesco solennizzar la festa dell’immacolato concepimento<br />
e far la condotta del proprio simulacro, nacque così della sa-<br />
143
gra gara ed emulazione, che poi degenerò in invi<strong>di</strong>a e contense<br />
tra amendue le Compagnie, con scandalo e <strong>di</strong>sturbo de’ fedeli,<br />
attrasso del <strong>di</strong>vino culto e <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o delle medesime, sino ad inoltrarsi<br />
<strong>di</strong> contenderla con armi e in giu<strong>di</strong>zio, per la qualcosa<br />
poi, coll’opera de’ pii e savi soggetti patriotti, si <strong>di</strong>venne finalmente<br />
ad una buonaria concor<strong>di</strong>a, stabilendosi <strong>di</strong> solennizzarsi la<br />
fesa alternativamente ogni anno l’una <strong>di</strong> dette Compagnie, vale a<br />
<strong>di</strong>re nell’anno paro quella del ven. spedale e nell’anno sparo<br />
l’altra <strong>di</strong> san Francesco, potendo in tal anno altresì ognuna delle<br />
Compagnie celebrare anche la condotta del sagro simulacro. Pur<br />
ciò non <strong>di</strong> meno, i sabati si solennizzan mai sempre dallo spedale<br />
e, quando tocca a lui la festività, cotesta riesce e più devota e<br />
più gaia e tenerissima da dopo la mezzanotte sino al giorno seguente.<br />
Capitolo IV<br />
Ven. Chiesa <strong>di</strong> San Francesco ed Opera del Purgatorio<br />
Riconosce la sua fondazione cotesta chiesa dalla cristiana pietà<br />
<strong>di</strong> Pietro Viola, mastro Vincenzo Di Franco e Fer<strong>di</strong>nando Lagu<strong>di</strong>,<br />
superiori, che ottennero da Mario Gambacorta, domino utile,<br />
la assegnazione <strong>di</strong> un pezzo <strong>di</strong> terreno nel <strong>di</strong> cui luogo<br />
dell’istesso nome in questa sotto la piazza e nella fine<br />
dell’abitato, per contratto agli atti <strong>di</strong> notar <strong>Giuseppe</strong> Foscuni <strong>di</strong><br />
Palermo, il dì 26 maggio 1611.<br />
136<br />
Onde, al 1613, dai confrati della chiesa <strong>di</strong> s. Francesco, a proprie<br />
spese, fu costrutto l’oratorio ed eretta la Compagnia su l’istituto<br />
del serafico santo ed aggregata alla religion cappuccina da fra<br />
Paolo da Cesena, generale dell’Or<strong>di</strong>ne, regnando il santo Padre<br />
Urbano V, e ciò sotto li 8 aprile del 1614, come altresì da altri<br />
generali susseguenti nel 1619, 1636 e 1645.<br />
Vanta dessa vari legati, assegnazioni e donazioni da parecchi fedeli,<br />
a segno ché va con le migliori chiese della città, possedendo<br />
altresì salme 4.0.3 terre con vigneti nel nostro fondo baziale,<br />
oltre a non poche case date a censo. Il primiero benefattore fu<br />
Paolo Anello, per scheda testamentaria, a 26 gennaio, 12 ind.,<br />
1614 e il rev.mo arciprete Monte.<br />
Nel 1618 si presentarono i capitoli <strong>di</strong> essa Compagnia, che poi<br />
vennero confermati la prima volta da monsignor vicario generale<br />
<strong>di</strong> Mazara, don Francesco de Vascerus, in <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> sagra visita<br />
in questa li 15 agosto, 11 ind., 1623.<br />
144
L’Opera del Purgatorio vennesi ad aggregare a detta chiesa e<br />
Compagnia <strong>di</strong> san Francesco, giusta il breve apostolico in data<br />
de’ 28 maggio 1633. E quest’Opera poi aggregossi a quella <strong>di</strong><br />
san Matteo nel Cassare <strong>di</strong> Palermo, per lettere delli 15 settembre<br />
1655 e lettere osservatoriali, spe<strong>di</strong>te dalla gran Corte vescovile<br />
<strong>di</strong> Mazara, sotto li 22 febbraio, 10 ind., 1657.<br />
Godé quest’Oratorio per ben sett’anni l’onore della Madrice<br />
chiesa, dal 1640 a tutto il 1646, quanto durò la fabrica <strong>di</strong> quella,<br />
funzionando e facendo le <strong>di</strong> lei veci.<br />
Nell’anno 1660, abolito poi da detta Compagnia detto Oratorio,<br />
si ridusse in magazino e due casette, ritenendo la denominazione<br />
<strong>di</strong> San Francesco Lo Vecchio, quali in<strong>di</strong>, nel 1738, vennero dalla<br />
Compagnia anzidetta concessi a censo a’ falegnami e bottai, per<br />
l’atti <strong>di</strong> notar Antonino Rosario Greco, per fabbricarvi una chiesa,<br />
che adesso esiste, in onore del glorioso patriarca San <strong>Giuseppe</strong><br />
e ciò sotto li … (sic) . Pensando ad erigere l’attual chiesa<br />
avvi in essa chiesa la cappella del glorioso vescovo s. Eligio, in<br />
<strong>di</strong> cui onore in agosto se gli celebra la festa e il dopo pranzo vi è<br />
la rinomata corsa dei barberi, che può <strong>di</strong>rsi la prima della città.<br />
Finalmente, su’ li 11 gennaio, 14 ind., 1746 si unì a detta chiesa<br />
l’Opera della prima messa mattutina pria dell’aurora, per opera e<br />
zelo e alquanto propri beni del pissimo maestro Domenico Ragona<br />
che, sua vita durante, ne sostenne l’amministrazione e <strong>di</strong>rezione,<br />
come si rileva dal decreto in sagra visita <strong>di</strong> mons. Vescovo<br />
<strong>di</strong><br />
137<br />
Mazara, a 10 novembre del 1747 e <strong>di</strong>etro la sua morte don Pietro<br />
Ragona, <strong>di</strong> lui figlio, per atto <strong>di</strong> elezione sotto li 28 ottobre<br />
1777, presentato in questa corte foranea li 29 dell’istesso mese,<br />
siccome <strong>di</strong>etro la morte del medesimo, oggi ne tien la cura don<br />
Antonino Ragona, altro figlio del detto fondatore mastro Domenico.<br />
Governando lo spirituale <strong>di</strong> detta chiesa il rev. dottor don Sebastiano<br />
Ragona, in qualità <strong>di</strong> cappellano or<strong>di</strong>nario, che la resse<br />
egregiamente per ben 43 anni, finché ne morì nel 1803, lasciandovi<br />
ottimi sacri arre<strong>di</strong> e velluti d’apparare, ne ottenne la perenne<br />
permanenza in essa del Divinissimo, rendendola con ciò sacramentale<br />
qual è, e ciò con brieve apostolico de’ 22 setembre<br />
1789 ed atto <strong>di</strong> contentamento fattone l’arciprete dottor don Pietro<br />
Perrone in notar don Michele Mancuso, sotto il 1 novembre<br />
<strong>di</strong> esso anno.<br />
145
146<br />
Capitolo V<br />
Venerabile convento e chiesa dei Cappuccini<br />
La più antica comunita de’ regolari che abbia avuta la città nostra<br />
si è quella de’ reveren<strong>di</strong> padri Cappuccini, dell’Or<strong>di</strong>ne del<br />
serafico Padre san Francesco, quello stesso Or<strong>di</strong>ne che ebbe origine<br />
dal Servo <strong>di</strong> Dio Matteo da Bassi, nella marca anconitana,<br />
nella città <strong>di</strong> Camerino, sotto il papa Clemente Settimo, l’anno<br />
1525, secondo rapporta il ven. padre fra Paolo Morigia, milanese,<br />
nella sua storia delle religioni, a foglio 160 e 274. Tutta<br />
l’obbligazione <strong>di</strong> tal pia Opera tuttora meritamente dee attribuirsi<br />
allo zelo e dovizia del non abbastanza commendabile Fabrizio<br />
<strong>di</strong> Trapani, cristianissimo gentiluomo palermitano. Scevro costui<br />
e lontano d’ogni umana vanità e dal riportarne dei rapi<strong>di</strong> lampi<br />
<strong>di</strong> fugaci terrene lo<strong>di</strong>, ma tutto per Dio e senza l’ambizione <strong>di</strong><br />
lasciarne a posteri l’ammirare della sua magnanimità, senza<br />
scrittura alcuna, graziosamente concesse o piuttosto donò al nostro<br />
convento in perpetuo, nel 1617 salma una e tumeni due circa<br />
<strong>di</strong> terreno, <strong>di</strong> maggior quantità possedeva qual uno degli enfiteuti<br />
<strong>di</strong> questa regia Abbazia, e ciò all’oggetto <strong>di</strong> quello avvalersene,<br />
cioè in quanto a tumeni otto per erigersi in esso la chiesa,<br />
convento e villa, e li restanti tumeni <strong>di</strong>eci per lasciarsi vuoto e<br />
formarsene una pianura, onde si rendesse quel chiostro segregato<br />
dal consorzio e civica abitazione, a seconda gli istituti della sua<br />
religione. Né <strong>di</strong> ciò contentossi il Di Trapani, ma co’ propri suoi<br />
denari<br />
138<br />
ed incitato dal suo fervente zelo, in men <strong>di</strong> tre anni, fé il tutto<br />
erigere e perfezionare. Talmenteché, nel 1619, se ne ammirò, a<br />
gloria <strong>di</strong> Dio, la vasta rispettabile mole toccare il segno e la meta<br />
(che non può la grazia quando alligna in un cuore cattolico!),<br />
ciò si rimarca da un marmoreo monumento che debitamente poi<br />
la gratitu<strong>di</strong>ne cappuccina appose, per intelligenza de’ posteri,<br />
su’ la porteria, ad onorarne il fondatore, in cui incisa si legge la<br />
seguente iscrizione, che guastata dalle ingiurie del tempo, si fé<br />
rinnovare dalla <strong>di</strong>ligenza del molto rev. padre Luigi da <strong>Partinico</strong>;<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo)<br />
Anno Domini MDCXIX, Angelorum Imperatrici<br />
beatissimo seraphico Francisco, Fabritius Trapa<br />
ni Phanormitanus templum hoc erexit, adorna<br />
vit, <strong>di</strong>cavit coenobium cappuccinorum familiare<br />
construxit, instruxit, opere suo, nihil non suis labo
e, cura impen<strong>di</strong>t, visitur 82<br />
A maggior cautela del convento, dopo anni 22 dalla <strong>di</strong> lui fondazione,<br />
l’accuratezza del padre guar<strong>di</strong>ano, fra Antonino <strong>di</strong> Palermo<br />
ne procurò providamente del suddetto terreno la corrispondente<br />
concessione, ossia prestazion <strong>di</strong> consenso, gratuita e<br />
senza canone alcuno, dal rev.mo don Andrea Massa, procuratore<br />
generale della serenissima arciduchessa donna Clau<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Austria,<br />
madre tutrice e libera amministratrice del serenissimo don<br />
Sigismondo, figlio, qual Abbate e perpetuo Commendatore <strong>di</strong><br />
nostra real Abbazia, e ciò con solenne atto rogato da notar Melchiorre<br />
Montalbano <strong>di</strong> Palermo, addì 14 maggio, 7 ind., 1639.<br />
Dalla pietà ancora del prelodato rev.mo <strong>di</strong> Massa, qual procuratore<br />
anzidetto, oltre fu fatta graziosa perpetua concessione enfiteutica<br />
in favore del rev. padre guar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> quel tempo, fra Agostino<br />
da Palermo, <strong>di</strong> denari quattro d’acqua dalle sorgive<br />
dell’acque dell’Abbazia, da rinvenirsi da detto padre guar<strong>di</strong>ano<br />
sopra la testa dell’acqua della nostra città, allora terra, a con<strong>di</strong>zione<br />
che se fosse più <strong>di</strong> denari 10 allora s’intenda per denari<br />
sei, e questo a uso e comodo del convento, stipolandosene l’atto<br />
in notar don Francesco De Franchi li 10 giugno, 13 ind., 1645.<br />
Dagli atti poi <strong>di</strong> notar Francesco Maria Minaci si rilieva essere<br />
stata al convento donata d’Anna Furia, erede <strong>di</strong> Epifanio Impastato,<br />
altra quantità d’acqua dalle sorgenti del <strong>di</strong> lui luogo <strong>di</strong><br />
Ramo, cioè denari quattro per li mesi <strong>di</strong> giugno, luglio e agosto,<br />
e per li restanti mesi dell’anno denari sei, sulla con<strong>di</strong>zione<br />
139<br />
<strong>di</strong> doversi il convento acconciar la saetta e raccorne tutta la<br />
quantità che scorre dal capo onde scaturisce e condurla in essa<br />
saetta sulla caducità <strong>di</strong> essa donazione, come dalla medesima in<br />
data de’ 12 aprile 1725.<br />
L’anno 1752, a 29 agosto, il monastero <strong>di</strong> San Martino delle Scale<br />
<strong>di</strong> Palermo concesse a censo ai revv. padri Cappuccini, pel canone<br />
<strong>di</strong> due messe all’anno, un rivolo piccolo d’acqua, col terreno<br />
pell’acquedotto della medesima, quell’istessa acqua che sorge<br />
dal territorio del Borgetto e dal luogo grande <strong>di</strong> Ramo, con facoltà<br />
<strong>di</strong> cavare una canna sotto ed altra sopra dell’origine ove<br />
scaturisce e poterle fare una cupola, catusato e altre cose attinenti<br />
a poter condurre le suddetta acqua il dì appunto <strong>di</strong> San Francesco.<br />
Vedasi il contratto detto in notar don <strong>Giuseppe</strong> Di Lorenzo.<br />
82 Nel 1619 Fabrizio Trapani, palermitano, in onore dell’imperatrice degli Angeli<br />
e del beatissimo serafico Francesco, eresse questo tempio, lo adornò, costruì<br />
il cenobio per l’or<strong>di</strong>ne dei cappuccini, lo strutturò personalmente non senza<br />
sua fatica e cura.<br />
147
Frattanto, malgrado la sufficiente acqua che gode, dovrebbero la<br />
cucina, orto, villetta e beviera ossia gebbia interni in esso convento<br />
abbondare anziché patirne l’attrasso e scarseggiarla con<br />
penuria ne’ sei mesi estivi e autunnali sino a gennaio, a cagion<br />
dell’appropriazione se ne fa la baronessa donna Maria Assunta<br />
Puccio e Raccuglia, a comodo ed utile della <strong>di</strong> lei casina e giar<strong>di</strong>no<br />
denominati <strong>di</strong> Gambacurta, prossimi al corso <strong>di</strong> suddetta<br />
acqua e alla nostra città, a carico <strong>di</strong> cui la povertà e con<strong>di</strong>zione<br />
de’ frati non ha potuto contenderne la indebita percezione e ciò<br />
non ostante l’incoato giu<strong>di</strong>zio de spolio a 6 luglio del 1783.<br />
Gode ciò nullostante il convento <strong>di</strong> un cristallino perenne corso,<br />
donde attigne dell’acqua e con ciò ne corregge in parte e rimpiazza<br />
la mancanza.<br />
A fiancheggiar <strong>di</strong> cautela la pacifica possessione ed acquisto <strong>di</strong><br />
suddetto convento, chiesa e terreno con quanto vi esiste, nel<br />
1661, a dì 19 gennaio, si munì il convento delle solite lettere<br />
possessorie, sotto il governo dell’imperator de’ Romani Carlo,<br />
Re delle Spagne e <strong>di</strong> Sicilia e del <strong>di</strong> lui viceregnante Conte <strong>di</strong><br />
Ayala e che in seguito, a 25 novembre del 1722, se ne ottenne<br />
patrimoniale <strong>di</strong>spaccio in triduo, continente le lettere osservatoriali<br />
<strong>di</strong> quelle emanatesi al 1661, che vennero in questa eseguite<br />
e registrate dal Castellano <strong>di</strong> quei tempi, notar don Francesco<br />
Maria Minaci, a 14 <strong>di</strong>cembre suddetto.<br />
L’o<strong>di</strong>erna biblioteca fu tolta dall’antico men comodo sito e eretta<br />
ove si vede al presente colla sua loggetta, dalla cura del molto<br />
reverendo padre Urbano da Monreale. Va’ dessa proveduta da<br />
140<br />
pochi, ma scelti volumi, de’ migliori autori, mercé l’industria ed<br />
applicazione <strong>di</strong> vari religiosi e <strong>di</strong>voti letterati. Ebbe la <strong>di</strong> lei<br />
fondazione verisimilmente contemporanea alla fabbrica della sepoltura,<br />
che sorge accanto la chiesa, da parte <strong>di</strong> libeccio, sin<br />
dall’anno 1737, sotto il governo del guar<strong>di</strong>ano padre Placido da<br />
Monreale e che fu e<strong>di</strong>ficata da fra <strong>Giuseppe</strong> da Termine e fra<br />
Leone da Poggioreale, in termine d’anno uno. In essa vi si sotterrano<br />
delle più ragguardevoli famiglie, in buona parte in casse<br />
pittate, pel <strong>di</strong>voto attaccamento al sacro luogo e per la decente<br />
struttura della medesima e nel dì d’Ognissanti al vespro e de’ <strong>di</strong>fonti<br />
vi concorre la pietà de’ fedeli a suffragarne quelle anime,<br />
ammirandosene la funebre religiosa pompa de’ doppieri e lampane<br />
accese in gran copia in tutta la <strong>di</strong> lei estensione ed altare.<br />
In una relazione redattasi l’anno 1758, il dì 23 <strong>di</strong> gennaro, presso<br />
gli atti dell’attuario del Tribunale della regia Gran Corte civile<br />
qui degente, don Vincenzo Bonarrigo, riferisce il perito agrimensore<br />
Vincenzo Tantilio, che, misurate le terre tutte <strong>di</strong> spet-<br />
148
tanza del convento colla solita corda <strong>di</strong> canne 18.2, trovolle in<br />
salme 1.1, cioè il circuito della sepoltura, convento, chiesa, orto<br />
e giar<strong>di</strong>no in salme 9 e la pianura verso sirocco <strong>di</strong>nanzi la chiesa<br />
salme 8, dedotte le strade pubbliche dall’antica punta <strong>di</strong> Bisaccia<br />
e quella della vecchia calcara, siccome l’altra che porta ai molini<br />
dell’Abbazia.<br />
Questo convento e famiglia, reggendo da guar<strong>di</strong>ano il molto rev.<br />
padre Michelangelo da <strong>Partinico</strong>, venne visitato dal padre generale<br />
Erardo da Radkerspurgo, il dì 12 <strong>di</strong>cembre 1777, e ricevuto<br />
con <strong>di</strong>vozione e onorificenza dal clero secolare e regolare, da ceto<br />
civile e maestranza e dal popolo tutto incontrato, con controsegni<br />
<strong>di</strong> special riverenza, nutrendosi da nostri abitanti sempre il<br />
singolare affetto per tale sagro istituto.<br />
Il parterra, ossia terrazzo rimpetto la marina <strong>di</strong> San Cataldo, fu<br />
invenzione ed opera del <strong>di</strong>gnissimo rev. Giacinto da Palermo, allora,<br />
al 1779, guar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> questo convento, a lecito <strong>di</strong>porto e ricreazione<br />
de’ frati, nonché de’ devoti.<br />
Ne va’ la chiesa <strong>di</strong>sposta nella solita gujsa che si vedono l’altre<br />
chiese de’ Cappuccini. Si contengono in essa quattro cappelle,<br />
adorne <strong>di</strong> sagre immagini ed altari, oltre il maggiore, che conserva<br />
il Divinissimo e vi si venera la Vergine SS.ma degli Angioli<br />
(a seconda la voltontà e <strong>di</strong>vozione del fondator Trapani e<br />
analoga alla suddetta lapidaria iscrizione). Sotto il suddetto altare<br />
141<br />
va’ situato decentemente il venerabile corpo del martire san Benedetto,<br />
dono ottenuto per <strong>di</strong>vozione del citato rev. p. Luigi da<br />
<strong>Partinico</strong>, allor guar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> nostro convento, dal car<strong>di</strong>nale eminentissimo<br />
Guglielmo Pallotta <strong>di</strong> Macerata, regnando pontefice<br />
Pio VI, <strong>di</strong> felice memoria, pria appellato Giovanangelo Braschi,<br />
alli 8 maggio del 1786.<br />
Non vi è funzion chiesiastica che non si esercita da questi esemplari<br />
frati. Le maggiori solennità sono appunto li 4 ottobre, festa<br />
del loro serafico istitutore; li 25 marzo <strong>di</strong> Maria SS.ma Annunziata,<br />
a spese dei nostri giar<strong>di</strong>nieri e ortolani; li 19 marzo del patriarca<br />
san <strong>Giuseppe</strong>, nel corso della carriera quaresimale e 29<br />
settembre del Principe delle celesti milizie san Michele,<br />
l’arcangelo, a parte già della sontuosa e <strong>di</strong>vota delli 2 agosto,<br />
detta la Porziuncola, in cui religiosamente concorre la città tutta<br />
per l’acquisto della plenaria indulgenza toties quoties visitandola,<br />
nonché le vicine terre del Borgetto, Valguarnera, Cinisi, Favarotta,<br />
Montelepre e Giar<strong>di</strong>nelli, quali mancano <strong>di</strong> siffatte chiese<br />
francescane, cui è addetta e fu concessa la riferita indulgenza.<br />
149
Conservansi in detta chiesa, rimpetto alla sepoltura, le ceneri del<br />
sempre degno più che patriotta illustre marchese <strong>di</strong> Granmontagna,<br />
Vincenzo del Castillo, chiuse in urna con medaglia marmoria<br />
erettagli i suoi riconoscenti ere<strong>di</strong> continente l’infrascritto epitaffio:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo)<br />
Vincentius del Castillo, marchio Magnae Montaneae, <strong>di</strong>vi Georgii<br />
baro, ex Messanae patritiis atque regius eiusdem Magister<br />
portulanus, genere haud minus quam ingenio, sed multo pietate<br />
praestantior, mirum posteritati monumentum cessit anno<br />
MDCCLXXV, <strong>di</strong>e 17 januarii 83<br />
Fra le altre regali grazie onde venne ricolma la città nostra,<br />
coll’accesso dell’amabilissimo nostro Sovrano Fer<strong>di</strong>nando (Dio<br />
guar<strong>di</strong>), la prima volta, nella novena del s. Natale del Signore,<br />
l’anno 1799, non ne andò esente il nostro convento, venendo<br />
desso onorato e visitato altresì dalla pietà <strong>di</strong> sì augusto monarca,<br />
abbassandosi a segno <strong>di</strong> visitare il religioso padre Nicola da <strong>Partinico</strong>,<br />
sin dentro la <strong>di</strong> lui cella ove gemeva, voglioso <strong>di</strong> adorare<br />
il suo padrone non più conosciuto ed impossibilitato <strong>di</strong> prostrarsegli,<br />
a cagion del morbo da cui veniva inchiodato. Consologli il<br />
Re benignissimo e da padre piuttosto che da sovrano, deponendo<br />
la maestà per alquanti minuti d’ora seco si trattenne gioviale<br />
142<br />
confortandolo e incoragendolo alla pazienza ed uniformità al <strong>di</strong>vino<br />
volere e dandogli a baciare la regal destra. Si portò pure in<br />
chiesa, in cui adorò il Divinissimo sacramentato, da cui ricevé<br />
con e<strong>di</strong>ficazione del popolo che lo seguiva la <strong>di</strong>vina bene<strong>di</strong>zione<br />
e passò finalmente a <strong>di</strong>porto ne’ sottoposti molini della bazia.<br />
Soprafatti <strong>di</strong> tanto sovrano onore gli frati, a perenne loro riconoscenza<br />
e memoria, ferono incidere una tanto segnalata grazia in<br />
un marmo che oggi si vede affisso su la porteria (ov’era prima la<br />
sudetta tabella del fondatore, la quale venne altrove situata in<br />
convento).<br />
La iscrizione che quella porta eccola appresso:<br />
150<br />
Fer<strong>di</strong>nando III Siciliarum regi clementissimo<br />
coenobium hoc, sacram aedem, solarium et<br />
fratrem usque aegrotantem in cella X kal. Ja<br />
nuarii 1799 perscrutanti, ad immortalem beni<br />
83 Vincennzo del Castello, marchese <strong>di</strong> Gran Montagna, barone <strong>di</strong> San Giorgio, patrizio<br />
messinese e regio Maestro portulano della stessa città, eccellente per nobiltà non meno che<br />
per ingegno, ma molto più per pietà lasciò questo meraviglioso monumento alla posterità il<br />
17 gennaio 1775.
gnitatis memoriam,<br />
lapidem hunc, licet exiguum<br />
humilis cappuccinorum familia D.D.D (De<strong>di</strong>cavit) 84<br />
Capitolo VI<br />
Ven. chiesa <strong>di</strong> santo Rocco, ovvero convento e chiesa del Carmine<br />
Gemente e paurosa <strong>di</strong> non soggiacere come tant’altre città del<br />
Regno al pestilento contagio <strong>di</strong> cui veniva minacciata nel 1624,<br />
la nostra popolazione si <strong>di</strong>é co’ voti più fervi<strong>di</strong> a ricorrere alla<br />
protezione del glorioso santo Rocco, promettendogli, ottenuta la<br />
grazia, <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficargli a <strong>di</strong> lui onore, una chiesa.<br />
Esau<strong>di</strong>ti appieno gli prieghi, <strong>di</strong>é principio in detto anno la <strong>di</strong>vozion<br />
de’ supplicanti all’e<strong>di</strong>fizio della chiesa, in un terreno concessogli<br />
il procuratore generale dell’em.mo car<strong>di</strong>nale don Scipione<br />
Burghesio, commendatore <strong>di</strong> nostra Abbazia, in forza<br />
d’atto in notar Luca Scoderi, e ciò in quel luogo appunto ove oggigiorno<br />
s’innalza questo convento dei padri carmelitani. Fondata<br />
avendo in essa chiesa una Congregazione in onore del santo<br />
prelodato, <strong>di</strong> cui ogni anno celebravasi la festa, terminando con<br />
la condotta del simulacro del medesimo. E ciò sino al 1732.<br />
143<br />
Impotente la Congregazione <strong>di</strong> perfezionar con decenza la detta<br />
chiesa, nonché quella manutenere del necessario al culto <strong>di</strong>vino,<br />
coll’occasione della santa missione portata in questa l’anno 1633<br />
dal rev. padre maestro Bonaventura La Rocca e rev. padre maestro<br />
Giovanni Stefano Cuculla, provinciale dei carmelitani e della<br />
provincia <strong>di</strong> sant’Angelo, giu<strong>di</strong>carono espe<strong>di</strong>ente <strong>Giuseppe</strong><br />
Guitto, prefetto, ed un altro fratello <strong>di</strong> detta Congregazione, a<br />
nome della stessa e perpetuamente, rinunziare e cedere a quei<br />
rev. padri maestri carmelitani missionari la predetta imperfezionata<br />
chiesa ossia oratorio, stipolandone l’atto corrispondente<br />
presso detto notar Scoderi, li 27 febbraio <strong>di</strong> detto anno,<br />
coll’obbligo <strong>di</strong> conservarvisi sempre culto l’altare <strong>di</strong> santo Rocco,<br />
solennizzarvi la festa a 16 <strong>di</strong> agosto <strong>di</strong> ogni anno, farvi la<br />
procession della bara col simulacro del santo, associata da padri<br />
84 L’umile famiglia dei cappuccini de<strong>di</strong>cò a Fer<strong>di</strong>nando III, clementissimo re <strong>di</strong><br />
Sicilia, questa lapide, anche se piccola, a ricordo imperituro della visita <strong>di</strong><br />
questo cenobio, <strong>di</strong> questa sacra <strong>di</strong>mora, dell’infermeria e perfino <strong>di</strong> un frate lì<br />
ammalato in cella, il 23 <strong>di</strong>cembre 1799<br />
151
carmelitani ed altre convenzioni che si pattuirono in corpo <strong>di</strong><br />
detto stromento.<br />
Ma non potendosi la detta chiesa né tampoco da detti revv. Padri<br />
perfezionare e manutenere, perché sprovveduti del bisognevole<br />
patrimonio, ancor quando vi aggregassero la fondazion <strong>di</strong> un<br />
convento del loro Or<strong>di</strong>ne, giusta il zelante desiderio dei medesimi<br />
e della popolazione, opinarono a proposito <strong>di</strong> concerto imporsi<br />
una volontaria gabella <strong>di</strong> grano uno a rotolo sopra la ven<strong>di</strong>ta<br />
della carne bovina, porcina, pecorina e <strong>di</strong> ogni altra sorta, che in<br />
questa si macellasse per così ottenersi il bramato fine istituirsi<br />
quest’altra comunità regolare nel paese ad onor e gloria <strong>di</strong> Dio e<br />
a profitto spirituale dell’anime.<br />
Avvanzossi quin<strong>di</strong> dal popolo, regnando Filippo V felicemente al<br />
governo <strong>di</strong> Sicilia e per esso al Viceré Duca Alcalà, spagnolo,<br />
degente in Palermo, il corrispondente ricorso, che venne l’ultimo<br />
<strong>di</strong> agosto, 2 ind., del 1634, decreto <strong>di</strong> dovesi tenere conseglio<br />
sull’assonto, <strong>di</strong> che in seguito se ne sciolse, per la via del Consesso<br />
Patrimoniale, a 7 settembre <strong>di</strong> esso anno, il formale <strong>di</strong>spaccio,<br />
che venne eseguito e registrato in questa li 16 settembre<br />
3 ind., dell’anno stesso dal magnifico don Pietro Di Franco, castellano<br />
e capitan d’armi e dal <strong>di</strong> lui maestro notaro don Luca<br />
notar Scoderi.<br />
Congregatosi il civico conseglio nella rev. madre chiesa, sotto<br />
l’arcipretura allora del rev. don Vincenzo Monte, al suono della<br />
campana grande, v’intervennero ivi n. 104 in<strong>di</strong>vidui, compresi<br />
detto rev.mo arciprete, nonché il rev. Vicario foraneo don Marco<br />
Montalbano, detto magnifico Di Franco e gli deputati annonari<br />
che stavano in quei tempi in loco <strong>di</strong> giurati, col voto comune,<br />
nessun <strong>di</strong>screpante, si con-<br />
144<br />
chiuse e stabilì solennemente il dì 17 settembre, 3 ind., del riferito<br />
anno 1634 d’imporsi a questo pubblico la domandata gabella<br />
del grano uno a rotolo sopra la carne, affin <strong>di</strong> applicarsi e assegnarsi,<br />
mentre sarà <strong>di</strong> bisogno, per la fabbrica <strong>di</strong> detta chiesa <strong>di</strong><br />
santo Rocco in questa terra e convento dell’Or<strong>di</strong>ne de’ Carmelitani<br />
ed in essa e vicino essa da fondarsi, e poi in sussi<strong>di</strong>o per il<br />
manutenimento de’ <strong>di</strong> lui fratelli, da commorarvi colla clausola e<br />
con<strong>di</strong>zione che sempre <strong>di</strong> continuo, in ogni futuro tempo, stassero<br />
ed abitassero almeno quattro revv. Padri carmelitani, due de’<br />
quali almeno confessori, quali ed altri oltre fratelli dovessero assistere<br />
e fossero tenuti, in detta chiesa e convento, confessar i<br />
fedeli e amministrar i santi sacramenti, e mancandosi a tanto<br />
cessar la detta gabella ed estinguersi pel tempo avvenire e si abbia<br />
per non imposta, come meglio dall’atto ridotto presso<br />
152
l’officio <strong>di</strong> detto notaro <strong>di</strong> Scoderi, detto giorno 17 settembre, 3<br />
ind., 1634.<br />
Con lettere responsali <strong>di</strong> detta nostra Corte, firmate li 22 <strong>di</strong> detto<br />
mese <strong>di</strong> settembre, fu trasmesso l’atto del succitato Conseglio al<br />
Governo, per la via <strong>di</strong> detto Tribunale del Real Patrimonio, in<br />
seguito <strong>di</strong> che dal medesimo venne ad approvarsi, con <strong>di</strong>spaccio<br />
firmato da Sua Eccellenza il duca d’Alcalà e dai ministri tutti <strong>di</strong><br />
detta regia Camera, li 3 ottobre <strong>di</strong> detto anno, 3 ind., 1634.<br />
Ciò posto e assicurato suddetto patrimonio onde sossistersi detto<br />
convento e chiesa, si ottenne la debita licenza ed approvazione<br />
<strong>di</strong> fondarsi quelli in detta chiesa <strong>di</strong> santo Rocco, accettandosi in<br />
grangia del ven. convento <strong>di</strong> san Nicola <strong>di</strong> Palermo, nel piano<br />
de’ Bologni, dell’istesso Or<strong>di</strong>ne carmelitano, e ciò dal rev. governatore<br />
e vicario generale <strong>di</strong> Mazara, abbate don Rocco Pirri,<br />
in corso <strong>di</strong> sacra visita, tenuta in Alcamo, li 4 ottobre dell’anno<br />
stesso, 3 ind., 1634, coll’autentica a pié <strong>di</strong> don Andrea <strong>di</strong> Girolamo,<br />
regio notaro della città <strong>di</strong> Mazara, il dì 28 novembre, 12<br />
ind., 1663, ottenendosi ancora da parte del padre Provinciale dei<br />
Carmelitani la conferma della erezione dell’anzidetto convento<br />
dal rev.mo p. Generale dell’Or<strong>di</strong>ne, degente in Roma, con <strong>di</strong> lui<br />
lettere in data delli 12 maggio 1636, intraprendendosi da in<strong>di</strong> in<br />
poi, sino al 1641, la perfezione <strong>di</strong> detta chiesa ed altari, the, cupola<br />
e coro in prospetto l’altar maggiore, nonché <strong>di</strong> un picciolo<br />
campanile e similmente la fabbrica del sontuoso convento nella<br />
struttura appunto che oggi si ammira, col <strong>di</strong> lui atrio, colonnato e<br />
quanto <strong>di</strong> bello e comodo vi si comprende.<br />
145<br />
Ad ovviarsi le fro<strong>di</strong> de’ macellai ottenne il convento dal governo<br />
sotto il serenissimo Sigismondo d’Austria, Viceré del Regno<br />
<strong>di</strong> Napoli e capitano generale in questo Regno <strong>di</strong> Sicilia, <strong>di</strong>spaccio<br />
<strong>di</strong>retto al capitan d’armi e deputati <strong>di</strong> annona <strong>di</strong> questa,<br />
d’ingionger quelli a non macellar bestiame senza la presenza<br />
d’uno dei padri carmelitani o persona da loro designata, e questo<br />
in Palermo, li 29 agosto 1641. Come del pari lettere osservatoriali<br />
per la contribuzione <strong>di</strong> detto grano uno a rotolo <strong>di</strong> carne ed<br />
assistenza al peso <strong>di</strong> essa <strong>di</strong> un fratello carmelitano dal Senato <strong>di</strong><br />
Palermo, sotto pena <strong>di</strong> onze 100, li 5 settembre, 8 ind., 1654,<br />
presentate ed eseguite in questa da don Martino Montalbano, castellano,<br />
li 10 dello stesso mese.<br />
Pretese il capitan d’armi e guerra esentarsi dalla contribuzione <strong>di</strong><br />
detta gabella, come ministro principal del paese, ma non vennegli<br />
menata buona la domanda, anzi fu obbligato, con tutti gli altri<br />
ed esclusi soltanto gli chiesiastici e padri <strong>di</strong> duodeci figli,<br />
153
come da un <strong>di</strong>spaccio patrimoniale, dato in Palermo li 17 ottobre<br />
1687.<br />
Altresì da parte dell’abbate commendatore si pretese a carico del<br />
convento, su l’aspetto <strong>di</strong> zelo, <strong>di</strong> esentar il pubblico <strong>di</strong> suddetta<br />
gabella abolendo la stessa, ma, atteso l’ottimo dritto del convento,<br />
fu a quegli denegata l’u<strong>di</strong>enza, non solo, ma ancora, con serio<br />
<strong>di</strong>spaccio del 4 ottobre 1705, confermato il Conseglio e la imposizione<br />
<strong>di</strong> detto grano 1 <strong>di</strong> gabella relativa al medesimo.<br />
Nuovamente dal capitan d’armi, don Gregorio Castelli, si riprodusse<br />
la pretesa <strong>di</strong> esentarsi quel ministro dalla detta contribuzione<br />
e del pari se gli denegò la domanda con <strong>di</strong>spaccio patrimoniale<br />
de’ 4 febbraio 1723.<br />
Per un ricorso avvanzato alla Maestà del nostro Re Fer<strong>di</strong>nando 3<br />
dal rev.mo arciprete Perrone, clero e popolo tutto, al 1771, probante<br />
la dovizia già godeva il convento ed il pingue <strong>di</strong> lui patrimonio<br />
costituitovi la pietà <strong>di</strong> non pochi testatori, siccome<br />
l’urgente necessità del popolo d’ingran<strong>di</strong>rsi la Madrice, si pretese<br />
trasferirsi e applicarsi detto grano 1 <strong>di</strong> gabella <strong>di</strong> carne in benefizio<br />
della chiesa madre suddetta e torsi al detto ven. convento.<br />
Fu tale affare dal giustissimo Sovrano rimesso alla legal cognizione<br />
dell’ill.mo don Diodato Targiani, consultor del Governo<br />
e regio amministratore <strong>di</strong> quesa regia Abbazia, da cui fu consultato<br />
in pro’ della Madrice, motivo per cui dal prelodato Regnante,<br />
con suo biglietto delli 31 agosto 1771, dato in Napoli e<br />
<strong>di</strong>retto al Targiani per la <strong>di</strong> lui esecuzione venne detto grano 1 <strong>di</strong><br />
gabella assegnato alla madre chiesa per erogarsi in <strong>di</strong> lei ingran<strong>di</strong>mento<br />
ed in<strong>di</strong> restare in patrimonio della medesima.<br />
Gravatosene <strong>di</strong> ciò il convento, umiliò le sue suppliche al real<br />
trono, da cui, con biglietto de’ 31 maggio 1777 <strong>di</strong>retto al consesso<br />
patrimoniale in Palermo, ne commise a quei ministri<br />
l’informo. Ma frattanto unitisi l’arciprete ed il priore finalmente<br />
liticessero scambievolmente, autorizzandosi tutto l’enarrato <strong>di</strong><br />
sopra<br />
146<br />
venne il convento a racquistar la gabella, qual tuttodì percepisce<br />
su la carne si macella, sendosene stipolata legal transazione<br />
presso gli atti <strong>di</strong> notar don <strong>Giuseppe</strong> Savasta <strong>di</strong> Palermo il dì 17<br />
agosto, 11 ind., 1778, <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> cui il convento si munì, per <strong>di</strong> lui<br />
cautela, <strong>di</strong> patrimoniale <strong>di</strong>spaccio, a 10 <strong>di</strong> agosto del 1781, emologante<br />
tutti i <strong>di</strong>spacci relativi alla gabella suddetta, ottenuti dal<br />
convento dall’anno 1644 sino all’ultimo del 1764.<br />
Oltre la gabbella anzidetta gode ancora detto convento per volontaria<br />
contribuzione sin dal governo dell’arciprete don Pietro<br />
Palazzolo, al 1640, grano uno a settimana dai fedeli ascritti<br />
154
all’Opera del Carmine, per cui godono della sepoltura e del martoro<br />
d’una campana. Cotesta questua si pretese allora da detto<br />
arciprete impe<strong>di</strong>re giusta le legali canoniche dottrine perché luttanti<br />
le stesse. Tant’è che il convento si sostenne e tuttodì questua<br />
cotesto grano a settimana da’ fedeli.<br />
Vanta l’origine l’attual campanile sin dal 1736 contemporaneamente<br />
alla sepoltura ed all’oriuolo a campane.<br />
Minacciando ruina dai fondamenti la chiesa e per quella ampliare<br />
a comodo dei fedeli, si opinò prudentemente dai padri, reggendo<br />
il convento da priore il rev. padre maestro Angelo Caravotta,<br />
nostro concitta<strong>di</strong>no, <strong>di</strong> quella demolire e nuovamente costrurre.<br />
Di fatti se ne intraprese l’opera, a spese della communità,<br />
che si portò a fine <strong>di</strong> sole fabriche e altari, non già <strong>di</strong> stucchi<br />
o pitture, nel 1794, e venne benedetta il dì 25 marzo solennemente,<br />
trasferendovisi in <strong>di</strong>votissima pompa il Divinissimo, che<br />
pel corso <strong>di</strong> questi due anni si era riposto nella prossima chiesa<br />
del santo patrono, in cui da’ frati si officiava, celebrandosi con<br />
del fasto e culto religioso una festiva ottava al Sacramento<br />
dell’altare, con messe cantate, la prima delle quali dal rev.mo<br />
padre <strong>Giuseppe</strong> Maria d’Ippolito, provinciale, e che chiuse infine<br />
con solenne e <strong>di</strong>vota processione.<br />
Si venerano poi negli altari <strong>di</strong> essa chiesa, cioè nel maggiore,<br />
l’immagine <strong>di</strong> Nostra Signora del Carmine, cui si celebra la festa<br />
li 16 <strong>di</strong> luglio o la domenica imminente, che termina con la sagra<br />
condotta del simulacro della Madonna, l’immagine <strong>di</strong> santo Rocco,<br />
quella dell’arcangelo Raffaele, l’altra <strong>di</strong> san Gaetano, <strong>di</strong> santa<br />
Maria Maddalena de’ Pazzi, carmelitana, della sagra Famiglia<br />
e del simulacro del ss.mo Crocefisso, in onore <strong>di</strong> cui e gloria <strong>di</strong><br />
Dio se ne solennizzano nell’anno le feste, oltre quella del patriarca<br />
san <strong>Giuseppe</strong> li 19 marzo, a cui privativamente appartiene<br />
la condotta del simulacro per antico possessorio, malgrado la peculiar<br />
chiesa del Santo, la quale <strong>di</strong> esso non può farne la processione.<br />
Non si manca dai zelanti padri <strong>di</strong> osservar con esempio del pubblico<br />
lo istituto loro monastico, nato sul pontificato <strong>di</strong> papa<br />
147<br />
Alessandro III, l’anno 1160, riformato da quel <strong>di</strong> s. Elia, anni<br />
770 avanti Gesù Cristo e <strong>di</strong> san Giovanni Battista, anno uno prima<br />
dell’Incarnazione, vestendo l’abito bianco, or<strong>di</strong>nato da papa<br />
Onorio III, e <strong>di</strong> chiamarsi religiosi della Beata Vergine del Monte<br />
Carmelo l’anno 1217, come attesta il Morigia, altrove citato a<br />
foglio 171.<br />
Attaccato in <strong>di</strong>vozione il piissimo nostro Sovrano verso la Vergine<br />
del Carmelo, in niuna magione volle albergare quando si<br />
155
portò in questa <strong>di</strong> passaggio per la caccia d’inici se non se in cotesto<br />
convento, il quale dalla compitezza de’ religiosi e molto<br />
più del loro insigne ministro, padre maestro Ignazio Marchese,<br />
allor priore nel 1799, venne apparecchiato <strong>di</strong> un appartamento<br />
superiore, per quanto le forze della communità lo comportarono.<br />
Il Re se ne mostrò contentissimo e vi <strong>di</strong>morò <strong>di</strong> ritorno più giorni,<br />
anzi in altre occorrenze <strong>di</strong> solennità, che trovavasi in questa<br />
sempre a goder dei spettacoli si volse la Maestà sua essere intesa<br />
famiglia reale dal balcone <strong>di</strong> detto convento, in cui se<br />
gl’inalberò il soglio, in dovuto ossequio. Anzi, debitamente grati<br />
e fedeli i religiosi a tante grazie usategli la sovrana bontà, in<br />
memoria incisero in marmi le seguenti iscrizioni che apposero e<br />
si veggono la prima su la porteria rimpetto al piano e la seconda<br />
sopra la porta che conduce al primo piano del convento in questo<br />
tenore:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Fer<strong>di</strong>nando III Borbonio, Caroli III<br />
Hispaniarum filio simillimo siculorum parenti magis quam regi,<br />
quod in coenobium hocce viator <strong>di</strong>verterit tetrastichon miraris<br />
quianam domus auctor ista superbit. Hospes adest siculi delicium<br />
populi, religio, virtus, clementia, quid tibi plura Fer<strong>di</strong>nandus<br />
cuncta hoc nomine <strong>di</strong>cta satis<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Ne ulla unquam aetas delere queat<br />
quaesitum sacris his ae<strong>di</strong>bus perinsigne augusti felicis pii Fer<strong>di</strong>nan<strong>di</strong><br />
III Siciliae regis hospitio decus p(osuere ) M(ense) decembri<br />
MDCCXCIX. Vive <strong>di</strong>u felix Carmeli gloria nam hospes /<br />
Fer<strong>di</strong>nandus et hic dat lapis usque decus 85<br />
148<br />
156<br />
Capitolo VII<br />
Ven. Chiesa <strong>di</strong> s. Antonio <strong>di</strong> Padova<br />
Sul 1640, dalla pietà de’ fedeli si <strong>di</strong>é mano alla fabrica <strong>di</strong> una<br />
chiesa in onore del gran taumaturgo s. Antonio <strong>di</strong> Padova, la<br />
quale non potendo perfezionare, si esibirono i <strong>di</strong>voti sacerdoti<br />
don Antonino e Michele Lo Re, fratelli, <strong>di</strong> ultimarla non solo,<br />
85 A Fer<strong>di</strong>nando III <strong>di</strong> Borbone, figlio <strong>di</strong> Carlo III <strong>di</strong> Spagna, somigliantissimo<br />
più ad un genitore <strong>di</strong> siculi che al re. Perché questo cenobio suscita la meraviglia<br />
del viandante per il suo quadriportico, che costituisce motivo <strong>di</strong> vanto per<br />
questa casa. Qui vi è un ospite che è delizia del popolo siciliano, Fer<strong>di</strong>nando,<br />
campione <strong>di</strong> religiosità, <strong>di</strong> virtù, <strong>di</strong> clemenza.<br />
Affinché il tempo non possa <strong>di</strong>struggee il ricordo dell’onore per l’ospitalità data<br />
all’augusto, pio re <strong>di</strong> Sicilia, Fer<strong>di</strong>nando III, è stata posta questa lapide nel<br />
mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1799. vivi a lungo o felice gloria del Carmelo, questa lapide<br />
conserva sempre il ricordo della tua presenza.
ma dotarla per sostenersi <strong>di</strong> onze 6.12 annuali perpetue, a loro<br />
spettanti sopra una casa solerata, in questa città (che oggi possiedono<br />
gli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> don Bernardo Ajello per il censo <strong>di</strong> onze<br />
1.13 annuali) (a), a con<strong>di</strong>zione bensì <strong>di</strong> riportarne per essi e suoi<br />
in futuro la elezione perenne del rev. beneficiale de jure patronatus,<br />
come ottennero da monsignor Vescovo <strong>di</strong> Mazara don<br />
Diego Requisens, arcivescovo <strong>di</strong> Cartagine, con formale decreto,<br />
per la via della sua Gran Corte vescovale e del suo vicario generale<br />
Lamia, in <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> sagra visita, tenuta in Trapani li 15<br />
giugno, 2 ind., 1649.<br />
Terminaron <strong>di</strong> fatti gli riferiti fratelli de Lo Re l’e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> detta<br />
chiesa che resero da per tutto ufficiale e colta, e si posero in esercizio<br />
dell’ottenuto <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> patronato su quella, eligendo in<br />
beneficiale lo stesso don Antonino Lo Re, per gli atti <strong>di</strong> notar<br />
Francesco Di Franco, inserendo in essa elezione il succitato vescovale<br />
decreto, e ciò sotto li 4 <strong>di</strong> luglio dell’istesso anno 1649,<br />
celebrando l’imposta messa ogni settimana, il solito vespro e<br />
messa cantata li 13 giugno, giorno appunto della festa del Santo.<br />
Difonto li 27 settembre 1659 il suddetto primo beneficiale, che<br />
venne sepolto in essa chiesa, ne ottenne la <strong>di</strong>gnità stessa ed amministrazione<br />
il secondo beneficiale rev. don Bernar<strong>di</strong>no Carrara,<br />
<strong>di</strong> cui se ne ignora l’atto <strong>di</strong> elezione, sebbene si contesti ed<br />
enuncii in un <strong>di</strong>spaccio patrimoniale, da lui qual beneficiale ottenuto<br />
in occasione <strong>di</strong> avere preteso la elargizion della cera, come<br />
sotto si <strong>di</strong>rà, e resse costui la chiesa sin l’anno 1680, in cui<br />
finì <strong>di</strong> vivere.<br />
Lo stesso anno e sotto li 4 ottobre, 4 ind., riportonne l’elezione,<br />
per gli atti <strong>di</strong> notar Simon Bruno, il rev. don Paolo Grassellino<br />
dagli ere<strong>di</strong> et jus habenti et causam <strong>di</strong> suddetti<br />
(a) delle quali tarì 12 pagarsi il censo alla ven. Abbazia e delle onze 6 celebrarsi<br />
una messa la settimana ogni giorno <strong>di</strong> venerdì, vivente il detto rev. don Antonino<br />
e dopo la sua morte ogni giorno <strong>di</strong> domenica, in perpetuo<br />
149<br />
fondatori de Lo Re, oltre le consuete lettere spe<strong>di</strong>te dalla cancellaria<br />
<strong>di</strong> Mazara, firmate dal <strong>di</strong> lei vicario generale, rev.mo don<br />
Gaspare Sanzone, sotto li 3 novembre dell’anno istesso, presentate,<br />
registrate ed eseguite in questa Corte foranea li 5 <strong>di</strong> detto<br />
mese.<br />
Questo beneficiale, nel tempo del suo governo, maneggiandosi<br />
cogli successori <strong>di</strong> detti fondatori de Lo Re, ne ottenne da costoro<br />
il dritto e la potestà <strong>di</strong> poter egli, <strong>di</strong>etro la sua morte nominare<br />
ed eliggere un solo beneficiale <strong>di</strong> detta chiesa, e questo per gli<br />
atti <strong>di</strong> notar Gerolamo Cannizzo senior il dì 8 aprile, 14 ind.,<br />
157
1691, passandone infatti all’elezione appo gli atti <strong>di</strong> notar Antonino<br />
Greco a 2 giugno, 6 ind., 1728, in persona del chierico allora<br />
Benedetto Greco.<br />
Morto nel 1733 il Grassellino, sobintrò nella carica <strong>di</strong> beneficiale<br />
il <strong>di</strong>visato precedentemente eletto <strong>di</strong> Greco, che l’amministrò<br />
sino all’anno 1791, in cui finì i suoi giorni nella capitale.<br />
Alla <strong>di</strong>gnità surriferita venne poi assonto il rev. sacerdote don<br />
Francesco Saverio Bonarrigo, eletto dall’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara, in<br />
forza <strong>di</strong> lettere sciolte da quella cancellaria, li 3 ottobre <strong>di</strong> detto<br />
anno 1793 ed atto <strong>di</strong> possesso datogli questa corte foranea,<br />
d’or<strong>di</strong>ne del rev.mo monsignor Di Vita, vicario capitolare e vescovo<br />
<strong>di</strong> Aquilea, in data delli 8 <strong>di</strong> esso mese novembre. E ciò<br />
sulla credenza <strong>di</strong> essersi la facoltà <strong>di</strong> eligere detto reverendo beneficiale<br />
devoluta all’Or<strong>di</strong>nario mons. Vescovo, a mancanza <strong>di</strong><br />
successori et jus et causam habenti degli surriferiti fondatori de<br />
Lo Re, quando costoro esistono tuttodì e sono mons. <strong>Giuseppe</strong><br />
Maria Di Bartolomeo e sorella, ere<strong>di</strong> e rappresentanti la persona<br />
<strong>di</strong> notar don Domenico Bartolomeo, loro padre <strong>di</strong>fonto intestato,<br />
qual donatario egli per esso e per <strong>di</strong> detto jus <strong>di</strong> eligere in<br />
perpetuo detto beneficiale <strong>di</strong> s. Antonio, in forza <strong>di</strong> donazioni<br />
irrevocabili, ricuperate per detto <strong>di</strong> Bartolomeo dagli successori<br />
et jus et causam habenti <strong>di</strong> detto Lo Re, stipolate cioè due in notar<br />
don <strong>Giuseppe</strong> Di Lorenzo, <strong>di</strong> questa, sotto li 15 gennaio, 10<br />
ind., 1732, insinuata nell’officio senatorio <strong>di</strong> Palermo li 17 <strong>di</strong><br />
esso mese, sotto li 21 <strong>di</strong> detto mese ed anno ed insinuata li 22<br />
dello stesso, e la terza agli atti <strong>di</strong> notar Francesco<br />
150<br />
Maria Minaci sotto li 25 febbraio dell’istess’anno, insinuata a 27<br />
del medesimo. Credendosi quin<strong>di</strong> da parte <strong>di</strong> detti <strong>di</strong> Bartolomeo,<br />
rappresentanti li fondatori Lo Re, nulla e insossistente la elezione<br />
del predetto rev. Bonarrigo, perché da lui procacciata col<br />
pregiu<strong>di</strong>zio del patronato.<br />
E come si rendea mostruoso un corpo con due capi, oggi che detta<br />
chiesa va aggregata al ven. Collegio <strong>di</strong> Maria, come appresso<br />
<strong>di</strong>remo, qual avvi il suo peculiar cappellano or<strong>di</strong>nario, così soglion<br />
sempre insorgere fra gli detti beneficiale e cappellano de’<br />
pregiu<strong>di</strong>zii, gelosie e freddure, con scandalo de’ fedeli e molto<br />
più <strong>di</strong> quell’anime can<strong>di</strong>de, sacrate a Dio, pretendendo alcun<br />
d’essi <strong>di</strong> conservarsi i suoi dritti e giuris<strong>di</strong>zioni e ne restava attrassato<br />
l’onor del Signore e’l culto della chiesa, motivo per cui<br />
si opinò prudentemente, nell’anno 12 ind., 1794, <strong>di</strong> venirsi dal<br />
detto beneficiale Bonarrico a cedere al Collegio <strong>di</strong> Maria e <strong>di</strong> lui<br />
rettori l’amministrazion delle ren<strong>di</strong>te, trattenendosi soltanto li<br />
onze 1.13 ne godean <strong>di</strong> netto i suoi predecessori e che si rispon-<br />
158
dono all’anno dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> don Bernardo Ajello, su una casa solerata,<br />
nella stradella dell’Abbazia e riserbandosi altresì la giuris<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong> cantare il vespro e la messa cantata il dì della fesa <strong>di</strong><br />
sant’Antonio, sendosene <strong>di</strong> tutto ciò stipulato l’atto corrispondente<br />
in l’atti <strong>di</strong> detto notar Bartolomeo li sei del mese maggio<br />
<strong>di</strong> suddetto anno.<br />
Pur ciò non <strong>di</strong> meno non si estinse l’idra suddetta né il fomite<br />
della contenzione inevitable e sarebbe <strong>di</strong> giusto ad ovviare il tutto<br />
che nel cappellano or<strong>di</strong>nario del Collegio risiedesse ben anco<br />
la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> beneficiale, infatti nel triennio in cui venne eletto in<br />
cappellano or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> detto Collegio lo stesso rev. beneficiale<br />
<strong>di</strong> Bonarrigo si vide in detta chiesa e communità fiorir la pace, la<br />
<strong>di</strong>vozione, il sagro culto, abbondar l’elemosine né poteva sperarsi<br />
maggior tranquillità, gloria <strong>di</strong> Dio e cristiana pietà.<br />
151<br />
Da <strong>di</strong>voti venne la chiesa, ossia il <strong>di</strong> lui cappellone tirato da fini<br />
stucchi a vari colori ed oro, unitamente alle due laterali cappelle.<br />
In esse si venerano a man dritta la Vergine Assonta, cui si celebra<br />
solenne festa, con processione del simulacro in cera vestito<br />
riccamente, dono del rev. padre don Vincenzo Arcieri <strong>di</strong> Palermo,<br />
nel 1800, e alla manca la gloriosa beata Rita da Cascia, alla<br />
quale altresì ogni anno se ne solennizza la festività. Nell’altare<br />
maggiore poi in fondo avvi il simulacro in legno del glorioso nostro<br />
sant’Antonio e <strong>di</strong>nnanzi si adora nel tabernalo il santissimo<br />
sacramento dell’altare.<br />
Nel principio del sec. XVIII, si praticò la processione del detto<br />
simulacro del Santo nella più devota e solenne guisa, per espressa<br />
facoltà gode la chiesa accordata da monsigor Castelli, vescovo<br />
<strong>di</strong> Mazara, con lettere date in essa li 14 iugno 1702, presentate<br />
ed eseguite in questa corte foranea il 20 del medesimo.<br />
Si conservano in ostensorio le venerate reliquie del nostro s. Antonio,<br />
che son frammenti delle <strong>di</strong> lui sagre ossa, e si espongono<br />
all’adorazion de’ fedeli la mattina d’ogni martedì, cantandosi<br />
dalle religiose del Collegio <strong>di</strong> Maria il solito responsorio: Si<br />
quaeris miracula. Le stesse donate a detta chiesa e, per essa, al<br />
detto beneficiale Grassellino, priore carmelitano nostro, quali<br />
erano state donate assieme con dell’altre reliquie in primo luogo<br />
al rev. padre lettore Agostino Maria Mandola del Terz’Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
San Francesco, per l’ill.mo mons. Nicolò Maria Tedeschi, vescovo<br />
<strong>di</strong> Lipari, assistente al sacro solio pontificio, in forza <strong>di</strong><br />
sua autentica <strong>di</strong> sua propria mano scritta e sugellata col solito<br />
sugello e data in Roma, senza giornata, in<strong>di</strong> poi donate al suddetto<br />
rev. padre maestro Agostino <strong>di</strong> propria mano <strong>di</strong> detto rev.<br />
padre <strong>di</strong> Mandola, scritta <strong>di</strong>etro detta originale autentica in detta<br />
159
alma città il dì 8 giugno 1716 e riconosciute ultimamente della<br />
stesa guisa in cui furon donate per l’ill.mo e rev.mo mons. Castelli<br />
suddetto, in forza <strong>di</strong> esecutoria, <strong>di</strong>etro detta originale autentica,<br />
data in Mazara, li 28 <strong>di</strong> detto giugno 1716, come meglio<br />
dall’atto della donazione irrevocabile, stipolata appo gli atti <strong>di</strong><br />
notar Domenico Greco li 4 giugno, 10 ind., 1717.<br />
Ha il privilegio la chiesa della fiera franca nella ricorrenza della<br />
festa del Santo. Questa erigevasi nel piano rimpetto quella, come<br />
si contesta da varii <strong>di</strong>spacci<br />
152<br />
patrimoniali ottenuti dai beneficiali in data delli 28 maggio<br />
1660, sotto il governo dell’augusto Carlo e <strong>di</strong> lui Viceré, il conte<br />
<strong>di</strong> Ayala, 13 giugno 1690, dal Viceré, duca <strong>di</strong> Ossuna, spagnuolo,<br />
conte <strong>di</strong> Montalbano e finalmente, elargato il termine <strong>di</strong> ore<br />
24 a quello chiesto <strong>di</strong> giorni quattro, in data delli 24 gennaio<br />
1798, presentato quest’ultimo ed eseguito nella Corte del detto<br />
Tribunale del Regio Patrimonio, qui degente a 2 giugno 1798.<br />
La detta fiera, in comprova del <strong>di</strong> lei possessorio, si annovera fra<br />
le altre del Regno, rapportate dal Buglisi nella <strong>di</strong> lui aritmetica,<br />
tom. 2, nel fine.<br />
Frattanto tuttodì la fiera anzidetta è in estrema decadenza, forse<br />
per opposizione degli interessi della regia dogana, che non han<br />
curato <strong>di</strong>fendersi e sostenersi i beneficiali, né altro avvanzaci<br />
che il nome <strong>di</strong> fiera, che piuttosto può in detta festa appellarsi<br />
piazza del mercato, perché non altro vedesi esposto alla pubblica<br />
ven<strong>di</strong>ta se non se delle frutta e vasini <strong>di</strong> creta paesana in trastullo<br />
de’ ragazzi e finalmente un buon numero <strong>di</strong> abigeato.<br />
Ma come aggregato a detta chiesa ed attaccato vi esiste il Collegio<br />
<strong>di</strong> Maria, un tempo reclusorio, ossia ritiro delle orfane, volgarmente<br />
detto la Batiella, così cade in acconcio <strong>di</strong> parlar del<br />
medesimo, tuttoché si alteri la prefissaci continuazione<br />
dell’epoca de’ tempi delle fondazioni <strong>di</strong> nostre chiese.<br />
Capitolo VIII<br />
Venerabile regal Collegio <strong>di</strong> Maria<br />
La promotrice <strong>di</strong> questa pia utilissima communità ne fu l’anno<br />
1696 la vedova <strong>di</strong> Francesco Lo Jacono, allor pinzochera, appellata<br />
suor Benedetta Lo Jacono e Caruso. Il <strong>di</strong> lei originale ritratto<br />
esiste nel nostro Collegio <strong>di</strong> Maria, sopra la porta del <strong>di</strong> lui<br />
refettorio.<br />
Intenta ella sempre all’onore e servizio <strong>di</strong> Dio e a preservar dalle<br />
umane lagune e pericoli le verginelle povere e pericolose, con-<br />
160
gregò desse <strong>di</strong> cui si fé capo e mercé la pietà degli autori <strong>di</strong> don<br />
<strong>Giuseppe</strong> La Franca, che le accordò la <strong>di</strong> lui casa isolata, si<br />
chiusero volentieri in essa, dandogli il titolo <strong>di</strong> ritiro in cui colla<br />
mercede delle proprie manifatture e colla questua che la <strong>di</strong>vota<br />
donna praticava<br />
153<br />
pel paese, con una bertola in collo, occorreva scarsamente al necessario<br />
sostenimento delle donzelle, che rese pinzochere, ancor<br />
come dessa e vestite da tonichelle. Non avevano chiesa, ma ogni<br />
mattina, coverte da velo, processionalmente e in devotissimo atteggiamento,<br />
precedute dalla lor medesima madre, portante una<br />
croce inalberata, le trasferiva al prossimo tempio del convento<br />
del Carmine, in cui assistevan tutte al <strong>di</strong>vin sacrifizio della messa<br />
e usavano i sacramenti della santa penitenza ed eucaristia e<br />
nel precetto pasquale alla regia madre chiesa, con e<strong>di</strong>ficazion<br />
delle genti, e poi venivano a ritirarsi nel loro albergo.<br />
Perdurò cotesto penoso tenor <strong>di</strong> vita per lo spazio <strong>di</strong> quasi <strong>di</strong>ciotto<br />
anni, quando al 1714, mosso da <strong>di</strong>vina ispirazione, il pio<br />
Antonino <strong>di</strong> Bartolomeo, mio zio paterno, richiamò quelle e<strong>di</strong>ficantissime<br />
verginelle da l’albergo anzidetto, situandole a corpo<br />
<strong>di</strong> communità nel soggiorno ove appunto sorge adesso il Collegio<br />
<strong>di</strong> Maria, che allora adottò il nome <strong>di</strong> ritiro, overo reclusorio<br />
delle vergini orfane, in<strong>di</strong> ba<strong>di</strong>ella, pagandone egli la piggione<br />
annuale alla madre chiesa, che n’era la posse<strong>di</strong>trice, qual aggiu<strong>di</strong>cataria<br />
de’ beni <strong>di</strong> Carlo Colantonio, nonché contribuendo in<br />
buona parte agli alimenti e provvedute avendo quell’anime innocentine<br />
<strong>di</strong> quanto fu d’uopo ad una formale unione.<br />
Pella pietà del rev. don Filippo Drago nel <strong>di</strong> lui solenne testamento,<br />
aperto e pubblicato agli atti <strong>di</strong> notar don Antonino Terranova<br />
<strong>di</strong> Palermo, furono a quel ritiro da lui appellato conservadorio<br />
legati alcuni beni urbani qui esistenti, che vennero censiti<br />
e tuttora li gode e possiede, e ciò sotto li 11 febbraio, 10 ind.,<br />
1717.<br />
A <strong>di</strong> lui esempio e per l’innato zelo nutriva il Bartolomeo a pro’<br />
la detta casa del Signore, per fissar quella in futuro e rendersi<br />
grato al medesimo dell’accordatagli dovizia a ottener la gloria<br />
beata, che senza meno tuttora fruisce, stabilì ridurre il predetto<br />
reclusorio in monastero claustrale e <strong>di</strong> fatti, per atti <strong>di</strong> notar<br />
<strong>Giuseppe</strong> Di Lorenzo, suo cognato, il dì 24 <strong>di</strong>cembre, vigilia del<br />
santo Natale, passò a stipolar donazione a favore <strong>di</strong> quella communità,<br />
in somma <strong>di</strong> onze 1538.2.8.5 a lui dovute da <strong>di</strong>verse persone<br />
in essa calandate, or<strong>di</strong>nandone l’impiego, cioè in onze 400<br />
in compera <strong>di</strong> suddetto albergo, onde ridursi poi in monastero e<br />
161
nello resto <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta per fruttare perennemente a pro’ della<br />
communità.<br />
154<br />
Non esatte ancora da’ debitori cessi in detta donazione le dette<br />
onze 1538.2.8.5, pensò il donante <strong>di</strong> porsi in tutto e ricuperare<br />
dalla trasferita la convenzione (ma re<strong>di</strong>mibile ad effetto <strong>di</strong> rinvestirsi<br />
del vasto cennato albergo, sul piede <strong>di</strong> onze 10 <strong>di</strong> canone<br />
annuale, stipolandosene la concessione enfiteutica in notar A.<br />
<strong>Giuseppe</strong> Di Lorenzo li 15 novembre, 12 ind., 1718.<br />
Ma possedendosi dal Bartolomeo alcune terre contigue<br />
all’albergosuddetto, così, qual padre amoroso e intento all’utile<br />
non solo che al <strong>di</strong>letto de’ figli, aggregò quelle al medesimo, che<br />
in<strong>di</strong> vennero a ridursi in giar<strong>di</strong>no, che fiorisce tuttora e sopra<br />
delle quali se ne risponde il censo a don Carlo Avalos e Scammacca,<br />
descendente <strong>di</strong> don Lorenzo Scammacca, in forza <strong>di</strong> contratti<br />
stipolati l’uno in notar Franco Formica <strong>di</strong> Palermo, li 30<br />
luglio 1682, altro in notar Giovanni <strong>di</strong> Leone <strong>di</strong> quesa, a 2 marzo<br />
1684, altro in detti atti li 23 settembre <strong>di</strong> esso anno e l’ultimo in<br />
notar Lorenzo de Ina, <strong>di</strong> Palermo, l1 5 maggio 1685.<br />
Ad isolare ed ingran<strong>di</strong>re il succitato albergo se ne procacciò al<br />
1742 dai rettori la compera d’altre case laterali da parte <strong>di</strong> oriente,<br />
<strong>di</strong> spettanza degli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> don Gaspare Florio, come si rimarca<br />
dall’atto col privilegio delle strade, stipolato agli atti <strong>di</strong> notar<br />
Filippo Lionti <strong>di</strong> Palermo, a 29 luglio, 5 ind., e deposito <strong>di</strong> onze<br />
157.9 nella Tavola, pel <strong>di</strong> loro capitale a 1 agosto <strong>di</strong> detto anno,<br />
oltre onze 18.24, spese occasionali alla compra anzidetta, risultata<br />
in tutto ad onze 176.3. Sendosi anche poi, nel 1800, costrutto<br />
il nuovo camerone verso oriente e così resosi il soggiorno rispettabile<br />
e degno <strong>di</strong> un monastero.<br />
Prive frattanto sul principio le verginelle <strong>di</strong> propria chiesa, desiderose<br />
<strong>di</strong> goder della perpetua <strong>di</strong>mora del corpo eucaristico, a <strong>di</strong><br />
loro prieghi si <strong>di</strong>venne dallo zelo del memorato beneficiale<br />
Grassellino ad accordare alle medesime una crata nella loro casa<br />
suddetta, communicabile nella riferita chiesa <strong>di</strong> s. Antonio e dalla<br />
vigilanza e religiosità quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> mons. Castelli, vescovo <strong>di</strong><br />
Mazara, ad istanza delle medesime, fulle accordata la perenne<br />
permanenza in detta chiesa del Divinissimo, nonché dell’olio<br />
santo per l’Estrema Unzione, con sua provista in un memoriale<br />
delli 14 giugno 1725.<br />
Mai sempre intenta frattanto la pietà del Bartolomeo a mandar<br />
compitamente ad effetto la promessa pia opera, malgrado l’atto<br />
<strong>di</strong> dotazione del 1717, passò a 27 settembre 1720, per l’atti <strong>di</strong><br />
detto notar Di Lorenzo a contentarsi che impiegar si potessero le<br />
162
onze 1538.2.8.5 in beneficio <strong>di</strong> detta novella communità, ancorché<br />
155<br />
non si riducesse il conservadorio in monastero claustrato,<br />
sull’obbligo però <strong>di</strong> mantenere in esso gratis a piazza franca due<br />
sue consanguinee sino al quarto grado, e similmente re<strong>di</strong>mersi le<br />
onze 10 annuali del censo dovuto sopra l’albergo suddetto, come<br />
venne eseguito <strong>di</strong> poi per la reven<strong>di</strong>ta in detto notar Di Lorenzo,<br />
a 3 ottobre, 15 ind., 1721 e affrancato perciò detto albergo perpetuamente<br />
<strong>di</strong> dette onze 10 <strong>di</strong> canone.<br />
Guardando Dio Signor nostro coll’occhio della sua infinita carità<br />
l’intrapreso virtuoso <strong>di</strong>segno del pio Bartolomeo, animò quello a<br />
compirne la carriera. Di fatti, venuto a morte lo stesso e apertosi<br />
e pubblicato agli atti <strong>di</strong> quel notar Di Lorenzo il <strong>di</strong> lui <strong>di</strong>sposto<br />
solenne testamento, si rilevò da esso, a maggio 1724, la sua cristiana<br />
ultima volntà, in parte corretta ne’ <strong>di</strong> lui anche solenni<br />
co<strong>di</strong>cilli detto giorno palesati nelli censi infrascritti:<br />
istituì in suo erede universale il pre<strong>di</strong>letto conservadorio surriferito<br />
delle vergini orfane;<br />
elesse in fidecommissari della sua ere<strong>di</strong>tà gli rettori <strong>di</strong> quel pio<br />
loco, fra cui espressamente conjunctim et non <strong>di</strong>visim volle sempre<br />
un <strong>di</strong> lui consanguineo, che per allora in primo chiamò notar<br />
don Domenico <strong>di</strong> Bartolomeo, suo nipote (mio genitore), cui<br />
concesse facoltà <strong>di</strong> nominare ed eligere, <strong>di</strong>etro la <strong>di</strong> lui morte,<br />
altro soggetto in fidecommissario, coll’ugual potestà <strong>di</strong>scensiva<br />
perenne, che mio padre elesse me, per l’atti <strong>di</strong> notar don Sebastiano<br />
Catalano, li 18 febraio 1770, ed io mi trovo aver chiamato<br />
in fidecommissario, dopo la mia morte mio figlio Francesco Paolo,<br />
agli atti <strong>di</strong> detto notar Catalano, sotto li 13 gennaio, 8 ind.,<br />
1803;<br />
si <strong>di</strong>spose una messa coti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> onze 8 perpetue all’anno e volle<br />
che, sendosi prete suo consanguineo, questi dovesse sempre<br />
preferirsi nell’elezione del cappellano celebrante;<br />
elesse in dette de’ libri <strong>di</strong> detta sua ere<strong>di</strong>tà e procure ancora a<br />
costringere i debitori a locare e gabellare gli beni ere<strong>di</strong>tari al<br />
detto notar don Domenico <strong>di</strong> Bartolomeo, mio padre suo nipote,<br />
che per la legge testamentaria <strong>di</strong> preferirsi sempre nell’elezioni<br />
degli ufficiali i suoi consanguinei (tuttora godo io dopo la morte<br />
del detto mio signor padre delle cariche anzidette, col salario<br />
annuale <strong>di</strong> terzo in terzo postposto <strong>di</strong> onze 18, regolato nei co<strong>di</strong>cilli<br />
delle onze 24 costitutivo nel testamento, tolte le onze 6, forse<br />
per la buona opera <strong>di</strong> qualche amico <strong>di</strong> mio padre);<br />
156<br />
163
volle benanco in perpetuo che fosse ammessa per signora e a<br />
piazza franca in detto conservadorio, anche allorquando fosse ridotto<br />
in monastero, una <strong>di</strong> lui consanguinea senza dote; or<strong>di</strong>nando<br />
però espressamente (oltre ad altre sue <strong>di</strong>sposizioni) che detto<br />
conservadorio eriger si dovesse in monasterio claustrale, previe<br />
le debite licenze del s. Padre e della Maestà Sua, dopo <strong>di</strong> essersi<br />
cumulate onze 200 annuali <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta perpetua. E queste non accordatesi,<br />
volle che cadesse il detto conservatorio dall’ istituzione<br />
<strong>di</strong> erede, succedendo ed istituendo e costituendo in <strong>di</strong> lui<br />
vece e in sua erede universale la ven. Compagnia ossia oratorio<br />
del Carmine e i suoi fidecommissari e rettori, i <strong>di</strong> lui superiori e<br />
congionti e delle ren<strong>di</strong>te fondarne tante messe coti<strong>di</strong>ane perenni.<br />
Seguì la morte <strong>di</strong> sì degno benefattore e fondatore <strong>di</strong> sì pia casa<br />
Antonino Di Bartolomeo, a dì 2 <strong>di</strong> detto maggio 1724, giorno in<br />
cui ogni anno, per sua or<strong>di</strong>naria <strong>di</strong>sposizione, se ne celebra<br />
l’anniversario funebre in detta chiesa. Fu seppellito, come egli<br />
volle, nel ven. convento del Carmine, e subito si <strong>di</strong>é da’ suoi fidecommissari,<br />
rettori <strong>di</strong> detto conservadorio l’attenzione <strong>di</strong> celebrarne<br />
l’inventario <strong>di</strong> sua pingue ere<strong>di</strong>tà in detto notar Lorenzo,<br />
li 13 <strong>di</strong> esso mese. In<strong>di</strong> a 14 del medesimo, inerendo alla <strong>di</strong><br />
lui volontà, ne implorarono dall’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara la facoltà<br />
<strong>di</strong> adempiere il precetto testamentario <strong>di</strong> doversi erigere detto<br />
santo luogo da monastero, qual facoltà venne tosto dal zelante<br />
prelodato mons. Castelli conferitogli per lettere della Cancelleria<br />
li 27 <strong>di</strong> suddetto mese maggio. In seguito <strong>di</strong> ché se ne stipolò la<br />
formale rattifica <strong>di</strong> detto testamento e co<strong>di</strong>cilli solenni e ciò agli<br />
dello stesso notar Di Lorenzo, sotto li 6 giugno <strong>di</strong> detto anno<br />
1724.<br />
Chiesero inoltre gli suddetti rettori al Vescovo <strong>di</strong> Mazara<br />
l’aggregazion <strong>di</strong> suddetta chiesa <strong>di</strong> s. Antonio al conservadorio,<br />
domanda che fu accordatagli in un coll’amministrazione delle<br />
piccole ren<strong>di</strong>te <strong>di</strong> essa chiesa, per atto della Cancelleria, li 16<br />
luglio 1736, non ostante la positiva resistenza ed opposizione del<br />
<strong>di</strong> lei beneficiale don Benedetto Greco. Frattanto poi armonicamente<br />
se ne stipolò atto pubblico <strong>di</strong> aggregazione e concor<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />
detti rettori e beneficiale in notar Antonino Fede <strong>di</strong> Palermo a 6<br />
<strong>di</strong>cembre, 1 ind., 1737, restando solamente al beneficiale il <strong>di</strong>ritto<br />
<strong>di</strong> celebrare i primi vespri e messa cantata il dì del santo e<br />
delli onze 1.13, si rileva dalla in onze 6 celebrare tante messe<br />
per l’anime <strong>di</strong> fondatori detta concor<strong>di</strong>a, ratificata in questa <strong>Partinico</strong>,<br />
agli atti del notar Rosario Greco a 19 <strong>di</strong> detto <strong>di</strong>cembre e<br />
venne approvata legalmente dalla Gran Corte vescovile <strong>di</strong> Mazara,<br />
con lettere firmate dal <strong>di</strong> lei vicario generale,<br />
157<br />
164
ev. don Carmelo Montalto, a dì 28 gennaio 1738, presentate ed<br />
eseguite in questa Corte foranea lo stesso giorno, inibendosi, per<br />
atto stipolato in notar don Domenico <strong>di</strong> Bartolomeo, li 25 giugno<br />
<strong>di</strong> esso anno, per li debitori annuali <strong>di</strong> detta chiesa, a pagar ogni<br />
anno i loro censi ai rettori <strong>di</strong> detto conservatorio. Un consimile<br />
atto stipolossi agli atti <strong>di</strong> me notaro don <strong>Giuseppe</strong> tra il beneficiale<br />
don Saverio Bonarrigo e gli rettori <strong>di</strong> collegio sotto il dì 6<br />
maggio 1794, come si <strong>di</strong>sse nel superiore capitolo <strong>di</strong> detta chiesa<br />
<strong>di</strong> s. Antonio.<br />
Ridotto l’annuo rendale <strong>di</strong> detto fondator Bartolomeo, attesi gli<br />
effettuati impieghi alla somma <strong>di</strong> onze 150, si opinò dai fedecommessi<br />
rettori, previo l’informo <strong>di</strong> mons. Alessandro Caputo,<br />
vescovo <strong>di</strong> Mazara, <strong>di</strong>retto alla s. Sede romana <strong>di</strong> supplicar la<br />
medesima accordargli la pastoral bene<strong>di</strong>zione onde venir detto<br />
conservadorio eretto in monastero claustrale, giacché pel compimento<br />
delle onze 200 <strong>di</strong> rendale, voluto dal fondatore esistevano<br />
da impiegarsi alcuni altri capitali. Una cotal domanda venne<br />
menata buona dal s. Padre e concessa la implorata facoltà e<br />
bene<strong>di</strong>zione, con suo brieve apostolico in pergamena, dato in<br />
Roma il dì 1742. Ma restò frustraneo e inoperativo in quanto<br />
non si poté ottenere la <strong>di</strong> lui esecutoria in Regno, attese le regie<br />
opposizioni e giusti stabilimenti della felice ricordanza <strong>di</strong> Carlo<br />
III, nostro allora felice regnante in Napoli. Motivo per cui bisognossi<br />
in<strong>di</strong> accu<strong>di</strong>re coll’Or<strong>di</strong>nario mons. Vescovo per prenderne<br />
essolui l’amministrazione e cura <strong>di</strong> detto conservadorio, come<br />
avvenne, e se ne <strong>di</strong>edero le regole ed istituti coi quali si governaron<br />
più anni le convittrici e rettori <strong>di</strong> esso.<br />
Volendo vieppiù decorare la casa del Signore anzidetta, l’abbate<br />
nostro commendatore, mons. Vescovo <strong>di</strong> Seletta, principe <strong>di</strong> s.<br />
<strong>Giuseppe</strong>, e allo stesso tempo giovare al pubblico nello spirituale<br />
e nel temporale introducendo le manifatture, con <strong>di</strong> lui memoriale<br />
avvanzato alla Maestà del nostro Sovrano Fer<strong>di</strong>nando III,<br />
ottenne <strong>di</strong> aggregarsi detto conservadorio al novello Collegio <strong>di</strong><br />
Maria, dallo stesso mons. Abbate eretto nella terra del Parco e <strong>di</strong><br />
godere amendue queste communità del titolo <strong>di</strong> Collegio <strong>di</strong> Maria,<br />
osservandone le solite regole e rimanendo imme<strong>di</strong>atamente<br />
soggetto alla regia approvazione, sendosene sciolto regio <strong>di</strong>spaccio<br />
in lingua spagnola li 19 luglio dell’anno 1759, restando<br />
all’Or<strong>di</strong>nario la cura dell’<br />
158<br />
anime, i sagramenti e sagramentali, nonché dei pii legati.<br />
Ciò malgrado, assonto il titolo <strong>di</strong> Collegio, il nostro conservadorio<br />
non si vide mai amministrato dall’abbate, forse o perché se-<br />
165
condo l’esposto al Re, cioè <strong>di</strong> doverne e<strong>di</strong>ficare un altro in <strong>Partinico</strong>,<br />
non si verificò o sia che il Vescovo <strong>di</strong> quel tempo, mons.<br />
Palermo, ciò conoscendo, non abbia voluto perdere sopra <strong>di</strong> esso<br />
la sua giuris<strong>di</strong>zione, restarono le cose nella loro situazione, altro<br />
non essendosi veduta, a 22 1761, che una visita fattasi da detto<br />
mons. Abbate, in qualità <strong>di</strong> semplice e mero visitatore, eletto dal<br />
prelodato mons. Palermo, vescovo <strong>di</strong> Mazara, con atto <strong>di</strong> elezione,<br />
rogato in notar Gioacchino Cristofaro Cavarretta <strong>di</strong> Palermo,<br />
li 9 ottobre 1760, nella qual visita non altro approvò <strong>di</strong> nuovo<br />
che l’istituto introdotto nella pia casa suddetta <strong>di</strong> Collegio <strong>di</strong><br />
Maria, a quale effetto ne or<strong>di</strong>nò l’erezione delle scuole, per uso<br />
delle ragazze, che si effettuarono collo sborso <strong>di</strong> quasi onze 300,<br />
spesesi dall’ere<strong>di</strong>tà del fondator Bartolomeo, come si rileva<br />
dall’apoche de’ fabri, stipolate agli atti <strong>di</strong> mio padre notar don<br />
Domenico. Anzi, <strong>di</strong>fonto l’abbate suddetto, principe <strong>di</strong> s. <strong>Giuseppe</strong><br />
e incameratasi la nostra Abbazia alla Regia Corte, mai<br />
questa usò giuris<strong>di</strong>zione alcuna su <strong>di</strong> detto Collegio, nettampoco<br />
usolla il Consultore, don Diodato Targiani, regio amministratore<br />
generale <strong>di</strong> nostra Abbazia e città, attesoché, nel 1774, tempo <strong>di</strong><br />
visita <strong>di</strong> mons. Ugone Papé, vescovo <strong>di</strong> Mazara, questi usò sopra<br />
del nostro Collegio la sua giuris<strong>di</strong>zione, visitando lo stesso e lasciando<br />
scritte le sue or<strong>di</strong>nazioni, sotto li 18 <strong>di</strong>cembre <strong>di</strong> esso<br />
anno, anche d’or<strong>di</strong>ne del riferito Consultor Targiani, <strong>di</strong>retto ai<br />
rettori <strong>di</strong> esso, cui unicamente vietò <strong>di</strong> non dare al Vescovo giuris<strong>di</strong>zione<br />
alcuna sugli assegnamenti fatti al Collegio dalla real<br />
munificenza, perché ciò privativamente e <strong>di</strong> giustizia era della <strong>di</strong><br />
lui ispezione, qual regio amministratore anzidetto. E sebbene<br />
precedentemente a tutto ciò l’elezione dei deputati ed ufficiali <strong>di</strong><br />
esso Collegio sia stata fatta a lettee dello stesso Consultore Targiani,<br />
ciò non pervenne per usar sua giuris<strong>di</strong>zione, ma <strong>di</strong> concerto<br />
ed armonia col vescovo <strong>di</strong> Mazara, mons. Scavo, come apertamente<br />
si ricava dalla <strong>di</strong> lui lettera data in Palermo, li (sic) e<br />
<strong>di</strong>retta ai deputati rettori del Collegio, e tutto a maggior vantaggio<br />
dell’opera e per venirne maggiormente amministrati<br />
l’interessi de’ pii testatori e la regia munificenza usatagli Sua<br />
Maestà (come<br />
159<br />
appresso <strong>di</strong>remo) da un solo corpo <strong>di</strong> rettori deputati e non da<br />
due coppie.<br />
Non si lasciò frattanto dallo zelo e pietà dei prelodati mons. Abbate<br />
nel suo governo e Targiani amministratore nel suo, <strong>di</strong> sovvenire<br />
e abilitar nei bisogni del Collegio suddetto, in supplemento<br />
degli alimenti, anche a riguardo delle fatiche delle convittrici<br />
in <strong>di</strong>sciplinar le ragazze, sì nella cristiana dottrina che nelle arti<br />
166
e manifatture, col sommo utile della popolazione. Attesoché il<br />
primo vi ottenne dal Sovrano, con <strong>di</strong>spaccio de’ 26 gennaio<br />
1765, l’annua assegnazione perpetua <strong>di</strong> onze 103.12, su’ proventi<br />
<strong>di</strong> questa regia Abbazia, e il secondo l’altra <strong>di</strong> onze 60 annuali<br />
ancora su de’ proventi stessi, con regal biglietto de’ 12 aprile<br />
1777, quali onze 163.12 immancabilmente vi si rispondono, <strong>di</strong><br />
mese in mese, ad onze 13.18.10 e perciò fu che la cognizione<br />
dell’amministrazione <strong>di</strong> tal somma, unitamente all’osservanza<br />
dell’istituto <strong>di</strong> detto Collegio, per ciò che riguarda il temporale,<br />
resta riserbata privativamente ai regii ministri.<br />
Richiamato in Napoli il Consultore suddetto, la intera amministrazione<br />
della nostra Abbazia e città e benanco per conseguente<br />
del nostro Collegio, cadé per sovrano comando, a mani del consesso<br />
del Tribunale del Regio Patrimonio, assegnandone quello<br />
in ministro per ripartimento <strong>di</strong> nostro Collegio e del Parco, il<br />
degnissimo maestro razionale don Antonino <strong>di</strong> Napoli, dal quale,<br />
in marzo 1798, se ne <strong>di</strong>sposero le legali or<strong>di</strong>nazioni tendenti la<br />
buona amministrazione dell’intero Collegio suddetto, ch’egli soleva<br />
appellare Casa <strong>di</strong> Educazione, e ciò con ben lungo patrimoniale<br />
<strong>di</strong>spaccio.<br />
Ha finalmente adesso la sorte il Collegio nostro <strong>di</strong> venirne amministrato,<br />
sin dal 1799, dall’amabilissimo nostro augusto commendatore<br />
don Leopoldo (che Dio ci guar<strong>di</strong> mill’anni) e per esso<br />
dalla regia Intendenza della Magione, cui fu aggregato Parco e<br />
<strong>Partinico</strong>, cioè regio generale Intendente cav. A. Felice Lioy, e<br />
consultore don Giacinto Troysi, che si dan tutto lo zelo e premura<br />
<strong>di</strong> vantagiargliene l’interessi e renderlo più che possan felice.<br />
Son esemplari poi le convittrici che l’abitano ed espertissime le<br />
maestre delle scuole, sia in leggere, scrivere ed abaco che in filare<br />
del lino e bambace, far delle calze <strong>di</strong> filo e seta, guarnizioni,<br />
cucire anche alla francese, tessere e ricamare <strong>di</strong> bianco, seta, oro<br />
e argento. Le ragazze, oltre a dover apprendere le virtù e le arti<br />
suddette, van poi tenute ad apprender la dottrina del Bellarmino,<br />
agli anni <strong>di</strong> ragione, celebrar per la prima volta il precetto pasquale<br />
tutte assieme, portandosi a due a due, vestite galantissimamente<br />
e parti a monachelle, precesse da un coro <strong>di</strong> essa cantante<br />
e croce inalberata, seguite da banda <strong>di</strong> stromenti, sino alla<br />
madre chiesa, quasi al numero <strong>di</strong> 500,<br />
160<br />
la mattina del lunedì santo, e finalmente a recitare ogni anno, su<br />
<strong>di</strong> un apparato palco, in detta Madrice, fra lieti suoni e sacre<br />
canzoncine, alcuni articoli della dotrina cristiana, <strong>di</strong>alogizzata, a<br />
due, tre e quattro <strong>di</strong> esse fanciulle, che riesce questa recita, volgarmente<br />
detta <strong>di</strong>sputa, <strong>di</strong> graziosa, pia e religiosa aspettazione<br />
167
del pubblico, riportandone alla fine de’ puerili doni<br />
dell’arciprete loro pastore.<br />
Va composta la communità <strong>di</strong> convittrici, <strong>di</strong> educande e <strong>di</strong> persone<br />
ritirate dal mondo, le prime godono della piazza franca,<br />
perché manutenute a spese del fondatore e pii testatori, le seconde<br />
e terze dalle loro pensioni mensuali risponde al Collegio. E<br />
tutte poi per supplemento de’ loro alimenti, colle dette onze<br />
163.12 della regia munificenza.<br />
Il fisso rendale del nostro Collegio raggirasi nella somma seguente:<br />
dall’ere<strong>di</strong>tà del fondator Bartolomeo e pii altri<br />
testatori onze<br />
168<br />
208.7.15.2<br />
gravezze ed alimenti della comunità onze 183.23.3.5<br />
cosicché avanzano all’anno onze 24.14.11.3<br />
quali servono per occorrere alle spese occasionali, liti, acconcimi<br />
<strong>di</strong> fabriche e simili, più dalla regia munificenza le dette onze<br />
163.12.<br />
Gode pure il Collegio e sua chiesa <strong>di</strong> altra messa coti<strong>di</strong>ana (oltre<br />
quella del fondatore Bartolomeo) <strong>di</strong>spostasi Michele e Margherita<br />
Cannizzo, la <strong>di</strong> cui ere<strong>di</strong>tà in circa onze 20 annuali è aggregagata<br />
al nostro Collegio e che pria celebravasi nel convento de’<br />
Cappuccini, come per aggregazione or<strong>di</strong>nata dalla Gran Corte<br />
vescovile <strong>di</strong> Mazara, per atto sotto li 8 gennaio 1741 ed elezione<br />
<strong>di</strong> deposito.<br />
Più dell’annua somma rendale <strong>di</strong> onze 10 circa, assegnate al nostro<br />
collegio, a titolo <strong>di</strong> dote dalle sorelle Di Florio, la <strong>di</strong> cui<br />
suor Sigismonda fu convittrice, come per <strong>di</strong>versi atti stipulati in<br />
notar A. Sebastiano Catalano li (sic) e per l’atti <strong>di</strong> me notaro<br />
don <strong>Giuseppe</strong>, allora <strong>di</strong> domicilio in Valguarnera Ragali, sotto li<br />
(sic)<br />
Oltre dette due messe coti<strong>di</strong>ane, se ne celebrano le infrascritte<br />
ogni anno per legati dei seguenti testatori, assentati al libro delle<br />
ren<strong>di</strong>te <strong>di</strong> nostra chiesa <strong>di</strong> s. Antonio, cioè:<br />
D’Antonino e Michele Lo Re, n. 29 dal beneficiale <strong>di</strong> s.<br />
Antonio n.<br />
Di Franca, Di Bartolomeo le 5 feste della Madonna 5<br />
Di Clemenza Lo Presti n. 12 ogni primo lunedì del mese 12<br />
Di <strong>Giuseppe</strong> Palazzolo, n. 12 ogni primo lunedì <strong>di</strong> mese 12<br />
Di mastro <strong>Giuseppe</strong> Di Palermo, n. 9,6 l’anno 6<br />
In tutto n. 64<br />
161<br />
29
Capitolo IX<br />
Ven. chiesa dell’oratorio del Carmine<br />
Trasse la sua origine cotesto oratorio da Isidoro de Lunar e Coresano,<br />
capitan d’armi e guerra in questa città, e da Gio. Giorgio<br />
Monte e Martino Montalbano, l’anno 1651. La pietà loro ne alzaron<br />
le fondamenta con concorso de’ confrati <strong>di</strong> cui furono Governatore<br />
e congionti, finché in brieve tempo le <strong>di</strong>edero perfezione.<br />
Si associarono in esso, sotto titolo <strong>di</strong> Maria del Carmelo<br />
<strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>vidui delle famiglie più cospicue e, sin alla fine del<br />
caduto secolo vantò gli stessi soggetti in zelanti confrati. Nacquero<br />
nel 1669 de’ pregiu<strong>di</strong>zii giuris<strong>di</strong>zionali tra qusto corpo <strong>di</strong><br />
società e gli padri carmelitani, tra’ quali poi ne spuntò la concor<strong>di</strong>a,<br />
colla stipola <strong>di</strong> formal transazione.<br />
Vanta lo stesso l’aggregazione legale, sin dal 1698, a questa nostra<br />
Compagnia del serafico san Francesco, siccome altra a quella<br />
del Carmine <strong>di</strong> Monreale, sin dal 1729.<br />
Va’ bastantemente, anzi è la primiera fra le compagnie nostre,<br />
provvedute <strong>di</strong> legati <strong>di</strong> messe, <strong>di</strong>sposti da vari pii testatori. E’<br />
utile domino <strong>di</strong> salme 10.8.1 terre con vigneti nel nostro bosco,<br />
pre<strong>di</strong>o appellato de’ parrinelli, riscuotendone annualmente dagli<br />
enfiteuti il loro canone.<br />
La chiesa che adesso sorge non è quella che nacque allora. Soggiacque<br />
la prima ad universale ruina e cotesta è tutta opera <strong>di</strong><br />
Franco Simone Tarallo e della sua carità.<br />
Celebra ogni anno le quarantore al Divinissimo, ne’ giorni <strong>di</strong> Pasqua<br />
<strong>di</strong> Pentecoste, con sfarzo e <strong>di</strong>vozione, recitandosi ogni dopo<br />
pranzo degli eru<strong>di</strong>ti sermoni intorno al SS.mo Sacramento.<br />
Capitolo X<br />
Ven. Compagnia e chiesa del SS. Crocefisso<br />
Il <strong>di</strong>fetto d’involata scrittura propria e <strong>di</strong> contadoria <strong>di</strong> cotesta<br />
Compagnia ossia oratorio ci lascia in dubbio <strong>di</strong> poter fissar<br />
l’epoca certa <strong>di</strong> sua fondazione. Per quanto si abbia praticato,<br />
null’altro rimarcasi che il corpo <strong>di</strong> cotal Compagnia, pochi anni<br />
prima del 1677 e sino al 168, <strong>di</strong> consenso dell’arciprete, esercitava<br />
i suoi ufficj <strong>di</strong> pietà<br />
162<br />
dentro la ven. regia madre chiesa e innanzi la propria cappella<br />
del SS.mo Crocefisso ivi eretta, a pié <strong>di</strong> cui scavossi la sepoltura<br />
169
per confrati, quale tuttora godono. In comprova <strong>di</strong> ciò, non altro<br />
possiamo addurre che varie testamentarie <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> fede<br />
fatte a detta cappella ed a cotesta ven. Compagnia, fra cui il co<strong>di</strong>cillo<br />
<strong>di</strong> Giovanni Vecchio, citato in notar Gerolamo Cannizzo<br />
seniore, il dì 7 luglio del 1680.<br />
Al 1688 esistea già l’oratorio, a segno ché, implorandosi da’<br />
confrati all’ill.mo e rev.mo fra Francesco Maria Graffeo, vescovo<br />
<strong>di</strong> Mazara, l’approvazion de’ capitoli, gli venne accordato e<br />
sottoscritti il 1 febbraio <strong>di</strong> esso anno. Ma bisognandogli stanza,<br />
forse per la sacrestia, quella dopo mesi ottenne da Pietro Sgroi<br />
per contratto in notar Gerolamo Cannizzo, li 29 agosto.<br />
Ma come verisimilmente il partito della fabrica fu dato in cre<strong>di</strong>to<br />
ed in così il prezzo venne sod<strong>di</strong>sfatto posteriormente, in<strong>di</strong>candosi<br />
nell’unico libro <strong>di</strong> contadoria che ci avanza, a foglio 24,<br />
due pagamenti fatti dal tesoriere Antonino Civvillera al mastro<br />
Franco Savarino, muratore, in onze 15.23.5, in due volte, l’una a<br />
4, altra a 13 maggio 1698, rapportando le apoche in notar <strong>Giuseppe</strong><br />
Bellomo. Varii legati perpetui <strong>di</strong> messe si trovano <strong>di</strong>sposti<br />
a favore <strong>di</strong> cotesto oratorio, sotto l’unico giorno 25 marzo 1691,<br />
per l’atti <strong>di</strong> notar Cannizzo anzidetto. Va aggregata questa Compagnia<br />
a quelle <strong>di</strong> san Francesco e, per un atto stipulato in notar<br />
<strong>Giuseppe</strong> Di Lorenzo, l’anno 1733. Siccome vanno aggregate<br />
alla nostra le confraternite <strong>di</strong> santa Croce e del Sagro Cuore <strong>di</strong><br />
Gesù, l’una fondata dal rev. don Vincenzo Scichili, 30 circa, e<br />
l’altra dal rev. don Vito Bonura anni 24 circa.<br />
170<br />
Capitolo XI<br />
Ven. Compagnia <strong>di</strong> Maria SS. Del Rosario<br />
La pietà <strong>di</strong> Giovanna de Franchi concesse verbalmente e senza<br />
stromento pubblico, ma che in<strong>di</strong> venne rogato agli atti <strong>di</strong> notar<br />
Vincenzo <strong>di</strong> Franco <strong>di</strong> questa, il dì 4 novembre, 11 ind., 1657, un<br />
pezzetto <strong>di</strong> terreno accanto la ven. regia Madrice chiesa, verso<br />
sirocco, a mastro <strong>Giuseppe</strong> Di Palermo, Francesco Bruno e Pietro<br />
Di Amico, superiore e congionti, ad effetto <strong>di</strong> fabbricarvi la<br />
chiesa ed oratorio, in onore <strong>di</strong> Nostra Signora del SS.mo Rosario,<br />
come effettuarono l’anno 1656.<br />
I confrati <strong>di</strong> essa, pria della fabrica <strong>di</strong> loro chiesa ed oratorio,<br />
usavano i suoi <strong>di</strong>voti esercizi <strong>di</strong> pietà nella Madrice suddetta, in<br />
cui l’arciprete accordato aveagli la erezione <strong>di</strong> una cappella <strong>di</strong>
loro Signora e innanzi <strong>di</strong> essa la sepoltura, che l’una e l’altra tuttora<br />
esistono, come si <strong>di</strong>sse nel capitolo della Madrice.<br />
Oltre la peculiar solennità celebra ogni anno la Compagnia, li 4<br />
ottobre, a Maria SS.ma del Rosario, v’ha quella delle Quarantore,<br />
che principia il capo dell’anno e vi concorrono i fedeli il dopo<br />
pranzo, per ascoltarne i sermoni.<br />
Oltre l’altar maggiore, avea quello in una cappella del glorioso<br />
san Francesco Di Paola, in <strong>di</strong> cui onore ogni anno se<br />
163<br />
ne ha celebrata la festa, precessa dai tre <strong>di</strong>voti venerdì, con concorso<br />
del popolo.<br />
Pell’ingran<strong>di</strong>mento della Madrice chiesa e per lo sfondo delle <strong>di</strong><br />
lei cappelle, parte <strong>di</strong> cotesta chiesa aggregossi a quella, sotto<br />
l’obbligazione <strong>di</strong> riquatrarla e renderla altra volta ufficiabile,<br />
che tuttora non è perché in fabrica, e ne venne or<strong>di</strong>nato il <strong>di</strong>sbrigo<br />
ad istanza dei superiori, per un <strong>di</strong>spaccio patrimoniale de’ 4<br />
maggio 1797, presentato ed eseguito in questa dal rev.mo arciprete<br />
Bordonaro e registrato all’atti <strong>di</strong> detto tribunale sotto li 27<br />
<strong>di</strong> detto mese, in seguito <strong>di</strong> che se ne sta <strong>di</strong>sbrigando la fabrica.<br />
Capitolo XII<br />
Ven. Congregazione ossia Confraternita dell’Opera Santa della<br />
Misericor<strong>di</strong>a, cui oggidì va aggregata la filial parrocchia.<br />
Cotesta Confraternita e chiesa dai suoi promotori e fondatori<br />
Pietro Sapienza, Francesco Bergamo e Bartolomeo Camarda fu<br />
nel 1681 ideata erigersi in un pezzetto <strong>di</strong> terreno, che ottennero<br />
in concessione enfiteutica dal conte cavaliere Agostino Zolferino,<br />
procuratore generale dell’abbate commendator <strong>di</strong> quel tempo<br />
Car<strong>di</strong>nale Francesco Maria de Me<strong>di</strong>ci, per gli atti <strong>di</strong> notar Giovanni<br />
<strong>di</strong> Lione, che in effetti poi venne istituita ed eretta li 26<br />
aprile 1682, con approvazione de’ capitoli, a 20 <strong>di</strong>cembre 1686,<br />
dalla gran Corte vescovile <strong>di</strong> Mazara.<br />
Nicodemo Salvina, al 1682, assegnolle una casa in questa (che<br />
oggi possiede a censo il notar don Franco Garofalo), e ciò per gli<br />
atti del citato Leone li (sic)<br />
Vi è in essa istituita una messa coti<strong>di</strong>ana da <strong>Giuseppe</strong> <strong>di</strong> Fina,<br />
sin dal 1700, in forza <strong>di</strong> testamento in notar (sic)<br />
Porta in titolo l’Opera Santa ed in protettori i santi <strong>Giuseppe</strong><br />
d’Arimatea e Nicodemo, che si venerano in un quadrone all’altar<br />
maggiore, opera insigne del celebre pennello <strong>di</strong> Pietro Novelli,<br />
rappresentante la Deposizione dalla Croce del morto Redentore,<br />
171
che ammirata ne viene dai professori e forastieri intesi <strong>di</strong> tal facoltà.<br />
L’istituto della medesima si è quello <strong>di</strong> seppellir i morti poveri e<br />
men<strong>di</strong>canti, portandoli in spalla sul feretro, sino alla chiesa, ad<br />
imitazion del santo Tobia.<br />
I confrati ne sono i gentiluomini, preti, regolari, sacerdoti e nobili,<br />
fra i quali si annoverano il principe <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong>, mons.<br />
Vescovo <strong>di</strong> Feletta e nostro abbate commendatore, siccome altresì,<br />
l’anno 1805, l’amabilissimo nostro padrone e commendatore<br />
don Leopoldo, il <strong>di</strong> lui regio Intendente cav. don Felice Lioy, i<br />
<strong>di</strong> lui figli, il dr. don Filippo Coniglio, avvocato fiscale della regia<br />
commenda della Magione,<br />
164<br />
don Bernardo Scinia, segretario <strong>di</strong> essa regia commenda, don Lorenzo<br />
Fazio, razional della medesima, accetti e cantati nella real<br />
chiesa della casina <strong>di</strong> Ballo, e ciò per or<strong>di</strong>ne del Sovrano piissimo<br />
Fer<strong>di</strong>nando, comunicato con lettera al riferito cav. Lioy, a<br />
maggiormente decorar la Confraternita.<br />
V’ha in obbligo ogni venerdì dopo pranzo recitar in comune in<br />
detta chiesa almeno un notturno per suffragar l’anime de’ nostri<br />
confrati e in<strong>di</strong> poi termina la Congregazione colla bene<strong>di</strong>zione<br />
del Santissimo.<br />
I venerdì poi <strong>di</strong> marzo vi si sente un sermone sopra la passione<br />
<strong>di</strong> Cristo, siegue la <strong>di</strong>sciplina e finisce colla bene<strong>di</strong>zione.<br />
Per antica istituzione, vanta la gran processione del Corpo <strong>di</strong><br />
Cristo Crocefisso in una bara, seguita dalla desolata Signora, il<br />
venerdì santo, con coro funebre e numeroso popolo. Tante delle<br />
volte questa è <strong>di</strong>venuta precessa da una procession iconografica,<br />
rappresentata da numerosi caratteristici personaggi, per la passione<br />
e morte del Redentore, con la gala la più squisita e la maggior<br />
compunzione degli astanti, in maggior copia forastieri convicini.<br />
Varie scene in essa si sono innestate e recitate in palco in<br />
<strong>di</strong>versi piani della città, dagli stessi pesonaggi, con applauso popolare<br />
non or<strong>di</strong>nario.<br />
Scovertosi <strong>di</strong> già molto esteso il paese e che dall’unica parrocchia<br />
era molto <strong>di</strong>fficile amministrarsi i sacramenti, precisamente<br />
agli malati, perciò, ad istanza del popolo e suoi deputati economici,<br />
con memoriale delli 31 maggio 1781 e rappresentanza del<br />
vescovo don Ugone Papé, si compiacque poi la sua Maestà, fin<br />
dall’anno 1783,con<strong>di</strong>scendere al Vescovo <strong>di</strong> designare un’altra<br />
chiesa opportuna, con titolo <strong>di</strong> coa<strong>di</strong>utice, colla facoltà soltanto<br />
<strong>di</strong> amministrare i due sacramenti <strong>di</strong> penitenza ed eucaristia e <strong>di</strong><br />
portare agli ammalati <strong>di</strong> uno fatto <strong>di</strong>stretto il SS.mo Viatico ed<br />
estrema unzione, sotto però la medesima identità <strong>di</strong> regio patro-<br />
172
nato e sotto la rettoria dello stesso regio parroco della Madrice,<br />
con ché vi si destinassero localmente due cappellani sacramentali,<br />
col salario <strong>di</strong> onze 20 per uno ed un sacristano col salario <strong>di</strong><br />
onze sei all’anno, da ricavarsi cioè, in quanto ad onze 20 per un<br />
cappellano dagli introiti dell’arcipretura ed in quanto ad onze 26<br />
per l’altro cappellano e sacristano dalla popolare gabella detta<br />
del pesce.<br />
Era una tal gabella arrivata in quel tempo al fruttato <strong>di</strong> onze 80<br />
ed<br />
165<br />
anche più annuali, peronde poteva <strong>di</strong> leggeri portare, oltre gli altri<br />
pesi, questo ancora, ed infatti il portò sino all’anno 1796. In<strong>di</strong><br />
verificatisi alcune sinistre combinazioni, minorò in maniera che<br />
attrassò totalmente le onze 26 dovute <strong>di</strong> real or<strong>di</strong>ne a cappellani<br />
e sacrestano della mentovata coa<strong>di</strong>utrice, restando soltnto in pie<strong>di</strong><br />
le onze 20 si rispondeano dall’arciprete. Tant’è che poi<br />
nell’augmento della congrua dell’arcipretura, si accordarono,<br />
come si <strong>di</strong>sse, sotto il governo dell’arciprete Bordonaro.<br />
In cotesta coa<strong>di</strong>utrice fu designata dal Vescovo anzidetto la nostra<br />
chiesa dell’Opera Santa, in seguito al regio biglietto de’ 29<br />
marzo <strong>di</strong> detto anno 1793, comunicato dal Viceré marchese Caracciolo<br />
al prelodato monsignor Papé, Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara, con<br />
data in Palermo de’ 9 aprile dell’anno istesso e <strong>di</strong>spaccio della<br />
gran Corte vescovile ossiano bolle a 29 giugno del medesimo<br />
1793.<br />
In essa vi si trasferì, a 22 giugno suddetto, la mattina, dalla Madrice<br />
il Divinissimo in trionfo. Vaglion nella medesima i confrati<br />
o siano congregati officiare, col <strong>di</strong> loro peculiar cappellano ed<br />
esercitar ciò nullostante le loro giuris<strong>di</strong>zioni e festa de’ santi<br />
protettori, giusta come si contiene nel loro memoriale avanzato<br />
al ridetto mons. Vecovo Papé, qui allor degente, decretato li 30<br />
detto mese giugno, transuntato appo l’officina <strong>di</strong> me notar Bartolomeo<br />
a dì 4 del seguente luglio, 1 ind., 1783.<br />
Per costumanza, nell’ottava del corpo <strong>di</strong> Cristo, quando si pratica<br />
la condotta, vi intervengono <strong>di</strong>etro il superiore e congionti<br />
della Confraternita, con torcie accese, ed il primo il giovedì santo<br />
suol prendere la chiave del santo Sepolcro, concorrendo la<br />
Congregazione a qualche limosina ai revv. cappellani della coa<strong>di</strong>utrice,<br />
per le spese <strong>di</strong> tal solennità, che loro impiegano.<br />
173
Capitolo XIII<br />
Ven. chiesa e Confraternita<strong>di</strong> Maria SS.ma degli Agonizzanti<br />
Fu fondata e costrutta cotesta Confraternita e chiesa l’anno<br />
1692, soggetta alla giuris<strong>di</strong>zione dell’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara dallo<br />
zelo del rev. don Paolo Grassellino, beneficiale <strong>di</strong> s. Antonio,<br />
sac. don <strong>Giuseppe</strong> Caprile e notar don Gaspare Bellomo, rettori,<br />
unitamente a vari fedeli, che concorsero con pie limosine, e ciò<br />
sopra li canne 9 <strong>di</strong> lunghezza, compresi i passetti, <strong>di</strong> canne 4.3 <strong>di</strong><br />
larghezza, oltre canne 2.2 lunghezza della sagristia quadra, che<br />
ottennero dal barone don Matteo Scammacca, pel canone annuo<br />
<strong>di</strong> tarì 9.5 a conformità della concessione enfiteutica, in notar<br />
don Domenico Greco, ratificata dai confrati li 31 <strong>di</strong> agosto 1693.<br />
166<br />
Venne quin<strong>di</strong> poi la Congregazione abolita, sul governo <strong>di</strong> mons.<br />
<strong>Giuseppe</strong> Stella, Vescovo <strong>di</strong> Mazara, e la chiesa venne amministrata<br />
nel temporale riguardo alle onze 10 circa <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>te, fra<br />
legati e libero, dal rev. sac. dr. don Diego Sapienza, vicario foraneo<br />
<strong>di</strong> questa città, in qualità <strong>di</strong> delegato <strong>di</strong> detto monsignore,<br />
e nello spirituale dal sac. don <strong>Giuseppe</strong> Lo Grasso, poi dal rev.<br />
don Biagio Florio, in<strong>di</strong> dal rev. don Alvaro Perez, finalmente dal<br />
rev. don <strong>Giuseppe</strong> Catania ed oggidì dal sac. don Antonino Proto.<br />
Avvi l’altare de<strong>di</strong>cato al glorioso san Francesco <strong>di</strong> Paola, cui se<br />
ne celebrano li 13 venerdì, che precedon la <strong>di</strong> lui festa, e similmente<br />
quello <strong>di</strong> san Paolino, al quale si solennizza pomposa festività,<br />
con artificio <strong>di</strong> fuoco la sera e corsa <strong>di</strong> berberi, solennità<br />
che pria godeva la Madrice in cui l’immagine <strong>di</strong> questo santo risiedé<br />
sino al 1770. Vi ha per ultimo l’antico altare del ss. Crocefisso.<br />
Nel governo del detto rev. Catania rifiorì la Congregazione,<br />
composta dai giar<strong>di</strong>nieri ed ortolani, dall’opera del medesimo<br />
venne costrutta la cappella <strong>di</strong> san Francesco <strong>di</strong> Paola, a spese <strong>di</strong><br />
don Salvatore Minore, come si vede d’un contratto stipolato agli<br />
atti <strong>di</strong> me notar Bartolomeo, li 26 ottobre, 6 ind., 1802, e similmente<br />
dal Minore costrutta la campana grande, secondo si rileva<br />
dalla <strong>di</strong> lui testamentaria <strong>di</strong>sposizione pubblicata appo le tavole<br />
<strong>di</strong> notar don Sebastiano Catalano, sotto li (sic) e per ultimo<br />
dalla pietà della <strong>di</strong> lui figlia, donna Maria Minore, varii sagri arre<strong>di</strong><br />
e vestimenti che si conservano presso i <strong>di</strong> lei ere<strong>di</strong>, ma in<br />
pronto uso e servigio <strong>di</strong> detta chiesa, come dalla <strong>di</strong>sposizione ultima<br />
<strong>di</strong> quella e dall’inventario testamentario, rogati alla mia oficina<br />
li 10 e 11 agosto, 6 ind., 1803.<br />
174
L’oriuolo che batte l’ore e gli quarti <strong>di</strong> essa chiesa anche ebbe<br />
origine dalla cura zelante <strong>di</strong> suddetto rev. <strong>di</strong> Catania, morto<br />
nell’anno 1803 e sepolto in detta nostra ven. chiesa.<br />
Capitolo XIV<br />
Ven. chiesa della Confraternita <strong>di</strong> Gesù Maria, cui oggi è aggregato<br />
lo ritiro detto <strong>di</strong> padre Manfré, ossia l’orfanotrofio <strong>di</strong><br />
Maria SS. del Ponte.<br />
Fu promossa cotesta devotissima ed esemplar Confraternita<br />
167<br />
<strong>di</strong> Gesù Maria dallo zelantissimo arciprete Francesco Albamonte,<br />
l’anno 1702 e fondata dentro la ven. Madrice chiesa, ma in<strong>di</strong><br />
a pochi anni s’intiepidì e si estinse. Rifiorì poi sin dalli 7 febbraio<br />
1721 sotto l’aura del celebre sacerdote dr. don Giovanni<br />
Paolo Raccuglia, che fu poi successore all’Albamonte e si aggregò<br />
alla chiesa dell’Opera Santa, ma non sofferta da quei confrati,<br />
passò in quella dello spedale, in cui soggiornò in fervore<br />
sino al 1733, tempo in cui si terminò la fabrica dell’attual chiesa<br />
peculiare <strong>di</strong> Gesù Maria. Venne questa e<strong>di</strong>ficata con le due case<br />
e casaleno ed altra casetta nella Strada Grande, che comprarono i<br />
<strong>di</strong> lei rettori sac. don Angelo Tafarella, mastro Vincenzo Santoro<br />
e altri confrati, da potere <strong>di</strong> donna Antonina Di Bartolomeo ed<br />
Ales, prima moglie <strong>di</strong> mio padre notar don Domenico, per contratto<br />
in notar <strong>Giuseppe</strong> Di Lorenzo, li 6 <strong>di</strong>cembre, 3 ind., 1726,<br />
siccome con altre case prese anco a censo, per l’atti <strong>di</strong> notar Antonino<br />
Greco <strong>di</strong> questa, al 1733. Ebbe gettati i fondamenti e la<br />
prima pietra con una moneta nel mese maggio 1725, da don<br />
Nunzio Tarallo, dei duchi della Ferla, e fu finita interamente <strong>di</strong><br />
rustico nel principio del detto anno 1733, venendo benedetta il dì<br />
30 giugno <strong>di</strong> esso anno dal cennato rev. <strong>di</strong> Raccuglia, in qualità<br />
<strong>di</strong> vicario foraneo <strong>di</strong> questa <strong>Partinico</strong>, <strong>di</strong> licenza della Gran Corte<br />
vescoval <strong>di</strong> Mazara e processionalmente i confrati vi entrarono,<br />
tuttoché non ripulita e adorna, che poi compirono con sua<br />
campana ed organo, e l’anno poi 1744 feron fondere la campana<br />
grande da don Francesco Castronuovo.<br />
Tre dì la settimana si raunano in essa i <strong>di</strong>voti confrati per u<strong>di</strong>r la<br />
me<strong>di</strong>tazione e adempiere le loro regole e capitoli, cioè il mercoledì<br />
la sera, il venerdì la sera, la domenica la sera. Le loro festività<br />
sono le 40 ore, che celebrano gli ultimi tre dì <strong>di</strong> carnevale,<br />
con e<strong>di</strong>ficazione del popolo, girando ogni dopo pranzo in abito<br />
<strong>di</strong> penitenza, col loro cappellano, e precessi dalla corte per la<br />
175
città, a raccorre fedeli per venire ad adorare l’esposto sacramentato<br />
Signore. Ogni anno poi, nella quaresima, ha gli esercizi del<br />
gran padre s. Ignazio.<br />
E’ stata sempre assistita dai primi soggetti chiesiastici della città,<br />
insigni per dottrina e religiosità, come appunto li surriferiti<br />
arcipreti Albamone, Raccuglia, dr. don Agatino Greco, vicario<br />
foraneo, che, pel suo vantagioso zelo, al 174 (sic) venne ucciso<br />
con due botte <strong>di</strong> fuoco, domentre un venerdì <strong>di</strong> marzo, la sera<br />
alle due, si ritirava a casa, associato dai congregati, delitto atroce,<br />
per cui il paese ne sentì il positivo rigore, della giustizia. Furonvi<br />
pure fra’ i cap –<br />
168<br />
pellani il chiarissimo dr. don Michele Marocco, vicario foraneo,<br />
il dr. don Matteo Lupo, il dr. don Giovanni Bambina e l’ultimo il<br />
dr. don Franco Tosco.<br />
Capitolo XV<br />
Reclusorio delle donzelle sotto titolo <strong>di</strong> Maria SS.ma del Ponte,<br />
titolo da me suggerito in onore <strong>di</strong> nostra Padrona oggi, detto lo<br />
Ritiro <strong>di</strong> padre Manfré aggregato a detta ven. Confraternita <strong>di</strong><br />
Gesù Maria<br />
L’ultima e più recente comunità della nostra patria si è appunto<br />
cotesto Orfanotrofio. Ebbe dessa l’origine e promozione dallo<br />
zelo apostolico e attività dell’esemplarissimo sacerdote don Simone<br />
Manfré, dell’Alcara de’ Frid<strong>di</strong>, prete ritirato in S. Eulalia<br />
<strong>di</strong> Palermo, insigne missionario e allievo degnissimo dell’<br />
rev. dr. Don Salvatore De Francisci, missionario rinomatissimo<br />
per la sua dottrina e religiosità.<br />
Portò il Manfré nel 1796, per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> mons. don Orazio La<br />
Torre, vescovo <strong>di</strong> Mazara, la missione in questa, <strong>di</strong> cui vi era egli<br />
il capo. E seppe tanto la sua morale e cristiana pietà insinuarsi<br />
ne’ cuori de’ fedeli che ne procacciò, a gloria <strong>di</strong> Dio, delle<br />
considerevoli limosine, quali impiegò in buona parte in ingran<strong>di</strong>re<br />
e perfezionare la nuova casa <strong>di</strong> santi esercizii e similmente in<br />
occorrere ai premurosi bisogni dei poveri <strong>di</strong> Gesù Cristo.<br />
Gli nacque in cuore il santo desiderio <strong>di</strong> fondare un monastero e<br />
per allora un ritiro, in cui preservare alcune pericolose verginelle<br />
dall’insi<strong>di</strong>e del mondo e dall’intraprendente suo spirito<br />
nell’aiuto del Signore si prometteva ogni cosa, né resistendo<br />
all’interno impulso, animava i citta<strong>di</strong>ni ad incoraggiarlo in sì<br />
fatta vocazione. Istituì ed intimò una sua pre<strong>di</strong>ca nella Madrice,<br />
176
il dopo pranzo del lunedì santo, 21 marzo, in cui fé intervenirvi<br />
quelle donzelle che aveva adocchiate proprie, per formare sì e<strong>di</strong>ficante<br />
comunità. Sulle ore 21 <strong>di</strong> detto giorno, piena zeppa la<br />
madre chiesa del popolo spettatore, dell’arciprete e clero, cominciò<br />
la ideatasi pre<strong>di</strong>ca, che vestì in maniera che fé animar<br />
tutti a concorrere al pio <strong>di</strong>segno e, consegnando il Crocefisso al<br />
rev. arciprete don Vito Bordonaro, qual pastore, consegnò a lui<br />
quelle pre<strong>di</strong>lette pecorelle, coverte con manti neri, alle quali assegnò<br />
per superiora donna Antonina Gigante, figlia vergine <strong>di</strong><br />
notar don Pietro, e in devotissima processione seguite dal popolo,<br />
can-<br />
169<br />
tando degli inni al Signore, le condusse nel soggiorno ove tuttora<br />
convivono, entrando dalla parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro e non dalla strada<br />
grande, perché l’ingresso allora ivi esisteva.<br />
Stabilitesi appena in quel sagro recinto, le verginelle abbisognavan<br />
del tutto, a cui provvide il Manfré, come ancora della chiesa<br />
tanto necessaria per i loro spirituali esercizii, non ostante che il<br />
loco era dall’una parte e l’altra, fiancheggiato e attaccato dalla<br />
chiesa del Purgatorio a sirocco e <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Gesù Maria a tramontana,<br />
l’una delle quali, massime cotest’ultima, poteva concorrere<br />
maggiormente all’intento.<br />
Adoprossi il Manfré con ogni calore presso i rettori <strong>di</strong> questa<br />
Confraternita, pregandoli ad accordare alle verginelle la facoltà<br />
<strong>di</strong> aprirvi nella loro predetta chiesa una porta, onde aver in essa<br />
l’accesso su <strong>di</strong> un littorino, erigendo a spese del Manfré, e così<br />
poter vedere la faccia <strong>di</strong> Dio, sentir la messa e assistere a sacri<br />
uffici <strong>di</strong> pietà, come altresì <strong>di</strong> accordarle <strong>di</strong> aprirsi al <strong>di</strong> sotto in<br />
loco opportuno un comunichino atto a praticarsi i due sacramenti<br />
<strong>di</strong> penitenza ed eucaristia, promettendosi il Manfré rispondere<br />
alla Confraternitatutto ciò che mai pretendesse per tal servitù,<br />
sendo pronto a <strong>di</strong>venirvi a qualunque costo, previe le dovute<br />
cautele.<br />
Duri allora i confrati, inesorabili poi, accaniti sempre se gli niegarono<br />
(istigati dal nemico comune, per impe<strong>di</strong>r la gloria <strong>di</strong> Dio,<br />
il decoro della patria, il bene <strong>di</strong> tante verginelle) e giunsero finalmente<br />
a degli eccessi. I loro ricorsi ai giu<strong>di</strong>ci chiesastici e secolari<br />
(ancorché giusti poi pelle irritualità che l’ignoranza forense<br />
che il Manfré praticava) furono ritualmente menati buoni e si<br />
videro le donzelle poco dopo cacciate da quella chiesa, demolito<br />
il littorino, chiusi gli ingressi che aperti vi erano e fatte sloggiare,<br />
con loro rammarico e pianto dall’amabile loro albergo, ritornando<br />
parte <strong>di</strong> esse alle case paterne e parte ad abitare in unione<br />
177
della superiora in una casa accomodatale la pietà del dr. don<br />
<strong>Giuseppe</strong> Vizzini, rimpetto il Collegio <strong>di</strong> Maria.<br />
Non furono frattanto desse mai abbandonate dal Manfré<br />
170<br />
sempre animandole a sperare nel favor <strong>di</strong> Dio e provvedendole<br />
de’ necessari alimenti. Né egli stesso smarrissi mai, anzi intrepido,<br />
costante e sicuro, vantavasi glorioso.I fratelli <strong>di</strong> Rizzo, don<br />
<strong>Giuseppe</strong> e don Leonardo graziosamene gli feron donazione <strong>di</strong><br />
quelle case rispettabili e <strong>di</strong> valore, destinate in albergo <strong>di</strong> dette<br />
donzelle. Il dr. Castrense <strong>di</strong> Bella non mancò <strong>di</strong> donargli de’<br />
fon<strong>di</strong> urbani e capitali, per sostenimento perpetuo della comunità,<br />
come pure altri pii soggetti da quali tutti se ne stipolarono a<br />
pro’ <strong>di</strong> quella i corrispondenti istromenti legali presso gli atti <strong>di</strong><br />
me notar Bartolomeo, sotto li 11 e 12 e maggio, 14 giugno <strong>di</strong><br />
detto anno 1796, 4 ind., 23 febbraio dell’anno susseguente 1797<br />
e altre giornate, per quanto venne non solo la communità ad aver<br />
la proprietà del perenne soggiorno, ma altresì una picciola dote,<br />
quale venne poi impinguata da varie compre <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>j rustici,<br />
procacciatele lo stesso Manfré e per gli atti miei e <strong>di</strong> altri pubblici<br />
notari e finalmente ad ingran<strong>di</strong>rle la casa, colla compra coattiva<br />
e per sentenze della Gran Corte civile e Concistoro, della<br />
lateral casa <strong>di</strong> donna Antonina Gigante o sia razionale don Franco<br />
Perrone, e tutto ad ingenti spese e sudori dell’instancabile padre<br />
Manfré (a).<br />
Ma volendo Dio il reclusorio anzidetto, viepiù incoragito il padre<br />
Simeone dai suddetti acquisti, animossi a ricorrere alla munificente<br />
clemenza dell’amabile nostro Sovrano Fer<strong>di</strong>nando, da<br />
cui accolta la supplica, trovando in essa un padre ed un valevolissimo<br />
garante, accordogli la grazia della fondazione <strong>di</strong> detto<br />
reclusorio, sciogliendo dalla sua regia Segreteria il biglietto ne’<br />
seguenti sensi: Fer<strong>di</strong>nandus, Dei gratia, Rex utriusque Siciliae,<br />
Hierusalem, Hispaniarum Infans, Dux Parmae, Placentiae et<br />
Castri, huius Etruriae princeps, fidelibus <strong>di</strong>lectis: Con nostro<br />
biglietto abbiamo comunicato alla Deputazione del Regno lo che<br />
siegue: Per via dell’ecclesiastico con <strong>di</strong>spaccio de’ 17 del passato<br />
<strong>di</strong>cembre mi viene scritto quanto siegue: Si è degnato il Re<br />
accordare alla popolazione <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> real permesso implorato<br />
per la fondazione <strong>di</strong> un reclusorio <strong>di</strong><br />
(a) Non lasciò ancora la buona amicizia <strong>di</strong> don Paolo Catalano, col nostro padre<br />
Manfré in questa contingenza, giacché egli per l’atti <strong>di</strong> notar Vito Riccobono <strong>di</strong><br />
Montilepre, passò a donare ad un <strong>di</strong> lui luogo <strong>di</strong> salme 12, tumuli 13.3 <strong>di</strong> terre<br />
al Lavadore, sotto li 27 gennaio, 15 ind. 1797, su cui se ne ottenne dal reclusorio<br />
e se ne legge il deposito e parte a 14 <strong>di</strong>cembre, 2 ind., 1798<br />
178
171<br />
donzelle, a con<strong>di</strong>zione però che debba riputarsi laicale e sogetto<br />
a pesi reali e civici e che non possa amministrarsi da ecclesiastici.<br />
Vuole inoltre Sua Maestà che nel <strong>di</strong>sporsi le regole dalla<br />
Giunta <strong>di</strong> Presidenti e Consultore, s’in<strong>di</strong>chi il tenore degli stabilimenti<br />
presi dalla Maestà Sua per l’Orfanotrofio <strong>di</strong> S. Antimo <strong>di</strong><br />
questo Regno, per tenersi presenti e per applicarsi per quanto si<br />
troverà convenientee per lo reclusorio <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> sudetto e per<br />
altri. A qual oggetto, gliene rimetto copia. Lo partecipo <strong>di</strong> real<br />
or<strong>di</strong>ne a Vostra Signoria per lo adempimento ed in replica alla<br />
sua rimostransa de’ 7 del passato luglio. Napoli. Lo che io comunico<br />
a Vostra signoria per sua intelligenza e adempimento,<br />
nella parte che le tocca. Nostro Signore la feliciti. Palermo, 27<br />
marzo 1797. F. Lopez arcivescovo Presidente. Alla Diputazione<br />
del Regno.<br />
In dopo del quale, nella sessione de’ 29 marzo 1797, a relazione<br />
dell’ill.mo e rev.mo mons. Ajrol<strong>di</strong>, arcivescovo <strong>di</strong> Eraclea, <strong>di</strong>putato<br />
del Regno, priore provvidentissimo quod praesententur, registrentur,<br />
exsequantur et fiant litterae ad mentem regij chirographi:<br />
Essendosi intanto degnata la Maestà del Re Nostro Signore<br />
(Id<strong>di</strong>o conservi) col suddetto regio <strong>di</strong>spaccio de 17 del<br />
passato <strong>di</strong>cembre, per via dell’Ecclesiastico, accordare alla popolazione<br />
<strong>di</strong> cotesta il real permesso implorato per la fondazione<br />
<strong>di</strong> un reclusorio <strong>di</strong> donzelle, a con<strong>di</strong>zione però che debba reputarsi<br />
laicale e sogetto a pesi reali e civici e che non possa<br />
amministrarsi da ecclesiastici, e vuole inoltre Sua Maestà che<br />
nel <strong>di</strong>sporsi le regole della Giunta de’ Presidenti e Consultore<br />
s’in<strong>di</strong>chi il tenore degli stabilimenti presi dalla Maestà Sua per<br />
l’orfanotrofio <strong>di</strong> S. Antimo <strong>di</strong> quel Regno, per tenersi presenti e<br />
per applicarsi per quanto si troverà conveniente e per lo reclusorio<br />
sudetto <strong>di</strong> codesta e per altri, abbiamo impertanto risolto<br />
spe<strong>di</strong>rvi le presenti colle quali, communicandovi l’anzidetta deliberazione<br />
della Maestà sua, vi or<strong>di</strong>niamo che dobbiate eseguirla<br />
e farla eseguire da chi si deve ed osservare puntualmente, curandone<br />
dal canto vostro l’esatto religioso adempimento, in tutte<br />
le sue parti, senza la menoma alterazione, per essere così della<br />
nostra intenzione. Tanto eseguirete colla puntualità dovuta e<br />
non altrimenti. Datum Panormi <strong>di</strong>e secunda aprilis, 1797. F. Lopes,<br />
Archiepiscopus Praesidens. Il Principe <strong>di</strong> Paternò, deputato;<br />
Airol<strong>di</strong>, arcivescovo <strong>di</strong> Eraclea, delegato; il Principe <strong>di</strong> Cassaro,<br />
pretore delegato; il Principe <strong>di</strong> Malvagna, deputato, Bernardo,<br />
ciantro vicario generale, deputato; il Principe <strong>di</strong> san<br />
<strong>Giuseppe</strong>, deputato;<br />
179
172<br />
il Principe <strong>di</strong> Lampedusa, deputato; Gaetano Emmanuele, canonico<br />
abbate, deputato; il Duca Massa, deputato; il Principe <strong>di</strong><br />
Castelreale, deputato; cav. <strong>Giuseppe</strong> Stella Valguarnera, deputato;<br />
il Principe <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>na, protonotajo del Regno; Bernardo<br />
Maria Grifo, segretario. Alli magnifici Giurati <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> acciò<br />
debbano in tutte le loro parti eseguire e far da chi si deve<br />
eseguire ed osservare il preinserto real or<strong>di</strong>ne, con cui Sua Maestà<br />
è venuta in accordare a quella popolazione il permesso implorato<br />
per la fondazione <strong>di</strong> un reclusorio <strong>di</strong> donzelle, colle<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sopra espressate.<br />
Ed ecco in seguito a sì sovrana risoluzione riposte con gloria le<br />
verginelle suddette nel <strong>di</strong> loro bramato asilo. Son quasi per <strong>di</strong>re<br />
dal Manfré nel sermone fatto alle verginelle il giovedì santo in<br />
detta chiesa.<br />
Non cessò frattanto il giu<strong>di</strong>zio incoato da parte della Confraternitaavverso<br />
la pretesa del reclusorio per l’acquisto della chiesa<br />
che finalmente dal piissimo Monarca, implorato dal Manfré, a<br />
nome <strong>di</strong> quello, venne la stessa destinata, accordata e assegnata<br />
in uso e comodo <strong>di</strong> quella comunità, con regio biglietto, dato in<br />
Napoli e comunicato al riferito Arcivescovo <strong>di</strong> Palermo e Monreale,<br />
Filippo Lopes, Presidente del Regno, da cui si sciolse viceregio<br />
biglietto in <strong>di</strong> lui seguela, <strong>di</strong>retto al citato dr. Don <strong>Giuseppe</strong><br />
Vizzini, giu<strong>di</strong>ce e vicario capitolare <strong>di</strong> questa città, dato in<br />
Palermo, li 22 febbraio 1799, presentato, registrato ed eseguito<br />
in questa li 2 marzo <strong>di</strong> detto anno, giorno in cui, per adempimento<br />
del sovrano decreto se ne <strong>di</strong>é da quel ministro esecutore il<br />
possesso <strong>di</strong> detta chiesa a don Gioacchino Passalacqua, procuratore<br />
<strong>di</strong> detto conservadorio, che registrossi agli atti <strong>di</strong> questa<br />
gran Corte capitaniale.<br />
Dall’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Mazara frattanto si <strong>di</strong>edero le provvidenze ai<br />
ricorsi della Confraternitaper provvedersi <strong>di</strong> chiesa e le venne<br />
assegnata quella dell’oratorio del Carmelo, in cui poco o nulla<br />
risiedettero. Ma poi per non urtare alla <strong>di</strong>vina <strong>di</strong>sposizione, <strong>di</strong><br />
unanime voto de’ rettori del conservadorio e <strong>di</strong> quei della Confraternita,<br />
si stabilì e conchiuse la concor<strong>di</strong>a: tornarono i confrati<br />
a valersi della loro chiesa, esercitando i <strong>di</strong>vini uffizii e le loro<br />
<strong>di</strong>vozioni e istituti e fiorisce oggimai più che pria la chiesa suddetta<br />
nel culto <strong>di</strong>vino, a bene dell’anime, ad onor della patria e a<br />
somma gloria dell’Altissimo.<br />
173<br />
Ma gli alti imprescrutabili <strong>di</strong>vini giu<strong>di</strong>zii, dopo <strong>di</strong> aver assicurato<br />
la vittoria al Manfré e la grazia alle povere sue verginelle,<br />
180
colpito letalmente da morbo itterico, il padre don Simone in S.<br />
Eulalia.<br />
Bisognava la chiesa almeno <strong>di</strong> una messa coti<strong>di</strong>ana per venire intesa<br />
dalle convittrici. Cotesta il padre le acquistò ancora dalla<br />
carità del barone don Francesco Maria Custos <strong>di</strong> Palermo, che<br />
cominciò a celebrarsi in essa e secondo la parola data dal barone<br />
al Manfré, nonostante la <strong>di</strong> lui morte, nel testamento solenne <strong>di</strong><br />
quello, aperto e publicato in Palermo agli atti del notaro don<br />
Francesco Salvadore Cirafici, li 3 marzo, 7 ind. 1804, se ne trova<br />
la seguente <strong>di</strong>sposizione: Di più voglio, or<strong>di</strong>no e comando che si<br />
celebrasse una messa coti<strong>di</strong>ana per l’anima mia nel ritiro nuovamente<br />
fatto nella città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, seguitando il ritiro suddetto<br />
e non essendovi il ritiro suddetto omni futuro tempore si<br />
dovesse celebrare in questa <strong>di</strong> Palermo da quel sacerdote ben<br />
visto al mio erede universale e nella chiesa ben vista ai miei fidecommissarii,<br />
e ciò coll’elemosina <strong>di</strong> tarì due per ogni messa,<br />
oltre le onze due annuali per . Dovendosi invigilare la celebrazione<br />
della medesima e che con effetto si avesse celebrato in<br />
detto ritiro con ritirarsi le certe delle dette messe in ogni mese<br />
controsegnate dal rev. parroco don Agostino Cancemi o da quel<br />
parroco che pro tempore sarà della detta ven. parrocchiale<br />
chiesa <strong>di</strong> san Giacomo La Marina, in perpetuum et in infinitum,<br />
perché così voglio e non altrimente.<br />
Ma gli alti imprescrutabili <strong>di</strong>vini giu<strong>di</strong>zi chi può mai penetrare!<br />
Dopo <strong>di</strong> avere la <strong>di</strong>vina carità assicurata la vittoria al Manfré e<br />
fatta la grazia alle sue verginelle, prematuramente e nel fiore<br />
dell’età sua, con <strong>di</strong>svantagio <strong>di</strong> quella pia casa, cadde letalmente<br />
colpito da morbo itterico il predetto don Simone in Palermo. Io<br />
che mi trovavo per accidente colà posso assicurare che nulla si<br />
spaventava della morte, ma quella <strong>di</strong>spiacevali al sol riflesso <strong>di</strong><br />
non poter più vantagiare gl’interessi della sua bambina communità,<br />
e conchiudeva poi con le lagrime la sua uniformità al <strong>di</strong>vino<br />
volere, cui raccomandavagli quella. Comandò me con efficacia<br />
<strong>di</strong> garentir nelle occorrenze la medesima, ed io debolmente<br />
per quanto ho potuto non ho mancatogli né mancherogli <strong>di</strong> parola.<br />
Cesse alla fine tra brievi giorni all’impeto del morbo, rassegnato<br />
e compunto li 18 giugno del 1799, in età d’anni 47, e venne<br />
sotterrato nella chiesa <strong>di</strong> s. Eulalia, sua casa. Curarono le<br />
convittrici <strong>di</strong> averne in memoria il <strong>di</strong> lui ritratto e questo si<br />
174<br />
vede affisso nel parlatojo, portando la infrascritta epigrafe:<br />
Rev. Sac. D. Simon Manfré, terrae Alicarae Frigidae, domus s.<br />
Eulaliae bis praeses, sancti Caroli Congregationis tertius prae-<br />
181
positus, ita charitatis igne flagravit ut in virtutum genere omni<br />
enituerit, quam in Dei gloria augenda, animarumque profectu<br />
procurando, <strong>di</strong>sciplinaque ecclesiastica promovenda elaboraverit,<br />
tot civitates et oppida missionis opera perlustrata, giniceum<br />
hocce puellarum sacro exercitiorum domus erectae egenis quos<br />
fovit viduae quas a<strong>di</strong>uvit merentes ac infirmi quos solatus est,<br />
peccatores quos verbo et exemplo ad Christi ovile reduxit, una<br />
testatur <strong>di</strong>uturna corporis maceratione tractus ac sa<strong>di</strong>ssimis<br />
persequtionibus potius quam morbo in breve consumptus, annos<br />
natus 47, XIV kalendas junii. Anno Domini 1799, omnium luctus,<br />
laetus mortem aspexit 86<br />
Mancato appena dal mondo l’esemplarissimo uomo <strong>di</strong> Dio, io<br />
son <strong>di</strong> aviso che nella gloria beata (ove piamente si crede esser<br />
rinato) altra premura non abbia avuto che <strong>di</strong> pregar l’Altissimo a<br />
confermar la stabilita pace e conceder delle grazie a quel sagro<br />
asilo delle sue verginelle. Di fatti i congregati volentieri rittornarono<br />
alla lor chiesa e in essa esercitan le <strong>di</strong>vote lor funzioni e<br />
<strong>di</strong>voti esercizii, serviti con can<strong>di</strong>dezza e puntualità dalle stesse<br />
convittrici.<br />
La detta communità gode dell’aggregazione e associazione ottenuta<br />
dal rev. padre Ilarione <strong>di</strong> Montemagno, commissario generale<br />
dell’Or<strong>di</strong>ne frncescano, per lettere in stampa, <strong>di</strong>rette a suor<br />
Maria Teresa Giganti e sue consorelle e date in Roma dal convento<br />
aracelitano, li 25 agosto 1803. Epperò l’indulgenza plenaria<br />
toties quoties la gode ancora la <strong>di</strong> loro chiesa, come quelle<br />
de’ conventi francecani e dei monasteri <strong>di</strong> s. Chiara, Annunziazione<br />
e Concezione, volgamente appellata porziuncola.<br />
182<br />
Capitolo XVI<br />
Ven. chiesa e Confraternita del patriarca san <strong>Giuseppe</strong>.<br />
Si dal principio del passato secolo esistea formata la Confraternitadel<br />
patriarca san <strong>Giuseppe</strong>, colla <strong>di</strong> lui cappella e simulacro<br />
<strong>di</strong> legno, dentro la chiesa del convento del Carmine, in cui si ce-<br />
86 Il rev. sacerdote Simone Manfré, della terra <strong>di</strong> Lercara Frid<strong>di</strong>, due volte preside<br />
della casa <strong>di</strong> S. Eulalia, terzo preposito della Congregazione <strong>di</strong> San Carlo,<br />
arse talmente del fuoco della carità da risplendere in ogni genere <strong>di</strong> virtù,<br />
nell’accrescere la gloria <strong>di</strong> Dio, nel procurare il profitto delle anime e la promozione<br />
della <strong>di</strong>sciplina ecclesiastica. Missionario in molte città e paesi, eresse<br />
questa santa casa <strong>di</strong> eserciz per le fanciulle. Aiutò le vedove, confortò gli<br />
infermi, ridusse all’ovile <strong>di</strong> Cristo i peccatori con la parola e l’esempio. Logorato<br />
dalla quoti<strong>di</strong>ana penitenzae consumato in breve dalle maligne persecuzioni,<br />
più che dalla malattia, a 47 anni, il 19 maggio 1799, compianto da tutti, vide<br />
gioioso la morte.
lebrava l’annua festività, che chiudeva colla sagra processione <strong>di</strong><br />
quello.<br />
Spinti i confrati dalla propria <strong>di</strong>vozione nonché dalla insinuazione<br />
del rev. sac. don Domenico Guidara, all’oggeto <strong>di</strong> erigere ed<br />
istituire una lor seria chiesa e Confraternita, vennero impe<strong>di</strong>ti da<br />
ciò pra -<br />
175<br />
ticare da parte del detto ven. convento, lo quale credea non potersi<br />
in <strong>di</strong> lui pregiu<strong>di</strong>zio, pel lungo possessorio tenuto della<br />
cappella, Congregazione, festa e processione. Se ne istituì qin<strong>di</strong><br />
iu<strong>di</strong>zio nella Gran Corte vescovile <strong>di</strong> Mazara e finalmente separando<br />
la confraternita, in una notte dell’anno 1737, e<strong>di</strong>ficarono i<br />
congregati l’altare, prendendo il possesso della chiesa che stavan<br />
fabricando e terminrono <strong>di</strong> volo, ove tuttora si erge, in quel magazino<br />
e case che pria furono chiesa <strong>di</strong> san Francesco Lo Vecchio,<br />
già derelitte, e la detta Compagnia aveva loro succoncesse<br />
ai congregati, per contratto in notar Rosario Antonio Greco, li 10<br />
agosto 1737, ottenendo da mons. Alessandro Caputo, vescovo <strong>di</strong><br />
Mazara, la facoltà <strong>di</strong> questuare.<br />
La procession però del simulacro del santo, il dì della sua festa,<br />
restò in potestà <strong>di</strong> praticarla detto convento e non già la chiesa, e<br />
tutto dì è in esercizio l’uno e l’altra <strong>di</strong> solennizzare la festività e<br />
vespro, ma la procesione il convento.<br />
Il primo cappellano <strong>di</strong> suddetta nostra Confraternitane fu il rev.<br />
sac. Don Fer<strong>di</strong>nando Luna, per atto <strong>di</strong> elezione in notar don Domenico<br />
<strong>di</strong> Bartolomeo, mio padre, li 19 maggio 1737 ed in<strong>di</strong> al<br />
1741 l’amministratore generale eletto dalla Gran Corte vescovle<br />
<strong>di</strong> Mazara ed il <strong>di</strong> lei vescovo, mons. don <strong>Giuseppe</strong> Stella, si fu<br />
il grande uomo e servo <strong>di</strong> Dio, sac. don Antonio Nicolò Zito, che<br />
la governò e coltivò sino alla morte ed in età piuttosto decrepita.<br />
I particolari benefattori furono Domenico Maddalena, che la ripulì<br />
e rese decente e con quadroni in tela, in cui la storia della<br />
vita del santo Patriarca e altresì providela <strong>di</strong> sacri arre<strong>di</strong>, siccome<br />
Antonino Lo Me<strong>di</strong>co, che, a proprie spese, le costrusse il<br />
campanile con tre campane al 1780, l’una <strong>di</strong> cantara duodeci, altra<br />
<strong>di</strong> 6 e la terza <strong>di</strong> 3, e la recente Maria Anna Morreale, che vi<br />
istituì la messa coti<strong>di</strong>ana per gli atti <strong>di</strong> notar don Diego Bonarrigo,<br />
nel <strong>di</strong> lei testamento, sotto li (sic) .<br />
Fabricata la sepoltura con delle limosine, l’anno 1775 e del pari<br />
mercé l’opera del rev. sac. dr. don Rosario Rizzo, cappellano,<br />
vene la chiesa tirata <strong>di</strong> fini stucchi ed oro ed alquante pitture,<br />
con l’altare maggior troppo eccellente. Potendosi vantar sinceramente<br />
esser la prima chiesa <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ocre gusto.<br />
183
176<br />
Vantò l’onore della Madrice, in occasione del <strong>di</strong> lei ingran<strong>di</strong>mento<br />
e fabrica. Il simulacro del santo Patriarca è un <strong>di</strong> quei che<br />
fa gloria al <strong>di</strong> lui autore, l’insigne don Domenico Nolfo, scultor<br />
trapanese, fu inciso in legno, l’anno 1778, dall’opera del saggio<br />
cappellano, sac. dr. don Gaetano Tripodo.<br />
Lo ritratto dell’uomo <strong>di</strong> Dio, sac. don Nicolò Zito, amministratore<br />
<strong>di</strong> cotesta chiesa, che esiste nella <strong>di</strong> lei sagristia, <strong>di</strong>fonto li 22<br />
gennaio 1767. Porta l’epigrafe nella che osservasi nel capitolo<br />
delle iscrizioni lapidarie e sepolcrali, fattogli detto rev. <strong>di</strong> Tripodo,<br />
da cui anche fu composta e recitata l’orazione funebre.<br />
Avvi in questa chiesa la messa coti<strong>di</strong>ana e rotoli tre cera annuali,<br />
<strong>di</strong>spostisi donna Ninfa e don Vincenzo Marù nei loro testamenti,<br />
calendati nella transazione stipolata tra i superiori e gli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
don <strong>Giuseppe</strong> Gigante, ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> detti Marù Mignano, in notar Sebastiana<br />
Cannizzo, sotto li 14 febraio, 5 ind., 1802, e ratificati in<br />
detti atti il dì 15 luglio dell’istess’anno.<br />
Capitolo XVII<br />
Ven. chiesa <strong>di</strong> S. Maria della Grazia, volgarmene detta <strong>di</strong> Ballo,<br />
oggi real cappella del casino reale.<br />
S’ignora <strong>di</strong> cotesta chiesa l’epoca della <strong>di</strong> lei fondazione. Sin<br />
dopo l’anno 1760, tempo in cui il luogo <strong>di</strong> Ballo, <strong>di</strong> cui è pertinenza,<br />
si possedette dal principe <strong>di</strong> Villa<strong>di</strong>cane, <strong>di</strong> Messina, contava<br />
la stessa piuttosto fra le chiese villerecce che urbane, perché<br />
non era allora il <strong>di</strong> lei terreno attaccato all’abitato, qual fu <strong>di</strong><br />
poi caseggiato ed è tuttora, e la medesima ne veniva coltivata<br />
meschinamente da un povero vecchio romito, detto fra Salvadore<br />
(che io conobbi nei primi miei ver<strong>di</strong> anni). Desso romito ogni<br />
anno solea farle celebrar la festa il dì 8 settembre, col positivo<br />
giubilo del popolo, framezzandovi la corsa degli asinelli,<br />
quell’altra graziosa degli uomini posti in un sacco legato al collo,<br />
detta popolarmente dell’insaccati, ai quali davasi in premio<br />
una berretta, un fazzoletto e simili e si facea altresì il gioco, ossia<br />
la presa del pioppo o vero dell’antenna<br />
177<br />
e la sera poi si <strong>di</strong>sparava un picciolo, ma brillante artificio <strong>di</strong><br />
fuoco, tutto a forza <strong>di</strong> limosine, che questuava l’eremita per la<br />
città, con una cassettina. Ogni sabato, alle ore 23, si cantavano<br />
alla Vergine anzidetta le litanie dai particolari <strong>di</strong>voti, accompa-<br />
184
gnate da strumenti, fra i quali immancabilmente interveniva quel<br />
celebre suonator <strong>di</strong> violino, maestro Gaspare Li Calzi, che fé epoca<br />
in tutta la Comarca, <strong>di</strong>votissimo <strong>di</strong> suddetta sagra immagine.<br />
Dietro la censuazione, fattasi in<strong>di</strong> <strong>di</strong> detto luogo <strong>di</strong> Ballo e<br />
dell’altro detto del Sovaro del Villa<strong>di</strong>cane al barone <strong>di</strong> san Giorgio,<br />
don Vincenzo del Castillo, nobile messinese abitante in Palermo,<br />
che fu dopo anche marchese della Granmontagna, titolo<br />
della famiglia <strong>di</strong> don Antonino Stella e Valguarnera, duce del<br />
Castel <strong>di</strong> Mirto, domiciliatosi questi cavaliere con sua famiglia<br />
in questa <strong>Partinico</strong> e nella torre <strong>di</strong> detto Ballo, cui aggregò delle<br />
stanze a <strong>di</strong> lui comodo, venne licenziato detto eremita da detta<br />
chiesa e bisognò egli ricovrarsi in un povero catojo giacente sotto<br />
l’antica torre, che serviva <strong>di</strong> campanile alla madre chiesa, pria<br />
dell’e<strong>di</strong>ficio dell’attuale. Si <strong>di</strong>é colui per vivere a questuare e<br />
coltivar la cappella <strong>di</strong> Nostra Signora Assonta, esistente in essa<br />
Madrice, in cui finalmente morì con buona fama e venne in essa<br />
sotterrato. Restando la nostra chiesa <strong>di</strong> Ballo coltivata a dovere<br />
dalla religiosità del Castillo, anzi ristorata e abbellita, e seguitò<br />
a celebrarsene l’annua festività, oltre della messa coti<strong>di</strong>ana, a<br />
comodo della propria famiglia e <strong>di</strong> quei convicini dalle due messe<br />
perpetue or<strong>di</strong>natesi, donna Antonia Cavatore, zia <strong>di</strong> detto don<br />
Vincenzo, inerendo alla <strong>di</strong>sposizione dei suoi autori e riserbate<br />
nella general donazione per essa fatta de’ suoi beni al ridetto baron<br />
<strong>di</strong> san Giorgio.<br />
Difonto questi, acquistò dello splendore la nostra chiesa per opera<br />
della <strong>di</strong> lui vedova consorte donna Francesca del Castillo e<br />
Sieripopoli, sua erede usufruttuaria, avendola arricchita <strong>di</strong> stucchi<br />
e tiratala decentemente, coll’occasione <strong>di</strong> aver ridotte le case<br />
e torre suddetta a proprio elegante palazzo sin dal 1778. E la solennità<br />
della signora santissima celebravasi ogni anno coll’ ultima<br />
pompa e grandezza, con corsa <strong>di</strong> barberi, musica e ottimo artificio<br />
<strong>di</strong> fuoco.<br />
178<br />
Ma perché nacque fortunata davvero gode adesso sin dal 1800 la<br />
sorte d’esser regia cappella, sendo stata onorata e venerata dal<br />
Re nostro signore e dall’intera real famiglia, in ricorrenza della<br />
compra del luogo, villa, palazzo ed ogni altro <strong>di</strong> Ballo fattane la<br />
Maestà sua, da potere del moderno marchese <strong>di</strong> Granmontagna,<br />
don Francesco Paolo del Castillo, erede <strong>di</strong> suddetto don Vincenzo,<br />
per gli atti <strong>di</strong> notar don Marco Morici, giusto per provveder<br />
<strong>di</strong> soggiorno il <strong>di</strong> lui real figlio don Leopoldo, nostro amabilissimo<br />
commendatore.<br />
185
Ne vanta perciò tuttodì l’onore <strong>di</strong> regio cappellano il rev. sac.<br />
don Niccolò Lucchesi, con soldo <strong>di</strong> onze 48 annuali, per la sola<br />
presenza, sendo la messa libera al medesimo, e ciò in forza <strong>di</strong><br />
regio biglietto delli 29 luglio 1800, dato in Palermo.<br />
186<br />
Capitolo XVIII<br />
Ven. chiesa del patriarca san Gioacchino<br />
L’ultima e più moderna chiesa <strong>di</strong> nostra città si è cotesta appunto<br />
del patriarca san Gioacchino. La soprafina <strong>di</strong>vozione del rev.<br />
sac. don Francesco Ragona, nonché del sac. don Niccolò Ajena,<br />
ne procurò la fondazione ed e<strong>di</strong>fizio. Costoro, ma in sostanza poi<br />
il solo Ragona, impegnossi a proprie spese e sudori, <strong>di</strong> portarla<br />
ad effetto, ma volle riportarne l’onor <strong>di</strong> benefiziale de jure patronatus<br />
per esso e suoi e ne ottenne dalla Maestà sua il permesso<br />
e la facoltà con regio biglietto che trovasi inserto con altri<br />
documenti nell’atto della legal fondazione al 1782, stipolato<br />
presso le tavole <strong>di</strong> notar don <strong>Giuseppe</strong> Maria Cavarretta <strong>di</strong> Palermo,<br />
il dì 10 <strong>di</strong> giugno.<br />
E’ tuttodì questa una povera chiesa, sebbene promette rendersi<br />
ragguardevole tempio e forse l’unico per maestà, vastità, <strong>di</strong>segno<br />
e perfezione che potesse vantar la città, se Dio si degni trarre a<br />
lungo i giorni <strong>di</strong> suddetto rev. benefiziale, tutto intento alla <strong>di</strong><br />
lui fabrica, in gran parte già eretta.<br />
179<br />
L’attual umile campanile, che dovrà poi cedere al nobile, porta<br />
desso due sonore campane, <strong>di</strong> prezzo <strong>di</strong> onze 80.12.18 e che erogovvi<br />
il benefiziale, per apoca collettiva in notar Giovan Battista<br />
Maria Lo Bianco <strong>di</strong> Palermo, li 19 gennaio 1789.<br />
Fé anche il predetto benefiziale incidere in legno il simulacro<br />
del gran patriarca dalla celebre mano <strong>di</strong> don Antonino Barcellona,<br />
insigne scultore palermitano, costato in onze 54, per apoca in<br />
notar Cavarretta suddetto, li 4 novembre 1783.<br />
Vien coltivata la chiesa coll’ultimo zelo, si celebra ogni anno la<br />
festa del santo, precessa da sacra novena, in cui interviene a folla<br />
la <strong>di</strong>vota popolazione.
Capitolo XIX<br />
Santa Casa degli Esercizi <strong>di</strong> s. Ignazio<br />
La gloria della fondazione <strong>di</strong> cotesta utilissima pia casa de’ santi<br />
esercizi meritamente <strong>Partinico</strong> la deve alla pietà, zelo e attività<br />
del molto reverendo padre lettore Giacinto <strong>di</strong> Palermo, celebre<br />
oratore ed insigne missionario, che vanta la cappuccina religione.<br />
Questo fortunato promotore, prescelto l’anno 1798 per capo<br />
<strong>di</strong> una missione nella nostra città, in riverenza all’età del rev.<br />
padre Luca <strong>di</strong> Palermo, cesse al medesimo l’effimero primato,<br />
ma ne sostenne poi in sostanza le veci e l’incarico ed a gloria <strong>di</strong><br />
Dio, nonché a <strong>di</strong> lui onore e spirituale profitto dell’anime la popolazione<br />
ne riportò le celesti bene<strong>di</strong>zioni.<br />
Nel corso dunque <strong>di</strong> sì e<strong>di</strong>ficante carriera apostolica, si avvide<br />
l’accurato promotore de’ sconcerti, degl’incomo<strong>di</strong>, dell’interesse<br />
che venivano i fedeli a subire a cagion della peculiar Casa degli<br />
Esercizi <strong>di</strong> cui era manchevole la città. Non tralasciò colla <strong>di</strong> lui<br />
prudente vigilanza, <strong>di</strong> tentarne le vie possibili onde <strong>di</strong> quella<br />
provvederla, istituirla e fondarla. Ma come arrivarsi alla perfezione<br />
ed intrapresa <strong>di</strong> una maramma e <strong>di</strong> un monumento perenne<br />
cotanto <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>oso e <strong>di</strong>fficile senza denaro! Ispirato dal cielo e<br />
invaso, per così <strong>di</strong>re, da una santa fiducia, intraprese l’impegno<br />
ed elesse <strong>di</strong> volo in deputati a tal oggetto i reveren<strong>di</strong> sac. don<br />
Niccola Messina, dr. don Vito Buonura, don Vincenzo Scichili,<br />
dr. don Domenico Messana, patriotti esemplari<br />
180<br />
e <strong>di</strong> circospezione. Da essi quin<strong>di</strong> si adocchiò, fra tanti, il sito<br />
più salubre, prossimo e adatto onde costruirla e ne ritrassero la<br />
concessione del luogo in salme 2.2 da potere <strong>di</strong> Domenico Guastella,<br />
tutore e curatore <strong>di</strong> Onofrio Anselmo, dependenti delli<br />
tumeni otto giar<strong>di</strong>no possedeva in fine dell’abitato, vicino la<br />
trazziera <strong>di</strong> Ragali, e ciò mercé lo sborso <strong>di</strong> onze 15, che vennero<br />
pagate dal <strong>di</strong>visato rev. <strong>di</strong> Messana, che ne ricuperò l’atto<br />
corrispondente, legalizzato dalle necessarie solennità, per gli atti<br />
<strong>di</strong> notaro li 22 1778.<br />
Il dopo pranzo de’ 25 marzo dell’anno istesso, giorno segnalato<br />
<strong>di</strong> Nostra Signora SS.ma Annunziata, spinto l’infervorato popolo<br />
dall’eficacissima insinuazione del prelodato Lettore, trattosi <strong>di</strong>etro<br />
l’orme del medesimo, avviosi al luogo destinato e, <strong>di</strong>etro un<br />
sermone pre<strong>di</strong>cato ad alta voce da su’ un poggiolo, ivi con giuliva<br />
religiosa allegrezza, si gettò la prima pietra delle fondamenta,<br />
per le innocenti mani del nobile marchesino <strong>di</strong> Granmontagna,<br />
187
don <strong>Giuseppe</strong> Fedele del Castillo e Ferro, con una moneta al <strong>di</strong><br />
sotto, che vi frappose, a gloria dell’Altisimo.<br />
Oltre ai suddetti quattro reveren<strong>di</strong> deputati chiesiastici, per opera<br />
dello stesso Lettor Giacinto se ne scelse altra coppia secolare<br />
al novero <strong>di</strong> 50, capo de’ quali ne fu l’illustre abbate don Rosario<br />
Oliveri, de’ duchi d’Acquaviva, qui allor domiciliato, cavaliere<br />
<strong>di</strong> morigerati costumi. Tassaronsi costoro volontariamnte<br />
ad onze 2 per cadauno e <strong>di</strong> volo si depositarono onze 100 circa.<br />
Tra cotesta somma e le limosine de’ fedeli nonché l’aiuto spontaneo<br />
e fatica degli stessi e de’ fabri co’ loro giumenti, trasportando<br />
delle pietre, calcina e dell’occorrente necessario alla fabrica,<br />
se ne intraprese con del calore la formale erezione, che infra<br />
due anni venne innalzata e terminata <strong>di</strong> rustico, con le volte<br />
<strong>di</strong> mattoni e gesso.<br />
Né andò guari che piaciutagli a mons. Papé, vescovo <strong>di</strong> Mazara,<br />
la prescelse in sua favorita, abitandola spesso spesso, e<br />
181<br />
con tale occasione, a proprie spese, la fé interamente coprir <strong>di</strong><br />
tetti e ripulirla unitamente al <strong>di</strong> lei frontespizio.<br />
Lo intaglio del portone dell’ingresso si cavò e trasportò dalla<br />
torre saracinesca del luogo detto Pacino. E non senza qualche<br />
<strong>di</strong>vino mistero, giacché è alludente tal denominazione alla pace,<br />
sendo cotesta magione la opportuna me<strong>di</strong>atice della pace tra il<br />
peccatore e Dio.<br />
Il mentovato sac. Messina fu il primo che, sceltasi una delle<br />
stanze, la ripulì e sbrigò a proprie spese, a suo uso e dei suoi. A<br />
<strong>di</strong> lui esempio se ne invogliaron tanti altri e sacerdoti e gentiluomini,<br />
nonché artisti e borgesi ed a <strong>di</strong>vota gara facendo lo<br />
stsso, brevemente terminarono <strong>di</strong> tutto punto le stanze, rendendo<br />
compiuta la casa ed abitabile, a riserba dello refettorio, che promodalmente<br />
accomodossi al <strong>di</strong> sotto, e della cappella, che amovibile<br />
fu eretta in una crociera d’un corritojo superiore.<br />
Si aprì dunque per la prima volta ed esercitossi la casa l’anno<br />
1783, in ricorrenza della missione, portatavi il rev. padre Serafino<br />
<strong>di</strong> Santa Maria <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong> Palermo, che fu bene accetto dalla<br />
popolazione.<br />
Ma Dio che aveva già preso a proteggere luogo così inteessante<br />
per la salute dell’anime, animò il pio don Giovanni Ajello, patriotta<br />
dovizioso, il quale, a proprie sue spese, fé erigere, l’anno<br />
1783, <strong>di</strong>etro l’assenso del Vescovo <strong>di</strong> Mazara (a), la necessaria<br />
cappella, <strong>di</strong> cui riserbossi il jus patronatus per esso e suoi, scavandosi<br />
la fossa pel suo cadavere e suoi consanguinei nella medesima.<br />
188
Nel 1790, a preghiera della popolazione, ritornò altra volta la<br />
missione del mentovato rev. padre Serafino. Domentre davasi dal<br />
medesimo per la prima fatta gli esercizi ai reveren<strong>di</strong> chiesiastici,<br />
accadde in Palermo la morte del benefattore Ajello, il quale, per<br />
sua <strong>di</strong>sposizione, volle venire a interrarsi in detta cappella e così<br />
fu eseguito, e giace il <strong>di</strong> lui cadavere nella fossa anzidetta, con<br />
marmorea medaglia e l’epitafio seguente:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Deo populoque parthenicensi, aedem<br />
hanc aere suo omnibus instructam numeris et aram qua in <strong>di</strong>es<br />
sacrum peragatur ut suis sobolis hic quieturis exuviis, ex confluentium<br />
votis<br />
(a) Mons. Papé, con decreto in data delli 2 <strong>di</strong> giugno <strong>di</strong> detto anno 1783, in forza<br />
<strong>di</strong> lettere date in questa, ove <strong>di</strong>morava detto monsignore ed eseguite in questa<br />
Corte foranea il dì 3 giugno suddetto nelle quali lettere in cui va trascritto il memoriale<br />
<strong>di</strong> suddetto <strong>di</strong> Aiello e giusta la <strong>di</strong>manda, si prescrive il patronato laicale<br />
<strong>di</strong> detta cappella in perpetuo a detto fondatore e suoi: la sepoltura per esso, mogli<br />
e <strong>di</strong>scendenti, la comunione degli esercitati il dì del Para<strong>di</strong>so, lo Rosario della<br />
sera e il salmo del De profun<strong>di</strong>s in quel della buona morte e ciò in suffragio<br />
dell’anima <strong>di</strong> detto don Giovanni, mogli e <strong>di</strong>scendenti e riserbata all’Or<strong>di</strong>nario<br />
la facoltà <strong>di</strong> visitar detta cappella<br />
182<br />
perpetuam obtineat pacem domino Hugone Papé, mazariensium<br />
pontifice auspicante, aequa domini Joannis Ajello religio inauravit<br />
anno salutis reparatae MDCCLXXXIX 87<br />
Dalla terza missione portatevi il rev. sacerdote dr. Don Simone<br />
Manfré, dell’Alcara de’ Fred<strong>di</strong>, nel 1796, ritirato in S. Eulalia <strong>di</strong><br />
Palermo, venne la casa ad accrescersi <strong>di</strong> fabriche, della cucina e<br />
del corrispondente refettorio, con quanto <strong>di</strong> necessario bisognavale.Può<br />
a miglior tempo ingran<strong>di</strong>rsi l’albergo, tant’è però che <strong>di</strong><br />
presente è desso bastevole e capace, forse, e senza dubbio, tra i<br />
migliori della comarca. La conversione a Dio <strong>di</strong> tante anime traviate<br />
e massime <strong>di</strong> don Andrea Zangara e don Romeo Pareti, patriotti,<br />
devesi a cotesto tremen<strong>di</strong>ssimo luogo e alla <strong>di</strong>vina clemenza.<br />
Il primo, con meraviglia, lo portò in età florida, robusta e<br />
leggiadra struttura, tosatesi le chiome nella cappella, ad una<br />
straor<strong>di</strong>naria mutazione <strong>di</strong> vita, a segno che, uscito dagli eserci-<br />
87 Giovanni Ajello, con pieno senso religioso e con l’auspicio <strong>di</strong> mons. Ugo Papé,<br />
vescovo <strong>di</strong> Mazara, prescelse questa cappella, costruita a sue spese in<br />
onore <strong>di</strong> Dio e del popolo partinicese, dotandola d’ogni occorrenza e <strong>di</strong> un altare<br />
per la celebrazione quoti<strong>di</strong>ana del santo sacrificio e per dare riposo e pace<br />
perpeptua alle spoglie dei suoi <strong>di</strong>scendenti. Anno 1789<br />
189
zi, in atteggiamento dell’ultima compunzione, abbandonati i parenti,<br />
l’indomani partissi dalla capitale a vestir l’abito religioso,<br />
sotto la <strong>di</strong>sciplina del rev. pre<strong>di</strong>catore Caccamo. Ma non potendo<br />
reggere all’austerità della religiose, infermatosi con febbre etica,<br />
fu costretto, suo malgrado, ritornare alla patria in veste chiesiastica,<br />
e finalmente, con ottima fama, finì <strong>di</strong> vivere l’anno 1798 e<br />
venne sepolto nel convento de’ Cappuccini, con applauso universale.<br />
Il secondo poi, allor coniugato, <strong>di</strong>fontagli la consorte, vestì<br />
l’abito <strong>di</strong> san Pietro, ascese brevemente al sacerdozio, in cui riuscì<br />
e<strong>di</strong>ficante e pieno <strong>di</strong> zelo, sollecito alla conversione<br />
dell’anime, pre<strong>di</strong>cando e dando degli esercizi spirituali, fintanto<br />
che piacque a Dio <strong>di</strong> chiamarselo alla sua gloria, il dì<br />
dell’Ascenzione del 1803, con della fama <strong>di</strong> uomo <strong>di</strong> Dio, e fu<br />
sotterrato nel convento suddetto.<br />
Godé la cappella anzidetta del catechismo cadauna domenica<br />
dell’anno, in adempimento del contratto soggiogatorio in onze 6<br />
annuali per <strong>di</strong> onze 20, fatto da don Bernardo Ajello, figlio del<br />
detto don Giovanni<br />
183<br />
pello sborso fattogli mons. Vescovo <strong>di</strong> Mazara, don Ugone Papé<br />
(a). Ad esso arenò il pagamento al catechista, epperò resta sospeso<br />
il catechismo anzidetto, in quanto gli beni ipotegati dal<br />
detto Bernardo, alle dette onze 6 annuali pel cre<strong>di</strong>to dotale, furon<br />
retenti da donna Epifania Ajello e Bidera, <strong>di</strong> lui moglie e,<br />
<strong>di</strong>etro la <strong>di</strong> lei morte, appropriati dai figli er<strong>di</strong> della stessa (b).<br />
190<br />
Capitolo XX<br />
Ven. santuario <strong>di</strong> Nostra Signora Maria SS.ma del Ponte<br />
Il Santuario <strong>di</strong> Nostra Signora del Ponte, nonché la <strong>di</strong> lei sagra<br />
immagine in tela, dalla struttura, architettura e <strong>di</strong>segno ci appalesano<br />
apertamente la <strong>di</strong> loro incontrastabile antichità. L’epoca<br />
però certa <strong>di</strong> loro fondazione e pittura, la ragione per cui fu prescelta<br />
cotal contrada in cui eretto, il titolo che ne conserva, la<br />
<strong>di</strong>mora che ivi ne tiene tuttodì l’adozione in Padrona ne gode la<br />
popolazione e perché assunse finalmente la figura che mostra, io<br />
sono <strong>di</strong> avviso non esser cose coteste tanto agevoli a poterle indovinare,<br />
anziché fissare costantemente.
Maria SS. Del Ponte<br />
Varie fole si rapportan dal vulgo, varie nozioni intorno a ciò ci<br />
tramanda la tra<strong>di</strong>zione. Ma cose tutte, che riflesse da fino critico,<br />
da storico imparziale e sincero, donano a <strong>di</strong>videre non<br />
v’esser nulla <strong>di</strong> positivo e risolvonsi in fola e senza alcun verosimile<br />
fondamento, a segno ché non mi è mai caduto in mente <strong>di</strong><br />
191
arrischiarmi con leggerezza e impostura o <strong>di</strong> autorizzarle o <strong>di</strong><br />
aggiungerne delle mie ingannando (imposturando) il mondo vivente<br />
e la posterità.<br />
Per quanto gagliardo sia stato l’impegno che mi ha debitamente<br />
trasportato ad appurar cotesto articolo che principalmente dee<br />
interessar l’assunto <strong>di</strong> mia fatica, per quanti sudori abbia sparso<br />
su dell’antiche carte, spolverando gli archivi e massime<br />
dell’Abbazia, onde venire a capo de’ lumi necessari, rimontando<br />
gli antichi secoli, pur tuttavia ingenuamente confesso che ho lavorato<br />
indarno, né mi ha toccato tuttora in sorte <strong>di</strong> arrivare alla<br />
meta desiderata.<br />
Sì che fra <strong>di</strong> me stesso ho andato ragionando su questo proposito<br />
si è appunto che unicamente si potrebbe <strong>di</strong> passaggio porre in <strong>di</strong>sanima<br />
se mai codesto santuario siasi stato costrutto dagli abbati<br />
cisterciensi o d’altrui ed in qual secolo<br />
(a) in notar Sebastiano Catalano, li 2 agosto 1790<br />
(b) mutazione <strong>di</strong> titolo in notar <strong>Giuseppe</strong> Maria Bartolomeo, li … (sic)<br />
184<br />
Se dai primi ed a che fine nella rimota contrada del Ponte, lungi<br />
ben cinque miglia del casale (allora) <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> (ancorché parte<br />
del territorio) e non già nell’interno <strong>di</strong> quella o poco lungi almeno<br />
dell’abitato? E se d’altrui e a quale oggetto e perché? E perché<br />
poi appartenere alla nostra città?<br />
Potrebbe verisimilmente sciorsi cotal <strong>di</strong>lemma con assentarsi per<br />
poco e non va lungi dalla tra<strong>di</strong>zione intesa da me nei primi miei<br />
ver<strong>di</strong> anni da persone oneste e molto antiche e vogliamo prestar<br />
loro fede, cioè don Francesco La Franca e don <strong>Giuseppe</strong> Coronda,<br />
che finivan <strong>di</strong> vivere il primo in età quasi <strong>di</strong> secolo ed intesi<br />
nell’archivio dei notai <strong>di</strong>fonti <strong>di</strong> questa che forse la sagra<br />
immagine fosse stata inventa dai monaci, in un qualche abituro<br />
ivi prossimo, e non saria fuor <strong>di</strong> proposito quello credere nella<br />
torre saracinesca denominata del Ponte, <strong>di</strong> cui farem menzione,<br />
abitata forse in quei tempi lontani da persona <strong>di</strong>vota della Beata<br />
Vergine, la quale, a sua particolar <strong>di</strong>vozione se l’abbia fatta effigiare<br />
con titolarla del Ponte, che vi fé sottoporre, per ragion<br />
del luogo anzidetto, e che in<strong>di</strong> poi dai monaci, in venerazione<br />
presceltala e designatala in peculiare Padrona <strong>di</strong> quest’altro lor<br />
vassallaggio partinicoto, denominandola del Ponte, per darle un<br />
caratteristico <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> quella d’Altofonte, Padrona della terra<br />
del Parco, su cui <strong>di</strong>rettamente fu fondata, l’anno 1306, l’Abbazia<br />
ed in<strong>di</strong> innalzatole il santuario, e lasciatala colà, onde conservarsi<br />
più viva la <strong>di</strong>vozione de’ popoli e maggiormente riscuotere<br />
della venerazione ed ossequio per la privazione e lontananza e<br />
192
volersene nei più urgenti bisogni, come in tante altre città del<br />
Regno costumasi e che similmente da noi si è così costumato.<br />
Se altrimenti opineremo, parmi non potersi trovare sufficiente<br />
ragione onde in qualche maniera convincerci. Ci è d’uopo dunque<br />
credere eretto il santuario dall’abbate dopo l’invenzione del<br />
quadro della Signora in quel dato loco del Ponte e che ne trasse<br />
da ciò la denominazione, analoga e allusiva benanco a quell’altra<br />
immagine per non urtar ciecamente in mille contrad<strong>di</strong>zioni e<br />
accostarci alla verità, e che l’epoca della <strong>di</strong> lui fondazione dovette<br />
raggirarsi nei primi anni del secolo XV o verso il 1430 circa,<br />
prima <strong>di</strong> essere stati esclusi dall’Abbazia i monaci cisterciensi<br />
e resasi dessa in commenda, data ad esteri chiesiastici o nobili<br />
secolari e per consequente la immagine vantar più antichità del<br />
santuario.<br />
Tant’è che questa sagratissima Signora a ragione frenetica la devota<br />
popolazione, e ch’ella siasi <strong>di</strong>chiarata garante della medesima,<br />
185<br />
ha dato più fiate delle irrefragabili testimonianze, atteso ché,<br />
implorato appena il <strong>di</strong> lei patrocinio, trasferitala appena dal santuario<br />
in città e nella cappella entro la Madrice, chi mai può lagnarsi<br />
<strong>di</strong> non esser stato esau<strong>di</strong>to, qual è stata mai quella grazia<br />
o preghiera ch’Ella ha mandato a vuoto? Quando mai <strong>Partinico</strong> è<br />
stata invasa da peste? Scossa dagli tremuoti? Arsa da guerra? ..<br />
Mai, per quanto mi è toccato <strong>di</strong> sentire e scartabellar delle scritture,<br />
è venuta oppressa da ingiuste contribuzioni, da liti perturbanti<br />
i <strong>di</strong> lei privilegii, la quiete civica. Tutti favori <strong>di</strong> così degna<br />
Sovrana, <strong>di</strong> così amabile <strong>di</strong>vina Padrona, in <strong>di</strong> cui gloria ed<br />
onore <strong>Partinico</strong> le sparge il sangue.<br />
La sua festa è annessa a quella del SS. Crocefisso, li 3 maggio <strong>di</strong><br />
ogni anno. La domenica in albis, giorno per <strong>Partinico</strong> il più segnalato<br />
giulivo, partono da essa ed a cavallo e a pie<strong>di</strong> delle migliaia<br />
delle persone d’ogni ceto a prendere ed associare,<br />
coll’ultima <strong>di</strong>vozione e letizia l’augustissima Imperadrice del<br />
cielo, dal santuario in trionfo la trasportano coi fervi<strong>di</strong> evviva,<br />
nati più dai cuori che dalle bocche, a suon <strong>di</strong> trombe e tamburi e<br />
strumenti pastorali nella città. Il popolo spettatore l’attende impaziente<br />
fuori le mura, si gode, si piange dell’allegrezza con istupore<br />
degli esteri vicini concorsi a sì sagro e sorprendente<br />
spettacolo. Arrivata l’immagine verso l’ore 21 nel Collegio <strong>di</strong><br />
Maria, ivi da quelle verginelle vien salutata colle litanie e canzoncine<br />
e la sera poi da numerosa processione <strong>di</strong> tutte le compagnie<br />
a sacco, dai regolari, dal clero e da’ gentiluomini in gala,<br />
viene a suon <strong>di</strong> stromenti portata alla madre Chiesa.<br />
193
In essa l’indomani se ne comincia la sagra novena caratteristica<br />
debolissima fatica <strong>di</strong> mia <strong>di</strong>vozione e ad eccitarla in altrui fatta<br />
stampare in Palermo, dai torchi <strong>di</strong> Abate, l’anno 1790, approvata<br />
pria da mons. Papé, Or<strong>di</strong>nario della <strong>di</strong>ocesi.<br />
Ogni sabato poi, la mattina, terminata la detta novena, per quel<br />
tempo ch’ivi si resta la Signora Santissima, se le celebra festivamente<br />
il sabatino, composto ancora da me sul fine dell’istesso<br />
libricino della novena, e la sera poi se le cantan le litanie. Terminata<br />
la festa dell’invenzione <strong>di</strong> s. Croce, con della tristezza,<br />
ma con pompa non inferiore alla venuta, si restituisce dal popolo<br />
al <strong>di</strong> lei santuario la Gran Madre <strong>di</strong> Dio e <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>.<br />
Assistito tutto l’anno <strong>di</strong> un eremita stipen<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> onze 6.9 annuali,<br />
sebbene ha l’obbligo <strong>di</strong> tenervi sempre, a sue spese, accesa<br />
una lampana. Vi si celebra da regio cappellano ogni dì festivo<br />
la santa Messa a comodo <strong>di</strong> quei abitanti<br />
186<br />
convicini; pell’ad<strong>di</strong>etro godeva egli dell’onerario <strong>di</strong> onze 14 annuali,<br />
che poi l’attual cappellano, don Vincenzo Noto ne ottenne<br />
onze 18, in forza <strong>di</strong> <strong>di</strong>spaccio patrimoniale, dato li 29 luglio<br />
1798, la <strong>di</strong> lui elezion precedente fu peraltro <strong>di</strong>sposta in data de’<br />
5 settembre 1796, registrata in questa li 13 <strong>di</strong> esso mese. Gli onorari<br />
suddetti si rispondono dai proventi della regia Abbazia.<br />
Reggendo gli abbati, loro creavano l’eremita e cappellano e<br />
l’ultimo abbate, mons. principe <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong>, ne fé la sua elezione<br />
in persona del rev. don Giovan Battista Bambina, per<br />
l’atti <strong>di</strong> notaro don Pietro Gigante, li 13 maggio 1759. In<strong>di</strong>, seguìta<br />
l’incamerazione dell’Abbazia, venivano eletti dal Tribunale<br />
del Regio Patrimonio. Oggidì però, dal 1799, si creano dal nostro<br />
augusto commendatore Sua Altezza don Leopoldo e, per esso,<br />
dal <strong>di</strong> lui regio Intendente, cavaliere don Felice Lioy.<br />
A comodo del rev. cappellano, che si trasferisce colà ogni domenica<br />
o festa <strong>di</strong> precetto, se ne procacciò dal <strong>di</strong>visato rev. Noto la<br />
concessione enfiteutica della torre saracinesca, detta del Ponte,<br />
per gli atti <strong>di</strong> notar don Sebastiano Catalano, dalla baronessa<br />
donna Concetta Gallo, il dì 7 giugno, 3 ind., 1800, pel tenue canone<br />
annuale <strong>di</strong> tarì 6 l’anno.<br />
Bisognante la fabrica <strong>di</strong> ripari, fattene dell’istanze al Re, nostro<br />
signore, gli deputati della Madonna ne ottennero lo sborso <strong>di</strong> onze<br />
… (sic) , che vi s’impiegarono in opere necessarie e venne<br />
<strong>di</strong> fatto ristorata l’anno 18… (sic) , <strong>di</strong>etro il regio biglietto<br />
del … (sic) .<br />
La <strong>di</strong>vozione dei partinicoti, a proprie spese, costrusse in ornamento<br />
della sagra immagine, la veste, la corona, i <strong>di</strong>ademi de’<br />
laterali santi Pietro e Giovanni e i geroglifici loro, come il pon-<br />
194
te, chiavi, calice, nonché il lampiere, tutti <strong>di</strong> argento. E coteste<br />
cose vi si affiggono allorquando la Signora si trasferisce in città.<br />
La pittura che adesso mirasi della immagine sagratissima de’<br />
santi che la fiancheggiano non è già l’antico originale, ma una<br />
esattissima copia, fattane il pittor don Domenico Ferran<strong>di</strong>na,<br />
l’anno 1795, sovra nuova tela, sotto cui però giace l’antico originale<br />
suddetto, a perenne memoria, per essersi ridotto il medesimo<br />
per il lasso <strong>di</strong> più secoli, quasi da inter<strong>di</strong>rsi e che appena<br />
raffiguravansi i pinti personaggi, in quella già fracida tela, molto<br />
più la protagonista o sia eroina.<br />
A maggiormente decorar la Patrona, il popolo con sue limosine,<br />
l’eresse una decente cappella ed altare nella Madrice, che adornò<br />
187<br />
<strong>di</strong> fini stucchi, tirati con alquanto dell’oro, e ciò l’anno 1804 e<br />
ultimo l’anno 1807, il degnissimo arciprete in questa decorò il<br />
pavimento <strong>di</strong> mattoni stagnati pinti.<br />
Capitolo XXI<br />
Iscrizioni lapidarie ovvero epitaffii sepolcrali che esistono nelle<br />
chiese infradette<br />
Nella Madrice chiesa:<br />
Tre<strong>di</strong>ci lapi<strong>di</strong> marmorie esistono in cotesta madre chiesa, quattro<br />
delle medesime già illeggibbili affatto, perché rosi dal tempo i<br />
caratteri. La seguente dell’antiche porta il senso infrascritto:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo)<br />
Vincentius Mussumeci, annorum LXII <strong>di</strong>ligens sator bono<br />
rum operum, praesertim erga pauperes in terris, nunc felix<br />
mestor (sic) aeternarum voluptatum in coelis eius anima, corporis<br />
reliquiae hic humari jussit anno MDCXXIV, mense februarii<br />
<strong>di</strong>e X 88<br />
Moderna l’appresso:<br />
Sacrae theologiae doctor dominus Petrus Perrone, protonotarius<br />
apostolicus, pastorali vigilantia sacris misteriis regis sumptibus<br />
Partinici ecclesiam XXXV annos archipresbiter rexit, aluit, au-<br />
88 Vincenzo Musumeci, <strong>di</strong> anni 62, <strong>di</strong>ligente seminatore <strong>di</strong> opere buone, adesso<br />
felice mietitore <strong>di</strong> eterne delizie, la sua anima in cielo <strong>di</strong>spose che fossero sepolti<br />
i resti del suo corpo. 10 febbraio 1624<br />
195
196<br />
xit, communi incolarum luctu ac funere platus (sic), aetatis<br />
LXXVII annis, nonis decembris MDCCLXXXVIII 89<br />
Nella chiesa <strong>di</strong> san Leonardo:<br />
Rev. admodum sacrae theologiae doctor dominus Melchior Longo<br />
Vicarius foraneus coa<strong>di</strong>utor ac matricis ecclesiae oeconomus,<br />
<strong>di</strong>lectus Deo et hominibus, cum pietate annos LX vixisset e vita<br />
decessit <strong>di</strong>e XIV maii MDCCLXXXVI 90<br />
Esiste detta lapide nel cappellone:<br />
Hic jacet Maria Longo, quae annum agens LVI obiit <strong>di</strong>e XXVIII<br />
julii MDCCLVII. Ho<strong>di</strong>e mihi, cras tibi 91 .<br />
Esiste detta lapide a man sinistra<br />
Hic jacet Petrus Longo qui annum agens LXXIII obiit <strong>di</strong>e XXVIII<br />
julii MDCCLXXI 92<br />
Esiste lapide a man destra. Li suddetti Pietro e Maria Longo furono<br />
i genitori del suddetto reverendo vicario dottor don Melchiorre.<br />
188<br />
Nella chiesa dell’Opera Santa, oggi parrocchia. Nel cappellone,<br />
n. 1:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Hic tumulatus jacet rev. sac. dominus<br />
Vitus Addotta, juvenis hilaritate vultus ingenii, docilitate et praesertim<br />
virtutum praestantia omnibus charus, annum agens trigesimum<br />
supra primum ex hac vita ad aliam, civium moerore a<br />
Deo vocatus, octavo idus junias anno salutis MDCCLXXXVI 93<br />
89<br />
Il dottore in teologia Pietro Perrone, protonotaro apostolico, arciprete per 35<br />
anni resse la chiesa <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, avalendosi del sussi<strong>di</strong>o regio, con pastorale<br />
vigilanza, l’alimentò, l’accrebbe, sottratto con lutto e dolore universale all’età<br />
<strong>di</strong> 72 anni il 5 settembre 1787<br />
90<br />
Il reverendo dottore in teologia Melchiorre Longo, vicario foraneo, coa<strong>di</strong>utore<br />
ed economo della chiesa, gra<strong>di</strong>to a Dio ed agli uomini, essendo vissuto 60 annicessò<br />
<strong>di</strong> vivere il 14 maggio 1786<br />
91<br />
Qui giace Maria Longo, che morì all’età <strong>di</strong> 56 anni il 28 luglio 1757. Oggi a me, domani a<br />
te<br />
92<br />
Qui giace Pietro Longo, che morì all’età <strong>di</strong> 73 anni, il 28 luglio 1771<br />
93<br />
Qui sepolto giace il rev. sacerdote don Vito Addotta, caro a tutti per l’ilarità<br />
del suo volto, la docilità, l’eccellenza delle virtù, all’età <strong>di</strong> 31 anni, chiamato<br />
da Dio, passò da questa vita all’altra, con dolore dei citta<strong>di</strong>ni il 6 giugno 1786
Nel mezzo - n. 2:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Suas hic exuvias d. Dominicus Messana<br />
sacerdos, sacrae theologiae doctor voluit inumari. Sic qui vivens<br />
ecclesiam hanc, omni cura vigilans instauravit animarumque<br />
fructu zelans coluit, moriens <strong>di</strong>tavit, vitae gessit annos LV,<br />
<strong>di</strong>em obiit suum IV kalendas novembris MDCCLXXXVI 94<br />
A sinistra - n. 3:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Futuram hic immutationem exspectat<br />
rev. sac. d. Franciscus Guttadauro, qui zelo ac virtutum exemplo<br />
hanc rexit ecclesiam et pro Dei gloria animarum cultu laborans,<br />
annum agens LXXI quievit in pace, <strong>di</strong>e XX martii anno<br />
MDCCXCIX 95<br />
In mezzo della chiesa – epitafio:<br />
189<br />
Ferma il piè, gira gli occhi e sciogli il pianto<br />
in questa tomba ecco trofeo del fato<br />
<strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong> fratel qui giace a canto<br />
Nicodemo Salvino al ciel rinato.<br />
Fu l’asilo a men<strong>di</strong>chi e s’ode il canto<br />
<strong>di</strong> un tratto si gentil, d’un uom si grato<br />
che <strong>di</strong> sorte e virtù pria visse al vanto<br />
che nobil poi morì fama ha parlato.<br />
Questo marmo che miri, o gran stupore!<br />
non con l’arte <strong>di</strong> Fi<strong>di</strong>a è formato<br />
né con l’aureo stral del cieco amore.<br />
Ma pietosa allo sposo l’ha intagliato<br />
e lo scrisse con lagrime <strong>di</strong> cuore<br />
un’Angela che piange il duro fato.<br />
Obiit <strong>di</strong>e 17 martii aetatis 51, 1705<br />
Nell’ingresso e sotto detta tomba:<br />
Salvato(a) giace in quest’oscura tomba<br />
94 Il sacerdote Domenico Messana, dottore in sacra teologia volle essere sepolto<br />
qui. Così colui che vivendo ha mantenuto questa chiesa con cura e vigilanza,<br />
con zelo per le anime, morendo l’ha arricchita. Visse 55 anni e morì il<br />
29 ottobre 1786<br />
95 Attende qui la futura trasformazione il reverendo sacerdote Francesco Guttadauro,<br />
che resse questa chiesa con zelo e con esempio <strong>di</strong> virtù e adoperandosi<br />
per la gloria <strong>di</strong> <strong>di</strong>o ed il bene delle anime, all’età <strong>di</strong> 71 anni,riposò in pace<br />
il 20 marzo 1799<br />
197
198<br />
finché il destin del ciel suoni la tromba.<br />
Anno Domini MDLXXXXV (b)<br />
XXII aprile aetatis suae<br />
XXXVI<br />
Nella chiesa del convento del Carmine – prima del cappellone in<br />
una lapide marmorea altro non si vede che lo stemma del convento<br />
e sotto l’orlo <strong>di</strong> essa si legge il 1724.<br />
In mezzo delle due porte laterali:<br />
Antonino Montarbano eiusque uxori hanc parca<br />
<strong>di</strong>cavit anno redempto MDCCVII 96<br />
Sotto fiamma vital cenere ascondo<br />
chiude una tomba in poca terra un mondo.<br />
Nell’ingresso, posta traversalmene:<br />
Antonina, Vincentii de Clara olim uxor quondam<br />
Pauli, et Francisca Rappa, filia, solitu<strong>di</strong>nis<br />
amans et in cinerem se quoque cogitans<br />
reversuram, sola hic post ex hac luce expres<br />
sum, terrae terram reddere firmavit.<br />
Anno salutis MDCCXXIIII 97<br />
Nella chiesa dello spedale – <strong>di</strong>nanzi il cappellone:<br />
D. Hjeronimo Lo Presti et Timpanello sacerdote, huius valetu<strong>di</strong>nariiiam<br />
<strong>di</strong>u poenitus per inopiam deserti instauratore ac vin<strong>di</strong>ce<br />
praestantissimo post absolutissimum rectoris munus exercitatum<br />
per annos … (sic) admiranda charitate et pietate anno aetatis<br />
suae … (sic) ad immortales ajeunte Hieronimus ex fratre nepos<br />
et haeres, ne patrui beneficentissimi <strong>di</strong>fflueret memoria illius<br />
mortales exuvias huic lapi<strong>di</strong> commendavit<br />
(a) deve <strong>di</strong>re Salvino <strong>Giuseppe</strong>, fratello <strong>di</strong> Nicodemo<br />
(b) deve aggiungersi la lettera C dopo la D per fare 1695, perché al 1591 la chiesa<br />
non era e<strong>di</strong>ficata<br />
190<br />
anno salutis MDC .. (sic) .<br />
96<br />
Ad Antonino Montarbano ed alla sua moglie la parca ha de<strong>di</strong>cato questa.<br />
1707<br />
97<br />
Antonina, figlia del fu Paolo, già moglie <strong>di</strong> Vincenzo <strong>di</strong> Chiara, e la figlia<br />
Francesca Rappa, amante della solitu<strong>di</strong>ne e pensando <strong>di</strong> ritornare in polvere,<br />
sola, dopo questa vita, volle restituire la terra alla terra. Anno 1724
Non jacet hic, vivit superos haud credere <strong>di</strong>gnum<br />
ob benefacta solo pellere posse polo 98<br />
D’innanzi la cappella della Immacolta Concezione:<br />
Rev. sac. d. Vincentius Scicli virtutibus peculiaribus exornatus<br />
erga Immaculatam Virginem quoad potuit devotionem promovere<br />
studuit, xenodochii ecclesiae praefectus a laboribus nunquam<br />
destitit. Annos agens LVII, civium moerore XIV kalendas aprilis<br />
MDCCLXXXI <strong>di</strong>em obiit supremum 99 .<br />
6 – Chiesa <strong>di</strong> S. Antonio ossia Collegio <strong>di</strong> Maria:<br />
Dormit in hac fossa primus fundator ac beneficialis d. Antoninus<br />
Lo Re, huius terrae oriundus, qui ex sua suorumque devotione,<br />
ad Dei honorem <strong>di</strong>vo Antonio hanc ecclesiam de<strong>di</strong>cavit. Obiit<br />
<strong>di</strong>e 27 septembris 1659 100<br />
Dinanzi la porta maggiore:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Sac. d. Marcus Montalbano mons virtutum<br />
albus a fato immature raptus dum spiritu aetera scan<strong>di</strong>t<br />
Martinus hic moestus pater corpus tumulat. Die 25 maii 1680 101<br />
Sopra <strong>di</strong> quella del fondatore e beneficiale:<br />
Hunc sibi sororique amantissimae d. Vincentiae vivo Leopoldo<br />
Saliceti ac haere<strong>di</strong>bus d. Ioannes et Crisalvi urnam posuit anno<br />
1698 ut quos vita conjunxerat mors non <strong>di</strong>ssociaret vel in tumulo<br />
junctissimos ostenderet 102<br />
98<br />
Il sacerdote Girolamo Lo Presti e Timpanella, restauratore <strong>di</strong> questo ospedale,<br />
reso deserto per la totale mancanza <strong>di</strong> mezzi e suo vali<strong>di</strong>ssimo <strong>di</strong>fensore,<br />
dopo aver esercitato la funzione <strong>di</strong> rettore per anni (sic) con ammirevole carità<br />
e pietà, si è incamminato verso l’immortalità. Il nipote Girolamo, figlio del<br />
fratello, affinché la memoria dello zio non si <strong>di</strong>sperdesse, affidò le sue spoglie<br />
a questa lapide nell’anno 16 (sic). Non giace qui, vive, non si può credere<br />
che i Superni possano mandare solo in cielo chi ha ben operato<br />
99<br />
Il rev. Sacerdote don Vincenzo Scicli, ornato <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinte virtù si adoperò per<br />
quanto potè per promuovere la devozione verso l’Immacolata Vergine, prefetto<br />
della chiesa <strong>di</strong> questo ospizio, non desistette mai dalle fatiche. All’età <strong>di</strong> 57<br />
anni, con dolore dei citta<strong>di</strong>ni, morì il 19 marzo 1781<br />
100<br />
Dorme in questa fossa il primo fondatore e beneficiale don Antonino Lo Re,<br />
oriundo <strong>di</strong> questa terra, che per devozione sua e dei suoi de<strong>di</strong>cò questa chiesa<br />
a S. Antonio, per l’onore <strong>di</strong> Dio. Morì il 27 settembre 1659<br />
101<br />
Il sacerdote Marco Montalbano, monte splen<strong>di</strong>do <strong>di</strong> virtù, mentre sale al cielo,<br />
Martino, suo padre, addolorato, ne seppellisce il corpo. 25 maggio 1680<br />
102<br />
Giovanni Crisalvi pose questa tomba nel 1698 affinché la morte non <strong>di</strong>ssociasse<br />
coloro che la vita aveva congiunto e li mostrasse ancora più uniti nella sepoltura<br />
199
Dinnanzi l’altare maggiore:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Jam <strong>di</strong>u ante mortem hanc sibi paravit<br />
urnam admodum rev. sacerdos d. Paulus Grassellino, SS. mae<br />
Inquisitionis commissarius ac tertius huius ecclesiae beneficialis<br />
qui vitam sexaginta novem annorum<br />
191<br />
pene totam virtutibus inclitam vixit, sacram istam aedem quinquaginta<br />
trium annorum regimine, situ, cultu ornatuque auxit.<br />
Demum fatalis parcarum lex nobilem eius animam e corporis ergastulo<br />
traxit, tertio kalendas octobris 1733 103<br />
A destra dell’altare maggiore:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Petrus Franciscus Tarallo et Oliveri<br />
ex adae luto sane angelus, ne primae lucis crepuscula conceptis<br />
conspersa maculis in auras erumperent, tertium vix annum attingens<br />
in immortalem angelicorum coetum quasi immortalis angelus<br />
evolavit. Die 28 augusti 1748 104<br />
Nel coro a destra dell’altare maggiore:<br />
Hic jacet rev. admodum sac. utriusque juris doctor dominus<br />
Agathinus Greco, qui zelando zelum Dei occisus fuit. Anno aetatis<br />
suae 42, <strong>di</strong>e nona martii 1742 105<br />
D’innanzi l’altare dell’Assonta:<br />
Hic tumulatus jacet sacrae theologiae doctor dominus Joannes<br />
Bambina, patriae decor, parentum gloria, cleri totius ornamentum,<br />
doctrina non minus quam morum sanctimonia eximius ita ut<br />
prius firmaret exemplo quos sacro eru<strong>di</strong>ebat eloquio. Annos a-<br />
103<br />
Già molto tempo prima della morte si era preparata questa tomba il molto<br />
reverendo sacerdote don Paolo Grassellino, commissario della SS. Inquisizione<br />
e terzo beneficiale <strong>di</strong> questa chiesa, che visse 69 anni, famoso per le sue<br />
virtù, e per 53 anni resse questa chiesa, incrementandola nel culto e nel decoro.<br />
Infine, la fatale legge delle parche trasse la sua nobile anima dalla prigione<br />
del corpo, il 29 settembre 1733.<br />
104<br />
Pietro Francesco Tarallo e Oliveri, angelo immune dal fango dell’Ade, affinché<br />
le ombre non contaminassero le prime luci, all’età <strong>di</strong> appena tre anni,<br />
come angelo immortale volò verso le schiere immortali degli angeli. 28 agosto<br />
1748<br />
105<br />
Qui giace il molto reverendo sacerdote Agatino Greco, dottore in <strong>di</strong>ritto canonico<br />
e civile, che, operando per l’onore <strong>di</strong> <strong>di</strong>o, fu ucciso, all’età <strong>di</strong> anni 42, il<br />
9 marzo 1742<br />
200
gens LII lethali morbo correptus e vita decessit quinto idus julii<br />
anno Domini 1787 106<br />
Nell’urna suddetta fuvvi sepolto ancora, a 1 maggio del 1799, il<br />
degnissimo, insigne ed esemplare sacerdote don Giambattista<br />
Bambina, <strong>di</strong> lui fratel maggiore, il quale, con ammirabile esemplarità<br />
e zelo, resse la carica <strong>di</strong> rev. cappellano sacramentale ed<br />
or<strong>di</strong>nario della suddetta chiesa del Collegio <strong>di</strong> Maria pel corso<br />
d’anni 37 continui sino all’ultimo dei suoi giorni.<br />
Sotto detto altare dell’Assonta:<br />
192<br />
Hic pius in vita sancto sic fine quievit<br />
pauperis hoc ardens testificatur amor<br />
nam moriens miseris laetus bona cuncta paravit<br />
ossaque sola jubens huc tumulanda sua.<br />
Onuphrius Caradonna sacerdos. Obiit <strong>di</strong>e 28 januarii 1796 107<br />
Chiesa <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong> – rimpetto la sepoltura:<br />
D(eo) O(ptimo) M(aximo) Hic jacent Vitus Legio et Rosalia Catalano,<br />
piissimi conjuges, et pretiosa Margherita, eorum filia,<br />
quae cum virginis flore poenitentiam aliasque virtutes copulavit,<br />
annum vigesimum quartum attingens ad ecclesiae sponsum transivit<br />
<strong>di</strong>e secundo januarii 1781 108<br />
In mezzo al cappellone:<br />
Rev. sacerdoti d. Salvatori et d. Raimundo Morreale et Catalano,<br />
fratribus, anno 1787, hanc urnam paravit Maria Anna eorum<br />
mater, quae in vita amore conjuncta in morte ab eis non est separata<br />
109<br />
106 Qui sepolto giace Giovanni Bambina, dottore in sacra teologia, decoro della<br />
patria, gloria dei genitori, ornamento <strong>di</strong> tutto il clero, eccellente per la dottrina<br />
non meno che per la santità <strong>di</strong> vita, tanto che sosteneva prima con l’esempio<br />
coloro a cui dava insegnamento con la parola. All’età <strong>di</strong> 52 anni, colpito da letale<br />
malattia, cessò <strong>di</strong> vivere il 3 luglio dell’anno del Signore 1787<br />
107 Qui riposa un uomo pio nella vita, <strong>di</strong> santa morte. L’ardente amore verso il<br />
povero è prova <strong>di</strong> ciò. Infatti, morendo ha lasciato gioiosamente tutto ai poveri,<br />
<strong>di</strong>sponendo solo che le sue ossa fossero sepolte qui. Onofrio Caradonna sacerdote.<br />
Morì il 28 gennaio 1796<br />
108 Qui giacciono Vito Legio e Rosalia Catalano, piissimi coniugi, e la preziosa<br />
Margherita, loro figlia, che unì la penitenza e le altre virtù col fiore della verginità.<br />
All’età <strong>di</strong> 24 anni passò allo sposo della Chiesa, il 2 gennaio 1781<br />
109 Al reverendo sacerdote don Salvatore e don Raimondo Morreale e Catalano,<br />
nel 1787, ha preparato questa tomba Maria Anna, loro madre, che unita<br />
durante la vita non si è separata da loro nella morte<br />
201
A man destra:<br />
202<br />
Sacerdotis d. Petri Vuso, <strong>di</strong>e 17 septembirs anni 1799 aetatis<br />
suae 78 mortui cineres 110<br />
A sinistra:<br />
D. Magdalena Zangara et naturae et gratiae favore <strong>di</strong>stincta,<br />
terrenas nuptias contra suorum voluntatem semper renuens andem<br />
immatura morte sed meritis plena aetatis suae XXXIV annorum<br />
coelesti sponso Jesu Christo jungere se meruit undecimo<br />
kal. Octobris anno Domini MDCCXCIX 111<br />
Nella sagristia sotto i veri ritratti del rev. sac. dr. don Niccola<br />
Zito ed Antonino Lo Me<strong>di</strong>co esistono l’appresso epigrafi che a<br />
loro gloria ci pare <strong>di</strong> non trascurare<br />
193<br />
In quello del rev. dr. Di Zito:<br />
Rev. sac. sacrae theologiae doctor dominus Nicolaus Zito vivissimum<br />
ecclesiasticorum exemplar in scolastica et mistica theologia<br />
illustris sublimioris (sic) <strong>di</strong>tatus charismatibus, puritatis<br />
ignis passivae purgationis et contemplationis donum (sic) enituit,<br />
charitate Dei et zelo animarum exhestuans mirum quot filios<br />
Jesu Christi pepererit verbis et consiliis. Patientiae victima<br />
morbos ad extremum usque tulit morte amariores, huius ecclesiae<br />
s. Josepho a fundamentis erector ac rector amantissimus.<br />
Denique novissimum <strong>di</strong>em quem <strong>di</strong>u exoptaverat, annos agens<br />
72, menses quinque, <strong>di</strong>es … (sic) explevit. Januarii 22, 1767 112<br />
Nell’altro <strong>di</strong> Antonino Lo Me<strong>di</strong>co:<br />
110<br />
Le ceneri del sacerdote morto don Pietro Vuso, morto il 17 settembre 1799,<br />
all’età <strong>di</strong> 78 anni<br />
111<br />
Donna Maddalena Zangara, <strong>di</strong>stinta per il favore della natura e della grazia,<br />
rifiutando sempre le nozze terrene contro la volontà dei suoi, infine, per immatura<br />
morte, piena <strong>di</strong> meriti, all’età <strong>di</strong> 34 anni meritò <strong>di</strong> raggiungere il suo celeste<br />
sposo Gesù Cristo. 11 ottobre dell’anno del signore 1799<br />
112<br />
Il reverendo sacerdote don Nicola Zito, vivissimo esemplare degli ecclesiastici,<br />
illustre nella teologia mistica e scolastica, ricco <strong>di</strong> sublime carismi, brillò<br />
per il dono del fuoco della purezza, della purificazione e della contemplazione.Acceso<br />
dell’amore <strong>di</strong> Dio e dello zelo per le anime, è da stupire per quanti<br />
figli abbia generato a Gesù con le parole e col consiglio. Vittima <strong>di</strong> sofferenza,<br />
sopportò sino alla fine malattie più amare della morte. Eresse dalle fondamenta<br />
questa chiesa <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong> e la resse con gran<strong>di</strong>ssimo amore. Infine,<br />
all’ultimo giorno che aveva da tempo atteso, all’età <strong>di</strong> 72 anni, cinque mesi,<br />
giorni (sic) spirò il 22 gennaio 1767
Antonino Lo Me<strong>di</strong>co, huius ecclesiae sancti Josephi fervido benefactori<br />
grati confratres hanc eiusdem imaginem posterorum<br />
(sic) tra<strong>di</strong>derunt 113<br />
8 – Chiesa <strong>di</strong> Gesù e Maria – 1790 –<br />
Hic sepulti jacent Joseph Messina et uxor eius Maria, quorm<br />
primus passionis Christi memoriam quoti<strong>di</strong>e recolens annos 76<br />
in pace complevit, altera moriens ne sepulcro quidem <strong>di</strong>ssociari<br />
voluit qui vivens fuerit copulata 114<br />
9 – Chiesa <strong>di</strong> San Francesco – nell’ingresso a sinistra:<br />
Dominus Franciscus Minaci juvenis haud minus vultus quam morum<br />
decore patriae grati ossa hic sita sunt, qui dum vix vitae<br />
suae triginta supra quintum anni effluxerant supremum explevit<br />
<strong>di</strong>em VII kal. Junias MDCCXCII 115<br />
Sopra della suddetta:<br />
Sub marmore tumulata patet Leonarda Savoca et Petrosino, quae<br />
tae<strong>di</strong>a deposuit vitae o<strong>di</strong>osae anni Domini 1705 d. 26 116<br />
In un’altra lapide vicina altro non si rileva che il principio: Parce<br />
ulterius parca e un’altra parola: Franciscus<br />
194<br />
10 – Nella chiesa del convento dei Cappuccini – prossima alla<br />
porta del sepoltura: sotto questa lapide marmorea bianca vi sta il<br />
cadavere del barone Andrea Lelli, padre del sac. dr. don Francesco<br />
Lelli, morto verso il mezzo secolo trascorso. Dessa è rosa interamente,<br />
né altro vi si legge che il principio che <strong>di</strong>ce: Hoc<br />
Più sopra e sotto l’altaretto del beato Bernardo la seguente:<br />
113<br />
Ad Antonino Lo Me<strong>di</strong>co, fervido benefattore <strong>di</strong> questa chiesa, i confrati hanno<br />
de<strong>di</strong>cato questa lapide, per la memoria ai posteri<br />
114<br />
Qui sepolti giacciono <strong>Giuseppe</strong> Messina e sua moglie Maria. Il primo raggiunse<br />
76 anni ricordando ogni giorno la passione <strong>di</strong> Cristo, l’altra morendo<br />
non volle separarsi neppure nel sepolcro da colui col quale vivendo si era<br />
congiunta<br />
115<br />
Qui sono le ossa <strong>di</strong> Francesco Minaci, giovane <strong>di</strong> bell’aspetto, onore della<br />
patria. Aveva appena raggiunto i 35 anni quando venne a mancare, il 26 maggio<br />
1792<br />
116<br />
Sotto il marmo giace sepolta Leonarda Savoca e Petrosino, che lasciò il te<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong> questa vita nell’anno 1705<br />
203
Hic futuram resurrectionem expectat rev. pater Michael Angelus<br />
a <strong>Partinico</strong>, <strong>di</strong>finitor capuccinus a <strong>di</strong>e obitus sui 27 octobris<br />
1789, aetatis 67, religionis 50 117<br />
Qui devon seguire a trascriversi tanti altri epitafii sopra le lapi<strong>di</strong><br />
dove arrivarono quei stessi perché defunti posteriori e sino al<br />
1823 in cui si chiuderà il presente libro che si ricaveranno dalle<br />
lapi<strong>di</strong> nelle chiese <strong>di</strong> questa <strong>Partinico</strong>.<br />
Siccome altre memorie <strong>di</strong> uomini dotti della città nostra che<br />
stampato dei quali il rev. Grasso, oggi canonico della Madrice <strong>di</strong><br />
Palermo e le sue produzioni letterarie stampate in Palermo. Devesi<br />
in menzione della chiesetta <strong>di</strong> Bellaroto del 1822 in cui si<br />
parla del legato <strong>di</strong> Antonino Falco per lo spedale, messa coti<strong>di</strong>ana<br />
e cappellano sac. don Antonino Proto Minore.<br />
Infine poi devon scriversi l’in<strong>di</strong>ci necessari del presente libro <strong>di</strong><br />
storia<br />
195<br />
204<br />
Capitolo XXII<br />
Uomini segnalati nel servigio <strong>di</strong> Dio ed in santità<br />
Commendabile è stato mai sempre l’ufficio <strong>di</strong> storici il far onorata<br />
ricordanza <strong>di</strong> quegli uomini insigni, che, per le loro virtuose<br />
gesta, sonosi, a proprio onore nonché a gloria <strong>di</strong> Dio e della patria,<br />
a perenne memoria segnalati. Anche la nostra città vanta in<br />
sì illustre schiea de’ suoi e puote degnamente andarne superba.<br />
Di costoro, in quest’unico capitolo, brevemente darem ragguaglio,<br />
onde, a <strong>di</strong> loro esempio, infiammati da lodevole invi<strong>di</strong>a,<br />
c’invogliassimo anche noi stessi ad imitarli, ad emularli, tramandando<br />
a nostri nipoti e a’ secoli avvenire la contezza <strong>di</strong> loro<br />
vita.<br />
Ammirabile si fu quella nel servigio <strong>di</strong> Dio del rev. padre Francesco<br />
Scuderi. Nacque egli l’anno 1618 da Bartolomeo e Vincenza<br />
Scuderi, jugali, e fu battezzato nella nostra Madrice li 15<br />
marzo, portando al sagro fonte il nome <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong>. Di questo<br />
sant’uomo, fatto religioso francescano del terzo or<strong>di</strong>ne, non ci è<br />
d’uopo affaticarci a tesserne degli elogi, mercé le sante virtù e<br />
dottrina, <strong>di</strong> cui fu adorna la <strong>di</strong> lui vita in grado eminente, giacché<br />
abbastanza ce la da a <strong>di</strong>videre la lodevole iscrizione, che va<br />
a leggersi nel ritratto in tela ed in<strong>di</strong> incisa in rame, rapportataci<br />
117 Qui attende la futura risurrezione il reverendo padre Michelangelo da <strong>Partinico</strong>,<br />
definitore cappuccino, dal giorno della sua morte il 27 ottobre 1789,<br />
all’età <strong>di</strong> 67 anni e <strong>di</strong> religione 50
il Mongitore nella sua Biblioeca Sicola, tomo I, foglio 240, nonché<br />
l’abbate Amico nel suo Lexicon topografico <strong>di</strong> Sicilia, voce<br />
Parthenicum, il <strong>di</strong> cui tenore è il seguente:<br />
Vera effigies servi Dei patris Francisci Scuderi, siculi a Sala<br />
(cioè Sala Partinici) tertii or<strong>di</strong>nis sancti Francisci S. I. M. olim<br />
<strong>di</strong>ffinitoris generalis et siculae provinciae bis ministri, qui regularis<br />
<strong>di</strong>sciplinae cultu assiduo crucis et verum coelestium me<strong>di</strong>tatione,<br />
carnis maceratione, morum innocentia, mun<strong>di</strong> ac sui<br />
contemptu, caeterisque religiosi hominis virtutibus ad supremum<br />
usque spiritum exhibitis, eximiae sanctimoniae famam consequtus,<br />
Romae obiit in collegio siculo sancti Pauli de Arenula, anno<br />
MDCCI, post me<strong>di</strong>am noctem, kalen<strong>di</strong>s aprilis, aetatis suae<br />
LXXXIV, religionis LXV, eius corpus post tresdecim <strong>di</strong>es incorruptum<br />
ac tractabile, non sine magna confluentium admiratione<br />
seppellitur 118<br />
Venne il suo corpo dopo <strong>di</strong> giorni 13 riposto in tre casse, tre toniche<br />
in detti giorni in reliquie a pezzi furono presi dai popoli.<br />
La vedova regina <strong>di</strong> Giovanni III, re <strong>di</strong> Polonia, donna Casimira<br />
Sobieschi, li famosi principi <strong>di</strong> Parma, tutti quasi gli eminentissimi<br />
car<strong>di</strong>nali <strong>di</strong> Chiesa santa,<br />
196<br />
i principi e primi capi della romana nobiltà e i forastieri ancora<br />
furono i primi a venerare il <strong>di</strong>fonto servo <strong>di</strong> Dio personalmente,<br />
chi voglia poi a pieno restar inteso – delle gesta ammirabili del<br />
nostro invi<strong>di</strong>abile concitta<strong>di</strong>no, ricorra alla ben lunga storica pistola<br />
intorno alla <strong>di</strong> lui vita, venuta allora da Roma, che originalmente<br />
conservasi nella biblioteca del convento della Zisa,<br />
fuori le porte della Capitale. Ebbi io la sorte <strong>di</strong> leggerla da capo<br />
a fondo con mio stupore e aggra<strong>di</strong>mento, pentendomi non avermela<br />
esemplata. Fummi prestata da don Pasquale Patti, cui era<br />
stata favorita da quei Padri e ai quali poi fu tenuto restituire.<br />
Frat’Antonio Tonica, nato e battezzato in questa nostra madre<br />
chiesa li 3 novembre 1654, 7 ind., fu figlio <strong>di</strong> Francesco e Laurea<br />
Tonica, jugali, portando nel battesimo il solo nome <strong>di</strong> Antonio.<br />
Come figlio <strong>di</strong> povera e bassa gente, fé il mestiere <strong>di</strong> bifol-<br />
118 Vera effigie del servo <strong>di</strong> Dio padre Francesco Scuderi, siciliano <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>,<br />
già definitore generale dell’Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> San Francesco e due volte ministro della<br />
provincia sicula, costante cultore della Croce, de<strong>di</strong>to sino all’ultimo alla me<strong>di</strong>tazione<br />
delle cose celesti, alla macerazione <strong>di</strong> sé stesso, dai costumi innocenti,<br />
<strong>di</strong>spregiatore <strong>di</strong> sé e del mondo, ricco <strong>di</strong> tutte le altre virtù <strong>di</strong> uomo religioso,<br />
avendo raggiunto una grande fama <strong>di</strong> santità, morì a Roma nel collegio siculo<br />
<strong>di</strong> San Paolo <strong>di</strong> Venula, l’anno 1701, dopo mezzanotte del primo aprile,<br />
all’età <strong>di</strong> 84 anni, 65 <strong>di</strong> religione. Il suo corpo, rimasto intatto e incorrotto per<br />
tre<strong>di</strong>ci giorni venne seppellito non senza grande stupore degli intervenuti<br />
205
co, ossia bestiamaro, in età giovanile, e fu garzone <strong>di</strong> don Santo<br />
Migliore del Borgetto, avolo del sac. don Stefano Migliore. Fu<br />
chiamato da Dio e dal serafico padre san Francesco a vestir<br />
l’abito del medesimo nel convento de’ Minori osservanti o sia<br />
sant’Antonino della capitale, in cui con fama <strong>di</strong> santità, finì <strong>di</strong><br />
vivere li 2 aprile 1749 e venne il suo corpo sepolto in quel convento.<br />
Dopo sei dì che fu esposto in una bara, nella chiesa <strong>di</strong><br />
quello, in cui concorse tutta la città, nonché la nostra, ottenendo<br />
i fedeli, a <strong>di</strong> lui intercessione delle grazie da Dio benedetto, glorificando<br />
così egli i suoi santi, fu sotterrato, loco depositi, in<br />
presenza <strong>di</strong> monsignor arcivescovo <strong>di</strong> Palermo, fra <strong>Giuseppe</strong> Melendez,<br />
dopo avergli il popolo tagliata a pezzi, per reliquie, più<br />
<strong>di</strong> una tonica. Nel suo ritratto (che venne egli respinto in rame)<br />
si legge l’infrascritta epigrafe, ossia iscrizione:<br />
Dei servum fratrem Antoninum Tonica a <strong>Partinico</strong>, Or<strong>di</strong>nis Minorum<br />
Observantium serafici patris Francisci haec red<strong>di</strong>t effigies,<br />
qui omnium virtutum exemplum in religione effloruit, miram<br />
in beatis Virginis Mariam, quam veluti matrem suam habuit,<br />
pietate excelluit, charitate fuit insignis et amoris in Deum potius<br />
raptus, ex hac vita decessit, <strong>di</strong>e II aprilis anni 1749, sepultus vero<br />
fuit <strong>di</strong>e 15 eiusdem 119<br />
Fra Rosario Catrini fu figlio <strong>di</strong> mastro Francesco e Giuseppa Catrini,<br />
jugali. Venne egli battezzato in questa nostra Madrice il dì<br />
13 ottobre 1721. Fu laico de’ Minimi <strong>di</strong> san Francesco <strong>di</strong> Paola,<br />
<strong>di</strong> famiglia nel convento<br />
197<br />
della capitale, fuori le mura della medesima, in cui visse con fama<br />
<strong>di</strong> santità per ben 48 anni. Macerossi con austera penitenza<br />
per lo spazio <strong>di</strong> anni 45. Si rese ammirabile al popolo per la sviscerata<br />
altissima <strong>di</strong>vozione verso Gesù Bambino, che venerava in<br />
sua camera, colle <strong>di</strong> lui figure e nocciole, che <strong>di</strong>spenzava ai fedeli,<br />
riportavan cotesti delle grazie e talora de’ portenti nelle loro<br />
urgentissime necessità spirituali e temporali. Menò vita esemplare,<br />
piuttosto santa per lo giro <strong>di</strong> anni 66 e da tale finì per<br />
quella in detto convento <strong>di</strong> Palermo, il dì se<strong>di</strong>cesimo <strong>di</strong> ottobre<br />
1789, avendo avuto ancor io la fortuna <strong>di</strong> conoscerlo, <strong>di</strong> parlarlo,<br />
<strong>di</strong> baciarli il sagro abito del santo Padre e <strong>di</strong> raccomandarmi alle<br />
119 Questa immagine ritrae il volto del servo <strong>di</strong> Diofra Antonio tonica, <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>,<br />
dell’Or<strong>di</strong>ne dei Minori Osservanti del serafico padre Francesco, che fiorì<br />
come esempio <strong>di</strong> tutte le virtù, eccelse nella pietà verso la beata Vergine Maria,<br />
che ebbe come madre, insigne nella carità, si partì da questa vita come<br />
rapito dall’amore verso Dio il 2 aprile 1749, ma fu sepolto il 15 dello stesso<br />
mese<br />
206
sue efficacissime orazioni. Non ebbe mai negativa a qualunque<br />
richiesta <strong>di</strong> limosina, anzi questa veniva spontaneamente apprestatagli<br />
con generosità dai fedeli. Fu il decoro <strong>di</strong> nostra città, il<br />
lustro del prelodato convento, l’esempio della <strong>di</strong>vozione, l’onor<br />
del suo povero casato. Tutto impiegava nel celebrar fastosi e<br />
giulivi i venerdì del suo santo Padre, attirando in quel santo<br />
chiostro infiniti <strong>di</strong>voti.<br />
Il molto reverendo padre Michele Traina, del Terz’Or<strong>di</strong>ne del serafico<br />
padre san Francesco nacque nei primi anni del secolo 18,<br />
da gente oscura, ma onesta. I suoi genitori appellavansi … (sic)<br />
Costoro, malgrado le loro ristrettezze, avvedutisi de’ singolari<br />
talenti del ragazzo, massime della <strong>di</strong> lui potentosa memoria, si<br />
sforzarono <strong>di</strong> applicarlo agli stu<strong>di</strong>. Bastavagli leggere e u<strong>di</strong>r una<br />
sol volta qualche canzone, sonetto, sermone o pre<strong>di</strong>ca per non<br />
più <strong>di</strong>menticarsela e ritenerla così rigidamente a memoria, come<br />
correva. Ragazzo <strong>di</strong> età troppo fresca, in occasione <strong>di</strong> aver inteso<br />
una panegirica orazione del celebre rev. padre maestro … (sic)<br />
Ajello del Terz’or<strong>di</strong>ne, pre<strong>di</strong>cator quaresimalista in questa Madrice,<br />
la ritenne sì esattamente che con franchezza la recitava<br />
con energia e comica da far istupir i circostanti. Inteso <strong>di</strong> ciò, il<br />
rev. arciprete, dr. don Giovanni Paolo Raccuglia, volle sentirlo e<br />
raccapricciò. Dar volendo la burla al pre<strong>di</strong>cator, suo stretto amico,<br />
tacciandolo <strong>di</strong> plagiario, gli espose il fatto e lo riconvenne<br />
con serietà che non gli era lecito nella Madrice <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> recitar<br />
le altrui produzioni, tanto vecchie quanto sapute ancor da ragazzi.<br />
Se ne lagnò l’Ajello, gli si portò il Trajna, ne udì la recita<br />
198<br />
stranizzò ed era capace <strong>di</strong> scoppiare in presenza dell’arciprete.<br />
Ma scovertasi, prese tanto amore e concetto del ragazzo che seco<br />
se lo condusse in Palermo, nel suo convento della Zisa, in cui lo<br />
vestì da religioso e facendogli far il corso degli stu<strong>di</strong>. In<strong>di</strong> lo destinò<br />
in quel convento <strong>di</strong> Roma, in cui nelle gravi scienze, <strong>di</strong>é<br />
saggio <strong>di</strong> strepitosa dottrina, nonché <strong>di</strong> santità. Venne ivi onorato<br />
dai Papi, car<strong>di</strong>nali e gente insigne. Arrivò alla carica <strong>di</strong> reggente<br />
<strong>di</strong> sua religione e sarebbe asceso a quella <strong>di</strong> generale se la<br />
sua modestia, umiltà e scrupolosa coscienza non si fossero impegnate<br />
a farnelo <strong>di</strong>spensare. Portò in una mano sei <strong>di</strong>ta. Ricordandosi<br />
della povera madre lontana, che, da vedova era passata a<br />
seconde nozze con ... (sic)Jovino, suo padrigno, ne procurò sin<br />
da Roma l’agevolazione, impegnandone un suo stretto amico<br />
car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> santa Chiesa. Questi, con lettera, lo raccomandò vivamente<br />
a monsignor principe <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong>, nostro abate<br />
commendatario. Desso, chiamato a sé il Jovino e trovatolo pove-<br />
207
o nonché inetto a sostener degli impieghi nell’Abbazia, richiestolo<br />
cosa bramava per migliorar la sua Jovanna, egli <strong>di</strong>scretamente<br />
non altro implorogli se non se n. 4 buoi con dell’aratro,<br />
tumeni 8 terre con migliara 4 <strong>di</strong> vigne in quel territorio e luogo<br />
<strong>di</strong> Galeazzo. A tutto con<strong>di</strong>scese la generosità dell’ill.mo abbate e<br />
fé consegnarli e assegnarli e li buoi con l’aratro e la picciola<br />
possessione, aggiungendoi una sommetta per trafficarla. Con siffatto<br />
agevolo, si sostenne in<strong>di</strong> con la moglie, madre del nostro<br />
reggente, in qualche como<strong>di</strong>tà. Visse il Traina da circa anni 92.<br />
Morì nella riferita Roma, veso l’anno 1780, con insigne fama <strong>di</strong><br />
grand’uomo <strong>di</strong> Dio e d’illustre letterato. Venne sepolto nel ridetto<br />
suo convento e pianto dagli amici e dalla letteraria repubblica.<br />
Resterà perenne in quell’alma città e nella nostra ancora la memoria<br />
ai posteri del celebre partinicoto siciliano, il rev. padre<br />
reggente Trajna.<br />
Il molto rev. padre maestro Agostino Grassellino, carmelitano,<br />
fu l’ornamento della <strong>di</strong> lui religione, l’onor <strong>di</strong> questo nostro<br />
convento, il decoro della patria. Fu insigne in dottrina nonostante<br />
ché le sue produzioni letterarie non avesser goduto la luce co’<br />
torchi. La maggior<br />
199<br />
fé chiarissimo e in cui si <strong>di</strong>stinse in sua vita fu la prudenza e<br />
l’arte <strong>di</strong> governare. Dié leggi alla religione, dalla quale fu amato<br />
estremamente nonché dalla popolazione. Ascese degnamente alla<br />
carica <strong>di</strong> provinciale e pe’ suoi meriti l’ebbe il Governo in tanta<br />
considerazione che nominollo in vescovo <strong>di</strong> Mazara. Avrebbe a<br />
ragione goduta <strong>di</strong> una tal <strong>di</strong>gnità se non gliel’avesser conteso i<br />
maneggi del suo competitore Scavo, carmelitano, che risultò in<br />
monsignore. Morì in Licata, nel suo convento del Carmine, in<br />
cui fu sepolto, <strong>di</strong>etro solenni esequie, il dì … (sic) .<br />
Il rev. sacerdote, dottore in teologia, don Paolo Grassellino, non<br />
fu meno insigne ed illustre del fratello, il prelodato provinciale<br />
padre maestro Agostino, carmelitano.Godé per i suoi talenti, letteatura<br />
e singolar prudenza sempre in sua vita delle cariche le<br />
più cospicue della città. Fu Inquisitore del sant’Offizio, Delegato<br />
della regia Monarchia, del tribunale della santissima Crociata<br />
e vicario foraneo e beneficiale della ven. chiesa <strong>di</strong> sant’Antonio<br />
<strong>di</strong> nostra <strong>Partinico</strong>. Fu l’idolo ella medesima pe’ suoi ammirevoli<br />
tratti <strong>di</strong> prudenza. Finì i suoi giorni il dì … (sic) 1733 e fu<br />
sepolto nella sua chiesa del beneficio <strong>di</strong> s. Antonio, sotto lapide<br />
marmorea con suo epitaffio, come si <strong>di</strong>sse nel capitolo 21 a fo-<br />
208
glio 190 e similmente al capitolo 8, foglio 148, <strong>di</strong> questa parte<br />
seconda.<br />
Il rev.mo arciprete dr. don Giovan Paolo Raccuglia è notissimo<br />
per la sua energica letteratura. I suoi elogii meritamente sono<br />
stati da noi rapportati nel capitolo I <strong>di</strong> questa seconda parte, nella<br />
fondazione della regia Madrice chiesa, a foglio 118.<br />
Il rev.mo sac. dottor in teologia e in amendue le leggi don Agatino<br />
Greco, fu degli uomini virtuosissimi e zelanti del paese.<br />
Godé delle cariche più luminose chiesiastiche della patria. Pel <strong>di</strong><br />
lui zelo fu ucciso da due fucilate ed il suo cadavere fu sotterrato<br />
nella chiesa <strong>di</strong> sant’Antonio o sia oggi Collegio <strong>di</strong> Maria, <strong>di</strong> cui<br />
era cappellano or<strong>di</strong>nario, con epitafio, come in essa chiesa, al<br />
capitolo 21 foglio delle iscrizioni lapidarie 191.<br />
Il rev padre maestro Ignazio Rossi, carmelitano Ne magistrali<br />
comizi <strong>di</strong> sua unione, celebrati nella città <strong>di</strong> Marsala, l’anno<br />
1754, fu creato provinciale <strong>di</strong> suo or<strong>di</strong>ne. Illustrò con detta carica<br />
la religione carmelitana, decorando i suoi e la patria. Superò<br />
in dottrina<br />
200<br />
e nel servizio <strong>di</strong> Dio il suo collega provinciale Grassellino. Dié<br />
alla pubblica luce, colle stampe <strong>di</strong> Aicardo, <strong>di</strong> Palermo, al 1767,<br />
due sue opere, cioè: Il priore istruito e Il novizio carmelitano istruito.<br />
In materia <strong>di</strong> governo e prudenza non avanzò però il<br />
Grassellino. Quegli gli fu superiore <strong>di</strong> molto. A sue spese, costrusse<br />
la mezzana campana <strong>di</strong> questo nostro convento. Morì in<br />
esso, in cui fu sepolto il dì 24 marzo del 1770, d’anni 67.<br />
L’epigrafe che porta il suo ritratto è l’infrascritta:<br />
Admirabilis reverendus pater Ignatius Eliseus Maria Rossi, Partenici<br />
natus, conventus partinicensis Or<strong>di</strong>nis carmelitani provinciae<br />
sancti Angeli alumnus, sacrae theologiae magister ac doctor<br />
doctrinam quam cathedram rexit, theologorum praesertim<br />
scolasticorum atque asceticorum ab<strong>di</strong>ta penetravit, plura scripto<br />
et praelo reliquit, praeclarus observantiae regularis in tyronum<br />
magisterio exercendo, in coenobiis restauran<strong>di</strong>s, in moderando<br />
tota praefata provincia, in munera capituli eiusdem provinciae<br />
gerendo tenacissimus, zelo animarum quam maxime ad<strong>di</strong>ctus,<br />
cum conciones quadragesimales habendo, tum confessiones excipiendo,<br />
sive quaeque monita salutis etiam pueris quoti<strong>di</strong>e ru<strong>di</strong>mentis<br />
fidei largiendo, in sacra me<strong>di</strong>tatione assiduus, fide plenus,<br />
charitate fervidus, omni demum virtutum genere in mor-<br />
209
um incidens datis suae integerrimae vitae signis fato cessit in<br />
suo conventu Partinici, <strong>di</strong>e sabati 24 martii, anno reparatae salutisi<br />
1760, aetatis suae 67 120<br />
Il rev. padre <strong>Giuseppe</strong> Raccuglia, <strong>di</strong> santa Maria <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong> Alcamo,<br />
ammirabile in santità e penitenza. Fu desso fratel cugino<br />
del celebre arciprete dr. don Giovanni Paolo Raccuglia. Morì<br />
qual visse con fama <strong>di</strong> santità e in età troppo avanzata nel suddetto<br />
convento, in cui fu sepolto sotto il dì … (sic).<br />
Il rev. <strong>di</strong>ffinitore padre Francesco Raccuglia, fratel maggiore del<br />
riferito padre <strong>Giuseppe</strong>, dell’istess’Or<strong>di</strong>ne e convento <strong>di</strong> santa<br />
Maria <strong>di</strong> Gesù d’Alcamo, fu celebre in letteratura e sorpassò in<br />
santitade il fratello. Austero, visse in penitenza e per una ben<br />
lunga serie d’anni si condannò volontariamente ad un sequestro<br />
in convento, da cui non mosse mai piede né per la città, né pella<br />
campagna vicina. In ginocchio spese i suoi dì sempre orando e<br />
me<strong>di</strong>tando. Venne più fiate per la <strong>di</strong> lui esimia prudenza e governo,<br />
destinato in esteri conventi del suo or<strong>di</strong>ne a sedarne le<br />
turbolenze e sconcerti fra i religiosi in cui riusciva ammirabile.<br />
Morì in età quasi decrepita, verso l’anno 1785, con gran fama <strong>di</strong><br />
santità.<br />
Suora Benedetta Campo e Lo Jacono. Fu dessa la promotrice e<br />
fondatrice del Reclusorio ossia Conservadorio dell’orfane vergini,<br />
oggi Collegio <strong>di</strong> Maria. Di questa zelante serva <strong>di</strong> Dio ci rimettiamo<br />
a quanto si è detto nel capitolo 8 <strong>di</strong> questa seconda<br />
parte e soltanto qui rapportiamo, sebbene interrottamente e tal<br />
quale tuttora può leggersi l’epigrafe, che porta il <strong>di</strong> lei ritratto,<br />
conservato in detto collegio:<br />
201<br />
210<br />
Soror Bene<strong>di</strong>cta Campo a Partenico, virtutibus omnibus<br />
120 Il mirabile reverendo padre Ignazio Eliseo Maria Rossi, nativo <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>,<br />
alunno del convento partinicese della provincia <strong>di</strong> S. angelo, maestro e dottore<br />
in sacra teologia, resse la cattedra, si addentrò profondamente nella scolastica<br />
e nell’ascetica, lasciò molti scritti e stampe, eccellente nell’osservanza regolare<br />
e nell’insegnamento dei novizi, nel restaurare i cenobi, nel guidare tutta<br />
la provincia, nella fermissima gestione dei compiti del capitolo della stessa<br />
provincia, de<strong>di</strong>to intensamente allo zelo delle anime, sia tenendo le pre<strong>di</strong>che<br />
quaresimali, sia nell’ascolto delle confessioni, sia impartendo i ru<strong>di</strong>menti della<br />
fede e gli ammonimenti della salvezza anche ai fanciulli, assiduo nella sacra<br />
me<strong>di</strong>tazione, pieno <strong>di</strong> fede, fervido nella carità, famoso per ogni genere <strong>di</strong> virtù,<br />
caduto ammalato, avendo dato prove della sua vita integerrima, venne a<br />
mancare nel suo convento <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> il sabato 24 marzo dell’anno della salvezza<br />
1760 all’età <strong>di</strong> 67 anni
clara, praesertim zelo animarum et charitate erga proximum, <strong>di</strong>vinae<br />
providentiae innixa, quae sibi in maxima paupertate numquam<br />
defuit. Fundavit conservatorium virginum orphanarum sub<br />
strictiori regula sancti Francisci, quod tres supra triginta annos,<br />
summa cum laude, gubernans, jejuniis et orationibus infirma<br />
…(sic) demum senio confecta, non sine pietate odore obiit<br />
anno 1729, aetatis 64 121<br />
Antonino <strong>di</strong> Bartolomeo, mio zio paterno, abbastanza <strong>di</strong> questo<br />
pio uomo e fondatore del Conservadorio suddetto, oggi Collegio<br />
<strong>di</strong> Maria, si <strong>di</strong>sse al capitolo 8 <strong>di</strong> questa seconda parte.<br />
Sac. dr. don Leonardo Inglese decorò il nostro rev. clero co’ suoi<br />
ottimi costumi e dottrina, massime nelle facoltà filosofiche e teologiche.<br />
Fu pre<strong>di</strong>letto al rev. arciprete Raccuglia, che ne conosceva<br />
il merito singolare e lo volle sempre ai fianchi, in qualità<br />
<strong>di</strong> primo cappellano sacramentale <strong>di</strong> sua madre chiesa. Visse<br />
vecchio abbastanza e morì …(sic).<br />
Il rev. dr. don Nicola Zito, oltre alla profonda scienza della filosofia<br />
e teologia, in grado eminente possedé la virtù dell’umiltà,<br />
carità e povertà. Si <strong>di</strong>stinse eroicamente nell’uniformità al <strong>di</strong>vino<br />
volere. Fu <strong>di</strong>rettore e cappellano del Conservatorio, allora<br />
delle Vergini, oggi Collegio <strong>di</strong> Maria, nei primi tempi della <strong>di</strong><br />
lui fondazione. Colla <strong>di</strong> lui assistenza finì <strong>di</strong> vivere suor Benedetta<br />
Campo, fondatrice <strong>di</strong> quello. Fu venerato ed amato dal popolo,<br />
<strong>di</strong>votissimo del patriarca san <strong>Giuseppe</strong> e ne promosse la<br />
fabbrica della <strong>di</strong> lui chiesa, che resse e coltivò poi santamente<br />
sino alla morte ed in cui volle seppellirsi. Dovendosi viaticare,<br />
verso le due della notte, pelle tenebre sovrastavano, sparsasi la<br />
voce, concorse un inaspettato numeroso popolo (fra quale<br />
anch’io), per associar il Divinissimo, tutti con fiaccole accese,<br />
gridando giulivamente: si viatica il santo, e si vide che Dio manifestamente<br />
volle sino alla fine onorato il suo servo. I suoi elogii<br />
in parte posson rilevarsi dall’epigrafe nel suo ritratto, <strong>di</strong> cui<br />
se ne fé menzione in questa seconda parte, al capit. 16 e nel capitolo<br />
21, foglio 193.<br />
Rev. padre Antonino (Patti) da <strong>Partinico</strong><br />
121 Suor Benedetta Campo, da <strong>Partinico</strong>, illustre per tutte le virtù, specialmente<br />
nello zelo per le anime e la carità verso il prossimo, fiduciosa nella <strong>di</strong>vina<br />
provvidenza, che non le venne mai meno nella più grande povertà. Fondò il<br />
conservatorio delle orfane vergini sotto la rigorosa regola <strong>di</strong> San Francesco,<br />
che <strong>di</strong>resse con somma lode per trentatré anni, indebolita per i <strong>di</strong>giuni e le orazioni,<br />
<strong>di</strong>venuta senescente, morì non senza odore <strong>di</strong> pietà nel 1729, all’età<br />
<strong>di</strong> anni 64<br />
211
Rev. padre Michelangelo (Patti), Cappuccino. Ve<strong>di</strong> le loro vite<br />
un po’ <strong>di</strong>stinte nelle in-<br />
202<br />
gionte n. 7 pagine che devono inserirsi in questo luogo.<br />
203<br />
Merita in questo luogo farsi memoria <strong>di</strong> due fratelli germani,<br />
poiché figli de’ medesimi genitori, nella religione cappuccina e<br />
così <strong>di</strong>vennero figli del patriarca san Francesco, <strong>di</strong> cui vita emulando,<br />
con lo splendore delle virtù e fatighe in<strong>di</strong>fesse nella coltura<br />
delle anime, illustrarono la Chiesa, la religione e la patria.<br />
Il primo a narrarne in epilogo le gesta <strong>di</strong> questi due degni fratelli<br />
è il padre Michelangelo, come il primo frutto <strong>di</strong> due virtuosi coniugati,<br />
nominati il padre maestro Silvestro Patti e la madre Benedetta<br />
Ales ricevettero tal figlio come dono dal cielo, a dì 19<br />
giugno 1722 ed alli 21 detto venne rigenerato coll’acque del santo<br />
battesimo dal reveren<strong>di</strong>ssimo don Giovanni Paolo Raccuglia,<br />
in<strong>di</strong> arciprete della stessa popolazione, imponendogli il nome <strong>di</strong><br />
Gaspare. Nella bell’indole del fanciullo concorse molto la pia <strong>di</strong>ligenza<br />
dell’ottimi genitori, impegnati a fargli succhiare il latte<br />
del <strong>di</strong>vino timore e l’o<strong>di</strong>o necessario ad ogni ombra <strong>di</strong> peccato,<br />
accrebbe la sorte del fanciullo nel ricevere educazione tutta cristiana<br />
la premessa <strong>di</strong> due suoi zii materni, uno sacerdote, chiamato<br />
don Sebastiano Ales e l’altro don Nicolò Ales, celibe, e <strong>di</strong><br />
virtù esimie, adorno <strong>di</strong> cui ne vive onorevole ricordanza in <strong>Partinico</strong><br />
alle istruzioni <strong>di</strong> queste cautele e preghiere del Signore,<br />
per custo<strong>di</strong>rlo nemico d’ogni vizio, corrispose il da noi lodato a<br />
segno tale che, compiti l’anni 17 <strong>di</strong> sua età, passata immune da<br />
vizi dell’incauta gioventù, pensò ed ottenne vestirsi chierico e<br />
novizio cappuccino nel convento del Monte, sotto la <strong>di</strong>rezione<br />
del padre Angelo della Pantelleria, a 4 luglio, gover-<br />
204<br />
nando la provincia <strong>di</strong> Palermo il molto reverendo Bernardo da…<br />
E’ costume <strong>di</strong> tutti l’or<strong>di</strong>ni regolari ed ubbi<strong>di</strong>enza a decreti pontificii<br />
il stabilire per luoghi <strong>di</strong> probazione dalla gioventù osservanti<br />
conventi dalli pii esemplari religiosi, dove la gioventù ha<br />
da provare la religione in tutte le parti e la religione ha da esaminare<br />
in tutti punti, se li neofiti si stimano atti a portare il peso<br />
ed a vantagiare la religione. Però si pratica <strong>di</strong> delicatezza in<br />
questo articolo <strong>di</strong> noviziato dalli padri Cappuccini, per indottrinare<br />
li novelli soldati <strong>di</strong> Gesù Cristo nel dare morte all’uomo<br />
212
vecchio e crocifiggere la carne con tutti li vizii e concupiscenza,<br />
per poi così vestirsi con lo spirito <strong>di</strong> Gesù Cristo non è facile a<br />
capirsi.<br />
Vestito alli 8 luglio 1739, commutando il nome <strong>di</strong> Gaspare in<br />
quello <strong>di</strong> fra Michelangiolo, si pretese dare morte totale all’ uomo<br />
vecchio, per far risorgere il nuovo, nell’imitazione <strong>di</strong> Gesù<br />
Cristo e del santo patriarca Francesco e fu tale la compita vittoria<br />
ottenuta sopra 3 nemici dell’uomo che in breve tempo superò<br />
provetti suoi compagni e si rese l’ammirazione degli anziani padri<br />
e<strong>di</strong>ficante famiglia, ma quello è più ammirabile da notarsi in<br />
quest’uomo tutto regolato dalla legge dello spirito ed è la sua<br />
special <strong>di</strong>visa in 50 anni che visse in religione, niente variò in<br />
sé le regole massime d’un novizio cappuccino e con questo sol <strong>di</strong><br />
vario che in quel primiero anno <strong>di</strong> religione erano d’adulto le<br />
virtù.ma nel decorso <strong>di</strong> 20 lustri si videro virtù mature e consumate<br />
lodare in lui il silenzio, la temperanza, l’osservanza regolare,<br />
l’orazione, la delicatezza nel rendere a Dio custo<strong>di</strong>ti li 3<br />
voti la pazienza, la carità e tutto quello che compone l’uomo<br />
205<br />
to, la modestia poi esteriore, la bassezza sempre delle sue pupille,<br />
dentro e fuori del chiostro, lo faceano rispettare da ogn’uno,<br />
come religioso <strong>di</strong> gran perfezione.<br />
Non ammette questo breve dettaglio dar contezza <strong>di</strong> sua prolungata<br />
orazione e replicate visite innanzi il Santissimo Sacramento,<br />
<strong>di</strong> giorno e <strong>di</strong> notte, la <strong>di</strong>vozione nel celebrare il s. sacrificio<br />
della Messa, l’amor tenero e forte a Gesù Crocefisso, le lagrime<br />
spargea parlando <strong>di</strong> lui spesso nelle pre<strong>di</strong>che e catechismi, la devozione<br />
alla gran Madre <strong>di</strong> Dio, al patriarca san <strong>Giuseppe</strong>, al<br />
principe san Michele, al padre Francesco, all’Angelo custode ed<br />
innumerabili santi del cielo era <strong>di</strong> cuore ed e<strong>di</strong>ficante.<br />
Fu de’ migliori pre<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sua provincia, per 38 anni non intermise<br />
l’esercizio della pre<strong>di</strong>cazione, fatigando, con pre<strong>di</strong>che<br />
quaresimali, missioni, esercizi, novene, catechismi, <strong>di</strong>scorsi familiari,<br />
convertendo l’anime col suo zelo, esempi <strong>di</strong> santità, preghiere<br />
fervorose che facea e pregava del Signore <strong>di</strong> pregare<br />
pella conversione de’ peccatori.<br />
Fu sempre alieno d’ambizione e d’ogni aura <strong>di</strong> prelature, più<br />
volte con preghiere si pensò accettarle e per un triennio indossarsi<br />
la guar<strong>di</strong>ania del convento <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, vi fu <strong>di</strong> bisogno<br />
dell’autorità del superiore maggiore, per obbligarlo in quel tempo<br />
passò in visita da <strong>Partinico</strong> il generale padre Erardo da Radkepargh<br />
a 12 <strong>di</strong>cembre 1771 e ne rimase e<strong>di</strong>ficatissimo e contento<br />
della virtù del padre Michelangelo guar<strong>di</strong>ano pello stesso<br />
spirito <strong>di</strong> bassa<br />
213
206<br />
cognizione <strong>di</strong> sé stesso invitato dal rev.mo padre Girolamo da<br />
Caltanissetta, procuratore generale dell’Or<strong>di</strong>ne per andare in<br />
Roma per uno dei suoi segretari, l’espose la sua inabilità e pregò<br />
<strong>di</strong> scusarlo. Similmente monsignore Ugone Papé, vescovo <strong>di</strong><br />
Mazara lo chiamò per volerlo presso <strong>di</strong> sé, da teologo, ma tante<br />
l’espose <strong>di</strong> ragioni per <strong>di</strong>sbrigarsi dall’onore compartir volergli<br />
il zelante prelato, che per non affliggerlo cedette alle preci del<br />
padre Michelangiolo.<br />
La Provincia tutta, congregata in Palermo per il capitolo provinciale,<br />
l’anno 1789, deliberò voler <strong>di</strong>ffinitore. Il padre Michelangiolo<br />
pregò, pianse amaramente innanzi il padre provinciale per<br />
lasciarlo nella sua semplicità, ma non furono ascoltate le sue<br />
suppliche onde, a pieni voti, venne eletto primo <strong>di</strong>ffinitore e forse<br />
sarebbe stato eletto provinciale nell’istesso capitolo, se non<br />
rifiutato avesse la voce passiva al provincialato.<br />
Da uomo adorno <strong>di</strong> doni celesti, <strong>di</strong> <strong>di</strong>screzione <strong>di</strong> spiriti, <strong>di</strong> spirito<br />
<strong>di</strong> profezia, come s’attesta da <strong>di</strong>versi penitenti e, sopra tutti, il<br />
canonico <strong>di</strong> Mazara don Vincenzo Messina, nel fare il motivo fiscale<br />
dopo la morte del padre Michelangelo, se conveniva prendersi<br />
informi sulle grazie e miracoli appalesavano ottenuti da<br />
Dio, pelli meriti del padre Michelangelo, si espresse col suo voto:<br />
<strong>di</strong>scretione spirituum, dono prophetiae imbutum ego ipsa testor.<br />
Finalmente il Signore lo tolse da questa valle <strong>di</strong> lagrime e per<br />
rimunerarlo co’ premi eterni, come piamente si crede, finì dunque<br />
<strong>di</strong> vivere in questa mortale vita per vestire l’immortalità nel<br />
cielo, il 21 ottobre 1789, <strong>di</strong> anni 67 e mesi e <strong>di</strong> religione anni 50<br />
e mesi. Li suoi funerali furono celebrati con concorso<br />
207<br />
<strong>di</strong> popolo, lagrime ed encomj alla santità del defonto, a quali<br />
concorse la voce del cielo, compartendo grazie e pro<strong>di</strong>gij segnalati<br />
a <strong>di</strong>versi, che invocarono la protezione del servo <strong>di</strong> Dio, in<br />
casi <strong>di</strong> gravissime urgenze, dal racconto de’ quali mosso il zelo<br />
<strong>di</strong> monsignor Papé, vescovo <strong>di</strong> Mazara, commorante allora in<br />
<strong>Partinico</strong>, volle che giuri<strong>di</strong>camente si ricevessero l’attestati <strong>di</strong><br />
quelle persone favorite da Dio, per l’intercessione del padre Michelangiolo.<br />
Effettuate le deposizioni <strong>di</strong> 30 in circa persone delle<br />
grazie ottenute, or<strong>di</strong>nò il <strong>di</strong>visato prelato, col voto <strong>di</strong> sua corte<br />
vescovile, <strong>di</strong> collocarsi il cadavere del padre Michelangelo in<br />
luogo <strong>di</strong>stinto dagli altri cadaveri e che venisse custo<strong>di</strong>to in una<br />
cassa con tre serrature, <strong>di</strong>videndo le chiavi al vicario foraneo,<br />
214
giu<strong>di</strong>ce del luogo e guar<strong>di</strong>ano del convento e tutto si eseguì li 2<br />
luglio 1790, coll’assistenza del reveren<strong>di</strong>ssimo vicario don Melchiorre<br />
Longo, suo mastro notaro, con altri quattro reveren<strong>di</strong><br />
preti venne tolto il cadavere dallo scolatoio, riconosciuto per tale<br />
dalli <strong>di</strong>visati sacerdoti e vestito dell’abito religioso, si ripose<br />
nella chiesa sotto un altarino del beato Bernardo, <strong>di</strong>rimpetto il<br />
pulpito e corrisponde alla parte destra o sia corno dell’evangelo,<br />
coprendone la superficie una lapide marmorea con questa iscrizione:<br />
Hic futuram resurrectionem exspectat rev. p. Michel Angelus<br />
a Partenico, <strong>di</strong>ffinitor capuccinus a <strong>di</strong>e obitus sui 27 octobris<br />
1789, aetatis 67, religionis 50.<br />
208<br />
Notizia del padre Antonio Maria da <strong>Partinico</strong>.<br />
Non meno degna d’eterna lode è la vita e morte del padre lettore<br />
Antonino Maria da <strong>Partinico</strong>, fratello minore del padre Michelangelo<br />
e quarto del numero de’ figli delli sopra lodati genitori,<br />
mastro Silvestro Patti e Benedetta Ales.<br />
Nato costui a 20 ottobre 1733 e nel ricevere la grazia del santo<br />
battesimo le fu imposto il nome d’Angelo, che, per quanto fondatamente<br />
si pensa e conservò sempre inlesa la prima grazia e<br />
corrispose con la buona vita a far onore all’eccellenza del nome.<br />
Non compìto il primo lustro <strong>di</strong> sua età, ritrovandosi sotto<br />
l’educazione de’ zii materni, cadde gravemente ammalato e ridotto<br />
in pericolo <strong>di</strong> morte, li suoi parenti al sommo mesti supplicarono<br />
il padre san Francesco d’Assisi per me<strong>di</strong>are li suoi meriti<br />
appresso il Signore ed implorare la salute del fanciulletto infermo,<br />
se così ridondasse a gloria dell’Altissimo, cosa invero ammirabile<br />
non passò molto che il fanciullo infermo, chiamati a sé<br />
li suoi parenti, l’esprime che san Francesco l’avea ottenuta la<br />
sanità, a con<strong>di</strong>zione però <strong>di</strong> volerlo, da quell’età stessa, vestito<br />
cappuccino. Ben volentieri venne accettata la con<strong>di</strong>zione e pregato<br />
il padre guar<strong>di</strong>ano de’ padri Cappuccini a compiacerlo e<br />
questi, formato un abitino d’albagio, al costune de’ Cappuccini,<br />
lo presentò<br />
209<br />
all’infermo, che, in vederlo, si rallegrò a segno, onde, cessata la<br />
febre, svanì pure ogni timor <strong>di</strong> morte e occorrendo dopo giorni la<br />
festa dell’Immacolata Concezione della Madre santissima, con<br />
sollenità nella chiesa de’ Cappuccini, fu vestito dell’abito santo<br />
benedetto da quel guar<strong>di</strong>ano d’allora e da quel tempo in poi venne<br />
chiamato col nome <strong>di</strong> frat’Angelo.<br />
215
Era e<strong>di</strong>ficante la veduta <strong>di</strong> questo fanciullo, che vestiva la ruvida<br />
lana sopra l’ignuda carne, scalzo ne’ pie<strong>di</strong> e cinto <strong>di</strong> fune davasi<br />
a vedere ne’ costumi d’età provetta, cioè modesto, devoto, ubi<strong>di</strong>ente,<br />
mortificato e con aborrimento tale alli danari che in anni<br />
9 che portò addosso per devozione la serafica insegna, non volle<br />
nemmen maneggiarli. Id<strong>di</strong>o O(ttimo) M(assimo) lo prevenne con<br />
le sue dolci bene<strong>di</strong>zioni, arricchendo <strong>di</strong> doni l’anima <strong>di</strong> questo<br />
innocente fanciullo con la grazia <strong>di</strong> curare infermi e <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re il<br />
futuro, in tale guisa che il rev. don Giovanni Paolo Raccuglia,<br />
arciprete <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, uomo dotto e <strong>di</strong> fino <strong>di</strong>sciernimento, volle<br />
esaminare <strong>di</strong>verse persone favorite dal cielo, poiché raccomandate<br />
a frat’Angelo e da lui benedette, rimanendone sod<strong>di</strong>sfatto,<br />
formava concetto <strong>di</strong> qualche cosa <strong>di</strong> grande dovea ammirarsi<br />
nell’adulta etade e convenia con quel detto: quis putas puer<br />
210<br />
iste est?<br />
La presenza, la docilità, la grazia del <strong>di</strong>re, la prontezza della<br />
memoria, doti che facean le convenisse il nome d’Angelo, concorsero<br />
a fargli rappresentare panegirici nella chiesa de’ Cappuccini<br />
del Monte <strong>di</strong> Trapani d’anni 7 e nella chiesa del Collegio<br />
<strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> il giorno <strong>di</strong> s. Antonio <strong>di</strong> Padova, ivi titolare,<br />
ritrovandosi presente mons. <strong>Giuseppe</strong> Sella, vescovo <strong>di</strong> Mazara,<br />
in premio <strong>di</strong> ciò lo convitò a sua tavola e le conferì due or<strong>di</strong>ni<br />
minori e lo costituì esaminatore dei chierici or<strong>di</strong>nan<strong>di</strong>.<br />
Un esemplare sacerdote commorante nella terra <strong>di</strong> Palma, per<br />
nome don Rosario, zio della madre <strong>di</strong> fra Angelo, ritrovandosi in<br />
<strong>Partinico</strong> in casa della sorella ed ammirata la condotta del pronipote<br />
cappuccinello, volle lui stesso assumersi l’educazione tanto<br />
delle lettere e vie più de’ costumi. In Palma dunque <strong>di</strong>morò anni<br />
3, dopo li quali, per l’accaduta morte del zio sacerdote don Sebastiano<br />
Ales, venne premurato da’ propri parenti a far ritorno<br />
alla patria e così in età d’anni 14, svestito dell’abito <strong>di</strong> cappuccino,<br />
comparve vestito da chierico secolare in <strong>Partinico</strong>, la <strong>di</strong> cui<br />
presenza mitigò in parte la pena de’ suoi per la per<strong>di</strong>ta sofferta<br />
e, riflettendo al desiderio de’ consanguinei <strong>di</strong><br />
211<br />
volerlo in casa prete secolare, vi con<strong>di</strong>scese e, supponendo fosse<br />
la voce del sangue per <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio, ma un misterioso segno<br />
del padre san Francesco che solo querelavasi del furto preme<strong>di</strong>tato<br />
e che con l’abito <strong>di</strong> cappuccino a forza lo vestiva, lo rese<br />
cosante nell’abbandono del secolo tuttoché forza se fosse superare<br />
li gran<strong>di</strong> ostacoli dalla parte de’ suoi più cari e molto più le<br />
216
tenere insinuazioni della vedova genitrice desolata per la per<strong>di</strong>ta<br />
del fratello sacerdote in vece <strong>di</strong> cui sperava succedere tal figlio,<br />
conosciuto però poi dalla ferma risoluzione del lodato giovinetto<br />
il <strong>di</strong>vino volere offersero al Signore ogni senso <strong>di</strong> dolorosa separazione<br />
ed al convento dei Cappuccini del Monte <strong>di</strong> Trapani<br />
permisero avviarsi con li debiti requisiti.<br />
Compisce il noviziato sotto la <strong>di</strong>sciplina del padre Francesco da<br />
Caltabellotta, con reciproco compiacimento della religiosa famiglia<br />
e sua, fece la professione alli 8 <strong>di</strong>cembre 1750 e, <strong>di</strong>etro li<br />
soliti interstizi dell’or<strong>di</strong>ne, venne assegnato studente del molto<br />
reverendo Francesco da Canicattì, rinomato missionario, con<br />
vantaggio della Chiesa, dello Stato e <strong>di</strong> tutta la società che li<br />
belli talenti per le lettere fossero adorni <strong>di</strong> virtù e principalmente<br />
della purissima fede, vivendo con la sua massime uno <strong>di</strong> tali sog-<br />
212<br />
getti era il nostro frate Antonino (in tal nome commutò quello <strong>di</strong><br />
frat’Angelo) alla buona volontà uniti la memoria felice<br />
nell’imparare tutto facilmente e con fermezza e l’intelletto pronto<br />
e vivace nell’apprendre le scienze ed equilibrarne sino in fondo<br />
le ragioni, onde, dopo compìto il settennio nello stu<strong>di</strong>o passivo<br />
<strong>di</strong> filosofia e teologia, passati pochi anni in segreteria del padre<br />
provinciale da giovinetto, eletto fu lettore <strong>di</strong> teologia nel<br />
convento <strong>di</strong> Palermo, elasso il tempo della lettura, passò in Caccamo<br />
a governare da guar<strong>di</strong>ano quella religiosa comunità e alla<br />
Congregazione seguente fu destinato guar<strong>di</strong>ano in <strong>Partinico</strong>.<br />
Quasi <strong>di</strong> volo si è accennato il passaggio del nostro lodato concitta<strong>di</strong>no<br />
dal secolo alla religione e li progressi da religioso cappuccino<br />
sin all’anni 20 <strong>di</strong> religione nei quali non mancò <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>care<br />
in cinque anni il suo formato quaresimale, tuttoché impiegato<br />
sempre in laboriose cariche da’ suoi superiori.<br />
Più della natura l’abellì con doni suoi la grazia, alla quale egli,<br />
qual servo fedele, corrispose moltiplicando li talenti, chi avido<br />
d’apprender da lui le virtù necessarie per un religioso, che, a<br />
gran passi, s’inoltra all’eminente perfezione evangelica legga li<br />
manoscritti <strong>di</strong> sua provincia e<br />
213<br />
ne resterà pienamente convinto, ma passare non si deve sotto silenzio<br />
l’eroica sua pazienza che, a detta dell’apostolo san Giacomo,<br />
forma, abbellisce, dà l’ultima mano alla perfezione, patientia<br />
opus perfectum habet: il Signore lo purificò come oro nel<br />
crogiolo nello spazio <strong>di</strong> 4 lustri, maggiormente nel giro d’anni<br />
15 e mesi, rendendolo capace <strong>di</strong> tutti li dolori e privo<br />
217
d’occorrere a sé con tenue sollievo, <strong>di</strong>verse infermità sofferte in<br />
anni 4 lo colpirono finalmente sin a farlo <strong>di</strong>venire in tutto attratto<br />
in tutto il genere nervino, eccettuati il cerebro e la lingua,<br />
chiamato da’ me<strong>di</strong>ci tal morbo tetano.<br />
Situato nell’infermeria de’ Cappuccini <strong>di</strong> Palermo, impossibilitato<br />
a far moto da sé con qualunque senso, ma li sensi tutti visitati<br />
da dolori reumatici, auricolari, postemazioni, d’acre scorbuto per<br />
tutta la bocca, senza dargli altra tregua che <strong>di</strong> più o <strong>di</strong> meno acerbi,<br />
ma quello sembra sorprendente era vederlo roso dal salse<strong>di</strong>ne<br />
copiosa ed estesa per tutto il corpo, senza che con la sua<br />
mani potesse mitigare l’ardori, accrescevano l’atrocità del patire<br />
le mosche che le passeggiavano sopra il volto, insetti che le<br />
camminavano sopra<br />
214<br />
per tutto il corpo, cimici, pulci e zanzare che le rodeano le carni<br />
giorno e notte, malgrado ogni <strong>di</strong>ligenza e carità le veniva usata<br />
per esentarlo da tali inesplicabili molestie, or in un vivente, che<br />
rappresentar potea l’immagine d’un’anima purgante e pativa la<br />
pena pur dell’immobilità, Id<strong>di</strong>o Signor nostro l’arricchì <strong>di</strong> pazienza<br />
tale che fu lo stupore <strong>di</strong> quanti l’ebbero a trattate, ecclesiastici,<br />
nobili, professori e persone d’ogni ceto, convenendo tutti<br />
d’aver veduto un nuovo Giobbe, un eroe <strong>di</strong> pazienza.<br />
Ma quello è più ammirabile che pativa tanto non solo formato al<br />
<strong>di</strong>vino volere, ma sempre ilare, a segno che confortava li tribolati<br />
che l’andavano a visitare e solea <strong>di</strong>re che il Signore aveva toccati<br />
tutti li tasti del suo corpo, ma vi avea lasciati per sua pietà<br />
la mente serena ed allegro il cuore, anzi <strong>di</strong> più pregava il Signore<br />
<strong>di</strong> arricchirlo <strong>di</strong> pene maggiori ed estenderle (se fosse <strong>di</strong> lui<br />
piacere) sin al giorno del giu<strong>di</strong>zio universale, credendole ed apprezzandole<br />
per misericor<strong>di</strong>a del Signore.<br />
Id<strong>di</strong>o però O(ttimo) M(assimo), che mette fine alle fatighe de’<br />
servi suoi, dopo d’aver raffinata l’anima bella del padre lettore-<br />
Antonino, in mezzo l’ardori <strong>di</strong> tanto patire<br />
215<br />
nel corso d’anni 15 e mesi <strong>di</strong> sì doloroso martirio, lo chiamò a sé<br />
il giorno 9 giugno 1789, d’età d’anni 55 e mesi, <strong>di</strong> religione 38 e<br />
mesi. Appena <strong>di</strong>vulgata la morte nella città <strong>di</strong> Palermo, vi concorse<br />
nella chiesa dei Cappuccini molta gente d’ogni ceto, rimase<br />
insepolto il cadavere giorni 3, vedendosi flessibile e come incorrotto,<br />
se le fece nelle vene de’ pie<strong>di</strong>, dopo l’ore 15, due salassi<br />
chirurgici e mandò per più ore del sangue vermiglio ed il Signore<br />
onorò li funerali del suo servo con segni e pro<strong>di</strong>gi, delli<br />
218
quali informato don Francesco Fer<strong>di</strong>nando Sanseverino, arcivescovo<br />
<strong>di</strong> Palermo e Monreale, motu proprio, volle che il cadavere<br />
si riponesse in luogo <strong>di</strong>stinto e <strong>di</strong>screto che fosse, venisse collocato<br />
in cassa legata con rame filato e tre sigilli in cera <strong>di</strong> Spagna,<br />
soggiungendo al suo or<strong>di</strong>ne le parole notate nel libro <strong>di</strong> Ester<br />
Hoc onore con<strong>di</strong>gnus est quemcumque Rex volueri onorare,<br />
e tutto fedelmente si eseguì, avendosi fatta la revisione del cadavere<br />
formalmente dal canonico Archina, maestro notaro e Corte<br />
arcivescovile, nel mese <strong>di</strong> febbraio 1790, si ripose dentro una<br />
cassa come sopra in chiesa, nella cappella del Crocefisso e beato<br />
Bernardo al<br />
216<br />
lato sinistro dell’altare, in quel luogo stesso che giacette per un<br />
secolo conservato il corpo del beato Bernardo da Corleone, martire<br />
<strong>di</strong> penitenza, postavi sopra quella lapide stessa adoprata per<br />
il corpo del sopradetto Bernardo ed or adattato su <strong>di</strong> questo martire<br />
<strong>di</strong> pazienza, con la seguente iscrizione: Hic jacet p. f. Antoninus<br />
a <strong>Partinico</strong>, concionator capuccinus, qui obiit <strong>di</strong>e 9 junii<br />
1789.<br />
202<br />
Il chierico don Emanuele La Perna, fratel cugino <strong>di</strong> mia moglie,<br />
donna Anna Gerar<strong>di</strong> e Terruso, figlio <strong>di</strong> mastro Baldassare e<br />
donna Maria La Perna e Terruso, oriundo della città <strong>di</strong> Alcamo,<br />
fu giovane d’illibata coscienza <strong>di</strong> amabili costumi, <strong>di</strong> volto acquistante<br />
e il <strong>di</strong> lui portamento annunziava un’anima sensibile<br />
all’amor <strong>di</strong> Dio, malgrado il foco naturale d’una più florida gioventù.<br />
Passò i suoi pochi dì (perché <strong>di</strong> strettissime finanze e scevro<br />
<strong>di</strong> umano appoggio) in servir la Madrice, da sagristano, sotto<br />
il governo dell’arciprete Pirrone, che l’amò sempre teneramente,<br />
spendendo l’ore del giorno, le vere oziose, orando in un cantone<br />
o istruendo i ragazzi nella dottrina <strong>di</strong> Cristo. Alloggiò nella<br />
stanze della stessa chiesa, in cui finì <strong>di</strong> vivere a 14 giugno 1779,<br />
in età d’anni 19 e ciò santamente qual visse, uniformatissimo al<br />
<strong>di</strong>vino volere, salmeggiando e intenerendo gli amici astanti e parenti<br />
ivi concorsi a vedere spirare così bell’anima <strong>di</strong> para<strong>di</strong>so.<br />
Venne sepolto nella stessa madre chiesa e appunto innanzi<br />
l’altare attuale della Signora Assonta, in un fosso fatto apposta e<br />
in una cassa con un cartoccio in un piombo, in cui scritto il <strong>di</strong> lui<br />
elogio tessutogli meritamente l’eru<strong>di</strong>tissimo sacerdote dr. don<br />
Vito Bonura, allor cappellano sacramentale e suo <strong>di</strong>rettore, oggi<br />
arciprete della Gibellina. I ragazzi dell’uno e l’altro sesso della<br />
città, attesa la <strong>di</strong> lui santa fama, assistirono al <strong>di</strong> lui funerale,<br />
219
portanti fiori e pampane in letizia, togliendogli dei capelli in reliquie.<br />
Don Nicolò Ales, figlio <strong>di</strong> don Stefano e donna Caterina Ales,<br />
jugali, nato in questa e battezzato a 18 luglio 1706. Visse sin da<br />
ragazzo <strong>di</strong> timorata coscienza, <strong>di</strong> ottimi esemplarissimi costumi,<br />
<strong>di</strong> fina religione e <strong>di</strong> incorrotta giustizia nelle sue amministrazioni<br />
<strong>di</strong> procure <strong>di</strong> don <strong>Giuseppe</strong> Meren<strong>di</strong>no e del duca Brolo<br />
(che servì sempre fedelissimamente sino alla morte). Fu amante<br />
trasportatissimo del santissimo Sacramento dell’altare sino a<br />
promuoverne ed istituirne ogni giovedì la esposizione solenne<br />
del medesimo nella Madrice (che tuttora sossiste), occorrendo<br />
egli alle spese, che traeva in parte dalla propria sacca e tutto il<br />
<strong>di</strong> più dalla questua praticava per la città, con bertola in collo e<br />
vaso a mano per l’olio delle lampane. Fu altresì fervorosissimo<br />
in <strong>di</strong>vozione pella Vergine Addolorata e promotore ed istitutore<br />
della Congregazione della medesima, nonché <strong>di</strong> detto santissimo<br />
Sacramento (sebbene quest’ultima poi fosse dalla Madrice passata<br />
al Crocifissello e appricatasi al sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù, <strong>di</strong>etro la<br />
morte <strong>di</strong> suddetto <strong>di</strong> Ales). Resse più anni con integerrimo<br />
217<br />
zelo e vigilanza lo rendale <strong>di</strong> questo ven. rev. Collegio <strong>di</strong> Maria,<br />
tanto riguardo alle onze 169.12 assegnategli la regia munificenza,<br />
quanto le ren<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Bartolomeo e altri pii testatori e ciò in<br />
unione <strong>di</strong> altri due soggetti, cioè il rev. arciprete Perrone e sac.<br />
don Giovanni Greco, che amendue deferivano interamente in lui<br />
qual personaggio notissimo in abilità, integrità e giustizia, avendone<br />
riportata la elezione <strong>di</strong> deputati dall’illustre Conservatore<br />
don Diodato Targiani, amministratore allora per la incamerazione<br />
<strong>di</strong> questa Abbazia e città <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, in forza <strong>di</strong> lettera data<br />
in Palermo li 8 <strong>di</strong>cembre 1769 e vi perdurò finché visse con applauso<br />
e somma utilità <strong>di</strong> detta casa del Signore. Sotto la <strong>di</strong> lui<br />
saggia e cristiana <strong>di</strong>sciplina, si educarono gli sopra esposti servi<br />
<strong>di</strong> Dio padri Antonino e Michelangelo (Patti) da <strong>Partinico</strong>, Cappuccini,<br />
suoi nipoti, siccome il molto rev. p. Luigi (Patti), altro<br />
terzo cappuccino esemplarissimo ed eru<strong>di</strong>to. Tutti e tre ornamento<br />
<strong>di</strong> loro religione e <strong>di</strong> lui gloria. Morì li 3 luglio del 1779, con<br />
fama <strong>di</strong> gran servo <strong>di</strong> Dio e celibe e fu sepolto nel convento <strong>di</strong><br />
detti padri Cappuccini.<br />
Chierico don Andrea Zangara, figlio <strong>di</strong> don Antonino e donna<br />
Giuseppa, jugali, nato e battezzato li 31 luglio 1767, giovane<br />
quanto avvenente e amabile altrettanto carico d’ogni sorta <strong>di</strong> vizio<br />
e <strong>di</strong>ssoluto. Non altro avea <strong>di</strong> virtuoso che una somma carità<br />
220
verso i poveri, cui arrivò a donar la propria camicia e rubare i<br />
genitori o prestarsi del denaro onde soccorrerli. Unica vantò e <strong>di</strong><br />
tutto cuore, in mezzo alle sue <strong>di</strong>ssolutezze e delitti, vera devozione<br />
verso la Beatissima Vergine, immagini della quale ne baciava<br />
quanto vedevane. Soprattutto era trasportatissimo per quella<br />
Signora Immacolata che si venera in la cappelletta <strong>di</strong>etro<br />
l’Opera Santa, rimpetto la casa <strong>di</strong> don Francesco Lo Grasso, alla<br />
quale rispondeva grani due al giorno ad una <strong>di</strong>vota vicina per tenerle<br />
la notte accesa la lampana e quasi ogni dì visitavala, recitandole<br />
una sola Ave Maria. L’azione eroica, magnanima, che in<br />
tutto il corso <strong>di</strong> sua vita praticò fu quella appunto <strong>di</strong> aver ricusata<br />
una donzella, da lui precedentemente amata e sollecitata invano,<br />
in tempo ch’ella poi vennegli a prostituirsi per una urgente<br />
necessità e che egli soccorse, ma per tal motivo non accettò e<br />
privossene per Gesù Cristo. Di ciò egli ne andava superbo e si<br />
prometteva la <strong>di</strong>vina clemenza. Ma fedele Id<strong>di</strong>o nei suoi servi!..<br />
Ricompensò, come piamente dobbiamo credere, l’atto grande e<br />
generoso, né andò guari e <strong>di</strong>è ad esempio de’ simili a <strong>di</strong>vederlo<br />
in trionfo <strong>di</strong> sua misericor<strong>di</strong>a. In occasione della mission qui<br />
portata il padre don Simone Manfré l’anno<br />
218<br />
1796, donna Rosa Zangara, <strong>di</strong> lui cognata, ch’egli amava cor<strong>di</strong>almente<br />
e l’astrinse e pregò a ritirarsi nella santa casa ed ivi<br />
far gli esercizi cogli altri gentiluomini (nella cui schiera era allora).<br />
Piuttosto per lusingarla non negossele, ma dessa l’astrinse<br />
a parola d’uomo a cui giurò poi da dovvero su l’onor suo <strong>di</strong> non<br />
mancarle e <strong>di</strong> fatti, suo malgrado, eseguillo. Tre dì erano scorsi e<br />
don Andrea era il giovane il più inquieto, il più indurito, il più<br />
perverso che mai, deridendo ogni cosa e commettendo ogni ragazzata<br />
con <strong>di</strong>sturbo degli altri. La me<strong>di</strong>tazion della morte lo<br />
scosse, lo persuase, l’oppresse e da lì in poi si vide in lui trionfare<br />
la <strong>di</strong>vina pietà. Gli sparve l’allegria, cambiossi d’aspetto,<br />
privossi degli alimenti (che a forza poi <strong>di</strong> ubbi<strong>di</strong>enza usò parcamente),<br />
trasse quei restanti giorni penetrato da una santa melancolia,<br />
vigile e lacrimosi le notti, abbandonossi con tutta<br />
l’effusione <strong>di</strong> un cor contrito a’ pie<strong>di</strong> del confessore, glieli asperse<br />
<strong>di</strong> calde lacrime <strong>di</strong> penitenza, implorogli in grazia recidergli<br />
l’aurea chioma innocente, ma maligno movente delle sue<br />
<strong>di</strong>ssolutezze, pre<strong>di</strong>cò pubblicamente ai ritirati i suoi falli, compungendo<br />
quei padri e tutti che lo sentirono. Tutto <strong>di</strong>verso da<br />
quello che vi entrò, uscì dal santo luogo cogli altri, egli si rese il<br />
pubblico ban<strong>di</strong>tore della grazia <strong>di</strong> Dio, accusando le sue scelleratezze<br />
e intercedendo perdono dell’apprestato scandalo. Camminava<br />
curvo quasi trascinandosi e macerandosi le spalle con<br />
221
grossa maglia <strong>di</strong> ferro sino alla Madrice, basso gli occhi, fermo<br />
la voce, non piagnolante la voce, ma sicura nell’ottenuta <strong>di</strong>vina<br />
miserazione, perdé l’alterezza naturale e vestì tutt’altro uomo da<br />
quello era stato. Andò a casa paterna, si abbracciò intrepidamente<br />
i genitori, la cognata, la sorella e i fratelli, pregolli a scordarsi<br />
delle sue colpe e donarle all’antica sua follia e giovinezza, non<br />
ché a pregar Dio per la <strong>di</strong> lui perseveranza. Ringraziò con tutto<br />
cuore la donna Rosa, autrice <strong>di</strong> sì bell’opera. L’indomani partì<br />
per la capitale a indossare una sacra lana in qualche chiostro.<br />
Aspirò a quello <strong>di</strong> Baida, ma ne fu rifiutato, cui egli, rassegnatissimo,<br />
rispose: ben mi sta, non ne son degno. Si volse per quello<br />
<strong>di</strong> padre Caccamo e vi fu accetto. Come in esso portossi, lo<br />
<strong>di</strong>ca <strong>Partinico</strong> che ne ambiva delle continue notizie. Avanzò in<br />
prima i più provetti, si rese l’ammirazione d’ogni uno. Ma non<br />
reggendo quella delicata umanità<br />
219<br />
a quell’austero istituto, quale egli assunse rigorosamene, infermossi<br />
da morbo minacciante etisia. Fu mal suo grado costretto<br />
da’ me<strong>di</strong>ci a ripigliare e respirare l’aere nativo. Ritornossene in<br />
questa <strong>di</strong>spiaciutissimo e vestito da chierico menò vita esemplarissima<br />
e sempre uguale, spendeva i giorni in chiesa in orazioni<br />
e <strong>di</strong>vozioni, le notti in contemplazioni. Agli amici, compagni<br />
delle sue laidezze solea ripetere: salviamoci l’anima. Nella piazza<br />
catechizzava il popolo minuto, la domenica convocava i ragazzi<br />
alla dottrina, li ammoniva dolcemente se a caso in passando<br />
sentivali bestemmiare o proferire delle parole scandalose e<br />
scorrette. E finalmente, avvanzatosi il letal morbo e strascinatolo<br />
al suo letto <strong>di</strong> morte, ma più che mai contento, rassegnato ed anzante,<br />
se l’aspettava, l’implorava caldamente ad un Cristo che<br />
sempre strinse e abbracciato col quale salmeggiando rese<br />
l’anima a Dio, come ci lasciò piamente a sperare, il dì 30 <strong>di</strong> luglio<br />
1798, trent’uno anno meno un dì <strong>di</strong> sua vita e venne sepolto<br />
nel convento de’ Cappuccini, in cui con allegrezza l’indomani, a<br />
buon ora, concorse il popolo e sovra tutto una turba <strong>di</strong> ragazzi<br />
portanti de’ fiori, con cui aspersero il <strong>di</strong> lui cadavero e feretro,<br />
onorando in esso un servo <strong>di</strong> Dio, un portento della <strong>di</strong>vina misericor<strong>di</strong>a<br />
e riportandone in reliquia gli <strong>di</strong> lui pochi e corti capelli<br />
d’oro.<br />
Il rev. dr. don Michele Marocco, uomo veramente <strong>di</strong> Dio, religioso,<br />
esemplare, operario, profondo quasi in ogni sorta <strong>di</strong> letteratura,<br />
massime teologica e giurisperita, <strong>di</strong> finissimo criterio, <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>o indefesso, per cui ne incanutì a buon ora, felicissimo a<br />
sciorre qualunque intricata quistione, resse sempre con decoro il<br />
222
Vicariato foraneo <strong>di</strong> questa, resse da deputato l’interessi e da <strong>di</strong>rettore<br />
le coscienze delle vergini <strong>di</strong> nostro Collegio, prima Conservadorio.<br />
Fu esaminator sinodale <strong>di</strong> Mazara, dai <strong>di</strong> cui Vescovi<br />
altamente per suoi meriti onorato e <strong>di</strong>stinto, concorse all’ arcipretura<br />
<strong>di</strong> questa città, ma per la sua decrepitezza ne venne preferito<br />
il suo unico competitore Bordonaro. Visse anni 84, ma<br />
senza sorte e indebitamente attrassato. Morì li 8 ottobre del 1796<br />
in fondo <strong>di</strong> una estrema miseria, ma sempre umile, paziente, uniformato.<br />
Ciò malgrado vive e vivrà eternamente nella nostra<br />
memoria, a decoro <strong>di</strong> nostra città. Il suo cadavere giace sepolto<br />
nella Congregazione <strong>di</strong> Gesù Maria, <strong>di</strong> cui fu padre, cappellano e<br />
<strong>di</strong>rettore.<br />
Il rev. padre Gio. Francesco Cannizzo, de’ Minori Osservanti nel<br />
convento <strong>di</strong> Baida, fuori Palermo, religioso <strong>di</strong> buone lettere, <strong>di</strong><br />
vita pia, cristiana ed esemplare, si <strong>di</strong>stinse però nella contemplativa<br />
e austera negli ultimi venti anni circa <strong>di</strong> sua decrepitezza e<br />
la chiuse santamente con fama <strong>di</strong> santità. Va sepolto contra<strong>di</strong>stinto<br />
in detto suo convento sin dal 1800 circa.<br />
Il dr. don Pietro Rosso, chiesiastico dotto, zelante, penitente. Si<br />
<strong>di</strong>stinse in carità, massime cogli malati, perché infermiee e cappellano<br />
<strong>di</strong> questo spedale. Divotissimo de dell’altare e della<br />
Vergine Signora Immacolata, ai <strong>di</strong> cui nomi piangeva con tenerezza<br />
ed ossequio. Morì molto vecchio e in età d’anni 84 l’anno<br />
1782 e fu sepolto nel venerabile convento del Carmine.<br />
220<br />
Capitolo XXIII<br />
Uomini illustri in letteratura, professioni ed arti<br />
D. Tommaso Giacona trasse i natali nella nostra città, battezzato<br />
il dì primo luglio del 1717, figlio dell’illustri don <strong>Giuseppe</strong> e<br />
donna Rosa Giacona, ossia Cachon y Narvez. I nomi sortiti al<br />
sagro fonte del neonato bambino furono appunto, da quel che ritenne,<br />
<strong>di</strong> Tommaso e <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong>, Giovanni e Illuminato. Carico<br />
<strong>di</strong> onori, si stabilì in<strong>di</strong> cresciuto nella capitale, sostenendo delle<br />
cariche illustri e luminose, come quel <strong>di</strong> Vicario Generale, <strong>di</strong><br />
Deputato del Regno, <strong>di</strong> Senatore tre volte <strong>di</strong> detta capitale Palermo.<br />
Godè de’ titoli <strong>di</strong> Marchese Salinas, <strong>di</strong> Duca <strong>di</strong> Sorrentino<br />
e fu appunto colui, in qualità <strong>di</strong> Giurato, che introdusse i fanali<br />
nel Cassare, che in <strong>di</strong> poi si <strong>di</strong>sposero per la città. Finì <strong>di</strong><br />
vivere a 21 marzo dell’anno 1784. Le <strong>di</strong> lui ceneri vengono de-<br />
223
corate da un’urna nobile marmorea nel convento <strong>di</strong> Santa Maria<br />
<strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong> detta città, loco del suo sepolcro, animato dal seguente<br />
epitafio:<br />
Thomae Cachon y Nervaez, duci sorrentini, marchioni Salinas,<br />
de familia, de patria, de Sicilia, senatoria atque ae<strong>di</strong>litia potestate,<br />
Regnique procuratione, sancte e feliciter gestis optime<br />
merito, iniuriarum immemori, inimicorum patrono. Rosa Castelli,<br />
conjux, aeternum memoriae argumentum illacrimans posuit<br />
anno Domini MDCCLXXXIX, ab obitu VI 122<br />
Not. D. Geronimo <strong>di</strong> Gregorio. Questo nostro patriotta fu celebre<br />
nell’arte notaria. Ammogliossi in Palermo e con ciò acquistò il<br />
dritto <strong>di</strong> concorrere alla sobintranza in quella capitale. Pel <strong>di</strong> lui<br />
talento vi felicemente e tenne la banca del Cassare, rimpetto la<br />
piazza Bologni. Dié pubblico stu<strong>di</strong>o alla gioventù da graduarsi<br />
notajo ne meno concorso l’anno <strong>di</strong> 30 appren<strong>di</strong>sti, dai quali era<br />
stipen<strong>di</strong>ato complimentato. Fra gli alri allievi, godei ancor’io la<br />
sorte <strong>di</strong> terminare i miei stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> pratica e teoria, <strong>di</strong>etro quelli<br />
appresi da mio padre, e questo all’oggetto <strong>di</strong> graduarmi notajo<br />
del 1773. Fu <strong>di</strong> stile laconico, succoso, legale nella tessitura degli<br />
atti e il collegio dei notaj onoravalo degnamente. Morì d’anni<br />
65 e verso il 1684 in detta capitale, subentrandogli il figlio notar<br />
don Filippo Di Gregorio<br />
221<br />
Il dr. Don Vincenzo <strong>di</strong> Benedetto. Fu figlio <strong>di</strong> mastro Antonino e<br />
Caterina Di Benedetto, non patriotti. Per un imputatogli atroce<br />
delitto, gli fu <strong>di</strong> mestieri abbandonar <strong>Partinico</strong>, sua patria. Pervenne<br />
nella Francia e, fermatosi in Mompelier, ivi apprese profondamente<br />
la chirurgia alta e bassa ed acquistò ancora la laurea.<br />
Il suo sublime talento ed i stu<strong>di</strong> frappostivi il portarono ad grado<br />
eminente e singolare in tal genere <strong>di</strong> professione, che si rese<br />
l’unico in Regno ed un genio. Assettati dai suoi gli affari colla<br />
Corte, dopo più anni si restituì in questa, in cui però non volle<br />
più soggiornare, accanto alla moglie donna Giovanna Minore, da<br />
lui creduta complice o autrice denunziante dell’impostogli delitto.<br />
Visse a sé stesso, <strong>di</strong>etro il <strong>di</strong>vorzio ottenuto, fermossi in<br />
Termine, da dove frequentemente richiesto nel Regno, portavasi<br />
a cure interessanti e, per or<strong>di</strong>nario, <strong>di</strong>sperate, che venivano favo-<br />
122 A Tommaso Cachon y Nervaez, duca <strong>di</strong> Sorrentino, marchese <strong>di</strong> Salinas,<br />
santamente e felicemente benemerito verso la famiglia, la patria, la Sicilia,<br />
verso il potere senatoriale e lo Stato, pronto a <strong>di</strong>menticare le offese, protettore<br />
dei nemici, rosa Castelli, coniuge in lagrime, pose questo monumento a testimonianza<br />
eterna nell’anno del signore 1789, sei anni dopo la morte<br />
224
ite dall’arte e la fortuna. Si <strong>di</strong>stinse soprattutto in operazioni lithotomiche,<br />
mercé le quali acquistò della fama, nonché delle<br />
somme del danaro, che generosamente <strong>di</strong>lapidava.<br />
Morì in detta città <strong>di</strong> Termine, quasi sessagenario, l’anno …<br />
(sic)<br />
Don Antonino Napoli, figlio <strong>di</strong> mastro <strong>Giuseppe</strong> Napoli, calzolaio<br />
e suonator ottimo <strong>di</strong> faotto. Protetta questa famiglia le lepidezze<br />
paterne da mons. Abate, il principe <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong>, pei<br />
talenti che scoverse in detto don Antonino, condusselo in Palermo<br />
e lo situò agli stu<strong>di</strong> della musica e comeché inclinò alla<br />
tromba, vi riescì così eccellente che superò a buonora i suoi predecessori<br />
e si poneva ad aver la Sicilia il compagno. Le più <strong>di</strong>stinte<br />
cappelle, monasteri, Madrice e palazzo ferono a gara per<br />
acquistarlo con sol<strong>di</strong> eccedenti. Il regio teatro <strong>di</strong> santa Cecilia<br />
vantossi <strong>di</strong> sì stupendo virtuoso. Si rese nella capitale l’unico in<br />
genere <strong>di</strong> tromba e corno, fu apprezzato e <strong>di</strong>stinto dai primi virtuosi<br />
musici teatrali d’ Italia, coll’occasion dei drammi musicali.<br />
Si provò col celebre cantante Mazzanti intorno a fiato, questi col<br />
canto non potè in un trillo reggere a quello della tromba <strong>di</strong> Napoli,<br />
motivo del plauso e batter <strong>di</strong> mani d’un intera platea piena<br />
a zeppo. Fé lo stesso altra volta alla famosissima cantatrice Gabriella,<br />
ma costei se ne rese corriva, sebbene meravigliata<br />
222<br />
dell’arte profonda e virtù del professore. Insomma il Napoli poté,<br />
senza taccia <strong>di</strong> alterezza, vantarsi un genio del suo mestiere.<br />
Il sacerdote dr. don Francesco Napoli, fratel minore <strong>di</strong> detto don<br />
Antonino, con cui soggiornava in la capitale Palermo, pe’ suoi<br />
vari meriti, dottrina e zelo, fu protetto ne’ suoi ver<strong>di</strong> anni dal<br />
nostro illustre abbate, mons. Principe <strong>di</strong> san <strong>Giuseppe</strong>, che se lo<br />
portò in Palermo e lì applicollo agli stu<strong>di</strong> e vi riescì degno sacerdote.<br />
Fu operaio insigne nelle Congregazioni e chiese della<br />
capitale. Dietro la morte del rev. sac. Maglietta, padre e cappellano<br />
or<strong>di</strong>nario della Vicaria <strong>di</strong> quella, occupò il <strong>di</strong> lui incarico e<br />
si <strong>di</strong>stinse sommamente, dando saggio del suo zelo e letteratura<br />
massima nel confortar gli afflitti condennati al patibolo.<br />
Il dr. don Antonino Greco, figlio <strong>di</strong> don Benedetto Greco. Costui<br />
fé i suoi legali stu<strong>di</strong> nella capitale, <strong>di</strong>etro cui portossi a laurear<br />
in legge in Catania. In qualità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce e regio capitano, l’anno<br />
1784, (nel governo del Senato <strong>di</strong> Palermo), governò la nostra città<br />
con lode ed ammirazione, malgrado la sua verde età. Si domiciliò<br />
in<strong>di</strong> in Palermo, coll’occasione d’essergli ammogliato con<br />
una signora, citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> quella. Venne dal Governo considerato,<br />
l’anno, 9 ind., 1802, in giu<strong>di</strong>ce della corte pretoriana e capita-<br />
225
niale, che <strong>di</strong>simpegnò con onore. Tuttodì patrocina le cause <strong>di</strong><br />
questa Università, in qualità <strong>di</strong> avvocato, col soldo <strong>di</strong> onze 15<br />
all’anno.<br />
Don Carlo Agate (a), figlio <strong>di</strong> don Vito e donna Giovanna Agate.<br />
Fé i suoi stu<strong>di</strong> scolastici nel convitto <strong>di</strong> Mazara, adulto applicò a<br />
quelli rituali, nella capitale Palermo, che, pe’ suoi talenti, riescì<br />
insigne. Formò domicilio nella medesima, in cui prese moglie.<br />
Vanta oggidì dell’onore de’ migliori ragguardevoli causi<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />
quella, per le sue virtù e pell’incorrotta sua onestà, fiancheggiato<br />
dai suoi cospicui clientoli e bastantemente assoldato. Patrocina<br />
ancora questa Università, da cui è stipen<strong>di</strong>ato in congrua. E’ amato<br />
e contra<strong>di</strong>stinto dai ministri supremi, per la sua mansuetu<strong>di</strong>ne,<br />
dottrina e verità, dote rara in gente forense.<br />
(a) nato a battezzato a 6 gennaio, 9 ind., 1761<br />
223<br />
Notar don Domenico <strong>di</strong> Bartolomeo. Padre <strong>di</strong> me notaro don<br />
<strong>Giuseppe</strong>. Fu figlio <strong>di</strong> Niccolò <strong>di</strong> Bartolomeo e <strong>di</strong> Beatrice Maniarati,<br />
napolitana, coniugi. Il <strong>di</strong> lui padre, suddetto mio nonno,<br />
fu citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Corleone. Aspirando alle nozze d’una nipote del<br />
vicario foraneo <strong>di</strong> essa città, che se gli negava, ardì baciarla nella<br />
Madrice <strong>di</strong>nanzi il fonte dell’acqua benedetta, mentre ella stava<br />
segnandosi la fronte (abuso sacrilego in quei tempi, per cui<br />
poi or<strong>di</strong>nariamente dai consanguinei si <strong>di</strong>veniva al matrimonio).<br />
Punti i fratelli della donzella, aspiravano ven<strong>di</strong>carsi dell’onta,<br />
tentando la vita <strong>di</strong> don Niccolò. Dopo <strong>di</strong> essersi occultato, bisognò<br />
involarsi dalla città e dal Regno e trasferirsi in Napoli, ove<br />
<strong>di</strong>morò parecchi anni. Ivi contrasse sponsali con detta Beatrice,<br />
da cui ebbe tre figli: l’uno <strong>di</strong> nome Niccolò, come lui, l’altro<br />
Domenico (mio padre), e la terza Chiara. Domenico nacque in<br />
Regalmuto, paese <strong>di</strong> nostro Regno, mentre era <strong>di</strong> passaggio, che<br />
restituivasi mio nonno con la moglie e primogenito alla patria.<br />
Venne battezzato in quella Madrice, li 30 <strong>di</strong>cembre, 4 ind., 1695,<br />
e riportò i nomi <strong>di</strong> Stefano, Michelangiolo, Domenico, che poi<br />
ritenne. I padrini furono Michelangelo Zulumello e Anna, moglie<br />
<strong>di</strong> Santo Macaluso, alias Spezzapani. Fu <strong>di</strong> talenti vivaci, applicò<br />
agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> grammatica latina, italiana e retorica, in cui riescì<br />
felicemente e fu ammirato in Corleone. Da ivi, in età <strong>di</strong> anni<br />
13, fu richiamato da Antonino <strong>di</strong> Bartolomeo, zio paterno, in<br />
questa <strong>Partinico</strong>, che lo mantenne in casa e applicollo alla contadoria<br />
(che bisognava alla casa <strong>di</strong> mercatura <strong>di</strong> don Antonino) e<br />
in<strong>di</strong> poi alla profession <strong>di</strong> notaio, sotto la <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> notar<br />
<strong>Giuseppe</strong> Di Lorenzo, cognato <strong>di</strong> don Antonino, celebre notaio<br />
226
in questa, a cui superò <strong>di</strong> gran lunga, perfezionato poi in Palermo,<br />
sotto notar Mottola, insigne collegiale, e graduossi notaio<br />
l’anno 3 ind., 1724, sobintrando in questa l’anno 1726. Ammogliossi<br />
tre volte: la prima in donna Antonina Ales, da cui ebbe<br />
cinque figlie femine, dalla seconda, donna Rosaria Vajola, palermitana,<br />
bellissima vedovetta, che, per la <strong>di</strong> lei rara avvenenza<br />
e portamento, ambita da un armajo non corrisposto, venne per<br />
mano <strong>di</strong> un sicario, in età <strong>di</strong> anni 29 uccisa da un pugnale, un<br />
dopopranzo de’ 20 agosto, mentre la infelice godeva a veder giocare<br />
il marito e compagni ai tarocchi. Da costei non ebbe figli e<br />
nella terza (mia madre) Crescenza Oddo, donna punto volgare,<br />
altrettanto adorna <strong>di</strong> ottimi costumi e prudenza, ch’egli sposò<br />
perché amava e in ammenda <strong>di</strong> averle con un pugno cavato un<br />
occhio, attesa la <strong>di</strong> lui natural intolleanza. Da essa n’ebbe 4 figli<br />
e cioè: Antonina, primogenita, io, <strong>Giuseppe</strong> Maria, nato li 19<br />
marzo 1753, epperò per festivo del glorioso Patriarca, sortimmi<br />
lo stesso nome, Leone e Beatrice. Fu mio padre (e <strong>di</strong>co la verità<br />
e parlo co’ miei patriotti che lo conobbero, non esagero), <strong>di</strong> umani<br />
costumi, <strong>di</strong> ottimi talenti, religioso, caritatevole, <strong>di</strong>sinteressato,<br />
anzi generoso, poté chiamarsi l’antesignano la sua perizia<br />
e onestà e per grazioso carattere più lepida amata dai citta<strong>di</strong>ni<br />
224<br />
quant’era <strong>di</strong> caloroso temperamento, altrettanto lento, pigro in<br />
scrivendo, a segno che quasi tutto dettava ai giovani (tutto <strong>di</strong> me<br />
<strong>di</strong>verso, perch’io tutto vorrei scriver da me). Visse né ricco, né<br />
bisognoso, ma sempre onorato e morì in età <strong>di</strong> anni 75, con unica<br />
malattia <strong>di</strong> scabbia, che l’afflisse per ben due anni, e ciò li 20<br />
febbraio del 1770, con tutti i sentimenti, assistito dal rev.<br />
sac.don Giovanni Battista Bambina, recitando il miserere, a 21<br />
ora <strong>di</strong> venerdì. Venne sepolto in una cassa <strong>di</strong> legno, nella fossa<br />
dell’oratorio del Carmine, <strong>di</strong> cui era confrate e notaro or<strong>di</strong>nario,<br />
ma vivono gli atti suoi eternamente. E qui mi fo’ lecito trascrivere<br />
quanto del <strong>di</strong> lui mestiere ne intese il chiarissimo Marchese<br />
<strong>di</strong> Villabianca, Francesco Maria Emmanuele, che conobbelo purtroppo<br />
e che più fiate vantommi la <strong>di</strong> lui abilità, favorendomi la<br />
seguente cartolina, che estrasse dai suoi opuscoli, tomo 33 e dal<br />
foglio 341: Notar don Domenico <strong>di</strong> Bartolomeo, pel latino eloquio,<br />
per la buona <strong>di</strong>sposizione ed esattezza legale, che contengono<br />
li libri <strong>di</strong> questo notajo, si può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere li migliori <strong>di</strong><br />
tutti quanti che ne corrono de’ <strong>di</strong>fonti noaj <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>, si hanno<br />
questi attitati per libri maestri, esenti <strong>di</strong> ogni emenda. Così il<br />
Villabianca.<br />
227
Della mia famiglia poi, tra i volumi <strong>di</strong> casa, trovo il seguente notando,<br />
se sia vero, se apocrifo e come siasi non lo so. Per intelligenza<br />
de’ miei lo trascrivo cadavericamente e non mai perché mi<br />
vanto de’ miei natali. Io son figlio <strong>di</strong> mio padre e con Metastasio<br />
ho il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>re: rammentalo e basti, a questo ho procurato<br />
<strong>di</strong> aggiungere: Son figlio delle mie azioni. Ecco il notando.<br />
La famiglia <strong>di</strong> Bartolomeo fiorì nobilissima nella città <strong>di</strong> Palermo.<br />
Il primo che <strong>di</strong> lei leggiamo è Lembo <strong>di</strong> Bartolomeo, giurista,<br />
che fu giu<strong>di</strong>ce della Gran Corte del re Pietro II, nel 1340,<br />
sotto il quale prosperamente visse e acquistò onze duo<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />
ren<strong>di</strong>ta, sopra l’Università <strong>di</strong> Palermo, la qual somma in quei<br />
tempi passava per onze cinquanta d’oggidì. Siccome altre onze<br />
24 <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta nel 1347, su l’istessa Università.<br />
Ne nacque da costui Simone <strong>di</strong> Bartolomeo, che visse con molto<br />
splendore. Ebbe per moglie la figlia <strong>di</strong> Rogier <strong>di</strong> Barleone, barone<br />
<strong>di</strong> Zulina, feudo nel territorio <strong>di</strong> Piazza. Questo feudo fu un<br />
tempo <strong>di</strong> Giovanni Damiata che, per la <strong>di</strong> lui ribellione o <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza<br />
al re Martino, egli se lo incorporò ed in<strong>di</strong> lo <strong>di</strong>é al riferito<br />
Rogiero <strong>di</strong> Barleone, nel 1390, allora giu<strong>di</strong>ce della regia<br />
Gran Corte e barone<br />
225<br />
Bonfullura, il quale lo vendé a Guglielmo <strong>di</strong> Ajdone, che l’ebbe<br />
confermato in detto anno dal medesimo Re, nel qual feudo vi<br />
successe poscia Ximenio nel 1453, ed a costui Giovanni <strong>di</strong> lui<br />
figlio, nel 1475, e poi, nel 1516, Paolo, <strong>di</strong> lui figliuolo.<br />
Il predetto Simone <strong>di</strong> Bartolomeo ebbe dal re Martino onze 18 <strong>di</strong><br />
ren<strong>di</strong>ta annuale, sovra i beni <strong>di</strong> Guglielmo Raimondo Moncada,<br />
al 1397. E dal re Fer<strong>di</strong>nando il Giusto l’ufficio nobile <strong>di</strong> Pretore<br />
della città <strong>di</strong> Palermo, nel 1414, perciocché egli era cavaliere e<br />
dottor <strong>di</strong> leggi. Procreò costui a Leonardo <strong>di</strong> Bartolomeo, che fu<br />
non men del padre dotto nelle facoltà legali e laureato in leggi<br />
ed ebbe l’illustre ufficio <strong>di</strong> Protonotajo del Regno e fu benanco<br />
signore della Tarba o sia Trabbia.<br />
Il feudo suddetto Trabbia l’ebbe concesso dal re Fer<strong>di</strong>nando III<br />
Lombardo del campo, cavaliere nel 1375, da cui lo ricomprò<br />
l’Università della città <strong>di</strong> Termine ed essa lo concesse per gli atti<br />
<strong>di</strong> notar Giuliano Buonafede ad Antonio Salomone, gentiluomo<br />
<strong>di</strong> quella città, da cui pervenne al predetto dr. Leone <strong>di</strong> Bartolomeo<br />
nel 1444, al quale dr. Leone vi successe Narduzzo o Leonardo<br />
<strong>di</strong> Bartolomeo, <strong>di</strong> lui figlio.<br />
Da costui ne nacque solamente una figlia, che andò a marito nel<br />
dr. Blasco Lanza <strong>di</strong> Catania, il quale fu giu<strong>di</strong>ce della Gran Corte<br />
228
civile sotto l’impero <strong>di</strong> Carlo V, oggi fondo del principe <strong>di</strong> Trabia.<br />
Questa famiglia leva per stemma gentilizio una torre merlata con<br />
due rose, cadauna per ogni lato (stemma che tanto mio signor<br />
padre che io nei volumi <strong>di</strong> banca apponiamo in segno a roborare<br />
gli atti nostri)<br />
Vanta altresì questa famiglia ad Andrea <strong>di</strong> Bartolomeo, detto il<br />
Barbuzza, celebre giureconsulto e lettore pubblico nella Università<br />
<strong>di</strong> Bologna. Nacque nell’anno MCCCC, morì nel<br />
MCCCCLXXVI. Ciò si rileva dalla sua effigie in stampa, rilevata<br />
da una medaglia del museo Mazzuchelliano: Garofalo panormita<br />
delineavit et incise in Roma nell’anno 1766.<br />
Notar don Geronimo e notar don Sebastiano Cannizzo, padre e<br />
figlio, l’uno <strong>di</strong>fonto nel 176… (sic) , l’altro vivente, amendue<br />
veramente chiarissimi nell’arte notaria, ch’eternarono i loro nomi<br />
e gli loro istromenti son, senza iperbole, degni da torchi.<br />
L’ultimo poi, pe’ <strong>di</strong> lui talenti, meritò il grado <strong>di</strong> regio Segreto,<br />
che esercita degnamente<br />
Dr. Don Sebastiano Catalano, uomo meccanico segreto me<strong>di</strong>cinale,<br />
che con un empiastro da lui composto guarisce delle piaghe<br />
e<br />
226<br />
aposteme, ammirabile per le spine ventose, ch’egli <strong>di</strong>spensa per<br />
carità e favore. Da merciere arrivò, pel suo talento, sotto la <strong>di</strong>sciplina<br />
<strong>di</strong> mio signor padre, notar don Domenico, ad apprendere<br />
felicemente l’arte notaria, in cui riescì eccellente. Per la fama<br />
che acquistò attirossi la somma clientela della città a segno <strong>di</strong><br />
aversi fatto in pochi anni un archivio. Lega ogni anno a trimestre<br />
i suoi atti e superò tutti i notaj nostri colleghi e per negozio è il<br />
primiero. Si <strong>di</strong>letta della poesia siciliana, compose e <strong>di</strong>é alla luce<br />
delle stampe del Bentivenga in Palermo un poemetto siciliano<br />
in verso ottonario, rimato, col titolo La forficia o sia la malalingua<br />
a somiglianza del vivu mortu e ciò l’anno 1774. Fé una canzone<br />
in mia lode, in occasion d’aver io dato alle stampe, in detto<br />
Bentivenga, la comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> carattere titolata Gli gelosi scherniti,<br />
l’anno 1779, che si legge ivi stampata, con altri sonetti, anche<br />
in mia lode, fattimi altri poeti. Il tenor della quale canzone o sia<br />
ottava siciliana è l’infrascritto:<br />
Opra un gilusu <strong>di</strong> cupidu e marti<br />
l’arti e la forza d’aquiluni e borìa<br />
vola Dedalu accortu in anti parti<br />
ma attu scavu poi per<strong>di</strong> la gloria.<br />
E tu scrivennu in chisti pochi carti<br />
229
230<br />
<strong>di</strong> li gilusi la mischina storia<br />
imiti a chiddu chi l’Illia<strong>di</strong> ad arti<br />
sculpiu a na nuci pri eterna memoria.<br />
Don <strong>Giuseppe</strong> Patti, figlio <strong>di</strong> don Pasquale e donna Maddalena<br />
Patti, fé i suoi stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> grammatica e retorica in Palermo e cominciò<br />
quei che perfezionò in Roma. Va tra i primi ingegneri<br />
tuttora della capitale, in cui fissò il suo domicilio e si ammogliò.<br />
Serve vari signori e vanta l’onore <strong>di</strong> servire ancora Sua Maestà e<br />
il <strong>di</strong> lei secondogenito nostro padrone don Leopoldo, real commendatore<br />
della Magione, <strong>di</strong> cui è annualmente stipen<strong>di</strong>ato.<br />
Mastro Niccolò Maria Patti, insigne fabbricatore, apprese da maestro<br />
Brù, spagnuolo e qui abitatore, l’arte <strong>di</strong> costrurre i dammusi,<br />
ovvero volte <strong>di</strong> camere <strong>di</strong> mattoni e gesso, in cui uguagliò il<br />
maestro e introdusse tanto in questa che nella capitale, in cui<br />
fermò domicilio, e i primi che pose in assetto furono nella casina<br />
del dr. don Stefano Ajrol<strong>di</strong>, allor presidente del Tribunale della<br />
regia Gran Corte, e con ciò acquistossi della fama e s’ introdussero<br />
in detta capitale.<br />
227<br />
Francesco Maria Emmanuele, marchese <strong>di</strong> Villabianca, se non<br />
ebbe i natali in questa nostra città, merita degna lode e annoverarsi<br />
a nostra gloria in quesa schiera, per averci somministrato<br />
dei lumi e carte, come io praticai seco per quanto mi dei miei<br />
per cui mi regalò dei libri, dolci e carta da scrivere e perché quasi<br />
passò i più dei suoi giorni nel nostro territorio e luogo<br />
dell’Albragiara e Cutò, possessioni <strong>di</strong> sua pertinenza. Fu desso<br />
insigne letterato e regio storiografo instancabile. Riguardo alla<br />
lode del medesimo, eru<strong>di</strong>zione e storia, mi apporto alla de<strong>di</strong>ca e<br />
più alle dotte note a pié <strong>di</strong> essa fatta alla nuova raccolta delli<br />
opuscoli degli autori siciliani, tomo 6, per le stampe del Solli,<br />
impressione <strong>di</strong> Palermo del 1793. Siccome ancora all’elogio storico<br />
(a), scrittogli e recitato in Accademia da Giovanni<br />
D’angelo, regio abbate commendatario e signore nel temporale<br />
<strong>di</strong> Mandanici, censore e istoriografo dell’Accademia del Buon<br />
Gusto <strong>di</strong> Palermo, ed uno dei 40 soci or<strong>di</strong>narj dell’Accademia<br />
italiana, pubblicato nella capitale suddetta dalla stamperia reale,<br />
l’anno 1802, in cui morì sotto li 6 febbraio, d’anni 82, perché<br />
nato in suddetta città li 22 marzo 1720, sepolto nella chiesa del<br />
convento <strong>di</strong> san Domenico, nella cappella <strong>di</strong> santa Rosalia, in un<br />
sepolcro <strong>di</strong> marmo, colla seguente iscrizione: D(eo) O(ptimo)<br />
M(aximo) Perpetuae securitati
Il canonico della Madrice <strong>di</strong> Palermo, rev. Lo Grasso Giovanni<br />
figlio <strong>di</strong> don Francesco Ragona, nato e battezzato in questa regia<br />
Madrice li … (sic)<br />
Giovanni Coniglio, per la sua soprafina arte <strong>di</strong> sparar cogli archibugi<br />
e perizia nella caccia grossa e minuta, venne, nel 1799<br />
prescelto ed onorato da Sua Maestà Fer<strong>di</strong>nando col grado <strong>di</strong> capocaccia<br />
reale, a fianco del Sovrano, nelle cacce d’inici, come<br />
ancora chiamato in Napoli per quelle reali, in cui si fé<br />
dell’onore, assoldato <strong>di</strong> tarì … (sic) al giorno, oltre la <strong>di</strong>visa,<br />
giumenta ed orzo, per cui da oscuro sovrastante oggi si trova in<br />
ottima fortuna.<br />
Francesco Mo<strong>di</strong>ca, famiglia oriunda della terra <strong>di</strong> Capaci, senza<br />
lettere, fu un pro<strong>di</strong>gio della poesia estemporanea siciliana, tanto<br />
in ottava che in terza rima, quanto in canzoni anacreontiche. Felicissimo<br />
improvvisator simile se ne può dar <strong>di</strong> rado. Le rime e<br />
non sforzato una natural pro<strong>di</strong>giosa filosofia, un<br />
(a) foglio 50<br />
228<br />
estro sempre vivo e brillante, una fantasia sorprendente, una<br />
chiusa sempre mai inaspettata e bizzarra gli eternarono debitamente<br />
il nome, massime in canzoni <strong>di</strong> risposta, obbligate alla<br />
stessa rima e parole religiosamene. Io l’amava assaissimo ed egli,<br />
sendo in città, ricreava la mia officina, in cui cantava da un<br />
Pindaro, da un Anacreonte siciliano. Morì d’anni .. (sic) ,<br />
l’anno (sic) , avendo <strong>di</strong>sposta la sua ultima testamentaria volontà<br />
agli atti miei li …(sic), <strong>di</strong> detto anno. Il suo mestiere fu <strong>di</strong><br />
sovrastante onorato de’ poderi dell’illustre marchese don <strong>Giuseppe</strong><br />
Costantino, della capitale. Delle tante sue improvvisate,<br />
mi sovvengo delle infrascritte ottave, fate in mia presenza nella<br />
banca, dalle quali possi argomentar il <strong>di</strong> lui dono naturale poetico.<br />
Egli che amava il vino (gusto peculiare ed or<strong>di</strong>nario de’ poeti),<br />
a stuzzicargli la sete usava sovente delle ulivi e in <strong>di</strong> loro lode<br />
fecele la seguente;<br />
Pri mia l’ulivi sunnu burgisotti<br />
olivi asciati a la tavula mia<br />
e vi li canciu pri picciuna cotti<br />
e pri lu megghiu prattu chi ci sia.<br />
S’avissi ganghi comu li picciotti<br />
macari l’ossa m’arrusichiria<br />
e si non fussi pri dormiri la notti<br />
231
232<br />
olivi notti e jornu manciria.<br />
Scherzando altro giorno con un mio studente, Olivio Caronda,<br />
nella banca, <strong>di</strong>lettante come lui <strong>di</strong> poesia estemporanea, gli richiese<br />
in canzone la figlia in moglie (altro capo d’opera in poesia,<br />
compagno al padre), a cui <strong>di</strong> botto rispose colla appresso<br />
giocosa:<br />
Cumpari, si vui fussivu nutro<br />
certu vi la darìa, vi l’assicuru.<br />
Appujria la robba a lu <strong>di</strong>naru<br />
e chistu chi vi <strong>di</strong>cu vi lu juru.<br />
Ma si vui siti un surci <strong>di</strong> sularu<br />
e non aviti na santa a lu muru<br />
ch’aju a fari cun’ piscia calamaru<br />
s’un aju autru ogghiu, mi curcu a lu scuru.<br />
Don Gaetano Inga
Appen<strong>di</strong>ce<br />
(dal volume <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Casarrubea</strong> - Uomini e terra a <strong>Partinico</strong>, Vittorietti E<strong>di</strong>tore Palermo)<br />
Memoria per la manipolazione dei vini<br />
Vuole il Re, che si <strong>di</strong>a alla stampa in questa Reale Stamperia una Memoria<br />
composta dal cav. D. Felice Lioy con delle osservazioni intorno a' <strong>di</strong>fetti,<br />
che in generale si sono introdotti nella preparazione de' Vini nelle<br />
due Sicilie, cogli sperimenti de' Vini da lui preparati in Marineo, e <strong>Partinico</strong>;<br />
ed io nel Real Nome prevengo V S. <strong>di</strong> questa Sovrana risoluzione,<br />
perchè ne <strong>di</strong>sponga la esecuzione.<br />
Palazzo. 1800. Il Principe de' Luzzi Sig. Cav. Speciale Direttore della Reale<br />
Stamperia.<br />
***<br />
Trovai al mio arrivo in Sicilia nel 1789 il Vino <strong>di</strong> Prizzi, e quello <strong>di</strong> Palazzo<br />
Adriano impotabile, da Maggio in poi aceto guasto, o per meglio <strong>di</strong>re una<br />
composizione meravigliosa <strong>di</strong> cattivi odori, e sapori; m'impegnai da principio<br />
dare a quella buona gente qualche istruzione intorno al metodo da<br />
farsi buono, e sano, ma non fui ascoltato : mia Moglie il fece anni sono a<br />
Prizzi, gli riuscì ottimo: per tale lo presero tutti coloro, che lo assaggiarono;<br />
eppure non vi fu alcuno tra essi, che avesse provato a farne una botte<br />
con regola per proprio uso 123 124 .<br />
Non mi sono mai stancato d'insistere, e <strong>di</strong> mostrare, che tutto ciò, che si<br />
pratica colà nella manipolazione del Vino è contro il buon senso, e contro<br />
la ragione: ne cennerò talune delle <strong>di</strong> loro insensate pratiche. Si vuol fare<br />
del buon Vino con uve raccolte immature, e alla rinfusa; mischiando la<br />
nera colla bianca, quella <strong>di</strong> specie precoce a maturarsi, e l'ultima a venire<br />
a maturazione 125 . Si pretende avere buon Vino senza pigiare bene l'uva,<br />
mettendo a fermentare insieme talvolta la vendemmiata <strong>di</strong> parecchi giorni,<br />
senza comprendere, che così non può riuscire se non cattivo; conciosiacchè<br />
scorgesi chiaramente, che in tal modo, mentre una parte del liquore<br />
ribolle, l'altra non ha cominciato a darsi alcun moto pella decomposizione<br />
dell'acino dell'uva, onde incamminarsi alla formazione, e composizione<br />
del vino. Conseguentemente non essendo simultanea, dee accadere<br />
necessariamente, che <strong>di</strong>eci grappoli <strong>di</strong> uva posti in <strong>di</strong>fferenti tempi, e<br />
123 L'ho detto più <strong>di</strong> una volta a miei amici; tentai <strong>di</strong> cacciare il fumo dalle abitazioni <strong>di</strong> Prizzi,<br />
e <strong>di</strong> Palazzo Adriano, dove per introdurre le ciminiere proposi <strong>di</strong> farne costruire per modello<br />
a spese del Re in quelle dei poveri, ma non fu possibile persuadere coloro, i quali se la presero<br />
contro <strong>di</strong> me, come se così avessi voluto togliere il beneficio del calore, che loro dava il<br />
fumo in tempo d'inverno.<br />
124 Dopo aver ottenuto da Sua Maestà la beneficienza (nè ho chiesta beneficienza al nostro<br />
amabilissimo Sovrano per il bene <strong>di</strong> quelle popolazioni, che non me l'abbia sempre accordate<br />
al doppio) <strong>di</strong> prestarsi dalla Real Commenda della Magione, la somma necessaria per<br />
le strade da Vicari a Palazzo Adriano, dopo <strong>di</strong> essersi molto travagliato a formarne la traccia,<br />
e dopo aver tutto preparato per mettervi mano all'opera, si tenne il Consiglio in Prizzi, e<br />
fattasene la proposizione per principiarsi, i Consulenti furono tutti <strong>di</strong> voto negativo, gridando<br />
taluni fra essi: noi vogliamo romperci il collo ai cattivi passi, e annegarci ai torrenti, se fa<br />
bisogno, per timore <strong>di</strong> contribuire alla rata della spesa, la quale si riduceva a nulla in confronto<br />
del vantaggio, ce ne avrebbe ritratto.<br />
125 Tra i due <strong>di</strong>fetti della vendemmia dell'uva immatura, non già agresta, e la troppo matura,<br />
è sempre meno pregiu<strong>di</strong>zievole il primo, poiché si può in qualche modo riparar con l'arte,<br />
che l'altro, ch'è irreparabile; mentre Dio solo risuscita i morti.<br />
233
succedaneamente a fermentare insieme, mentre il liquore del primo comincia<br />
a fermentare, quello dei secon<strong>di</strong>, terzo, e così via <strong>di</strong>scorrendo degli<br />
altri, va dappresso tanto <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente, quanto alla fine una parte<br />
del liquore serve <strong>di</strong> veicolo all'altra per corrompersi, e guastarsi 126 . Eglino<br />
non vogliono capire che nel palmento <strong>di</strong> pietra è impossibile, che la fermentazione<br />
riesca perfetta, perciocché nel mezzo ribolle or<strong>di</strong>nariamente<br />
la vinaccia, e negli estremi vi è appena tepore.<br />
La forma dei palmenti è quadrilunga, <strong>di</strong> piccola profon<strong>di</strong>tà a cielo scoperto<br />
con evaporazione, e per<strong>di</strong>ta strabocchevole dello spirito <strong>di</strong> vino, senza<br />
avvedersi, che così la fermentazione vinosa dee esaurirsi <strong>di</strong> spirito, dee<br />
riuscire imperfetta, ed ineguale. In verità pare, ch'essi presumano, che la<br />
natura debba rallentare il suo corso nel processo della fermentazione vinosa<br />
a quella dell'aceto, e della putrefazione, per riguardo della <strong>di</strong> loro<br />
ignoranza, e negligenza 127 .<br />
Che <strong>di</strong>rò del loro torchio del Vino?. Forse appena è poco meglio <strong>di</strong>sposto<br />
del primo inventato dall'uomo a tal uso; e il trappeto da Vino? si paragoni<br />
pure ad un porcile, che non si sbaglierà.<br />
Raccomandai mille volte a quelle popolazioni l'uso del vaglio, che costa<br />
pochi tarì, ed è quasi simile a quello, che adoprasi per la paglia, onde si<br />
separano i grappoli dagli acini dell'uva; <strong>di</strong>mostrai loro, che me<strong>di</strong>ante tal<br />
macchinetta, appena che si fruga sopra il craticcio l'uva vendemmiata,<br />
facilmente si esacina da' grappoli. Egli è <strong>di</strong>mostrato, che il Vino non solo<br />
riesce delicato, ma ancora vi si risparmia a calcolo fatto il <strong>di</strong>eci per cento<br />
nella quantità del mosto, che viene altrimenti assorbito dalla vinaccia; all'incontro<br />
col fatto vedesi chiaramente, che non solo non vi è fatica e spesa<br />
maggiore nell'adoperarsi il vaglio, ma piuttosto risparmio. Come se<br />
avessi pre<strong>di</strong>cato al deserto 128 .<br />
126 Spero che i miei amici <strong>di</strong> Prizzi, e <strong>di</strong> Palazzo Adriano non debbano offendersi <strong>di</strong> queste<br />
mie ingenue osservazioni sulle <strong>di</strong> loro erronee usanze nella preparazione del Vino; giacchè<br />
io loro presto quest'ufficio con animo <strong>di</strong> scuoterli a riconoscerli; acciocchè siano solleciti a<br />
ripararli una volta a loro vantaggio, perché mi sono cari, e perché mi sono stati dalla Real<br />
Clemenza del nostro amabilissimo Sovrano raccomandati. Per altro io confesso, che quelle<br />
non sono le sole popolazioni, le quali peccano d'ignoranza, e <strong>di</strong> oscitanza su questo interessante<br />
oggetto <strong>di</strong> economia. Se si visita <strong>di</strong> parte in parte questo Regno, e quello <strong>di</strong> Napoli,<br />
eccettuatine pochi paesi, dove ho trovato de' Gentiluomini, Sacerdoti, e Frati, i quali si sono<br />
da qualche tempo applicati a correggere cotali abusi, che urtano col buon senso, e colla<br />
ragione, ed hanno preso qualche sorte <strong>di</strong> gusto per le cose economiche, tutto il resto si somiglia.<br />
Infatti io, che d'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Maestà nel 1788 visitai la provincia <strong>di</strong> Bari, dove nacqui,<br />
e quella <strong>di</strong> Lecce, non ostante che si <strong>di</strong>stinguano alquanto nella coltura fra le altre, le<br />
trovai su questo proposito non esenti da usanze contro senso, ed ineconomiche.<br />
127 Ottenni da Sua Maestà la grazia con Dispaccio de' 22 Settembre 1791 <strong>di</strong> stabilirsi in<br />
Prizzi, ed in Palazzo Adriano, cona promessa anche de' premi, una Società economica per<br />
lo miglioramento dell'agricoltura, e per lo stu<strong>di</strong>o della storia naturale del paese, affin <strong>di</strong> occupare<br />
utilmente i talenti <strong>di</strong> quei Sacerdoti, e Gentiluomini (e per la verità ve n'ha de' <strong>di</strong>stinti);<br />
ma non ostante le mie sollecitazioni, e sin anche amichevoli rimproveri non ho potuto<br />
ancora aver la consolazione <strong>di</strong> vedere spuntare alla luce un qualche loro pensiero per il bene<br />
pubblico.<br />
128 Il guadagno della separazione dei grappoli dagli acini d'uva lo certificai con replicati sperimenti<br />
fatti nella Villa tra Padova, e Vicenza dalla felice memoria del mio <strong>di</strong>lettissimo, e non<br />
abbastanza compianto, amico, e suocero D. Francesco Modena uno de' miei Maestri, virtuosissimo<br />
cristiano, e benefico economista. Or chi volesse tener conto de' due Regni dell'importo<br />
<strong>di</strong> questa pratica economica, forse resterebbe meravigliato nel trovarla quasi <strong>di</strong> un<br />
milione <strong>di</strong> once all'anno.<br />
234
Ma che <strong>di</strong>rò delle tine da essi adoperate per la formazione della vinaccia,<br />
e delle botti, ove conservano il Vino? Alle corte queste formano una quintessenza<br />
stomachevole, e nauseosa; sicché, se mi fosse permesso dar<br />
parere, ei converrebbe farne un sacrificio quasi <strong>di</strong> tutte in una baldoria, e<br />
abbruciarle ad onore dei Santi protettori del paese. Si procede innanzi<br />
colla stessa balordaggine nella costruzion delle cantine quasi tutte a pian<br />
terreno in un clima così caldo come questo, dove un'ora <strong>di</strong> scirocco in tutta<br />
la sua gala è più che bastevole a guastarlo, e a corromperlo.<br />
Si lasciano per lo più <strong>di</strong>mezzate le botti, e lungi <strong>di</strong> aver cura <strong>di</strong> riempirle,<br />
almeno nel tempo del ribollimento ne' giorni seguenti al travaso nelle botti<br />
del mosto fermentato, costoro sono nella falsa credenza, che anzi questo<br />
giova a render loro il vino perfetto. infatti ho trovato mille volte le <strong>di</strong> loro<br />
botti senza conchiume, ed allo scoverto: in somma tutto si fa a caso, e<br />
quasi a <strong>di</strong>spetto per ridurre a meno del nulla, a danno della salute pubblica,<br />
cotanto prezioso liquore; il quale quando è ben preparato, e sobriamente<br />
bevuto, conforta, e prolunga la nostra vita, e la rallegra in mezzo ai<br />
guai, che ci circondano; all'opposto è cagione <strong>di</strong> molte malattie sino a<br />
rendersi mici<strong>di</strong>ale.<br />
Non basta: trattosi il Vino dalle botti, queste lasciansi vuote, trascurandosi<br />
<strong>di</strong> farle percolare sossopra, acciocchè si purgassero de' residui, e della<br />
feccia, ed allora in poi sino alla nuova vendemmia si abbandonano aperte<br />
alla ventura; onde avviene, che sanno per lo più <strong>di</strong> muffa, e <strong>di</strong> seccume<br />
con gravissimo <strong>di</strong>scapito della qualità del Vino, che vi si ripone nell'anno<br />
seguente. Finalmente con sommo danno pure per la conservazione delle<br />
botti, senza interloquire degli altri utensili, de' quali si servono per l'intera<br />
preparazione dei Vini, i quali fanno vergogna, ed insieme compassione.<br />
Piacesse al Cielo almeno, che i Deputati della salute pubblica vegliassero<br />
a proibire i vasi <strong>di</strong> rame, che in <strong>di</strong>versi luoghi si adoperano, da me più <strong>di</strong><br />
una volta trovati vestiti <strong>di</strong> verde rame, che compone uno de' più tremen<strong>di</strong><br />
veleni.<br />
E chi non vede, che in si fatta guisa senza la presunzione <strong>di</strong> far miracoli<br />
non si potrà giammai ottener buon vino in eterno? che così nel riporsi il<br />
nuovo nelle botti, oltreché si espone a guastarsi imme<strong>di</strong>atamente, lo sfrido,<br />
e la per<strong>di</strong>ta nella quantità dee essere almeno il quin<strong>di</strong>ci a venti per<br />
cento; ne vi vuol meno per saturare i pori delle doghe <strong>di</strong>sseccate dall'aria,<br />
che vi penetra da per tutto, principalmente in tempo d'estate: che così restando<br />
le botti a <strong>di</strong>screzione <strong>di</strong> tutte le lordure, e del ricamo delle fuligini,<br />
che adorna le loro cantine, che <strong>di</strong> tratto in tratto si precipitano, e vi cascan<br />
dentro, senza contare gl'insetti, sorci, ed altro, che vi vanno a fare i<br />
loro ni<strong>di</strong>, il nuovo mosto patisce, e guastasi, gittandosi in un perpetuo lievito<br />
<strong>di</strong> putrefazione. Finalmente, che la durata delle botti debba esser cortissima,<br />
e la spesa annuale del <strong>di</strong> loro risarcimento il decuplo almeno<br />
<strong>di</strong>ppiù <strong>di</strong> quello, che altrimente avverrebbe, se vi si spendesse una<br />
dramma <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio.<br />
Si prendono essi forse cura della durata, che si conviene alla prima interessantissima<br />
fermentazione del mosto nelle tine? niente affatto. Si pesta,<br />
e s'imbotta, o pure lasciasi fermentare appena un giorno il mosto per<br />
imbottarsi; onde il Vino riesce torbido, <strong>di</strong>fficile a scaricarsi delle parti terree,<br />
grossolane, e fecciose, riesce fumoso, in<strong>di</strong>gesto. Quin<strong>di</strong> si ricorre in<br />
molti luoghi della Sicilia a purgarlo me<strong>di</strong>ante vari nocivi me<strong>di</strong>camenti. È<br />
235
qualche anno che, visitai una magnifica cantina <strong>di</strong> un ricco Gentiluomo,<br />
ove in verità consumasi a tal uopo tanto gesso all'anno, quanto potrebbe<br />
forse bastare a fabbricarne una casa.<br />
A proposito mi trovava nel mese <strong>di</strong> Ottobre quì in Marineo, donde scrivo<br />
questa Memoria, quando preparava il Vino col Valente Soprastante <strong>di</strong><br />
questi Regali Boschi D. Giovan Battista Sevanse. Questa buona gente si<br />
rideva, e si burlava <strong>di</strong> me allorché venne a sapere <strong>di</strong> aver lasciato fermentare<br />
il mosto nel tino oltre a otto giorni prima d'imbottarlo: mi fecero<br />
già il cattivo augurio, che a quest'ora l'avrei dovuto abbandonare al valente<br />
<strong>di</strong>stillatore d'acquavite D. Giovanni d'Antoni, il quale per altro qui si <strong>di</strong>verte<br />
tutto l'anno alla <strong>di</strong>stillazione del loro Vino guasto.<br />
Egli è però avvenuto tutto il contrario, giacché la maggior parte del Vino<br />
del paese, siccome essi stessi mi han confessato, si è già a questa ora<br />
tutto perduto, ovvero corre <strong>di</strong> galoppo alla corruzione: all'incontro quello<br />
da me preparato beesi con qualche gra<strong>di</strong>mento alla mensa del Re.<br />
Spinto dal desiderio, e da certo entusiasmo, che la provvidenza mi ha regalato<br />
pel bene della mia patria, che così anche riguardo la Sicilia, anni<br />
sono feci un viaggio in compagnia del <strong>di</strong>fonto mio Suocero, e del professore<br />
<strong>di</strong> Agricoltura Abbate Balsamo. Ci fermammo in un bello e vasto vigneto<br />
ben coltivato, appartenente ad un benemerito, ed onestissimo<br />
Gentiluomo nostro amico, ricco negoziante <strong>di</strong> Vini. Ivi tutti tre c'impegnammo<br />
<strong>di</strong> preparare a nostro modo <strong>di</strong>verse specie <strong>di</strong> vini colle buone<br />
regole; ma siccome i nostri affari ci obbligarono a partire senza compire<br />
l'opera, così in buona fede ne raccomandammo la cura a quel curatolo, o<br />
sia Gastaldo. Quale ne fu il risultato? Colui fece tutto il contrario delle istruzioni,<br />
che noi gli lasciammo: il nostro Vino riuscì pessimo; noi fummo<br />
posti in berlina e quasi trattati da Ciarlatani 129 .<br />
D'allora in poi mi contentai <strong>di</strong> farne ogn'anno alla Magione per uso della<br />
mia famiglia, e de' miei amici, sino ch'ebbi il premio preziosissimo, ch'essendosi<br />
dato il pranzo alla Magione dal Commendatore Sua Altezza Reale<br />
il Principe Leopoldo mio Signore agli Augusti Genitori, e a tutta la Real<br />
Famiglia, co' principali Cavalieri della Corte, e Ministri Esteri, non isdegnarono<br />
<strong>di</strong> beverlo, e <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>rlo.<br />
Questo mi ha incoraggiato, e mi ha animato a preparare del Vino in Marineo,<br />
ed in Partenico nel passato Ottobre per servizio <strong>di</strong> Sua Maestà, e<br />
della Sua Real Famiglia. Or come potrei esprimere il mio contento in Marineo,<br />
ed in Partenico nel vedere, che il nostro amabilissimo Sovrano ne<br />
ha bevuto, e lo ha anche gustato. Egli, donatoci da Dio per essere la nostra<br />
felicità, giunge colla sua magnanimità, e clemenza ad approvare, e<br />
lodare anche questa mia tenuissima opera, sino a farmi la grazia <strong>di</strong> or<strong>di</strong>narmi<br />
<strong>di</strong> pubblicare nella sua Reale Stamperia lo sperimento.<br />
Quin<strong>di</strong> mi fo un dovere, e gloria insieme <strong>di</strong> spiegarlo ora colla maggiore<br />
precisione, e chiarezza possibile, ne' due sperimenti fatti in quest'anno<br />
quì in Marineo, ed in Partenico.<br />
Sperimento del Vino preparato in Marineo ed in Partenico, sua riuscita, e<br />
costo.<br />
129 Nell'affare de' Vini qualsivoglia piccola <strong>di</strong>ligenza trascurata decide della riuscita non solo<br />
nel prepararlo, ma ancora nel conservarlo, principalmente nel preservarlo dall'aria, e nella<br />
proprietà, e convenienza de' vasi, in cui si ripone.<br />
236
I. Premesso l'apparecchio <strong>di</strong> tutte le cose necessarie per la preparazione<br />
del Vino, e principalmente de' tini, e delle botti abbonate, si è procurata<br />
dell'uva nera nella contrada detta <strong>di</strong> Casachella, e Carrioli nel territorio <strong>di</strong><br />
Marineo, ed Ogliastro, le quali per altro non sono le migliori, e <strong>di</strong> là alla<br />
<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre a quattro miglia in circa <strong>di</strong> questo Reale Ospizio, si è trasportata<br />
a schiene <strong>di</strong> mule ne' barili: l'uva vendemmiata la giornata si è<br />
separata da' grappoli per mezzo <strong>di</strong> un vaglio sovrapposto al tino la stessa<br />
sera 130 . Lo stesso si è praticato per fare il Vino in Partenico nella contrada<br />
<strong>di</strong> Giancaldaja, la quale non è neppure delle migliori.<br />
II. In<strong>di</strong> si è pigiata la uva <strong>di</strong>ligentemente, sino che si è veduto, che la<br />
massa della vinaccia non avesse acini interi, o non interamente spremuti.<br />
III. La vinaccia col mosto si è lasciata fermentare, per mancanza <strong>di</strong> un<br />
tinaccio regolare, in una botte coperta per sollecitare la fermentazione, e<br />
perchè la polvere non 1'imbrattasse, questa si è riempita un palmo sotto<br />
al coverchio, perchè colmandosi la vinaccia per mezzo della fermentazione,<br />
non traboccasse.<br />
IV. Allora quando si è osservato, che avvicinandosi, anzi mettendosi nel<br />
mezzo sopra la vinaccia in fermento una lucerna, questa non si è spenta<br />
131 , subito si è passato nella botte il vino, avvertendo <strong>di</strong> mettere da parte<br />
lo strato superiore della vinaccia all'altezza <strong>di</strong> quattro <strong>di</strong>ta, la quale galleggiando<br />
col contatto dell'aria, comincia a sentire <strong>di</strong> acido soverchio, e<br />
se vi si lasciasse, potrebbe servire <strong>di</strong> lievito a inaci<strong>di</strong>re col tempo il Vino<br />
132 . In<strong>di</strong> spremuta al torchio alla meglio leggermente la vinaccia, il Vino<br />
130 Questo vaglio è or<strong>di</strong>to, e tramato <strong>di</strong> spago, che passa per dritto, e a traverso in un telaro<br />
<strong>di</strong> legname pertugiato ai lati, in modo che collo spago attraversato forma dello stesso piccole<br />
figure in quadretto larghe quanto vi passi comodamente il pollice <strong>di</strong> una mano, sicché<br />
l'acino d'uva nel rimenarsi i grappoli casca nel tino, e quelli vi restano sopra per gittarsi da<br />
parte. I telari debbono essere dell'altezza <strong>di</strong> mezzo palmo nelle sponde, acciocchè non si<br />
spanda versandosi su questa macchinetta economica l'uva vendemmiata co' cofani, o barili.<br />
Non vi è bisogno <strong>di</strong> lungo <strong>di</strong>scorso per comprendere questa man d'opera: due uomini si<br />
mettono in pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>rimpetto vicino al tino, dove è soprapposto il vaglio, ed a misura che vi<br />
versano i confini d'uva la rimenano, e ne frugano i grappoli, ed all'istante gli acini vanno giù<br />
nel tino, e le graspe vi restan sopra, le quali ammucchiandosi, e sbattendosi sullo stesso<br />
vaglio, si buttano a terra in un lato per gli altri usi economici.<br />
131 Di tutt'i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> saggiare il mosto <strong>di</strong> aver compita la fermentazione, quello <strong>di</strong> approssimarvi<br />
la lucerna a' tini, e <strong>di</strong> travasarlo nelle botti subito, che quella non si spegne, è il più<br />
semplice, il più sicuro, o almeno più adatto alla capacità delle persone ideote, che sogliono<br />
sopraintendere alle cantine.<br />
Potrei accennare molte altre <strong>di</strong>ligenze, le quali sono avvertite dagli economisti per la manipolazione<br />
del Vino; ma ho creduto meglio <strong>di</strong> prescinderne per non uscir fuori de' limiti <strong>di</strong> una<br />
breve memoria, ed anche a riflesso, che moltiplicandosi il ricettario all'infinito, come suol<br />
farsi dagli scrupolosi, non si ottien niente <strong>di</strong> buono. Non vi è peggiore nimico del buono, che<br />
l'ottimo, e guai quando i metafisici Poeti si mischiano nelle faccende della nostra vita economiche,<br />
ed anche politiche<br />
132 Di questa utile precauzione economica mi riconosco umilmente debitore all'istruzione,<br />
che mi ha fatto grazia darmi Sua Altezza Reale l'ornatissimo, e virtuoso Principe Ere<strong>di</strong>tario.<br />
Ma io queste stesse vinacce le ho poste anche a profitto per farne dell'aceto, che mostra <strong>di</strong><br />
riuscire squisito.<br />
Sul proposito delle vinacce non sarà inutile <strong>di</strong> rapportare l'uso profittevole, che fassene in<br />
Lombar<strong>di</strong>a, e che pel Regno <strong>di</strong> Napoli, e per questo della Sicilia non dovrebbe trascurarsi.<br />
Cavasi una fossa, come si costuma da noi per riporvi la neve, questa si riempie dopo la<br />
vendemmia <strong>di</strong> vinaccia alternatamente uno strato <strong>di</strong> questa, ed un altro <strong>di</strong> rape pestandovisi<br />
bene, e cuoprendosi dalla parte superiore <strong>di</strong> paglia, e fascine. Or nell'inverno questa trovasi<br />
buona pastura per le pecore, specialmente in tempo <strong>di</strong> neve. Fra noi, ove non è ancora introdotto<br />
l'uso delle rape, in taluni luoghi invece potremo servirci delle pastinache, ed anche<br />
237
della prima torchiatura si è unito all'altro nella botte, per accrescergli colore,<br />
e sostanza, comechè si sà, che la parte colorata del Vino si contiene<br />
nella mucilaggine vicino alla scorza 133 .<br />
V. Si è tenuta da parte una sufficiente quantità dello stesso mosto per<br />
riempire la botte lasciata senza cocchiume ne' primi giorni del forte bollimento,<br />
sino a tre, quattro volte, e in seguito la sera, e la mattina, sino a<br />
che a capo <strong>di</strong> 15 o 20 giorni nel cessare la sensibile fermentazione la botte<br />
si è chiusa col cocchiume esattamente, e questo si è fabbricato <strong>di</strong> gesso.<br />
Alla fortunata occasione poi, che Sua Maestà si è conferito qui in Marineo<br />
<strong>di</strong> passaggio nella fìne <strong>di</strong> Novembre, la M. S. si è degnata farne il primo<br />
saggio <strong>di</strong> quello sopravvanzato in una mezza botte, anche prima <strong>di</strong> farsene<br />
la tramuta, e Io ha gra<strong>di</strong>to co' Cavalieri del suo seguito Marchese<br />
Tanucci, e Principe <strong>di</strong> ]aci. In Partenico poi nel felice incontro, che la Maestà<br />
Sua è venuta nella fìne <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre a consolare, e felicitare quella<br />
popolazione colla Regina, col Principe Ere<strong>di</strong>tario, e col Commendatore<br />
della Magione Principe Leopoldo, <strong>di</strong> quel vino si è servito alla Augusta<br />
mensa non senza applauso.<br />
Ora che si avvicina la tramuta dell'uno, e dell'altro, e che sono più maturi,<br />
io spero, che si troveranno <strong>di</strong> molto migliorati, e già ora si trova buono<br />
assai. Non v'ha dubbio, che quello <strong>di</strong> Marineo fatto <strong>di</strong> uva <strong>di</strong> monte non<br />
può avere quel pregio, che avrà quello <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> fatto <strong>di</strong> uve <strong>di</strong> piccoli<br />
colli alla vicinanza del mare; e per verità, dopo che quello giungerà a perfetta<br />
maturità, avrà meglio composti i due sapori dell'acido, e del dolce, i<br />
quali abbracciati dallo spirito a dose proporzionata compongono il Vino<br />
perfetto.<br />
Non mi resta ora, che a rapportarne la spesa, e '1 costo, per compire<br />
questa Memoria, eccolo:<br />
Per prezzo <strong>di</strong> uva carrozzate 19 once 58. 1. 17.<br />
Spese <strong>di</strong> manifattura, ed affitto <strong>di</strong> botti 8. 15. 18.<br />
Sommano once 66. 17. 13<br />
Quale somma <strong>di</strong>visa a botti 15, vino risultato, viene a costare ad once<br />
4.13.3 la botte, o sia a tarì 11.5 barile posto quì in Marineo.<br />
Il Vino poi fattosi a <strong>Partinico</strong> dell'uva della contrada <strong>di</strong> Giancaldaja è risultato<br />
in tutto a tarì <strong>di</strong>ciotto il barile.<br />
Mi sia infìne lecito far da Profeta: subito che si spargerà la voce,che a<br />
Sua Maestà è piaciuto il Vino fatto in regola, siccome è già noto a tutti la<br />
protezione, e le grazie, che accorda la Maestà Sua a chiunque si occupa,<br />
e travaglia per il ben pubblico, e il desiderio <strong>di</strong> tutt'i suoi sud<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> dargli<br />
piacere (e qual altro piacere più delizioso pel nostro Re, e Padre, che<br />
quello <strong>di</strong> vederci felici per ogni riguardo), così in un momento nascerà la<br />
senza <strong>di</strong> queste così potremo salvare nei rigi<strong>di</strong> inverni, e nevosi molte migliaia <strong>di</strong> pecore<br />
dalla fame, e dalla morte. Posso intanto assicurare, che così ingrassano, ed abbondano <strong>di</strong><br />
squisito latte.<br />
133 Non conviene volendo Vini delicati, e non già da taverna, comprimere per cavarne il mosto<br />
sino all'ultima goccia della vinaccia, perché così s'investe della materia oleosa, ed aspra<br />
del seme dell'uva, sopra tutto in questi paesi, dove le uve si tengono basse, e s'atterrano, e<br />
sono imbrattate <strong>di</strong> fango, oltreche si sa, che del liquore, che spremesi dalla torchiatura sforzata,<br />
se ne fa uso pel piccolo Vino, che fra noi chiamasi acquata, e che serve ne' primi mesi<br />
pe' lavoratori delle terre, e talvolta, quando è fatto regolarmente, si gra<strong>di</strong>sce nelle tavole<br />
nobili verso Natale.<br />
238
virtuosa gara per la necessaria riforma nella manipolazione de' Vini 134 ed<br />
in questo stesso anno 1800 mille e mille de' miei concitta<strong>di</strong>ni faranno miglior<br />
Vino del mio, ed io ne goderò.<br />
134 Sono innumerevoli gli scogli dove si urta dall'umano ingegno, e che ritardano gli progressi<br />
delle nostre cognizioni, e i tentativi per la nostra felicità; ma si possono contare tra i<br />
principali quello del folle attaccamento a' vecchi errori, e pregiu<strong>di</strong>zi, la maledetta gelosia,<br />
che altri, che noi, pensi, o tenti qualche cosa <strong>di</strong> nuovo pel ben pubblico; lo stu<strong>di</strong>o inumano <strong>di</strong><br />
taluni Magistrati nell'ampliare solo il co<strong>di</strong>ce penale, e la <strong>di</strong> loro avara ambizione <strong>di</strong> estollersi<br />
alle prime <strong>di</strong>gnità dello Stato con de' nocivi, e malintesi risparmi, senza aver avuto mai il<br />
talento, o il coraggio <strong>di</strong> proporre un nuovo co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> premi, degno <strong>di</strong> un Sovrano filosofo, e<br />
cristiano come il nostro; co<strong>di</strong>ce magico, che in questi Regni produrrebbe rapi<strong>di</strong>, e portentosi<br />
cangiamenti. Finalmente quello, che le utili scoperte, ed osservazioni cadono per lo più sotto<br />
la censura degl'ignoranti talvolta posti in <strong>di</strong>gnità, buoni soltanto, a metterli capricciosamente<br />
in <strong>di</strong>scre<strong>di</strong>to, ed in oblio assieme co' loro Satelliti, <strong>di</strong> loro ancora più ignoranti, e<br />
spesso forse maliziosi, a' quali se ne affida l'esame. Costoro, accrescendo, o sottraendo<br />
colla rovinosa, e sciocca idea del poco più, poco meno al processo dello sperimento, ne<br />
tolgono per lo meno la maggior parte del merito, e vantaggio.<br />
239
In<strong>di</strong>ce dei nomi e dei luoghi<br />
Abbate del fu Francesco.................... 19<br />
Abdelalì, casale............................. 31<br />
Abdellalì, feudo............................. 92<br />
Accademia..................................... 112<br />
Acquaviva Francesco Maria, abate<br />
...................................................... 45<br />
Addotta Vito................................ 196<br />
Agate Carlo .................................. 226<br />
Aghilera ........................................ 107<br />
Agliata Elisabetta ......................... 62<br />
Agliata La Farina Vincenzo ..... 123<br />
Agonizzanti, chiesa ...................... 55<br />
Agonizzanti, quartiere ............... 103<br />
Agostino da Palermo.................. 147<br />
Airol<strong>di</strong> Stefano................................ 130<br />
Ajello Bernardo........... 157; 159; 190<br />
Ajello e Bidera Epifania............ 190<br />
Ajello Giovanni ........................... 188<br />
Ajena Niccolò............................... 186<br />
Albamonte Francesco................. 124<br />
Albamonte, arciprete..............73; 75<br />
al-Bart’niq......................................... 18<br />
Albragiara.....................47; 87; 88; 93<br />
Albragiara, borgo.......................... 52<br />
Ales Nicolò ........................... 212; 220<br />
Ales Sebastiano ................... 212; 216<br />
Alvini, contrada............................. 98<br />
Ambleri, sorgente ......................... 68<br />
Anastasio Martino ........................ 81<br />
Anello Paolo................................. 144<br />
Anselmo Onofrio ......................... 187<br />
Antiochia......................................... 96<br />
Antonino (Patti) da <strong>Partinico</strong> .. 211<br />
Antonino <strong>di</strong> Palermo .................. 147<br />
Antonio Maria da <strong>Partinico</strong> ..... 215<br />
Api, masseria dell’ ....................... 70<br />
Aquae partinicenses .......................... 19<br />
Aquas Parthinicenses ........................ 21<br />
Arcieri Vincenzo.......................... 159<br />
Artesi Giulia .................................. 95<br />
Asch Bernardo ............................. 117<br />
Auricchiuta, monte ....................... 69<br />
Avalos e Scammacca Carlo....... 162<br />
Avellone, case <strong>di</strong>........................... 56<br />
Avenello Giovanni, milite........... 22<br />
Avenello Roberto, principe<br />
normanno.................................... 22<br />
Ba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> san Castro...................... 94<br />
Ba<strong>di</strong>otta........................................... 94<br />
Bagolino Sebastiano, poeta ........ 63<br />
240<br />
Baiar<strong>di</strong> Ciro, capitano............... 79<br />
Balestrate...................... 23; 82; 94; 95<br />
Ballo .................... 91; 94; 98; 172; 185<br />
Ballo, contrada.............................. 54<br />
Ballo, eco <strong>di</strong>................................. 111<br />
Ballo, luogo ................................... 22<br />
Ballo, real villa <strong>di</strong>...................... 107<br />
Ballo, torre..................................... 54<br />
Balves Giovan Goffredo, abate . 38<br />
Bambina Giambattista............... 201<br />
Bambina Giovan Battista.......... 194<br />
Bambina Giovanni.............. 176; 201<br />
Barlotta e Ferro <strong>Giuseppe</strong> ....... 129<br />
Barlotta e Ferro <strong>Giuseppe</strong>, abate46<br />
Barlotta, principe <strong>di</strong> San <strong>Giuseppe</strong><br />
...................................................... 51<br />
Barochal Severino ........................ 76<br />
Barone Benedetto ......................... 95<br />
Barone Parisi Domenico........... 102<br />
Baronessa ................................. 92; 93<br />
Baronessa, montagna della ........ 92<br />
Baronessa, monte21; 23; 53; 54; 107;<br />
110<br />
Barstanin ........................................ 18<br />
Batiella, ritiro per orfane......... 160<br />
Bellacera ........................................ 95<br />
Bellaroto Pietro .............. 90; 94; 104<br />
Bellaroto, marchese ..................... 54<br />
Bellinvia Vincenzo, notaio ....... 137<br />
Bellomo Gaspare ........................ 174<br />
Bellomo Gaspare, notaio .......... 142<br />
Bellomo <strong>Giuseppe</strong>, notaio. 124; 170<br />
Bergamo Francesco ................... 171<br />
Bisaccia .................................. 94; 149<br />
Bisaccia, torre ......................... 54; 90<br />
Biscazza, quartiere..................... 104<br />
Bisignano........................................ 94<br />
Bizzolo............................................. 97<br />
Blanco, Margarita de ................... 71<br />
Bonarrigo Diego, notaio........... 183<br />
Bonarrigo Francesco Saverio.. 158<br />
Bonarrigo Saverio ...................... 165<br />
Bonarrigo Vincenzo ................... 148<br />
Bonfardeci <strong>Giuseppe</strong> ................ 79<br />
Bonì Domenico.............................. 54<br />
Bonura Gaetano............................. 60<br />
Bonura <strong>Giuseppe</strong>........................... 60<br />
Bonura Vito.................................. 170<br />
Bordonaro <strong>Giuseppe</strong> .................. 131
Bordonaro Vito........ 58; 83; 131; 177<br />
Borgetto21; 22; 53; 55; 59; 70; 71; 72;<br />
74; 75; 79; 82; 86; 99; 120; 124; 147<br />
Borghese Scipione, abate ............ 43<br />
Bosco <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>.29; 33; 50; 71; 95<br />
Bracco .......................................93; 96<br />
Bragiara........................................... 96<br />
Braschi Giovanangelo................ 149<br />
Brù Francesco ............................. 105<br />
Bruno Francesco......................... 170<br />
Bruno Simone, notaio................. 157<br />
Buonora Vito................................ 187<br />
Burgett, feudum ............................. 22<br />
Burgio <strong>Giuseppe</strong>............................ 85<br />
Caiola Salvatore, fabbrimastro .. 76<br />
calatacubi, vallone <strong>di</strong> Calatubo..... 31<br />
calataiub, vallone <strong>di</strong> Calatubo....... 30<br />
Caldarera Anselmo....................... 78<br />
Camarda Bartolomeo ................. 171<br />
Camerana, Giovanni Oberto da.. 71<br />
Camillo, torre................................. 54<br />
Campo Benedetta ........................ 211<br />
Campo e Lo Jacono Benedetta. 210<br />
Campolieto, feudo...................... 90<br />
Campsora, Perrono de.................. 71<br />
Cancemi Agostino....................... 181<br />
Cangemi Agostino......................... 83<br />
Cannavera ...................................... 96<br />
Cannella <strong>Giuseppe</strong>........................ 89<br />
Cannella Ottavio, notaio........... 140<br />
Cannizzaro...................................... 95<br />
Cannizzaro, sorgente.................... 68<br />
Cannizzo Gerolamo, notaio .....157;<br />
170<br />
Cannizzo Gio. Francesco .......... 223<br />
Cannizzo Girolamo, notaio....... 124<br />
Cannizzo Michele e Margherita<br />
.................................................... 168<br />
Cannizzo Sebastiana, notaio .... 184<br />
Cannizzo Sebastiano, notaio .....60;<br />
132<br />
Cannizzo Sebastiano, regio<br />
secreto....................................... 134<br />
Capo d’acqua................................. 93<br />
Cappello, luogo........................... 103<br />
Cappuccini, convento........... 55; 110<br />
Cappuccini, convento dei............ 98<br />
Caprile <strong>Giuseppe</strong> ........................ 174<br />
Caputo Alessandro.............. 120; 183<br />
Capuzzo Michele ......................... 113<br />
Caradonna Onofrio .................. 201<br />
Caravotta Angelo........................ 155<br />
Carmelitani, convento ................. 55<br />
Carmine, convento........................ 54<br />
Carnevale Gaspare..................... 123<br />
Carolina d’Austria ..................... 107<br />
Carrara Bernardo....................... 157<br />
Carrozza ......................................... 96<br />
Carrozza dell’Abbazia................. 95<br />
Carrozza della Zisa...................... 94<br />
Carrozza <strong>di</strong> Parisi........................ 95<br />
Carrozza <strong>di</strong> Pollastra .................. 95<br />
Carrozza, luogo ............................ 98<br />
Carrubella...................................... 99<br />
Caruesicca Vincenzo.................. 141<br />
Casafuri Onofrio, notaio .......... 123<br />
Casibili, casale.............................. 31<br />
Castel de' Sicoli................ 18; 19; 20<br />
Castel dei Sicoli............................ 49<br />
Castellaccio.................. 22; 24; 33; 96<br />
Castellano, piano del ................... 76<br />
Castelli Alessandro ...................... 73<br />
Castelli Bartolomeo ........... 138; 142<br />
Castelli Gregorio........................ 154<br />
Castello de' Sicoli ........................ 21<br />
Castello d'Ercole........................... 22<br />
Castello, torre................................ 54<br />
Castelluzzi, feudo ...................... 90<br />
Castronuovo Francesco ............ 175<br />
Catalano A. Sebastiano............. 168<br />
Catalano Rosalia...................... 201<br />
Catalano Sebastiano ....................... 192<br />
Catalano Sebastiano, notaio... 163;<br />
174; 194<br />
Catania <strong>Giuseppe</strong> ....................... 174<br />
Catrini Rosario ........................... 206<br />
Cavarretta Alfonso, notaio....... 140<br />
Cavarretta Gioacchino Cristofaro<br />
.................................................... 166<br />
Cavarretta <strong>Giuseppe</strong> Maria,<br />
notaio........................................ 186<br />
Cerasella, mulino <strong>di</strong> .................... 98<br />
Cerasella, paratore......................... 98<br />
Cesena Paolo da ......................... 144<br />
Chisa................................................ 97<br />
Ciambre .................................... 80; 85<br />
Ciambre, montagna delle...... 79; 99<br />
Ciaramita, contrada..................... 98<br />
Cicala.............................................. 96<br />
Cicale .............................................. 95<br />
Cirafici Francesco Salvadore,<br />
notaio........................................ 181<br />
Cirasella......................................... 98<br />
241
Cirasella, fiume............................. 98<br />
Cirasella, mulino <strong>di</strong> ................... 102<br />
Civvillera Antonino .................... 170<br />
Clau<strong>di</strong>a d’Austria, arciduchessa<br />
.................................................... 147<br />
Cocuzza Paolo ............................. 124<br />
Coda della Volpe, contrada........ 99<br />
Colantonio Carlo ........................ 161<br />
Colleggio <strong>di</strong> Maria........................ 54<br />
Collegio <strong>di</strong> Maria.......................... 55<br />
Colonna Ascanio, abate............... 42<br />
Coniglio Filippo.......................... 172<br />
Coniglio Giovanni ...................... 231<br />
Conti ................................................ 93<br />
Conti Vincenzo ............................ 122<br />
Corona <strong>Giuseppe</strong> ........................ 192<br />
Corso Andrea............................... 138<br />
Credenziero.................................... 95<br />
Crisalvi Giovanni........................... 199<br />
Crocefisso....................................... 96<br />
Cubba.................................29; 67; 102<br />
Cubba, fiume della...................... 101<br />
Cubba, lago della........................ 105<br />
Cubba, peschiera ........................ 109<br />
Cubba, piano della ....................... 98<br />
Cuculla Giovanni Stefano ......... 151<br />
curresim, Grisì................................. 31<br />
Custos Francesco Maria ........... 181<br />
Cuti, luogo...................................... 97<br />
Cuti, mulino <strong>di</strong>............................. 102<br />
Cutò, beveratoio............................ 88<br />
d’Ippolito <strong>Giuseppe</strong> Maria ....... 155<br />
d’Orlando <strong>Giuseppe</strong> e Giulia... 140<br />
De Blasi Salvatore........................ 79<br />
De Ciocchis Giovanni Angelo,<br />
visitatore regio........................ 127<br />
de Cordova Ugone, abate ............ 37<br />
De Federico <strong>Giuseppe</strong> e Isabella<br />
.................................................... 140<br />
de finocharis, vallone ..................... 31<br />
de finochio ....................................... 31<br />
De Franchi Francesco, notaio . 147<br />
De Francisci Salvatore.............. 176<br />
De Francisco Giovanni Michele<br />
.................................................... 102<br />
De Marino Marco........................ 123<br />
de Pazos Antonio Marino, abate 40<br />
de pulicariis, pianura ...................... 31<br />
de Puteo Franciscus.................... 127<br />
de Scorza Leonardo ...................... 41<br />
de' Tedeschi Giacomo, abate...... 37<br />
de Torres Ludovico....................... 41<br />
242<br />
de Vascerus Francesco.............. 144<br />
Del Castello Francesca............. 185<br />
Del Castello Vincenzo ............... 185<br />
Del Castillo e Ferro <strong>Giuseppe</strong><br />
Fedele ....................................... 188<br />
del Castillo Vincenzo................. 150<br />
Del Castillo Vincenzo, marchese<br />
<strong>di</strong> Grammontagna ..................... 22<br />
Del Pozzo Francesco, regio<br />
visitatore .................................. 117<br />
Di Amico Pietro .......................... 170<br />
Di Bartolomeo ............................. 211<br />
<strong>di</strong> Bartolomeo Antonino...... 47; 161<br />
Di Bartolomeo Antonino ........... 164<br />
<strong>di</strong> Bartolomeo Domenico, notaio<br />
.................................................... 163<br />
Di Bartolomeo Domenico, notaio<br />
............................................ 139; 183<br />
Di Bartolomeo ed Ales Antonina<br />
.................................................... 175<br />
Di Bartolomeo <strong>Giuseppe</strong> Maria<br />
.................................................... 158<br />
<strong>di</strong> Bartolomeo <strong>Giuseppe</strong> Maria,<br />
notaio .......................................... 49<br />
Di Bella Castrenze ..................... 178<br />
Di Benedetto Vincenzo ............. 224<br />
Di Blasi Salvatore ........................ 79<br />
Di Fina <strong>Giuseppe</strong>........................ 171<br />
<strong>di</strong> Francisco Giovanni Michele116<br />
Di Franco Francesco, notaio... 157<br />
Di Franco Franco....................... 138<br />
Di Franco Pietro ........................ 152<br />
Di Franco Vincenzo ................... 144<br />
<strong>di</strong> Franco Vincenzo, notaio...... 170<br />
Di Franco Vincenzo, notaio ..... 137<br />
<strong>di</strong> Gregorio Camillo..................... 96<br />
Di Gregorio Geronimo, notaio. 224<br />
Di Leo e Milioti Girolamo.......... 94<br />
Di Leo, Domenico, notaio........... 24<br />
Di Leone Giovanni ..................... 139<br />
<strong>di</strong> Lione Giovanni, notaio ......... 120<br />
Di Lione Giovanni, notaio........ 171<br />
Di Lorenzo <strong>Giuseppe</strong> ................. 158<br />
Di Lorenzo <strong>Giuseppe</strong>, notaio .. 147;<br />
161<br />
Di Miceli Pietro............................ 94<br />
Di Palermo <strong>Giuseppe</strong>................. 170<br />
<strong>di</strong> Simone, vallone......................... 97<br />
<strong>di</strong> Trapani Fabrizio............ 140; 146<br />
Di Vita Francesco Saverio ....... 132<br />
<strong>di</strong>scisam, casale <strong>di</strong> Disisa ............. 31<br />
<strong>di</strong>sise, casale <strong>di</strong> Disisa .................. 31
Domina <strong>Giuseppe</strong>........................ 112<br />
Domo Spinola Giovanni............. 141<br />
donna dominica, vallone................ 31<br />
Drago Casimiro............................. 78<br />
Drago Filippo .............................. 161<br />
Elima......................20; 24; 53; 96; 104<br />
Elima, città ..................................... 21<br />
Elimo ............................................... 20<br />
Esculo, Margarita de .................... 71<br />
Esculo, Simone de ........................ 71<br />
Falco Antonino ............................ 204<br />
falcunariam, luogo .......................... 31<br />
Fazio Lorenzo .............................. 172<br />
Fazio Saverio................................. 93<br />
Fede Antonino, notaio ............... 164<br />
Federico ..............................24; 95; 96<br />
Federico <strong>di</strong> Antiochia .................. 71<br />
Fer<strong>di</strong>nando III................................ 25<br />
Fer<strong>di</strong>nando III <strong>di</strong> Borbone................. 17<br />
Fer<strong>di</strong>nando, re..........................20; 22<br />
Ferigo Lionardo .......................... 117<br />
Fernandez Girolamo Garzia....... 94<br />
Ferran<strong>di</strong>na Domenico................ 195<br />
Ficarra, torre <strong>di</strong>etro lo Spedale 54<br />
Ficarro Gaspare, duca <strong>di</strong> Castel<br />
Mirto.......................................... 102<br />
Finazzo Geronimo....................... 102<br />
Flores Giovanni................................. 75<br />
Florio Biagio ............................... 174<br />
Florio Gaspare ............................ 162<br />
flumen jati, fiume jato ..................... 31<br />
Fontana Rossa, acqua <strong>di</strong>.............. 70<br />
Formica Franco, notaio ............ 162<br />
Foscuni <strong>Giuseppe</strong>........................ 144<br />
Framisteri....................................... 94<br />
Francesco da Caltabellotta ...... 217<br />
Francesco da Canicattì ............. 217<br />
fratris jordani, proprietario ............. 31<br />
Frazzetta Michele ......................... 89<br />
Frelles Benedetto, marchese <strong>di</strong><br />
Toralba........................................ 62<br />
Furia Anna ................................... 147<br />
Fuxa <strong>Giuseppe</strong> ............................... 49<br />
Gaetani e Basile Cristina.......... 105<br />
Galeazzo.......................................... 93<br />
Galifi................................................ 93<br />
Galletti Pietro Aloisio........................ 80<br />
Gallo ................................................ 99<br />
Gallo Andrea.................................. 95<br />
Gallo Concetta ............................ 194<br />
Gambacorta.................................... 86<br />
Gambacorta Mario ..................... 144<br />
Gambacurta ........................... 99; 101<br />
Gambacurta Raccuglia................. 41<br />
Garofano Franco, notaio.......... 171<br />
Gastone conte della Torre <strong>di</strong> Rezzonico<br />
...................................................... 18<br />
Gencoria......................................... 95<br />
Gerar<strong>di</strong> e Terroso Anna............ 219<br />
Gesugrande Paolino............... 82; 84<br />
gesuiti.............................................. 94<br />
Gesuiti............................................. 89<br />
Gesuiti ossia Parrini ................... 96<br />
Gesuiti ossia Parrini, borgo ....... 52<br />
Giacinto da Palermo.......... 110; 149<br />
Giacona Tommaso ...................... 223<br />
Giambruno ............................... 95; 96<br />
Giambruno, borgo......................... 52<br />
Giannella.................................. 94; 95<br />
Giar<strong>di</strong>na Maria ............................. 93<br />
Giar<strong>di</strong>nelli...................................... 97<br />
Gigante Antonina................ 177; 178<br />
Gigante <strong>Giuseppe</strong> ................. 60; 184<br />
Gigante Pietro............................. 194<br />
Gigante Vito <strong>Giuseppe</strong>, notaio .. 60<br />
Giganti Maria Teresa ................ 182<br />
Ginestra .......................................... 97<br />
Giorgentana....................... 93; 96; 98<br />
Giorgentana, famosissima eco. 111<br />
Giovan <strong>di</strong> Oberto <strong>di</strong> Camerana,<br />
signore <strong>di</strong> Misilicurto.............. 30<br />
Giovan d'Oberto <strong>di</strong> Camerana.... 28<br />
Giovanni da Camerana.............. 111<br />
Giovanni <strong>di</strong> Stefano, abate ......... 36<br />
Giovanni Pontecorona, abate ..... 36<br />
Giovanni, abate ............................. 35<br />
Girolamo da Caltanissetta ....... 214<br />
Giudeo, borgo................................ 52<br />
<strong>Giuseppe</strong> ......................................... 96<br />
<strong>Giuseppe</strong> da Termine ................. 148<br />
Graffeo Francesco Maria ......... 170<br />
Grammontagna, marchese <strong>di</strong>...... 22<br />
Grammontagna, marchesi <strong>di</strong>....... 33<br />
Granmontagna, marchese <strong>di</strong> ... 112;<br />
150<br />
Grano, feudo................................ 90<br />
Grassellino Agostino ................. 208<br />
Grassellino Paolo157; 174; 200; 208<br />
Greco Agatino ............. 176; 200; 209<br />
Greco Antonino........................... 225<br />
Greco Antonino Rosario, notaio<br />
.................................................... 145<br />
Greco Antonino, notaio............. 158<br />
243
Greco Benedetto.................. 158; 164<br />
Greco Domenico, notaio ... 160; 174<br />
Greco Giovanni ........................... 220<br />
Greco Rosario Antonio .............. 183<br />
Greco Rosario, notaio ............... 164<br />
gual<strong>di</strong>cassar, vallone o fiume........ 31<br />
Gualtiero <strong>di</strong> Manna, abate........... 28<br />
Guastella Domenico ................... 187<br />
Gued Elcassaro, vallone o fiume.. 31<br />
Guerraci Antonio ........................ 117<br />
Guglielmo II ..................................... 18<br />
Guidara Domenico...................... 183<br />
Guitto <strong>Giuseppe</strong> .......................... 151<br />
Gurgur, luogo................................. 68<br />
Guttadauro Francesco............ 197<br />
Guzio Pietro, abate ....................... 34<br />
Habaxara .......................................... 87<br />
Hanassiera.................................... 111<br />
Hbaxara ........................................... 87<br />
Impastato Epifanio ..................... 147<br />
indulcini, casale <strong>di</strong> al-andalusin.... 31<br />
indulcinum, casale <strong>di</strong> al-andalusin31<br />
Inga Francesco............................ 135<br />
Inga Gaetano, agrimensore ......... 52<br />
Inga Giovanni, agrimensore .............. 50<br />
Inga Salvatore ............................... 92<br />
Inglese Leonardo ........................ 211<br />
Iugnino <strong>Giuseppe</strong>, parroco.......... 39<br />
Jati, fiume ........................................ 31<br />
Jato, fiume.............................. 96; 105<br />
La Brama Eulalia ........................ 118<br />
La Cava Marco............................ 138<br />
La Franca Francesco................. 192<br />
La Franca <strong>Giuseppe</strong>................... 161<br />
La Perna e Terroso Baldassare e<br />
Maria......................................... 219<br />
La Perna Emanuele .................... 219<br />
La Rocca Bonaventura............... 151<br />
La Torre Orazio .................. 136; 176<br />
lago <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong>......................... 109<br />
Lagone, cala del.......................... 105<br />
Lanuza Luigi ............................89; 90<br />
Lau<strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando ....................... 144<br />
Lavadore ......................................... 178<br />
Lavadore, feudo del.................... 110<br />
Lavaggi Giacomo, notaio ............ 41<br />
Lazàno Giovanni ......................... 138<br />
Legio Vito .................................... 201<br />
Lenzotti............................................ 95<br />
Leofante Giovanni Bernardo,<br />
abate ............................................ 37<br />
Leofante Niccola, abate............... 37<br />
244<br />
Leone da Poggioreale................ 148<br />
Leopoldo <strong>di</strong> Borbone ............. 25; 49<br />
Leopoldo <strong>di</strong> Borbone, principe.. 37<br />
Li Calzi Gaspare......................... 185<br />
Lingona, monte.............................. 85<br />
Lingone, montagna....................... 80<br />
Lionti Filippo, notaio ................ 162<br />
Lioy Felice ........................... 167; 172<br />
Lioy Felice, commendatario. 37; 49<br />
Lioy Felice, intendente 58; 130; 133<br />
Lioy Felice, Intendente ............. 112<br />
Lo Bianco G.B.Maria, notaio .. 186<br />
Lo Cascio Girolamo, notaio..... 115<br />
Lo Grasso Francesco................. 221<br />
Lo Grasso <strong>Giuseppe</strong>................... 174<br />
Lo Jacono Antonino ..................... 93<br />
Lo Jacono e Caruso Benedetta 160<br />
Lo Jacono Francesco................. 160<br />
Lo Me<strong>di</strong>co Antonino........... 183; 202<br />
Lo Monte Vincenzo..................... 118<br />
Lo Presti e Timpanella<br />
Girolamo.................................. 199<br />
Lo Presti Gerolamo.................... 141<br />
Lo Re Antonino ......................... 199<br />
Lo Re Antonino e Michele ........ 156<br />
Lo Re Pietro................................. 141<br />
Lo Vecchio Francesco ............... 183<br />
Lo Vecchio Vincenzo, notaio.... 115<br />
Lombardo Luca ................... 115; 117<br />
Lombardo, <strong>Giuseppe</strong>.................... 39<br />
Longo Maria .................................. 196<br />
Longo Melchiorre ............. 196; 215<br />
Longo Pietro........................ 137; 196<br />
Lopes Filippo............................... 180<br />
Luca <strong>di</strong> Palermo.......................... 187<br />
Luigi da <strong>Partinico</strong> .............. 146; 149<br />
Lumia <strong>Giuseppe</strong> .......................... 141<br />
Luna Fer<strong>di</strong>nando ........................ 183<br />
Lunar e Coreano, Isidoro de.... 169<br />
Lupo Matteo................................. 176<br />
Macaluso Simone.............................. 75<br />
Macellaro ..................................... 131<br />
Maddalena Domenico ................ 183<br />
Madonna del Lume ....................... 90<br />
Madonna del Ponte, mulino <strong>di</strong>. 102<br />
Madonna del Romitello, chiesa . 86<br />
Madrice ..................................... 55; 92<br />
Magasenazzi................................. 105<br />
Magasenazzi, tonnara................ 105<br />
Maggione............................ 26; 50; 65<br />
Magione ................................ 167; 172
Majale Giuliano, abate................ 80<br />
Majale, beato ................................. 86<br />
Malinaci Gaetano............................ 117<br />
Mancuso Michele, notaio .......... 145<br />
Mandalà Luca.................................... 75<br />
Mandola Agostino Maria .......... 159<br />
Manfré Simon .............................. 181<br />
Manfré Simone..................... 176; 221<br />
Manganella Francesco ...... 140; 142<br />
Mangiona, foce della ................... 97<br />
Manierati Beatrice ...................... 226<br />
marchese della Granmontagna 185<br />
marchese <strong>di</strong> Villabianca56; 87; 104;<br />
230<br />
Marchese Ignazio........................ 156<br />
Marcianò......................................... 93<br />
Margaritella o S.Catrini .............. 21<br />
Margi sottani e soprani............... 93<br />
Maria SS.ma del Ponte .............. 119<br />
Marocco Michele......... 132; 143; 222<br />
Marù Vincenzo............................. 184<br />
Marù, don Vincenzo ..................... 31<br />
Massa Andrea .............................. 147<br />
Massasanta Federico, gran<br />
cancelliere .................................. 28<br />
Mastrilli Andrea, abate................ 42<br />
Matteo d’Ajello, vice gran<br />
cancelliere .................................. 26<br />
Mattheus de <strong>Partinico</strong>.................. 19<br />
Mattina Martino ............................ 96<br />
Me<strong>di</strong>ci Francesco Maria, granduca<br />
abate ............................................ 44<br />
Melendez <strong>Giuseppe</strong>..................... 206<br />
Merelli, fontana............................. 56<br />
Meren<strong>di</strong>no <strong>Giuseppe</strong> .................. 220<br />
merito, mirto .................................... 31<br />
Merlin Coccai ................................ 86<br />
Messana Domenico............. 187; 197<br />
Messina Niccola .......................... 187<br />
Messina Vincenzo........................ 214<br />
Metastasio ....................................... 12<br />
Mezzavilla....................................... 93<br />
Miceli, barone ............................... 94<br />
Michelangelo da <strong>Partinico</strong>149; 204<br />
Michele, abate ............................... 34<br />
Migliore Emmanuele .................... 76<br />
Migliore Santo...................... 79; 206<br />
Migliore Stefano.......................... 206<br />
Mignano .......................................... 96<br />
Mignano Natale, alias Manì....... 92<br />
Milioti.............................................. 94<br />
Milioto............................................. 96<br />
Minaci Francesco..................... 203<br />
Minaci Francesco Maria, notaio<br />
.................................... 147; 148; 158<br />
Minaci Francesco, notaio......... 139<br />
Minore Maria .............................. 174<br />
Minore Nicola e Luigi ............... 103<br />
Minore Salvatore ........................ 174<br />
Miopoli Vincentio ...................... 118<br />
miritecto, casale <strong>di</strong> Mirtetto ........... 31<br />
mirtetti, casale <strong>di</strong> Mirtetto .............. 31<br />
Mirto.............................................. 102<br />
Mirto, feudo ................................... 98<br />
Mirto, mulino <strong>di</strong>............................ 98<br />
Misilicurto, casale........................ 30<br />
Moarta, monte ............................... 68<br />
Mo<strong>di</strong>ca Francesco....................... 231<br />
mo<strong>di</strong>ca, vallone............................... 30<br />
Molinello Vecchio, mulino......... 22<br />
Molinello, contrada ................... 101<br />
Molinello, mulino ....................... 101<br />
Mollica Vincenzo ........................ 110<br />
Monacelli........................................ 95<br />
Montalbano Marco ............. 152; 199<br />
Montalbano Martino .......... 153; 169<br />
Montalbano Melchiorre, notaio<br />
.................................................... 147<br />
Montalto Carmelo....................... 165<br />
Montarbano Antonino ............. 198<br />
Monte Giorgio ............................. 169<br />
Monte Pietro................................ 137<br />
Monte Vincenzo........................... 152<br />
Montilepre...................................... 86<br />
Morfino e La Via Antonio......... 102<br />
Morici Marco, notaio................... 31<br />
Morreale Maria Anna................ 183<br />
Mottola............................................ 95<br />
Mottola Salvatore......................... 95<br />
Murghi, feudo .............................. 90<br />
Musumeci Vincenzo ................ 195<br />
Muto, pittore morrealese .......... 112<br />
Napoli Antonino ......................... 225<br />
nemoris partinici, bosco <strong>di</strong> partinico<br />
...................................................... 31<br />
Nicola da <strong>Partinico</strong>.................... 150<br />
Nicolotti e Bordonaro Marianna<br />
.................................................... 135<br />
Nocilla............................................. 93<br />
Nolfo Domenico .......................... 184<br />
Nostra Signora del Ponte ............ 55<br />
Noto Vincenzo ............................. 194<br />
Nucilla............................................. 97<br />
Nuvola Salvatore, notaio................... 76<br />
245
Occhipinti Antonio, notaio ......... 40<br />
Ogliastro......................................... 94<br />
Oliveri Rosario............................ 188<br />
Oneto Francesco, duca <strong>di</strong><br />
Sperlinga .................................... 95<br />
Opera del Purgatorio, chiesa ...... 55<br />
Pacino, luogo............................... 188<br />
Paglia, acqua della ....................... 70<br />
Pala<strong>di</strong>no Giovanni e Nunzia..... 140<br />
Palamita ............................20; 53; 104<br />
Palazzolo Pietro.................. 121; 154<br />
Pallotta Guglielmo ..................... 149<br />
Panitteri Francesco, notaio...... 142<br />
Paolo, abate.................................... 35<br />
Parco ....25; 27; 29; 32; 36; 64; 65; 66;<br />
93; 130<br />
Parco Reale.................................... 96<br />
Parco Vecchio................................ 96<br />
Pardo <strong>Giuseppe</strong>...................... 49; 110<br />
Pareti Romeo ............................... 189<br />
Parisi Domenico............................ 93<br />
Parrini.......................................89; 94<br />
Partenicus....................................... 18<br />
Parthenic ........................................ 17<br />
Parthenicum ................................... 18<br />
Paruta Antonio .................................. 75<br />
Passalacqua Gioacchino ........... 180<br />
Passo <strong>di</strong> Conti ............................... 97<br />
Pastori Nicola.............................. 103<br />
Patti <strong>Giuseppe</strong> ......................... 108; 230<br />
Patti <strong>Giuseppe</strong> ............................. 104<br />
Patti Niccolò Maria .................... 230<br />
Patti Pasquale ............................. 205<br />
Peggino Antonio.......................... 123<br />
Pellizza............................................ 94<br />
Peralta, Raimondo......................... 71<br />
Perez Alvaro................................. 174<br />
Perrone da Marineo ...................... 52<br />
Perrone Franco ........................... 178<br />
Perrone Onofrio .......................... 129<br />
Perrone Pietro............. 129; 145; 196<br />
petra grossa e<strong>di</strong>ficium burgecti,<br />
luogo ............................................ 31<br />
Piana................................................ 95<br />
Piano d’ Inferno............................ 95<br />
Piano del Re................................... 94<br />
Piero Novelli, pittore................. 112<br />
Pietro Gaetano, abate................... 35<br />
Pignatelli Serafino............................. 75<br />
Pilo Geronimo................................ 58<br />
Piro Pietro.................................... 139<br />
Pirrello Giovanni, abate .............. 43<br />
246<br />
Pizzuta, monte......................... 29; 66<br />
Placido da Monreale.................. 148<br />
Platamone Fulgenzio.................... 76<br />
Polizzi <strong>Giuseppe</strong> ........................ 79<br />
Pollastra......................................... 94<br />
Ponte................................................ 96<br />
Ponte, contrada............................. 90<br />
Ponti ................................................ 95<br />
Pontifici Pietro Paolo, notaio . 142<br />
Porta <strong>di</strong> Termine ........................... 26<br />
Pratti ....................................... 99; 101<br />
Pratti, fiume <strong>di</strong>.............................. 99<br />
Presti, quartiere ......................... 103<br />
Principe <strong>di</strong> Caramanico................... 133<br />
Principe <strong>di</strong> Cutò............................ 87<br />
Principe <strong>di</strong> Paceco..................... 105<br />
principe <strong>di</strong> Villa<strong>di</strong>cane.............. 184<br />
Procopio Vincenzo ..................... 132<br />
Proto Antonino............................ 174<br />
Proto Minore Antonino ............. 204<br />
Pucci e Raccuglia, baronessa<br />
M.Ant.......................................... 24<br />
Pucci Maria Antonia.................... 86<br />
Pucci Pietro ................................... 86<br />
Puccio e Raccuglia Maria Assunta<br />
.................................................... 148<br />
Puccio Pietro e Antonia .............. 41<br />
Puccio Pietro e Maria Antonia.. 94<br />
Puma Domenico .................... 95; 103<br />
Purpurgnano Giovanni, notaio 140<br />
Rabbiba Scipione, commendatario<br />
.................................................... 115<br />
Raccugli.......................................... 95<br />
Raccuglia.................... 86; 94; 96; 101<br />
Raccuglia Emmanuello................ 41<br />
Raccuglia Francesco ................. 210<br />
Raccuglia Giovan Paolo ... 126; 209<br />
Raccuglia Giovanni Paolo . 75; 175;<br />
210; 212; 216<br />
Raccuglia <strong>Giuseppe</strong> ................... 210<br />
Raccuglia, borgo........................... 52<br />
rachalis, fontana ............................. 31<br />
Raffaello <strong>di</strong> Urbino .................... 112<br />
Ragali............................................ 187<br />
Ragona Antonino ........................ 145<br />
Ragona Antonino, ispettore........ 58<br />
Ragona Antonio........................... 103<br />
Ragona Domenico....................... 145<br />
Ragona Francesco...................... 186<br />
Ragona Giovanni ........................ 231<br />
Ragona Pietro ............................. 145<br />
Ragona Sebastiano..................... 145
Ragona, torre.................................. 54<br />
Rainaldo, abate.............................. 35<br />
Ramo.......................... 53; 93; 101; 147<br />
Ramo Francesco............................ 85<br />
Ramo, borgo................................... 52<br />
Ramo, capo..................................... 53<br />
Ramo, castello <strong>di</strong> .......................... 99<br />
Ramotta .....................................87; 96<br />
Ramotta, gebbia ............................ 89<br />
Randazzo......................................... 95<br />
Ran<strong>di</strong>si Domenico....................... 103<br />
Rapitalà .....................................31; 96<br />
Rapitalà, feudo .............................. 92<br />
Re Cucco ....................................... 111<br />
Re Cucco, collina del................. 104<br />
Re Cucco, torre del .................... 111<br />
Rebiba.............................................. 66<br />
Rebiba Scipione .......................... 127<br />
Rebiba Scipione, abate ................ 39<br />
Renda, fiume .................................. 97<br />
Renda, fiume <strong>di</strong>.............................. 99<br />
Requisens Diego.......................... 157<br />
Riccobono Vito, notaio.................... 178<br />
Riso,torre vicino lo Spedale....... 54<br />
Rizzo <strong>Giuseppe</strong> e Leonardo........ 49<br />
Rizzo Rosario............................... 183<br />
Roana, luogo .................................. 70<br />
Roberto, abate................................ 25<br />
Rogasi Marcello .......................... 124<br />
Rognone.....................................95; 96<br />
Romitello...................................79; 80<br />
Rosella Giovanni e Can<strong>di</strong>a....... 140<br />
Rossi Eliseo Maria ................... 210<br />
Rossi Ignazio................................ 209<br />
Rosso Pietro................................. 223<br />
Rubino Pasquale ......................... 139<br />
Ruggero, gran conte ..................... 22<br />
Russo Ignazio............................... 136<br />
s. Cataldo, chiesa .......................... 23<br />
s. Cataldo, marina <strong>di</strong> ..............20; 24<br />
s. Cataldo, scaro ........................... 23<br />
S. Catrini, pianura ........................ 21<br />
s. Giovanni Ermete, chiesa ......... 31<br />
S. Margarita o S.Catrini .............. 21<br />
S. Margarita, casale <strong>di</strong>................. 21<br />
Sala.......................................30; 31; 50<br />
Sala <strong>di</strong> <strong>Partinico</strong> ....................21; 30; 33<br />
Salamone Domenico..................... 49<br />
Salamone Giovan Battista........... 41<br />
Salerno Onorato ............................ 75<br />
Salomone Domenico..................... 60<br />
Salvina .......................................... 105<br />
Salvina Nicodemo....................... 171<br />
Sambuca, marchese della............ 97<br />
San Carlo........................................ 94<br />
San Cataldo............................ 94; 105<br />
san Cataldo, chiesa....................... 51<br />
San Cataldo, mare <strong>di</strong>................... 99<br />
san Cataldo, marina <strong>di</strong>................. 51<br />
San Cataldo, marina <strong>di</strong> ... 21; 55; 98;<br />
149<br />
San Cataldo, mulino <strong>di</strong>.............. 102<br />
San Cataldo, scaro <strong>di</strong> .................. 98<br />
San Cataldo, scaro e chiesa..... 103<br />
san Cataldo, scaro o Scalo ............... 51<br />
san Cataldo, spiagge <strong>di</strong> .............. 86<br />
San Cataldo,scalo o scaro .......... 53<br />
san Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Palermo, teatro... 115<br />
san Gioacchino, chiesa................ 54<br />
San <strong>Giuseppe</strong> ................................. 94<br />
San <strong>Giuseppe</strong> li Mortilli ............. 97<br />
San <strong>Giuseppe</strong>, borgo .................... 52<br />
san <strong>Giuseppe</strong>, chiesa.................... 54<br />
San <strong>Giuseppe</strong>, quartiere ........... 103<br />
san Leonardo, real teatro................. 115<br />
San Martino delle Scale,<br />
monastero................................... 53<br />
Sanchez Francesco, abate ........... 38<br />
Sanchez Giovanni, abate............. 38<br />
sanctam <strong>di</strong>sam, luogo.................... 31<br />
Sanseverino Francesco<br />
Fer<strong>di</strong>nando .............................. 219<br />
sant’Anna, chiesa <strong>di</strong> Balestrate 83<br />
Santa Catrini ..................... 92; 95; 96<br />
santa Croce.................................... 92<br />
Santa Maria delle Grazie, chiesa22<br />
Santo Stefano, Gesualdo <strong>di</strong> ........ 86<br />
Santoro Vincenzo........................ 175<br />
Sanzone Gaspare ........................ 157<br />
Sapienza Domenico .................... 103<br />
Sapienza Pietro........................... 171<br />
Saporito Antonino, notaio ........ 143<br />
Saporito Antonino, notaro........ 139<br />
Sardo e Fontana Francesco,<br />
notaio ......................................... 78<br />
Sardo e Fontana Onofrio,<br />
notaio ......................................... 78<br />
Sardo Stefano, notaio .................. 75<br />
Sasso <strong>di</strong> Conti................................ 96<br />
Savarino Antonino, fabbrimastro<br />
...................................................... 76<br />
Savarino Franco ......................... 170<br />
Savasta <strong>Giuseppe</strong>, notaio ......... 154<br />
247
Savoca e Petrosino Leonarda<br />
.................................................... 203<br />
Scala del Palazzo.......................... 96<br />
Scala, marchese della .................. 90<br />
Scalilla, strada della.................... 91<br />
Scammacca Matteo ..................... 174<br />
Scammacca, barone ...................... 54<br />
Scichili Vincenzo......................... 187<br />
Scicli Vincenzo.......................... 199<br />
Scinda Bernardo.......................... 172<br />
Scoderi Luca, notaio .......... 151; 152<br />
Sconfitta, contrada ....................... 98<br />
Scuderi Francesco ...................... 204<br />
Sella <strong>Giuseppe</strong>............................. 216<br />
Senisio Angelo ............................... 79<br />
Seratti Francesco......................... 133<br />
Seregnano .................................94; 98<br />
Seregnano e Crapanzano,<br />
Gerolamo.................................... 94<br />
Seregnano e Crapanzano,<br />
Palmina..................................... 104<br />
Seregnano, belvedere <strong>di</strong> ............ 111<br />
Seregnano, cartiera <strong>di</strong>............... 104<br />
Seregnano, paratore <strong>di</strong>.............. 104<br />
Seregnano, torre ............................ 54<br />
Servati Francesco ....................... 135<br />
Settimo Giovanni Crisostomo..... 78<br />
Settimo <strong>Giuseppe</strong> .......................... 78<br />
Sevagnano Geronimo ................. 111<br />
Sgroi Pietro.................................. 170<br />
Sicciara......51; 82; 83; 84; 86; 97; 105<br />
Sicciara, borgata ........................... 55<br />
Sicciara, borgo............................... 52<br />
Sicciarotta, borgo.......................... 52<br />
Sigismondo d'Austria, arciduca<br />
abate ............................................ 43<br />
Solitano ........................................... 96<br />
Sottile Fabrizio, abate.................. 37<br />
Sovaro.............................................. 94<br />
Spadafora........................................ 95<br />
Spatafora ........................................ 96<br />
Specchi, baroni <strong>di</strong> Naro ............ 105<br />
Speciale Diego............................... 95<br />
Speciale Luigi, notaio.................. 52<br />
Speciale, torre................................ 54<br />
Spinola Giovanni Domenico..... 138<br />
Stella Antonino, duca <strong>di</strong> Castel<br />
Mirto............................................ 98<br />
Stella e Valguarnera Antonino 185<br />
Stella e Valguarnera Antonino,<br />
duca <strong>di</strong> Castel Mirto................ 85<br />
Stella <strong>Giuseppe</strong>.................... 174; 183<br />
248<br />
strada del Corso ............................... 55<br />
Strada grande................................. 55<br />
Tafarella Angelo......................... 175<br />
Tagliavia Carlo, duca <strong>di</strong><br />
Terranova ................................... 42<br />
Tagliavia Simone, abate.............. 41<br />
Tantalio Vincenzo....................... 148<br />
Tarallo e Oliveti Pietro<br />
Francesco............................... 200<br />
Tarallo Franco Simone ....... 95; 169<br />
Tarallo Nunzio ............................ 175<br />
Tarallo Simone Francesco........ 112<br />
Targiani Diodato..... 49; 60; 154; 166<br />
Tauro, mulino <strong>di</strong> ......................... 102<br />
Tedeschi Nicolò Maria .............. 159<br />
Teofilo Folengo....................... 80; 86<br />
Terrana <strong>Giuseppe</strong>....................... 139<br />
Terranova Antonino, notaio..... 161<br />
Testa Francesco, arcivescovo <strong>di</strong><br />
Monreale .................................... 36<br />
testa, mulino.................................... 31<br />
timpa rubea, luogo ......................... 31<br />
Timpanelli ...................................... 95<br />
Tituni Francesca......................... 140<br />
Toledo Giovan Pietro ................ 141<br />
Tomasi Antonia ............................. 94<br />
Tomasi, Antonia............................ 95<br />
Tonica Francesco e Laurea...... 205<br />
torre del Ballo ............................... 33<br />
Torre del Re................................... 96<br />
Torre Giacomo.................................. 75<br />
Torrisi ............................................. 96<br />
Torrisi soprano ............................. 93<br />
Torrisi sottano............................... 94<br />
Toscano Vincenzo ....................... 126<br />
Tosco Francesco......... 126; 132; 135<br />
Tosco Franco............................... 176<br />
Traina Michele............................ 207<br />
Trappeto... 51; 64; 86; 94; 96; 97; 104;<br />
105<br />
Trappeto, borgo............................. 52<br />
Tremmistieri, luogo.................... 116<br />
Triolo e Galifi <strong>Giuseppe</strong> Maria103<br />
Tripodo Gaetano......................... 184<br />
Troysi Giacinto ........................... 167<br />
Ugone Papé.......................... 129; 190<br />
Ugone Papé, principe <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>na<br />
.................................................... 120<br />
Urbano da Monreale.................. 148<br />
Urso <strong>Giuseppe</strong> .................................. 75<br />
Usai Mariano, notaio ........ 110; 113<br />
Valenza Filippo........................... 137
Valguarnera Ragali................91; 97<br />
Valle d’Olmo.......................... 98; 102<br />
Vecchio Giovanni........................ 170<br />
Ventimiglia Rosalia...................... 93<br />
Ventosa Emanuele Maria ........ 78<br />
Ventosa Emmanuello.................... 76<br />
Vicari Leonardo, ......................... 79<br />
Vicari Vincenzo ............................. 80<br />
Villa reale....................................... 56<br />
Villabianca, torre <strong>di</strong> ..................... 54<br />
Villafranca, principe <strong>di</strong> ............... 62<br />
vineam presbiteri, vigna................. 31<br />
Viola Pietro.................................. 144<br />
Vittoria, fontana <strong>di</strong>....................... 79<br />
Vizzini <strong>Giuseppe</strong>.......................... 178<br />
Vuso Pietro................................. 202<br />
Xhimeca Domenico e Vincenza118<br />
Zaccaria <strong>Giuseppe</strong> ..................... 103<br />
Zangara Andrea .................. 189; 220<br />
Zangara Maddalena ................ 202<br />
Zangara Rosa .............................. 221<br />
Zappulla Filippo.......................... 78<br />
Zati Simeone.................................. 74<br />
Zisa .................................. 29; 205; 207<br />
Zito Antonio Nicolò.................... 183<br />
Zito Niccola ................................. 202<br />
Zito Nicola ................................... 211<br />
Zito Nicolò ................................... 184<br />
Zolferino Agostino...................... 171<br />
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