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vivere bene<br />

La città di<br />

di Ivana Baraldi e William Garagnani<br />

L’autunno si apre a Ferrara con<br />

la mostra di André Derain al<br />

Palazzo dei Diamanti. La riflessione<br />

che il pittore conduce sul colore<br />

ci suggerisce per associazione<br />

mentale una domanda: “Di che colore<br />

è Ferrara?”. Proprio lì, all’incrocio<br />

in cui sorge il Palazzo dei Diamanti,<br />

troviamo il suggerimento più ovvio<br />

per la risposta, riecheggiata ovunque,<br />

anche se con accenti diversi, per tutta<br />

la città storica. Azzardiamo, allora:<br />

“Ferrara è ocra, bianca, verde”.<br />

L’ocra rossa è quella del mattone faccia<br />

a vista, indiscutibile materia prima<br />

dominante nell’edificazione.<br />

Come potrebbe essere altrimenti?<br />

Città di pianura e di fiume, Ferrara si<br />

costruisce con il suo fango cotto, lasciato<br />

spesso a nudo o solo velato da<br />

un leggero intonachino. Il bianco è<br />

quello, tendente all’avorio, della pietra<br />

più dura, venuta da fuori, che segna<br />

di sé i luoghi più signorili, ma<br />

con misura, in raffinati dettagli. Il<br />

verde è quello della vegetazione: non<br />

solo quella, ovvia, che straripa nel<br />

Parco Massari o si dispiega nella<br />

Piazza Ariostea e nelle piazzette sparse,<br />

ma quella discreta, che si affaccia<br />

consumatori<br />

ottobre 2006<br />

al di sopra dei muri di recinzione e<br />

risalta sul loro ocra.<br />

All’incrocio tra corso Ercole I d’Este<br />

e corso Biagio Rossetti incontriamo<br />

l’esempio più monumentale della<br />

sintesi dei tre colori, che è anche<br />

l’unico in cui la pietra prevalga sul<br />

mattone, grazie all’acuto architettonico<br />

del rivestimento del Palazzo dei<br />

Diamanti. Le 8500 bugne, sfaccettate<br />

a cogliere ed esaltare la luce in ogni<br />

ora del giorno, trovano la loro eco di<br />

pietra nella doppia parasta d’angolo<br />

scolpita e nel balcone di Palazzo Sacrati<br />

e, al di là di Corso Ercole I, nel<br />

bianco rivestimento d’angolo del Palazzo<br />

Turchi di Bagno. Poi, la doppia<br />

fila bianca dei fittoni delimita la strada<br />

e porta fino al Castello, in una prospettiva<br />

alla cui destra il verde degli<br />

alberi di un giardino affiora da un<br />

muro di mattoni. Dalla parte opposta,<br />

oltre l’incrocio, deborda il verde<br />

di Parco Massari, e si intravede la<br />

doppia fila di pioppi che porta fino<br />

alle Mura.<br />

Al di là dell’esempio più illustre fornito<br />

dall’area del Palazzo dei Diamanti,<br />

è possibile trovare, in giro per<br />

la città, altri esempi meno clamorosi<br />

della concomitanza dei tre colori,<br />

che è poi la fusione di due materiali<br />

Un maestro di sin<br />

A Palazzo dei Diamanti retrospettiva di<br />

“André Derain (1880-1954)”,<br />

a Palazzo dei Diamanti di Ferrara<br />

dal 24 settembre al 7 gennaio,<br />

è una mostra da vedere,<br />

anche per la sintesi che le opere<br />

esposte suggeriscono sulle<br />

principali correnti artistiche<br />

del primo ’900. Nei dipinti del<br />

1905/1906 resta il ricordo dell’Impressionismo<br />

(le forme dissolte<br />

nella luce e nel colore del<br />

“Ponte di Waterloo”), mentre<br />

matura il passaggio allo stile<br />

48<br />

da costruzione con il verde urbano.<br />

Ancora più facile, molto più facile, è<br />

trovare la prova della dominanza del<br />

cotto “faccia a vista” nei paramenti<br />

murari. Ci sono strade corte e strette,<br />

come via Campofranco, dove edifici,<br />

muri di recinzione, ingresso alla<br />

chiesa del Corpus Domini creano (se<br />

per caso non ci sono auto parcheggiate)<br />

un tutt’uno omogeneo di mattoni,<br />

con quell’aria di silenzio raccolto<br />

che si può trovare in certe parti di<br />

Ferrara come in pochi altri luoghi.<br />

Ma il cotto trionfa anche nelle decorazioni<br />

che sovrastano gli archi di<br />

porte e finestre o che stanno sotto ai<br />

cornicioni dei palazzi, con infinite<br />

variazioni di modellato, in un gioco<br />

di color ocra su ocra, sia nei palazzi<br />

signorili disegnati da Biagio Rossetti,<br />

sia in contesti più umili, come nelle<br />

abitazioni di via Carri o di via Vecchie.<br />

La pietra non è materiale locale,<br />

quindi si può esibire come pregiato<br />

status symbol, in parche decorazioni<br />

dei palazzi: una linea bianca a segnare<br />

l’inizio della scarpa di un muro,<br />

uno stemma, le colonne di un porticato,<br />

un architrave, fino all’ampia<br />

decorazione del portale di Schifanoia<br />

o alle balaustre del Castello Estense.<br />

fauve: un omaggio a Matisse,<br />

dalla barba rosso fulvo, simile<br />

ai capelli della “Donna in camicia”,<br />

che sembra un Toulouse-Lautrec<br />

dipinto alla fauve.<br />

Nel 1907/8 Derain si avvicina<br />

al Cubismo, con il ritratto della<br />

moglie in verde e i volumi<br />

massicci, dai colori violenti,<br />

dei paesaggi di Martigues.Le<br />

nature morte documentano i<br />

diversi orientamenti stilistici di<br />

Derain: da quella del ’10, tutta

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