DUILIO GIUGNO - Publidea95

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1. Fanciullo con libro.
Particolare del rilievo
di Neumagen
(Treviri,
Landesmuseum)
2. Statua di un
professore di
rettorica greca.
Roma, Palazzo Altieri
(foto Alinari)
3. Abaco romano
4. Ricostruzione di una
antica villa romana
artmetiche. La scuola elementare
durava cinque anni, dopo di
che iniziava quello che noi chiameremmo
l’insegnamento
medio, cioè la grammatica, che
poteva essere soltanto latina, o
greca e latina. I ceti impiegatizi
pubblici e privati della società
romana e l’infinito numero di
scribae uscivano da questo corso
di studi che durava dai tre ai
quattro anni alla fine dei quali si
festeggiava con l’assunzione
della toga virile. L’ultimo livello
di studi, era quello di rettorica
che doveva formare gli oratori.
L’oratoria era tenuta in grande
considerazione dai romani e
comprendeva diversi tipi di orazioni:
quelle dimostrative, in cui
si elogiava qualcuno o qualcosa;
quelle deliberative, nelle quali si
doveva cercare di convincere; e
quelle giudiziarie, in cui si doveva
difendere o accusare. Gli
oratori dovevano imparare a parlare
in maniera elegante e persuasiva,
senza esagerare mai
nelle declamazioni. Chi voleva
proseguire gli studi oltre le
scuole di rettorica, doveva recarsi
in centri greci, primo fra
tutti Atene, dove si mantenevano
le scuole di filosofia o di scienza.
Nelle scuole c’era una disciplina
ferrea con punizioni corporali: la
ferula veniva usata per le mancanze
lievi, il flagellum per
quelle gravi. Le vacanze cadevano
in tre periodi dell’anno : 7
giorni durante i Saturnali che
incominciavano il 17 Dicembre;
cinque
giorni nei
Q u i n -
q u a -
t r u s ,
dal 19
al 23
Marzo in
onore della
dea Minerva; ed
infine nel tempo della
vendemmia. Per scrivere
si usavano le tavolette incerate,
tabellae, fatte di legno di
abete, lisce nella parte esterna e
munite di un orlo rilevato nella
parte interna per evitare che si
cancellasse lo scritto quando venivano
sovrapposte. Nella parte
interna cerata si incidevano
le lettere con lo stilus
, uno strumento di
ferro o di osso, appuntito
ad una estremità, largo e a
forma di lamina nell’altra
che serviva per spalmare
di nuovo la cera quando si
sbagliava. Si scriveva
anche sul papiro e sulla
pergamena con un inchiostro
preparato col nerofumo
e con gomma con
una penna di giunco o di
canna. Si poteva cancellare
con una spugna
umida quando l’inchiostro
era ancora fresco, altrimenti
bisognava
adoperare un raschiatoio.
Diversi erano gli strumenti, ma
anche i metodi d'insegnamento
se il poeta latino Orazio ricorda
con terrore il "verberator Opilius",
il suo terribile insegnante,
che a quanto pare non si limitava
all'uso della frusta. Una scuola
tanto diversa dalla nostra, ma che
ora come allora è specchio fedele
della società.
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Litoralegiugno2010
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