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nei secoli una civiltà differente dalla nostra, ma<br />
non per questo migliore o peggiore … solo<br />
DIVERSA!!<br />
Il problema è che il diverso mette in discussione<br />
ciò che sentiamo consolidato dentro e fuori di noi<br />
… e questo risulta assai difficile da tollerare, ci<br />
vuole coraggio a mettersi in discussione.<br />
Ascoltare, osservare e, perché no, imparare<br />
dall'esperienza dell'altro …. rappresenta il modello<br />
di sviluppo dell'individuo … quindi del sociale, ma<br />
noi ora, come ora, ne siamo talmente spaventati<br />
da negarlo forzosamente tanto da nasconderci<br />
dietro il muro della globalizzazione che … non<br />
avrebbe nulla di negativo se non la valenza<br />
distruttiva che sa assumendo nella sua<br />
connotazione neo-liberista.<br />
La globalizzazione, così come è attualmente<br />
concepita, non è altro che imposizione e<br />
sfruttamento economico supportata dal concetto<br />
di esclusività socio-culturale da parte del mondo<br />
ricco …<br />
Il sistema globale ha determinato da un lato<br />
l'allargamento del numero di relazioni<br />
interpersonali, dall'altro ne ha ridotto il loro valore<br />
assoluto, il loro significato, spersonalizzando gli<br />
interlocutori. È aumentato il numero delle<br />
reciproche dipendenze, dipendenze che vanno a<br />
mascherare le singole personalità sempre e<br />
comunque in funzione di un solo obiettivo globale:<br />
il profitto a tutti i costi!<br />
Ogni nostro agire è relativo all'utilità che ne ricava<br />
il sistema … ma quanto ci appartiene questo agire<br />
finalizzato alla prestazione oggettiva imposta ?<br />
l'individuo per affermarsi si trova costretto a<br />
limitarsi ad una sola tipologia di prestazioni<br />
relative a ciò che il sistema pretende. Il sistema<br />
dal canto suo divide, fissa e rende oggettiva<br />
l'azione sociale complessiva ed è solo da quella<br />
che ognuno di noi è autorizzato ad esprimersi.<br />
Una sorta di “normalità” imposta e finalizzata!<br />
La libertà ha perso la sua connotazione originale,<br />
quella di conquista dell'indipendenza interiore, il<br />
concetto di libertà si è trasformato in NON-<br />
DIPENDENZA. Non siamo più gli attori protagonisti<br />
della nostra esistenza, ma lo sono gli intrecci delle<br />
nostre prestazioni in funzione degli scopi prioritari<br />
imposti. La relazione interpersonale evita così il<br />
contatto, l'intimità e l'emotività con conseguente<br />
rinuncia alla propria riservatezza, con enorme<br />
difficoltà nel riconoscimento del nostro corredo<br />
emotivo.<br />
La mia esperienza clinica nell'ambito dei disturbi di<br />
relazione mi suggerisce quotidianamente come<br />
questo intrecciarsi di relazioni fittizie determini<br />
l'insorgenza di disagi sino a franche patologie a<br />
carattere autodistruttivo<br />
L'AUTODISTRUTTIVITA' è sostenuta<br />
dall'aggressività non espressa, coartata, ma<br />
presente ed esaltata dalla forzosa chiusura cui il<br />
soggetto viene sottoposto.<br />
Riducendosi lo spazio espressivo, ovviamente<br />
aumenta il ripiegamento su di se con conseguenti<br />
ripercussioni emotive quando la funzione che<br />
all'individuo spetta come membro impersonale<br />
dell'organismo sociale entra in collisione con<br />
quello che l'individuo aspira ad essere. Si è creata<br />
una nuova forma di schiavitù tecnologica che crea<br />
conflitto interiore, che blocca le emozioni e che<br />
induce aggressività e …. paura, tanta paura di non<br />
riuscire ad essere ciò che virtualmente il sistema<br />
ci impone!<br />
Ed è proprio su questo che il nostro staff medico<br />
psicologico lavora... integrando il programma<br />
rieducativo destinato ai portatori di disturbi di<br />
relazione, con forti stimoli sociali atti ad aprire la<br />
visuale dei soggetti disagiati che purtroppo<br />
ripiegati in se stessi hanno sviluppato una visuale<br />
ad angolo acuto.<br />
Tutto questo nel contenitore associativo<br />
identificato quale mezzo, al momento, più<br />
adeguato per il trattamento riequilibratore di<br />
questa tipologia di disagi.<br />
Quale strada percorrere per tentare almeno di<br />
uscire da questo buco nero ? Forse l'unico<br />
strumento che abbiamo a disposizione è quello di<br />
ampliare la nostra sfera cognitiva. Maggiore è il<br />
numero di informazioni, maggiore è la possibilità<br />
di riappropriarsi della libertà di espressione, di<br />
scelta, di movimento.<br />
Dobbiamo cercare di uscire dall'omologazione<br />
sociale sapientemente indotta e condotta dal<br />
sistema mediatico che ha modificato il nostro<br />
modo di fare esperienza. L'esperienza non è più<br />
esperienza individuale, reale, derivante dal<br />
contatto con l'altro, ma rappresentazione virtuale<br />
del mondo.<br />
Esonerandoci dall'esperienza diretta ci rimane solo<br />
il rapporto con la rappresentazione degli eventi.<br />
Ma chi li rappresenta questi eventi ? Il sistema<br />
mediatico filtra ogni situazione, la modifica a suo<br />
piacimento ed induce un giudizio globale<br />
omologato determinando una sequela di<br />
comportamenti a risposta, comportamenti che<br />
pongono le loro basi sulla virtualità e sulla<br />
manipolazione.<br />
Ognuno di noi rappresenta ciò che, nell'ambito di<br />
una sorta di monologo collettivo, l'esperienza della<br />
comunicazione globale induce senza alcuna<br />
possibilità di formulare valutazioni e giudizi<br />
sull'onda della nostra stessa struttura di<br />
personalità.<br />
Siamo preda del crollo della comunicazione umana<br />
che è naturalmente caratterizzata da<br />
contraddizioni, da emozioni, da verità e bugie,<br />
perdendo in questo modo la responsabilità<br />
individuale identificabile nel parlare a proprio<br />
nome, siamo caduti preda dell'appiattimento del<br />
pensiero critico collettivo che rappresenta una<br />
potente ancora di salvezza orientata a modificare,