...erranze ...migrazioni - Pedagogika
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<strong>Pedagogika</strong>.it/2010/XIV_1/...<strong>erranze</strong>...<strong>migrazioni</strong>/l’intercultura_e_l’idea_di_confine<br />
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litari, etc.), con la loro idea del confine-difesa e del confine-nemico-alterità. Oggi,<br />
però, stiamo assistendo a una rivoluzione dei confini, nel mutamento stesso della<br />
società. Che si è fatta pluralistica e sempre più costruita a rete: secondo il modello<br />
di nuclei che sono nodi e tendono fili verso altri nodi e tutti insieme, in questa<br />
realizzazione reticolare, danno corpo a una società in continua crescita e in costante<br />
rinnovamento, ma sempre riaffermando il pluralismo reticolare di base. Ormai<br />
divenuto – di fatto e di diritto – l’identikit delle società aperte, democratiche e<br />
complesse e regolate dall’integrazione e dal mutamento.<br />
Qui, oggi, i confini sono passati dall’esterno all’interno stesso della società e<br />
si sono fatti, da linee di esclusione/tutela, condizioni di porosità, di scambio, di<br />
sviluppo nel pluralismo. Anzi i confini alimentano il pluralismo, ma il pluralismo<br />
li cambia in “luoghi” di irretimento reciproco: di conoscenza, di incontro, di dialogo.<br />
Ogni società complessa attuale (e via via tutte quante), almeno tendenzialmente,<br />
nel suo sviluppo tecnologico e civile (e si veda cosa accade nell’ex-URSS o in<br />
Cina: imperi compatti e attivi nello spengere le differenze), vive come struttura il<br />
pluralizzarsi interno dei confini e il loro mutamento di funzione: il loro farsi scambio/incontro/dialogo,<br />
costituendo una rete polimorfa dentro il sociale, che è in costante<br />
crescita e crea condizioni di mutamento attraverso integrazione innovativa<br />
e costruzione di nuovi comuni traguardi. E traguardi più avanzati, che emergono<br />
proprio dall’integrazione dei confini. Come rivelano sia la politica (democratica)<br />
attuale, sia lo stesso diritto, che si riappropria sempre di più dello ius gentium.<br />
Non è un caso che il dibattito sui confini sia, oggi, al centro della ricerca storica,<br />
ma anche della politologia e del diritto, e che venga, da lì, a postulare una forma<br />
mentis nuova, che vada oltre il modello tradizionale – dalla polis greca a Schmitt<br />
– in cui demarcava lo spazio sociale proprio sui confini e leggeva questi come esclusione<br />
e difesa. La nuova mentalità deve far proprio il principio della provvisorietà<br />
dei confini, della loro porosità, del dovere di oltrepassarli, dell’apertura all’alterità,<br />
per dar vita a una società-di-rete in cui gli annodamenti sono produttivi e necessari<br />
e in cui vigono gli scambi tra le diversità, delimitando uno spazio aperto e in contante<br />
trasformazione e integrazione e innovazione.<br />
Certo, tale società dei confini visti come potenzialità e dell’integrazione trasformatrice<br />
sempre in atto è una società nuova, inedita nella storia, soprattutto nel suo<br />
aspetto di apertura permanente e di continua ricerca; una società anche in-quieta e<br />
che crea ansie e timori; una società a gestione più difficile e il cui futuro è ignoto,<br />
almeno in gran parte. Da qui le resistenze, i rifiuti, i ritorni en arrière. Comprensibili,<br />
ma non legittimabili. Anzi da combattere. Poiché noi, oggi, qui stiamo e non<br />
possiamo, ad libitum, cambiare l’identità del nostro tempo.<br />
Stare ‘tra’ confini e vivere ‘nello’ scambio<br />
Compito primario della pedagogia è – qui e ora – dar corpo a soggetti, gruppi,<br />
istituzioni capaci di “abitare” questa nuova frontiera. E abitare significa sentirla come<br />
il proprio habitat, attivandosi a comprenderla e a stare in essa in modo integrato e<br />
produttivo, secondo la logica di quel pluralismo, incontro, etc. che la contrassegna.