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dispensa - NA Di.R.

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2<br />

nei secoli una civiltà differente dalla nostra, ma<br />

non per questo migliore o peggiore … solo<br />

DIVERSA!!<br />

Il problema è che il diverso mette in discussione<br />

ciò che sentiamo consolidato dentro e fuori di noi<br />

… e questo risulta assai difficile da tollerare, ci<br />

vuole coraggio a mettersi in discussione.<br />

Ascoltare, osservare e, perché no, imparare<br />

dall'esperienza dell'altro …. rappresenta il modello<br />

di sviluppo dell'individuo … quindi del sociale, ma<br />

noi ora, come ora, ne siamo talmente spaventati<br />

da negarlo forzosamente tanto da nasconderci<br />

dietro il muro della globalizzazione che … non<br />

avrebbe nulla di negativo se non la valenza<br />

distruttiva che sa assumendo nella sua<br />

connotazione neo-liberista.<br />

La globalizzazione, così come è attualmente<br />

concepita, non è altro che imposizione e<br />

sfruttamento economico supportata dal concetto<br />

di esclusività socio-culturale da parte del mondo<br />

ricco …<br />

Il sistema globale ha determinato da un lato<br />

l'allargamento del numero di relazioni<br />

interpersonali, dall'altro ne ha ridotto il loro valore<br />

assoluto, il loro significato, spersonalizzando gli<br />

interlocutori. È aumentato il numero delle<br />

reciproche dipendenze, dipendenze che vanno a<br />

mascherare le singole personalità sempre e<br />

comunque in funzione di un solo obiettivo globale:<br />

il profitto a tutti i costi!<br />

Ogni nostro agire è relativo all'utilità che ne ricava<br />

il sistema … ma quanto ci appartiene questo agire<br />

finalizzato alla prestazione oggettiva imposta ?<br />

l'individuo per affermarsi si trova costretto a<br />

limitarsi ad una sola tipologia di prestazioni<br />

relative a ciò che il sistema pretende. Il sistema<br />

dal canto suo divide, fissa e rende oggettiva<br />

l'azione sociale complessiva ed è solo da quella<br />

che ognuno di noi è autorizzato ad esprimersi.<br />

Una sorta di “normalità” imposta e finalizzata!<br />

La libertà ha perso la sua connotazione originale,<br />

quella di conquista dell'indipendenza interiore, il<br />

concetto di libertà si è trasformato in NON-<br />

DIPENDENZA. Non siamo più gli attori protagonisti<br />

della nostra esistenza, ma lo sono gli intrecci delle<br />

nostre prestazioni in funzione degli scopi prioritari<br />

imposti. La relazione interpersonale evita così il<br />

contatto, l'intimità e l'emotività con conseguente<br />

rinuncia alla propria riservatezza, con enorme<br />

difficoltà nel riconoscimento del nostro corredo<br />

emotivo.<br />

La mia esperienza clinica nell'ambito dei disturbi di<br />

relazione mi suggerisce quotidianamente come<br />

questo intrecciarsi di relazioni fittizie determini<br />

l'insorgenza di disagi sino a franche patologie a<br />

carattere autodistruttivo<br />

L'AUTODISTRUTTIVITA' è sostenuta<br />

dall'aggressività non espressa, coartata, ma<br />

presente ed esaltata dalla forzosa chiusura cui il<br />

soggetto viene sottoposto.<br />

Riducendosi lo spazio espressivo, ovviamente<br />

aumenta il ripiegamento su di se con conseguenti<br />

ripercussioni emotive quando la funzione che<br />

all'individuo spetta come membro impersonale<br />

dell'organismo sociale entra in collisione con<br />

quello che l'individuo aspira ad essere. Si è creata<br />

una nuova forma di schiavitù tecnologica che crea<br />

conflitto interiore, che blocca le emozioni e che<br />

induce aggressività e …. paura, tanta paura di non<br />

riuscire ad essere ciò che virtualmente il sistema<br />

ci impone!<br />

Ed è proprio su questo che il nostro staff medico<br />

psicologico lavora... integrando il programma<br />

rieducativo destinato ai portatori di disturbi di<br />

relazione, con forti stimoli sociali atti ad aprire la<br />

visuale dei soggetti disagiati che purtroppo<br />

ripiegati in se stessi hanno sviluppato una visuale<br />

ad angolo acuto.<br />

Tutto questo nel contenitore associativo<br />

identificato quale mezzo, al momento, più<br />

adeguato per il trattamento riequilibratore di<br />

questa tipologia di disagi.<br />

Quale strada percorrere per tentare almeno di<br />

uscire da questo buco nero ? Forse l'unico<br />

strumento che abbiamo a disposizione è quello di<br />

ampliare la nostra sfera cognitiva. Maggiore è il<br />

numero di informazioni, maggiore è la possibilità<br />

di riappropriarsi della libertà di espressione, di<br />

scelta, di movimento.<br />

Dobbiamo cercare di uscire dall'omologazione<br />

sociale sapientemente indotta e condotta dal<br />

sistema mediatico che ha modificato il nostro<br />

modo di fare esperienza. L'esperienza non è più<br />

esperienza individuale, reale, derivante dal<br />

contatto con l'altro, ma rappresentazione virtuale<br />

del mondo.<br />

Esonerandoci dall'esperienza diretta ci rimane solo<br />

il rapporto con la rappresentazione degli eventi.<br />

Ma chi li rappresenta questi eventi ? Il sistema<br />

mediatico filtra ogni situazione, la modifica a suo<br />

piacimento ed induce un giudizio globale<br />

omologato determinando una sequela di<br />

comportamenti a risposta, comportamenti che<br />

pongono le loro basi sulla virtualità e sulla<br />

manipolazione.<br />

Ognuno di noi rappresenta ciò che, nell'ambito di<br />

una sorta di monologo collettivo, l'esperienza della<br />

comunicazione globale induce senza alcuna<br />

possibilità di formulare valutazioni e giudizi<br />

sull'onda della nostra stessa struttura di<br />

personalità.<br />

Siamo preda del crollo della comunicazione umana<br />

che è naturalmente caratterizzata da<br />

contraddizioni, da emozioni, da verità e bugie,<br />

perdendo in questo modo la responsabilità<br />

individuale identificabile nel parlare a proprio<br />

nome, siamo caduti preda dell'appiattimento del<br />

pensiero critico collettivo che rappresenta una<br />

potente ancora di salvezza orientata a modificare,

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