repubblica italiana in nome del popolo italiano - La Privata Repubblica
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peculato, il movente di lucro <strong>in</strong> relazione a quella condotta non poteva più esser contestato, ed esso<br />
escludeva, per la sua <strong>in</strong>compatibilità logico-giuridica, la ritenuta f<strong>in</strong>alità di terrorismo e di<br />
eversione; con il secondo motivo ha prospettato la violazione <strong>del</strong>l'art. 81 c.p., affermando che una<br />
volta formatosi il giudicato anche <strong>in</strong> relazione alla unificazione, sotto il profilo <strong>del</strong>la cont<strong>in</strong>uazione,<br />
tra i fatti giudicati dalla Corte di Assise di Appello di Roma il 14 marzo 1986, ed il reato di<br />
calunnia, nessun aumento di pena il giudice di r<strong>in</strong>vio avrebbe dovuto disporre per effetto <strong>del</strong>la<br />
riconosciuta configurabilità <strong>del</strong>l'aggravante prevista dall'art. 1 <strong>del</strong>la Legge 6 febbraio 1980 n. 15,<br />
conservando la calunnia il ruolo di un reato satellite nell'ambito <strong>del</strong>la cont<strong>in</strong>uazione, rispetto alla<br />
più grave violazione di legge, rappresentata dal reato di peculato.<br />
Prima di passare all'esame dei rilievi prospettati dai ricorrenti <strong>in</strong> relazione alla motivazione<br />
<strong>del</strong>l'impugnata sentenza, non è superfluo ricordare che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte<br />
con la sentenza <strong>del</strong> 12 febbraio 1992 avevano resp<strong>in</strong>to i ricorsi che Musumeci e Belmonte avevano<br />
presentato contro la decisione con la quale la Corte di Assise di Appello di Bologna aveva<br />
confermato il riconoscimento <strong>del</strong>la loro responsabilità per il <strong>del</strong>itto di calunnia, riconoscimento già<br />
contenuto nella sentenza <strong>del</strong> primo giudice. È altresì divenuta def<strong>in</strong>itiva, per effetto<br />
<strong>del</strong>l'esaurimento dei mezzi di impugnazione esperibili la condanna pronunciata nei confronti degli<br />
stessi imputati dalla Corte di Assise di Appello di Roma il 14 marzo 1986 per i reati di peculato e di<br />
detenzione di armi ed esplosivo, condanna pur essa conseguente al r<strong>in</strong>venimento di quella valigia<br />
sul treno Taranto-Milano, nella notte <strong>del</strong> l3 gennaio 1981.<br />
Ne consegue che entrambi quei giudicati precludono la rivalutazione <strong>del</strong>le acquisite risultanze<br />
probatorie sia <strong>in</strong> relazione all'accertata sussistenza <strong>del</strong> fatto, che con riferimento alla verifica <strong>del</strong>la<br />
riferibilità <strong>del</strong> fatto ai due imputati.<br />
In entrambe le def<strong>in</strong>itive pronunce si è dato atto che l'episodio <strong>del</strong> 13 gennaio 1981 altro non<br />
rappresentava che la manifestazione più clamorosa di una programmata azione di depistaggio,<br />
opportunamente predisposta ed <strong>in</strong>serita <strong>in</strong> una complessa strategia, già attuata, <strong>in</strong> forma subdola,<br />
prima ancora che quella valigia venisse collocata sul treno.<br />
Pertanto, l'episodio <strong>del</strong> 13 gennaio 1981 non può essere dissociato dalla complessa condotta rispetto<br />
alla quale rappresentò l'epilogo, se non a costo di <strong>in</strong>frangere la stessa verità organica <strong>del</strong>l'oggetto<br />
<strong>del</strong> giudizio già concluso.<br />
Deve peraltro rilevarsi che, contrariamente a quanto sostenuto da tutti e quattro gli imputati<br />
ricorrenti, la sentenza impugnata non solo non ha attribuito al contenuto dei due giudicati<br />
un'ampiezza diversa da quella consentita, ma neppure ha criticamente recepito le <strong>in</strong>dicazioni<br />
formulate da questa Corte nella citata sentenza <strong>del</strong> 12 febbraio 1992: è doveroso precisare che con<br />
quella sentenza la Corte di Cassazione, lungi dal voler esorbitare dai limiti <strong>del</strong> s<strong>in</strong>dacato<br />
consentitole dall'ord<strong>in</strong>amento processuale sulla motivazione <strong>del</strong> provvedimento impugnato, aveva<br />
soltanto <strong>in</strong>dicato le ragioni per le quali né illogica, né contraddittoria ma correttamente motivata era<br />
la condanna di Belmonte e Musumeci, al contrario di quanto era constatabile <strong>in</strong> relazione alle<br />
assoluzioni dallo stesso reato di Gelli e Pazienza: pertanto la Corte, nell'<strong>in</strong>vitare il giudice di r<strong>in</strong>vio<br />
ad una r<strong>in</strong>novata analisi <strong>del</strong>le risultanze acquisite, anche al f<strong>in</strong>e di verificare se <strong>in</strong> concreto<br />
sussistevano le condizioni per applicare a tutti e quattro gli imputati l'aggravante prevista dall'art. l<br />
<strong>del</strong>la Legge 6 febbraio 1980 n. l5, non poteva non evidenziare quali erano gli aspetti dei fatti<br />
accertati bisognosi di un approfondimento valutativo, o di una analisi che il giudice di appello aveva<br />
trascurato.<br />
Ed il giudice di r<strong>in</strong>vio, v<strong>in</strong>colato al rispetto dei limiti oggettivi <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e devoluta dalla Corte di<br />
Cassazione, non poteva neppure sottrarsi all'osservanza dei criteri metodologici che la stessa Corte<br />
aveva avuto cura di enunciare <strong>in</strong> relazione all'analisi ed alla valutazione <strong>del</strong>la prova <strong>in</strong>diziaria,<br />
secondo quanto disposto dal secondo comma <strong>del</strong>l'art. 192 <strong>del</strong> nuovo codice di procedura penale.<br />
E la Corte di Assise di Appello di Bologna quei limiti non ha superato ed a quei criteri metodologici