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PDF (Chiara Tedeschi_Thomas Stanley, editore di Eschilo)

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1 – Il contesto storico e culturale<br />

stu<strong>di</strong>o delle lingue in cui erano stati redatti in origine i testi sacri, come il greco o<br />

l’ebraico, si rivelava <strong>di</strong> scarsa utilità e ad<strong>di</strong>rittura debilitante per la mente, se realizzato<br />

nell’ambiente scolastico che si rifaceva in certi casi ancora alla logica aristotelica, che<br />

annacquava questo stu<strong>di</strong>o nelle sue incomprensibili sottigliezze. Gli autori classici<br />

risultavano troppo vani e pieni <strong>di</strong> favole e menzogne per essere educativi; inoltre, essi<br />

corrispondevano ad una cultura pagana e inferiore che non doveva essere messa in<br />

contatto con l’illuminata cristianità.<br />

Ci si preoccupava poi che l’appren<strong>di</strong>mento delle lingue classiche allontanasse la<br />

possibilità <strong>di</strong> istruirsi davvero sulle cose considerate davvero utili alla vita quoti<strong>di</strong>ana.<br />

La lingua, già per Bacon, in quanto prodotto artificiale dello spirito umano, ossia una<br />

me<strong>di</strong>azione fra l’intelletto ed il mondo sensibile, poteva risultare un furoviante ostacolo<br />

alla comprensione <strong>di</strong> quest’ultimo. Si doveva quin<strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> recuperare<br />

l’imme<strong>di</strong>atezza della conoscenza, da un lato accettando che le parole fossero frutto <strong>di</strong><br />

un’associazione convenzionale ai concetti, dall’altro cercando nuove parole che meglio<br />

rispondessero alla realtà effettiva delle cose. Le parole quin<strong>di</strong> si rivelavano degli idola<br />

dall’effetto fuorviante sull’intelletto, che spesso danno a<strong>di</strong>to a vuote <strong>di</strong>spute; vane<br />

perché il linguaggio non corrisponde alla realtà, ma spesso la deforma, fino a coincidere<br />

con una chimera artificiale ed inesistente.<br />

Comenio aveva ritenuto opportuno sottolineare come il miglior appren<strong>di</strong>mento passasse<br />

attraverso una via non verbale <strong>di</strong> contemplazione <strong>di</strong> immagini, che evitassero la<br />

me<strong>di</strong>azione della parola. Per i sostenitori delle posizioni comeniane, apprendere un<br />

linguaggio senza uno scopo che potesse essere quello dell’indagine del reale era ritenuto<br />

inutile e fuorviante. I Romani, come i Greci, avevano propagato la loro conoscenza, la<br />

loro filosofia, la loro letteratura, il loro sapere, nella loro propria lingua d’uso: non fare<br />

lo stesso, per gli Inglesi del XVII secolo, oltre a costituire un impe<strong>di</strong>mento al<br />

raggiungimento della conoscenza 48 era un segno <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo per la propria lingua natìa<br />

che gli antichi per primi non avevano <strong>di</strong>mostrato 49 .<br />

48 La conoscenza non solo doveva passare attraverso il filtro <strong>di</strong> una lingua, ma ad<strong>di</strong>rittura attraverso il<br />

latino, una lingua che non era quella correntemente usata per la comunicazione, ma era artificiale ed<br />

appresa durante il percorso <strong>di</strong>dattico, e quin<strong>di</strong> ancor più imperfetta per propagandare ed insegnare le<br />

nozioni<br />

49 Queste, per esempio, erano le posizioni <strong>di</strong> William Dell, master del Gonville and Caius College <strong>di</strong><br />

Cambridge dal 1649 al 1660, espresse nel suo sermone, The Trial of Spirits, pubblicato nel 1653. Simili<br />

posizioni erano espresse anche dal reverendo John Webster, che le espresse nel suo sermone The Saints<br />

Guide e nel trattato Academiarum Examen, sempre del 1653. Cf. John Webster, Acadaemiarum examen,<br />

1653, citato in Jones 1953, 307-8; Rossi 1983, 205-6. Si veda Webster 1975, 185-88.<br />

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