UNIVERSIT`A DEGLI STUDI DI URBINO, “Carlo Bo”
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Nel limite τ → 0 la differenza di velocità integranda in (2.63) si può<br />
approssimare con ∆V(t0; x0) ∼ ∆u(x0, t0) e nel caso i = j si ha<br />
〈(ri − r0i )2 〉 ∼ 〈∆u 2 i (x0, t0)〉τ 2 . (2.64)<br />
Nel limite τ → ∞ le due particelle diventano indipendenti ed utilizzando<br />
un procedimento analogo a quello adottato con la formula (2.30) si ha<br />
〈(ri − r0i )2 〉 ∼ 4σ 2 i Tiiτ . (2.65)<br />
Tuttavia, sono evidenti gli effetti dovuti alla correlazione spaziale quando<br />
le particelle si troveranno nell’intervallo inerziale e questo risulta essere un<br />
regime con effetti importanti e quindi non trascurabile. Le caratteristiche<br />
generali della dispersione relativa sono esposte, ad esempio, nei lavori: [29,<br />
84, 73, 114, 126]. Nel paragrafo seguente saranno analizzate le caratteristiche<br />
della dispersione relativa nell’intervallo inerziale.<br />
2.4.1 L.F. Richardson, G.K. Batchelor e S. Corrsin<br />
La dispersione relativa è ben descritta, nell’intervallo inerziale, dalle intuizioni<br />
di L.F. Richardson del 1926 [105]. Le idee di L.F. Richardson furono<br />
poi formalizzate da A.M. Obukhov nel 1941 [89] e G.K. Batchelor nel 1950<br />
[7]. In particolare, lo schema che emerge si fonda su due risultati: il primo,<br />
detto legge dei 4/3, afferma che sia possibile definire un coefficiente di<br />
diffusione turbolenta K proporzionale alla potenza 4/3 della separazione r<br />
tra le particelle, il secondo, detto legge di t 3 o legge di Richardson, che la<br />
varianza della separazione aumenta nel tempo con la potenza t 3 , dove t è il<br />
tempo trascorso.<br />
L.F. Richardson inizia il suo articolo osservando che se l’equazione che<br />
descrive la dispersione, nel caso isotropo, è l’equazione di Fick (2.58)<br />
∂χ ∂χ<br />
+ 〈ui〉 =<br />
∂t ∂xi<br />
∂<br />
<br />
K<br />
∂xi<br />
∂χ<br />
<br />
, (2.66)<br />
∂xi<br />
dove χ è la densità in atmosfera di una certa sostanza, 〈ui〉 la velocità<br />
media nelle tre componenti cartesiane e K il coefficiente di diffusione o<br />
diffusività, allora è ben chiaro, da risultati sperimentali, che la scala del<br />
problema determina il valore di K poiché esso varia da 0.2cm 2 s −1 , nei tubi<br />
capillari, a 10 11 cm 2 s −1 nel caso della circolazione generale. Solo nel caso<br />
della diffusione molecolare K può essere costante.<br />
Considerata una particella in x0 all’istante t0, allora essa sarà in x + r<br />
nell’istante t0 + τ, così L.F. Richardson, dopo aver modificato il problema<br />
all’analisi dell’evoluzione della PDF di r dell’insieme di particelle che<br />
costituiscono la sostanza immessa , propone di modificare l’equazione di<br />
Fick (2.66) con un coefficiente K funzione di r e, dall’analisi di alcuni dati<br />
sperimentali, osserva che<br />
K(r) = αr 4/3 . (2.67)<br />
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