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Scarica - Associazione San Marcellino

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una vita comunitaria ideale traspare l’attaccamento ad un impianto valoriale<br />

segnato dai trascorsi di carcere e dal tempo passato nella Legione straniera<br />

prima come fante e poi come infermiere, dove non facendo né osservazioni,<br />

né critiche agli altri si ha il diritto di non riceverne mai e dove le inadempienze<br />

e le carenze di qualcuno vengono subito coperte da altri.<br />

Nella dimensione comunitaria una concezione simile della convivenza si<br />

scontra con il lavoro di scambio e arricchimento che quotidianamente avviene<br />

tra gli ospiti. Le modalità di relazionarsi di Piero, frutto molto probabilmente di<br />

esperienze povere d’opportunità di vera condivisione, lo condizionano molto,<br />

ma non sembrano rappresentare un ostacolo al suo progetto con <strong>San</strong><br />

<strong>Marcellino</strong> e alla sua voglia di andare avanti e alla scelta concordata di<br />

passare alla comunità di vita “Il Ponte” piuttosto che in un alloggio.<br />

Questa scelta appare dettata dal suo bisogno e dalla sua voglia di socialità, di<br />

condivisione, di famiglia. Il 31 maggio 1999, si trasferisce in comunità dove<br />

prende subito possesso dei suoi spazi, mostrando lo sviluppo di un forte<br />

senso d’appartenenza con le strutture, e con la più ampia realtà di <strong>San</strong><br />

<strong>Marcellino</strong>, cosa evidenziata anche dalla sua scrupolosa puntualità nel<br />

presentarsi ai colloqui settimanali; padroneggia in cucina, luogo a lui preferito,<br />

dove riscatta la sua identità perduta, riprendendo coscienza di se stesso e<br />

delle sue capacità.<br />

Quando gli chiedo di spiegarmi secondo lui che significa l’essere libero, mi<br />

dice: “Ero solo, orfano di guerra, sono stato affidato ad una zia materna che<br />

sposò un militare di Messina e ci trasferimmo li, dove ho frequentato le scuole<br />

dei Salesiani fino alla prima liceo, quando a causa di litigi violenti con il marito<br />

della zia, presi l’unica via che mi sembrava possibile per sfuggire da una<br />

situazione ormai insopportabile, e mi arruolai in marina. Dopo tre anni di<br />

Legione straniera venni espulso e approdai cosi a Genova, dopo un paio di<br />

anni come barista cambiai professione e cominciai a fare il ladro e poi la vita<br />

trascorse fine a se stessa, quasi a me estranea, ogni giorno agivo mosso da<br />

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