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LA DIVISIONE E L'USUFRUTTO GIUDIZIALE Sezione I La ... - Aiaf

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<strong>LA</strong> <strong>DIVISIONE</strong> E L’USUFRUTTO <strong>GIUDIZIALE</strong> 2045<br />

gnare l’intero, con i necessari conguagli ( 146 ). Da tale premessa consegue<br />

che, quando la relativa domanda venga formulata da uno solo dei<br />

condividenti, l’assegnazione dovrà disporsi a favore di questi, a prescindere<br />

da qualsivoglia indagine sull’entità della sua quota rispetto a<br />

quella degli altri ( 147 ).<br />

In presenza di un bene non comodamente divisibile dovrà pertanto<br />

procedersi all’assegnazione al coniuge che ne faccia richiesta, con<br />

l’obbligo di corrispondere all’altro la metà del valore, come da stima. Il<br />

fatto che qui non soccorra il criterio della quota maggiore non impedisce<br />

l’applicazione della norma ( 148 ), sempre che non vi sia opposizione<br />

dell’altra parte, la quale chieda identico provvedimento a proprio<br />

favore. Se invece quest’ultima si limitasse ad opporsi, chiedendo la<br />

vendita del bene indivisibile, non si ravviserebbe a suo favore alcun<br />

interesse meritevole di tutela: se l’opposizione nascesse dalla contestazione<br />

della stima, la questione andrebbe preliminarmente risolta ( 149 ).<br />

<strong>La</strong> vendita deve invece aver luogo in caso nessuno dei coniugi<br />

faccia richiesta di assegnazione. Con particolare riguardo alle questioni<br />

processuali concernenti la vendita all’incanto, potrà dirsi che la giurisprudenza<br />

di legittimità ha ritenuto non ricorribile per cassazione ex<br />

art. 111 Cost. l’ordinanza con la quale il giudice istruttore disponga la<br />

vendita con incanto dell’immobile (già) in comunione legale, « nell’ipotesi<br />

in cui manchi una sostanziale controversia in ordine alla necessità<br />

della vendita dell’immobile stesso » ( 150 ).<br />

(146) Cfr. Cass. 18 agosto 1981, n. 4938; Cass. 21 giugno 1987, n. 3717; Cass. 10<br />

aprile 1990, n. 2990.<br />

(147) Cfr. Cass. 4 maggio 1994, n. 4270; Cass. 1 o marzo 1995, n. 2335.<br />

(148) Cfr. A. CECCHERINI, Crisi della famiglia e rapporti patrimoniali, cit., p. 61; in<br />

giurisprudenza v. Cass. 28 luglio 1965, n. 1795.<br />

(149) Cfr. A. CECCHERINI, Crisi della famiglia e rapporti patrimoniali, cit., p. 61.<br />

(150) Cfr. Cass., 11 maggio 2009, n. 10798. Nella specie, in applicazione del<br />

riferito principio, la Suprema corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, atteso che il<br />

marito convenuto non aveva contrapposto, né con la comparsa di costituzione, né nel<br />

corso del giudizio divisorio, un’istanza dalla quale risultasse una reale contestazione del<br />

diritto alla divisione (tale non potendosi ritenere l’eccezione di improponibilità della<br />

azione intrapresa sulla titolarità, in capo a esso convenuto del diritto di godimento della<br />

casa familiare, assegnatagli in sede di separazione personale). Questa circostanza,<br />

secondo la Cassazione, non sarebbe stata comunque idonea a impedire la vendita, non<br />

essendo del resto state mosse contestazioni alle risultanze della consulenza d’ufficio<br />

espletata in corso di causa, con ciò escludendosi che il giudice istruttore potesse in<br />

alcun modo inferire dalla condotta processuale del convenuto una volontà di opporsi<br />

alla vendita.

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