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repubblica italiana in nome del popolo italiano - La Privata Repubblica

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ellici dai quali era agevole ricavare il T4. Secondo i ricorrenti, la preclusione processuale <strong>del</strong><br />

giudicato non poteva essere confusa con la rivalutazione <strong>del</strong>le risultanze probatorie acquisite nei<br />

procedimenti ormai conclusisi e che avevano avuto oggetto reati diversi rispetto a quelli nei quali<br />

era co<strong>in</strong>volto Fach<strong>in</strong>i nel presente processo.<br />

Osserva la Corte che il rilievo dedotto dai ricorrenti è, nelle sue l<strong>in</strong>ee generali, pienamente<br />

condivisibile.<br />

<strong>La</strong> possibilità di assumere, come elemento di giudizio autonomo, circostanze di fatto raccolte nel<br />

corso di altri procedimenti penali, pur allorquando questi si sono conclusi con sentenze irrevocabili<br />

di assoluzione, non può essere negata, perché la preclusione <strong>del</strong> giudizio impedisce soltanto<br />

l'esercizio <strong>del</strong>l'azione penale per il fatto-reato che di quel giudicato ha formato oggetto, ma nulla ha<br />

a che vedere con la possibilità di una r<strong>in</strong>novata valutazione <strong>del</strong>le risultanze probatorie acquisite nei<br />

processi ormai conclusisi una volta stabilito che quelle risultanze probatorie possono essere rilevanti<br />

per l'accertamento di reati diversi da quelli già giudicati.<br />

Del resto il problema, frequentemente riproposto all'attenzione di questa Corte, è stato sempre <strong>in</strong> tal<br />

senso risolto (cf. Sezione V - 18.10.1985 ric. Pennestri; Sez. VI - 2.10.1986 ric. Piras; Sez. 2°<br />

-15.7.1980 ric. Sp<strong>in</strong>nato; Sez 1° - 8.4.1988 ric. DeAngelis, etc.): si è sempre affermato che<br />

l'<strong>in</strong>ammissibilità di un secondo giudizio per lo stesso reato non vieta di prendere <strong>in</strong> considerazione<br />

lo stesso fatto storico, o particolari suoi aspetti per valutarli liberamente ai f<strong>in</strong>i <strong>del</strong>la prova<br />

concernente un reato diverso da quello giudicato. Infatti, ciò che diviene irretrattabile è la verità<br />

legale <strong>del</strong> fatto-reato, non quella reale <strong>del</strong> fatto storico.<br />

Ma, se tale soluzione, giuridicamente corretta, non può che essere <strong>in</strong> questa sede riaffermata, è<br />

<strong>in</strong>dubbio che la sentenza impugnata pur dopo aver erroneamente affermato che le precedenti<br />

assoluzioni di Massimiliano Fach<strong>in</strong>i "precludevano" una diversa valutazione <strong>del</strong>le risultanze<br />

acquisite <strong>in</strong> quei diversi processi, <strong>in</strong> concreto, poi, non si è affatto astenuta dal considerare quelle<br />

stesse risultanze processuali che erano state acquisite e valutate <strong>in</strong> quei processi, riguardanti fatti<br />

diversi. Infatti, la Corte di Bologna, pur dopo aver parlato, impropriamente, di preclusione, nella<br />

stessa sentenza ha avvertito la necessità di precisare che dalle sentenze pronunciate dai giudici<br />

istruttori di Venezia e Treviso nessuna preclusione, <strong>in</strong> senso tecnico-processuale, scaturiva e che<br />

quanto alle accuse di Aleandri e Calore, utilizzate nell'unico processo def<strong>in</strong>ito con sentenza<br />

irrevocabile di assoluzione <strong>del</strong> Fach<strong>in</strong>i, le stesse non avevano ottenuto, né <strong>in</strong> quel processo,<br />

riguardante gli attentati compiuti a Roma nel 1978 e nel 1979, né nel corso <strong>del</strong> procedimento<br />

concernente la strage di Bologna, alcun riscontro.<br />

Inoltre quelle dichiarazioni, nel loro stesso contenuto, manifestavano i limiti <strong>del</strong>la loro, <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seca<br />

<strong>in</strong>adeguatezza, giacché esse non esprimevano i risultati di una diretta percezione <strong>del</strong>la realtà, né la<br />

meditata elaborazione di una personale esperienza., ma soltanto la divulgazione di altrui confidenze,<br />

mai confermate.<br />

Pertanto, la Corte di Bologna, lungi dall'aver subito gli effetti preclusivi ai quali aveva fatto<br />

improprio riferimento, non ha pedissequamente recepito le valutazioni che sulle accuse di Napoli,<br />

Aleandri e Calore avevano espresso, sia la Corte di Assise di Appello di Roma che i giudici<br />

istruttori di Venezia e di Treviso, ma ha autonomamente ricostruito il loro contenuto ed ha<br />

verificato che trattavasi di dichiarazioni "de relato", che nessun riscontro probatorio avevano<br />

ottenuto.<br />

E la valutazione compiuta, per essere conseguente ad una completa ricognizione <strong>del</strong>le risultanze<br />

acquisite, non è più <strong>in</strong> questa sede s<strong>in</strong>dacabile.<br />

Né può essere condivisa la censura che gli stressi ricorrenti hanno dedotto sotto il profilo<br />

<strong>del</strong>l'asserita contraddittorietà <strong>del</strong>la motivazione <strong>del</strong>l'impugnata sentenza: non può, <strong>in</strong>fatti,<br />

fondatamente contestarsi che se non imponenti quantità di T4 furono aggiunte all'ordigno fatto<br />

esplodere alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, - e non esiste una prova che smentisca tale<br />

ipotesi - chiunque avesse imboccato la strada <strong>del</strong>l'attuazione di una strategia terroristica, e non solo

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