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LA DIVISIONE E L'USUFRUTTO GIUDIZIALE Sezione I La ... - Aiaf

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2074<br />

LO SCIOGLIMENTO DEL<strong>LA</strong> COMUNIONE LEGALE<br />

c.c. deve essere computata, in aggiunta alla quota in piena proprietà<br />

spettante al predetto coniuge superstite ( 232 ).<br />

A ben vedere, tale ultima conclusione deriva dalla espressa e<br />

speciale disposizione legislativa successoria, in forza della quale il<br />

legislatore, stabilendo che il peso in oggetto gravi « sulla porzione<br />

disponibile » (cfr. art. 540 cit.), manifesta chiaramente l’intento di<br />

trattare l’attribuzione alla stregua di un’attribuzione con dispensa da<br />

imputazione ex art. 564, secondo comma, c.c. Il legislatore delle<br />

successioni mostra così di voler non solo garantire il godimento di tali<br />

diritti, ma anche attribuire al coniuge superstite un utile economico<br />

destinato, almeno quando grava solo sulla disponibile, ad addizionarsi<br />

alla quota astratta di legittima ( 233 ). Inutile dire, allora, che, se questa è<br />

la ragione per la quale nella divisione ereditaria il diritto ex art. 540 c.c.<br />

va computato anche nel caso di attribuzione della proprietà esclusiva al<br />

coniuge superstite, tale ultima norma non può in alcun modo essere<br />

invocata nel ben diverso caso della divisione conseguente allo scioglimento<br />

del regime legale, per la quale nessuna disposizione consacra per<br />

un coniuge (al di fuori del distinto caso dell’usufrutto giudiziale) un<br />

diritto gravante sulla quota dell’altro.<br />

Rimane quindi ulteriormente confermato a contrariis che, in caso di<br />

assegnazione del diritto di proprietà esclusiva in sede divisoria al<br />

coniuge già titolare del diritto di godimento attribuito in sede di crisi<br />

coniugale, costui dovrà corrispondere all’altro la metà del valore del<br />

bene « incrementato » dall’estinzione del diritto di godimento, come<br />

appare del resto intuitivo, non appena si ponga mente al fatto che, una<br />

volta ricevuta l’assegnazione in proprietà, il predetto coniuge ben<br />

(232) In favore di questa argomentazione, criticata nel testo, v. invece TEDESCO,<br />

Divisione della casa coniugale di proprietà comune e provvedimento di assegnazione del<br />

bene ad uno solo dei coniugi separati o divorziati, cit., p. 116 ss. e, sulle sue orme,<br />

CUBEDDU, Provvedimento di assegnazione della casa familiare e divisione del bene, loc.<br />

ult. cit.<br />

(233) Cfr. sul punto G. GABRIELLI, Commento all’art. 540 c.c., in Commentario alla<br />

riforma del diritto di famiglia, a cura di Carraro, Oppo e Trabucchi, I, 2, Padova, 1977,<br />

p. 834; L. FERRI, Dei legittimari. Art. 536-564, in Commentario del codice civile a cura<br />

di Scialoja e Branca, Bologna - Roma, 1981, p. 56; CATTANEO, <strong>La</strong> vocazione necessaria<br />

e la vocazione legittima, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, I, 5, Torino,<br />

1982, p. 400; Contra PEREGO, I presupposti della nascita dei diritti d’abitazione e d’uso a<br />

favore del coniuge superstite, in AA.VV., Studi in onore di Grassetti, III, Milano, 1980, p.<br />

1410, secondo cui se il coniuge acquista la piena proprietà della casa o dei mobili, il fine<br />

della norma, che è quello di assicurargli il godimento di tali beni, sarebbe già raggiunto<br />

e non vi sarebbe quindi alcun motivo per attribuirgli un ulteriore vantaggio.

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