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Scarica - Centro Terapia Cognitiva

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Ernesto (nome di fantasia), che ho sempre amato sin dalla prima<br />

elementare: che cosa avrebbe pensato? Volevo morire! Quello per<br />

Ernesto è stato un amore fedele, durato fi no alla prima o seconda<br />

media, fi no a quando cioè non mi sono resa conto che non avevo<br />

speranze, che non mi guardava. Forse ero poco femminile, anzi<br />

direi un vero e proprio maschiaccio. Ero la capa della banda di<br />

bimbi del cortile e tutti facevano quello che dicevo. Forse non era<br />

per quello. Ernesto abitava al primo piano del nostro stesso condominio<br />

ed altri compagni nei condomini vicino, nello stesso cortile.<br />

Tutti potevano assistere alle nostre tragedie familiari: botte, due<br />

volanti della polizia alla volta ed ambulanza. Mia sorella più piccola<br />

sempre picchiata. Ricordo che sin da piccola mia nonna le ha<br />

spaccato due volte la testa (le ci sono voluti dei punti di sutura); le<br />

rompeva i mestoli di legno addosso. La odiavano perché mio papà<br />

le dava più attenzioni, dicevano mia nonna e mia mamma. Ma<br />

questo accadeva perché mia mamma e naturalmente anche mia<br />

nonna avevano occhi e attenzioni solo per mio fratello: il maschio<br />

tanto desiderato. Anche quando aspettava me mia mamma desiderava<br />

un maschio e invece, purtroppo, ancora una femmina. Al<br />

terzo tentativo: ecco due gemelli un maschietto e una femminuccia.<br />

Penso fosse naturale che mio padre, per compensare, avesse più<br />

cura della mia sorellina. Ed io: stavo lì a guardare. Non ho mai<br />

avuto la forza da bambina di intervenire per difendere mia sorella:<br />

avevo paura. Mi sento ancora in colpa. Ero più grande di lei ma<br />

ancora troppo piccola per fare qualcosa.<br />

I motivi che facevano scoppiare le liti tra mia madre e mio padre<br />

non li ricordo.<br />

Erano scuse, troppo banali. Era il culmine che mio padre raggiungeva<br />

dopo averne viste tante. Esplodeva e picchiava a sangue mia<br />

madre. Ho assistito ad ogni scena, non ne ho persa una.<br />

I miei fratelli invece non erano sempre presenti. Ricordo la peggiore:<br />

mia madre a terra che chiedeva pietà con una gamba rotta e<br />

mio padre che continuava a darle calci in faccia, nello stomaco,<br />

dove capitava. Era tutto un livido. Avevo otto anni e già pensavo di<br />

accoltellare mio papà. Per me era un mostro. Perché si comportava<br />

così? Erano i vicini di casa che chiamavano sempre ambulanza<br />

e polizia. Quella volta sono salita in ambulanza con mamma: era<br />

la prima volta. Come era livida: blu, nera. Avevo paura che stesse<br />

morendo. L ‘hanno ingessata e trattenuta in ospedale. Non ricordo<br />

dove io ed i miei fratelli abbiamo passato la notte: forse era poco<br />

importante rispetto a quello che era successo. A questa ed a tante<br />

altre scene ho dovuto assistere ed in più di un’occasione gridavo<br />

30 Scuola di Formazione in Psicoterapia <strong>Cognitiva</strong> - Vol. 2 Anno 2005

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