Autonomismo in banca - Il Friuli
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Elogio della<br />
sobrietà<br />
Lorenzo PeLizzo - Una regione aUtonoma<br />
senza leve f<strong>in</strong>anziarie altrettanto <strong>in</strong>dipendenti<br />
rischia di veder ridimensionata sensibilmente la<br />
sUa specialità; friUlia deve tener fede ai sUoi<br />
pr<strong>in</strong>cipi istitUtivi f<strong>in</strong>alizzati al sostegno e alla<br />
crescita del tessUto prodUttivo regionale,<br />
evitando derive assistenzialistiche o di f<strong>in</strong>anza<br />
specUlativa; la cUltUra friUlana ha consentito di<br />
attenUare le consegUenze della crisi economica;<br />
ciò che mi rammarica di più è vedere nella classe<br />
dirigente il venir meno dell’etica: ecco l’analisi<br />
a 360 gradi di Uno degli Ultimi banchieri locali<br />
24 settembre 2010<br />
IL PERSONAGGIO<br />
Un modello economico è tramontato e si sta creando<br />
uno nuovo, che può guardare al legame con il territorio<br />
e ai valori identitari del <strong>Friuli</strong> per trovare nuovo<br />
slancio. È il pensiero di uno degli ultimi banchieri nostrani,<br />
Lorenzo Pelizzo, nom<strong>in</strong>ato presidente della Banca popolare<br />
di Cividale ad appena 33 anni e da ben 39 anni alla sua guida.<br />
- Rispetto a pochi anni fa, com’è cambiato il rapporto tra<br />
banche e imprese?<br />
“Le banche operano <strong>in</strong> base alla legislazione <strong>banca</strong>ria e alle<br />
disposizioni dell’Autorità di vigilanza. Non si può parlare di un<br />
cambiamento del rapporto tra gli istituti di credito e la clientela,<br />
imprese o privati che siano. Certamente, le grandi banche<br />
hanno adottato e applicato Basilea2, conferendo un rat<strong>in</strong>g alle<br />
imprese e operando di conseguenza, mentre le banche locali si<br />
sono basate più sul rapporto fiduciario, pur non trascurando<br />
le <strong>in</strong>formazioni tecniche. La crisi <strong>in</strong> atto richiede maggiore<br />
attenzione nell’erogazione del credito, un approfondito esame<br />
dei piani di sviluppo aziendali e un dialogo maggiore con<br />
l’imprenditore. Per quanto riguarda il gruppo <strong>banca</strong>rio che<br />
presiedo, il forte legame col territorio e la conoscenza, spesso<br />
storica, delle imprese ci consentono una valutazione più puntuale<br />
che favorisce quel rapporto di fiducia, cui ho accennato”.<br />
- La stretta del credito alle imprese è una lamentela<br />
giustificata?<br />
“Dov’è questa stretta creditizia di cui si parla tanto? Cito<br />
un dato: anche come consigliere dell’Abi posso affermare<br />
che il sistema <strong>banca</strong>rio italiano ha registrato nel 2009 perdite<br />
su crediti per oltre 60 miliardi di euro, praticamente 4<br />
o 5 F<strong>in</strong>anziarie dello Stato. Inoltre, quasi tutti i bilanci delle<br />
banche e le recenti semestrali confermano, se non la crescita,<br />
almeno la tenuta dei volumi degli impieghi. Certamente, c’è<br />
più prudenza nel prestare denaro stante la difficile congiuntura<br />
economica <strong>in</strong> atto. Per quanto riguarda la Popolare di<br />
Cividale, posso dire che registriamo un <strong>in</strong>cremento degli<br />
impieghi a livello di gruppo nel primo semestre di quest’anno,<br />
nonostante il periodo critico”.<br />
- Quale rapporto deve esserci tra politica e banche?<br />
“Tra politica e banche ci deve essere sempre una salutare<br />
separazione dei ruoli e un doveroso rispetto delle diverse funzioni<br />
e competenze. Ogni volta che c’è stata commistione, sono<br />
emerse situazioni negative. Economia e politica sono fattori<br />
decisivi nel governo della società, l’uno non può presc<strong>in</strong>dere<br />
dall’altro pur avendo regole differenti e peculiari. La crescita<br />
armonica di tutte le componenti sociali dovrebbe essere, però,<br />
il comune obiettivo di entrambe. La responsabilità sociale<br />
dell’impresa, ad esempio, è stata il perno dell’agire del credito<br />
popolare, <strong>in</strong> generale, e della Cividale, <strong>in</strong> particolare”.<br />
- Guardando con l’occhio dello storico, perché non si è<br />
riusciti a creare una forte aggregazione <strong>banca</strong>ria regionale,<br />
ma gli istituti locali hanno preso strade diverse?<br />
“Su questo argomento ci sarebbe da scrivere un libro. Se pensiamo<br />
che soltanto f<strong>in</strong>o a vent’anni fa <strong>in</strong> <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia<br />
operava una vent<strong>in</strong>a di banche locali autonome, oltre alle<br />
casse rurali, c’è di che rammaricarsi guardando la situazione di<br />
oggi. Una regione autonoma senza leve f<strong>in</strong>anziarie altrettanto<br />
autonome rischia di veder ridimensionata sensibilmente la sua<br />
specialità. Casse di risparmio da una parte e banche popolari<br />
dall’altra avrebbero dovuto ricercare percorsi di convergenza<br />
tali da non dover cedere ad altri i grandi patrimoni storici e f<strong>in</strong>anziari<br />
che le nostre genti nei secoli sono riuscite, spesso con<br />
enormi sacrifici, a creare. Purtroppo, altre sensibilità hanno<br />
prevalso e si è messo <strong>in</strong> moto un processo di concentrazione<br />
verso i grandi gruppi <strong>banca</strong>ri che localmente ha determ<strong>in</strong>ato<br />
una girandola di <strong>in</strong>segne nuove al posto degli storici marchi<br />
tale da disorientare la stessa utenza.<br />
ilFRIULI BUSINESS 13