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...erranze ...migrazioni - Pedagogika

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<strong>Pedagogika</strong>.it/2010/XIV_1/...<strong>erranze</strong>...<strong>migrazioni</strong>/l’intercultura_e_l’idea_di_confine<br />

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tura per la cultura europea, ma si chiuse senza rinnovarne affatto la mentalità, connessa<br />

all’esclusione e al dominio, anche i dibattiti che accompagnarono l’avventura furono di<br />

alto valore culturale, in modo tale che ancora oggi si offrono come esemplari. E esemplari<br />

anche e proprio per dirimere la quaestio dei confini tra le culture, in una stessa societas e<br />

quindi capaci di illuminare anche i problemi culturali del nostro tempo. Lo ricordava<br />

Savignano di recente, dichiarando tali posizioni ancora esemplari, nell’oggi.<br />

Già con Colombo, come ci ha sottolineato Todorov, gli indigeni amerindi, così<br />

radicalmente altri rispetto all’Homo occidentalis o europeus, vengono degradati a<br />

barbari (“nudi e non cristiani”) e quindi da sottomettere. Con Cortés fu la logica<br />

dell’oro a rendere il dominio più cinico, più costrittivo, più serrato, producendo<br />

un genocidio ineguagliato (si è parlato di centocinquanta milioni di uomini<br />

e donne indios uccisi!). Imponendo così un’idea imperialistica del dominio sui<br />

popoli altri che ha fatto scuola a tutta la colonizzazione moderna. Ma quell’evento<br />

esemplare (la scoperta e poi la conquista) attivò anche riflessioni, denunce, prese<br />

di posizioni diverse e aprì un dibattito. A Valladolid nel 1550 tre posizioni si confrontarono:<br />

quella imperialistica, quella giuridica, quella pedagogica. Se la prima<br />

– con Sepùlveda – sottolineava la condizione barbara degli indigeni, da ridurre in<br />

schiavitù e da emancipare attraverso la conversione coatta e la pratica occidentale<br />

del lavoro, la seconda – con De Vitoria – guardava a un riconoscimento di diritti<br />

umani comuni tra occidentali e indigeni, e quindi richiamava il loro rispetto e la<br />

partecipazione degli indigeni, ma tenendo ferma la guida degli europei, interpreti<br />

naturaliter dello jus gentium. La terza, invece, con Las Casas, si inoltrava sul terreno<br />

di una pedagogia del dialogo e chiamava in causa la convinzione e l’uso della nonviolenza.<br />

Postulava nell’uomo la ragione e indica nella persuasione la stessa via<br />

per la conversione e esige un’opera educativa diffusa e capillare, l’unica capace di<br />

“attrarre, incamminare, muovere la creatura razionale al bene, alla verità, alla virtù,<br />

alla giustizia”, sempre in modo “dolce, blando, delicato e soave”, in modo che si<br />

creda “ma volendolo”, per interiore adesione. Qui va sottolineato il principio di razionalità<br />

reso universale (senza gerarchizzazioni tra etnie, fedi, etc.) poi il principio<br />

pedagogico del formare (e non del conformare) e la prassi “dolce e soave” che parla<br />

ai cuori e alle menti e lì opera la metamorfosi. La via di rispetto e di aiuto di Las<br />

Casas non ebbe seguito, fu il “realismo cinico” ad aver la meglio, come sappiamo.<br />

Purtuttavia la disputa del 1550 disegna un quadro esemplare e esemplare ancora<br />

oggi e fa ben risaltare la ricchezza e attualità della via pedagogica, e anche la sua difficoltà,<br />

che vale ancora per l’oggi. Quel lavoro in interiore homine ha bisogno di formatori,<br />

di esperti di qualità, capaci di stare tra i confini e nelle culture per attivarne il dialogo,<br />

senza preordinarne le uscite, ma tenendo fermo che comunicare e dialogare è già un<br />

valore, un traguardo, poiché implica già anche un’etica e produce un ethos. Bartolomeo<br />

de Las Casas ci sta davanti ancora come un maestro, anche se noi oggi dobbiamo rileggerlo<br />

in modo laico: pensando a tutto il quadro dei valori e non solo a quello religioso.<br />

Ma su questo piano Las Casas ci indica a quale ethos dobbiamo ancora guardare. Ethos<br />

di reciprocità e di costruzione di frontiere comuni sempre più avanzate, dentro un mutamento<br />

squisitamente antropologico basato proprio sulla pratica del dialogo.

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