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Toscano di nascita ma vicentino<br />
d'adozione, fondatore di una<br />
delle aziende più innovative del<br />
territorio vicentino (la Askoll, 140<br />
milioni d fatturato, 500 dipendenti<br />
e quasi 400 brevetti depositati),<br />
Elio Marioni è sicuramente<br />
una delle figure di punta dell'imprenditoria<br />
vicentina. Da tre anni<br />
è anche presidente del Cuoa, la<br />
fondazione di studi universitari<br />
di organizzazione aziendale di<br />
Altavilla, un punto di osservazione<br />
privilegiato sulla realtà e sullo<br />
stato di salute dell'economia<br />
della provincia. "E in questi anni<br />
la fondazione ha fatto progressi<br />
straordinari - rivendica con orgoglio<br />
-, soprattutto come consapevolezza<br />
del proprio ruolo sociale.<br />
Qual è il ruolo di un centro<br />
come il Cuoa per un' economia<br />
come quella vicentina, che sta<br />
attraversando un momento di<br />
difficoltà e di profondi cambiamenti?<br />
"Il Cuoa ha un ruolo assolutamente<br />
primario, ancora più della<br />
produzione e della finanza, perché<br />
deve diventare lo strumento<br />
di congiunzione tra il mondo<br />
delle imprese e quello della conoscenza.<br />
Nel nostro sistema la conoscenza<br />
ha avuto per tanti anni un ruolo<br />
marginale, soprattutto perché le<br />
istituzioni universitarie non si<br />
sono avvicinate al mondo delle<br />
attività: troppa politica, troppe<br />
divisioni".<br />
È vero anche il contrario, però.<br />
"Sì, ma credo che l'industria sia<br />
meno colpevole, nel senso che<br />
tocca a chi ha più cultura fare lo<br />
sforzo maggiore per avvicinarsi<br />
all'altro. Invece si è creato questo<br />
stereotipo per cui l'imprenditore<br />
e l'accademico non si parlano, e<br />
stanno uno da una parte e uno<br />
dall'altra, senza contatti. Il Cuoa<br />
è sempre stato più vicino al versante<br />
universitario. Io ho invertito<br />
questa tendenza avvicinando<br />
la Fondazione alle richieste del<br />
nostro sistema produttivo. Del<br />
resto oggi l'azienda non può<br />
sopravvivere senza conoscenza,<br />
non basta più dire che siamo un<br />
popolo di fantasisti e inventori:<br />
quel tipo di imprese ha fatto il<br />
suo tempo e non ha più speranze.<br />
Non si può competere nel mondo<br />
globalizzato senza gli strumenti<br />
adatti. È come correre in bicicletta<br />
contro i treni ad alta velocità".<br />
Lei ha detto che la spesa per un<br />
master equivale a quella per<br />
un'auto nuova, ma è un regalo<br />
molto più utile da fare ad un<br />
figlio. I vicentini l'hanno capito?<br />
"Direi di sì. E come Cuoa dobbiamo<br />
arrivare a garantire un posto<br />
inchiesta<br />
adeguato a tutti i giovani che<br />
vengono da noi, si impegnano e<br />
lavorano duro. Ci siamo vicini,<br />
perché con i master degli ultimi<br />
24 mesi l'80 - 90 per cento degli<br />
studenti aveva già un contratto a<br />
tempo indeterminato <strong>alla</strong> fine del<br />
corso. E ci sono situazioni paradossali<br />
in cui si diplomano 30<br />
giovani e abbiamo 60 richieste".<br />
Avete avviato un master riservato<br />
agli imprenditori. C'è bisogno<br />
di formazione anche per la<br />
classe imprenditoriale?<br />
"Ce n'è molto nelle vecchie generazioni,<br />
meno nei giovani, che<br />
hanno più cultura, e questo è uno<br />
dei motivi che è <strong>alla</strong> base di molti<br />
conflitti legati al cambio generazionale.<br />
Del resto un imprenditore<br />
che vuole gestire un'azienda<br />
nel mondo di oggi deve capire<br />
che cosa vuol dire gestire una<br />
squadra o creare consenso, solo<br />
per fare un paio di esempi, e deve<br />
avere la capacità di mettersi in<br />
discussione. Ci sono tante virtù<br />
nell'imprenditoria vicentina, a<br />
cominciare da una grande voglia<br />
di fare e di intraprendere, ma<br />
queste devono essere strutturate<br />
e guidate".<br />
A proposito di imprese vicentine:<br />
gli ultimi dati mostrano che<br />
l'economia sta ripartendo. È<br />
davvero finita la crisi?<br />
"No. Guardiamo ai livelli di occupazione:<br />
se si considera il dato<br />
complessivo, l'occupazione è stazionaria.<br />
Ma se analizziamo nel<br />
dettaglio vediamo che c'è una<br />
crescita nei servizi e un calo nell'area<br />
prettamente industriale. Se<br />
l'occupazione meramente produttiva<br />
non cresce, non cresce<br />
nemmeno la vera ricchezza. Si<br />
alimenta il mercato interno, il<br />
suk, per così dire, ma non la creazione<br />
di ricchezza. La vera crescita<br />
è quando ci sono delle attività<br />
che si confrontano a livello globalizzato<br />
e creano occupazione di<br />
alto livello legata alle attività produttive.<br />
E questo non sta avvenendo".<br />
Cosa manca?<br />
"Manca la politica. Si parla molto<br />
e si fa troppo poco, quando bisognerebbe<br />
fare il contrario. Le<br />
ricette le conosciamo tutti, sono<br />
state fatti decine di convegni, ma<br />
bisogna avere la forza di applicarle".<br />
Lei è stato uno dei primi a sostenere<br />
che non sempre la delocalizzazione<br />
è conveniente.<br />
Perché, allora in tanti continuano<br />
ad andare all'estero?<br />
"Bisogna vedere cosa si delocalizza,<br />
ma ormai si stanno rendendo<br />
conto tutti che la delocalizzazione<br />
non può essere una scelta per<br />
tutti. Se una volta partivamo con<br />
la valigia di cartone, adesso non<br />
possiamo partire con la ventiquattrore:<br />
può funzionare per le<br />
grandi imprese strutturate, per le<br />
multinazionali, non per i piccoli<br />
imprenditori".<br />
Da presidente di una<br />
Fondazione che lavora a sostegno<br />
dell'economia, come vede la<br />
situazione di stallo della Fiera?<br />
"Ci si sta nascondendo dietro<br />
problemi marginali. Sotto c'è la<br />
politica, ci sono gli interessi, le<br />
cariche. Invece bisognerebbe<br />
chiedesi seriamente a cosa serve<br />
una fiera oggi? La fiera di<br />
Vicenza ha una funzione ancora<br />
attuale? Sono domande difficili:<br />
la fiera è nata per un'industria,<br />
quella dell'oro, che oggi non c'è<br />
più, e ha funzionato bene fin<br />
quando ha avuto una mansione<br />
chiara.<br />
Oggi la funzione primaria è sparita,<br />
e mi sembra che non riesca<br />
più ad essere efficace né come<br />
vetrina né come mercato, che<br />
sono le due cose principali a cui<br />
serve una fiera. È un centro di<br />
potere, ma non vedo una funzione<br />
economica prioritaria".<br />
Sta dicendo che dovrebbe chiudere?<br />
"Non dico questo, ma ci si deve<br />
rendere conto che tutto il sistema<br />
è cambiato. Anche in questo settore<br />
una concentrazione delle<br />
attività è inevitabile. Non è pensabile<br />
che ogni paese abbia la<br />
propria fiera: è antistorico e<br />
antieconomico".<br />
3 MARZO 2007<br />
Per il possibile successore di Calearo Assindustria deve rinnovarsi. Perchè la sfida della globalizzazione è ancora tutta da giocare<br />
Marioni lo sfidante: “C’é ancora crisi”<br />
Elio Marioni, fondatore del gruppo Askoll e presidente della Fondazione<br />
Cuoa. Potrebbe essere lui il successore di Calearo in Confindustria<br />
Fra gli aspiranti al famoso "indotto" della nuova base<br />
Usa si è formata una cordata di piccoli imprenditori edili<br />
in lizza per il re-bando che scade il 6 marzo.<br />
Chiedono a gran voce modifiche <strong>alla</strong> legge Merloni del<br />
'94, la legge quadro sui lavori pubblici approvata a<br />
ridosso dell'inchiesta Mani Pulite contro la corruzione<br />
nel business degli appalti. Subito pronti a fare lobby a<br />
Roma i parlamentari locali Pierantonio Zanettin (Forza<br />
Italia) e Paolo Franco (Lega Nord). Ma l'iniziativa è<br />
persa in partenza.<br />
La Merloni prevede che superato il valore di 6 milioni di<br />
euro, un bando di gara si estenda <strong>alla</strong> concorrenza delle<br />
imprese di tutta Europa. Il che equivale a dire "internazionali",<br />
perché le multinazionali americane hanno le<br />
loro divisioni europee e nazionali. Che sia molto difficile,<br />
per non dire impossibile, che la legge subisca cambiamenti<br />
per creare canali preferenziali ad hoc alle ditte<br />
locali, lo dicono due fatti. Primo: la politica edilizia<br />
Negli ultimi mesi Vicenza è<br />
stata considerata la città-simbolo<br />
della rivolta della base confindustriale,<br />
fatta di piccole e<br />
medie imprese, contro i vertici<br />
dell'associazione e contro il<br />
governo Prodi. C'è davvero questo<br />
malessere?<br />
"Credo di sì, ed è normale. Un<br />
governo che prevede la generazione<br />
di posti di lavoro attraverso<br />
la burocrazia, che non rappresenta<br />
in modo diretto il mondo<br />
imprenditoriale, che non ha possibilità<br />
di soddisfare le richieste<br />
dei propri elettori se non in modo<br />
assistenzialistico e quindi antieconomico,<br />
che cosa c'entra con gli<br />
imprenditori? È antitetico: può<br />
cercare il confronto, ma è come<br />
mettere assieme il diavolo e l'acquasanta".<br />
E nei confronti dei vertici di<br />
Confindustria?<br />
"Confindustria è un'associazione<br />
come tutte le altre: autoreferenziale,<br />
che vive di quote associative<br />
e di associati.<br />
Queste associazioni, concepite<br />
come sono ora, hanno fatto il loro<br />
tempo: devono aprirsi, democratizzarsi,<br />
dare spazio al confronto,<br />
non occuparsi solo delle proprie<br />
attività interne. Devono parlare<br />
di meno e fare di più, ma forse<br />
per fare questo mancano un po'<br />
di idee".<br />
Lei è candidato <strong>alla</strong> presidenza<br />
della Confindustria vicentina:<br />
sarà lei il successore di Calearo?<br />
"Non so. Per quanto mi riguarda,<br />
si decide lunedì.<br />
Diciamo che la mia candidatura<br />
finora non ha avuto vita facile.<br />
Mi auguro che i membri della<br />
giunta che sono chiamati a pronunciarsi<br />
sulla mia persona siano<br />
sereni e tranquilli nel giudizio".<br />
Quegli imprenditori piccoli piccoli<br />
seguita fin qui dal ministro delle Infrastrutture Antonio<br />
Di Pietro non vede fra i suoi obbiettivi alcuna riforma<br />
della normativa sui lavori pubblici. Tanto meno sulla<br />
Merloni, frutto proprio di quella lotta agli inciuci sottobanco<br />
di cui lui è stato un campione quando portava la<br />
toga. Secondo: un bando europeo come quello del Dal<br />
Molin segue le regole europee, e per cambiare queste<br />
bisogna fare lobby non a Roma, ma a Bruxelles. Ma a<br />
trovare ascolto negli uffici dell'euroburocrazia sono solitamente<br />
proprio le grandi imprese di costruzioni della<br />
stazza di Impregilo, delle governative Coop rosse o dei<br />
colossi stranieri favoriti per l'affare Ederle 2. La disperata<br />
richiesta d'aiuto dei piccoli impresari vicentini fa<br />
sembrare probabile l'azzeramento della quinta e più<br />
importante delle cinque condizioni con cui il Comune ha<br />
detto sì <strong>alla</strong> base: l'utilizzo di "risorse locali".<br />
A.M.