repubblica italiana in nome del popolo italiano - La Privata Repubblica
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corso <strong>del</strong>la discussione e questa secondo quanto previsto dall'ultimo comma <strong>del</strong>l'art. 501 <strong>del</strong>lo<br />
stesso codice, non poteva essere <strong>in</strong>terrotta per assumere l'<strong>in</strong>terrogatorio <strong>del</strong>l'imputato.<br />
Del resto Picciafuoco, al pari di tutti gli altri imputati presenti al term<strong>in</strong>e <strong>del</strong>la discussione, avrebbe<br />
potuto avvalersi <strong>del</strong>la facoltà prevista dal terzo comma <strong>del</strong>l'art. 468 c.p.p., per prospettare le ragioni<br />
alle quali affidava la prova <strong>del</strong>la sua <strong>in</strong>nocenza, e dal verbale <strong>del</strong>l'udienza non risulta che tale<br />
facoltà gli sia stata preclusa, o <strong>in</strong> qualche modo, che il suo esercizio gli sia stato limitato.<br />
Il ricorrente ha altresì denunciato la violazione <strong>del</strong>l'art. l85 - 1° comma n. 1 c.p.p., sostenendo che il<br />
processo, <strong>in</strong> sede di r<strong>in</strong>vio, era stato assegnato ad un collegio a tale scopo precostituito, attraverso lo<br />
sdoppiamento <strong>del</strong>la stessa sezione e l'assegnazione di due presidenti, il dr. Bagnulo ed il dr. Rizzo.<br />
Anche tale rilievo è privo di qualsiasi fondamento.<br />
È a tal f<strong>in</strong>e opportuno ricordare che, una volta annullata dalle Sezioni Unite <strong>del</strong>la Corte di<br />
Cassazione la sentenza che era stata pronunciata dalla seconda Sezione <strong>del</strong>la Corte di Assise di<br />
Appello di Bologna, per il giudizio di r<strong>in</strong>vio non poteva che essere designata l'altra sezione <strong>del</strong>la<br />
stessa Corte, cioè la prima sezione, e nel momento <strong>in</strong> cui gli atti <strong>del</strong> processo erano a questa sezione<br />
pervenuti, alla presidenza <strong>del</strong>la stessa era logicamente preposto il dr. Bagnulo. Tali funzioni lo<br />
stesso magistrato conservò s<strong>in</strong>o al 31 dicembre 1993, cioè s<strong>in</strong>o a quando entrarono <strong>in</strong> vigore le<br />
nuove tabelle, approvate dal Consiglio Superiore <strong>del</strong>la Magistratura ed <strong>in</strong> base alle quali al dr.<br />
Bagnulo veniva sostituito il dr. Russo.<br />
Pertanto, allorquando il processo ha avuto <strong>in</strong>izio, e cioè il 10 ottobre 1993, il Collegio non poteva<br />
che essere presieduto dal dr. Bagnulo, come, peraltro, lo stesso Consiglio Superiore <strong>del</strong>la<br />
Magistratura aveva espressamente <strong>in</strong>dicato nella <strong>del</strong>iberazione assunta il 27 gennaio 1994, cioè<br />
allorquando aveva approvato le nuove tabelle relative alla composizione degli uffici giudiziari di<br />
Bologna.<br />
Non sussistendo, qu<strong>in</strong>di, i presupposti di fatto capaci di <strong>in</strong>cidere negativamente sulla capacità di<br />
esercizio <strong>del</strong>la funzione giurisdizionale <strong>del</strong> dr. Bagnulo, legittimamente preposto alla presidenza <strong>del</strong><br />
consiglio giudicante, è <strong>del</strong> tutto superfluo verificare se l'eccezione dedotta dalla difesa <strong>del</strong>l'imputato<br />
ricorrente poteva, ed <strong>in</strong> quali limiti, <strong>in</strong>cidere sulla validità <strong>del</strong>la sentenza impugnata, una volta<br />
stabilito che essa co<strong>in</strong>volgeva, comunque, soltanto l'esercizio <strong>del</strong>la capacità specifica <strong>del</strong> giudice<br />
nel processo.<br />
Sono, <strong>in</strong>vece, <strong>in</strong> larga misura condivisibili i rilievi che l'imputato ricorrente ha dedotto <strong>in</strong> relazione<br />
alla motivazione <strong>del</strong>la sentenza impugnata.<br />
Ha rilevato il ricorrente che la sentenza impugnata nel riproporre le stesse conclusioni alle quali era<br />
pervenuto il primo giudice, non solo era <strong>in</strong>corsa <strong>in</strong> numerose contraddizioni, ma neppure si era<br />
attenuta, nella valutazione <strong>del</strong>le risultanze probatorie acquisite, ai criteri metodologici che le<br />
Sezioni Unite avevano specificatamente <strong>in</strong>dicato nella sentenza con la quale era stato disposto il<br />
giudizio di r<strong>in</strong>vio. Secondo il ricorrente, la oggettiva mancanza di ogni prova sufficiente per<br />
attribuirgli la partecipazione materiale alla strage aveva f<strong>in</strong>ito per dare ai pochi e contraddittori<br />
<strong>in</strong>dizi acquisiti una valenza probatoria che gli stessi non potevano offrire, ed <strong>in</strong> questa prospettiva il<br />
giudice di r<strong>in</strong>vio aveva ampiamente utilizzato mere congetture, spesso nemmeno caratterizzate da<br />
un certo rigore logico.<br />
Osserva la Corte che la sentenza impugnata, pur dopo aver dato atto che nei confronti di<br />
Picciafuoco non esistevano prove dirette o specifiche sulla partecipazione <strong>del</strong>l'imputato ai gruppi<br />
terroristici che si erano costituiti a Roma e nel Veneto, ha poi ugualmente ritenuto di poter<br />
affermare che Sergio Picciafuoco faceva parte <strong>del</strong>la banda armata, costituitasi per porre a<br />
compimento quella pericolosa strategia terroristica culm<strong>in</strong>ata nella strage <strong>del</strong> 2 agosto 1980.<br />
E tale conclusione ha tratto dopo aver esam<strong>in</strong>ato alcune risultanze processuali dalle quali emergeva<br />
che Picciafuoco aveva frequentato, prima <strong>del</strong> 2 agosto 1980 coloro che avevano aderito a "Terza