Scarica il NUMERO 3 – Agosto 2011-Novembre 2011
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incominciò a fare, come ironicamente afferma lui<br />
stesso «<strong>il</strong> commerciante dei prodotti della terra.<br />
E comprai un moto Ape. Anche quella con grande<br />
sacrifici».<br />
Ci racconta un aneddoto:<br />
«Non avevo i soldi per questo primo necessario,<br />
importante, acquisto. Mi rivolsi a mia madre. Ma, allora,<br />
firmare cambiali era qualcosa di brutto. Si avvertiva <strong>il</strong><br />
peso della pericolosità della cosa e mia madre fu come<br />
se scappasse dall’eventualità. Ma, siccome dovevo fare<br />
<strong>il</strong> commerciante dei prodotti della terra, la fortuna mi<br />
agevolò, un mio cugino aprì la rappresentanza della<br />
Piaggio a Valderice. Mi ci rivolsi e, solo allora, mia madre<br />
decise di fare da garante. Ed impegnò la quota della terra<br />
che io avrei ricevuto in eredità alla sua morte a garanzia<br />
del pagamento del prestito. Naturalmente fu quella la<br />
prima volta in cui acquistai qualcosa a rate. Devo dire,<br />
a distanza di decenni, che se non avessi avuto, sin da<br />
allora, questo coraggio, avrei fatto ben poca cosa. Non<br />
si poteva e non si può realizzare nulla senza un aiuto<br />
concreto della banche per gli investimenti. Le banche,<br />
a cui sono grato, da allora ad oggi, hanno sempre dato<br />
corpo ai miei sogni, alle mie intuizioni imprenditoriali,<br />
alle necessità che, di volta in volta, l’azienda necessita».<br />
E Rocco si lascia ad una battuta «è vero che le imprese<br />
riescono a crescere grazie alle banche ma è pur<br />
vero che, senza i nostri investimenti, le banche non<br />
avrebbero vita fac<strong>il</strong>e. Il loro compito non può essere<br />
solo quello di raccogliere risparmi. Quindi, con una<br />
battuta, gli imprenditori hanno bisogno della banca, e<br />
la banca ha bisogno di noi. La banca ericina prima, la<br />
Don Rizzo oggi, hanno, spesso, permesso che i sogni<br />
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imprenditoriali miei e dei miei figli si concretizzassero».<br />
Perché, come capita in ogni azienda che si rispetta,<br />
anche Rocco, amando così fortemente <strong>il</strong> suo lavoro, ha<br />
fatto si che anche i suoi figli se ne innamorassero.<br />
Un amore viscerale per <strong>il</strong> lavoro che si legge negli occhi<br />
di Andrea, Vito, Rosanna, Nicoletta e Giampaolo e si può<br />
desumere dalla storia di ognuno di essi.<br />
Un solo aneddoto per rappresentare tutto ciò c’è lo<br />
racconta Rocco.<br />
«Una volta lasciai a casa Andrea per recarmi alle cave.<br />
Distano da casa mia 15 ch<strong>il</strong>ometri. Non ricordo neppure<br />
<strong>il</strong> motivo della mia scelta ma dissi no al bambino. Dopo<br />
circa un’ora vidi Andrea entrare in cava e dall’ interesse<br />
che manifestava nel seguire le lavorazioni, mi resi<br />
conto immediatamente che in questo lavoro si sarebbe<br />
realizzato. Anche gli altri figli, compatib<strong>il</strong>mente con gli<br />
impegni scolastici sin da bambini riservavano parte<br />
del loro tempo libero alle attività aziendali maturando<br />
sin da allora importanti esperienze che continuano a<br />
r<strong>il</strong>evarsi di fondamentale importanza per l’ impresa, e se<br />
sono cresciuto così, lo devo proprio a loro».<br />
«Ritengo che, a distanza di anni, posso affermare con<br />
certezza che, nonostante la tenera età, avevo già da<br />
allora l’obiettivo di diventare un vero professionista<br />
del settore. Basti pensare che allora ero l’unico che<br />
sapeva usare, in cava, la pala meccanica. E lo facevo<br />
divertendomi come stessi ut<strong>il</strong>izzando un giocattolo.<br />
E nel frattempo aiutavo mio padre e gli altri operai»<br />
afferma Andrea, con soddisfazione, ricordando anni che<br />
sono lontani solo nel tempo, non certo nel ricordo.<br />
Ma la storia di Rocco passa attraverso un autocarro Fiat<br />
615 e dal Leoncino.<br />
Banca Don Rizzo