10.06.2013 Views

download - Consumatori - Home

download - Consumatori - Home

download - Consumatori - Home

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

mento di temperatura per unità di<br />

superficie. Le normative vigenti impongono<br />

limiti ben precisi al Sar.<br />

Questo limite in Europa è di 2 (watt<br />

per kilogrammo su 10 grammi di tessuto),<br />

mentre negli Usa e in Canada il<br />

limite è stato fissato in 1,6 Watt per<br />

kilogrammo. Ovviamente tutti i cellulari<br />

in commercio sono omologati e<br />

rispettano questi valori, ma ovviamente<br />

è bene che i consumatori sappiano<br />

e conoscano che tipo di apparecchio<br />

hanno acquistato. Già dal<br />

2001 il valore del Sar deve essere indicato<br />

sulla confezione o nel manuale<br />

d’uso di ogni apparecchio. Esistono<br />

siti internet di associazioni, specie<br />

americane (segnaliamo www.ewg.<br />

org) in cui è comunque possibile scoprire<br />

il livello di emissioni di ogni cellulare.<br />

I modelli con i valori più alti<br />

arrivano vicini ai limiti americani<br />

(1,58-1,59 W/kg), mentre i modelli<br />

migliori (ovviamente migliori rispetto<br />

a questo valore, ma magari meno<br />

dotati di funzioni e applicazioni)<br />

hanno valori di Sar intorno a 0,30 W/<br />

kg. Ovviamente queste cifre dipendono<br />

dalle caratteristiche costruttive<br />

dell’apparecchio (e ogni marca o singolo<br />

modello ne ha di diverse), ma dipendono<br />

anche dalle condizioni di<br />

utilizzo. Ad esempio se si telefona in<br />

una situazione in cui c’è poco campo,<br />

il cellulare aumenta la sua potenza<br />

per far arrivare il segnale. Ma in uno<br />

stesso luogo i cellulari (e questa è<br />

esperienza capitata prima o poi a tutti<br />

gli utilizzatori), possono ricevere più<br />

o meno bene a seconda di modello e<br />

operatore. E dunque anche in funzione<br />

di ciò il livello di Sar cambia.<br />

Dunque anche qui si scopre che, senza<br />

cadere in paure infondate o eccessive,<br />

conta essere consumatori informati,<br />

che acquistano e scelgono il<br />

loro telefonino in base a tante variabili,<br />

una delle quali è anche questa. E<br />

poi imparano a usarlo seguendo alcune<br />

cautele che non limitano di certo<br />

la libertà di ognuno. E sicuramente,<br />

almeno in Italia, oltre a garantire<br />

la salute rendendo più sicura la circolazione<br />

stradale. l<br />

un pianeta da difendere<br />

di Mario Tozzi<br />

primo ricercatore Cnr - Igag<br />

e conduttore televisivo<br />

Rinnovabili<br />

Incentivi veri e caso italiano<br />

In questo sciagurato paese non si riescono proprio ad evitare spettacoli<br />

penosi, come quello sulla riduzione o addirittura sull’ipotizzata eliminazione<br />

degli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili. Prima di tutto<br />

domandiamoci se gli incentivi servono. La risposta è sì: se si vuole<br />

far decollare l’energia pulita e rinnovabile gli incentivi occorrono, magari<br />

limitati alla prima fase, ma occorrono. Del resto questo accade in tutti i<br />

paese del mondo: in Germania il Piano nazionale fonti rinnovabili consegnato<br />

a Bruxelles prevede, al 2020, di avere un installato cumulativo solare<br />

fotovoltaico di 52.000 MW (nel 2010 erano 16.000, in Italia oltre 3.000)<br />

e di produrre 41TWh/anno di energia elettrica dal sole.<br />

Complessivamente la Germania produrrà al 2020 da rinnovabili 216 TWh.<br />

L’obiettivo europeo sulle rinnovabili per i tedeschi, sempre al 2020, è fissato<br />

al 18%, ma loro contano di superarlo e arrivare al 19,6%, così suddiviso:<br />

38,6% nel settore elettrico, 15,5% nel termico; 13,2% nei trasporti. Nel<br />

2010 i tedeschi hanno pagato in bolletta circa 9 miliardi di Euro per incentivi<br />

alle rinnovabili (in Italia circa 3 miliardi) e prevedono di arrivare al<br />

2020 spendendo la stessa cifra (o anche di ridurla sino a 7 miliardi, a seconda<br />

degli scenari) per poi iniziare a scendere ancora più rapidamente.<br />

Il meccanismo incentivante tedesco si basa su una tariffa onnicomprensiva<br />

per cui la remunerazione complessiva del rinnovabile ad oggi (incentivi +<br />

valore energia) vale 12 miliardi di euro e, al 2020, varrà 20 miliardi. Oggi<br />

in Germania il fotovoltaico pesa in bolletta per circa 4 miliardi (poco più di<br />

2 ciascuno l’eolico e la biomassa), in Italia 800 milioni. Al 2020, in Germania<br />

si prevede che il peso sarà più o meno sempre di 4 miliardi.<br />

Oggi il costo per le rinnovabili sostenuto da una famiglia tedesca media è<br />

poco meno di 7 euro/mese (in Italia circa 2, di cui solo meno di un terzo per<br />

il fotovoltaico). Inoltre ogni forma di energia ha goduto di incentivi, compresa<br />

quella nucleare, per fortuna oggi morta e sepolta. Ma allora, perché le<br />

rinnovabili in Italia non decollano definitivamente? Forse perchè, come<br />

ebbe a dire un importante (e ignorante) dirigente del comparto elettrico<br />

italiano, “il solare non ha dignità industriale”? Come se Giappone e Germania<br />

fossero paesi di economia terzomondista e non tra le maggiori potenze<br />

economiche del pianeta. Sono gli stessi che volevano a tutti i costi il nucleare,<br />

sempre quelli. Direi di più: che interesse potrebbe avere l’industria<br />

energetica centralizzata a sviluppare tecnologie che porterebbero, alla fine,<br />

il cliente a sganciarsi sempre di più dalla rete di distribuzione e, dunque,<br />

dalle bollette? Perché chi ha sempre campato sull’accentramento dovrebbe<br />

improvvisamente favorire il decentramento energetico? O addirittura ridursi<br />

a comperare energia dal singolo cliente che diventa improvvisamente<br />

produttore autosufficiente? Vedi che la ragione vera, alla fine, si trova.<br />

35

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!