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12 luglio 2008 - VicenzaPiù

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18 associazioni <strong>12</strong> LUGLIO <strong>2008</strong><br />

Alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino, intervista alla rappresentante veneta dell’associazione italiana<br />

che si batte per l’autodeterminazione di Lhasa<br />

Tibet, il genocidio di un popolo libero<br />

DI GIULIANO CORÀ<br />

Per la serie:<br />

“Hanno la faccia<br />

come il<br />

culo”. Cioè.<br />

Avrete visto<br />

tutti, in queste<br />

settimane, lo<br />

spot televisivo<br />

della Fiat con<br />

Richard Gere per la nuova Lancia<br />

Delta. Uno spottino ben fatto, un<br />

po’ leccato, molto ‘hollywoodiano’.<br />

E, se l’avete osservato bene,<br />

vi sarete accorti che: a) in quello<br />

spot la Cina non viene in alcun<br />

modo nominata o accennata; b) il<br />

Tibet, per quel che ne può sapere<br />

uno spettatore ignaro, potrebbe<br />

trovarsi anche in mezzo alle Dolomiti.<br />

Ciò nonostante, pronta e<br />

rabbiosa è stata la reazione del<br />

governo cinese, che lo ha considerato<br />

“una provocazione destinata<br />

a riattizzare il fuoco delle<br />

polemiche in vista<br />

delle Olimpiadi per<br />

Terrorizzata<br />

all’idea di<br />

vedersi<br />

chiudere il<br />

mercato,<br />

la Fiat si è<br />

scusata con<br />

il governo<br />

cinese<br />

la repressione della<br />

protesta dei monaci”<br />

ed ha minacciato<br />

di “boicottare la<br />

casa torinese, che<br />

ha in Cina un mercato<br />

fondamentale”.<br />

Ci troviamo davanti,<br />

è chiaro, alla più<br />

gigantesca coda di<br />

paglia che mai si<br />

sia vista in natura.<br />

Per il governo cinese<br />

il punto dunque non è che non<br />

si deve parlare del Tibet in contrapposizione<br />

con la Cina. No: il<br />

punto è che non si deve parlare<br />

del Tibet tout court, come se non<br />

esistesse, almeno per questo spazio<br />

di tempo che ci separa dalle<br />

Olimpiadi (poi, chiusi i baracconi,<br />

del Tibet alla gente importerà<br />

meno ancora di quel poco che glie<br />

ne importa adesso, e la Cina sarà<br />

libera, nell’indifferenza generale,<br />

di riprendere il genocidio/etnocidio<br />

con cui da decenni sta distruggendo<br />

quel popolo e la sua<br />

cultura). Ma andiamo avanti. Si<br />

tratta di un ukaze zarista-stalinista,<br />

che il governo cinese, evidentemente<br />

poco al corrente del ruolo<br />

della stampa e della pubblica<br />

opinione in Occidente, si aspetta<br />

venga rispettato da tutti. Conseguentemente,<br />

tutti penserete che<br />

la Fiat abbia risposto con uno<br />

sghignazzo, in nome di quella libertà<br />

e di quei diritti umani di cui<br />

qui da noi ci si riempie la bocca<br />

un giorno sì ed uno anche. Ed è<br />

qui che sbagliate, perché, come<br />

sappiamo, chi serve Mammona<br />

non può servire altri padroni.<br />

Per cui, terrorizzata<br />

all’idea di vedersi<br />

chiudere le concessionarie,<br />

l’azienda<br />

ha incaricato un<br />

portavoce di dichiarare,<br />

con olimpica<br />

impudenza, che “la<br />

Fiat si è resa conto<br />

che un certo tipo di<br />

campagna pubblicitaria<br />

può disturbare<br />

la sensibilità<br />

dei cinesi (? ndr), e<br />

desidera porgere le<br />

proprie scuse al governo della Repubblica<br />

cinese e ai suoi abitanti”<br />

(il corsivo è mio). Cosa dicevamo<br />

all’inizio? Per la serie: ‘Hanno la<br />

faccia come il culo’.<br />

Un addetto si affretta a cancellare le scritte in favore di un Tibet libero per le strade di Lhasa, sotto lo sguardo di un militare cinese<br />

Ma noi, invece, di questo Paese<br />

violato e di questo popolo martire<br />

vogliamo parlare, proprio in queste<br />

settimane, prima che si apra<br />

la festa, e prima che rifl ettori, effi<br />

meri eroi in tuta da ginnastica e<br />

soprattutto una stampa ed una tv<br />

prone di fronte all’oro cinese (altro<br />

che l’oro di Mosca!) stendano<br />

una funebre coltre di silenzio su<br />

quella tragedia. Non abbiamo<br />

dovuto andar lontano, per saperne<br />

qualcosa. E’ bastato recarci ad<br />

Arsiero, dove vive Stefania Marchesini,<br />

giovane insegnante alla<br />

Scuola Alberghiera di Tonezza e,<br />

soprattutto, rappresentante per<br />

il Veneto dell’Associazione Italia-<br />

Tibet (www.italiatibet.org).<br />

“Sì, è proprio così” ci ha detto<br />

Stefania quando le abbiamo raccontato<br />

l’episodio. “A me è successa<br />

la stessa cosa l’anno scorso.<br />

Il 22 <strong>luglio</strong> ero a Rovereto con<br />

alcuni amici tibetani, ad assistere<br />

ad un’amichevole di calcio Juventus-Cina.<br />

Varie volte, durante<br />

la partita, i miei amici hanno tentato<br />

di sventolare sulle gradinate<br />

la bandiera del Tibet. Ogni volta<br />

i giocatori cinesi smettevano di<br />

giocare, e la polizia italiana interveniva<br />

a farci smettere con la motivazione<br />

che stavamo ‘offendendo’<br />

la nazione ospite. Quando,<br />

approfi ttando della confusione<br />

di un gol, sono riuscita ad entrare<br />

in campo sventolando anch’io<br />

una bandiera, sono stata fermata,<br />

identifi cata e poi rilasciata,<br />

per fortuna senza conseguenze.<br />

E’ evidente che la Cina propone<br />

al mondo un complotto del silenzio<br />

sul Tibet, al quale moltissimi<br />

hanno aderito supinamente”.<br />

Parlaci dell’associazione di<br />

cui fai parte.<br />

“L’Associazione Italia-Tibet è<br />

nata nel 1988, giusto l’anno dei<br />

feroci scontri a Lhasa. Dopo la<br />

celebre rivolta del 10 marzo 1959<br />

– data divenuta simbolica per il<br />

popolo tibetano – fu quella la seconda<br />

volta in cui esso osò rivoltarsi<br />

contro i suoi padroni e come<br />

oggi le manifestazioni vennero represse<br />

nel sangue, con un numero<br />

mai precisato di morti e di feriti,<br />

e soprattutto di prigionieri, spariti<br />

nell’abisso delle prigioni cinesi.<br />

Da allora, l’associazione opera<br />

per tenere desta l’attenzione sul<br />

dramma di questa nazione, per<br />

diffondere la sua cultura e gli insegnamenti<br />

del suo capo spirituale,<br />

Sua Santità il XIV Dalai Lama.<br />

Siamo vicini anche a tutte quelle<br />

iniziative che possono contribuire<br />

ad alleviare le sofferenze dei tibetani<br />

o a far sì che si parli di loro.<br />

Appoggiamo per esempio l’Onlus<br />

S.O.S.Tibet (www.sostibet.org),<br />

che raccoglie fondi per nutrire e<br />

far studiare i bambini<br />

tibetani esuli in<br />

India e Nepal. Così<br />

pure, abbiamo sostenuto<br />

l’alpinista<br />

italiano Alberto Peruffo<br />

nella sua performance<br />

The sad<br />

smoky mountains<br />

(www.sadsmokymountains.net),<br />

che<br />

l’8 maggio, quando<br />

la fi accola olimpica<br />

è passata sull’Everest,<br />

si è mobilitata<br />

perché sulle più alte<br />

cime del mondo si<br />

accendessero dei<br />

fumogeni rossi, simbolo<br />

del sangue versato,<br />

e che ripeterà<br />

l’evento l’8 agosto<br />

alle 13.00 ora italiana,<br />

momento di inizio<br />

delle Olimpiadi”.<br />

In Italia, quali iniziative<br />

concrete portate avanti?<br />

“Recentemente, per esempio,<br />

abbiamo appoggiato la costituzione<br />

dell’Associazione di Comuni,<br />

Province e Regioni per il<br />

Tibet, con lo scopo di supportare<br />

le iniziative del Dalai Lama<br />

e del governo tibetano in esilio<br />

presso le autorità cinesi. All’interno<br />

di questa azione si situa<br />

la campagna Una bandiera per<br />

uno status di piena autonomia<br />

per il Tibet, che comprende<br />

l’esposizione permanente della<br />

bandiera tibetana in oltre duecento<br />

sedi comunali, provinciali<br />

e regionali. In quest’ambito,<br />

è di pochi giorni fa la notizia<br />

della concessione, da parte del<br />

Comune di Venezia, della cittadinanza<br />

onoraria al Dalai Lama,<br />

che dunque aspettiamo presto<br />

tra noi”.<br />

Sua Santità il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso

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