Il Centro per la Cultura Cooperativa ha curato le ... - Confcooperative

Attilio Ianniello
Cooperative: storie di uomini e territorio.
Dal 1975…

Il Centro per la Cultura Cooperativa ha curato le seguenti pubblicazioni:
- Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1945…
- Un’idealità accogliente: la Cooperativa Agraria Angelina.
- Cooperativa Agricola Buschese: un ponte fra produttori e consumatori.
- Cooperativa Piemonte Miele. La passione per l’apicoltura.
- Una valle accogliente per torrenti irrequieti: la Cooperativa Sociale “Emmanuele”.
- Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1975…
Centro per la Cultura Cooperativa, via Cascina Colombaro n. 56, 12100 Cuneo,
tel. 0171.451711
Confcooperative Cuneo, via Cascina Colombaro n. 56, 12100 Cuneo, tel.
0171.451711/ fax 0171.451734. E-mail: confcoop@confcooperativecuneo.it
Ringraziamenti.
Si ringraziano per la loro cordiale collaborazione la Federazione delle Banche di
Credito Cooperativo del Piemonte, Valle D’Aosta e Liguria e la sig.ra Rosanna
Pasero; la Vignaioli Piemontesi e la sig.ra Teresina Flori; la Lagnasco Group e la
sig.ra Diana Guerra; la Coldiretti di Cuneo, la redazione de “Il Coltivatore
Cuneese”, Michelangelo Pellegrino e Paolo Marengo.
In copertina: 3 ottobre 2003, si presenta la nuova sede di Confcooperative Cuneo; al
tavolo dei relatori troviamo (da sinistra): Domenico Paschetta, Bruno Carli, Mino
Taricco, Luigi Marino e Giovenale Gerbaudo.
Le foto dei mirabili paesaggi sono di Davide Dutto (Studio Fotografico in Fossano)
In collaborazione con Cooperativa Bedifferent
Grafica e impaginazione Sigla Cuneo
Stampa: Tipolitoeuropa Cuneo – ottobre 2005

Presentazione
Scrivere una presentazione vuol dire fornire un’utile chiave di lettura del libro in
questione; questo è quanto mi sono proposto.
Al Centro per la Cultura Cooperativa è stata commissionata da Confcooperative
Cuneo la “seconda puntata” della sua storia dal 1975 fino ad arrivare quasi all’anno
2000. Quindi Attilio Ianniello, ormai memoria storica di questa organizzazione e di
molti personaggi coinvolti, è partito sacrificando le vacanze di questa estate per
navigare in un mare di testimonianze e documenti che formano il vissuto della locale
cooperazione e di organismi a lei vicini, facendo emergere una fisionomia
associativa che forma un “unicum” da inserire nella storia di Cuneo.
Leggere le bozze è stato per me come l’emozione che si prova dopo una lunga e
faticosa camminata in alta montagna con gli amici, quando girandosi indietro si
misura con stupore ed orgoglio il cammino percorso.
La domanda cooperativa del periodo in esame è stata rilevante a motivo di nuovi
problemi sociali e settoriali indotti dal cambiamento: le riforme della politica
agricola europea, la tensione abitativa per l’arrivo di nuovi occupati nelle industrie
locali, la esternalizzazione dei servizi da parte di aziende pubbliche e private, il
disagio sociale conseguente alle nuove ondate migratorie, lo sviluppo del
volontariato sociale.
L’Unione di Cuneo, consapevole della sua missione, si è strutturata
progressivamente per intercettare e corrispondere questi fenomeni.
Ma il motore primario di questa promozione va sicuramente ricercato nella carica
ideale formatasi in maniera diffusa grazie alla penetrazione degli insegnamenti della
Dottrina Sociale ad opera della Chiesa cuneese.
Rilevante fu anche il contributo di uomini e di esperienze propedeutiche alla
cooperazione che ci venne dalle forze sociali di medesima area culturale come
Coldiretti, Cisl, Acli, e dalle stesse associazioni di matrice ecclesiale. Queste con
maggior o minor consapevolezza funzionarono da fucine di dirigenti e progetti
cooperativi.
Anche nelle istituzioni troviamo delle sensibilità individuali molto preziose e fattive:
Comuni, Camera di Commercio, Provincia, Regione Piemonte, Banche locali, a
vario modo, credettero nelle potenzialità della cooperazione e deliberarono
provvedimenti di sostegno.
La raccolta storica di Ianniello raccoglie fedelmente straordinari esempi di successo
anche economico, ma, nonostante tanta buona volontà dei promotori, non sempre
accompagnata però da una cultura economica, anche storie rimosse di sogni infranti.
Forse le emergenze settoriali portarono ad anticipare troppo i tempi rispetto alla
maturazione dei soci, questo vale, ad esempio, per i Consorzi Agricoli mentre in altri
casi intervenne negativamente la concorrenza di quei privati che applicavano
pratiche evasive del fisco (per esempio l’Iva sul bestiame). Una fragilità finanziaria
che poneva eccessiva fiducia nelle risorse della politica e, a volte, gli stessi
3

provvedimenti agevolativi indiscriminati promossero anche qualche forma spuria di
cooperazione. Anche le esperienze negative devono essere analizzate al fine di
accrescere la maturazione gestionale della nostra classe dirigente.
Purtroppo talvolta alle cooperative in difficoltà non venne data quella solidarietà dei
mondi vicini che forse ci si aspettava e inoltre si assistette spesso alla solitudine dei
dirigenti coinvolti.
Furono crisi però che non riuscirono a fermare la crescita di Confcooperative Cuneo,
sicuramente grazie ad una nutrita classe dirigente di varia provenienza che decise di
arruolarsi nella cooperazione portando vigore sempre nuovo.
Il fenomeno è davvero da rimarcare perché in una terra cuneese dove l’imprenditoria
diffusa ha fatto il miracolo di una stagione di sviluppo che regge tuttora, facendo le
fortune individuali di molti, sorprende che una schiera importante di questi abbia
invece deciso di mettere a frutto i propri talenti in forma cooperativa nell’interesse
sociale delle rispettive compagini smentendo il luogo comune dell’individualismo
cuneese.
Senza dubbio la cooperazione ha contribuito ad allargare la base imprenditiva,
messo a valore molte situazioni problematiche, realizzato democrazia economica nel
sistema cuneese.
Questo mix di fattori inoltre si è combinato con il protagonismo cooperativo
proveniente dal nuovo corso di Confcooperative inaugurato con l’Assemblea del
1975, che fece emergere la leadership di Enzo Badioli e Giuliano Vecchi, e con la
contemporanea attivazione dell’Unione Piemontese della Cooperazione, che ha
saputo mutuare modelli e cultura d’impresa dalle esperienze italiane di successo,
soprattutto emiliane.
Competenze, senso di appartenenza, maturazione politica acquisite nel Movimento
nazionale, ben presto vennero valorizzate mediante l’impegno anche in posti di
grande responsabilità regionale e nazionale di dirigenti cuneesi eletti negli organi di
Confcooperative.
Questa testimonianza la offriamo al Movimento di Confcooperative, impegnato a
completare la transizione verso un “terzo tempo della cooperazione” da realizzarsi in
contesti di mercato molto più liberi con dimensioni sempre più globali.
Sotto la guida del Presidente Luigi Marino si è riusciti in sede di riforma del diritto
societario ad ottenere il riconoscimento della nostra distintività di impresa basata
sulla mutualità ed il varo di politiche di sistema, ora occorre adattare al presente la
nostra prassi imprenditoriale senza perdere, anzi consolidando, il valore della
mutualità.
Sono nate molte cooperative, le cause storiche le abbiamo esaminate, resta
l’orgoglio per la scelta spontanea di ognuna di esse di scegliere per la
rappresentanza, i servizi, la progettualità di stare sotto il tetto di Confcooperative.
Per questo sono state decisive l’ispirazione e la credibilità del movimento
Confcooperative.
Giovenale Gerbaudo
Presidente del Centro per la Cultura Cooperativa
4

Premessa
I principi della cooperazione sono
giustizia e difesa, nell’unione,
della personalità di ognuno in uno
spirito di vera solidarietà.
Gian Romolo Bignami
Il seguente lavoro vuole essere la continuazione del precedente nostro libro dal titolo
Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1945...; quest’ultimo infatti si
fermava alle soglie degli anni Settanta. Ora nelle pagine seguenti vogliamo
riprendere il filo del discorso e dipanarlo ancora per circa venticinque anni, dal 1975
al 1999. Sono anni di feconda riflessione e crescita della cooperazione in generale e
di quella cuneese in particolare. Sono gli anni in cui si consolidano e decollano
definitivamente le forme tradizionali della cooperazione dal consumo all’edilizia,
dalla cultura alla produzione e lavoro, dal credito all’agricoltura. Sono gli anni in cui
inizia ad operare la cooperazione di solidarietà con una fioritura di iniziative che in
molti casi come ama dire Giovenale Gerbaudo «superano le categorie della
mutualità per entrare nelle categorie dell’Amore».
Il presente lavoro non ha certamente la pretesa di essere esaustivo. Questi pochi
cenni sulla ricca storia della cooperazione cuneese degli ultimi decenni del
Novecento vogliono essere solo i semplici testimoni della vitalità di un movimento
che ha radici antiche e profonde nel nostro territorio.
L’economista francese e noto esponente del cooperativismo internazionale Charles
Gide (1847 – 1932) scrisse della prima esperienza cooperativa, quella dei Probi
Pionieri di Rochdale: «L’umile e derisa carretta dei primi cooperatori era attaccata
ad una stella». Bene, per fortuna questa stella orbita ancora intorno al nostro pianeta
ed anche il cielo della nostra provincia ne segue con attenzione il passaggio.
5

Introduzione
7

Orazio Sappa, Presidente di Confcooperative Cuneo dal 1974 al 1977
8

I
Un tempo per rinnovare, un tempo per crescere:
gli anni Settanta
Il Movimento Cooperativo verso una svolta storica.
La solidarietà come intreccio di valori
cristiani è nelle nostre coscienze prima di
essere scritta nel nostro statuto ed è la
misura con cui regoliamo la nostra
attività. Siamo una cooperativa e perciò
siamo un’impresa economica che mira al
profitto, non al lucro. Il lucro costituisce
una sopraffazione del prossimo, un
inganno, una forma di rapina legale. Il
profitto invece è il giusto riconoscimento
di un’attività economica condotta con
trasparenza…
Enzo Badioli
Quando nel 1965 Livio Malfettani divenne Presidente della Confederazione
Cooperativa Italiana 1 si trovò al vertice di una organizzazione che contava
più di 11mila cooperative ma si era arenata in un ruolo unicamente
assistenziale, lasciando un po’ in ombra la spinta ideale e propulsiva degli
inizi. Cominciò quindi un dibattito interno, condotto con sapienza e
diplomazia dal Malfettani, sul futuro del Movimento cooperativo da lui
presieduto. L’obiettivo era di far fare un salto di qualità all’organizzazione
sia a livello nazionale che periferico (dove alle unioni provinciali
incominciavano a costituirsi le prime Unioni regionali) per «non limitare la
propria attività alla primaria azione assistenziale, ma passare con
sufficienza di mezzi e di uomini a quella fase di tutela generale del
movimento che non inerisce solo alla situazione ed alla posizione dei singoli
enti, che non si limita alla difesa di interessi elementari, ma riassume le
9

aspirazioni note e meno note dell’intero movimento e lo pone in valida
competizione con le altre forze economiche e sociali che concorrono alla
vita nazionale». 2
Questo auspicato rinnovamento trovò piena attuazione nel gennaio del 1975 3
quando Confcooperative fu chiamata al suo I Congresso Nazionale. Da
quella assise emerse una nuova classe dirigente e toccò ad Enzo Badioli 4 la
responsabilità della Presidenza dell’organizzazione. Il neo Presidente il 24
luglio 1975, in occasione del Consiglio nazionale della Confederazione a
Roma, presentò ai partecipanti quelli che dovevano essere gli obiettivi del
movimento cooperativo per il recupero forte della sua funzione. Per Badioli
erano soprattutto cinque le mete a cui l’organizzazione doveva tendere.
Intanto occorreva dare un immediato risalto alla «riqualificazione
dell’impegno ideologico» riscoprendo da una parte i principi generali della
cooperazione come strumento di partecipazione democratica e di
autogestione dei cittadini e dall’altra le proprie radici cristiane: «Occorre
aver ben presente che per la concezione cristiana della cooperazione,
pregiudiziale è l’aspetto della valorizzazione della persona umana come
estrinsecazione dei valori fondamentali che in essa si sostanziano…Per
esprimere sinteticamente la portata di questi valori può dirsi che la
cooperazione è, prima di tutto, uno stato dello spirito che si manifesta in
termini di solidarietà e di fraternità e poi è un fatto di carattere economico
ed organizzativo.». 5
Era importante poi definire «una strategia atta a gestire il cambiamento»
poiché il tempo in cui si svolgeva il proprio lavoro al meglio ma in una
posizione difensiva rispetto ai mutamenti economici e sociali era
definitivamente tramontato. I contenuti del nuovo indirizzo per far decollare
la cooperazione passavano «attraverso l’accentuazione del ruolo
confederale sul piano promozionale, politico, di rappresentanza e di
coordinamento…». 6 Questo si concretizzava da una parte con la costruzione
di un sistema articolato e interagente delle imprese cooperative, dei loro
consorzi e federazioni, e dall’altra con l’offerta da parte della
Confederazione del servizio «dell’elaborazione culturale, della formazione
professionale, dell’informazione verso l’esterno, dell’assistenza tecnica e
della promozione finanziaria…». 7
Il terzo obiettivo si poneva lo scopo di individuare nuovi spazi di intervento
puntando a dare un «contributo per lo sviluppo delle aree e dei settori meno
evoluti». La presenza nel nostro Paese di sacche geografiche di arretratezza
economica e culturale e di crisi ricorrenti in vari settori agricoli e produttivi
impegnava il movimento cooperativo ad intervenire. Infatti diceva Badioli:
10

«È proprio della filosofia e della pratica cooperativa appuntarsi su quegli
“spazi” ove la formula dell’associazionismo possa rappresentare la chiave
di volta per determinare il passaggio da una situazione precaria e di
stentata sussistenza ad una situazione contraddistinta da uno spirito di
riscatto e dalla consapevolezza di poter fare con le “proprie forze”,
organizzando in modo coordinato, cooperativisticamente, le attività delle
singole unità operative». 8
Nel puntare ad una crescente mole di interventi la Confederazione aveva
bisogno, secondo la Presidenza, di raggiungere un ulteriore traguardo, quello
dell’«autosufficienza economica e finanziaria». Su questo tema Badioli mise
in gioco il suo ascendente tecnico, politico ed istituzionale nel mondo del
Credito cooperativo: le Casse rurali e Confcooperative dovevano trovare
un’unità di intenti e una maggior collaborazione 9 : «La messa in atto di un
apparato che corrisponda appieno alla domanda di credito a breve e medio
termine, sufficiente a garantire l’entità e la regolarità dei flussi, si fonda
essenzialmente sulla valorizzazione del ruolo delle Casse Rurali ed
Artigiane e della loro articolata organizzazione. Costituendo la piattaforma
portante di un rinnovato sistema di credito alla cooperazione, esse possono
giungere ad occupare una posizione strategica centrale dalla quale si
irradino gli impulsi promozionali più vigorosi. È questa del resto la chiave
che spiega il successo della cooperazione nei paesi dell’Europa centrosettentrionale,
nei quali il credito cooperativo rappresenta il volano di
orientamento e di accelerazione di tutte le iniziative cooperative». 10
Per portare a piena realizzazione il nuovo programma occorreva infine
puntare sul «potenziamento organizzativo». I rinnovati modelli organizzativi
dovevano stimolare la partecipazione delle strutture cooperative di base,
garantire attenzione alle realtà periferiche e agilità di movimento attraverso
il decentramento delle funzioni e delle competenze e sviluppare un
coordinamento che favorisse la realizzazione di iniziative comuni. Questo
obiettivo rendeva prioritario «l’impegno di rendere funzionali i “punti
nevralgici” della nostra organizzazione: Unioni Regionali, Federazioni e
Consorzi nazionali…». 11
Su questi obiettivi indicati dal Presidente Badioli, e alla ideazione e
realizzazione dei quali fu decisivo l’apporto di Giuliano Vecchi, si
misureranno tutti i cooperatori della Confederazione 12 che dal confronto con
i problemi del proprio territorio faranno nascere interessanti laboratori di
cooperazione. Questi ultimi arricchiranno anche la storia sociale ed
economica del Piemonte e della provincia di Cuneo in particolare, come
vedremo. Questi obiettivi nascevano anche in un clima di rinnovamento
11

generale del movimento cooperativistico, che verrà riconosciuto anche a
livello governativo con l’indizione di una prima assemblea generale dei
cooperatori di tutte le associazioni italiane da tenersi a Roma nella primavera
del 1977.
«La cooperazione fa bene anche alla salute». 13
La I Conferenza Nazionale della Cooperazione tenutasi a Roma dal 27 al 30
aprile del 1977 fu un evento che diede la giusta visibilità nei mass media e
una profonda attenzione da parte del mondo politico ad un movimento che
complessivamente 14 coinvolgeva circa sei milioni di persone per un fatturato
di oltre ottomila miliardi di lire. La Cooperazione italiana entrava così a
pieno titolo tra le forze sociali con la forza non solo delle «dimensioni
quantitative che il fenomeno cooperativo ha assunto nel corso di questi
anni… [e delle] sue ricche capacità di aggregazione sociale e di attrazione
culturale (qualcuno ha parlato in merito di “cultura sociale attrattiva”)» 15
ma soprattutto per il fatto di saper proporre soluzioni ai molti problemi che
la società italiana doveva affrontare soprattutto nel settore dell’agricoltura,
della pesca, dell’edilizia, dell’industria e del consumo. Questo avveniva
perché il movimento cooperativo, negli anni Sessanta e Settanta, aveva
saputo aprirsi ad una virtuosa evoluzione della propria identità: «…in questi
ultimi anni il mondo cooperativo ha saputo da un lato conservare e
potenziare il proprio patrimonio storico di spirito solidaristico, associativo,
aggregativo; dall’altro creare al proprio interno una grossa spinta di
iniziativa economica tanto da diventare forse la più originale forma di
“nuova imprenditorialità” che l’Italia abbia conosciuto dopo l’esplosione
del boom economico degli anni 60; e dall’altro ancora ha saputo inserirsi
nella dialettica e nell’emergenza sociale e politica di vecchi e nuovi gruppi
sociali, cercando significativi collegamenti con le forse sociali e politiche
capaci di operare in termini di movimento e sviluppo». 16 La capacità di
promuovere questa identità, insieme produttiva, sociale e politica permetteva
al movimento cooperativo di avere le carte in regola per entrare
nell’economico senza lasciarsi assorbire totalmente da questo aspetto: «in
questo senso la cooperazione costituisce una sfida e uno stimolo per tutte le
forze attive nel Paese» 17 .
Infatti salvaguardando la dignità della persona che lavora la cooperazione
arricchiva l’economia di contenuti etici e politico-sociali degni di una
democrazia matura: «…Noi pensiamo che la cooperazione, attraverso la
12

salvaguardia ed il ripristino in valore sempre maggiore di questo concetto
della mutualità, abbia un ruolo da assolvere essenziale per salvaguardare
appunto l’umanesimo civile… La cooperazione presenta un suo ruolo
genuino, autonomo e costantemente attuale come bilanciamento di tendenze
esasperate sia del sistema capitalistico sia del sistema collettivistico». 18
La cooperazione, quindi, come sistema di libertà e democrazia. 19
Dalla Conferenza Nazionale della Cooperazione emerse quindi in modo
significativo ed inequivocabile un dialogo fecondo tra le istituzioni politiche
ed il movimento cooperativo. Quest’ultimo, mentre si dichiarava disposto a
mettere in campo tutto il suo apparato ideale e di progettazione economica
per partecipare ad un organico sviluppo del nostro Paese, chiedeva al
governo, tramite le diverse commissioni di lavoro, precisi impegni per
affrontare da una parte il riassetto sul piano legislativo dell’intera materia
cooperativa 20 e dall’altra la questione del credito nella duplice
configurazione della cooperazione di credito e del credito alla
cooperazione. 21 Il movimento cooperativo chiedeva inoltre al mondo politico
di avviare un’adeguata politica di programmazione che tenesse in debita
considerazione il movimento stesso: «La cooperazione che ha per propria
natura il compito di nascere e svilupparsi per soddisfare i bisogni di
consumo, di lavoro per una pluralità di individui, rivendica di essere a pieno
titolo anch’essa soggetto di programmazione». 22
La Conferenza si chiuse in un clima di entusiasmo e di positive aspettative
che però ben presto si attenuarono. Le istituzioni pubbliche stentarono,
tranne qualche lodevole eccezione 23 , a dialogare con il movimento
cooperativo che proseguì comunque il suo processo di crescita, anche in
settori inediti come, per esempio quello della cooperazione sociale, in una
realtà socio economica multiforme e in rapida evoluzione.
Il particolare mestiere del cooperatore. 24
Intanto a livello nazionale la storia di Confcooperative procedeva entrando
negli anni Ottanta. Dal punto di vista organizzativo la Confederazione
risultava rivitalizzata e protagonista ma una progettualità economica troppo
anticipatrice finì per causare rilevanti perdite finanziarie a carico del
movimento. 25 A queste difficoltà interne si assommò poi l’acuta crisi
economica che portò il governo italiano ad adottare restrizioni creditizie per
ridurre l’inflazione, le quali penalizzarono fortemente l’intero sistema,
cooperative comprese. Nel 1983 Enzo Badioli lasciò la presidenza di
13

Confcooperative per ritornare a tempo pieno alla guida della Cassa Rurale ed
Artigiana di Roma. Il suo successore fu Dario Mengozzi, un dirigente della
cooperazione modenese che ricoprì anche il ruolo di Presidente della Union
Camere nazionale. Mengozzi si trovò a dover provvedere da una parte alla
ripresa del rinnovamento della Confederazione e dall’altra al risanamento
economico della stessa. Confcooperative, nella triplice sfida, morale,
economica ed istituzionale 26 , che affrontò negli anni Ottanta, ebbe al suo
fianco un insolito alleato, Giovanni Paolo II: «La vostra Confederazione,
nata come tale nel dopoguerra, aperta all’avvenire ma non chiusa ai valori
del passato, per realizzare i propri progetti si pone il problema della
famiglia, della scuola, dell’occupazione, delle nuove forme di povertà. Come
ognuno vede, si tratta di temi di vitale importanza per il futuro della nostra
società. Nell’affrontarli, occorre avere sempre presenti gli ideali che
animarono gli iniziali promotori del movimento; in questi ideali infatti, si
rispecchiano alcune istanze perenni del messaggio evangelico. Il vostro
compito e la vostra originalità, e il vostro merito, consistono nel saper
trovare, alla luce di tali istanze perenni, applicazioni adeguate alle nuove
esigenze emergenti dalla situazione odierna. Il mio augurio è che sappiate
elaborare un programma di attività umanamente e socialmente feconde». 27
Nel 1991 fu eletto Presidente di Confcooperative Luigi Marino che portò a
termine con estremo vigore, e con successo, l’impegno per il risanamento
economico dell’organizzazione intrapreso dal suo predecessore. Tra i primi
obiettivi che Marino indicò vi erano quelli di rendere Confcooperative
«percepibile, piena, progettuale, vivamente presente dove siano in gioco gli
interessi sociali ed economici dei singoli e delle imprese». 28 Si configurava
pertanto una presidenza dai forti connotati innovativi: con gli anni Novanta
iniziava una nuova stagione confederale gravida di progettualità e volontà di
contare maggiormente nel panorama sociale, economico e politico del nostro
Paese.
Luigi Marino, coadiuvato dal Segretario generale Vincenzo Mannino,
promosse inoltre la coesione e la flessibilità dell’organizzazione 29 al fine di
rispondere meglio ai cambiamenti della società italiana.
La strategia propositiva della Confcooperative presieduta da Marino trovò
una delle maggiori espressioni nella Conferenza economica di Mantova del
1999 30 e nella Conferenza organizzativa di Palermo del 2002, 31 entrambe
finalizzate alla realizzazione di un “terzo tempo della cooperazione” che
sappia cogliere le sfide della globalizzazione. Con la fine degli anni Novanta
e i primi anni del duemila si consoliderà quindi definitivamente il ruolo della
cooperazione nella compagine sociale del nostro Paese: «Ho accennato a un
14

capitolo che si chiude per la cooperazione: quello degli anni gelidi come li
ho chiamati in passato», dice Luigi Marino. «Anni nei quali la cooperazione
è stata a lungo in discussione... oggetto di scontro politico... investita da
spinte di omologazione forzata rispetto alle tradizionali società di capitali.
Abbiamo dovuto difendere la cooperazione, la cooperazione autentica...
Abbiamo avanzato ripetutamente proposte innovative e realistiche. Abbiamo
sempre accettato e lanciato a nostra volta, la sfida di un confronto sul
merito vero delle questioni, per andare oltre i fumi e le nebbie dei luoghi
comuni, dei pregiudizi ideologici, degli schemi politici convenzionali.
Abbiamo alzato il profilo della nostra scelta di autonomia e l’abbiamo
sostenuta nei fatti in coerenza e con fierezza. Abbiamo cercato il dialogo con
il governo, a partire dalla convinzione che la cooperazione è un bene e una
risorsa di tutto il Paese, e come tale va riconosciuta, rispettata e valorizzata
da tutti. Questa fase si è conclusa con i tre provvedimenti: la riforma della
vigilanza, il perfezionamento della disciplina del socio lavoratore e la
riforma del diritto societario, che mutano in modo esteso e profondo
l’ordinamento cooperativo». 32
Il piano d’azione messo in moto dal Presidente Marino trovava ulteriore
conferma nell’Assemblea nazionale elettiva del 2004, dove oltre alla
maggiore coesione organizzativa si auspicò la creazione di una rete di servizi
per il movimento cooperativo, una finanza di sistema in grado di consolidare
le imprese associate e di dare strumenti concreti alla progettualità economica
delle stesse, affinché la cooperazione possa essere protagonista di una nuova
crescita: «Ci sono i problemi e le esigenze di ogni altro lavoro. Ci sono i
problemi e le esigenze di ogni altra impresa... Ma nell’adozione convinta del
metodo cooperativo e dei suoi principi, nella partecipazione attiva alla vita
del movimento vi è l’incontro con un mondo di finalità e di valori, per noi in
primo luogo quello della dottrina sociale della Chiesa, che permea di
tensioni solidaristiche l’agire economico. È questo legame che rende i
cooperatori ostinati nella fedeltà, tenaci nelle difficoltà, capaci di insistere
anche dove altri imprenditori si arrendono. Quest’anima noi vogliamo
custodirla e rafforzarla». 33
15

Note al Capitolo I
1 Solo nel 1968 sarà adottata l’attuale denominazione di Confederazione
Cooperative Italiane, abbreviata in Confcooperative.
2 Direttivo di Confcooperative del 25 settembre 1969: cfr. Ramonda Elena (a cura),
Cenni sulla storia della cooperazione, Cuneo, 1998, p. 34; Giordana Rosangela,
Insieme, Madonna dell’Olmo, s.d., pp. 54-55.
3 In quell’occasione i partecipanti furono ricevuti il 16 gennaio ’75 in udienza
privata da papa Paolo VI, che disse: «Abbiamo accolto molto volentieri il desiderio,
che ci avete manifestato, di ricevervi in occasione del vostro Congresso Nazionale,
cari membri della Confederazione delle Cooperative Italiane. Si rinnova per voi e
per noi il ricordo dell’incontro del 9 ottobre di dieci anni fa, quando celebravate il
ventennale della ricostituzione del vostro sodalizio. Come allora, voi ci presentate
davanti agli occhi l’amplissima schiera dei vostri amici e collaboratori delle
undicimila cooperative confederate: e mentre vi esprimiamo il nostro
ringraziamento per la visita gentile, che coincide per voi con la celebrazione del
Giubileo sacro - ve lo auspichiamo fecondissimo di meriti e di propositi! - cogliamo
l’occasione per dirvi quanto ci sta a cuore.
Vari sono i motivi per cui vi dobbiamo il nostro particolare incoraggiamento:
- il numero, anzitutto, che è veramente cospicuo, e indica la vitalità della
Confederazione e la serietà dei suoi metodi;
- la storia fin qui percorsa, che ha le sue tappe significative nel 1860, con l’inizio
del libero movimento cooperativo italiano a Osoppo; nel 1919, con la fondazione
della prima Confederazione Cooperativa italiana; e nel 1945, con la ripresa della
sua attività, per cui vi avviate a celebrare il trentennale di vita e di azione;
- il carattere comunitario, che qualifica l’istituzione con l’apporto dei singoli per il
bene di tutti; e questa è proprietà essenziale per l’ora presente, non tanto per le note
difficoltà che richiedono la collaborazione volitiva di tutte le forze produttive, se
non si vuole rimanere isolati e senza i necessari aiuti, quanto piuttosto per
l’affermarsi sempre più spiccato di una mentalità e di un habitus fraterno, umano,
solidale della compartecipazione, della sussidiarietà, in una parola di quel
fenomeno della socializzazione, al cui esame il nostro venerato predecessore
Giovanni XXIII ha dedicato la sua attenzione nell’Enciclica Mater et Magistra
vedendo in esso il «progressivo moltiplicarsi di rapporti nella convivenza, con varie
forme di vita e di attività associata, e istituzionalizzazione giuridica» (IOANNIS
XXIII Mater et Magistra; AAS 53, 1961, pp. 415-416). Evidentemente, questo
sviluppo magnifico della coscienza comunitaria richiede la collaborazione viva e
intelligente delle persone umane per la difesa degli interessi comuni e per
l’avvaloramento e la crescita delle singole iniziative;
- ma soprattutto è il carattere cristiano, a cui apertamente vi richiamate come
all’eredità preziosa che fin dalle origini fu strettamente inerente al movimento
16

cooperativistico in Italia, che vi rende particolarmente cari al nostro cuore. Come vi
dicemmo nell’udienza del 1965, «conservate al vostro grande e multiforme
movimento cooperativo il suo originario e originale volto cristiano. Non si tratta di
mescolare il sacro col profano, né di fare della professione cristiana uno strumento
di efficienza temporale; si tratta di spiritualizzare un fatto temporale, quale voi
rappresentate, e di infondergli un senso ed un valore morale e religioso, che lo
perfezionano, lo stabilizzano, lo nobilitano, lo portano ad un livello umano
superiore» (PAOLO VI, Insegnamenti, III, 1965, p. 553).
Vediamo che in questi anni, con l’aiuto di Dio, la vostra forza è ulteriormente
cresciuta nei suoi componenti e nel suo peso complessivo, operando sempre più
come fattore di sviluppo e di progresso delle varie aziende che la compongono, per
il bene della società. Se questo è avvenuto, è dovuto, crediamo, in primo luogo
proprio al dichiarato intento della Confederazione di essere aperta a quanti vedono
nella vita cooperativa un mezzo di elevazione umana e di collaborazione cristiana, e
vogliono perciò come tali qualificarsi, nella fedeltà alle sane e convinte tradizioni
religiose del popolo italiano. Continuate in questo solco fecondo! Fate dei forti
principi di fedeltà al Vangelo e di adesione all’insegnamento della Chiesa,
nell’attaccamento ai suoi Pastori, ancor oggi e sempre il programma ispiratore
della vostra vita. Noi siam certi che la consapevole e raccolta celebrazione
dell’Anno Santo, che vi ha tratti a Roma, vi darà nuova generosità in questo
impegno, nello spirito di rinnovamento e di riconciliazione che caratterizza questo
Giubileo, iniziato con promesse tanto liete!
Come sempre, noi vi siamo accanto con la stima, con l’affetto, con la preghiera: ne
sia conferma la nostra Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo a voi, qui
presenti, come ai vostri colleghi delle varie Cooperative della Confederazione, e
soprattutto alle vostre care famiglie, affinché in tutte regni l’amore e la pace di
Cristo Signore».
4 Enzo Badioli, nato a Pesaro il 3 aprile del 1921, dopo essersi dedicato
all’insegnamento e alla politica si impegnò nel favorire l’innovazione e la
riorganizzazione del mondo del Credito cooperativo. Fu infatti Presidente dell’Ente
Nazionale Casse Rurali dal 1961 alla sua soppressione nel 1979, di Federasse dal
1963 al 1982 e dell’Istituto centrale delle Casse Rurali e artigiane (Iccrea) dal 1964
al 1984. Dal 1975 in poi, in qualità di Presidente di Confcooperative, non solo
risalderà i legami tra il Credito cooperativo e il Movimento cooperativo in generale,
ma si appresterà a rinnovare anche quest’ultimo. Badioli non si impegnò solamente
nel mondo dell’economia e della politica ma anche in quello culturale mantenendo
ottimi rapporti personali e istituzionali con l’Università Cattolica. Espresse la
profonda radice cristiana della sua formazione umana e politica pure nella
progettazione e nella scelta di un’opera d’arte che commissionò ad Arnaldo
Pomodoro per collocarla presso la sede della “sua banca”: la Banca di Credito
Cooperativo di Roma. La stele che l’artista realizzò era «un’opera altamente
simbolica per lo squarcio lungo i fianchi che raccoglie e lega tanti soggetti con
17

obusti segmenti. Un’opera che rappresenta la forza che nasce dallo stare uniti, per
questo egli [Badioli, nda.] fece scrivere “Ut unum sint” alla base della stele:
“Signore fa che siano una cosa sola”». Badioli morì il 24 aprile 1995 a Roma. Cfr.
Dati Fondazione Badioli, via Sardegna 129, Roma; sito web
www.fondazionebadioli.it; cfr. anche Cafaro Pietro, La solidarietà efficiente, Bari,
2002, pp. 421-422.
5 Badioli Enzo, La cooperazione nell’attuale fase evolutiva della società italiana ed
i problemi del suo sviluppo, Roma, 1996, pp. 30-31.
Enzo Badioli era profondamente convinto che non vi può essere rinnovamento di
un’organizzazione senza che essa abbia un reale radicamento ai principi ispiratori
della sua costituzione. Questa opinione fu anche l’ispiratrice della collaborazione tra
l’Ente Nazionale Casse Rurali e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel
promuovere il convegno “La cooperazione di credito per lo sviluppo delle comunità
rurali” nel luglio del 1965. Al termine del convegno, a cui parteciparono esponenti
della Confederazione Cooperativa Italiana, della Coldiretti, delle Acli, dell’Azione
Cattolica, della Federazione dei Consorzi Agrari ecc., fu diramata una mozione in
cui si invitavano i rappresentanti delle Casse rurali «a conservare intatto nel loro
ineguagliabile organismo quello spirito di solidarietà umana e cristiana che ha
sempre animato il movimento», cfr, Cafaro Pietro, op. cit., pp. 432-434.
6 Badioli Enzo, op. cit., p. 34.
7 Idem, p. 35.
8 Idem, p. 37.
9 In realtà formalmente il rapporto Casse rurali- Confcooperative era nato nell’aprile
1950, sancito nello Statuto della Federazione Italiana delle Casse Rurali: «Resta
fermo il principio… che presso ogni Unione provinciale della Confederazione
Cooperativa Italiana le Casse Rurali costituiranno la loro rappresentanza».
Purtroppo però ognuno continuò ad andare per la propria strada e l’auspicata
collaborazione tra Credito cooperativo e cooperazione “bianca” andò allora
disatteso; cfr. Cafaro Pietro, op. cit., pp. 395; 460.
10 Badioli Enzo, op. cit., p. 42.
11 Idem, p. 46.
12 Giuliano Vecchi è stato Segretario Generale di Confcooperative e si impegnò a
fondo affinché la svolta di Badioli venisse effettivamente realizzata. Sul
rinnovamento di Confcooperative, voluto dal Congresso del 1975, Vecchi si
espresse così: «In quell’occasione si tracciano le due linee essenziali: da un lato il
18

potenziamento delle strutture cooperative nel territorio, anche nelle zone più deboli
e difficili, per dare una dimensione effettivamente nazionale al movimento;
dall’altro, il rafforzamento delle imprese cooperative attraverso la politica dei
consorzi nazionali, come scelta essenziale per entrare sul mercato in forme
competitive e far crescere le cooperative, trasformate in imprese moderne, ma
democratiche e partecipate» in Unione Regionale Piemontese delle Cooperative (a
cura), Il movimento cooperativo piemontese, Torino, 1982, p. 13.
13 Giulio Andreotti: «… La cooperazione fa bene anche alla salute perché il dato di
assenteismo nelle imprese cooperative è molto più basso di quello di convivenze di
lavoro organizzato in altre forme», Andreotti on. Giulio, Il discorso del Presidente
del Consiglio dei Ministri On. Giulio Andreotti, in Ministero del Lavoro e
Previdenza Sociale, Atti I Conferenza Nazionale della Cooperazione, Vol. I, Roma
1977, p. 69.
14 Cioè riunendo le forze delle tre grandi associazioni di rappresentanza del
movimento: Associazione Generale delle Cooperative Italiane, Confederazione delle
Cooperative Italiane e Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue; cfr. Falvo
Francesco, Il futuro delle cooperative, in “Gazzetta d'Alba”, n. 19 del 11 maggio
1977.
15 Anselmi on. Tina, Apertura della Conferenza da parte del Ministro del Lavoro e
della Previdenza Sociale On. Tina Anselmi, in Ministero del Lavoro e Previdenza
Sociale, Atti I Conferenza Nazionale della Cooperazione, Vol. I, Roma 1977, p. 65.
16 Anselmi on. Tina, op. cit., p. 64.
17 Anselmi on. Tina, Discorso di chiusura, in Ministero del Lavoro e Previdenza, op.
cit., p. 177.
18 Andreotti on. Giulio, op. cit., p. 68. Sullo stesso tenore ideale fu l’intervento alla
Conferenza di Enzo Badioli: «È dalla passione dei cooperatori, dalla loro capacità
“visionaria” di impegno economico e sociale, dai loro sacrifici e dalla loro volontà
realizzatrice che si deve anche far conto per modificare la società e per non
disperdere l’enorme patrimonio della cooperazione, accogliendo il monito di
Tocqueville che affermava. “perché gli uomini restino civili, o lo divengano,
bisogna che tra loro l’arte di associarsi si sviluppi e si perfezioni nella stessa
misura in cui aumenta l’eguaglianza delle condizioni”», Badioli Enzo in Ministero
del Lavoro e Previdenza, op. cit., p. 90.
19 Manfredi Bosco: «…la cooperazione (quella fatta di impasto di iniziativa e
solidarietà) è un fatto di libertà se è vero, come dice Merlau-Ponty che “una libertà
autentica può esistere solo, nella vita, con il superamento della nostra situazione di
19

partenza, e tuttavia senza che cessiamo di essere gli stessi, dovremo, cioè, e
dovremmo trovare sempre nel nostro passato l’annuncio di quel che siamo
diventati», Bosco on. Manfredi, introduzione del Presidente del Comitato
organizzatore, in Ministero del Lavoro e Previdenza, op. cit., p. 113.
20 Cfr. Ministero del Lavoro e Previdenza, op. cit., pp. 205-208.
21 Cfr. Ministero del Lavoro e Previdenza, op. cit., pp. 211-213.
22 Cfr. Ministero del Lavoro e Previdenza, op. cit., p. 199. In modo particolare si
individuava nelle Regioni, che in quegli anni incominciavano ad operare a pieno
regime, il partner ideale di suddetta programmazione.
23 Tra queste si possono mettere senza tema di smentita la Regione Piemonte e la
Provincia di Cuneo.
24 L’espressione è presa da: Confcooperative (a cura), XVII Assemblea di
Confcooperative Relazione del Presidente Luigi Marino, Roma 25 giugno 2003, p.
19. Luigi Marino è nato a Castel Maggiore (Bologna) l’11 maggio del 1947. Nel
1975 è stato nominato Vice Direttore della Confcooperative Emilia Romagna della
quale diverrà Vice Segretario Generale nel 1979. Nel 1980 ha assunto la Vice
Presidenza della Federazione Nazionale delle Cooperative edilizie. Nel 1983 è stato
eletto per la prima volta a Presidente della Confcooperative Unione provinciale di
Bologna, carica a cui verrà riconfermato nel 1987, nel 1991, nel 1996, nel 1999 e nel
2004.
Nel 1988 viene eletto Vice Presidente nazionale della Confederazione Cooperative
Italiane, della quale, nel 1991, diventerà Presidente, ruolo nel quale è stato
riconfermato nell’Assemblea nazionale elettiva del 2004.
25 Sulla crisi finanziaria che coinvolse Confcooperative si veda Cafaro Pietro (a
cura), Badioli, cooperatore e banchiere, Ecra, Roma, 2005, pp. 55-56; Cafaro
Pietro, La solidarietà efficiente, Bari, 2001, pp. 465ss.
26 Cfr. Confcooperative Emilia Romagna (a cura), Identità e progetto nella storia
della Confcooperative in Emilia Romagna, Bologna, 2005, p. 47.
27 Giovanni Paolo II, Discorso ai Congressisti di Confcooperative nell’udienza
papale del 30 marzo 1984, in Rosso Francesco, La cooperazione nella dottrina
sociale cristiana, Bologna, 1996, pp. 43-46.
28 Cfr. Confcooperative Emilia Romagna (a cura), op. cit., p. 50.
20

29 Per esempio realizzò l’accorpamento delle Federazioni nazionali che divennero le
attuali otto: Federabitazione, Federagroalimentare, Federcasse, Federconsumo,
Federcoopesca, Federcultura Turismo Sport, Federlavoro e Servizi, Federsolidarietà.
30 Il Convegno promosse cinque direttrici principali di impegno: sviluppo
sostenibile, competizione su scala globale, nuovi bacini occupazionali, qualità
sociale del vivere, pari opportunità per tutti nell’accesso al lavoro e all’impresa.
31 «I contesti (istituzionali, politici, economici e sociali, tecnologici) in cui operano
le cooperative esigono il rafforzamento e l’ammodernamento dell’organizzazione
che le rappresenta e le assiste.
La scelta dell’autonomia deve trovare corrispondenza e trarre forza da logiche
organizzative coerenti: nella costante tensione a incrementare la rappresentatività,
nell’autosufficienza delle risorse contributive, nel potenziamento delle capacità di
relazione e di proposta in favore delle cooperative.
Il cambiamento e lo sviluppo devono pertanto investire tutti gli aspetti e momenti di
vita associativa; la cultura organizzativa, le strategie e gli obiettivi di crescita, le
regole di governance, le strutture, i processi, le tecnologie, le persone»: vedi
Conferenza organizzativa di Confcooperative. Palermo 28 febbraio – 1 marzo 2002.
Documento finale, Archivio Confcooperative.
32 Confcooperative (a cura), XVII Assemblea di Confcooperative Relazione del
Presidente Luigi Marino, Roma 25 giugno 2003, pp. 12-13.
33 Idem, p. 21.
21

II
Il progetto piemontese
Ci preme sottolineare ancora una volta i caratteri
fondamentali della realizzazione concreta della
formula cooperativa: noi rifiutiamo il concetto di
cooperazione assistenziale e puntiamo verso una
cooperazione di tipo manageriale in cui l’aspetto
mutualistico e sociale non si ponga in alternativa né in
contrasto con il concetto di efficienza economica
dell’impresa ma dove, anzi, questi due aspetti trovino
completamento ed una ulteriore concretizzazione.
Orazio Sappa
Un sistema alternativo per il progresso del Piemonte.
L’Unione Regionale Piemontese della Cooperazione, emanazione periferica
della Confcooperative, fu costituita il 4 settembre 1969 a Torino. 1 Davanti al
Notaio Agostino Revigliono si presentarono Giuseppe Aceto, Nillo Bufalini,
Angelo De Giuli e Ippolito Musso con l’intento di dare vita ad una
organizzazione che si proponeva: «a) di coordinare le iniziative delle Unioni
provinciali e dei Consorzi interprovinciali; b) di formulare programmi e di
promuovere attività a livello regionale o interprovinciale intesi allo sviluppo
della cooperazione, alla formazione dei cooperatori, allo studio dei
problemi della cooperazione; c) di mantenere contatti con le
amministrazioni regionali e con l’organizzazione centrale della
Confederazione Cooperative Italiane allo scopo di agevolare gli associati
nello svolgimento e nella trattazione delle pratiche amministrative inerenti
ad iniziative o problemi comuni sul piano regionale o interprovinciale; d) di
assumere, in generale, ogni opportuna iniziativa in favore del movimento
cooperativo regionale o delle singole associate nella regione». 2 Fu Giuseppe
Aceto il primo Presidente della nuova struttura cooperativa. Il lavoro a cui
attese Aceto fu quello di creare poco alla volta un concreto coordinamento
tra le Unioni provinciali del Piemonte limitandosi, anche a causa delle esigue
22

isorse economiche e di personale, ad un semplice ruolo di rappresentanza
politica.
La svolta imposta a tutta la Confederazione dal I Congresso nazionale del
1975 e l’accelerazione che Enzo Badioli volle dare alla funzionalità delle
Unioni regionali creò anche in Piemonte un interessante dibattito che portò a
sostanziali novità.
Il 6 dicembre 1975 il dott. Orazio Sappa, 3 già Presidente dell’Unione
Provinciale delle Cooperative di Cuneo, fu eletto alla carica di Presidente 4
dell’Unione regionale. Così Enrico Boffa, Direttore dell’Unione regionale, si
esprimeva su questo evento: «Alla fine del 1975 riuscimmo a fare la svolta
fondamentale dopo sei anni dalla costituzione dell’Unione. Fu dunque un
fatto molto importante che consentiva di riflettere sulle esperienze svolte ed
anche di tracciare un primo bilancio sui rapporti con la Regione che era il
nostro principale interlocutore». 5 Il nuovo Presidente seppe creare
entusiasmo e volontà di rilancio dell’Unione regionale, cercando una sede
propria 6 ed assumendo personale 7 adatto a far decollare l’organizzazione.
Sappa inoltre dedicò molte energie nella lunga preparazione del I Congresso
regionale del 1977 e nel dibattito interno che questo suscitava. L’evento
congressuale che aveva come titolo “La cooperazione: sistema alternativo
per il progresso economico e sociale del Piemonte” doveva essere il
momento clou della svolta regionale.
«L’8 dicembre [1977, nda.] presso il Centro Incontri della Cassa di
Risparmio di Torino (corso Stati Uniti, 23 – Torino), si svolgerà il I
Congresso regionale delle Cooperative aderenti all’Unione Regionale
Piemontese della Cooperazione della Confcooperative. Tale congresso
riveste, all’interno del processo di sviluppo del Movimento Cooperativo una
particolare rilevanza anche perché vede riuniti tutti i cooperatori cristiani…
e per il crescente ruolo e la forte credibilità che la formula cooperativistica
sta sempre più assumendo nei rapporti economico-sociali del mondo
odierno». 8 A questo appuntamento Orazio Sappa si presentò con una lunga e
dettagliata relazione. 9 In premessa il Presidente collegò il suo programma a
quello della Confederazione nazionale presentando tre lunghe citazioni di
Enzo Badioli, poi iniziò una puntuale analisi della situazione socio
economica del Piemonte soffermandosi in modo particolare sulla situazione
dell’agricoltura: «La forte concentrazione industriale e urbana e soprattutto
il modo caotico e disordinato, privo di qualsiasi ipotesi di programmazione,
ha determinato gravi e irreversibili compromissioni del territorio; spesso i
terreni a migliore vocazione agricola sono stati destinati a edificazione e ad
opere di urbanizzazione, in un modello di sviluppo che collocava
23

l’agricoltura, nei vari piani urbanistici, come fattore marginale. Secondo i
dati dell’Ires in circa 25 anni gli occupati nella agricoltura sono scesi dal
33% a meno del 12% dell’intera popolazione attiva del Piemonte. Inoltre la
diminuzione dell’occupazione agricola è risultata particolarmente
accentuata nella nostra regione sia per la maggior forza attrattiva esercitata
dalla industria e sia per il permanere di situazioni strutturali assolutamente
inadeguate e incapaci perciò di garantire un reddito sufficiente». 10 Dopo un
breve cenno alla storia della cooperazione in Piemonte e alla situazione
contemporanea alla sua elezione a presidente 11 dei diversi settori cooperativi,
Sappa si soffermò a lungo sugli obiettivi e i progetti dell’Unione regionale:
tra questi la riscoperta delle motivazioni ideali cristiane e dell’atteggiamento
di servizio: «L’atteggiamento di base che informa il nostro movimento, dai
dirigenti elettivi ai funzionari a tempo pieno, è fondamentalmente un
atteggiamento di servizio nei confronti delle varie esperienze cooperative», 12
la creazione di una mentalità imprenditoriale non disgiunta dalla socialità e
dal solidarismo 13 e il potenziamento dei servizi alle associate. 14 Infine il
Presidente presentò la sua strategia nel cercare rapporti costruttivi con le
forze sociali, le Amministrazioni pubbliche e le altre Centrali cooperative ed
affrontò il piano per promuovere la cooperazione nei diversi settori, anche
qui dando molto spazio all’agricoltura 15 senza tuttavia trascurare altri settori
e sottolineando l’importanza del movimento cooperativo per trovare
soluzioni alla disoccupazione giovanile. Era un programma vasto che servì a
delineare il nuovo profilo dell’Unione Regionale: un’organizzazione sociale
protagonista nel fare economia.
Creare spazi per una seria cooperazione.
Ci siamo soffermati sul clima di rinnovamento sancito dai vari congressi
nazionali e regionali di Confcooperative per meglio capire la genesi del
vivace dinamismo che a partire dalla metà degli anni Settanta mosse le menti
migliori del Movimento Cooperativo cuneese. Intanto occorre subito
sottolineare come anche nella nostra provincia fu importante il lavoro di
Orazio Sappa che divenuto Presidente dell’Unione provinciale delle
Cooperative di Cuneo nel 1974, 16 seppe muoversi con coraggio e
competenza stimolando nel nostro territorio un considerevole balzo in avanti
dal punto di vista qualitativo di tutto il Movimento: «Abbandonato un
concetto astratto di cooperazione, si sta promuovendo un modello di tipo
manageriale, moderno, efficiente, in cui l’uomo è tenuto ad intervenire in
24

prima persona e a sviluppare tutte le scelte del movimento». 17 Il suo lavoro
fu facilitato sia dalla ormai decennale sua presenza nel Consiglio Direttivo
sia dalla sua esperienza tecnica, economica e politica derivante dal lavoro
presso la Camera di Commercio cuneese e infine dal fatto che alla direzione
dell’Unione di Cuneo vi fosse una figura come quella della sig.ra Giovanna
Vola in Bianchi, la cui dedizione e passione per il lavoro favoriva la piena
funzionalità della macchina organizzativa dell’Unione provinciale.
La crisi economica che investiva il nostro Paese faceva sorgere in alcuni
ambienti culturali e politici del cuneese il desiderio di provare la via
cooperativistica per rilanciare uno sviluppo che fosse non solo economico
ma anche culturale. 18 D’altra parte non si partiva da zero, la provincia di
Cuneo aveva una storia cooperativistica secolare 19 e gli anni Cinquanta e
Sessanta avevano visto la costituzione di solide cooperative quali, per
esempio, i caseifici “Valle Stura” e “Valle Josina”, 20 le Cantine sociali 21 e
l’associazionismo ortofrutticolo. 22 Occorreva anche dare visibilità a quanto
si era fatto e a quanto si veniva a fare; l’Unione di Cuneo iniziò quindi a
organizzare convegni che suscitassero interesse e dibattito nel mondo
politico sindacale soprattutto agricolo. Tra questi ebbero un certo successo
quello organizzato a Cuneo il 20 novembre 1976 avente per tema “La
politica europea nel settore della carne e del latte: attualità e prospettive” 23 e
quello, organizzato sempre lo stesso anno ad Alba nell’ambito della Fiera
Nazionale del Tartufo, sulle prospettive future dell’agricoltura. 24
Quando il 24 settembre 1977 presso la sala contrattazioni della Camera di
Commercio di Cuneo fu convocata l’assemblea per il rinnovo delle cariche
dell’Unione provinciale delle Cooperative di Cuneo, Orazio Sappa poté fare
un quadro lusinghiero della situazione. L’Unione di Cuneo cresceva
quantitativamente 25 e qualitativamente, come dimostrava anche la nuova
capacità organizzativa delle cooperative agricole che crearono per affrontare
la specificità dei loro problemi l’Associazione delle Cooperative Agricole. 26
In quell’occasione, dopo le elezioni, si riunì il nuovo Consiglio Direttivo che
elesse Presidente il prof. Mario Vertamy 27 e vice Presidenti Orazio Sappa e
Giovenale Gerbaudo. Nell’accettare l’incarico Vertamy disse che si sarebbe
adoperato « con tenacia e assiduità affinché l’Unione possa avviarsi a quel
processo di rilancio e ristrutturazione auspicato da più parti, in particolare
per quanto attiene l’attività promozionale nel settore agricolo». 28
Formarono il Collegio dei Probiviri Gian Romolo Bignami, costitutore di
numerose cooperative tra cui il caseificio “Valle Stura” e teorico indiscusso
della cooperazione, l’on. Natale Carlotto della Coldiretti provinciale, leader
combattivo del mondo agricolo cuneese, e il sen. Giovanni Bersani, in
25

appresentanza della Confederazione Nazionale. Nell’unico Consiglio
Direttivo da lui presieduto, Vertamy parlò della volontà da parte
dell’Azienda autonoma della montagna e della Coldiretti di «far confluire
nell’alveo dell’attività dell’Unione le numerose iniziative cooperativistiche
da esse create». 29
Mario Vertamy rimarrà alla Presidenza dell’Unione fino agli inizi del 1979.
26

Note al capitolo II
1 «…in una camera al terzo piano della casa sita in corso Vinzaglio civico numero
4», Unione Regionale Piemontese della Cooperazione, Atto Costitutivo, Archivio
Unione Regionale (Un. Reg.). La prima sede dell’Unione Regionale fu in corso
Francia n. 15 a Torino.
2 Idem.
3 Nato a Ormea il 3 marzo 1930, Orazio Sappa si laurea in Scienze Agrarie
all’Università di Perugia. Tornato in provincia, nel 1959 viene assunto, tramite
concorso, all’Ufficio agricoltura della Camera di Commercio di Cuneo. «Lavorando
in quell’ufficio logicamente collaboravo con l’Azienda della Montagna diretta da
Gian Romolo Bignami. Partecipavo anche alla redazione delle “Valli cuneesi”, un
foglietto informativo stampato in circa 35mila copie: io curavo la parte
agronomica, scrivendo di vari argomenti in forma di dialogo tra un professore e un
contadino riprendendo lo stile del cattedratico ambulante del Comizio Agrario di
Mondovì, Alessandro Gioda. La collaborazione con Bignami mi portò ad ampliare
la mia disponibilità al lavoro di gruppo e soprattutto a lavorare nel mondo della
cooperazione e a favore della cooperazione stessa» (Sappa Orazio, intervista del 12
luglio 2005, Cuneo). Oltre che all’agricoltura di montagna Sappa si dedicò alla
promozione della coltura dei piccoli frutti attraverso l’attività del Centro erboristico,
presieduto da Giorgio Segre, ampliando le prospettive di mercato delle fragole a
Peveragno e dando l’inizio alla coltivazione razionale del lampone. Erano i primi
anni Sessanta, il periodo di maggior rilancio della frutticoltura cuneese: «In quegli
anni la Camera di Commercio di Cuneo aveva creato sei Centri di incremento
frutticoltura nelle zone più povere della provincia, dalla Valle Po alla Valle Tanaro,
mentre in aree vocate a questo tipo di coltivazione abbiamo fatto innumerevoli corsi
di specializzazione in collaborazione con l’Ispettorato dell’Agricoltura, in
particolare col dott. Sisto Zearo ed Emanuele Ferraris, con l’Istituto di frutticoltura
dell’Università di Torino, con il prof. Raffaele Carlone e i suoi allievi, con il prof.
Giovanni Borzini, esperto di malattie delle piante, e con l’Istituto “A. Geisser” di
Torino. Io ero il responsabile di queste attività, caldamente volute e incoraggiate
dal Presidente della Camera di Commercio di Cuneo, Giuseppe Chiesa, da Augusto
Gullino e tutta la Giunta in carica. Furono gli anni di sviluppo, promozione e
innovazione del sistema agricolo cuneese e in questo progetto lavorarono anche la
Confagricoltura di Angelo Peano e la Coldiretti di Vincenzo Pietrasanta» (Sappa
Orazio, intervista citata). Sappa collaborò anche con il sen. Paolo Desana nella
definizione della legge sulla denominazione di origine controllata dei vini, uscita nel
1964, e con il Ministero dell’Agricoltura e Foreste per una seria impostazione
catastale degli albi dei vigneti. In veste di Presidente dell’Unione Regionale delle
Cooperative, partecipò alla trattativa tra i viticoltori del moscato e gli industriali
spumantieri. Grazie all’unità di intenti e alla collaborazione con l’Assessore
27

all’Agricoltura della Regione Piemonte Bruno Ferraris, con Dario Ardizzone
dell’Unione Regionale delle Associazioni Vitivinicole, con Gianluigi Biestro
dell’Asprovit, con esponenti della Lega delle Cooperative e altre associazioni, tale
vertenza permise a Sappa di essere tra i firmatari del primo accordo
interprofessionale normativo ed economico per il moscato d’Asti e l’Asti spumante
del 21 settembre 1979.
Oltre alla Presidenza dell’Unione Provinciale delle Cooperative di Cuneo, come
vedremo in seguito, Sappa divenne Presidente dell’Unione astigiana e dal 1980 fino
al 1997 Segretario Generale della Camera di Commercio di Imperia. Attualmente
vive nel suo paese natale, ancora attivo nel mondo della cooperazione e della
agricoltura.
4 Unione Regionale, Verbale del Consiglio Generale dell’Unione Regionale
Piemontese delle Cooperative del 6 dicembre 1975, Archivio Un. Reg.
5 Vedi: Unione Regionale Piemontese delle Cooperative (a cura), Il movimento
cooperativo piemontese, Torino, 1982, p. 5.
6 L’Unione regionale si sposterà al numero civico 9 di corso Francia dal numero 15
dove era ospite dell’Unione provinciale delle Cooperative di Torino.
7 Orazio Sappa: «Grazie all’interessamento del Presidente Enzo Badioli e del
Segretario Giuliano Vecchi riuscii ad assumere 14 neolaureati che iniziarono a far
veramente funzionare l’organizzazione», Sappa Orazio, intervista citata; tra questi
vi era anche Gianluigi Biestro che diventerà in seguito un dirigente dell’Asprovit.
8 Montaldo Giancarlo, I Congresso Regionale Cooperative, in “Gazzetta d’Alba” n.
45 del 30 novembre 1977.
9 La relazione è formata da 72 cartelle dattiloscritte. L’unica copia consultabile in
base alle informazioni che abbiamo attualmente: Unione Regionale Piemontese della
Cooperazione, I Congresso regionale – Relazione della Presidenza, Torino
8.12.1977, è conservata presso la Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Torino,
collocazione EN.6.35 (purtroppo al documento manca la pag. 18).
10 Orazio Sappa in Unione Regionale Piemontese della Cooperazione, I Congresso
regionale – Relazione della Presidenza, Torino 8.12.1977, pp. 5-6.
11 «… al 31 dicembre 1975 esistevano in Piemonte 3.794 cooperative che erano così
suddivise: consumo n. 472; produzione e lavoro n. 241; agricoltura n. 392; edilizia
n. 2.489; trasporto n. 38; pesca n. 2; miste n. 160», Orazio Sappa in Unione
Regionale Piemontese della Cooperazione, op. cit., p. 12.
28

12 Idem, p. 22.
13 Idem, p. 22-24.
14 «L’Unione Regionale, oltre che luogo di aggregazione orizzontale e settoriale
delle cooperative di base e delle loro strutture economiche di secondo grado, si
pone come altro suo obiettivo fondamentale quello di costituire un centro di servizi
per fornire tutte le forme di assistenza di cui le cooperative hanno bisogno.
Pensiamo in primo luogo al problema della revisione…altro punto importante il
problema della formazione…poi… l’assistenza legale, fiscale, tributaria e
sindacale… Questo vero rinnovamento, assestamento e potenziamento interno ci
darà la possibilità di farci riconoscere come interlocutori validi anzi fondamentali
per una azione programmata e incisiva su tutto il territorio piemontese», Idem, p.
26-27.
15 Si diede molta importanza al dialogo con l’associazionismo dei produttori agricoli
e con il gruppo “Coltivatori sviluppo” della Coldiretti. A proposito di questi ultimi
nel Verbale del Comitato Direttivo del 24 ottobre 1977 dell’Unione regionale si
legge che «l’associazione provinciale di Torino della Federazione Italiana Gruppi
Coltivatori Sviluppo ha presentato in data 12/9/77 regolare domanda di adesione…
Ciò in quanto i gruppi coltivatori sviluppo sono basati sulle stesse regole delle
cooperative (voto a testa, costume di solidarietà permanente e gestione associata di
mezzi di produzione, di prodotti o di aziende)». Sull’Unione regionale nei suoi
rapporti con il settore agricolo si veda anche: Fassino Giuseppe, L’associazionismo
agricolo in Piemonte. Dalla cascina alla cucina, in “Gazzetta del Popolo” del 17
aprile 1977.
16 Cfr. Unione provinciale delle Cooperative di Cuneo (Confcoop. Cuneo), Verbale
riunione del Consiglio Direttivo del 7 dicembre 1974, Archivio Confcoop. Cuneo.
17 Orazio Sappa in Giordana Rosangela, Insieme, Madonna dell’Olmo, s.d., p. 57.
18 In provincia fu soprattutto il mondo cattolico ad impegnarsi su questa strada; cfr.
per esempio Valente Franco, L’avvenire delle cooperative, in “Gazzetta d’Alba” n.
12 del 25 marzo 1975; Redazionale, Necessaria la cooperazione, in “Gazzetta
d’Alba” n. 29 del 21 luglio 1976; Redazionale, La cooperazione come alternativa, in
“Gazzetta d’Alba” n. 42 del 10 novembre 1976; e. c., Avanza nel Cuneese il
processo della cooperazione, in “Gazzetta del Popolo” del 29 settembre 1976.
19 Cfr. Ianniello Attilio, Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1945…,
Madonna dell’Olmo, 2004.
20 Idem, pp. 39-42.
29

21 Idem, pp. 53-57.
22 Idem, pp. 67-77.
23 Redazionale, Le proposte Cee per la zootecnia, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 18 –
dicembre 1976. Oltre al Presidente Sappa al tavolo degli oratori vi era il sen.
Giovanni Bersani, l’on. Carlo Scarascia Mugnozza, il dott. Francesco Lucidi e il
dott. Giovanni Salvia.
24 Elia P. – Montaldo G., Agricoltura e cooperazione, in “Gazzetta d’Alba” n. 45 del
1 dicembre 1976. Oltre a Sappa vi erano tra i relatori Raul Molinari, il dott. Carlo
Borrini e Gianfranco Tamietto della Coldiretti regionale, che in quell’occasione
disse: «Noi crediamo molto nell’agricoltura di gruppo intesa come palestra per
giungere al discorso più completo della vera e propria cooperazione».
25 «Il dott. Sappa ha ricordato che sono 160 le cooperative oggi aderenti, così
suddivise nei vari settori: 78 sono le cooperative edilizie; 52 le agricole; 16 le
cooperative di consumo; 5 quelle di lavoro; 3 quelle di servizi; 4 quelle di cultura e
2 le Mutue», Montaldo G., Assemblea delle Cooperative a Cuneo, in “Gazzetta
d’Alba” n. 37 del 5 ottobre 1977.
26 Redazionale, Unione Provinciale Cooperative, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 18 –
novembre 1977.
27 Mario Vertamy, nato ad Alba il 19 maggio 1920, combatté durante la Seconda
Guerra Mondiale in Albania nel corpo della Fanteria col grado di Sotto Tenente di
Complemento. Dopo l’Armistizio fu preso prigioniero dai tedeschi e internato nel
campo di concentramento di Biala Podlaska in Polonia. Maestro e Direttore
Didattico per 42 anni, il Vertamy si dedicò con passione alla vita politica cuneese
nelle fila della Democrazia Cristiana diventando Amministratore comunale e vice
Sindaco di Cuneo. Si impegnò nel volontariato a favore dell’infanzia e coltivò il suo
amore per la vita all’aria aperta contribuendo significativamente alla costituzione,
come vedremo in seguito, della Cooperativa Cuneo Camp, nata quest’ultima da una
associazione cuneese di campeggiatori. Il prof. Mario Vertamy morì il 20 gennaio
1995; in quell’occasione Costanzo Marino tracciò un breve profilo biografico sul
settimanale diocesano cuneese: Marino Costanzo, Mario Vertamy: un uomo saggio e
sereno, in “La Guida” n. 4 del 27 gennaio 1995.
28 Confcoop. Cuneo, Verbale della riunione del Consiglio Direttivo del 24 settembre
1977, Archivio Confcoop. Cuneo.
30

29 Confcoop. Cuneo, Verbale della riunione del Consiglio Direttivo del 25 febbraio
1978, Archivio Confcoop. Cuneo.
31

La scelta di essere solidali
32

Mario Vertamy, Presidente di Confcooperative Cuneo dal 1977 al 1979
33

III
L’agricoltura cuneese tra crisi e speranza
Chi resterà a coltivare la terra?
Il coltivatore ha anche fame di dignità. Egli vuole
che siano riconosciuti i suoi valori culturali e le
sue tradizioni religiose. Egli desidera dare il suo
contributo come protagonista del suo stesso
sviluppo, godere del progresso moderno, non
attraverso un pallido riflesso o in maniera
meccanica, marginale, ma come “artigiano del
proprio destino”.
Paolo VI
Il quadro politico ed economico in cui iniziano gli anni Settanta in
Italia non è dei più rosei sia per fattori internazionali che interni. Dopo
gli anni del boom economico in cui ci fu un notevole innalzamento del
reddito pro capite degli italiani, espresso anche da un maggior
consumo di beni, ci si trovò di fronte ad un periodo di stasi e di
successiva crisi. Intanto il rapido susseguirsi di governi 1 dalla breve
durata impediva di affrontare i problemi che si venivano formando
con una politica di riforme di ampio respiro. A livello internazionale
poi la diminuzione della disponibilità di combustibile liquido e di
carburante parallela all’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio
portò ad una crisi energetica storica 2 e all’inizio di un processo
inflazionistico mondiale che durerà a lungo e che l’Italia subirà in
modo particolare anche per la debolezza della sua valuta all’interno
della Comunità Europea.
In questo quadro di incertezza e di mancanza di programmazione
economica e politica tra i settori produttivi, quello agricolo fu il più
penalizzato anche perché già presentava problemi irrisolti al suo
interno ereditati dai decenni precedenti.
34

E se il mondo agricolo viveva una particolare difficoltà non poteva
che soffrirne una provincia come quella di Cuneo, in cui questo settore
continuava ad avere un aspetto molto importante dal punto di vista
economico e culturale.
Infatti come possiamo vedere dalla tabella che segue (Tab. A)
Tab. A 3
la popolazione in età lavorativa che svolgeva la propria opera nel
settore agricolo secondo i dati del censimento del 1971 è pari al 31%
in provincia di Cuneo; un dato interessante se confrontato con la
media regionale piemontese (12%) e con quella nazionale (17%). Il
confronto tra i dati del censimento 1951 e quello del 1971 ci dà anche
un segno del massiccio esodo dalla campagna verso altri lavori che in
modo particolare ha colpito la nostra provincia: in vent’anni il 28,40%
dei coltivatori ha abbandonato la terra, una media superiore sia al
20,46% dell’intero Piemonte che al 24,98% del territorio nazionale.
Il considerevole numero di coltivatori diretti esistente in provincia di
Cuneo e l’allarmante e non ancora esaurito esodo dalla campagna
aveva mobilitato le forze migliori del sindacalismo agricolo locale, in
primis la Coldiretti, che a metà anni Settanta si interrogò sul fenomeno
occupazionale presentando anche alla stampa i dati di una sua ricerca,
effettuata tra il 1975 e l’inizio del 1976, da cui si poteva dedurre il
rischio di un ulteriore impoverimento della presenza giovanile in
agricoltura. 4 Il Direttore della Coldiretti provinciale Natale Carlotto
così si esprimeva a commento di questa realtà: «Si tratta di un
problema gravissimo che deve essere affrontato mediante una
programmazione attenta. I giovani che rimangono in campagna
devono essere aiutati mediante incentivi che da un lato li pongano sul
piano sociale alla pari con gli altri giovani e dall’altro li sostengano
economicamente. È un loro diritto fruire di tutte le comodità che
35

endono meno gravoso il vivere quotidiano (strade percorribili,
telefono, infrastrutture) e godere di crediti a basso costo per
migliorare le attrezzature, impostare il lavoro con criteri diversi,
faticare meno». 5 Nonostante l’impegno e la mobilitazione 6 però
l’esodo dei giovani preoccupava il mondo agricolo ancora agli inizi
degli anni Ottanta. 7 Molti avevano la “tentazione di andarsene”: «Il
fenomeno dell’esodo è particolarmente incisivo per i giovani… essi
risentono in modo più marcato degli svantaggi economici… ma
soprattutto soffrono per il divario sociale che si fa insistentemente
sentire nei confronti delle altre categorie di lavoratori. Il divario
comprende la mancanza di tempo libero, l’impossibilità di
programmare un periodo di riposo e svago anche per pochi giorni, ed
altre molte piccole cose che però nel loro insieme risultano spesso
insopportabili nel continuo raffronto che quotidianamente bisogna
sostenere con gli altri a scuola, in città, nei punti di ritrovo per
scambi di opinioni o di puro divertimento». 8
Molti giovani però volevano rimanere, cercando strade per poter
realizzare una migliore qualità della vita proprio tra i campi,
continuando in modo moderno e produttivo il lavoro dei padri. In
questa ricerca fu in prima linea il Movimento Giovanile della
Coldiretti 9 che attraverso le parole del suo delegato nazionale Carlo
Lingua proponeva alcune vie di impegno: «Bisogna sapere gestire
bene i fattori produttivi dell’azienda… bisogna poi essere presenti
nelle strutture socio economiche e cioè associazioni dei produttori e le
cooperative…». 10
Tanti trattori ma poche cooperative.
Nella metà degli anni Settanta gli agricoltori cuneesi potevano
considerarsi i più meccanizzati dell’intero Paese con 34.910 trattrici. 11
Questo che poteva sembrare un punto di forza della nostra agricoltura
si rivelava in molti casi un costo aggiuntivo, infatti «nei cascinali
delle aree collinari e pedemontane, dove la produzione si ferma ai
livelli più bassi e l’eccessivo frazionamento rende assai difficile una
programmazione razionale, l’uso dei trattori incide spesso in misura
36

troppo elevata sui costi». 12 Per risolvere quest’ultimo problema
ragione voleva che ci si associasse in cooperative, ma tranne qualche
rara eccezione 13 sembrava prevalere ancora nelle nostre campagne un
certo individualismo che non giovava al progresso dell’agricoltura
cuneese. Per superare questa mentalità si metteranno in gioco sinergie
che vedranno la collaborazione di Amministratori pubblici e di
organizzazioni di settore con il rinnovato Mondo Cooperativo.
Nell’ottobre del 1975 il dott. Giacomo Oddero, 14 in qualità di
Assessore all’Agricoltura dell’Amministrazione provinciale di Cuneo,
durante un pubblico dibattito disse: «Concordo sulla necessità di
favorire al massimo il movimento cooperativistico nelle sue molteplici
espressioni (produzione, trasformazione e commercializzazione)
creando organismi di II grado che permettano di impostare una vera
ed efficace politica di distribuzione. Occorre rimuovere l’agricoltura
dalla sua passiva posizione di inferiorità contrattuale specialmente
quando vende prodotti deperibili… È un discorso molto vasto cui tutti
gli Enti pubblici e le forze politiche dovranno dare il loro concreto e
fattivo contributo. Si tratterà di potenziare, di ristrutturare ed
ampliare la cooperazione in tutti i suoi multiformi aspetti (cantine
sociali, stalle ed allevamenti sociali, cooperative ortofrutticole,
caseifici, ecc.), si tratterà di dare vita a vivai viticoli e frutticoli a
livello cooperativistico… a centrali del latte e centri regionali di
macellazione». 15 Questo programma politico di Oddero trovò
concorde una buona parte del mondo agricolo, quello più sensibile al
discorso, quello che già tra la fine degli anni Sessanta e la prima parte
degli anni Settanta aveva sperimentato la via associativa anche con
buoni risultati. «Molti dirigenti di cooperative si sono formati nel
movimento dei Club 3P, 16 nei Consigli di Amministrazione delle Casse
Mutue 17 e nei Gruppi Coltivatori Sviluppo, 18 in seguito alla frequenza
dei corsi Inipa un po’ in tutte le zone della provincia», ricorda il sen.
Natale Carlotto. «Per fare un esempio vorrei citare la figura di
Giovenale Gottardo che ha costituito a Saliceto un macello sociale 19 e
quella di Angelo Ferraris, 20 uno dei promotori della cooperazione del
Garessino. Nella Coldiretti erano molti a pensare che la cooperazione
potesse essere la carta vincente per elevare la situazione economica e
umana dei nostri coltivatori». 21
37

Anche il Consorzio Agrario Provinciale, che con Confcooperative,
Coldiretti e Confagricoltura avevano dato vita al Comitato Intesa, era
visto come un promotore di cooperazione e di cooperative. Dopo aver
dato vita, infatti, nel 1956 alla Cantina Sociale di Santo Stefano Belbo,
concentrò nella prima metà degli anni Settanta le sue energie nella
costruzione del Centro Polivalente di Cussanio: 22 «… anche nel
Consorzio Agrario Provinciale si incominciò a parlare di organizzare
una struttura che favorisse la vendita dei prodotti agricoli», ci dice
Lorenzo Bergese. 23 «Nacque così il Centro di Cussanio che aiutò la
costituzione di alcune cooperative che diedero risposte positive in
quegli anni ai problemi dei coltivatori».
Anche i sogni possono arenarsi.
Il progetto del Centro Polivalente di Cussanio fu portato avanti
soprattutto dalla Coldiretti e dal Consorzio Agrario Provinciale di
Cuneo. Questa realizzazione convogliò in sé le positive energie umane
ed organizzative che facevano riferimento alla splendida stagione dei
Club 3P e dei Gruppi Coltivatori Sviluppo, e portò alla costituzione di
cooperative come la Frutticoltori Associati Cuneesi, 24 la Piemonte
Latte, 25 la Piemonte Miele 26 e la Cuneo Carni.
Il Centro Polivalente di Cussanio era apportatore di grande speranza
sia nel Movimento Cooperativo sia nella stessa Amministrazione
provinciale. Quest’ultima poneva un’attenzione particolare sulla
Cuneo Carni che nasceva in uno dei periodi particolarmente difficili
per la zootecnia: «Su iniziativa della Provincia e con il contributo
determinante della Regione, è entrato in funzione da due anni il
Centro Carni di Cussanio [la Coop. Cuneo Carni, nda.]. La sua
costituzione risale al 7 aprile 1973; i soci iniziali erano appena 35
volenterosi ed audaci allevatori di bestiame; attualmente sono 407. I
capi macellati nel 1974 sono stati 4.115, con un volume di affari pari
a 1.754.000.000 di Lire, mentre per quanto concerne il 1975, i capi
macellati sono stati finora 4.250, con un volume di affari di
2.163.741.500 Lire. Oltre a questa attività... opera per lo stoccaggio
della carne per l’Aima... inoltre ha iniziato una concreta ed efficace
38

forma di assistenza tecnica a favore di tutti i soci allevatori e
provvede all’acquisto, per conto degli stessi, di vitelli per l’ingrasso.
È questo un positivo e autorevole tentativo iniziato, con estremo
coraggio, in un momento di grave crisi del settore zootecnico, al fine
di creare delle alternative e ricercare delle nuove e più valide forme
di commercializzazione a vantaggio sia degli allevatori che dei
consumatori». 27
Fu proprio la Cooperativa Cuneo Carni con la sua rapida ascesa, e poi
la successiva decadenza, a diventare in seguito il simbolo di quei
progetti che non riescono ad andare in porto nonostante la bontà delle
idee di fondo e degli uomini chiamati a dirigerla. Tra questi troviamo
il Presidente storico della Cooperativa, Alessandro Sandra, un uomo
formatosi nel Movimento Giovanile della Coldiretti cuneese, di cui
assorbì gli ideali di rinnovamento del mondo agricolo e di
miglioramento della qualità della vita dei coltivatori. Individuò nella
cooperazione lo strumento principe per realizzare questi obiettivi e
soprattutto cercò la piena unità di intenti tra quelle forze
(Confcooperative, Coldiretti, Federconsorzi) che si rifacevano ad una
matrice ideale comune: la Dottrina Sociale della Chiesa. Lui stesso
assunse in sé questi propositi ricoprendo cariche di grande
responsabilità sia in Coldiretti, dove fu responsabile economico, vice
Presidente della Coldiretti piemontese ecc., sia in Confcooperative,
dove fu vice Presidente nazionale e Presidente della Giunta Agricola, 28
sia in Federconsorzi, dove fu Membro di Giunta. Sandra seppe far
crescere velocemente la sua Cooperativa che in poco più di dieci anni
raggiunse i 33 miliardi di fatturato, 29 contemporaneamente portò nei
vari canali istituzionali la sua critica al sistema delle multinazionali. 30
Infatti nel 1989 in qualità di Presidente della Giunta Agricola di
Confcooperative elaborò un documento in cui denunciava che «da
qualche tempo si sta delineando, in Italia, una preoccupante tendenza,
messa in atto da gruppi economico-finanziari, multinazionali, a
pericolose concentrazioni dell’industria agro alimentare. Il rischio
connesso ad operazioni del genere è notevole, sia per l’emarginazione
cui potrebbero essere ridotte iniziative di minor rilievo, valide però
sul piano locale, sia per i pesanti condizionamenti che
coinvolgerebbero la nostra agricoltura». 31
39

In quegli anni anche la Coldiretti cercava di integrare organicamente
le varie organizzazioni economiche su obiettivi comuni. In prima linea
ci fu l’onorevole Arcangelo Lobianco, Presidente del sindacato
agricolo, che tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta cercò
di promuovere il suo “Progetto Aquila”: «uno strumento strategico
per aggregare le forze produttive agricole nel campo della
trasformazione e della commercializzazione di fronte ai tentativi dei
grandi gruppi finanziari multinazionali di monopolizzare il mercato e
confinare l’agricoltura a un ruolo gregario e subordinato». 32
Alessandro Sandra cercò di promuovere questo progetto: «È
necessario organizzare le associazioni dei produttori per la
concentrazione delle produzioni... è per questo che ribadiamo che il
Progetto Aquila non è stato compreso. Se tutti lo avessero applicato
non dovremmo oggi lottare per rivendicare più spazi, più mercato, più
marketing». 33 Purtroppo i tempi dell’unità non erano ancora maturi e il
progetto non andò avanti. L’inizio degli anni Novanta, poi, fu segnato
da grosse difficoltà per i coltivatori derivanti dalla politica agricola
della Cee. 34 A queste si aggiunse la crisi finanziaria che investì sia la
Federconsorzi e i Consorzi nazionali delle diverse centrali cooperative
sia l’industria agroalimentare, si pensi al crac della famiglia Gardini.
In questo contesto anche la Cuneo Carni fu coinvolta in una crisi
finanziaria, 35 che nonostante i tentativi di salvataggio 36 la portò ad un
definitivo tramonto. Aveva comunque servito gli allevatori per un
ventennio e gli errori di rotta che le impedirono di uscire dalla crisi
furono esperienze che servirono come insegnamento alle altre
cooperative zootecniche, le quali, come vedremo, hanno saputo
rilanciare il settore nel mercato con risultati positivi.
40

Note al capitolo III
1 Dal 1968 al 1974 sono ben 9 i governi che si susseguono: II governo Leone
(24/6/1968 – 19/11/1968); I governo Rumor (12/12/1968 – 05/07/1969); II governo
Rumor (05/08/1969 – 17/02/1970); III governo Rumor (27/03/1970 – 06/07/1970); I
governo Colombo (06/08/1970 – 15/01/1972); I governo Andreotti (17/02/1972 –
26/02/1972); II governo Andreotti (26/06/1972 – 12/06/1973); IV governo Rumor
(07/07/1973 – 02/03/1974); V governo Rumor (14/03/1974 – 03/10/1974).
2 Quando nell’ottobre del 1973 iniziò la guerra dello Yom Kippur, chiamata così
perché iniziò nel giorno di questa ricorrenza religiosa ebraica, tra Israele e alcuni
paesi arabi, questi ultimi ridussero drasticamente la produzione di petrolio
aumentandone con rapida progressione il prezzo. I continui rincari del greggio
costrinsero i paesi consumatori a varare misure di emergenza per fronteggiare la
crisi, adottando una politica di austerità.
3 Cfr. Cavallo Alfonso (a cura), Situazioni e problemi dell’economia in provincia di
Cuneo. Dicembre 1974, Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura
di Cuneo, p. 52, Cuneo, 1974. L’esodo continuerà, anche se in misura minore, negli
anni Settanta e Ottanta; infatti il censimento dell’80 vedrà «in agricoltura
rappresentato ancora il 24,69% del totale provinciale della forza lavoro» (De Cerce
Angelo (a cura), Aspetti statistici dell’agricoltura cuneese, Cuneo, 1981, p. 9) e
quello del ’90 vedrà i coltivatori cuneesi rappresentare «il 20% degli occupati totali
provinciali, dato decisamente superiore alla media regionale che si attesta sull’8%»
(De Cerce Angelo, Barberis Corrado, L’agricoltura cuneese attraverso i dati del 4°
censimento generale dell’agricoltura, Cuneo, s.d., p. 7).
4 «E veniamo alle prospettive future ricavabili dall’esame delle presenze nel mondo
agricolo suddivise per fasce d’età. Esso dispone nel Cuneese di 6.149 unità tra gli 1
e i 6 anni, di 11.531 tra i 7 e i 13 anni, di 7.294 tra i 14 e i 17, di 15.965 tra i 18 e i
30, di 23.050 tra i 31 e i 45, di 11.878 tra i 46 e i 50, di 12.087 tra i 51 e i 55, di
6.760 tra i 56 e i 60, e di 4.228 tra i 61 e i 65… Nell’età compresa tra i 14 e i 30
anni, cioè nel nucleo che, tra l’80 e il 90 costituirà la spina dorsale della vita
agricola provinciale, sono comprese globalmente 23.259 persone: di cui 10.720
maschi e 12.539 donne. Il numero è destinato a ridursi ulteriormente perché
abbraccia anche gli studenti che difficilmente si dedicheranno all’attività agricola.
Calcolando che il matrimonio avviene, quasi sempre, tra individui del medesimo
settore, non è difficile arrivare alla conclusione che tra non molto le sorti
dell’agricoltura cuneese saranno affidate a non più di 10mila nuclei familiari», in
Giordana Rosangela, Chi resterà a coltivare le campagne cuneesi? - Si prevede che
entro il 1990 solo diecimila sugli attuali 37mila nuclei attivi attenderanno
all’agricoltura, in “Gazzetta del Popolo” del 18 aprile 1976; su questo argomento
41

cfr. anche Giordana Rosangela (a cura), Il mondo agricolo, Rubrica in “Gazzetta del
Popolo” del 18 marzo 1977.
5 On. Natale Carlotto in Giordana Rosangela, Chi resterà a coltivare le campagne
cuneesi?, in “Gazzetta del Popolo” del 18 aprile 1976.
6 Ci si riferisce alla grande mobilitazione che il 16 aprile 1980 portò a Roma
(Redazionale, Una sfida, un monito, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 6 – aprile 1980)
150mila coltivatori provenienti da ogni parte del nostro Paese per manifestare contro
la politica dei prezzi agricoli della Comunità Europea e contro i continui rincari dei
beni produttivi: nel 1979 l’aumento medio del prezzo dei concimi era del 42,7%,
degli antiparassitari del 7,8%, dei mangimi del 10,6%, della manodopera del 24,2%,
delle macchine agricole dell’11%, dei carburanti e lubrificanti del 53%. A fronte di
questi aumenti ci furono i prezzi dei prodotti agricoli in caduta libera soprattutto nel
settore ortofrutticolo, con diminuzioni che arrivano a toccare il 33% (Redazionale,
1979: così l’agricoltura ha chiuso in rosso, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 1 –
gennaio 1980).
7 Cfr. Redazionale, Cresce l’esodo dai campi, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 5 –
marzo 1982.
8 Vedi Marenchino Luigi, La tentazione di andarsene, in “Il Coltivatore Cuneese” n.
20 – dicembre 1982.
9 Fin dagli inizi il Movimento Giovanile vide nella cooperazione una via per uscire
dalla crisi dell’agricoltura. Così diceva Matteo Pistone riguardo ai problemi di alcuni
settori agricoli: «Sappiamo che ci occorre un’organizzazione cooperativistica: chi ci
dà una mano?», in Redazionale, Imponente Congresso dei Giovani Coltivatori. La
relazione Pistone, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 20 – dicembre 1958. Sul
Movimento Giovanile della Coldiretti si veda: Ianniello Attilio, Un’idealità
accogliente: la Cooperativa Agraria Angelina, Cuneo, 2004, pp. 12-43.
10 Lingua Carlo, La qualità della vita, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 22 – dicembre
1984.
11 Cfr. Giordana Rosangela, Il mondo agricolo, Rubrica in “Gazzetta del Popolo del
6 dicembre 1978. Nella graduatoria nazionale al secondo posto vi era la provincia di
Treviso con 29.162 trattrici e al terzo posto Torino con 28.437.
12 Idem.
13 Tra queste la Cooperativa di Miglioramento Agricolo di Cavallermaggiore.
42

14 Il dott. Giacomo Oddero, nato a La Morra il 16 settembre del 1926, ha rivestito, e
riveste tuttora, importanti incarichi istituzionali. Tra questi troviamo l’Assessorato
all’Agricoltura dell’Amministrazione provinciale di Cuneo dal 1970 al 1985, la
Presidenza della Camera di Commercio di Cuneo dal 1977 al 1993, la Presidenza
dell’Acquedotto delle Langhe e delle Alpi cuneesi e attualmente la Presidenza della
Fondazione della Cassa di Risparmio di Cuneo. È stato inoltre Sindaco del suo paese
natale e per 42 anni farmacista stimato in quel di Alba. Giacomo Oddero è sempre
stato un convinto sostenitore del Movimento Cooperativo: «Posso dire che fin dalla
nascita ho sentito parlare della cooperazione in quanto sia mio padre che mio
nonno discutevano spesso delle prime cooperative che erano nate ancora prima
della guerra del 1915/18… per esempio la cantina sociale di Castiglion Falletto…
Poi tra i fondatori del primo Consorzio dei vini tipici Barolo e Barbaresco, nato nel
1936, insieme al parroco di La Morra don Giovanni Grasso e a Giovanni Gaia
c’era anche un mio zio Luigi Oddero… Avevo seguito un po’ le traversie di una
cooperativa di peschicoltura che era nata nel primo dopoguerra qui a Santa Maria
di La Morra, fondata dal Colonnello Ettore Comin… Questo ufficiale di origine
veneta venne a La Morra durante la Prima Guerra Mondiale per accompagnare dei
prigionieri austriaci che servivano come manodopera per sostituire i contadini di
qui che erano tutti al fronte… il Colonnello Comin sorvegliava e comandava questi
venti trenta austriaci che erano sparsi tra le cascine e noi ne avevamo quattro o
cinque che lavoravano nella nostra azienda… Innamoratosi di una ragazza locale si
sposò e rimase qui sulle nostre colline. Dopo la seconda Guerra Mondiale ha
organizzato i contadini per la vendita delle pesche. La cooperativa è vissuta per
qualche anno poi i pescheti poco per volta sono stati sostituiti dalle vigne e la
cooperativa ha quindi esaurito il suo ruolo», Oddero Giacomo, intervista del 21
luglio 2005, Santa Maria di La Morra. Inoltre Oddero fu grande amico sia di Gian
Romolo Bignami che di Arnaldo Rivera: cfr. Oddero Giacomo, Bignami, una vita
per la crescita della montagna, in “Cuneo Provincia Granda” n. 2/2003; ricordo di
Rivera in Discorsi del Trentennale della cantina Sociale “Terre del Barolo”,
Archivio Cantina “Terre del Barolo”.
15 Oddero Giacomo in Regione Piemonte (a cura), Incontro dibattito sui problemi
dell’agricoltura piemontese – Savigliano 4 ottobre 1975, Chieri, s.d., pp. 50-51.
16 Cfr. Ianniello Attilio, Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1945…,
Madonna dell’Olmo, 2004, pp. 47-51.
17 La Mutua assistenza malattia a favore dei coltivatori diretti venne istituita con la
L. 1136 del 22/11/1954. Garantiva assistenza medica domiciliare e ambulatoriale.
Ogni comune autogestiva la propria Cassa Mutua, il cui Consiglio direttivo veniva
eletto dai titolari dei nuclei familiari iscritti. I presidenti dei vari consigli a loro volta
eleggevano il Consiglio direttivo della cassa mutua provinciale che aveva il compito
43

di garantire l’assistenza ospedaliera e specialistica. In provincia di Cuneo le elezioni
furono sempre vinte con maggioranza assoluta dalla Coldiretti.
18 I Gruppi Coltivatori Sviluppo svilupparono tra l’altro l’agricoltura di gruppo vista
da molti come una palestra di cooperazione; cfr. Redazionale, Cos’è l’agricoltura di
gruppo, in “La Guida” n. 15 del 15 aprile 1977: in questo articolo si parla del
convegno, organizzato appunto dai Coltivatori Sviluppo, dal titolo “Agricoltura a
dimensioni d’uomo”; cfr. anche Tamietto Gianfranco, Agricoltura di gruppo e
assistenza tecnica nell’annuale convegno regionale Coldiretti, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 4 – marzo 1978; e.c., Dalle campagne di Racconigi un invito alla
cooperazione, in “Gazzetta del Popolo” del 26 ottobre 1977.
19 Si tratta della Cooperativa Agricola Macello Sociale Valle Bormida di Saliceto
costituita davanti al Notaio Gian Carlo Lasagna, in Carcare, il 18 gennaio 1975 da
23 soci. Il primo Presidente fu appunto il Cav. Uff. Giovenale Gottardo, vice
Presidente Ezio Prandi. Il Cav. Gottardo è «uno degli iniziatori del movimento
cooperativistico in Valle. Infatti il “macello sociale” è nato nel 1975 ma già l’anno
precedente era sorta, per iniziativa di questo salicetese, la “mutua bestiame”…»,
vedi Redazionale, Ieri “mutua bestiame”, oggi una cooperativa, in “Gazzetta del
Popolo” del 23 dicembre 1979; cfr. Redazionale, “Macello Sociale Valle Bormida –
Nuovo punto vendita in Cortemilia, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 1 – gennaio 1985.
20 Angelo Ferraris già negli anni Ottanta aveva costituito alcune cooperative in Alta
Valle Tanaro tra cui la Cooperativa Aziende Agricole Riunite Garessio e la
Cooperativa Produttori e Consumatori Garessio; ultimamente ha promosso la
Cooperativa Unione Fortior di Garessio, costituita il 13 dicembre 2003 davanti al
Notaio Giacomo Parisi, in Ceva. La piccola società cooperativa, il cui primo
Presidente è Davide Ferraris, si propone tra le altre cose di valorizzare le zone
montane stimolando i Soci al presidio, alla difesa ed alla protezione del suolo e della
natura attraverso la pastorizia, la silvicoltura, la frutticoltura ecc.
21 Carlotto Natale, intervista del 11 luglio 2005, Cuneo.
22 Cfr. Ianniello Attilio, Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1945…, pp.
51-53; 57-58.
23 Bergese Lorenzo, intervista del 13 luglio 2005, San Rocco Castagnaretta.
Lorenzo Bergese, nato a Fossano il 2 luglio 1931, cresce nell’ambiente agricolo (il
padre faceva l’ortolano) e dopo aver fatto il militare in Aviazione, si dedica
all’attività agricola con una sua azienda mettendo su anche famiglia: «era il tempo
del film “Pane amore e fantasia”, e bisognava averne di fantasia in un mondo che
cambiava velocemente…». Da sempre militante nella Coldiretti prima nel
Movimento Giovanile e poi nei Club 3P, di cui divenne anche Presidente
44

provinciale. Tra le cariche istituzionali che ha rivestito in questi anni troviamo la
Presidenza provinciale e nazionale dei Gruppi Coltivatori Sviluppo, la Presidenza
nazionale dei Catac, la Presidenza del Consorzio Agrario Provinciale e la Presidenza
della Coldiretti di Cuneo. Bergese conferisce mele alla Albifrutta, una cooperativa di
Costigliole Saluzzo costituita il 22 gennaio 1977 da undici soci davanti al Notaio
Diego Podetti; il primo Presidente della suddetta cooperativa fu Chiaffredo Alliney e
il vice Presidente Aurelio Giordanino. Di fronte al mercato che si globalizza sempre
di più per Bergese occorre riscoprire «quella solidarietà che sola può salvarci».
24 Cenni di storia di questa cooperativa sono in Ianniello Attilio, Cooperative: storie
di uomini e territorio. Dal 1945..., Madonna dell’Olmo, 2004, pp. 70-72.
25 Parleremo della Piemonte Latte in seguito nel Capitolo VII.
26 Il 27 agosto 1976 davanti al Notaio Franco Bollati, in Cuneo, 9 Soci costituirono
la Cooperativa Piemonte Miele. Primo Presidente fu Pietro Quarone, vice Presidente
Nicola Cauda. Attualmente la Piemonte Miele è l’unica cooperativa ad essere
rimasta a Cussanio, diretta dal presidente Ernesto Marengo, dal vice Presidente
Carlo Villosio e dal Direttore Giuseppe Diale; cfr. Ianniello Attilio, Cooperativa
Piemonte Miele. La passione per l’apicoltura, Cuneo, 2005.
27 Chi parla è Giacomo Oddero, Assessore all’Agricoltura dell’Amministrazione
provinciale di Cuneo in Regione Piemonte (a cura), Incontro dibattito sui problemi
dell’agricoltura piemontese – Savigliano 4 ottobre 1975, Chieri, s.d., p. 51.
28 Cfr. Redazionale, Sandro Sandra vice Presidente Confederazione Italiana
Cooperative, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 11 – luglio 1983; redazionale, Nasce la
giunta agricola delle Confcooperative. Sandra al timone, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 14 – luglio 1988.
29 Cfr. Moscato Giampiero, Cuneo Carni si rafforza e crescerà ancora. Il fatturato
’85 a 33 miliardi, in “Il Cimaco” n. 2 – febbraio 1986.
30 Una riflessione sul rapporto movimento cooperativo e multinazionali era già stata
affrontata agli inizi egli anni Ottanta dal XXVII Congresso della Alleanza
Cooperativa Internazionale, cfr. Badioli Enzo, La cooperazione nell’epoca delle
multinazionali, in “Rivista della Cooperazione” n. 5 – ottobre-dicembre 1980, citato
in Cafaro Pietro (a cura), Badioli, cooperatore e banchiere, ed. Ecra, Roma, 2005,
pp. 271ss.
31 Cfr. Redazionale, Per non appendere il cappello al chiodo delle multinazionali.
L’importante ruolo svolto dal cuneese Alessandro Sandra, in “Il Coltivatore
45

Cuneese” n. 16 – settembre 1989. Il documento fu firmato anche dalle altre centrali
cooperative Lega e Agci.
32 Cfr. Redazionale, Lobianco riconfermato presidente. Gottero e Sandra in Giunta,
in “Il Coltivatore Cuneese” n. 8 – aprile 1990; Arcangelo Lobianco: «Sul progetto
"Aquila" si è tanto ironizzato... Il progetto "Aquila" è stato chiamato così perché
forse vola troppo in alto. Il progetto è un progetto politico. Io sono partito da questa
considerazione. Noi nel mondo agricolo siamo molto divisi, ma la maggiore
divisione vige nel mondo cattolico. Come ci presentiamo a trattare coi nuovi gruppi
economici nazionali e multinazionali, se ognuno si presenta con la sua bandiera, la
sua bottega, con la sua targa? Unendoci fra di noi possiamo anche tentare di avere
aggregazioni fuori del nostro mondo, fuori della nostra area... Oggi l'agricoltura
deve avere una logica economica. Quello che non deve perdere, per quello che
riguarda noi, è la sua identità. La logica economica richiede sacrifici di bottega,
richiede non più egoismi di parte. Il progetto Aquila significa questo: metterci
d'accordo fra di noi, rinunciare, avere molta più umiltà e meno orgogli di bandiera,
e affrontare uniti le logiche dei mercato. Se facciamo questo possiamo conservare la
nostra identità, possiamo anche offrire, rispetto alla logica del mercato, delle
logiche di agricoltura consolidata, di associazione... La logica internazionale delle
multinazionali è forte. Se a questa logica non si contrappone una logica il più
possibile di unità noi siamo destinati a perdere», Lobianco in Archivio Meeting di
Rimini, sito web: www.meetingrimini.org
33 Sandra in Redazionale, Gli interventi dei nostri delegati, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 8 – aprile 1990.
34 Cfr. Redazionale, Stop alla svendita dell’agricoltura. Grande manifestazione il 23
a Roma, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 20 – novembre 1991; Redazionale, Il
progetto dei dodici è veramente diabolico! Una sintesi delle discusse proposte
contenute nel documento Mac Sharry, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 23 – dicembre
1991.
35 Cfr. Ribero Aldo, Cuneo carni: buco di miliardi. I creditori avviano le procedure
di ipoteca, in “La Guida” n. 40 del 22 ottobre 1993.
36 Cfr. Ribero Aldo, In arrivo 9 miliardi per la Cuneo Carni, in “La Guida” n. 47 del
16 dicembre 1994.
46

I frutteti con l’ombrello.
IV
L’associazionismo dei produttori
e
la cooperazione
Se per produrre la dimensione familiare è valida,
per comprare e vendere è assolutamente troppo
piccola per potersi difendere dalle controparti
molto più concentrate e forti. Le forme
associative servono proprio per organizzarsi in
gruppi competitivi sul mercato e mantenere il
massimo di autonomia e individualità a casa
propria. Tra i vari modelli associativi la
cooperativa è di gran lunga il più vantaggioso.
Giovenale Gerbaudo
Quando Giovenale Gerbaudo 1 nella primavera del 1978 aprì i lavori del I
Convegno Quadri 2 dell’Unione Cooperative di Cuneo dal titolo “Ruolo della
cooperazione per il rilancio dell’agricoltura” così si rivolse ai partecipanti:
«Questo primo incontro vuole essere un tentativo di riassumere quella
grossa realtà ideale, sociale ed economica esistente in provincia che va
sotto il nome di cooperazione agricola per poterla definire meglio;
conoscere i volti dei cooperatori e i loro problemi; formulare dei programmi
e degli obiettivi; cercare dei collegamenti con gli organismi aventi una
affinità ideale con noi…». 3 Tra questi ultimi c’erano anche le associazioni
dei produttori, 4 in particolare la “Piemonte Asprofrut”. Nata per volontà del
Comitato d’Intesa nel dicembre del 1970, 5 fin dall’inizio operò in stretto
contatto con il mondo della cooperazione utilizzando anche il Centro
47

Polivalente di Cussanio del Consorzio Agrario Provinciale. Luigi Taricco, 6
direttore dell’associazione, così presentava il lavoro dell’Asprofrut riguardo
al tema della commercializzazione dei prodotti: «… Fin dal suo nascere
l’Asprofrut ha dedicato al momento della commercializzazione il suo
maggior impegno ritenendo tale momento il più determinante ai fini della
difesa dei loro [dei produttori ortofrutticoli, nda.] interessi. In questo senso è
nato il “Servizio Cooperative Riunite”, un’esperienza che, pur fra difficoltà,
si dimostra valida… L’azione del Servizio consiste nel coordinare l’attività
delle medesime, determinando una linea commerciale concordata e non
concorrenziale fra le stesse, aprendosi anche nei confronti della produzione
non cooperativizzata con beneficio generale». Occorreva evidenziare sia il
«potenziamento delle attuali cooperative, adeguandone gli impianti alle
nuove e moderne esigenze produttive e commerciali», sia lo «studio sulla
realizzazione di nuove strutture a gestione cooperativa là dove effettive
carenze lo esigono e si riscontri la volontà dei produttori. Particolare
impegno dovrà essere riservato all’orticoltura, tuttora meno organizzata». 7
Questi progetti furono seriamente perseguiti, tanto che nella seconda metà
degli anni Settanta ci fu un’attenzione particolare dell’Asprofrut alle zone
più povere economicamente. Per far questo si ricorse, per esempio, alla
rivalutazione della castagna 8 e alla diffusione dei piccoli frutti. 9
Intanto l’impegno dell’associazione si rivolgeva anche al campo
dell’informazione attraverso dei convegni, 10 alla ricerca scientifica voluta dal
dott. Raffaele Bassi nei campi sperimentali di Alba, fraz. Vaccheria, di
Manta, di Spinetta, di Boves ecc., al costante miglioramento della qualità dei
prodotti e alla diminuzione dei trattamenti antiparassitari, 11 fino ad arrivare
al marchio “Ombrello azzurro”. 12 Nel 1999 poi si arrivò ad una decisione
importante: l’Asprofrut da associazione tra produttori si trasformava in
cooperativa. 13
Nel dicembre del 1970 si era costituito anche il Consorzio di Difesa delle
produzioni intensive, 14 «una delle associazioni più utili a cui si potesse
pensare. Infatti negli anni Cinquanta e Sessanta il reddito di molte aziende
dipendeva dai capricci del tempo» dice il Presidente Giuliano Sacchetto. 15
«Bastava una grandinata e il frutto del lavoro di un anno veniva distrutto in
pochi minuti… come si può ancora oggi leggere in alcune tra le più
suggestive pagine del libro “La Malora” di Beppe Fenoglio. Prima della L.
364 del 25 maggio 1970, da cui sono nati i Condifesa, c’erano già degli
aiuti per chi veniva colpito da grandine o altri dannosi eventi atmosferici ma
erano episodici e dovuti spesso alla buona volontà di qualche
amministratore pubblico». 16 L’Ombrello antigrandine, così venne
48

simpaticamente definito il Condifesa da Nicola Milano, 17 uno dei vice
Presidenti dell’associazione, ben presto vide ripararsi sotto la sua protezione
molte aziende agricole, tanto che si passò dal centinaio di soci dell’inizio ai
più di 4mila attuali per un volume di oltre 3 milioni e mezzo di quintali di
produzione assicurata. 18 L’attività del Consorzio è sempre consistita nella
ricerca di proteggere al meglio la produzione agricola sia attraverso una
difesa passiva, ossia la stipula di convenzioni assicurative, sia attraverso una
difesa attiva, con i cannoni antigrandine prima 19 e le reti antigrandine ora. 20
Nel Saluzzese, in una delle zone più vocate alla produzione di frutta di
qualità, a metà anni Novanta due tra le più importanti cooperative di
frutticoltori della provincia di Cuneo, la Cooperativa Agricola Lavorazione,
Conservazione, Esportazione frutta del Lagnaschese – Cooperativa Lagnasco
Frutta e la Cooperativa Produttori Associati Verzuolesi P.A.V., 21 decisero di
affrontare insieme nuovi progetti commerciali e produttivi. Per attuare questi
propositi rivitalizzarono un’associazione di produttori da anni inattiva,
ricostituendola su basi nuove e denominandola Lagnasco Group. 22 Questa
nuova associazione intendeva «migliorare la qualità dei prodotti
ortofrutticoli, adeguare il volume dell’offerta alle esigenze del mercato
attraverso la concentrazione della stessa, la riduzione dei costi di
produzione e la regolarizzazione dei prezzi, nonché promuovere il ricorso a
pratiche colturali ed a tecniche di produzione e di gestione dei residui che
tutelino l’ambiente e favoriscano la biodiversità, vincolando a ciò tutti gli
associati». 23
Con una base sociale di circa trecento soci ed una produzione annua che
raggiungeva i seicentomila quintali di frutta la Lagnasco Group, 24 di cui
faceva parte anche la Cooperativa Il Frutto Permesso operante in Valle
Pellice, affrontava il mercato della grande distribuzione organizzata e
l’esportazione in Paesi sia europei che americani e arabi. Nel 1999 la
Lagnasco Group valorizzava ulteriormente i propri prodotti con il marchio
“Frutteto del Monviso”, che «rappresenta il naturale completamento di un
processo di crescita della nostra associazione, e, più in dettaglio, significa
applicare, su vasta scala, le più avanzate tecniche di coltivazione integrata e
biologica, operare le scelte varietali nel rispetto della vocazionalità del
territorio, impiegare un sistema di selezione del prodotto in base all’indice
di maturazione, al grado zuccherino ed alla durezza dei frutti, utilizzare una
rete di controllo sull’intero processo di lavorazione e conservazione...». 25
Nel 2000 l’associazione Lagnasco Group si trasformò in società
cooperativa. 26
49

Il giardino delle Cantine Sociali.
«Un giorno venne da me in farmacia un’anziana signorina, la prof.ssa
Clelia Bardelli», racconta Giacomo Oddero, «e mi disse: “Ho un’azienda in
Vaccheria di circa settanta ettari, tutti facilmente irrigabili ed in un unico
appezzamento… mi piacerebbe utilizzare questa proprietà in modo che
ricordasse mio fratello morto nella seconda guerra mondiale, e che avesse
un utilizzo nel settore scolastico dell’agricoltura”. Io allora ero Assessore
provinciale all’agricoltura e come tale stavo cercando un’azienda per il
nostro Istituto professionale. La cosa mi interessava ma volevo sapere
quanto potesse costare una tale azienda al che lei mi rispose: “Ma io non
voglio niente, ve la regalo a patto che serva per ricordare mio fratello!”.
Nasce così la scuola agraria “Ing. A. Bardelli”». 27 Intorno alla azienda
Bardelli l’Assessore Oddero, il prof. Ugo Genta, il prof. Italo Eynard e il
maestro Arnaldo Rivera progettarono una struttura d’avanguardia per la
specializzazione degli studenti di agraria e per la sperimentazione e
produzione vivaistica. 28
Il 26 settembre 1975 Ugo Genta, Preside dell’Istituto professionale per
l’agricoltura di Cuneo, Umberto Balbo, Presidente della Cantina Sociale
“Vallebelbo” di Santo Stefano Belbo, Innocenzo Cordero, Presidente della
Cantina Sociale di “Guarene-Castagnito-Magliano Alfieri e zone limitrofe”
di Castagnito, Lorenzo Viglino, Presidente della Cantina Sociale “Produttori
del Barbaresco” di Barbaresco, Teobaldo Pezzuto, Presidente della Cantina
Sociale del Nebbiolo di Vezza d’Alba, Arnaldo Rivera, Presidente della
Cantina Sociale “Terre del Barolo” di Castiglione Falletto, Enrico Gallo,
vice Presidente della Cantina Sociale del Dolcetto di Clavesana e Andrea
Gallo, Presidente della Cantina Sociale di Govone, 29 davanti al Notaio Italo
Ferrero costituirono il Vivaio Cooperativo Regionale Piemontese. Questa
cooperativa agricola di secondo grado aveva come scopo, tra le altre cose, la
fornitura di materiale vivaistico ottimo dal punto di vista genetico e sanitario
e l’assistenza ai soci delle Cantine aderenti nell’impianto di nuovi vigneti.
Questa nuova produzione vivaistica sorta dalla sinergia tra scuola pubblica,
amministrazione provinciale e mondo cooperativo sarà importante non solo
per la viticoltura con il barbatellaio di base ma per la frutticoltura in
generale. Infatti presso l’azienda Barche 30 di Vaccheria, fraz. di Alba, ben
presto lavorò anche l’Asprofrut nella figura di Raffaele Bassi. 31 Fu proprio
quest’ultimo a capire «le potenzialità racchiuse nell’azienda… Il fertile
terreno alluvionale e irriguo, la sicurezza che gli stessi terreni non avevano
mai ospitato piante da frutto, la posizione geografica, i fabbricati
50

incorporati costituirono gli elementi fondamentali per colmare una carenza
largamente sentita nel comparto: individuare un punto di riferimento locale
e sicuro di approvvigionamento del materiale vivaistico frutticolo con
garanzie varietali e sanitarie senza dover ricorrere a fornitori esterni.
Ebbero così inizio negli anni Ottanta le prime esperienze vivaistiche:
impianto di piante madri viticole e costituzione di ceppaie frutticole… Anni
difficili ma che furono presto superati anche per merito dell’allora
responsabile dott. Giuseppe Bordone, che con il suo impegno e la sua
professionalità impresse una svolta decisa alla Cooperativa, rendendo
concreta una realtà vivaistica autonoma e funzionale». 32
Le colline della qualità.
«Già negli anni Sessanta la Coldiretti promosse l’associazionismo
nell’Albese», dice Terenzio Ravotto. 33 «Penso a tutta la vicenda del moscato
e alle lotte per poter avere un tavolo di trattative omogeneo tra produttori e
industriali spumantieri. Avevamo creato allora una prima Associazione dei
Produttori di Moscato, il cui Presidente fu Pierino Icardi di Castiglione
Tinella, con l’intento di unire i coltivatori; quelli però erano i tempi delle
forti connotazioni politiche e nacquero così altre associazioni volute dal
Partito dei Contadini, allora molto forte nella zona, e dall’Alleanza
contadini, un’organizzazione di sinistra». 34 Tra alterne vicende la lotta del
Moscato troverà una sua prima positiva soluzione con l’Accordo
interprofessionale normativo ed economico per il Moscato d’Asti e l’Asti
spumante. 35 Intanto anche nell’Albese, negli anni Settanta, si andavano
diffondendo i Club 3P e i Gruppi Coltivatori Sviluppo, «con la positiva
conseguenza che si organizzarono, in diverse località, acquisti collettivi di
macchinari, concimi, fitofarmaci e tentativi di conduzione associata dei
terreni. Nella maggior parte dei casi si trattava di piccole associazioni con
quattro o cinque soci che vinificavano in comune la loro produzione d’uva e
poi la vendevano insieme. Tra queste vorrei ricordare la Vignaioli di Santo
Stefano Belbo, la Produttori Montaltesi Associati di Montalto Roero, la
Vignaioli di Treiso, la produttori Associati Dolcetto di Diano d’Alba, la
“Bric Maiolica” di Diano d’Alba, la P.A.Viti.M. di Monforte d’Alba, la
Vit.A.F. di Farigliano e i Viticoltori Associati di Rodello». 36 La Coldiretti
albese ovviamente non si interessava solamente al settore vitivinicolo ma
aiutò anche i produttori di nocciole ad unirsi in associazione, dando vita alla
51

“Piemonte Asprocor”, 37 un’organizzazione che ha contribuito per prima
all’ottenimento dell’Igp (Indicazione geografica protetta) della “Nocciola
Piemonte”.
Resta il fatto che nell’Albese le vigne arricchiscono la maggioranza dei
terreni e quindi una buona parte delle energie del sindacato agricolo furono
spese a far crescere anche professionalmente i viticoltori attraverso i corsi
Inipa. Fu un’esperienza importante perché non solo molti iniziarono anche a
vinificare in proprio, ma nacque anche un consorzio tra ventisette aziende
per la vendita in comune: i “Vignaioli albesi”. 38
I tempi erano quindi maturi per dare vita ad una associazione regionale di
viticoltori. Il Comitato di Intesa (Coldiretti, Confagricoltura, Consorzio
Agraio e Confcooperative) si mosse quindi in questa direzione affidando
proprio al sindacato agricolo il ruolo organizzativo. Iniziò quindi per Ravotto
il compito di andare in ognuno dei comuni (oltre sessanta) del territorio per
mettere in piedi quella che sarebbe stata la struttura embrionale
dell’Associazione Produttori Vitivinicoli. Il 1° aprile 1977 venne quindi
costituita la “Piemonte Asprovit” 39 con lo scopo di migliorare e valorizzare
la produzione viticola, seguendola dall’impianto della vigna fino alla
commercializzazione.
«Quando nel 1979 entrai nell’Asprovit vi erano una ventina di produttori
privati», racconta Gianluigi Biestro. 40 «Grazie all’esperienza vissuta in
Confcooperative avevo avuto la possibilità di conoscere diversi presidenti di
cantine sociali, in particolar modo il maestro Arnaldo Rivera di “Terre del
Barolo”. Iniziai allora un’opera di convincimento con quest’ultimo per farlo
entrare nella nostra associazione. Rivera entrò e con lui molte cantine
sociali dell’albese». 41
Nella seconda metà degli anni Settanta vi era nell’Astigiano e
nell’Alessandrino un noto esponente del Partito Comunista, Dario
Ardissone, che aveva fondato l’Unione Regionale Associazioni Vitivinicole
(Urav) riunendo anche molte cantine sociali della zona. L’Urav si trasformò
poi agli inizi degli anni Ottanta nella “Viticoltori Piemonte”; 42 l’Asprovit
iniziò quindi un serrato confronto sia con l’Urav che con la successiva
“Viticoltori Piemonte”. «Queste due ultime associazioni privilegiavano
l’aspetto sindacale», continua Biestro, «mentre io volevo connotare
maggiormente la nostra Asprovit sul piano economico. Per fare questo però
c’era un problema di fondo… allora la Piemonte Asprovit era costituita in
associazione a responsabilità illimitata, quindi c’erano dei rischi
nell’intraprendere iniziative in campo economico. Costituimmo allora delle
società collegate, tra queste la Ce.Vit.As e la “Colline Albesi”». 43
52

Una scuola di cooperazione.
Alla fine degli anni Settanta ci fu un periodo di grande produzione viticola e
molti produttori non riuscivano a vendere le uve in modo remunerativo.
Terenzio Ravotto e Gianluigi Biestro ricorsero allora all’Assessore
provinciale Giacomo Oddero, che con loro studiò il modo per soccorrere
questi vignaioli raccogliendo e vinificando la loro produzione. 44 A Grinzane
Cavour c’era una sede dell’Istituto professionale per l’agricoltura, di
proprietà dell’Amministrazione Provinciale, con annessa una cantina
sperimentale. Fu proprio quest’ultima a servire da enopolio e divenne «una
scuola di cooperazione poiché i coltivatori, che potevano farsi soci anche
solo per due anni, venivano poi invitati ad aderire ad una cantina sociale o
trovare direttamente la collocazione del proprio prodotto sul mercato.
Questo discorso ebbe successo, inoltre iniziò anche un grande cambiamento
nel metodo di produzione: prima si puntava soprattutto sulla quantità ora si
cercava la qualità». 45
Nacque così, nel 1980, il Centro Viticoltori Associati, 46 Ce.Vit.As., con lo
scopo di raccogliere, lavorare, conservare e vendere i prodotti vitivinicoli
conferiti dai soci, di migliorare e incrementare la produzione di uve pregiate,
di assicurare assistenza tecnica e così via. Quasi contemporaneamente, nel
1981, si costituiva il Consorzio “Cantine Produttori Vecchio Piemonte”.
Questa cooperativa di II grado raggruppava «sette cantine sociali piemontesi
e ne commercializzava la produzione», come spiegava Arnaldo Rivera,
Presidente della Cantina Sociale “Terre del Barolo”. «Hanno aderito al
Consorzio, oltre naturalmente a “Terre del Barolo”, la cantina dei Vignaioli
di Treiso, e quelle di Gavi, dei Colli Novaresi (di Fara), di Scurzolengo, di
Calamandrana e la Ce.Vit.As. di Gallo Grinzane..». 47 L’Albese diventava
così un interessante laboratorio di cooperazione, tanto da indurre la
Confcooperative di Cuneo ad aprire in Alba per le cooperative associate un
Centro servizi, ospitato presso la sede dell’Asprovit. Quest’ultima inoltre
aveva deciso di costituire, nel 1981, un’altra cooperativa, la “Colline
Albesi”, 48 che si proponeva soprattutto di gestire gli acquisti collettivi di
macchinari, di prodotti anticrittogamici ecc.
Queste strutture cooperative, attraverso una serie di fusioni per
incorporazione, 49 daranno poi vita alla “Compagnia dei Vignaioli”. 50
L’Asprovit stava intanto diventando una realtà interessante con oltre
cinquemila aziende associate, tredici Cantine Sociali e il Consorzio “Cantine
Produttori Vecchio Piemonte”, tanto da essere presa in seria considerazione
non solo dai produttori vitivinicoli ma anche da tutti gli enti pubblici,
53

Regione Piemonte in testa. 51 Nello stesso periodo, la prima metà degli anni
Ottanta, stava nascendo in Piemonte in campo enologico una realtà
commerciale molto interessante: l’Enocoop di Moriondo Torinese. Ceduta
dalla Coop Italia all’Esap (Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte),
all’inizio degli anni Ottanta vi entrò come direttore l’albese Piero
Quadrumolo, che nel giro di pochi anni la trasformò in un’enopolio con
prodotti esclusivamente piemontesi e Doc. In questa struttura entrarono
anche la Piemonte Asprovit e la Viticoltori Piemonte con l’1,5% ciascuna di
quote azionarie. La scelta della qualità e l’intuizione di passare al litro e
mezzo abbandonando il bottiglione 52 permise all’Enocoop di passare indenne
attraverso la bufera scatenata dal vino al metanolo nel 1986 53 con il
conseguente crollo del mercato vinicolo. Nel 1987 nasce ufficialmente
dall’enopolio di Moriondo Torinese il marchio Terre da Vino s.p.a.
attraverso cui «la cooperazione piemontese dimostra ulteriormente di aver
superato i limiti di un assistenzialismo da tempo in crisi e di sapersi
strutturare come forza autonoma di mercato». 54
Un’ulteriore svolta ci sarà nel 1993 quando, grazie soprattutto alla tenace
volontà di Gianluigi Biestro, Terre da Vino fu acquistata dalla Piemonte
Asprovit, 55 che poi nel 1999 la trasferì dal torinese in provincia di Cuneo a
Barolo.
Uno degli aspetti positivi nella storia dell’enopolio di Moriondo Torinese fu,
oltre ovviamente all’aspetto commerciale, la collaborazione che si faceva via
via più stretta tra l’Asprovit e la Viticoltori Piemonte. Un lavorare fianco a
fianco che alla fine fece maturare l’idea di una fusione 56 tra le due
associazioni. Da questa iniziò l’avventura della Vignaioli Piemontesi, «che
potrà rappresentare una forza di oltre 50 cantine cooperative e migliaia di
produttori singoli per un totale di 15.000 aziende agricole». 57
54

Note al Capitolo IV
1 Gerbaudo era allora Presidente della Sezione Agricola della Confcooperative di
Cuneo.
2 Vedi Redazionale, C’è spazio per una seria cooperazione, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 8 – maggio 1978; Giordana Rosangela (a cura), Il mondo agricolo,
Rubrica in “Gazzetta del Popolo” del 16 aprile 1978.
3 Gerbaudo Giovenale, Proposte operative per lo sviluppo della cooperazione
agricola nel Cuneese – Cuneo 23 aprile 1978, Archivio Confcooperative Cuneo, p.
2. La relazione di dieci pagine dattiloscritte oltre ad un excursus storico è rivolta
soprattutto a far prendere coscienza della necessità della cooperazione per uscire
dalla crisi endemica dell’agricoltura.
4 «L’iniziale esperimento delle associazioni istituite nel settore ortofrutticolo ha
dimostrato la necessità che venga stabilito un legame profondo e permanente tra le
cooperative e le associazioni», in Redazionale, Necessario il coordinamento
operativo tra associazionismo e cooperazione, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 8 –
maggio 1977.
5 Cfr. Consorzio di Difesa delle Produzioni Intensive nella Provincia di Cuneo (a
cura), Asprofrut – Vent’anni, Cuneo, 1990.
6 Per un profilo di L. Taricco si veda Ianniello Attilio, op. cit., pp. 123-126.
7 Taricco Luigi in Regione Piemonte (a cura), Incontro dibattito sui problemi
dell’agricoltura piemontese – Savigliano 4 ottobre 1975, Chieri, s.d., pp. 37-38.
Il “Servizio Cooperative Riunite”, che vedeva tra le altre le più significative
cooperative ortofrutticole della provincia quali la Fac di Fossano, la Lagnasco
Frutta, la Sacoop di Savigliano, la Valle Po di Saluzzo e la Cob di Bagnolo (sulla
cooperazione in frutticoltura si veda Ianniello Attilio, op. cit., pp. 65-80), nel 1977
aveva raggiunto più di un miliardo di fatturato solo nel reparto ortaggi: vedi
Redazionale, Il mondo agricolo, Rubrica in “Gazzetta del Popolo” del 22 febbraio
1978.
8 Il lavoro dell’associazione fu così intenso che alcuni si stupivano della lenta
diffusione della cooperazione: vedi Bianco Gianfranco, Malgrado i risultati
conseguiti dall’Asprofrut la cooperazione stenta ad imporsi, in “Gazzetta del
Popolo” del 24 agosto 1977; per quanto riguarda la commercializzazione della
castagna e la diffusione della cooperazione: vedi Redazionale, Il mondo agricolo,
Rubrica in “Gazzetta del Popolo” del 6 ottobre 1976; Redazionale, Il mondo
agricolo, Rubrica in “Gazzetta del Popolo” del 21 settembre 1977; Redazionale,
55

Roburent: si diffonde l’idea della cooperazione, in “Gazzetta del Popolo” del 1
ottobre 1978; Garavagno Romolo, La cooperazione per salvare l’agricoltura della
montagna, in “Gazzetta del Popolo” del 5 settembre 1979; Redazionale,
Cooperativa a Roburent per vendere le castagne, in “Gazzetta del Popolo” del 23
ottobre 1980: in questi ultimi tre articoli si parla del ruolo decisivo alla diffusione
del costume cooperativo del Sindaco Alfonso Rinverdi Canova.
9 Cfr. Fassino Giuseppe, Più spazio ai piccoli frutti, in “Gazzetta del Popolo” del 6
novembre 1977. Una simpatica iniziativa per propagandare questa nuova coltura fu
intrapresa da Giovenale Gerbaudo, Lorenzo Bergese, Aldo Viale e Raffaele Bassi
che offrirono al Papa, durante un’udienza del mercoledì, tre cesti di lamponi, more e
fragole, vedi Redazionale, “Piccoli frutti” per il Papa, in “Gazzetta del Popolo” del
20 settembre 1979.
10 Alcuni in collaborazione con la Confcooperative di Cuneo, vedi Redazionale,
Convegno frutticolo a Saluzzo, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 2 – gennaio 1981.
11 Cfr. Redazionale, La nuova filosofia per combattere le patologie degli alberi da
frutta, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 3 – febbraio 1988; Redazionale, Il Consiglio
direttivo dell’Asprofrut dà il via al progetto “frutta controllata”, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 7 – aprile 1988; C. Mt., La frutta “pulita” non è più un’illusione, in “La
Guida” n. 34 del 7 settembre 1990.
12 Giancarlo Laratore: «Da anni viene attuata diffusamente la “lotta integrata” che
è anche un fattore di miglioramento della qualità…L’iniziativa del marchio
“Ombrello azzurro” è nata proprio per promuovere la produzione integrata
ottenuta in Piemonte. Il messaggio che in Piemonte si produce con metodi rispettosi
dell’ambiente è arrivato all’opinione pubblica», in Redazionale, Ortofrutta: la
qualità è quasi tutto, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 6 – marzo 1995; cfr. anche
Redazionale, L’Asprofrut e la modernizzazione dell’ortofrutta cuneese, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 13 – luglio 1999 con un’intervista a Giovenale Gerbaudo e
al Presidente Giovanni Rubiolo.
13 Asprofrut, Verbale di Assemblea straordinaria dell’Associazione tra Produttori
Ortofrutticoli piemontesi “Piemonte Asprofrut” del 13 marzo 1999, Archivio
Asprofrut. Davanti al Notaio Carlo Alberto Parola a Lagnasco si decise di
trasformare l’Associazione in Società Consortile Cooperativa a. r. l. siglabile
“Asprofrut s. c. c. a. r. l.”, che nel novembre dello stesso anno aderì a
Confcooperative, vedi Asprofrut, Verbale del C. d. A. del 26 novembre 1999.
Archivio Asprofrut.
14 Il Consorzio Difesa è stato costituito il 13 dicembre 1970, davanti al Notaio
Franco Bollati, da ottanta soci, tra cui Natale Carlotto e Giovenale Gerbaudo, in
56

forma cooperativa; il Consorzio si trasformò in seguito in società semplice per
volere del Ministero dell’Agricoltura ed iniziò ad operare praticamente nel 1972. Il
primo Presidente del Condifesa fu Federico Dallorto di Monticello d’Alba, che tenne
la carica dal 1970 al 1986, anno in cui gli succedette Giuliano Sacchetto.
15 Giuliano Sacchetto, nato a Lagnasco il 15 febbraio 1947, dopo aver conseguito il
Diploma di Perito Agrario militò nella Coldiretti prima come attivista del
Movimento Giovanile, poi come Commissario della zona del Saluzzese e Presidente
della Consulta economica (Redazionale, Sacchetto guiderà la Consulta economica,
in “Il Coltivatore Cuneese” n. 12 – giugno 1995). Tra altri incarichi divenne
membro del C.d.A. dell’Asprofrut e della Cassa di Risparmio di Saluzzo. Dal 1986
alterna il lavoro nella sua azienda agricola con la responsabilità della Presidenza del
Condifesa.
16 Sacchetto Giuliano, intervista del 29 giugno 2005, Lagnasco.
17 Milano Nicola, L’ombrello antrigrandine, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 4 –
febbraio 1975.
18 Cfr. Condifesa Cuneo (a cura), Oltre trenta anni di attività consortile per la difesa
delle produzioni agricole, Cuneo, 2005, p. 4. Il buon lavoro del Condifesa nasce non
solo dalla lungimirante capacità dei suoi due Presidenti ma anche dall’indubbia
professionalità dei suoi direttori: Luigi Taricco, Giovanni Carlo Laratore e l’attuale
Roberto Bernardi.
19 Cfr. Redazionale, Condifesa, un’assicurazione contro i danni della grandine, in
“Il Coltivatore Cuneese” n. 13 – luglio 1986.
20 Cfr. Condifesa Cuneo (a cura), op. cit., Cuneo, 2005, p. 18. Il Condifesa negli anni
Ottanta cercò anche di immettere nel mercato parte della produzione danneggiata dai
vari fenomeni atmosferici: «In questa luce va vista l’acquisizione del 13% delle
azioni della Allione spa, una ditta specializzata nel confezionamento di succhi di
frutta e di semi lavorati che potrebbe, in futuro, assicurare uno sbocco significativo
alla produzione danneggiata dalla grandine», in Redazionale, Condifesa: un
positivo bilancio dopo 15 anni di vita, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 8 – aprile 1988.
Purtroppo la partecipazione, insieme all’Asprofrut e numerose cooperative, alla
gestione dell’Allione non diede i risultati voluti e si arenò ben presto.
21 Cenni di storia delle due cooperative si trovano in Ianniello Attilio, Cooperative:
storie di uomini e territorio. Dal 1945..., Madonna dell’Olmo, 2004, pp. 74-77.
22 Il 27 dicembre 1996 davanti al Notaio Elio Quaglia, in Lagnasco, i rappresentanti
delle due cooperative: Domenico Paschetta, Pier Luigi Spalla, Lorenzo Rabbia,
Giacomo Perotto, Franco Ficetti, Mauro Panero, Giuliano Sacchetto, Giuseppe Botto
57

e Sergio Rebuffo (ass. giust.), trasformarono l’Associazione “Ortofrutticoli
Associati” in Associazione “Lagnasco Group”, il cui primo Presidente fu Domenico
Paschetta; cfr. Lagnasco Group, Verbale n. 5/96 - Assemblea Straordinaria,
Archivio Lagnasco Group. Attualmente il Presidente della Lagnasco Group è Franco
Ficetti, il Direttore Pieraldo Giraudo.
23 Idem.
24 Cfr. Brero Aurora, Nuovi orientamenti del mercato frutticolo. Un caso concreto:
la Cooperativa di Lagnasco, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Torino,
Facoltà di Economia, relatore: prof.ssa Maria Vietti-Michelina, Correlatore: prof.
Piergiorgio Re, Anno Accademico 1998/99, pp. 55ss.; Barrilà Marcella, Tra
associazionismo e imprenditoria singola. Indagine sulle potenzialità aggregative
nell’orticoltura piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Torino, Facoltà
di Economia, Relatore: prof. Franco Percivale, Correlatori: prof. Roberto Ronco,
dott.ssa Fernanda Giorda, Anno Accademico 1997/98, pp. 88ss.; Martina Cristina,
La filiera frutticola del Cuneese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Torino,
Facoltà di Economia, Relatore prof. Roberto Ronco, Correlatori: prof. Franco
Percivale, dott. Augusto Rosso, Anno Accademico 1996/97, pp. 231ss.
25 Domenico Paschetta in Redazionale, Frutteto del Monviso, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 14 – agosto 1999.
26 Il 29 febbraio 2000 davanti al Notaio Elio Quaglia, in Saluzzo, Domenico
Paschetta, Presidente Lagnasco Group, Giuliano Sacchetto, Presidente della
Cooperativa Lagnasco Frutta e Mauro Panero, Presidente della P.A.V.
trasformarono l’associazione in Lagnasco Group Soc. coop. a.r.l.; cfr. Lagnasco
Group, Verbale di Assemblea Straordinaria del 29 febbraio 2000, Archivio
Lagnasco Group.
27 Oddero Giacomo, intervista citata.
28 Cfr. Ambrosio Teresio – Nervo Luciano, I nuovi traguardi del vivaio cooperativo
“Vivalb”, in “Vignaioli Piemontesi” n. 9 – dicembre 1998.
29 Sulla Cantine Sociali di Santo Stefano Belbo, di Govone, di Vezza d’Alba, di
Clavesana, di Barbaresco e di Castiglione Falletto si veda Ianniello Attilio, op. cit.,
pp. 51-57. Le Cantine Sociali rappresentano i centri più importanti di un paesaggio
vitivinicolo provinciale che va da Clavesana, sede della Cantina Sociale attualmente
presieduta in modo magistrale da Giovanni Bracco, a Santo Stefano Belbo, sede
della Cantina voluta dal Consorzio Agrario provinciale nel 1956: «In provincia
abbiamo decine e decine di chilometri di un paesaggio reso unico dalle vigne; da
58

Clavesana fino a Santo Stefano Belbo, a Canelli, ininterrottamente gli occhi si
posano sugli splendidi filari dei nostri vitigni» Giacomo Oddero, intervista citata.
30 Così si chiamava l’azienda regalata all’Amministrazione provinciale dalla
famiglia Bardelli. Il singolare nome derivava dal fatto che in epoca passata presso la
cascina Barche vi era un servizio di traghetto per poter attraversare il Tanaro (Fonte:
Teresio Ambrosio).
31 Cfr. Redazionale, Grande successo per la mostra pomologica di Vaccheria
d’Alba, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 16 – settembre 1987; Bassi Raffaele, Il vivaio
Vivalb al centro del programma di rilancio, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 21 –
novembre 1987.
32 Ambrosio Teresio – Nervo Luciano, op. cit.
33 Terenzio Ravotto, nato a Garessio il 31 marzo 1940, entra appena adolescente nel
Movimento Giovanile della Coldiretti dove conosce Matteo Pistone, che gli lascerà
in eredità il desiderio di riscattare la gente dei campi sia economicamente che
culturalmente (Ravotto: «… si andava in giro a dire: guardate che siamo persone
come le altre, con gli stessi diritti, non dobbiamo sentirci inferiori»). Dopo aver
passato qualche anno nel Centro di Incremento della Frutticoltura dell’Alta Valle
Tanaro, viene chiamato da Natale Carlotto ad incarichi presso gli uffici di Cuneo
della Coldiretti. Ma i desideri di Ravotto sono altri, vuole stare in prima linea nella
difesa degli interessi dei produttori agricoli e così nel 1967 diventa Segretario di
Zona di Alba dove rimarrà fino al 2000. Attualmente in pensione, si occupa ancora
del settore corilicolo e fa parte del Comitato Nazionale Vini (cfr. Redazionale,
Terenzio Ravotto nel Comitato Nazionale Vini: “Puntare sulla qualità e un occhio
di riguardo alle piccole aziende, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 14 – agosto 1998)
per quanto attiene i disciplinari.
34 Ravotto Terenzio, intervista del 1 luglio 2005, Alba
35 L’Accordo fu firmato il 21 settembre 1979.
36 Ravotto Terenzio, intervista citata; queste associazioni si riunirono nella “Unione
Volontaria tra le Associazioni Vitivinicole della Langa e del Roero per la
valorizzazione dei vini tipici locali”, cfr. Redazionale, I vignaioli dell’Albese, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 13 – agosto 1977; C. Gr., I giovani della Langa uniti nelle
cooperative, in “Gazzetta del Popolo” del 6 settembre 1977.
37 L’Asprocor, trasformatasi in cooperativa nel 1999, ha avuto in Giuseppe Andreis
un Presidente lungimirante ed impegnato. Oltre alla carica di Presidente
dell’Asprocor, Andreis assunse ruoli dirigenziali sia nella Coldiretti sia nelle Acli sia
59

nell’impegno diretto in politica, sempre con lo scopo di migliorare la qualità della
vita dei coltivatori, come disse in un’intervista: «Gli agricoltori devono ricordarsi
che la loro condizione non è solo un fatto economico, ma anche e soprattutto sociale
e che l’associazionismo e l’impegno attivo in campo politico sono la condizione
indispensabile per la vita delle loro aziende e famiglie. Parafrasando Eric Fromm si
può dire che dobbiamo esserci per avere. Pienezza di diritti civili, sostegno al
lavoro, non sono un regalo, vanno conquistati…», in Redazionale, Un imprenditore
agricolo impegnato in politica, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 15 – settembre 1996.
Andreis attualmente offre la sua preziosa collaborazione anche a Confcooperative
Cuneo dove ricopre la carica di vice Presidente.
38 Cfr. Redazionale, Così nacque il marchio dei “Vignaioli albesi”, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 22 – dicembre 1986.
39 Furono 18 i soci che davanti al Notaio Franco Bollati costituirono la Piemonte
Asprovit. Il primo Presidente fu Attilio Fontana, i due vice Presidenti Luigi Rosso e
Quinto Chionetti; cfr. Asprovit, Atto Costitutivo, Archivio Vignaioli Piemontesi;
Redazionale, Costituita l’Associazione produttori Vitivinicoli, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 10 – giugno 1977.
40 Gianluigi Biestro, nato ad Alba il 25 marzo 1956, dopo aver frequentato la Scuola
enologica e la Scuola di Amministrazione Aziendale, si specializzò con un corso
semestrale in direzione amministrativa di cooperative agricole. Il suo primo incarico
lavorativo fu presso L’Unione regionale di Confcooperative dove si fermò fino alla
chiamata al Servizio Militare. Il 1° agosto 1979 entrò nell’Asprovit di cui divenne
Direttore, carica che mantiene tuttora presso la “Vignaioli Piemontesi”.
41 Biestro Gianluigi, intervista del 4 luglio 2005, Castagnito.
42 Il 14 novembre 1983 davanti al Notaio Anna Maria Prima, in Asti, i rappresentanti
di venti cantine sociali e sette coltivatori diretti costituirono l’Associazione tra
produttori agricoli vitivinicoli piemontesi “Viticoltori Piemonte”. Primo Presidente
fu Alessandro Gioanola e vice Presidenti Remo Francia e Bernardino Gastaldi.
43 Biestro Gianluigi, intervista citata.
44 Oddero Giacomo, intervista citata: «Avevamo pensato di creare un enopolio che
doveva funzionare unicamente negli anni di grande produzione, che erano
generalmente accompagnati da un andamento del mercato difficile. Allora dicevamo
a questa gente: “Non sai dove collocare il tuo prodotto?… vieni da noi ti
accogliamo, non sei obbligato non devi mettere nessuna firma; tu quest’anno non
sai dove mettere la tua uva? Qui l’enopolio raccoglie la tua uva, facciamo il vino e
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lo vendiamo all’ingrosso. Ci dai tempo un anno poi o vieni a prenderti il tuo vino e
te lo collochi da solo sul mercato oppure ti prendi i soldi».
Ravotto Terenzio, intervista citata: «La Ce.Vit.As. era stata una scuola di
cooperazione. Si poteva restare soci solo per un determinato periodo di tempo poi si
doveva prendere una decisione e diventare socio di una cantina sociale già esistente
o vinificare per proprio conto».
45 Biestro Gianluigi, intervista citata.
46 Il 2 ottobre 1980 davanti al Notaio Vincenzo Toppino, in Alba, dieci soci
costituirono la Ce.Vit.As. Il primo Presidente fu Giorgio Boschiazzo, vice
Presidente Benvenuto Boasso; cfr. Ce.Vit.As., Atto Costitutivo, Archivio “Vignaioli
Piemontesi”.
47 Minetti Giovanni, Dove va la cooperazione enologica?, in “Il Tanaro” n. 29 del
24 novembre 1984. Il primo Presidente del Consorzio costituito il 28 maggio 1981
davanti al Notaio Italo Ferrero, in Alba, fu il maestro Arnaldo Rivera, vice
Presidente Pietro Chiarlo; cfr. “Vecchio Piemonte”, Atto Costitutivo, Archivio
“Vignaioli Piemontesi”.
48 La cooperativa fu costituita il 20 ottobre 1981 davanti al Notaio Vincenzo
Toppino, in Alba, da 12 soci. Primo Presidente fu Attilio Fontana di La Morra, vice
Presidente Giorgio Boschiazzo; cfr. “Colline Albesi”, Atto Costitutivo”, Archivio
“Vignaioli Piemontesi”.
49 Un inizio di fusione si ebbe nel 1988 quando la Ce.Vit.As incorporò la Cantina
Sociale di Castagnito-Guarene-Magliano Alfieri e zone limitrofe: il 21 settembre
1988 davanti al Notaio Fabrizio Donotti, in Alba, Carlo Adriano, Presidente della
Cantina di Castagnito e Giorgio Boschiazzo, Presidente della Ce.Vit.As, firmarono
l’Atto di Fusione.
50 Il 20 agosto 1998 toccò alla Ce.Vit.As. incorporarsi nella società Colline Albesi:
davanti al Notaio Aldo Saroldi, in Cuneo, Michele Cuniberto, vice Presidente della
Ce.Vit.As., e Gianluigi Biestro, Presidente della Colline Albesi, firmarono l’Atto di
fusione creando contemporaneamente una nuova società cooperativa la Compagnia
dei Vignaioli. Quest’ultima l’8 settembre 1999 incorporerà la Cantine Produttori
Vecchio Piemonte, infatti davanti al Notaio Aldo Saroldi, in Cuneo, Lorenzo
Raspino, Presidente della Vecchio Piemonte, e Giulio Porzio, Presidente della
Compagnia, firmeranno l’Atto di fusione.
51 Minetti Giovanni, Asprovit: una bella realtà!, in “Il Tanaro” n. 30 del 1° dicembre
1984.
61

52 Biestro Gianluigi, intervista citata: «Una delle scelte fondamentali avvenne nel
1985: avevamo a Moriondo una lavabottiglioni che costava, allora, 200 milioni.
Improvvisamente si ruppe e ci si pose il problema: acquistarne un’altra o fare a
meno del doppio litro, vuoto a rendere, e scegliere il litro e mezzo, vuoto a perdere?
Il salto di qualità fu di decidere lo smantellamento della lavabottiglioni e il
passaggio dal doppio litro al litro e mezzo… La grande distribuzione era contraria
ma nel momento in cui scoppiò lo scandalo del metanolo, per la prima volta nella
storia, ci chiedeva per favore il litro e mezzo, poiché il bottiglione dava l’immagine
del vino di scarsa qualità… Eravamo i primi e non riuscivamo a soddisfare le
richieste nonostante la crisi del mercato vinicolo».
53 Cfr. Redazionale, Lotta ai criminali del vino, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 7 –
aprile 1986; Minetti Giovanni, Corteo per le vie di Alba contro il vino al metanolo,
in “Il Tanaro” n. 17 del 25 aprile 1986; Minetti Giovanni, Mercato e prospettive per
il vino, in “Il Tanaro” n. 15 del 11 aprile 1986; in quest’ultimo articolo Piero
Quadrumolo, Direttore dell’Enocoop, affermò parlando del vino al metanolo che
purtroppo aveva fatto diverse vittime in varie località italiane: «Fatta la debita
eccezione per le vittime, in tutta questa vicenda sta comunque emergendo un dato
positivo rappresentato dal grosso interesse verso le aziende di tipo cooperativistico
come la nostra».
54 Vedi Minetti Giovanni, Due milioni di bottiglie firmate “Terre da Vino”, in “Il
Tanaro” n. 32 del 4 settembre 1987.
55 La Piemonte Asprovit cedette poi le azioni alle Cantine Sociali.
56 Il 2 dicembre 1996 davanti al Notaio Bruno Marchetti, in Asti, Bartolomeo
Pagliarino, Presidente della Viticoltori Piemonte, e Domenico Ravizza, Presidente
della Piemonte Asprovit, firmarono l’Atto di fusione dando vita all’Associazione
Vignaioli Piemontesi. Biestro Gianluigi, intervista citata: «Quando abbiamo firmato
l’Atto di fusione abbiamo inglobato nella nuova associazione anche una ventina di
vivaisti, inoltre nel 2004 [il 10 giugno, nda.] una cooperativa di vivaisti che operava
nell’ambito della Coldiretti di Asti [Vivaisti Viticoli Piemontesi, nda.] ha chiesto di
diventare nostro socio ed è stata incorporata. Quindi nella Vignaioli Piemontesi non
ci sono solamente cantine sociali e singoli produttori ma anche il 90% dei vivaisti
presenti nel territorio».
57 Vedi Redazionale, L’unione fa la forza, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 2 – febbraio
1997; cfr. r.s.a., Oggi nasce associazione di vignaioli, in “La Stampa” del 2
dicembre 1996; Redazionale, Insieme per contare di più. Intervista a Gianluigi
Biestro, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 3 – febbraio 1997; Redazionale, Vignaioli
Piemontesi, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 10 – maggio 1998.
62

L’8 maggio 2000 la Vignaioli Piemontesi da associazione si trasformerà in
cooperativa (Vignaioli Piemontesi, Verbale dell’Assemblea straordinaria
dell’Associazione “Vignaioli Piemontesi”, Archivio Vignaioli Piemontesi).
63

Insieme si è più forti.
V
La via dello sviluppo rurale
Una delle misure più obiettive per valutare il
grado di civiltà di una popolazione è la
diffusione del costume cooperativo.
Giovenale Gerbaudo
Il 19 maggio 1979 1 fu eletto Presidente dell’Unione provinciale delle
Cooperative e Mutue di Cuneo Giovenale Gerbaudo. 2 Il neo Presidente
guiderà l’organizzazione per tutti gli anni Ottanta, un decennio non certo
facile. Si trovò infatti a fare i conti con una realtà esterna che risentiva
ancora, soprattutto nel settore dell’agricoltura, 3 della crisi economica
nazionale iniziata degli anni Settanta. Inoltre il movimento cooperativo
provinciale, con le debite eccezioni, era caratterizzato ancora da una scarsa
capacità nel rispondere alle sollecitazioni di un mercato che sempre più
veniva caratterizzato dalla grande distribuzione: «L’avvenire
dell’agricoltura è legato ai rapporti che avrà con l’agroindustria e la
grande distribuzione che ne possono o meno valorizzare i prodotti freschi o
trasformati…È un problema da affrontare: la cooperazione, insieme con
l’opportuna presenza privata, può svolgere un importante ruolo». 4
Per compiere al meglio il suo incarico Gerbaudo pensò di rinsaldare legami
con il mondo economico, politico e sindacale provinciale con un progetto
che mirava, in primis, a consolidare economicamente le cooperative già
attive. Il 12 aprile 1986 nell’Assemblea congressuale di Confcooperative
Cuneo, oltre ad ottenere la rielezione alla carica presidenziale, ottenne che
fossero cooptati nel nuovo Consiglio Direttivo Gianluigi Biestro
dell’Asprovit, Luigi Taricco dell’Asprofrut, Lorenzo Bolla della Cisl e
Claudio Giraudo dell’Acli: «Non si tratta solo», disse Gerbaudo, 5 «del
riconoscimento di un naturale intreccio di base sociale ma una richiesta di
64

Giovenale Gerbaudo, Presidente di Confcooperative Cuneo dal 1979 al 1993
65

condivisione per il raggiungimento dei nostri obiettivi. Si tratta di un’area di
ispirazione cattolica, perché il patrimonio di mutualità e solidarismo rischia
di essere smarrito dalle altre componenti culturali per appiattirsi sul
capitalismo… C’è una primavera di liberalismo, prendiamone atto, ma ciò
richiede urgentemente l’attivarsi del meccanismo equilibratore del
solidarismo. Dobbiamo favorire, nell’interesse della nostra gente, una
nuova primavera anche per il solidarismo che non è più ideologia ma valore
morale. Si tratta di difendere la centralità dell’uomo, ieri nella politica e
oggi anche nell’economia». Intanto tra i progetti che la cooperazione poteva
offrire vi era la promozione di alcuni consorzi che avrebbero dovuto
razionalizzare, coordinare e migliorare la produzione e la
commercializzazione dei prodotti agricoli in Italia e all’estero. Tra questi
troviamo l’Alpifrut, costituito tra cooperative ortofrutticole, e il Conalpi,
voluto dalle cooperative lattiero-casearie. 6 I risultati di questi consorzi però
non furono soddisfacenti e non si tradussero in imprese durevoli anche se
furono eccezionali laboratori di imprenditorialità: «I nostri ragionamenti sul
mercato ci avevano fatto temere per le dimensioni delle nostre aziende che
erano troppo fragili per affrontare la competizione, soprattutto con la
grande distribuzione... », ricorda Gerbaudo. 7 «Avevamo pensato che una
possibilità potesse essere seguire il modello emiliano con la costituzione di
consorzi di II grado istituzionali, costituiti e promossi dal Movimento
cooperativo stesso. I risultati furono deludenti perché si trattò di
un’operazione troppo verticistica... si voleva anticipare allora un processo
che invece solo oggi è maturo».
Tuttavia il clima di intese che il Presidente di Confcooperative Cuneo era
riuscito a creare, soprattutto tra le principali forze agricole, aveva portato alla
Legge regionale n. 40/87 8 che rappresentava uno strumento invidiabile per lo
sviluppo della cooperazione.
Una legge a favore del sistema agro-industriale piemontese.
Nel 1985 era diventato Assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte
Emilio Lombardi, un uomo politico democristiano, formatosi nella Coldiretti
cuneese: «L’Assessore Emilio Lombardi ha portato in Regione, dalla sua
natia Val Mongia, lo spirito indimenticabile del parroco di Lisio, don
Antonio Ansaldi, che fin dal lontano 1950 aveva organizzato quei valligiani
in una delle prime cooperative di raccolta e commercializzazione delle
66

castagne». 9 Sensibile alle vicissitudini delle cooperative, da subito, nel
dovuto confronto con le centrali cooperative, pensò ad una legge che ne
prevedesse lo sviluppo superando nel contempo la lettera e lo spirito della
precedente Legge regionale n. 63 del 1978. 10
«Quando nell’85 divenni Assessore controllammo e studiammo parecchie
cooperative», ricorda Lombardi. «Da questa analisi furono evidenziati
alcuni punti deboli che cercammo di risolvere con delle fusioni, ma
complessivamente il sistema cooperativo, naturalmente con le dovute
eccezioni, aveva una debolezza di natura finanziaria... di capitalizzazione in
poche parole. Questo fatto rendeva anche difficile il dialogo con il sistema
bancario. Allora, insieme ad amici, sapendo che si doveva risolvere questo
problema ho impostato la legge n. 40/87 sulla capitalizzazione. Ovviamente
la Legge non riguardava solo la capitalizzazione ma comunque era
soprattutto indirizzata a questo scopo». 11
Se quindi i soci apportavano nuovi capitali alla propria cooperativa, la
Regione interveniva con una somma rapportata all’aumento del capitale
sociale ottenuto dalla cooperativa stessa. Questa opportunità fu utilizzata
dalla stragrande maggioranza delle cooperative, che non ebbero solo
vantaggi dal punto di vista finanziario ma anche culturale: «Questa Legge ha
significato anche una presa di coscienza dei soci», spiega Lombardi, «infatti
più il socio investe anche economicamente nella propria cooperativa più la
sente sua e, di conseguenza, partecipa, controlla, si informa, critica... in
poche parole, si creano le condizioni per una partecipazione reale dei
soci». 12
Questa innovativa legge, che servì da modello non solo per altre Regioni ma
anche per leggi nazionali, fu salutata con entusiasmo sia dal Movimento
cooperativo sia dal maggiore sindacato agricolo, la Coldiretti. Giovenale
Gerbaudo, per esempio, nel dicembre 1987 durante un convegno organizzato
a Torino dall’Unione regionale di Confcooperative su temi legati
all’agroalimentare si espresse sulla L.R. 40/87 13 in termini decisamente
positivi, utilizzandone l’impianto di fondo per individuare i nodi da
sciogliere per un reale sviluppo della cooperazione: «...Dobbiamo avere il
coraggio e la fantasia di entrare dentro un progetto di ristrutturazione
davvero straordinario, tale da fornire ai gruppi cooperativi che ne
risulteranno una dimensione aziendale a misura del mercato. Nel contempo
dobbiamo difendere alcuni valori caratteristici della cooperazione come, ad
esempio, il protagonismo del socio, la democrazia interna... ma sicuramente
non vogliamo difendere la visione artigianale dell’economia e tanto meno
certi personalismi gestionali. Non possiamo esimerci, poi, dalla innovazione
67

tecnologica e da un processo di consolidamento delle imprese, mediante la
concentrazione e la capitalizzazione, al fine di un organico inserimento nella
fase strategica della commercializzazione del proprio prodotto». 14 E
attuando questo progetto di potenziamento e valorizzazione, Gerbaudo si
presentò il 24 marzo 1990 al XXXIII Congresso provinciale 15 della
Confcooperative cuneese con un bilancio positivo soprattutto nel settore
agricolo. 16
68

Note al Capitolo V
1 Confcoop. Cuneo, Verbale della Riunione del Consiglio Direttivo dell’Unione
Provinciale delle Cooperative e Mutue di Cuneo del 19 maggio 1979, Archivio
Confcoop. Cuneo. Nel verbale si legge anche il numero delle cooperative associate:
74 edilizie, 67 agricole, 18 consumo, 7 varie, 8 lavoro, 2 mutue, 1 commissionaria;
la Presidenza gli verrà riconfermata nella Riunione del Consiglio Direttivo del 15
marzo 1980 quando gli verranno affiancati come vice Presidenti Angelo De Giorgi
ed Elio Cuminettti (cfr. Confcoop. Cuneo, Verbale della Riunione del Consiglio
Direttivo dell’Unione Provinciale delle Cooperative e Mutue di Cuneo del 15 marzo
1980, Archivio Confcoop. Cuneo).
2 Giovenale Gerbaudo, nato a Cuneo il 26 febbraio 1943, si avvicina alla
cooperazione passando attraverso momenti formativi e di militanza ideale
nell’associazionismo ecclesiale, in particolare nell’Azione Cattolica, divenendo
delegato regionale del movimento rurali cattolici. «Questa esperienza è alla base
della mia sensibilità sia religiosa che sociale. Nasce infatti da lì il mio impegno in
tutti gli ambiti che avevano come obiettivo il riscatto e l’emancipazione di quelle
classi sociali che erano subalterne» (Gerbaudo Giovenale, intervista del 25 luglio
2005, Cuneo). Inizia poi la militanza nella Coldiretti: Gerbaudo diventa Presidente
del Club 3P della frazione San Benigno, dove risiede, poi assume la carica di
delegato provinciale e regionale dei giovani Coldiretti: «Chi mi ha chiamato a
questa esperienza è stato Matteo Pistone che è senza dubbio una delle figure più
importanti della testimonianza dell’impegno cattolico dentro il mondo rurale»
(Gerbaudo Giovenale, intervista citata). A partire dagli anni Settanta Gerbaudo avrà
un ruolo decisivo per il rilancio della Confcooperative cuneese soprattutto per
quanto riguarda il settore agricolo. Presidente del settore agricolo di
Confcooperative di Cuneo e successivamente Presidente della Giunta Agricola
dell’Unione regionale di Confcooperative, Gerbaudo nel 1992 viene eletto
Presidente della Federazione Nazionale delle Cooperative Agricole e Agroalimentari
della Confcooperative (cfr. Redazionale, Cooperazione ad una svolta. Incarico
nazionale per Giovenale Gerbaudo, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 3 – febbraio
1992; Redazionale, Giovenale Gerbaudo al vertice del Federagroalimentare, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 19 – novembre 1996), incarico che manterrà fino al 2003
con una sospensione 1994-1996 a causa della sua elezione alla Camera dei Deputati
(cfr. Marena Ettore, Un cooperatore alle elezioni, in “Confcooperative Piemonte” n.
1 – gennaio-marzo 1994; Cassetta Lidia, Identità culturale e progetti coerenti.
Intervista all’on. Giovenale Gerbaudo, in “Confcooperative Piemonte” n. 2 – aprilemaggio
1994). Oltre alla responsabilità della Presidenza della Confcooperative
Cuneo (1979-1993) e dell’Unione regionale di Confcooperative (1980-1986),
Giovenale Gerbaudo è oggi vice Presidente nazionale di Confcooperative.
69

3 Cfr. Durando Carlo, Agricoltura. Crisi sempre più grave, in “Confcooperative
Piemonte” n. 5/6 – settembre-ottobre 1991.
4 Giovenale Gerbaudo in Redazionale, Cooperativa: ecco come ti valorizzo
l’agricoltura, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 8 – aprile 1986.
5 Gerbaudo Giovenale in C.Mt., 200 cooperative: un movimento che interessa
22mila famiglie, in “La Guida” n. 17 del 25 aprile 1986.
6 L’Alpifrut fu costituito il 16 luglio 1979 davanti al Notaio Aldo Saraldi, in Cuneo,
tra le seguenti cooperative: Frutticoltori associati cuneesi, “Valle Po”, “Agricola
Valpellice”, “Ortofrutticola Bagnolo Piemonte”, “Agricola Bernezzese”, “Agricola
di Madonna delle Grazie e Lemma di Rossana”; primo Presidente fu Aldo Viale,
vice Presidente Antonio Battisti (cfr. Alpifrut. Atto Costitutivo, Archivio Confcoop.
Cuneo). Il Conalpi fu costituito l’8 febbraio 1986 davanti al Notaio Franco Bollati,
in Cuneo, dalle seguenti cooperative: “Valle Stura”, “Valle Josina”, “Piemonte
Latte”, “Liberi Produttori Latte”, “Cuneo Carni”, “Zootecnica Alta Langa”; primo
Presidente fu Gian Romolo Bignami, vice Presidenti Mauro Manini e Domenico
Mauro, rispettivamente presidenti del “Valle Stura” e del “Valle Josina” (Cfr.
Conalpi, Estratto Atto costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo; Redazionale, È nato il
Conalpi per il lattiero caseario, in “Piemonte Verde” del febbraio 1986).
7 Gerbaudo Giovenale, intervista citata.
8 Cfr. Redazionale, Ecco il testo della legge sulla cooperazione, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 7 – aprile 1988; Redazionale, Cooperazione agricola: in Piemonte
approvata la legge per gli interventi straordinari, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 11
– giugno 1988; Redazionale, Gerbaudo e Lombardi: Ecco perché siamo impegnati a
far crescere la cooperazione, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 16 – settembre 1989.
9 Vedi Bignami Gian Romolo, Lo spirito delle cooperative è oggi più vivo che in
passato, in “La Guida” n. 14 del 6 aprile 1990.
10 «La Legge regionale n. 63 del 12/10/78 fu approvata dalla maggioranza di
sinistra con alcune critiche ma anche con l’apporto positivo dell’opposizione, in
particolare dei consiglieri che rappresentavano il mondo agricolo. Prevedeva una
serie di interventi a favore della cooperazione e fu gestita abbastanza bene salvo
che ci fu una crescita non completamente spontanea di cooperative, in particolare
di stalle sociali...»: Lombardi Emilio, intervista del 7 luglio 2005, Cuneo.
Emilio Lombardi, nato a Lisio il 28 dicembre 1938, assume nel 1965 l’incarico di
aiuto zona presso la sede Coldiretti di Mondovì, di cui già nel 1966 viene nominato
responsabile dal Direttore Natale Carlotto. Nel 1970, fino al 1975, passa, sempre
come Responsabile da Mondovì a Saluzzo. Nel 1975 Lombardi viene candidato
70

dalla Coldiretti alla Regione nella Democrazia Cristiana. Eletto con il più alto
numero di voti (nel 1975 ebbe 25mila preferenze e nel 1990 33mila) rimase alla
Regione per diverse legislature, dal 1975 al 1985 all’opposizione e in seguito al
governo del Piemonte. Attualmente è Assessore all’Agricoltura e vice Presidente
della Provincia di Cuneo.
11 Lombardi Emilio, intervista citata.
12 Idem.
13 «Questa norma è uno strumento straordinario finalizzato ai progetti di
consolidamento e sviluppo delle coperative di valorizzazione che dimostrino di
saper raggiungere un sufficiente grado di competitività sul mercato ed una
rilevanza economica e sociale di livello almeno regionale. È una legge che
impropriamente è stata chiamata “Interventi straordinari a favore della
cooperazione”, sarebbe forse più rispondente definirla “Legge per lo sviluppo del
sistema agro-industriale piemontese” per significare la funzione di interesse
generale degli obiettivi della legge»: Gerbaudo Giovenale, Per un progetto
agroalimentare, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 1 – gennaio 1988.
14 Idem.
15 Cfr. Bignami Gian Romolo, Lo spirito delle cooperative è oggi più vivo che in
passato, in “La Guida” n. 14 del 6 aprile 1990; Redazionale, Dal latte alle piante
officinali, in mondo agricolo in cooperativa, in “La Guida” n. 11 del 16 marzo 1990;
Redazionale, XXXIII Congresso provinciale delle Cooperative “bianche”, in “La
Guida” n. 13 del 30 marzo 1990; Redazionale, Unione Cooperative in assise, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 7 – aprile 1990. Il numero delle cooperative aderenti a
Confcooperative di Cuneo è il seguente: 98 agricole, 11 distribuzione, 25
produzione e lavoro, 8 turismo sport spettacolo, 15 solidarietà sociale, 2 mutue, 41
abitazione, 16 Casse rurali e artigiane.
16 Cfr. Durando Carlo, La cooperazione agricola nel Cuneese. Una realtà viva con
enormi potenzialità, in “Confcooperative Piemonte” n. 1 – febbraio-marzo 1991.
71

VI
Nei verdi pascoli della provincia
Una zootecnia in cerca di futuro.
Costituire una cooperativa per portare direttamente al
consumatore il nostro prodotto è stata una grande
soddisfazione. Oggi poi che con l’etichettatura il cliente
può sapere da quale allevamento arriva la carne che ha
gustato, a volte ti ferma e dice: «Ho preso un pezzo di
bollito, una bistecca del tuo bovino. Sai che era
eccezionale!?» Ecco questo è un piacere che non ha
prezzo e ti ripaga di tutta la fatica che il nostro lavoro
comporta.
Carlo Gabetti
Nel panorama agricolo cuneese senz’altro la zootecnia occupa un posto di
riguardo. Agli inizi degli anni Ottanta, per esempio, la provincia di Cuneo
poteva vantare il maggior numero di cooperative zootecniche rispetto alle
altre province piemontesi. 1 Nonostante le ripetute e periodiche crisi 2 del
mercato della carne, dovute sia a problemi legati all’importazione sia a
problemi quali la Bse sia al variare delle mode alimentari, un buon numero
di agricoltori aveva trovato nella conduzione di stalle e macelli sociali uno
strumento per continuare ad esercitare l’allevamento di bovini soprattutto di
razza Piemontese.
Tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli Ottanta ci fu in provincia una
vera fioritura 3 di stalle sociali: «Il modello cooperativo va considerato un
tentativo serio di dare degli sbocchi al nostro problema zootecnico
risolvendo in uno sia la necessità di conseguire quella competitività
raggiunta dai nostri partner comunitari, sia il problema di offrire una
qualità di vita comparabile con la media nazionale, cioè conciliabile con le
esigenze di tempo libero e di impegno extra aziendale». 4
72

Purtroppo molte di queste erano nate troppo in fretta, senza una dovuta
preparazione degli stessi soci e, soprattutto al di fuori di ogni ottica
programmatica delle varie Centrali Cooperative (Confcooperative in primis).
Di fronte a questa situazione l’Unione regionale di Confcooperative
organizzò nel novembre 1983, a Cuneo, un Convegno dal titolo. “Le stalle
sociali in Piemonte: esperienze e prospettive”. 5 In quell’occasione Gerbaudo
ebbe modo sia di ribadire la positività dell’esperienza della stalla sociale sia
di rimarcare i limiti di uno sviluppo gonfiato delle stesse, con errori di
strategia e di metodologia del finanziamento. 6 Tra i risultati positivi del
convegno ci fu proprio quello di una maggior attenzione dell’Ente Regione
che avviò un’analisi seria del fenomeno ponendo le premesse «per un
osservatorio per una rilevazione sistematica ed aggiornata dello stato di
salute delle aziende interessate» 7 per far sì che le stalle sociali «riescano a
caratterizzarsi in modi adeguati alle attuali esigenze economiche e di
mercato». 8 Tra quelle che riuscirono a raggiungere questi ultimi obiettivi
troviamo la Cooperativa Agricola Stalla Sociale di Robilante. 9
«Decidemmo di fondare la cooperativa perché con la sola agricoltura non si
riusciva più a vivere», racconta Tarcisio Vallauri. 10 «Allora molti decisero di
andare a lavorare chi in fabbrica, chi in Ferrovia e facendo i turni avevano
ancora un po’ di tempo libero a casa. Noi siamo persone a cui piace
lavorare, in più siamo attaccati al nostro lavoro di agricoltori e amiamo la
nostra terra... allora abbiamo pensato che in tanti potevamo tirare avanti
una buona stalla e così è stato. Per la costituzione ci hanno dato una mano
Bertero e Bignami e la terra su cui costruire la struttura ce la offrì don
Basano, il nostro parroco». La scelta di allevare bovini di razza piemontese,
d’inverno in stalla e d’estate in alpeggio, e di creare interessanti
collaborazioni con altre cooperative 11 ha permesso alla Stalla di Robilante di
raggiungere una discreta produzione e redditività, e questo dovrebbe servire
da esempio per la costituzione di altre aggregazioni simili: «In valle
potrebbero sorgere altre cinque o sei stalle come la nostra con un notevole
apporto di carne di gran qualità per il mercato italiano. Lavorando insieme
si possono avere ottimi risultati». 12
Il rilancio della Piemontese.
Negli anni Settanta la nostra provincia forniva, annualmente, una quantità di
carne pari al 14% dell’intera produzione nazionale. 13 Un alto numero di
allevamenti arricchiva ancora le nostre campagne nonostante l’esodo dai
73

campi di cui abbiamo già parlato in capitoli precedenti. Per affrontare le
difficoltà del mercato sorsero così, al fianco delle stalle sociali, alcune
significative esperienze di macelli e vendita dei propri prodotti in forma
cooperativa. Oltre al già citato Macello Sociale di Saliceto, vengono
costituite a metà degli anni Settanta la Cooperativa Agricola Buschese 14 e la
Cooperativa Carni Vallebelbo 15 .
«L’idea della cooperativa nacque durante le battaglie sindacali della
primavera scorsa», disse il 12 dicembre 1974, giorno dell’inaugurazione del
punto vendita della Buschese, Angelo Rosso. «Ci aiutò la rabbia per gli
errori di una politica agraria insensata, la contestazione contro chi non ci
aiutava... Indirizzammo però rabbia e contestazione verso qualcosa di
concreto, di operante. Ed ecco allora la cooperativa e il macello. È nostra
intenzione allacciare stretti rapporti con i sindacati, con i consigli di
fabbrica, perché gli operai, i lavoratori, sappiano che il nostro sforzo è fatto
anche per loro, perché il caro vita può essere sconfitto solo se c’è unione,
solidarietà, chiarezza di intenti». 16
La Cooperativa Carni Vallebelbo di Cossano Belbo, zona di tradizione
cooperativistica grazie all’impegno e all’insegnamento del prof. Giovanni
Cerruti, 17 inizierà l’attività vera e propria di macello e vendita diretta solo
nel 1977: «Associarsi era necessario e questo per non rimanere isolati, per
non dover sempre dipendere dagli altri nelle vendite del bestiame e per
rendere alle casalinghe della zona ed ai turisti indubbi vantaggi economici»,
spiegò allora Marco Vogliotti. «Vogliamo creare con la cooperativa un
qualcosa di nuovo per le nostre zone, un metodo destinato anche a mutare la
mentalità dei nostri contadini, e soprattutto dare vita ad una iniziativa utile
ed importante per i nostri figli». 18
Sempre nell’ambito della zootecnia, agli inizi degli anni Ottanta
l’Associazione Provinciale Allevatori (Apa), costituita a metà anni
Cinquanta, poteva vantarsi di aver contribuito in modo significativo,
attraverso la cura attenta dei problemi genetici e la ricerca sull’alimentazione
e la profilassi sanitaria, all’aumento della produzione di capi bovini di
notevole valore commerciale. Ora si trattava di trovar loro un’adeguata
collocazione sul mercato. L’Apa promosse così la costituzione di una
cooperativa: la Compral 19 . Quest’ultima, oltre agli acquisti collettivi di
materiale utile per gli allevamenti, di import export ecc., si è occupata della
valorizzazione e commercializzazione di capi selezionati di razza frisona e
piemontese conseguendo negli anni importanti risultati. 20
Il mercato delle carni tuttavia continuava ad avere pesanti oscillazioni. A
queste contribuivano da una parte allevatori poco scrupolosi e attenti solo ad
74

un guadagno spesso al limite della legalità, si veda il problema degli
estrogeni e dall’altra la mondializzazione dell’economia. Per far fronte
soprattutto a quest’ultima realtà una delle vie più sicure era di curare sempre
di più la qualità della propria produzione oltre al risaputo, ma poco praticato,
tentativo di avvicinare il consumatore all’allevatore evitando costose
intermediazioni.
«Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta sul mercato si
trovavano spesso bovini ingrassati artificialmente», ricorda Carlo Gabetti. 21
«Il colmo era che venivano venduti con facilità mentre noi, gli allevatori di
questa zona, che alimentiamo i bovini tradizionalmente, non riuscivamo a
vendere i nostri capi. Allora ci siamo detti: “O smettiamo o cerchiamo un
sistema per arrivare direttamente al consumatore”. Allora incoraggiati
dalla Coldiretti abbiamo iniziato a trovarci e a discutere sul da farsi. A volte
facevamo riunioni tre, quattro volte alla settimana. Ricordo che veniva
spesso Domenico Sorasio della Confcooperative a spiegarci le opportunità
che poteva offrirci la cooperazione, a volte anche accompagnato da Angelo
Rosso della Buschese. Non volevamo abbandonare le nostre aziende
agricole... noi, gente di Langa, siamo tenaci... abbiamo quindi costituito la
cooperativa, affittato un locale attrezzandolo per far macelleria e abbiamo
iniziato l’attività vera e propria nei primi mesi del 1992». Nasceva così la
Bovinlanga 22 di Dogliani e un anno dopo una simile iniziativa fiorì anche a
Mondovì. 23 Infatti grazie alla volontà di una decina di giovani coltivatori,
tutti provenienti dall’esperienza formativa del Movimento Giovanile
Coldiretti, fu costituita la Cooperativa “Fattorie Monregalesi”: 24 «Dopo
parecchi incontri di allevatori di piemontese tenutisi presso la sede della
Coldiretti di Mondovì, fra i tanti partecipanti, ci siamo associati in dieci
allevatori per costituire la Cooperativa, ritenendo fondamentale per
l’economia aziendale e per la crescita imprenditoriale di noi giovani
affrontare la vendita diretta, siccome i nostri prodotti, di sicura qualità, ben
si prestano a questo tipo di commercializzazione». 25
La vendita diretta in forma cooperativa 26 di carne di alta qualità permetteva
alle cooperative su citate di passare indenni anche attraverso l’acuta crisi di
mercato dovuta alla Bse. 27 Infatti i consumatori non disertarono i punti
vendita delle carni pregiate delle cooperative 28 , che potevano fregiarsi anche
del marchio del Consorzio di Tutela della Razza Piemontese Coalvi.
Quest’ultimo, ideato dal veterinario dott. Francesco Delfino nel 1981, 29 dopo
alcuni anni di preparazione si costituì ufficialmente il 23 luglio del 1984,
operando «per il conseguimento di tre obiettivi fondamentali che in pratica
ne riassumono le norme statutarie e regolamentari: a) migliorare con la
75

selezione le rese quali-quantitative della razza bovina Piemontese e dei suoi
incroci; b) garantire omogeneità del prodotto finale per uniformità nei
sistemi di allevamento e di alimentazione; c) fornire ai consumatori un
prodotto salubre per l’assenza assoluta in esso di sostanze esogene ad
effetto cosiddetto anabolizzante. La reale garanzia di tali requisiti sarà
frutto di costanti e severi controlli in ogni fase di produzione e
commercializzazione: ogni capo controllato avrà infatti diritto ad un
certificato di identità e ad un marchio di qualità che lo scorteranno nei
macelli convenzionati…». 30
Su questi presupposti il Coalvi si impegnerà definendo e precisando sempre
meglio il proprio metodo di lavoro sulla filiera produttiva. 31 Nel 1987 poi si
sentì la necessità di far conoscere al grosso pubblico il proprio lavoro e le
proprie finalità. Partì quindi la prima campagna pubblicitaria: «Si trattava di
un manifesto», spiega il dott. Giorgio Marega, Direttore del Consorzio, «che
ritraeva un bovino in piedi appoggiato su una grande carta di identità. Sotto
vi era la scritta: “Documenti, prego!”. L’immagine era molto efficace per
sintetizzare l’idea che ha sempre mosso questo Consorzio: offrire al
consumatore una carne riconoscibile fra tutte le altre, poter dire questa
“fettina” arriva da quel bovino di quell’allevatore che lo ha alimentato con
questi prodotti. Tutto ciò era reso possibile dal processo di certificazione.
Nella primavera del 1988 ci fu quella che io considero una tappa
fondamentale nella storia del nostro Consorzio: il Coalvi diventa il Marchio
di Qualità per la carne bovina di razza Piemontese, sulla base di un Decreto
Ministeriale datato 1 marzo 1988 che riconosceva l’attività del Consorzio
da una parte e dall’altra la qualità della nostra carne». 32
Le dràios della Sambucana.
Seguire i sentieri (le dràios) del recupero degli ovini di razza Sambucana, in
Valle Stura, è estremamente interessante perché ancora una volta ci si trova
di fronte ad una storia di tenacia, coraggio, imprenditorialità e, soprattutto, di
amore per la propria terra.
Nella prima metà degli anni Ottanta, in base ad un’indagine condotta da
esperti americani, la Sambucana era classificata come una razza in via di
estinzione.
«Questa notizia mi colpì molto. Mi chiedevo: “Come è possibile che una
pecora che è sempre allevata dai nostri pastori, che è particolarmente
adatta alla nostra valle, agli ambienti alpini, ai pascoli difficili, sia in via di
76

estinzione?», racconta Antonio Brignone. 33 «Iniziammo quindi una ricerca
per fare un primo censimento degli ovini sambucani rimasti». La Comunità
Montana Valle Stura, incoraggiata anche dall’Apa, costituì il “Comitato di
lavoro per il recupero e la valorizzazione della razza ovina Sambucana” e
portò a compimento un accurato sondaggio nelle aziende agricole della
vallata individuando, soprattutto in alcune greggi del vallone di Neirassa,
nelle frazioni Podio e Podio soprano, un buon numero di ovini di razza
pura. 34
«Per far conoscere meglio la nostra pecora nel 1986 abbiamo iniziato a
inserire la mostra della razza ovina sambucana all’interno della Fiera dei
Santi di Vinadio, una delle fiere autunnali più visitate in provincia». 35
Nel 1988 per volontà soprattutto del tecnico agrario Brignone e di un altro
funzionario della Comunità Montana Stefano Martini, viene creato il
Consorzio di tutela della Sambucana “L’Escaroun”: «”Escaroun” in
Occitano significa “piccolo gregge”», spiega Brignone, «cioè piccolo
gruppo di pecore che si separano, mentre sono in alpeggio, dal gregge
principale per andare a brucare l’erba migliore. Così un piccolo gruppo di
allevatori hanno dato vita ad un’attività consortile per migliorare la razza
Sambucana». 36 Una delle prime iniziative del Consorzio fu l’istituzione di
un Centro arieti nel novembre 1988: «Il Centro arieti di Pontebernardo sarà
certamente il mezzo tecnico più efficace e rapido per raggiungere l’obiettivo
della selezione della Sambucana». 37 L’8 novembre 1992, in occasione della
Fiera dei Santi, a Vinadio l’Escaroun presentò il “Marchio Agnello
Sambucano Garantito”, un ulteriore riconoscimento per una carne pregiata. 38
Per favorirne la commercializzazione il Consorzio promosse nel 1990 una
cooperativa tra allevatori: “Lou Barmaset”. 39
«L’importanza di questa cooperativa sta nel fatto di permettere a delle
famiglie site nella parte alta della valle di vivere con questa attività
dell’allevamento ovino», continua Brignone, «e un aspetto altrettanto
importante è il mantenimento dell’ambiente, perché il pascolamento sia di
alta quota sia vicino all’azienda mantiene pulito il territorio». 40 Il lavoro di
questa cooperativa, insieme al Consorzio e alla Comunità Montana, ha un
valore che attraverso l’aspetto economico e di tutela ambientale abbraccia
anche l’ambito culturale: «La pastorizia nella nostra Valle Stura ha una
storia antichissima. Noi abbiamo cercato di raccontarla anche attraverso un
volume e una mostra fotografica intitolati “La routo”, termine che significa
sia la strada statale che la transumanza», dice Stefano Martini. 41 «Da lì è
nata l’idea dell’ecomuseo della pastorizia, uno strumento di valorizzazione
culturale della nostra valle. Infatti molte nostre tradizioni e la stessa lingua
77

occitana sono legate alle attività e agli strumenti dei pastori. Abbiamo scelto
come sede del museo Pontebernardo perché lì viveva un pastore, Pietro
Martini, che aveva passato tutta la sua vita nella zona provenzale della Crau
e aveva messo la sua notevole esperienza a servizio del Consorzio per la
valorizzazione della Sambucana».
Questo senso di impegno culturale traspare anche dalla lettura dell’Atto
costitutivo della Lou Barmaset in cui, oltre alla conduzione dell’allevamento,
alla ricerca di una sempre maggiore qualità dei propri prodotti e alla loro
trasformazione e vendita, troviamo scritto che la Cooperativa «intende
dedicarsi all’aspetto culturale dell’agricoltura attraverso pubblicazioni,
spettacoli o ricerche etnografiche». 42
78

Note al Capitolo VI
1 Cooperative zootecniche: Alessandria: 18; Asti: 6; Cuneo: 42; Novara: 6; Torino:
11; Vercelli: 4; vedi Regione Piemonte (a cura), La cooperazione zootecnica in
Piemonte, in “Piemonte Agricoltura. Quaderno n. 3”, marzo 1983, p. 5.
2 Si veda a questo proposito: Ianniello Attilio, Cooperativa Agricola Buschese: un
ponte fra produttori e consumatori, Cuneo 2005, pp. 23-36.
3 Cfr: Gianti Silvano, Alpeggio, centro latte, cooperative e stalle sociali, in “La
Guida” n. 31 del 30 luglio 1982; Gianti Silvano, Cuneo: 40 stalle sociali
arricchiscono la zootecnia, in “La Guida” n. 45 del 25 novembre 1983.
4 Giovenale Gerbaudo in Gianti Silvano, Stalle sociali: per vivere sono nate le
cooperative, in “La Guida” n. 46 del 2 dicembre 1983.
5 Cfr. Redazionale, Non sempre la stalla fa ricco l’allevatore, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 20 – dicembre 1983.
6 Giovenale Gerbaudo: «Ora la nostra Organizzazione [Confcooperative, nda.] non
è più disponibile a farsi carico degli altrui errori, in nome della salvaguardia
dell’immagine complessiva della Cooperazione pertanto chiede da un lato un
coinvolgimento effettivo nelle iniziative che la Regione intende finanziare, e
dall’altro l’adozione di criteri selettivi per valutare le cooperative», in Convegno
regionale – Cuneo 26 novembre 1983: “Le stalle sociali in Piemonte: esperienze e
prospettive”, relazione del Presidente dell’Unione Regionale piemontese della
Cooperazione Sig. Giovenale Gerbaudo. Archivio Confcoop. Cuneo.
7 Così si espresse l’ing. Renato Bressan, Presidente dell’Ente di Sviluppo Agricolo
del Piemonte (Esap), in Esap (a cura), Le stalle sociali in Piemonte, Torino, 1989, p.
11.
8 Idem.
9 Il 3 febbraio 1979 davanti al Notaio Raffaello Di Girolamo, in Boves, 12 soci
costituirono la Cooperativa Agricola Stalla Sociale Robilante (Cassr). Tra questi
ultimi vi era anche don Domenico Basano, parroco della Parrocchia di San Donato
di Robilante; cfr. Cassr, Atto Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
10 Vallauri Tarcisio, intervista del 14 maggio 2003, Robilante. Tarcisio Vallauri è
Segretario della Cooperativa fin dalla costituzione.
11 In particolare con la Cooperativa Agricola Buschese.
79

12 Vallauri Tarcisio, intervista citata.
13 Cfr. Redazionale, Costituita l’Associazione produttori Zootecnici, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 12 – luglio 1977.
14 Il 6 settembre 1974 davanti al Notaio Carlo Alberto Parola, in Busca, 15 Soci
costituirono la Cooperativa Agricola Buschese (Cab). Primo Presidente fu Giacomo
Mattiauda, vice Presidente Angelo Rosso; cfr. Cab, Atto Costitutivo, Archivio
Confcoop. Cuneo.
15 Il 28 novembre 1974 davanti al Notaio Renato Bertelli, in Santo Stefano Belbo, 17
Soci costituirono la Cooperativa Carni Vallebelbo (Ccv). Primo Presidente fu
Giuseppe Bernengo, vice Presidente Marco Vogliotti; cfr. Ccv, Atto Costitutivo,
Archivio Confcoop. Cuneo.
16 Angelo Rosso in Ianniello Attilio, Cooperativa Agricola Buschese: un ponte fra
produttori e consumatori, Cuneo, 2005, p. 47. Angelo Rosso è attualmente il
Presidente della Cooperativa.
17 Per un profilo del prof. Cerruti, fondatore della Cantina Sociale del Dolcetto e del
Moscato di Cossano Belbo e leader del Partito dei Contadini, si veda Ianniello
Attilio, Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1945..., Madonna dell’Olmo,
2004, pp. 101-107.
18 Vedi Redazionale, Associati in cooperativa gli allevatori di Cossano, in “Gazzetta
del Popolo” del 15 marzo 1978. Marco Vogliotti era allora il Presidente della
Cooperativa; cfr. Redazionale, Le dieci candeline della “Vallebelbo”, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 11 – giugno 1987; Redazionale, La carne “made in
Cossano”, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 2 – gennaio 1989; Redazionale, Carni
Vallebelbo: un esempio di perfetta integrazione, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 8 –
maggio 1994.
19 Il 24 dicembre 1981 davanti al Notaio Aldo Saroldi, in Cuneo presso la sede
dell’Apa, 16 Soci costituirono la Cooperativa Commercializzazione Prodotti
Allevamenti (Compral). Primo Presidente fu Guido Brondelli di Brondello, vice
Presidente Giovanni Cagnassi; cfr. Compral, Atto Costitutivo, Archivio Confcoop.
Cuneo. Cfr. Redazionale, La Compral: braccio commerciale dell’Apa, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 6 – marzo 1989.
20 Cfr. Redazionale, Compral: annata ok, fatturato raddoppiato, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 22 – dicembre 1987; Redazionale, Compral 1987: il giro d’affari ha
superato il miliardo, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 10 – maggio 1988; Redazionale,
80

Nel ’97 il fatturato Compral è aumentato del 69%, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 10
– maggio 1998.
21 Gabetti Carlo, Intervista del 27 maggio 2003, Dogliani; cfr. Redazionale,
Bovinlanga va a gonfie vele, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 3 – febbraio 1993.
22 Il 25 settembre 1991 davanti al Notaio Annamaria Ghiberti, in Dogliani, 14 Soci
costituirono la Cooperativa Produttori Carni Piemontesi Garantite del Doglianese,
Bovinlanga. Primo Presidente fu eletto Carlo Gabetti, vice Presidente Francesco
Ballauri; cfr Bovinlanga, Atto Costitutivo. Archivio Confcoop. Cuneo.
23 Cfr. Redazionale, A Mondovì una nuova cooperativa, in “Il Coltivatore Cuneese”
n. 5 – maggio 1993; Redazionale, Fattorie Monregalesi: dal produttore al
consumatore, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 13 – luglio 1993.
24 Il 10 settembre 1992 davanti al Notaio Giovanni Maccagno, in Mondovì, 10 Soci
costituivano la Cooperativa Fattorie Monregalesi (Cfm). Primo Presidente fu
Francesco Merlatti, vice Presidente Guido Cappellino; cfr. Cfm, Atto Costitutivo,
Archivio Confcoop. Cuneo.
25 Chi parla è Francesco Merlatti in Redazionale, Vendita diretta di carni garantite,
in “Il Coltivatore Cuneese” n. 22 – dicembre 1992.
26 «Il fatto che molte cooperative sono nate negli ultimi anni per iniziativa
soprattutto di giovani mi fa ben sperare nel futuro delle nostre campagne», Trafôi,
L’unione fa la forza, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 8 – aprile 1997.
27 Cfr. Redazionale, Niente crolli vendite, neanche quest’estate con “mucca pazza”,
in “Il Coltivatore Cuneese” n. 4 febbraio 1997.
28 Giorgio Marega: «La Cooperativa Buschese ha rappresentato, insieme ad altre
cooperative come la “Fattorie Monregalesi”di Mondovì, la “Bovinlanga” di
Dogliani, la “Piemonteisa” di Bra, la “Compral” di Cuneo, la “Carni Valle Belbo”
di Cossano Belbo e il “Frutto permesso” di Bibiana, lo zoccolo duro su cui il Coalvi
poteva contare nei momenti di difficoltà o di lancio di nuove iniziative
commerciali…», Marega Giorgio, intervista del 12 ottobre 2004, Madonna
dell’Olmo – Cuneo. Il dott. Giorgio Marega, nato a Torino nel 1962, entrò
nell’organizzazione del Coalvi nel 1988 come agronomo. Nel 1989 fu incaricato di
occuparsi del settore della comunicazione e della pubblicità. Nel 1990 poi viene
nominato Direttore, carica che ricopre tuttora. Per sei anni ha fatto anche parte del
Consiglio di Amministrazione dell’European Quality Beef.
81

29 Cfr. Delfino Francesco, Consorzio di Allevatori (Co.Al.Vi.), in “Il Coltivatore
Cuneese n. 17 – ottobre 1981.
30 Redazionale, Un’occasione da non perdere: il Coalvi, in “Il Coltivatore Cuneese”
n. 19 – ottobre 1984.
31 Cfr. Redazionale, Un marchio per mangiare meglio, in “La Stampa” del 7
dicembre 1995; redazionale, Consorzio Coalvi, la forza di un’idea, in “La Stampa”
del 14 gennaio 1997; Redazionale, Il vitello a controllo elettronico, in “La Stampa”
del 14 gennaio 1997; Coalvi, Disciplinare di etichettatura carne bovina etichettata
dal consorzio di Tutela della razza Piemontese, in “Oro Rosso” n. 1 –dicembre
2002: Coalvi, Protocollo di produzione del Consorzio di Tutela della razza
Piemontese, in “Oro Rosso” n. 1 – maggio 2004.
32 Marega Giorgio, intervista citata.
33 Brignone Antonio, intervista del 22 maggio 2003, Demonte. Antonio Brignone è il
Tecnico Agrario della Comunità Montana Valle Stura.
34 Cfr. Redazionale, La Valle Stura rilancia la pecora di razza sambucana, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 20 – novembre 1986. In questa prima ricerca si
selezionarono 150 capi per la riproduzione.
35 Brignone Antonio, intervista citata. Promuovere la Sambucana serviva, nelle
intenzioni della Comunità Montana, a far rimanere in valle giovani allevatori:
«Almeno 80 aziende a conduzione familiare sono impegnate nell’allevamento ovino
e altre potrebbero seguire questo esempio. Promuovere questo genere di attività
significa fermare in valle nuove generazioni di allevatori. È chiaro però che metodi
moderni di selezione e commercializzazione dovranno subentrare a quelli di un
tempo. È in questa direzione che dovremo lavorare», Livio Quaranta, Presidente
della Comunità Montana Valle Stura, in Redazionale, In mostra la pecora di razza
Sambucana, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 19 – ottobre 1987.
36 Brignone Antonio, intervista citata.
37 Chi parla è Magno Porracchia, Presidente del consorzio in C. Mt., Prosegue
l’opera di recupero della pecora Sambucana, in “La Guida” n. 7 del 17 febbraio
1989; Redazionale, Cresce l’interesse per la Sambucana, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 20 – novembre 1989.
38 Cfr. Redazionale, Una razza pregiata con carne a denominazione di origine, in
“La Guida” n. 42 del 6 novembre 1992; Redazionale, Ora l’agnello sambucano è
garantito dal marchio, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 21 – novembre 1992.
82

39 Il 20 ottobre 1990 davanti al Notaio Franco Bollati, in Cuneo, 9 Soci costituirono
la Cooperativa Agricola Lou Barmaset. Primo Presidente Mauro Arneodo, vice
Presidente Giovanni Giordano. La comunità Montana era rappresentata dal
Presidente del Collegio Sindacale: Stefano Martini. Lou Barmaset, Atto Costitutivo,
Archivio Confcoop. Cuneo. Barmaset in occitano significa roccia che serve da
riparo.
40 Brignone Antonio, intervista citata.
41 Martini Stefano, intervista del 22 maggio 2003, Demonte. Stefano Martini si
occupa di attività turistico culturali per la Comunità Montana Valle Stura.
42 Lou Barmaset, Atto Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
83

VII
La via lattea
Essere socio di una cooperativa significa scegliere un
modello di democrazia economica a cui possono
accedere, in veste imprenditoriale, anche quelle fasce di
cittadini che altrimenti sarebbero esclusi dalle rigide
regole di mercato. Le cooperative producono reddito e
creano occupazione agendo anche in quelle aree ignorate
dalle grandi multinazionali, penalizzate dalle scelte dei
più potenti ed altrimenti destinate al declino.
Tommaso Mario Abrate.
Quelle meravigliose giornate tra Natale e San Silvestro del 1981.
La nostra Provincia ha sempre vantato una buona produzione di latte e nel
corso del tempo ha conosciuto anche significative esperienze
cooperativistiche nel settore lattiero caseario, dalle prime latterie sociali 1 ai
due grandi e importanti caseifici cooperativi: il “Valle Stura” di Demonte e il
“Valle Josina” di Peveragno.
Nella seconda metà degli anni Settanta nella pianura cuneese si ripresentò 2 la
necessità di creare una cooperativa che radunasse i produttori di latte intorno
ad un importante progetto: superare il tradizionale mercato del loro prodotto.
Infatti quest’ultimo era controllato da un limitato gruppo di imprese private 3
che riuscivano a farsi vendere il latte a condizioni assolutamente non
remunerative per i produttori.
«Verso la fine degli anni Settanta», dice Tommaso Mario Abrate 4 , «da
un’intesa tra l’Associazione provinciale allevatori (Apa) di Cuneo, la
Coldiretti e la Confagricoltura nacque la volontà di promuovere una
cooperativa che assolvesse in pianura il compito che in montagna
svolgevano i caseifici “Valle Stura” e “Valle Josina”. Infatti negli ultimi
anni, anche a causa della crisi del mercato della carne, gli allevamenti si
andavano trasformando; dai bovini di razza piemontese si passava a quelli
84

di razza frisona e bruna incrementando la produzione di latte». Dopo alcuni
anni dedicati ad uno studio di fattibilità e dopo aver superato non poche
diffidenze dovute anche al precedente fallimento della cooperativa Cuneo
Latte, finalmente il 6 marzo 1981 fu costituita la Cooperativa Piemonte
Latte 5 per «la raccolta, conservazione, trasformazione e
commercializzazione del latte e suoi derivati conferiti dai soci» 6 .
Furono 13 i soci irriducibili 7 che nelle giornate tra Natale e San Silvestro del
1981 programmarono freneticamente per il 1° gennaio 1982 l’inizio delle
attività della cooperativa: «Dal 1° gennaio 1982 anche la “Piemonte Latte”
ha iniziato la raccolta del latte dei soci, convogliandolo verso caseifici
cooperativi della zona... Sono per il momento, giornalmente, due le cisterne
di latte che escono dal mercato tradizionale e che da un lato aggiungono un
altro punto fermo nel processo di autogestione produttivo e dall’altro
contribuiscono a sollevare la situazione del mercato del latte in Provincia». 8
La cooperativa, nonostante le difficoltà dovute anche all’ostilità nei
confronti di questa iniziativa manifestata dalle industrie lattiero casearie
private che operavano sul territorio provinciale, fu aiutata a sopravvivere da
altre realtà cooperativistiche, tra cui la “Valle Josina” di Peveragno e la
Produttori Latte di Carmagnola, e dalla Polenghi Lombardo che allora faceva
capo alla Federconsorzi.
La vera svolta però ci fu a metà anni Ottanta. Il Presidente della Piemonte
Latte, Tommaso Abrate, era in quegli anni membro del Consiglio Nazionale
della Federlatte e partecipò alla costituzione della Cooperlat di Jesi, una
cooperativa nata per acquisire una struttura produttiva allora in vendita, la
“Tre Valli”, che trasformava il latte in panna, budini, dolci ecc. con una
buona redditività. Inoltre la neonata Cooperlat nasceva in una zona a scarsa
vocazione lattiera per cui si prospettavano significative sinergie tra la
cooperativa di Jesi e la Piemonte Latte.
«Nel 1985 inizia a lavorare la Cooperlat, e la Piemonte Latte entra tra i
primi soci conferitori con un quantitativo interessante di latte», ricorda
Abrate. «Quello fu il momento di vero decollo della nostra cooperativa. La
Piemonte Latte che dai 13 Soci iniziali era passata a 40, in pochi anni
raggiungerà i 180 Soci. Inoltre anche la produzione aumentò in modo
significativo passando dai 200 quintali di prodotto al giorno a 700 quintali
con la sicurezza di avere un cliente certo, che ritirava tutta la nostra
produzione e che pagava il prezzo migliore sul mercato. Quegli anni sono
stati esaltanti perché ci hanno consentito di coprire alcuni problemi di
ordine finanziario generati all’inizio e di studiare l’ipotesi di un nuovo
stabilimento». 9 Infatti la Piemonte Latte era ubicata nel Centro polivalente di
85

Cussanio ma la struttura adatta a piccoli volumi di prodotto incominciava ad
essere insufficiente per la cooperativa che individuò nel Comune di
Savigliano il terreno per costruire la nuova sede. Nella seconda metà degli
anni Novanta quindi la Piemonte Latte si trasferisce nella nuova sede.
«Con un finanziamento da parte del Ministero dell’Agricoltura e soprattutto
con una consistente quota di autofinanziamento dei soci stessi, oltre un
miliardo e trecento milioni di vecchie lire, creiamo questa moderna struttura
con impianti di trattamento e stoccaggio del latte di assoluta avanguardia.
Oltre agli uffici, abbiamo investito sulle cosiddette aree sociali, quali sale
per riunioni ed assemblee capienti e dotate di moderni mezzi audiovisivi.
Queste ultime sono per noi importanti perché siamo soliti fare ogni anno sei
o sette assemblee dei soci in cui, oltre al confronto sulla gestione della
cooperativa, informiamo su quelle che sono le normative nazionali e
comunitarie del settore». 10
Attualmente la Piemonte latte, con una base sociale di circa 300 soci e una
produzione di 1500 quintali di latte al giorno, è un valido esempio di come la
«cooperazione nei contesti più deboli e competitivi riesce a realizzare
coniugando efficienza e mutualità risultati di gran lunga superiori a quelli di
grandi e blasonate imprese industriali». 11
Il futuro della montagna.
Gian Romolo Bignami presentando il disegno di legge sulla montagna del
sen. Natale Carlotto e dell’on. Giovanna Tealdi così, nel 1991, si esprimeva:
«Si badi bene che il domani della montagna vuol dire equilibrato sviluppo
del Paese nella sua interezza, senza squilibri territoriali, uso razionale delle
risorse, il tutto visto in un’Europa vera, non quella degli interessi dei più
forti e delle holding economiche, ma dei popoli uniti, liberi però nella loro
autonomia... Luigi Einaudi diceva che ad ogni generazione vi sono degli
uomini che guardano verso nuove frontiere; quella di rendere giustizia alla
montagna, su un piamo di parità economica e sociale, riconoscendo le sue
“diversita”, è senz’altro una delle “nuove frontiere” che sono assegnate a
queste generazioni». 12
Senza dubbio anche la cooperazione ha contribuito in modo importante alle
occasioni di rinascita di molte vallate alpine della nostra provincia. Ad Elva,
per esempio, tra i pascoli che circondano la chiesa parrocchiale, celebre per
gli affreschi di Hans Clemer, nel 1988 è nato un caseificio cooperativo. 13
86

«Quando sono venuta a vivere a Elva», racconta Laura Lacopo, 14 «il latte
che producevamo veniva portato a valle con un furgoncino messo a
disposizione dalla Comunità Montana; il costo di questo trasporto era alto e
in più d’inverno la strada non sempre era percorribile. Per questo quando il
furgoncino smise di funzionare il Presidente della Comunità Montana della
Valle Maira, Ermanno Bressy, incominciò a dire: “Perché non proviamo a
fare un caseificio? Potremmo fare un laboratorio, provare a lavorare il latte
sul posto”». La Comunità Montana si attivò per poter realizzare il progetto e
mandò un casaro a seguire un corso di perfezionamento presso il Consorzio
“Vittorino Vezzani” di Sauze d’Oulx. 15 Inizia così, in via sperimentale, in
due stanze sotto il Municipio di Elva l’attività di questa cooperativa
montana.
Nel 1991 con la costruzione della nuova sede, con annesso un punto vendita,
a pochi passi dal centro del paese e con l’acquisto di macchinari necessari ad
un ottimale funzionamento del caseificio inizia la produzione vera e propria.
«La scelta cooperativa ci ha permesso di dare una risposta concreta al
problema di come collocare il nostro latte. I risultati sono lusinghieri anche
perché siamo riusciti ad arginare quello che, a parer mio, è il vero dramma
dell’agricoltura: lasciare che il ricavo derivante dalla vendita dei prodotti
vada ad arricchire chi si occupa solo della parte commerciale». 16 La strada
scelta dal piccolo gruppo di elvesi guidati dalla tenace presidente Lacopo
non è sempre stata facile. Durante il cammino qualche socio ha perso
l’entusiasmo e si è messo da parte. Chi è rimasto è contento di ciò che ha
realizzato: «Oggi seppur tra mille difficoltà siamo orgogliosi di quella scelta
che ci ha permesso di continuare il nostro lavoro e non abbandonare questi
luoghi che, seppur emarginati, sono più che mai unici». 17 Il caseificio offre
al visitatore alcune specialità tra cui il “Casaelva”, nostrale stagionato, e il
“Tumo pastà”. 18
Anche a Frabosa Soprana l’amore per la montagna di alcuni allevatori ha
permesso la creazione di un caseificio cooperativo rinomato soprattutto per
la sua produzione di formaggio Raschera d’alpeggio.
«L’idea di fare una cooperativa è nata quasi per caso» dice Giovanni
Siccardi, 19 «infatti una sera sono stato invitato ad un incontro organizzato a
Roccaforte Mondovì. Il tema della serata era proprio quello di promuovere
una cooperativa per migliorare la situazione generale degli agricoltori delle
nostre vallate». Questa iniziativa 20 era fortemente voluta e sostenuta dal dott.
Aldo Fraire della Comunità Montana Valli Monregalesi e da un funzionario
della Regione Piemonte Giovanni Massimino. Siccardi ed altri otto soci
crederanno in questa opportunità e daranno vita alla Cooperativa “Le Valli
87

Monregalesi” 21 con sede a Roccaforte Mondovì. Tutto sembrava partire nel
migliore dei modi ma ben presto ci si accorse che non sussistevano le
condizioni per avviare l’attività in quel Comune della Vall’Ellero. Siccardi
non si diede per vinto, interpellò il Sindaco di Frabosa Soprana, il dott.
Guido Caramello, che si rese disponibile nel cercare una soluzione positiva
per la cooperativa.
«Abbiamo cambiato nome alla società chiamandola Cooperativa agricola
Frabosa Soprana, abbiamo raccolto intorno a questo progetto una ventina
di soci e», continua Giovanni Siccardi, « abbiamo individuato il terreno
dove adesso sorge la nostra sede e il punto vendita, entrambe di proprietà
del Comune mentre le attrezzature sono della Cooperativa, ed abbiamo
iniziato a produrre il Raschera che possiamo chiamare “d’alpeggio”,
perché il nostro caseificio è situato oltre i 900 metri d’altitudine e i nostri
soci hanno le vacche di razza idonea a questo tipo di produzione». 22
Lo scoglio più grosso che la cooperativa ha dovuto affrontare è stato il
pagamento dei macchinari. Per superare questo ostacolo ci si avvalse anche
dell’aiuto di un socio sovventore 23 con il quale la cooperativa ha mantenuto
negli anni un ottimo rapporto, così come è sempre stata estremamente
positiva la collaborazione con altre realtà cooperative quali la “Piemonte
Latte” e il caseificio “Valle Josina”.
Anche un altro grande formaggio dop, il Castelmagno, verrà prodotto da una
cooperativa 24 di Pradleves, costituita nel 2000 da nove agricoltori e dalla
Comunità Montana Valle Grana nella figura del suo Presidente il dott.
Alessandro Verardo.
Anche questa iniziativa rientra nel grande progetto di dare un futuro alla
montagna, a chi vi abita e l’ama, e nasce proprio in una valle dalla secolare
tradizione cooperativistica. Infatti oltre alla già citata latteria sociale di
Valgrana del 1904, proprio a Pradleves il 15 ottobre 1927 fu firmato l’Atto
Costitutivo del Caseificio Sociale di Castelmagno che operò per qualche
anno in un fabbricato di Chiappi. 25
88

Note al Capitolo VII
1 Tra queste citiamo la Latteria cooperativa “Valgranese” di Valgrana, costituita nel
1904, con 66 soci, la Latteria sociale di Villanova Mondovì, costituita nel 1907, con
314 soci e la Latteria sociale di Morozzo, costituita nel 1911, con 17 soci.
2 Ci fu un tentativo voluto dalla Coldiretti cuneese di creare una cooperativa lattiero
casearia in pianura già negli anni Sessanta; infatti il 2 marzo 1962 fu costituita a
Savigliano la Cooperativa Provinciale Produttori Latte “Cuneo Latte”, che però non
riuscì a decollare anche per la tenace opposizione delle industrie lattiero caseario
private presenti nel territorio.
3 Per esempio cfr. Garavagno Romolo, Associarsi per resistere ai ricatti
dell’industria, in “Gazzetta del Popolo” del 8 gennaio 1978; Redazionale, Latte,
l’obiettivo è la cooperazione, in inserto “Speciale Piemonte” 1981 della “Gazzetta
del Popolo”, p. 12.
4 Abrate Tommaso Mario, intervista del 11 agosto 2005, Savigliano.
Tommaso Mario Abrate, nato a Genola il 15 agosto 1951, è un imprenditore
agricolo fortemente impegnato nel mondo cooperativo. Fin da bambino sentì parlare
di cooperazione in quanto il padre Michele Abrate (1916-1975) fu tra i soci
fondatori della Cooperativa Cuneo Carni di Fossano e Sacoop di Savigliano oltre
che fondatore e vice Presidente dell’Apa di Cuneo e dell’Anaborapi. Nel 1981 viene
eletto Presidente della Cooperativa Piemonte Latte, carica che riveste tuttora. Nel
1984 entra nel Consiglio Nazionale della Federlatte di Confcooperative e nel 1990
ne diviene Presidente (Redazionale, La Federlatte cambia Presidente, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 15 – agosto 1990). «In quegli anni», racconta Abrate, «ho
contribuito alla costituzione di Unalat (Unione associazioni produttori latte) in
quanto ero Presidente dell’Asprolat. All’interno di quest’ultima ho costituito,
divenendone Presidente, l’associazione Assopiemonte Dop e Igp che raccoglie i
Consorzi di tutela dei sei formaggi Dop piemontesi: Bra, Castelmagno, Murazzano,
Raschera, Roccaverano, Toma piemontese. Volevamo trasformare modeste nicchie
produttive in autentici fatti di mercato e penso che ci siamo riusciti». Negli anni
Novanta Abrate entra a far parte del Copa-Cogeca un organismo di cordinamento
delle organizzazioni sindacali agricole (Copa) e cooperative (Cogeca) dell’Unione
Europea a Bruxelles, dove costituisce una cooperativa di servizi e di informazioni, la
“Euro Consulting”, che facilita i rapporti tra singole cooperative e la Comunità
Europea. Presidente della Federagri regionale piemontese, Abrate è anche membro
del Consiglio Nazionale di Confcooperative. Nel 1998 promuove la nascita
dell’Istituto Nord Ovest Qualità (Inoq), una cooperativa (la prima di questo tipo in
Italia), nata per «garantire i consumatori sull’origine e la qualità dei prodotti
commercializzati, attraverso controlli efficaci, svolti da un organismo imparziale,
89

competente ed autonomo dal punto di vista economico» (Abrate in Redazionale,
Nasce l’Istituto Nord Ovest Qualità, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 20 – novembre
1998). Tommaso Mario Abrate è membro di Consigli di Amministrazione di
numerose cooperative e associazioni legate al mondo agricolo, a specifici ruoli di
valorizzazione del territorio e ad ideali di ispirazione sociale cristiana.
5 Il 6 marzo 1981 davanti al Notaio Franco Bollati 29 soci firmarono l’Atto
costitutivo ed elessero come Presidente Tommaso Mario Abrate e come vice
presidente Andrea Ballari. Di questi 29 soci iniziali però ne rimasero solo 13 quando
la cooperativa iniziò ad operare concretamente.
6 Piemonte Latte, Atto Costitutivo, Archivio Piemonte Latte.
7 Abrate Tommaso Mario: intervista citata: «Abbiamo iniziato a conferire il latte in
tredici soci, numero che riportiamo ancora sul nostro logo aziendale. Infatti ci sono
le tredici sbarrette che indicano i tredici soci fondatori».
8 Vedi redazionale, Inizia l’attività la “Piemonte Latte”, in “Il Coltivatore Cuneese”
n. 1 – gennaio 1982.
9 Abrate Tommaso Mario, intervista citata.
10 Idem.
11 Vedi Forneris Emanuela, Senza cooperazione non c’è storia, in “Il Saviglianese”
del 9 maggio 2002.
12 Bignami Gian Romolo, Impegno e concretezza, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 10
– maggio 1991; la legge sulla montagna di Carlotto –Tealdi verrà approvata nel
1994: cfr. Redazionale, La legge sulla montagna è nata nel Cuneese, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 2 – gennaio 1994; Redazionale, Legge sulla montagna:
un’occasione di rinascita, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 10 – giugno 1994; Durando
Carlo, Valorizzazione della montagna, in “Confcooperative Piemonte” n. 2 – marzoaprile
1991.
13 Il 4 settembre 1988 davanti al Notaio Ivo Grosso, dieci soci costituiscono il
Caseificio Cooperativo Elvese. Primo Presidente è nominata Laura Lacopo e vice
Presidente Vincenzo Mattalia.
14 Lacopo Laura, intervista del 3 giugno 2003, Elva.
15 Cfr. Beltramo Marilena, Ad Elva un caseificio per la lavorazione del latte, in “La
Guida” n. 12 del 24 marzo 1989.
90

16 Laura Lacopo in Redazionale, Per la montagna forse non è troppo tardi, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 7 – aprile 1998.
17 Idem; cfr. Lacopo Laura, intervista citata.
18 Cfr. Bois Mario, Antiche bontà d’Elva, in “Dalle Terre Occitane” n. 5 – giugno
2005.
19 Siccardi Giovanni, intervista del 8 agosto 2005.
Giovanni Siccardi, nato a Mondovì il 16 settembre 1955, è stato fino agli anni
Novanta impegnato in attività sportive sulla neve e sui ghiacciai, maestro di sci e
allenatore di squadre anche a livello importante. Vissuto per un lungo periodo in
Francia, ha la possibilità di vedere e conoscere giovani agricoltori che anche ad alta
quota utilizzavano mezzi tecnici idonei ad una produzione qualificata di latte come
per esempio le macchine mungitrici. Tornato a Frabosa Soprana organizza una
propria azienda agricola con un allevamento iniziale di bovini di razza piemontese
per passare poi alle vacche brune alpine. Amante della montagna, Siccardi si
impegna in qualità di Presidente della Cooperativa Agricola Frabosa Soprana nel
contribuire alla rinascita economica e culturale delle sue valli. Da pochi mesi
Giovanni Siccardi è diventato Presidente dell’Assopiemonte Dop e Igp
(Redazionale, Siccardi eletto nuovo presidente Assopiemonte Dop e Igp, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 12 – giugno 2005), responsabilità che assomma a quella
della Presidenza del Consorzio di Tutela del Raschera.
20 Una simile iniziativa era già stata promossa alla fine degli anni Settanta: cfr.
Garavagno Romolo, Raccolta del latte, nasce la cooperativa. L’iniziativa a
Roccaforte, in “Gazzetta del Popolo” del 19 settembre 1979, Redazionale, Allevatori
in cooperativa per la raccolta del latte?, in “Gazzetta del Popolo” del 13 settembre
1979.
21 Il 15 novembre 1994 davanti al Notaio Maddalena Catalano, in Villanova
Mondovì, si costituì la cooperativa il cui primo Presidente fu Paolo Unia e vice
Presidenti Giovanni Siccardi e Piergiorgio Basso. La cooperativa aveva come scopo
quello della rinascita della montagna con interventi a 360 gradi sull’economia di
vallata: allevamenti, raccolta castagne e piccoli frutti, vendita latte, produzione
formaggio Raschera ecc.
22 Siccardi Giovanni, intervista citata.
23 Si tratta del caseificio Occelli di Farigliano.
91

24 La Cooperativa Produttori Alta Valle Grana. Il 27 ottobre 2000 davanti al Notaio
Aldo Congedo, in Cuneo, i soci costituirono la cooperativa col nome “Lou
Quistamagn” che poi trasformarono in “Produttori Alta Valle Grana”.
25 Cfr. Bignami Gian Romolo, Un’iniziativa cooperativistica: il Caseificio di
Castelmagno, in “La Guida” n. 20 del 19 maggio 1995.
92

Aspettando la Littorina.
VIII
Un lavoro per l’uomo
Un’esperienza cooperativa muove da un
gusto, da un appetito, da un piacere di
creare; e di creare, l’un dentro l’altro, un
gruppo, un’impresa, dei posti di lavoro...
Henri Desroche
L’8 novembre del 1937 fu inaugurato a Cuneo il grande complesso della
Stazione ferroviaria e del faro al centro del piazzale antistante. Alcune
settimane dopo fu costituita la Cooperativa Fattorini 1 «avente per scopo di
assumere dalla ferrovia dello Stato il servizio di carico, scarico e trasporto
di bagagli e merci, di fare il servizio di presa e consegna dei bagagli a
domicilio, in genere di assumere tutti quei lavori e servizi che vengono
compiuti nella nuova Stazione ferroviaria di Cuneo e presso Enti
congeneri». 2 I primi anni non furono certo facili e addirittura la Cooperativa
dal 1944 per alcuni anni stentò a pagare i soci lavoratori poiché i tedeschi in
ritirata avevano sabotato il ponte Soleri, bloccando di fatto il transito di treni
alla Stazione di Cuneo. Ripristinata la circolazione ferroviaria nel 1948, la
“Fattorini” riprese il lavoro e nei decenni successivi conquistò ottime
posizioni sia dal punto di vista economico che di riconoscimento per la
qualità del lavoro svolto.
«La cooperativa crescendo ha dato un’immagine di professionalità che è
rimasta, anzi si è ampliata nel tempo», dice Luciana Ferrino. 3 «Questo ha
permesso in seguito di eseguire lavori di grande responsabilità quali
traslochi e sistemazioni di archivi di vari Enti pubblici e privati».
Nel 1979 la Società estende la sua attività anche alla Stazione ferroviaria di
Limone, modificando la propria denominazione in Cooperativa Fattorini
Stazioni Ferroviarie Cuneo e Limone. 4 Una tappa importante fu anche nel
1988 il rilevamento del servizio di spedizioni e carrellamento dalla ditta
93

Milano Trasporti: «In quell’occasione il parco veicolare della Cooperativa,
che in precedenza era di tre furgoni, si è accresciuto notevolmente
arrivando a sei macchine trainanti con sette rimorchi per trasporto merci». 5
Artefice di questo riuscito passaggio fu il Presidente Domenico Cavallo 6 che
di fronte ad una riduzione continua da parte dell’Ente Ferrovia del
corrispettivo per i servizi prestati iniziò a diversificare le attività della
Società partecipando agli appalti per traslochi presso Poste, Prefettura,
Banche ed altri uffici pubblici e privati.
«Ho incominciato il mio lavoro presso la cooperativa il 1° giugno del
1970», racconta Giulio Caula. 7 «Il lavoro mi piaceva anche se a volte era
duro come quando si dovevano scaricare interi vagoni di carbone e si
arrivava a casa neri di polvere. Non si faceva mai la stessa cosa, un giorno
si puliva la stazione, un altro si faceva il turno dello scarico e carico
bagagli, un altro ancora si andava a portare un pacco a domicilio, si
prendeva l’Ape e si andava a fare le consegne in Cuneo, ricordo ancora la
tariffa, trecento lire a pacco». Progressivamente però i servizi diminuivano
di anno in anno. Incominciò, per legge, a cessare il trasporto del bestiame 8 e
poi via via sempre più merce abbandonava la rotaia a favore del trasporto su
gomma.
«Abbiamo cominciato quindi con piccoli lavori di trasloco», ricorda Caula.
«Prima qualche mobile, poi alloggi completi... il primo grande lavoro che
abbiamo preso è stato il trasloco del Provveditorato agli Studi che è durato
quindici giorni, mi ricordo che era agosto perché così gli impiegati erano
tutti in ferie». 9
Quando agli inizi degli anni duemila la Cooperativa perse l’appalto con
l’Ente Ferrovie non si trovò impreparata: «Oggi persi i servizi presso la
Stazione ci dedichiamo solo più ai traslochi Le prospettive per il futuro sono
buone, certamente è un lavoro faticoso però c’è la soddisfazione che di
lavoro ce n’è ed è tanta la gente che ci cerca». 10
La fabbrica della partecipazione.
«Il continuo aumento del numero dei “disoccupati tecnologici” ha fatto di
recente scoprire l’importanza che le cooperative di produzione possono
assumere nel recupero di patrimoni professionali che andrebbero altrimenti
dispersi»: così nel dicembre 1984 si esprimeva il Presidente Giovenale
Gerbaudo in una lettera di invito ad un convegno 11 sulla “Nuova Lamital”.
La crisi del sistema industriale che aveva colpito tra la fine degli anni
settanta e l’inizio degli anni Ottanta il Torinese 12 interessava ormai anche la
94

nostra provincia con cassa integrazione, calo dell’occupazione e chiusura di
attività. In questo contesto ci furono in provincia alcune esperienze di
autogestione cooperativa delle aziende da parte degli operai: «Le cosiddette
“cooperative ereditarie”, quelle sorte cioè da liquidazioni di preesistenti
imprese, ereditandone assieme a quel poco di positivo che ancora sussisteva
parecchio del negativo che aveva determinato la crisi irreversibile, proprio
per la loro natura di cooperative possono effettivamente svolgere un ruolo
significativo nella salvaguardia, sia pure parziale, di determinati livelli
occupazionali». 13 Tra queste si poteva trovare la già citata “Nuova Lamital”,
un’industria di laminati plastici di Tetto Chiotto nel comune di Centallo.
Messa in liquidazione dai proprietari nell’ottobre del 1983, ai 74 lavoratori
non restava che la prospettiva della cassa integrazione e poi il licenziamento.
Trentasei operai però decisero di autogestire la fabbrica attraverso la forma
cooperativa 14 imitando un’analoga esperienza sorta a Vigevano. Giuliano
Missi, Giulio Cesana e Michele Ricca, tre soci fondatori, così presentavano
la loro iniziativa: «Tre motivi ci hanno spinto a intraprendere questa strada,
a rinunciare allo stipendio garantito dalla cassa integrazione e a cercare
un’altra occupazione: 1) il non voler lasciar perdere anni di lavoro, di
esperienze maturate nel settore; 2) il positivo esempio di Vigevano; 3) la
convinzione di essere capaci di portare avanti l’azienda». 15 Nel 1986 a
seguito della crisi delle Ceramiche Benesi si costituiva la Cooperativa “La
Benesi”, 16 con 32 dipendenti e con una produzione di piastrelle di alta
qualità sia per il mercato nazionale che estero. Oltre a queste, che
presentavano gia un fatturato interessante (per la Nuova Lamital si aggirava
sui 12 miliardi di lire e per La Benesi sui 6 miliardi), ve ne erano alcune di
dimensioni minori come la Fispas di Dronero, che produceva spaghi in fibra
naturale e naylon, la Iris di Levaldigi con indumenti da lavoro e da caccia e
pesca, la Coo-In di Bra, nata sulle ceneri della Marta s.p.a., con costumi da
bagno e biancheria intima, il Cravattificio Braidese di Bra, con le cravatte
ecc. 17
«Fu un periodo di intenso rapporto soprattutto col sindacato per trovare
nell’autogestione una forma di superamento di una crisi industriale che si
faceva pesante. Queste iniziative, che partirono con una forte fiducia da
parte degli operai, non riuscirono però a decollare. Maggior successo
ebbero quelle cooperative che nacquero quando alcune industrie private
stesse incominciarono a portare all’esterno parte delle mansioni interne,
soprattutto quelle più complementari quali la pulizia, la logistica,
l’imballaggio ecc.». 18
95

Lavorare e integrarsi attraverso la cooperazione.
Verso la metà degli anni Ottanta alcune industrie cuneesi sia del settore
metalmeccanico che agro-alimentare e dolciario avevano pensato di
affrontare la crisi economica congiunturale attraverso una delocalizzazione
soft che non implicasse lo spostamento in altri luoghi della produzione, ma
affidasse semplicemente alcuni servizi ad imprese esterne. Tra queste vi era
la Ferrero s.p.a. di Alba, la nota industria dolciaria: «La Ferrero fu una delle
prime industrie in provincia a capire che offrire i propri prodotti con una
linea di confezionamento degli stessi troppo standardizzata poteva portare a
rinunciare ad una loro crescita nella strategia di mercato», dice Mario
Cerigo. 19 «Inoltre una diversificazione nell’area di confezionamento che non
fosse legata al ciclo automatizzato dei suoi macchinari, fatta all’interno
delle strutture aziendali, avrebbe richiesto costi e spazi non indifferenti».
La Dirigenza della Ferrero chiese quindi ai Sindacati di ragionare intorno a
questo problema. All’inizio ci fu una certa diffidenza da parte dei
rappresentanti dei lavoratori poiché si temeva che il discorso del cedere
alcuni compiti a cooperative esterne fosse un cavallo di Troia con cui si
voleva far passare un ridimensionamento del personale interno se non
addirittura lo smantellamento di alcuni reparti:
«Il parere positivo venne quando ci si rese conto che la strategia
dell’innovazione nell’ambito del confezionamento apriva la strada a
prodotti nuovi per l’azienda e quindi non vi era nulla da temere riguardo i
livelli occupazionali». 20
Nascevano così nell’Albese una serie di cooperative inserite nell’attività di
servizi per la Ferrero e per altre realtà produttive albesi tra cui la Mondo
s.p.a. La loro funzione era soprattutto dare opportunità di lavoro a
disoccupati.
Una di queste era la Cooperativa Nuova Cesare Delpiano, 21 una società con
spiccata connotazione cislina, non solo nel nome; Delpiano era un
importante dirigente sindacale Cisl, ma anche come presenza effettiva tra i
soci costitutori e i sindaci di funzionari del sindacato cattolico.
Oltre a questa sorsero negli anni Ottanta la Cooperativa Espert, 22 la GTPM, 23
la LAR, 24 la Pulicenter 25 e la Lavoro del Roero, 26 solo per citarne alcune.
«Il punto di forza di queste cooperative è che danno lavoro garantendo,
come recitano molti statuti, “continuità d’occupazione lavorativa alle
migliori condizioni economiche, sociali e professionali”» dice Bruno Carli. 27
«Per garantire la qualità del lavoro e i lavoratori stessi abbiamo costituito
un Ente Bilaterale tra Confcooperative, Lega, Agci e Sindacati Confederali,
96

creando un osservatorio e firmando già nel 1996 un contratto specifico per
il settore confezionamento, il primo in Italia, che servirà da base per
ulteriori positivi traguardi».
In previsione della costituzione della Piattaforma logistica in provincia di
Cuneo, il settore della produzione lavoro ha dato vita ad un Consorzio,
Logis, 28 che fosse in grado di assicurare servizi di trasporto, gestione di
piattaforme logistiche, di confezionamento ed imballaggio, di assistenza
tecnica, di manutenzione, pulizia e raccolta differenziata, con un numero di
addetti che si avvicina alle 8mila unità.
Una novità di questi ultimi anni è che non solo tra i lavoratori delle
cooperative vi sono persone di nazionalità non italiana, ma alcuni stranieri
incominciano a costituire delle proprie cooperative. Tra queste troviamo
“Terra Doc” e “Macedonia”, 29 entrambe principalmente con servizi
all’agricoltura, soprattutto viticoltura. Sono piccole realtà che contribuiranno
a dare a Confcooperative un positivo aspetto di ecumenismo e
multiculturalità.
97

Note al Capitolo VIII
1 Il 29 novembre 1937 davanti al Notaio Andrea Bollati, nella sala d’aspetto di Terza
Classe della Nuova Stazione ferroviaria di Cuneo, 10 Soci costituirono la
Cooperativa Fattorini. Primo Presidente fu Giuseppe Pasero; cfr. Coop. Fattorini,
Atto costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
2 Idem.
3 Ferrino Lucia Anna (Luciana), intervista del 31 marzo 2003, Cuneo. Luciana
Ferrino è stata per molti anni impiegata della Confcooperative Cuneo ed ha seguito
la contabilità della Cooperativa condividendone i successi e i periodi meno buoni.
4 Cfr. Coop. Fattorini, Verbale Assemblea Straordinaria dei Soci del 23 agosto
1979, Archivio Coop. Fattorini.
5 Ferrino Lucia Anna (Luciana), intervista citata.
6 Domenico Cavallo fu Presidente dal 1983 al 2003, quando subentrerà l’attuale
Presidente Giulio Caula. Prima di lui furono Presidenti Giuseppe Pasero (1937-
1951), Francesco Giuliano (1951-1959), Armando Coppi (1959-1983).
7 Caula Giulio, intervista del 31 marzo 2003, Cuneo. Giulio Caula è l’attuale
Presidente della “Fattorini”.
8 Caula: «Si faceva la pulizia a venticinque, trenta carri bestiame al giorno»
9 Idem.
10 Idem.
11 Il 15 dicembre 1984 si tenne a Cuneo il convegno dal titolo: “Il ruolo della
cooperazione nella salvaguardia dei patrimoni professionali”, con la presentazione
della coop. “Nuova Lamital”.
12 Si pensi ai 23mila operai messi in cassa integrazione dalla Fiat nell’autunno del
1980, in seguito non reintegrati nel posto di lavoro.
13 Così scriveva Giovenale Gerbaudo nell’invito per il convegno sulla “Nuova
Lamital”, vedi nota 11.
14 Dieci di loro davanti al Notaio Aldo Saroldi, in Cuneo, costituiranno il 29
novembre 1983 la “Nuova Lamital”. Primo Presidente fu eletto Giuliano Missi, vice
98

Presidente Giulio Cesana; cfr. Nuova Lamital, Atto costitutivo, Archivio Confcoop.
Cuneo.
15 In Luciano Pier Paolo, L’azienda chiude? Gli operai si uniscono in una
cooperativa, in “La Guida” n. 7 del 17 febbraio 1984; cfr. anche Luciano Pier Paolo,
Gli operai salvano la fabbrica Lamital, in “La Guida” n. 49 del 21 dicembre 1984.
16 Il 15 maggio 1986 davanti al Notaio Fulvio Francoli, in Bene Vagienna frazione
Buretto, 12 Soci costituirono “La Benesi”. Primo Presidente fu eletto Pietro Gallo,
vice Presidente Silvano Quaglia; cfr. La Benesi, Atto costitutivo, Archivio
Confcoop. Cuneo.
17 Cfr. Benedetto Beppe, Centinaia di lavoratori occupati nelle cooperative, in “La
Guida” n. 46 del 25 novembre 1988.
18 Gerbaudo Giovenale, intervista del 25 luglio 2005, Cuneo.
19 Cerigo Mario, intervista del 30 giugno 2005, Monticello d’Alba. Mario Cerigo,
nato ad Asti il 6 luglio 1948, si trasferì ad Alba nel 1980 in qualità di Responsabile
territoriale della Cisl: «Fu un periodo molto interessante che durò fino all’inizio
degli anni Novanta», racconta Cerigo. «In quel periodo mi occupavo già di
cooperazione. Al di là dell’aspetto economico a me la cooperazione interessava
come laboratorio dove anche la classe lavoratrice poteva fare esperienza di
partecipazione alla gestione di un’impresa. In seguito mi occupai anche,
collaborando con Giampiero Porcheddu, del Ser.Con. (Servizi e consulenze del
Cenasca, [Centro nazionale per lo Sviluppo della Cooperazione e dell’Autogestione,
promosso dalla Cisl Nda]) che operava soprattutto per cooperative edilizie e
sociali». Attualmente tra gli altri incarichi Mario Cerigo ha assunto la Presidenza
della Cooperativa Nuova Cesare Delpiano e la Presidenza della Federlavoro
regionale di Confcooperative.
20 Cerigo Mario, intervista citata.
21 Il 30 maggio 1986 davanti al Notaio Stefano Zanardi, in Alba, 20 soci (tra cui 14
disoccupati), costituirono la Cooperativa Nuova Cesare Delpiano. Primo Presidente
fu eletto Piergiorgio Reggio.
22 Il 10 giugno 1981 davanti al Notaio Vincenzo Toppino, in Alba, 11 soci
costituivano la Cooperativa Espert. Primo Presidente fu eletta Margherita Artusio,
vice Presidente Mario Sammorì; cfr. Espert, Atto costitutivo, Archivio Confcoop.
Cuneo.
99

23 Il 2 ottobre 1985 davanti al Notaio Vincenzo Toppino, in Alba, 9 soci costituirono
la Cooperativa Cleaning Service. Primo Presidente fu eletto Guido Artusio, vice
Presidente Ida Moraglia. Nel 1986 la Coop. muta il nome in “Tecno Pull”. Essendo
deceduto nel giugno dell’86 l’ing. Pietro Malfatto, nel 1987 la Coop. cambia nome
in Gruppo Tecnico Pietro Malfatto. Nel 1993 ancora un cambiamento: mantenendo
intatta la sigla se ne cambia il significato in Gruppo Tecnico Produzioni Manuali
(queste informazioni sono state fornite da Marco Gallo, attuale Presidente della
Cooperativa)
24 Il 20 febbraio 1986 davanti al Notaio Stefano Gorino, in Alba, 9 Soci costituirono
la Cooperativa LAR. Primo Presidente fu eletto Stefano Scavino, vice Presidenti
Domenica Maina e Teresa Canonica. Cfr. LAR,, Atto costitutivo, Archivio
Confcoop. Cuneo.
25 L’11 febbraio 1987 davanti al Notaio Massimo Martinelli, in Fossano, 9 Soci
costituirono la Cooperativa Pulicenter. Primo Presidente fu eletto Mauro Cerrato,
vice Presidente Patrizia Garavelli. Cfr. Pulicenter, Atto costitutivo, Archivio
Confcoop. Cuneo.
26 Il 21 giugno 1991 davanti al Notaio Vincenzo Toppino, in Alba, 11 Soci
costituirono la Cooperativa Lavoro del Roero. Primo Presidente fu eletta Augusta
Ocleppo, vice Presidente Margherita Marocco. Cfr. Lavoro del Roero, Atto
costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
27 Carli Bruno, intervista del 19 luglio 2005, Cuneo. Bruno Carli, nato a Cuneo il 24
gennaio del 1938, ha vissuto per trent’anni a Saluzzo dove ha ricoperto la carica di
Presidente dell’Azione cattolica diocesana. Consigliere comunale per due legislature
ha militato a lungo nella Cisl come responsabile prima a Saluzzo, poi alla Segreteria
della Federazione Italiana Bancari. Il 18 giugno 1979 venne eletto segretario della
Cisl provinciale nel corso di una riunione del Consiglio Generale della
Confederazione a Pradleves (cfr. Redazionale, Carli nuovo segretario della Cisl
provinciale, in “Gazzetta del Popolo” del 19 giugno 1979). Bruno Carli ha ricoperto
anche ruolo di Segretario del Partito Popolare di Cuneo.
Dopo aver lavorato a lungo nel Cenasca, nel settore abitazione, entra in contatto con
Confcooperative di cui diventa ben presto consigliere e vice Presidente, occupandosi
anche del settore delle Cooperative di produzione e lavoro.
28 Il 25 novembre 2003 davanti al Notaio Aldo Saroldi, in Cuneo, Manuela Servetti,
vice Presidente Coop. Espert, Domenica Maina, Presidente Coop. Lar, Fabrizio
Lanza, Presidente Coop. Recapiti Espresso, Mario Cerigo, Presidente Nuova C.D.,
Mauro Cerrato, Presidente Coop. Pulicenter, Marco Gallo, Presidente Coop. Gtpm,
Bruno Carli, vice Presidente Unioncoop, costituirono il Consorzio Logis. Presidente
Bruno Carli, vice Presidente Mario Cerigo
100

29 Il 27 novembre 2002 davanti al Notaio Paola Ferrero, in Alba, 9 Soci
costituiscono “Terra Doc”. Primo Presidente Svetlan Micevski, vice Presidente
Miran Stamenkov. Cfr. Terra Doc, Atto costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo. Il 2
febbraio 2005 davanti al Notaio Aldo Saroldi, in Cuneo, Spasko Angjelovski, Sime
Anastasovski e Violeta Anastasovska fondano la “Macedonia”.
101

Governare i cambiamenti.
IX
Insieme guardando al Duemila
La cooperazione è nata per dare concretezza di azione ad
alte aspirazioni ideali e a concrete necessità materiali, e
per realizzare la possibilità di una vita migliore. Noi
cooperatori crediamo che l’uomo e la sua capacità di auto
organizzarsi meritino fiducia e crediamo nella
sussidiarietà come modalità di attuare questa fiducia.
Ritornare a credere nella capacità di trovare insieme le
soluzioni come persone, famiglie, comunità non è una
scommessa da poco.
Mino Taricco
Nel 1993 Giovenale Gerbaudo rassegnava le dimissioni da Presidente di
Confcooperative Cuneo per «gravosi impegni assunti in sede nazionale» 1
proponendo al Consiglio Provinciale come successore Mino Taricco, «sia
per le indubbie capacità personali che per l’esperienza acquisita nella
cooperazione e sia per l’appartenenza al settore agricolo che resta la
componente principale dell’Unione». 2 Il Consiglio all’unanimità elesse
Mino Taricco 3 alla carica di Presidente. Toccò quindi a quest’ultimo guidare
il Movimento Cooperativo cuneese negli anni Novanta in un contesto in cui
si riduceva sempre più il sostegno pubblico alla cooperazione mentre
aumentava la concorrenza sul mercato da parte di paesi Cee ed extra
comunitari: «Sono cosciente di tutto questo... Occorre trovare il modo per
conservare intatto tutto il patrimonio ideale ed il valore sociale sui quali è
nata ed è cresciuta l’esperienza della cooperazione. Allo stesso tempo però è
necessaria una gestione oculata ed efficiente che consenta di stare sul
mercato anche senza i contributi pubblici. Bisognerà insomma attuare una
102

Mino Taricco, Presidente di Confcooperative Cuneo dal 1993 al 2004
103

netta distinzione tra le finalità solidaristico-sociali ed il livello economicoproduttivo-commerciale,
senza creare traumi né spaccature». 4
Nella prima metà degli anni Novanta, in sovrappiù, alcune crisi ed anche
fallimenti di cooperative avevano creato un certo scalpore 5 e una certa
diffidenza nell’opinione pubblica nei confronti della cooperazione in
generale, tanto che Gianromolo Bignami, coscienza critica della
cooperazione nel Cuneese, si chiedeva sulle pagine dei settimanali locali:
«Le cooperative esistenti sono tutte vere? Quanti soci sentono un vero
legame di solidarietà e fratellanza? Molte cooperative da chi sono gestite?
Dai soci con spirito di vero sacrificio e servizio o da una strana burocrazia,
che nel bene e nel male, alleva “soci e dirigenti padroni”? Perché tante
cooperative finiscono male dopo aver pesato in modo sensibile sull’erario
pubblico?». 6 Per il Movimento Cooperativo fu una scossa salutare,
occorreva rimboccarsi le maniche e agire su più fronti per far emergere tutta
la dignità e tutto il lavoro che silenziosamente centinaia di cooperative
stavano facendo in provincia. Lo stesso Bignami ricordava «che vi sono
tante cooperative che vanno bene, lavorano con il proprio denaro, non
pesano sulla finanza pubblica, dividono gli utili fra i soci, non hanno debiti e
competono normalmente sul mercato senza cercare protezione». 7 E sullo
stesso tenore di positiva constatazione di serietà, onestà e fedeltà ai propri
valori della stragrande maggioranza del mondo della cooperazione cuneese
giungevano anche le successive inchieste giornalistiche che lo definirono
“Un patrimonio umano ed economico da salvaguardare”. 8
«Gli anni Novanta sono stati importanti perché hanno visto rinascere una
lettura positiva della cooperazione all’interno dello stesso Movimento
Cooperativo», dice Mino Taricco. 9 «Infatti fino alla metà degli anni Novanta
molte cooperative vivevano la loro realtà come un fatto più associativo che
imprenditoriale. Fu anche compito di Confcooperative far maturare in loro
la consapevolezza di essere soggetti di rilevanza politica e sociale».
Secondo il Presidente Taricco in quel periodo il Movimento capì
l’importanza, e quindi la responsabilità, che aveva nei confronti di larghi
settori dell’economia di questo territorio e la necessità di far conoscere
questo ruolo anche all’esterno, portando alla conoscenza del maggior
numero possibile di persone il dibattito, le prospettive, i progetti e le idee che
lo animavano: «La cosa più importante di quegli anni fu il dibattito che
crebbe dentro il mondo cooperativo», prosegue Taricco. «Per esempio tutta
la riflessione sulla cooperazione sociale, animata anche dal forte stimolo dal
punto di vista ideale e morale di Armando Bianco, la loro progettualità per
dare risposta ai bisogni sociali... e poi il primo contratto a livello nazionale
104

per le cooperative di confezionamento, che vide garantite delle soglie
minime economiche e previdenziali per i lavoratori. Questo risultato che
coinvolse nel dibattito anche i Sindacati e le industrie sensibili come la
Ferrero, fece assumere al mondo della cooperazione di lavoro la dignità di
un soggetto che aspirava ad uno stabile ruolo sociale in termini
occupazionali e di servizi alle imprese senza porsi in un’area di semplice
riduzione dei costi. Fu anche una stagione di rinnovamento della
cooperazione edilizia e della stessa cooperazione agricola». 10
Rivitalizzando la consapevolezza del proprio ruolo, il Movimento
cooperativo come primo risultato ottenne una maggiore attenzione e un
sincero ascolto all’esterno del proprio mondo, anche grazie ad una strategia
di ricerca di visibilità come vedremo in seguito. Il Movimento, di fronte ad
una fine secolo connotata da un’economia della competitività globale e della
crescita continua anche a costo di vedere aumentare sempre più il numero di
disoccupati, ribadisce la sua antica ma sempre vitale cultura economica e
politica. Taricco in un convegno organizzato dalla Lega delle Cooperative a
Torino 11 parlerà di impegno della cooperazione per uno sviluppo sostenibile,
impegno che è del resto nel Dna della cooperazione. Lo stesso argomento
venne poi ripreso in un’assemblea di Confcooperative Piemonte dal titolo
“La cooperazione piemontese per lo sviluppo sostenibile: obiettivi e sfide”:
«Sviluppo sostenibile è il termine più adeguato per individuare una forma di
progresso economico non indiscriminato, ma centrato sul valore della
persona e sullo sviluppo dell’economia locale. Riteniamo l’impresa
cooperativa uno strumento idoneo per realizzare un simile obiettivo, in
grado di promuovere l’occupazione, specie per le fasce più deboli e per i
giovani, coniugando efficienza, democrazia economica e solidarietà». 12
Un campo di grano che cresce.
Fin dal primo momento dalla sua elezione a Presidente di Confcooperative
Cuneo, Mino Taricco decise di intervenire per garantire una maggior
visibilità al lavoro dell’organizzazione cooperativistica attraverso la ricerca
di opportuni collegamenti con la stampa e gli organi di informazione. 13 Altri
obiettivi erano un più stretto rapporto con le cooperative aderenti
all’organizzazione e l’accelerazione verso una più moderna visione dei
servizi dati alle associate.
Si decise di cogliere ogni occasione per far conoscere le proprie idee e di
assumere un atteggiamento critico e costruttivo nei confronti della politica,
105

senza più cedere a lusinghe di collateralismo ormai anacronistiche. A questo
proposito, in occasione delle elezioni politiche del marzo 1994,
Confcooperative Cuneo stilò un comunicato stampa dove si riassumevano le
richieste e le proposte del Movimento Cooperativo ai diversi partiti in lizza e
dove si ribadiva la scelta fondamentale a favore di democrazia economica e
solidarietà. Ma anche gli eventi interni divennero momenti pubblici:
«Ricordo ancora l’assemblea che facemmo nel 1996», racconta Taricco.
«Trasformammo un aspetto ordinario della nostra organizzazione in un
evento. Per la prima volta tappezzammo tutta la provincia con un manifesto
che riproduceva un campo di grano che cresceva. Demmo il segnale di un
sistema che non solo esisteva ma voleva anche crescere. Non solo... un
sistema che voleva confrontarsi in una sala pubblica, in poche parole che
era orgoglioso della propria identità, e devo dire che, in questa presa di
coscienza, aiutò molto il fatto che Giovenale Gerbaudo fosse il Presidente
nazionale del settore agricolo... questo dava la percezione di una classe
dirigente nostra che non solo credeva in quello che faceva ma veniva anche
riconosciuta a livello nazionale». 14
Nel rapporto con le associate fu incrementata non solo l’informazione
attraverso, tra l’altro, il periodico “Insieme Piemonte”, 15 ma anche
l’organizzazione interna dei servizi, come ricorda Ileana Fiori: 16 «Negli anni
Novanta c’è stata una sensibile svolta in Confcooperative sia dal punto di
vista della visibilità nel territorio della nostra organizzazione sia dal punto
di vista della crescita numerica del personale. Il Presidente Taricco ci
coinvolse maggiormente anche nel senso di appartenenza facendoci
partecipare alle iniziative di promozione e ampliando le nostre mansioni».
Infatti quelli furono anche gli anni di una piena leadership di
Confcooperative all’interno del Movimento Cooperativo cuneese:
«Confcooperative da un’associazione per le cooperative divenne una
associazione delle cooperative, e questo fu un passaggio importante». 17
Questa crescita fu dovuta essenzialmente a due fattori. Il primo era il
cambiamento di clima culturale generale. Caduti tutti gli impianti ideologici
tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta (la caduta del muro di
Berlino ne fu il simbolo), incominciarono ad affluire in Confcooperative
anche società nate al di fuori di associazioni o sindacati naturalmente legati
all’organizzazione quali Acli, Coldiretti o Cisl. Queste cooperative che non
avevano alcun particolare colore politico erano convinte dell’adesione per la
qualità dei servizi offerti, ed ecco il secondo fattore di crescita:
«Confcooperative si è strutturata per dare non solo risposte a problemi di
contabilità e paghe, ma anche tutta una nuova serie di servizi», spiega Mino
106

Taricco. «Quindi ha cominciato ad accompagnare le imprese nelle scelte di
ristrutturazione, sul fronte della normativa della sicurezza sul posto di
lavoro, nella certificazione sulle funzioni che via via assumevano, nella
progettazione per avere loro fondi per la formazione, nelle relazioni con i
sindacati, ecc. Insomma una serie di servizi allora nuova». 18
Taricco aveva svolto in quegli anni un importante lavoro di tipo culturale,
guidando il cambiamento che era riuscito a suscitare all’interno stesso di
Confcooperative, grazie anche alla preziosa semina di valori e idee fatta dai
suoi predecessori, come abbiamo avuto occasione di vedere.
L’organizzazione delle cooperative di Cuneo poteva così festeggiare nel
1999 il suo cinquantesimo compleanno in piena forma e proiettata con
sicurezza verso il Duemila. 19
107

Note al Capitolo IX
1 Confcoop. Cuneo, Verbale della Riunione del Consiglio provinciale del 21
dicembre 1992, Archivio Confcoop. Cuneo. Giovenale Gerbaudo era spesso
trattenuto a Roma, a causa del suo incarico di Presidente della Federazione
Nazionale delle Cooperative Agricole e Agroalimentari di Confcooperative.
2 Confcoop. Cuneo, Verbale della Riunione del Consiglio provinciale del 16 aprile
1993, Archivio Confcoop. Cuneo.
3 Mino Taricco, nato l’11 giugno 1959 a Bra, ha vissuto la sua giovinezza a Narzole
dove il padre artigiano muratore decise nel 1972 di lasciare il vecchio mestiere per
dedicarsi all’agricoltura. Crescendo quindi in un’azienda agricola, Taricco maturò
un amore per la terra e i problemi di chi la lavora che segneranno il suo futuro
impegno professionale e politico. Dopo aver conseguito il diploma di Perito agrario
a Lombriasco iniziava la sua attività lavorativa presso la Cooperativa Fac, prima
come operaio, poi come carellista e infine come responsabile del personale. Nel
1984 la Piemonte Asprofrut gli chiese di occuparsi del costituendo ufficio Servizi
Industriali e «quale responsabile del settore porta il fatturato dai 300 milioni
dell’avvio ai 6 miliardi nel 1987» (vedi: Redazionale, Una promessa per il futuro, in
“Confcooperative Piemonte” n. 2 – aprile-maggio 1994). Nel 1988 Taricco avviava
l’impianto della sua azienda e in quanto produttore di albicocche e kiwi diventava
socio conferitore della Cooperativa Fac. Di quest’ultima in qualità di amministratore
delegato e poi Presidente guiderà sia l’aggregazione con la Cooperativa Sacoop (cfr.
Redazionale, Il maggior polo di ortofrutta del Piemonte, in “Il Coltivatore Cuneese”
n. 8 – aprile 1991) sia la ristrutturazione interna, concludendo il suo incarico nel
1993. Intanto Taricco continuava il suo impegno sociale, sia nel suo comune di
residenza, Sant’Albano Stura, sia nell’ambito della Coldiretti di cui era vice
Presidente a livello provinciale (cfr. Redazionale, Giacomino Taricco, vice
Presidente della Coldiretti: “La nostra è un’agricoltura sana. Difendiamola e
guardiamo al futuro”, in “La Guida” n. 47 del 11 dicembre 1992) e regionale (cfr.
Redazionale, Taricco vice Presidente della Coldiretti Regionale, in “Il Coltivatore
Cuneese” n. 8 – aprile 1993). Nel 1993 divenne Presidente di Confcooperative
Cuneo e l’anno successivo anche di Confcooperative Piemonte. Attualmente è
Assessore all’Agricoltura della Giunta della Regione Piemonte presieduta da
Mercedes Bresso
4 Mino Taricco in Bernardi Ezio, Cambiamenti nel mondo agricolo, in “La Guida”
n. 20 del 14 maggio 1993.
5 Tra queste la Cooperativa Monviso, la Cuneo Carni, la Cuneo Polli ecc.
108

6 Gianromolo Bignami, 22.000 Cooperative in Italia. Una realtà con 6 milioni di
soci, in “La Guida” n. 38 del 14 ottobre 1994.
7 Idem.
8 Cfr. Ribero Aldo, Cooperative: 500 aziende in provincia, in “La Guida” n. 44 del
25 novembre 1994; Redazionale, Il futuro della cooperazione, in “La Guida” n. 45
del 2 dicembre 1994. “La Guida” pubblicò anche i “numeri” di Confcooperative
Cuneo: 95 cooperative agricole, 51 di lavoro, 27 sociali, 10 di consumo, 3 mutue, 33
edilizie per un totale di 219 cooperative.
9 Taricco Mino, intervista del 29 luglio 2005, Cuneo.
10 Idem.
11 Lega Cooperative-Comitato Regionale Piemontese, Economia forte, sociale
debole? – Sabato 17 febbraio 1996. Atti convegno, Torino, 1996, pp. 73-76.
12 Taricco Mino in Redazionale, “Uno sviluppo sostenibile” nei programmi di
Confcooperative, in “La Guida” n. 16 del 19 aprile 1996.
13 Cfr. Confcoop. Cuneo, Verbale del Consiglio di Presidenza del 26 luglio 1993,
Archivio Confcoop. Cuneo.
14 Taricco Mino, intervista citata. Cfr. Redazionale, Alla verifica dell’assemblea
provinciale la linea programmatica della Confcooperative, in “La Guida” n. 10
dell’8 marzo 1996. In questo articolo Mino Taricco così si espresse: «L’assemblea
provinciale di Confcooperative costituisce una tappa fondamentale per il nostro
cammino perché è occasione per verificare e definire le nuove linee
programmatiche di Confcooperative Cuneo. Inoltre sarà l’occasione per riflettere
sulla peculiarità dell’impresa cooperativa che costituisce uno strumento
fondamentale per le sfide occupazionali soprattutto nelle aree svantaggiate e con le
persone in difficoltà. Solidarietà ed efficienza non sono incompatibili anzi i due
aspetti devono essere sempre considerati insieme. E, per concludere, l’assemblea
vuole anche essere un’occasione utile per far conoscere alla gente quali sono le
ricchezze che la cooperazione produce nel Cuneese». Cfr, anche Redazionale, Mino
Taricco riconfermato dai soci presidente di Confcooperative, in “La Guida” n. 11
del 15 marzo 1996; Redazionale, Rinnovato il consiglio della Confcooperative, in
“Il Coltivatore Cuneese” n. 7 – aprile 1996. Sempre sul piano della visibilità e dei
rapporti di amicizia interni deve essere letta anche l’idea della Festa del
Cooperatore, la cui prima edizione fu a Sant’Anna di Valdieri nel 2000 (cfr.
Redazionale, I festa del cooperatore, in “Il Coltivatore Cuneese” n.13 – luglio
2000).
109

15 Cfr. Confcoop. Cuneo, Verbale del Consiglio Provinciale del 30 giugno 1997,
Archivio Confcoop. Cuneo.
16 Fiori Ileana, intervista del 5 agosto 2005, Cuneo. Ileana Fiori è stata assunta in
Confcooperative il 16 gennaio 1978 appena diplomata. Responsabile amministrativa
del settore contabilità, ha vissuto in prima persona i positivi risultati di
Confcooperative Cuneo: «Quando sono entrata in Confcooperative eravamo in
sette-otto a svolgere il lavoro di contabilità. Ci guidava e consigliava la signora
Giovanna Bianchi, la Direttrice, una donna con un forte carisma che accompagnò
con dedizione la nostra organizzazione verso i risultati di qualità dei servizi che tutti
conosciamo. Allora facevamo tutto a mano... avevamo i famosi giornalmastri
enormi e la calcolatrice. Poi alla fine degli anni Ottanta già con Gerbaudo abbiamo
iniziato ad avere qualche mezzo in più e con Taricco ci siamo definitivamente dotati
di computer»
17 Taricco Mino, intervista citata.
18 Idem.
19 Mino Taricco: «Con questa celebrazione ci poniamo tre obiettivi. Innanzitutto
vogliamo testimoniare la nostra riconoscenza a chi in questi 50 anni, senza clamore
e spesso senza alcuna ricompensa, ha lavorato per offrire alle cooperative nascenti
ed operanti in provincia, tutto il sostegno possibile. In secondo luogo desideriamo
capire meglio insieme quali siano le questioni più importanti da affrontare in questo
momento per garantire una prospettiva futura alle nostre imprese. Infine ci
proponiamo di capire come la vita e l’attività delle cooperative... si raccordi con la
vita delle realtà in cui operano, e quali siano le necessità emergenti con cui
rapportarsi per affrontare i problemi nuovi che si affacciano all’orizzonte» in
Redazionale, La Confcooperative cuneese festeggia sabato i suoi primi 50 anni, in
“La Guida” n. 80 del 5 novembre 1999; cfr. br., Compie cinquant’anni la
“Confcooperative Cuneo”, in “La Guida” n. 57 del 27 luglio 1999; Redazionale, 50
anni di Confcooperative Cuneo, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 20 – novembre 1999,
Redazionale, Intervista a Mino Taricco Presidente Confcooperative, in “Il
Coltivatore Cuneese” n. 20 – novembre 1999. Nell’occasione del cinquantennale
furono insigniti al merito cooperativo Lorenzo Bergese, Giovanni Battista
Marchisio, Gianromolo Bignami, Armando Bianco, Giovanna Bianchi, Celestino
Vacca, Armando Coppi, Mario Barbero, Angelo De Giorgi, Luigi Bima, Nillo
Bufalini, Orazio Sappa, Alessandro Vertamy per il padre Mario, Giovenale
Gerbaudo, Giovanni Chiecchio e Giuseppe Casale (cfr. Confcoop. Cuneo, Verbale
del Consiglio provinciale del 4 ottobre 1999, Archivio Confcoop. Cuneo).
110

X
Una stagione di grande impegno sociale
Alle origini della cooperazione di solidarietà.
Penso che sia ancora necessario fare una
grande opera di sensibilizzazione tra la
gente affinché si capisca che una società è
vera se è a misura d’uomo. Non dal
numero di elettrodomestici, di macchine,
di televisori o dal tipo di vacanze che fai...
ma è vera nella misura in cui dà delle
risposte ai bisogni delle persone in
difficoltà in termini di dignità e giustizia.
Armando Bianco.
Gli anni Sessanta sono stati segnati in modo significativo da due
avvenimenti che mutarono radicalmente la cultura e il modo di vivere del
nostro Paese: il Concilio Vaticano II e il movimento operaio e studentesco
del 1968.
Il Concilio Vaticano II, voluto da papa Giovanni XXIII e concluso da papa
Paolo VI, portò la Chiesa Cattolica ad aprirsi al mondo e ai suoi problemi
con un respiro di universale ricerca di giustizia sociale: «Ogni genere di
discriminazione circa i diritti fondamentali della persona... deve essere
superato ed eliminato come contrario al disegno di Dio». 1 Soprattutto i
credenti laici verranno chiamati a dare ragione della loro fede attraverso una
testimonianza, nella carità, della solidarietà della Chiesa verso l’umanità
intera: «La comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale
con il genere umano e la sua storia». 2 Queste indicazioni furono poi
approfondite nel Magistero successivo della Chiesa e tra i cambiamenti più
significativi ci fu la costituzione, agli inizi degli anni Settanta, della Caritas 3
che portò una notevole fioritura di iniziative di impegno sociale e
assistenziale.
Il movimento del 1968, un fenomeno di contestazione globale della società
innescato dalle rivendicazioni salariali, ma non solo, 4 degli operai e dagli
111

scioperi contro una cultura autoritaria e nozionistica degli studenti medi e
universitari, fece scoprire a molti la dimensione politica, la voglia di
partecipare attivamente e creativamente 5 ai cambiamenti non solo sociali ma
anche esistenziali. 6 Al di là degli aspetti più problematici di tale movimento,
come l’estremismo politico che portò in seguito anche a fenomeni di
terrorismo e agli infelici “anni di piombo”, 7 il ’68, come verrà sinteticamente
chiamato in seguito tutto questo periodo di mutamenti, ebbe il merito di far
accrescere la coscienza sociale, soprattutto delle giovani generazioni,
l’attenzione alla difesa e rivendicazione dei diritti umani dei singoli e dei
popoli, la volontà di liberazione da pregiudizi che potevano portare a
segregazione (si pensi al dibattito sulla salute mentale e sui manicomi,
sull’handicap ecc.).
Erano anni quelli in cui si pensava che lo Stato potesse organizzare
direttamente i servizi necessari a soddisfare i bisogni di tutti i cittadini. Gli
anni Settanta da questo punto di vista furono il momento del disincanto; la
crisi energetica ed economica e l’aumento della disoccupazione, in principal
modo giovanile e femminile, causarono da una parte la nascita di nuove
povertà e forme di emarginazione (per esempio la tossicodipendenza), che
venivano ad aggiungersi a quelle vecchie, e dall’altra la messa in pratica di
forme di solidarietà autogestita. Nascevano quindi associazioni spontanee e
movimenti di volontariato che si dedicavano alla ricerca di soluzioni positive
ognuno per tematiche e problematiche diverse. In molti di quei gruppi, come
avremo modo di vedere, si intravedevano in nuce quelle che saranno in
seguito le cooperative di solidarietà sociale. 8
Una solidarietà progettuale ed efficiente. 9
Anche in Piemonte, e in provincia di Cuneo, gruppi di volontariato,
associazioni e comitati spontanei scelsero poco per volta di trasformarsi in
cooperative. Questo era un fenomeno nuovo che già nel 1982 veniva
guardato con attenzione dall’Unione regionale piemontese di
Confcooperative, guidata da Giovenale Gerbaudo, che in occasione del suo
II Congresso dedicava uno spazio significativo a queste esperienze,
promuovendone alcune prime forme di raccordo e strutturazione. 10 Nel
Cuneese le organizzazioni che maggiormente promossero la cooperazione di
solidarietà sociale furono la Confcooperative e il Cenasca. 11 Furono proprio
queste ultime a presentare il 22 marzo 1991 12 nella Sala della Provincia a
Cuneo una prima dettagliata ricerca condotta da Livio Predieri 13 intitolata
“Cooperare nel Sociale”. 14 Da questo primo censimento risultavano essere
112

35 le cooperative presenti in provincia impegnate nelle attività di assistenza
e recupero di minori, handicappati, anziani, tossicodipendenti e alcoolisti.
Queste cooperative diffuse su tutto il territorio provinciale operavano con
899 soci di cui 357 soci lavoratori e 542 volontari, oltre ad avere 55
lavoratori dipendenti non soci. 15 Rappresentavano una realtà in crescita che
andava valorizzata e fatta conoscere. In quest’ottica la Confcooperative di
Cuneo decise di accettare l’invito del Presidente della Comunità Montana
Valle Maira, Ermanno Bressy, a partecipare alla “Fiera della Solidarietà” a
Dronero. 16 Durante quella Fiera (21-23 giugno 1991) infatti furono allestiti
stand «con video-tape, depliant illustrativi, materiale fotografico e
quant’altro occorrente per rendere visibile l’operato e la tipologia delle
cooperative sociali» 17 e organizzata una tavola rotonda 18 con la presenza del
Presidente nazionale di Federsolidarietà, Felice Scalvini.
Nei primi mesi del 1991 inoltre il movimento cooperativo di solidarietà
sociale aveva iniziato una serrata riflessione sul modello organizzativo da
adottare. 19 Questo aveva portato, a livello regionale, all’indizione di una
assemblea dal titolo “La cooperazione di solidarietà sociale in Piemonte e
Valle d’Aosta, idee guida, programmi, linee di intervento e proposte
d’azione per un movimento solidale organizzato”. 20 Con lo stimolo di tale
evento anche nel Cuneese si costituì il Comitato Promotore delle
Cooperative di Solidarietà Sociale 21 con l’intento di passare «da una fase
prettamente volontaristica ad una fase più organizzata ed istituzionale,
dotandoci di uffici di corrispondenza che si affiancheranno alle due sedi di
Cuneo ed Alba», 22 per poi giungere alla fondazione del Comitato provinciale
della Federsolidarietà il 16 maggio dell’anno seguente a Fossano. 23
Intanto l’8 novembre 1991 con la Legge n 381 24 nasceva una norma
fondamentale per la disciplina delle cooperative, da allora, chiamate sociali.
Con il realismo dell’utopia.
Una delle prime cooperative ad operare nel sociale nella nostra provincia fu
“Proposta 80”. 25 Nata da un gruppo di insegnanti e psicologi guidati da don
Attilio Giribaldi, «che fu l’artefice di progetti e linee psicopedagogiche
innovative soprattutto nell’ambito dell’intervento sulla disabilità e
sull’integrazione scolastica dei portatori di handicap», 26 la cooperativa
aveva come scopo «di promuovere e gestire centri di animazione culturale,
di studio e di applicazione delle scienze dell’uomo specialmente di quelle
Psicologiche e Pedagogiche» e in particolare di progettare e gestire «servizi
113

di assistenza, terapia, formazione e integrazione per svantaggiati ed
handicappati». 27 Innumerevoli furono nel corso degli anni le attività
formative promosse da Proposta 80, corsi e seminari che andavano
dall’analisi delle dinamiche di gruppo al rapporto handicap-famiglia-scuola,
dall’arteterapia al lavoro di comunità, dal lavoro con il disabile al processo
di comunicazione e relazione di aiuto, solo per citarne una minima parte. 28
Questo aspetto del lavoro della cooperativa aveva lo scopo di «promuovere
la cultura della solidarietà ed una rete sociale di appoggio, promuovere la
dignità dei soggetti svantaggiati, offrire supporti tecnici all’inserimento,
formulare progetti educativi». 29 Prese anche in gestione diversi servizi a
Cuneo tra cui dal 1980 il Centro diurno per handicappati gravi e gravissimi,
dall’ottobre 1986 al giugno 1988 il Centro di Rieducazione Motoria e dal
1987 il Centro socio formativo per ragazzi ultraquattordicenni handicappati
e/o in situazione di disagio sociale. Nel settembre 1989, poi, aprì un Centro
diurno per handicappati gravi in Saluzzo collaborando con la locale Ussl e
con l’Anffas. Mentre si formava negli anni Settanta, in Cuneo, un’attenzione
ai problemi dei disabili che portò alla creazione della suddetta cooperativa,
anche in Alba qualcuno operava a favore dei portatori di handicap.
«Dagli inizi degli anni Settanta un gruppo di persone, a livello di
volontariato, si è fatta carico del problema dell’handicap in generale»,
racconta Armando Bianco. 30 «Allora l’handicap era visto sotto una luce
carica di pregiudizi, di ignoranza e di luoghi comuni… Il risultato era che
chi aveva un figlio handicappato oltre alla difficoltà del vivere una simile
realtà si trovava anche sostanzialmente molto emarginato nel contesto
sociale in cui viveva... Per questo ci si pose come primo obiettivo quello di
sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che un figlio handicappato non
era colpa dei genitori ecc., ma era una realtà che poteva accadere in
qualsiasi famiglia; un trauma della mamma durante l’attesa, una medicina
assunta impropriamente, un parto imperfetto e tutta una serie di cause che
non dipendevano oggettivamente dalla volontà della mamma potevano
causare dei guai al nascituro, dei guai irreversibili». Dopo un lavoro di
sensibilizzazione tra la popolazione albese il gruppo di Armando Bianco
chiese «di dare la possibilità a questi ragazzi svantaggiati di entrare nelle
scuole... entrare nelle scuole non nelle classi speciali che allora stavano
sorgendo ma nelle classi normali opportunamente supportati da personale
specializzato. Grazie alla mobilitazione che riuscimmo a creare intorno a
questa tematica ottenemmo, a metà degli anni Settanta, 27 insegnanti
d’appoggio». 31 Nel 1977 poi nasceva ad Alba la prima Comunità alloggio
per handicappati della provincia di Cuneo: «Noi la comunità alloggio
114

l’abbiamo concepita come una struttura inserita nel contesto sociale della
città… un alloggio gestito da un certo numero di operatori che ospitasse un
certo numero di disabili, quattro o cinque non di più, e la conduzione
avvenisse a livello familiare. Questi sono stati risultati significativi che
hanno richiesto un grosso impegno di lotta, di contrasti non facili da
superare perché noi volevamo che il rapporto nei confronti del disabile non
fosse posto in termini pietistici, in termini moralistici ma in termini di
riconoscimento di diritti, di dignità del disabile e della sua famiglia». 32
Attualmente la Comunità Alloggio è gestita dalla Cooperativa Alberto
Abrate, nata anch’essa nel contesto del volontariato albese. 33 Arrivò poi il
problema dell’inserimento lavorativo degli handicappati. Si bussò a diverse
porte ma nessuno era disposto ad assumere disabili, « Allora ci siamo detti:
“Dobbiamo inventare noi qualcosa”... e mettemmo in piedi una cooperativa,
che a quei tempi si chiamavano “di solidarietà sociale”. Abbiamo
incominciato con tre di questi ragazzi in una cameretta. Io avevo radunato
una decina di persone alle quali avevo chiesto una mezza giornata alla
settimana, come volontari, da dedicare ai ragazzi, e un obiettore di
coscienza. Abbiamo fatto questa cooperativa che si chiamava “H
Insieme”. 34 La cooperativa ha iniziato la sua attività nel 1989 e il primo
lavoro che abbiamo fatto ce l’ha dato la ditta Ferrero... Poi i ragazzi da tre
sono diventati cinque, poi da cinque sono diventati dieci, poi da dieci sono
diventati venti poi da venti trenta, quaranta, adesso la cooperativa
“Insieme” ha oltre cinquanta ospiti». 35
Creare oasi di accoglienza fraterna.
«Abbiamo creato la Cooperativa perché volevamo inserirci, noi che
eravamo volontari della Caritas diocesana cuneese, nell’ambiente del terzo
settore con uno spirito imprenditoriale, operando per la promozione umana
e l’integrazione sociale delle persone e ispirandoci all’insegnamento sociale
della Chiesa Cattolica», così il dott. Renzo Lucchiari 36 presenta la
Cooperativa Oasi. 37 Quest’ultima iniziò il suo percorso con due attività: il
Centro Socio Psico Educativo, il cui responsabile era don Attilio Giribaldi, e
un Centro di auto-aiuto per alcoolisti, diretto dal dott. Egidio Ciola. 38 In
pochi anni la Cooperativa attivava numerosi interventi di servizio al
territorio: «Il nostro intento è andare verso il bisogno delle persone non
tanto da un punto di vista economico quanto da un punto di vista psichico,
fisico e riabilitativo». 39 Tra questi a partire dal 1995 troviamo la “Casa di
115

Giorno”, una realtà innovativa sul modo di accostarsi alle persone anziane,
autosufficienti o parzialmente non autosufficienti. Infatti gli anziani vengono
assistiti offrendo loro un luogo dove trascorrere la giornata, dove svolgere
attività stimolanti in un ambiente sereno, senza tuttavia sradicarli dal
contesto abitativo e familiare, in cui ritornano ogni sera per la cena e la
notte. 40 Nel 1997 aprì le porte l’Ostello di accoglienza: 41 in collaborazione
con la Diocesi di Cuneo la Cooperativa pensò di creare una struttura in grado
di offrire ospitalità di tipo alberghiero, in particolare a persone non residenti
a Cuneo, che assistono parenti ricoverati in ospedale, che usufruiscono di
cure in regime di day hospital e in visita a parenti in carcere: «I nostri ospiti
possono utilizzare questa attività di pensionato con estrema libertà come se
fossero a casa loro. Il nostro ostello non è come un albergo qualsiasi, qui le
persone non sono anonime, parlano tra loro e con il nostro personale che è
a loro completa disposizione per un eventuale supporto psicologico o per un
aiuto nel disbrigare pratiche burocratiche». 42
Sempre a partire dal 1997 l’Oasi, in convenzione con l’Ordine Mauriziano e
l’Istituto per la Ricerca sul Cancro, attivò il servizio di accoglienza presso
l’Istituto di Candiolo: «Per svolgere al meglio questo servizio abbiamo
dovuto impegnarci molto. L’incontro tra l’addetto all’accoglienza e
l’ammalato che arriva non è certamente facile. Il nostro intento è stato
quello di far incontrare a chi arriva una persona con un sorriso autentico
sul viso, una persona ricca di umanità... ». 43
Sorridente è anche la casa stilizzata nel logo della Comunità Emmanuele di
San Rocco Castagnaretta, una realtà di accoglienza per minori nata nel
settembre 1990 per opera della Cooperativa omonima. 44 I ragazzi che sono
arrivati in Comunità nel corso degli anni avevano in comune diverse forme
di disagio e sofferenza alle spalle, sintetizzabili in due grandi filoni: a) la
mancanza di una casa, intesa in senso lato, «cioè come luogo sicuro in cui
vivere, come spazio in cui ritrovarsi ed essere contenuti, dove poter essere
se stessi ed essere comunque accettati al di là dei propri limiti e difetti»; 45 b)
la mancanza di un adulto che si occupi di loro, «che li aiuti a capire, a fare,
a decidere, a scegliere, in una parola a crescere». 46
La Comunità Emmanuele quindi fin dall’inizio si presentava agli ospiti come
un luogo di socializzazione e di accompagnamento per un cammino di
crescita tendente al rientro nella famiglia di origine o in una famiglia
affidataria, oppure, se anche questa seconda ipotesi non era realizzabile, ad
un percorso di piena autonomia personale. Il compito della Comunità si
rivelava essere quello di contenere sia comportamenti inadeguati sia
116

problemi, difficoltà esistenziali e angosce profonde, per favorire, attraverso
l’aiuto degli educatori, un’apertura a nuovi significati di vita.
Il tutto inserito in una routine quotidiana il più possibile simile a quella di
una famiglia. In questi ultimi anni la Comunità ha cambiato in modo
significativo il tipo di utenza: «La Comunità residenziale», spiega Brunella
Dalmasso, 47 «ha avuto negli anni un percorso evolutivo particolare, infatti è
nata come struttura di risposta per ragazzini con nuclei familiari in
difficoltà, tutti di origine italiana, e poi dalla fine degli anni Novanta poco
per volta si è trasformata in struttura di accoglienza per minori stranieri
non accompagnati. Questo ha comportato innanzitutto la necessità di
rimodificare il progetto di lavoro, perché come gruppo di operatori abbiamo
visto che era impossibile mantenere lo stesso stile educativo con questi
ragazzi che arrivavano da esperienze totalmente differenti, con culture
differenti e percorsi di vita differenti....Questi minori stranieri non hanno i
genitori in Italia e quindi il nostro lavoro è improntato soprattutto sul
favorire la crescita e l’autonomia della persona, sull’inserimento nel mondo
del lavoro».
Anche a Piasco vi è un luogo accogliente dove agricoltura e solidarietà si
danno la mano per sostenere persone «in difficoltà con la famiglia o con se
stessi per problemi fisici, psichici e psicologici. In poche parole gli
emarginati dalla società...». 48 Si tratta della Cooperativa Il Casolare. 49
«La cooperativa è nata nel 1981 come nuova realtà agricola dall’idea, dalla
volontà di alcuni giovani di promuovere una agricoltura più rispettosa
dell’ambiente, più vicina ai ritmi naturali, un’agricoltura che esprimesse la
qualità sia della produzione che della vita dell’agricoltore», spiega Sergio
Gerardi. 50 «Si iniziò grazie al fatto che Tarcisio Olivero, uno dei soci
fondatori, mise a disposizione l’azienda del papà Michele, anche lui socio
fondatore; era una realtà con una piccola stalla, alcuni terreni dedicati
soprattutto a frutta e poi foraggi per gli animali». Fin dall’inizio la
Cooperativa aveva una caratteristica particolare, forse dovuta al fatto che
molti soci venivano da esperienze di volontariato all’interno della parrocchia
di Piasco: «Il lavoro agricolo veniva condiviso con persone, soprattutto
giovani del paese, che erano emarginate a causa di problemi psicologici,
malattie mentali o alcoolismo... cioè le classiche figure di emarginati, che
però nella cooperativa entravano a far parte di una realtà produttiva, di una
realtà di vita sociale.». 51 Il Casolare sviluppava intanto un indirizzo agricolo
lattiero caseario con la costruzione di un piccolo caseificio 52 affiancato da un
punto vendita, inoltre si interessò anche di manutenzione di aree verdi sia
private che pubbliche. Il 3 dicembre 1993 53 ci fu un importante
117

cambiamento, la Cooperativa infatti si trasformò da agricola a sociale,
poiché: «da anni la società inserisce nel lavoro dell’azienda persone
svantaggiate offrendo, mediante il lavoro agricolo, l’amicizia ed il calore
umano, oltre ad una possibilità di riscatto sociale». 54
Lavorare al servizio della persona.
Di fronte ad una società in continua evoluzione e quindi connotata da una
velocità di cambiamento che può creare emarginazione, a fianco delle
cooperative che esercitano il prezioso compito dell’accoglienza, ve ne sono
altre che investigano in continuazione «la realtà sociale del territorio per
avere la possibilità di indicare delle strade, delle soluzioni possibili agli
Amministratori locali, ai Referenti dei servizi per vecchi o nuovi bisogni
emergenti». 55 Tra queste troviamo la Cooperativa “Persona e Società”: 56
«Nel 1996 abbiamo costituito il Centro Studi “Persona e Società” con lo
scopo di favorire lo sviluppo di una più profonda cultura sociale», dice
Flavia Salvagno. 57 «L’anno seguente abbiamo costituito la Cooperativa per
rendere operativo questo progetto». In pochi anni l’attività del Centro studi 58
è diventata un punto di riferimento per quegli Enti che vogliono
costantemente monitorare il territorio. Sono nate così, per esempio, le
seguenti ricerche sociologiche: “Territorio e bisogni” per l’Assessorato ai
servizi Socio-educativi del Comune di Cuneo; “Uno sguardo al futuro”, sulla
realtà dei preadolescenti, per il Consorzio Socio assistenziale del Cuneese;
“Crescere in armonia” per il Consorzio Socio Assistenziale delle Valli Grana
e Maira e “Superare la disabilità” sulla condizione delle persone disabili in
provincia di Cuneo. 59 Uno dei primi interventi della Cooperativa è stata
l’apertura di un “baby parking”, «così vengono denominati», spiega
Salvagno, «anche se noi non amiamo usare questo termine, infatti li
abbiamo chiamati “mini circoli” per bimbi da zero a tre anni. Lo riteniamo
un servizio educativo permanente. I nostri bambini seguono un progetto
educativo ben definito al quale collaborano anche i genitori». 60
La cooperativa ha gestito e organizzato diverse edizioni dell’“Estate ragazzi”
e svolto anche importanti attività, in convenzione con diversi Comuni del
Cuneese, di assistenza all’autonomia e alla comunicazione per allievi
portatori di handicap. Un grande impegno «perché per noi è importante che
ci si muova alla ricerca delle risposte possibili, che si lavori per la
valorizzazione dell’impegno delle giovani generazioni, che si realizzino i
118

“Servizi alla persona” di cui la società ha bisogno e che questi servizi
abbiano un’anima cioè siano davvero “Servizi alla persona”». 61
Sono molte le cooperative sociali che hanno come scopo statutario i servizi
alle persone, tra queste opera a Boves la Cooperativa sociale “La grolla”. 62
Nata da un gruppo di volontari formatisi nell’ambito della comunità
“Capolavoro di Carità”, promossa da Franco Mondino, 63 la società fin dalla
sua costituzione ha indirizzato il suo intervento agli anziani e ai disabili:
«Abbiamo sempre cercato nel corso della nostra storia di operare nel
sociale con grande attenzione, da una parte alle persone che ci venivano
affidate, in particolare gli anziani delle diverse Case di Riposo dove
lavoravamo, e dall’altra ai bisogni immediati di molte donne che
ricorrevano a noi in cerca di lavoro», dice Elena Daniele 64 « Cerchiamo di
dare delle risposte positive ai bisogni di queste donne che magari si trovano
dall’oggi al domani, per una separazione, un divorzio ecc., a dover
affrontare il mondo del lavoro, a volte senza nessuna qualifica, anche in età
abbastanza avanzata... Poi adesso abbiamo anche molti casi di donne
straniere e quindi noi affianchiamo queste persone alle Adest qualificate, gli
facciamo fare un po’ di pratica e poi appena possibile seguono i corsi di
qualificazione».
La Cooperativa lavora presso alcune Case di Riposo, tra cui quella di
Robilante, di Vernante e il “Cuore Immacolato” di Cuneo, con dei progetti
che mirano all’assistenza globale della persona, quindi non solo cura fisica
ma animazione che miri a stimolare nell’anziano la riflessione, l’interesse, la
memoria. 65 La Cooperativa gestisce anche il Centro A. Mauro di Chiusa
Pesio per portatori di handicap: «Le attività educative sono importanti e noi
tutti gli anni, in base al gradimento degli ospiti, le modifichiamo per avere
sempre il massimo coinvolgimento», spiega Erika Vit. 66 «Attraverso una
serie di laboratori, come l’operazione Cineglobo che prevede un’attività
pittorica non fine a se stessa ma utile per fare fondali e costumi per l’attività
di drammatizzazione, attraverso la musica, la pet therapy, il giardinaggio, la
cucina cerchiamo di creare le migliori condizioni di benessere per i nostri
ospiti».
Anche sulle colline buschesi si opera per il benessere di portatori di handicap
psichici con un sistema educativo basato sul recupero relazionale e
dell’identità personale. Chi lavora a questo progetto è la Cooperativa
“Insieme a Voi”. 67 «La nostra cooperativa è nata come gemmazione
dall’associazione di volontariato “Come Voi, Insieme a Voi”», racconta
Giancarlo Barone. 68 «Già nel 1992, come associazione avevamo avuto in
comodato gratuito dal Comune di Dronero una vecchia scuola in disuso a
119

Monastero di Dronero per occuparci di un ragazzo con gravi disturbi
psichici. In quella prima struttura radunammo cinque utenti e con undici
operatori, a parte i volontari, iniziammo l’attività». Pochi mesi dopo l’avvio
di questo centro fu costituita la Cooperativa, che nell’intestazione riporta
parte del nome dell’associazione da cui è nata. La Cooperativa cura
soprattutto persone con handicap grave o gravissimo, in particolare psicotici
e autistici. Essendoci diverse richieste di inserimento di ospiti, la struttura
dronerese si rivelò inadeguata e piccola, per cui si iniziò la ricerca di una
nuova sede: «La vice Presidente sig.ra Patrizia Bausano contattò tutti i
Sindaci della zona e alla fine fu il Sindaco di Busca, Angelo Rosso, che ci
offrì in comodato gratuito l’antica villa Ferrero, sulle colline buschesi, una
villa donata al Comune per usi sociali». 69 La villa fu ristrutturata e adesso è
diventata da qualche anno una moderna ed efficiente residenza assistenziale
flessibile 70 che ospita una ventina di utenti. Oltre al centro di Busca,
“Insieme a Voi” gestisce un Centro marino a Ceriale, una casa appartamento
a Villafalletto e «in convenzione con la Provincia di Cuneo l’assistenza alla
comunicazione nelle scuole di ogni ordine e grado. Ogni anno infatti
assumiamo per la durata dell’anno scolastico una quarantina di persone
specializzate per assistere alunni portatori di handicap sensoriali;
praticamente il nostro personale, formato da Educatori professionali o
laureati in Scienze della Comunicazione, fa da tramite tra l’insegnante di
sostegno e il ragazzo attraverso la lettura del sistema Braille o il linguaggio
italiano dei segni per i non udenti». 71
Il passaparola della solidarietà senza frontiere.
Negli anni Ottanta il quartiere di Cuneo che cresceva intorno alla parrocchia
San Paolo si presentava come un aggregato di nuove case abitate
prevalentemente da giovani famiglie, ma con pochi servizi e soprattutto con
un’identità ancora da costruire. Per questo, seguendo le indicazioni del
parroco, don Giovanni Beraudo, un gruppo di volontari diede vita
all’Associazione San Paolo: «Siamo nati come Associazione di volontariato
nel 1986 nel contesto parrocchiale, anche se al nostro interno c’erano
diverse anime, molti di noi erano cresciuti nel ‘68, avevamo idee diverse,
idealità diverse e personalità diverse…e questo ci ha aiutato moltissimo
perché la differenza dei componenti aiuta molto a crescere», racconta Grazia
Quagliaroli Moraglio. 72 «L’associazione era nata per offrire opportunità di
socializzazione fra i membri del nostro quartiere con una particolare
120

attenzione a coloro che vivevano condizioni di disagio... Allora il nostro
quartiere stava crescendo con gente giovane e desiderio di socializzare
molto forte… Noi volevamo far incontrare le persone». Dalla socializzazione
si passò, in breve tempo, alla conoscenza e condivisione dei problemi delle
persone in difficoltà, «non solo disabili ma anche giovani che non trovavano
lavoro, a volte con situazioni familiari complesse». 73 Iniziava allora la
ricerca di qualche piccolo lavoro da fare insieme e nel 1989 si promosse la
costituzione della Cooperativa San Paolo, 74 nel cui Atto costitutivo,
all’articolo 2, furono sottolineati i principi che anticipavano una possibile
nuova società: «la mutualità, la solidarietà, una giusta distribuzione dei
guadagni, un lavoro non strutturato sullo sfruttamento, la priorità dell’uomo
sul denaro, la democraticità interna ed esterna, l’impegno, l’equilibrio delle
responsabilità rispetto ai ruoli ed anche la ricerca dell’utopia».
Nel 1989, l’11 novembre, presso il Centro commerciale Cuneo 2 veniva
aperta la bottega Passaparola che « voleva essere una vetrina per quelle
realtà che producevano piccoli oggetti di artigianato e non avevano la
possibilità di esporre e vendere i loro prodotti. La nostra attenzione è stata
rivolta alle comunità del nostro territorio: centri diurni e comunità di lavoro
protetto». 75 L’attività della nuova bottega si rivelava molto ampia, diventava
anno dopo anno uno spazio di promozione della nonviolenza, della pace e
della solidarietà. In quest’ottica si inserì anche la tematica del commercio
equo e solidale: «È stata una scelta naturale, ci sembrava che il nostro
impegno nel dare dignità alle persone che vivevano qui nel nostro territorio
avesse bisogno di completarsi dando dignità anche alle persone che vivono
lontane da noi geograficamente. Volevamo avere uno sguardo aperto al
mondo intero». 76 Oltre alla collaborazione con il Ctm Altromercato
(Consorzio di botteghe nato dalla trasformazione della Cooperativa terzo
mondo) e le iniziative a favore di Meru Herbs in Kenia, Passaparola importa
direttamente incensi naturali e ricami dall’India. Questi prodotti sono frutto
del lavoro delle donne del Rajiv Gandhi Home for Handicapped 77 dove da
alcuni anni operano Paolo Toscano e Sabrina Micalizzi, due volontari della
Cooperativa San Paolo.
Alcuni anni fa don Beraudo dedicò una poesia a Passaparola, un testo che ne
riassume l’anima: «Attese, gioie,/ collaborazioni insperate./ Una vita che
cresce / gratuita e forte / con le mani operose / di chi ama l’uomo./ Se vuoi
conquistare il futuro / devi prima sognarlo,/ diceva una scritta sul muro./
Questo luogo è un sogno / “Io sono” il suo segreto». 78
121

Il confronto, la fiducia e la creatività.
Le esperienze ormai decennali della cooperazione sociale portarono il 26
novembre 2001 alla costituzione del Consorzio “Il Mosaico”. 79 Il Presidente
del Consorzio, Luca Bona, così scriveva sugli elementi caratterizzanti delle
cooperative e quindi del Mosaico stesso: «Il confronto, la fiducia e la
creatività... sono essenziali per la cooperazione sociale efficiente ed efficace,
perché sono i collanti dei valori con la pratica quotidiana. Il confronto è con
una realtà in continuo cambiamento, dove i problemi sociali si modificano
continuamente...aumentando la complessità delle possibili soluzioni.
Soluzioni che... non si trovano in testi specializzati, ma nel confronto fra le
persone coinvolte. La fiducia è nelle capacità dell’uomo di affrontare le
situazioni, anche più complicate e sofferenti, in spirito di collaborazione e di
condivisione delle responsabilità. La creatività è la capacità di inventare
soluzioni nuove riprogettando continuamente il modo di pensare ed
interpretare le dinamiche sociali. Il significato del Mosaico è nel suo
insieme di tante tessere colorate che vogliono rappresentare le tante diverse
realtà territoriali della cooperazione sociale della provincia di Cuneo». 80
Il principale obiettivo del Consorzio consisteva nella creazione di una rete di
cooperative dinamiche e fortemente radicate nel territorio in cui operano. Per
questo si avviava un’attività di permanente aggiornamento professionale
degli operatori al fine di raggiungere sempre migliori risultati nella qualità
dei servizi erogati.
“Il Mosaico”, dopo alcuni anni di rodaggio sta, in quest’ultimo periodo,
trovando spazio ed energia per decollare effettivamente: «Uno dei primi
compiti che ho dovuto affrontare è la costruzione della coesione tra i Soci»,
dice Marco Abbadessa, 81 Direttore del Consorzio. «Questa è fondamentale
per un reale decollo del Consorzio. Abbiamo poi allargato il Consiglio di
Amministrazione portando i Consiglieri da tre a cinque anche per avere una
maggiore rappresentanza dei vari territori provinciali. Abbiamo così un
nuovo C.d.A formato dal Presidente Luca Bona, dalla vice Presidente
Roberta Rossi e dai Consiglieri Massimo Gallesio, Gabriele Gilardi e
Sandro Durando. Abbiamo anche predisposto un piano triennale di sviluppo
che connota Il Mosaico come un Consorzio leggero, un consorzio cioè in
grado di essere fortemente rappresentativo, senza però accentrare su di sé
tutti i servizi come, per esempio, il servizio di contabilità, paghe ecc. Il
nostro è essenzialmente un ruolo imprenditoriale... si promuove il lavoro
delle associate e per promuoverlo con efficacia occorre che il Consorzio
122

tenda, in maniera mirata, a far crescere i soci verso standard di qualità
sempre migliori».
Di fronte alle nuove e vecchie difficoltà che la cooperazione sociale sta
affrontando in questi tempi di crisi economica e sociale giunga come un
augurio ciò che scrisse Mino Taricco in qualità di Presidente di
Confcooperative Cuneo presentando il Consorzio “Il Mosaico”: «I frutti
supereranno le promesse dei fiori».
123

Note al Capitolo X
1 Documento conciliare Gaudium et Spes (GS), 29; si veda anche GS 30, 66, 69;
Apostolicam Actuositatem (AA), 8: «...non avvenga che si offra come dono di carità
ciò che è dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non soltanto gli effetti ma anche le
cause dei mali... I laici abbiano in grande stima e sostengano le opere caritative e le
iniziative di assistenza sociale private e pubbliche...».
2 GS, 1; sul tema della solidarietà si veda anche GS, 32: «Dio creò gli uomini non
perché vivessero individualisticamente ma perché si unissero in società... Lo stesso
Verbo incarnato volle essere partecipe della solidarietà umana»; Cfr. anche Ad
Gentes, 11-12
3 La Caritas sostituì in pratica la Poa (Pontificie opere d’assistenza). Diffusa in ogni
Diocesi la Caritas diventerà ben presto un punto di riferimento non solo per i
credenti cattolici ma per tutti gli uomini attenti alle opere di giustizia sociale sia a
livello locale che planetario.
4 Per esempio si pensi alle rivendicazioni di maggior vivibilità all’interno delle
fabbriche in termini di tutela della salute e di superamento di forme di lavoro
alienanti.
5 I dibattiti sulla “democrazia diretta”, l’autogestione (si pensi alle occupazioni di
fabbriche e scuole da parte di operai e studenti), il rifiuto della delega,
caratterizzavano culturalmente quegli anni che volevano, come fu scritto sui muri
della Sorbonne “la fantasia al potere”.
6 Il cambiamento coinvolse anche la vita familiare, il rapporto tra i sessi (vedi la
nascita del femminismo) e le diverse generazioni.
7 Furono il lato oscuro degli anni Settanta: iniziati in sordina con ferimenti e
sabotaggi sfociarono poi in assassini di uomini politici e sindacalisti. Emblematico
fu il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, uomo politico di primo piano della
Democrazia Cristiana. Non possiamo ignorare nemmeno quella serie di vili attentati
che dalla strage di piazza Fontana a Milano nel 1969 alla strage della Stazione di
Bologna nel 1980 insanguinarono in nostro Paese.
8 Le prime cooperative di solidarietà sociale nate in Italia furono la “San Giuseppe”
di Roè Volciano (Brescia), costituita nel 1963 da Giuseppe Filippini, e la “San
Gemma Galgano” di San Benedetto del Tronto, costituita nel 1966 da don Vittorio
Massetti.
124

9 Così Felice Scalvini, presidente di Federsolidarietà, definì nel 1988 a Chianciano,
nell’ambito del Congresso costitutivo di Federsolidarietà nazionale, l’ideale che
doveva qualificare la cooperazione sociale.
10 Unione regionale piemontese di Confcooperative, Cooperative di solidarietà,
un’esperienza che cresce, in “Il Movimento Cooperativo piemontese”, Torino 1982,
p. 35.
11 Il Cenasca (Centro nazionale per lo sviluppo della cooperazione e
dell’autogestione) era un ente promosso dalla Cisl.
12 Cfr. “Il Sindacato” n. 41 del 13 marzo 1991.
13 Livio Predieri è stato Presidente della Cooperativa Alberto Abrate di Alba.
14 Cenasca-Cisl, Federsolidarietà-Confcooperative, Cooperare nel Sociale, Cuneo
1991.
15 Idem, p. 3.
16 Cfr. Confcoop. Cuneo, Verbale della Riunione del Comitato di Presidenza del 12
aprile 1991, Archivio Confcoop. Cuneo.
17 Predieri Livio, Festa della solidarietà, in “Confcooperative Piemonte” n. 5/6 –
settembre-ottobre 1991.
18 Tra i partecipanti troviamo Giovenale Gerbaudo, Presidente Confcoop. Cuneo,
Giampiero Porcheddu, vice Presidente Regionale Federsolidarietà e Presidente
Cooperativa Cos (Cooperativa operatori sociali), e Paolo Elia, Presidente regionale
Federsolidarietà, cfr. “Il Sindacato”, suppl. al n. 84 del 28 maggio 1991.
19 Vi era già stato il tentativo di organizzare le cooperative in un Consorzio, il
Con.E.Dis (Consorzio Interprovinciale per il superamento dell’emarginazione e del
disagio) costituito a Torino il 19 luglio 1990. Primo Presidente Paolo Elia, vice
Presidenti Giampiero Porcheddu e Marco Garavaglia, tra i Sindaci effettivi troviamo
don Albo Benevelli in qualità di delegato Regionale Caritas. Il Consorzio aveva lo
«scopo di favorire l’attività e lo sviluppo delle cooperative di solidarietà sociale e di
promuovere i valori sociali e morali che sono alla base del Movimento
cooperativo», cfr. Con.E.Dis, Atto Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
20 Cfr. Paolo Elia, Relazione del Presidente, in Federsolidarietà del Piemonte e Valle
d’Aosta, La cooperazione di solidarietà sociale in Piemonte e Valle d’Aosta, idee
guida, programmi, linee di intervento e proposte d’azione per un movimento
125

solidale organizzato, Pianezza, 20 aprile 1991; Redazionale, Organizzazione e
condivisione, in “Confcooperative Piemonte” n. 2 – marzo-aprile 1991.
21 Ne facevano parte Giampiero Porcheddu, Livio Predieri, Angelo Gonella, Franco
Mammola, Giuseppe Migliaccio, Pier Carla Ferreri, Dino Lavagna.
22 Livio Predieri in Redazionale, Costituito il comitato provinciale Federsolidarietà,
in “Il Saviglianese” del 23 naggio 1991; Redazionale, Investire nel sociale, in
“Confcooperative Piemonte” n. 5/6 – settembre-ottobre 1991.
23 In quell’occasione l’assemblea elesse il primo Consiglio Direttivo che risultò così
composto: Presidente Giampiero Porcheddu (Coop. Cos), Segretario Livio Predieri
(Coop. Alberto Abrate), consiglieri Angelo Gonella (Coop. Laboratorio), Giuseppe
Migliaccio (Coop. Fiordaliso) e Enzo Salvagno (Coop. Proposta 80); cfr.
Redazionale, Cooperative sociali unite nella “Federsolidarietà”, in “La Guida” n.
21 del 22 maggio 1992.
24 L 381/ 91, Art. 1: «Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse
generale della comunità alla promozione e all’integrazione sociale dei cittadini
attraverso: a) la gestione dei servizi socio sanitari ed educativi; b) lo svolgimento di
attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi finalizzate
all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate». Il Presidente nazionale di
Federsolidarietà Felice Scalvini ebbe a sottolineare l’importanza, proprio nell’Art. 1
della legge, dell’uso della parola comunità e non di collettività. Infatti “comunità” «è
la comunità locale, il quartiere, il paese, la città, è quella aggregazione di valori
forti all’interno della quale si sviluppa la capacità di esprimere i bisogni e le
risposte», cfr. Mondino Massimino-Rinaudo Barbara, Le Cooperative Sociali, Tesi
di Diploma, Scuola per Educatori Professionali Usll n. 58 – Cuneo, Relatore: dott.
Gaudenzio Salvagno, A.A. 1991-92, p.41.
25 Il 6 aprile 1978 davanti al Notaio Enrico Cavallo, in Cuneo, 14 Soci, in
maggioranza insegnanti, costituirono la Cooperativa sociale Proposta 80. Primo
Presidente don Attilio Giribaldi e vice Presidente Franco Varengo; cfr. Proposta 80,
Atto Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
26 Ovidi Maurizio, intervista del 8 maggio 2003, Cuneo.
27 Proposta 80, Statuto, Archivio Confcoop. Cuneo.
28
Proposta 80 – Dipartimento Formazione, 1986 – 2002, 16 anni di attività,
Archivio Confcoop. Cuneo.
29
O.L., Cultura solidale per gli operatori scolastici, Le iniziative di Proposta 80, in
“La Guida” n. 36 del 30 settembre 1994.
126

30 Bianco Armando, intervista del 14 aprile 2003, Alba.
Armando Bianco è Presidente della Cooperativa sociale Progetto Emmaus e
Presidente onorario della Cooperativa Insieme. Con Vincenzo Torchio è autore del
libro Handicappati una lunga storia insieme, Gribaudo, 1999, un volume in cui si
racconta la storia del Gruppo spontaneo handicappati, della Cooperativa Insieme e
della Cooperativa Progetto Emmaus.
31 Bianco Armando, intervista citata.
32 Idem.
33 Il 29 ottobre 1985 davanti al Notaio Vincenzo Toppino, in Alba, 13 Soci
costituirono la Cooperativa sociale Alberto Abrate. Primo Presidente fu Piergiorgio
Marasso, vice Presidente Maria Paola Campanella; cfr. “A. Abrate”, Atto costitutivo,
Archivio Confcoop. Cuneo.
34 Il 6 maggio 1989 davanti al Notaio Vincenzo Toppino, in Alba, 11 Soci
costituirono la Cooperativa sociale Insieme. Primo Presidente fu Armando Bianco,
vice Presidente Vincenzino Torchio. Tra i Soci fondatori troviamo anche don
Angelo Stella; cfr. Insieme, Atto costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo. La
Cooperativa nata come di tipo B, in base alla L. 381/91 ebbe a partire dalla fine
degli anni Novanta una serie di problemi dovuti al fatto che in realtà il servizio
offerto da “Insieme” era anche classificabile di tipo A. Vi fu una battaglia condotta
in prima persona dall’attuale Presidente Palmo Dellapiana e dal Presidente onorario
Armando Bianco che alla fine portò la Cooperativa ad essere la prima in Piemonte
ad essere classificata sia di tipo A che B nel 2001.
35 Bianco Armando, intervista citata.
36
Lucchiari Renzo, intervista del 19 maggio 2003, Cuneo. Presidente della
Cooperativa Oasi.
Renzo Lucchiari fu per alcuni decenni Direttore della Cassa Mutua della Coldiretti
di Cuneo, dando a questa struttura un’impronta fortemente sociale; grazie a questa
esperienza Lucchiari maturò una capacità organizzativa, una conoscenza delle
problematiche concernenti l’aiuto e l’assistenza di persone in difficoltà ed una
profonda sensibilità umana che riverserà in seguito nella cooperazione sociale.
37 Il 16 giugno 1988 davanti al Notaio Alberto Parola, in Cuneo, 13 Soci costituirono
la Cooperativa sociale Operatori Associati per Servizi Integrati (Oasi). Primo
Presidente fu don Aldo Benevelli, vice Presidente Renzo Lucchiari. Il legame con la
Caritas appare nell’atto costitutivo che infatti recita così: «... ispirandosi, nella sua
attività, ai postulati di evangelizzazione e socialità della Chiesa Cattolica nella
127

libera e spontanea cooperazione, alla cui diffusione ed affermazione è impegnata,
nel contesto del principi ispiratori e programmatici della Caritas Nazionale e
locale»; cfr. Oasi, Atto Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
38 Il primo è tuttora funzionante ed ha come scopo il benessere psicologico
dell’individuo nei diversi contesti sociali (famiglia, scuola, società); il secondo dopo
qualche anno venne direttamente gestito dall’Ussl.
39 Renzo Lucchiari in Liberatore Oriana, Cooperativa Oasi. Per i servizi sul
territorio, in “La Guida” n. 45 del 26 novembre 1993.
40 Cfr. Signetti Donatella, La “Casa di giorno” per anziani. Una casa per restare a
casa, in “La Guida” n. 26 del 28 giugno 1996; gr., Bambini ed anziani a confronto
alla ”Casa di giorno” dell’Oasi, in “La Guida” n. 24 del 30 marzo 1999; gr., Casa
di giorno per anziani dell’Oasi: una proposta alternativa, in “La Guida” n. 70 del
28 settembre 1999. Dal lavoro all’interno della Casa di Giorno è nata una
pubblicazione: Un salto in soffitta. Storie di vita raccontate dagli ospiti della Casa
di Giorno per Anziani, Cuneo, s.d.
41 Cfr. fv, La cooperativa “Oasi” apre un ostello per i parenti dei ricoverati. In “La
Guida” n. 30 del 25 luglio 1997.
42 Lucchiari Renzo, intervista citata.
43 Idem.
44 Il 3 settembre 1985 davanti al Notaio Alberto Parola, in Cuneo, 11 Soci
costituirono la Cooperativa sociale Emmanuele. Primo Presidente fu Luigi Faletto e
vice Presidente Sebastiano Finocchiaro; cfr. “Emmanuele”, Atto costitutivo,
Archivio Confcoop. Cuneo; cfr. Ianniello Attilio, Una valle accogliente per torrenti
irrequieti: la Cooperativa Sociale Emmanuele, Cuneo, 2005.
45 Dalmasso Brunella, “Diventare adulti”. La sfida del crescere nella comunità per
minori, Regione Piemonte, Azienda Ospedaliera “Santa Croce e Carle”, Scuola per
Educatori Professionali- Corso di Riqualificazione, Anno Accademico 1994/1995,
Relatore: dott. Aldo Giordano.
46 Idem.
47 Dalmasso Brunella, intervista del 18 maggio 2005, Cuneo. Brunella Dalmasso da
sempre responsabile della Comunità attualmente è anche Presidente della
Cooperativa Emmanuele.
128

48 Vedi Trafôi, Solidali con la solidarietà, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 7 – aprile
2000.
49 Il 25 novembre 1981 davanti al Notaio Tullio Silvestri, in Saluzzo, 9 Soci
costituirono la Cooperativa agricola Il Casolare con lo scopo di coltivare in comune
le terre di cui la società disporrà e di promuovere ogni tipo di attività agricola. Primo
Presidente fu Paolo Trovò e vice Presidente Giovanni Olivero; cfr. Il Casolare, Atto
Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
50 Gerardi Sergio, intervista del 7 maggio 2003, Piasco. Attuale Presidente.
51 Idem.
52 Cfr. Massobrio Paolo, Al Casolare di Piasco latte e yogurt cremosi, in “La
Stampa” del 21 marzo 2003.
53 Il Casolare, Verbale di assemblea Straordinaria dei Soci del 3 dicembre 1993,
Archivio Confcoop. Cuneo.
54 Idem.
55 Salvagno Flavia, intervista del 30 aprile 2003, Cuneo. Flavia Salvagno è il
Presidente della Cooperativa sociale Persona e Società.
56 Il 24 novembre 1997 davanti al Notaio Fiorella Borro, in Cavallermaggiore, 20
Soci hanno costituito la Cooperativa sociale Persona e società. Primo Presidente
eletto fu Flavia Salvagno, vice Presidente Giovanni Claudio Cortese; cfr. Persona e
società, Atto Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
57 Salvagno Flavia, intervista citata.
58 Cfr. redazionale, L’attività del Centro studi, in “La Guida” n. 27 del 13 aprile
1999.
59 Cfr. Persona e Società, La cooperativa “Persona e Società” e le sue attività,
Archivio Confcoop. Cuneo. Oltre a queste ricerche il Centro studi ha organizzato
una serie di corsi tra cui: “Da handicappato a cittadino: la conquista dell’autonomia
attraverso la scuola ed il lavoro”; “Alzheimer: problematiche ed esigenze del malato
e della famiglia e progetti di intervento in ambito sanitario e sociale”; “Qualità nei
servizi e servizi di qualità”; “Assistenti alle autonomie per allievi portatori di
handicap” ecc.
60 Salvagno Flavia, intervista citata.
129

61 Vedi Salvagno Flavia, “Persona e Società”, in “La Guida” n. 27 del 13 aprile
1999.
62 Il 16 aprile 1991 davanti al Notaio Carlo Alberto Parola, in Cuneo, 10 Soci
costituiscono “La Grolla”. Primo Presidente fu eletta Elena Daniele, vice Presidente
Grazia Cavallo; cfr. “La Grolla”, Atto Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
63 Franco Mondino, monregalese, è un uomo di preghiera che riesce, grazie anche a
suoi particolari carismi, a coinvolgere un alto numero di persone in opere di servizio
alle persone più bisognose, soprattutto anziani e malati.
64 Daniele Elena, intervista del 8 maggio 2003, Boves. Elena Daniele è Presidente
della Cooperativa “La Grolla”.
65 Un libro ha raccolto i ricordi degli ospiti: Comunità Montana Valle Grana (a
cura), Saggezza di vita, Cuneo, 2003.
66 Vit Erika, intervista del 15 maggio 2003, Chiusa Pesio. Erika Vit è la responsabile
del Centro “A. Mauro”.
67 Il 18 febbraio 1993 davanti al Notaio Mario Musso, in Dronero, 15 Soci
costituirono la Cooperativa sociale Insieme a Voi. Primo Presidente fu eletto Livio
Tesio e vice Presidente Alda Fantini; cfr. Insieme a Voi, Atto costitutivo, Archivio
Confcoop. Cuneo.
68 Barone Giancarlo, intervista del 9 agosto 2005. Barone è amministratore e socio
fondatore della Cooperativa.
69 Idem.
70 Redazionale, “Insieme a Voi” a Busca a Villa Ferrero, in “Risorse” n. 1 – aprile
2004.
71 Barone Giancarlo, intervista citata.
72 Quagliaroli Moraglio Grazia. Intervista del 3 agosto 2005, Cuneo.
73 Idem.
74 Il 23 gennaio 1989 davanti al Notaio Massimo Martinelli, in Cuneo, 13 Soci
costituivano la Cooperativa San Paolo. Tra i costitutori vi era anche il parroco don
Beraudo. Primo Presidente fu eletto Piero Ferrero, vice Presidente Maria Grazia
Quagliaroli; cfr. “San Paolo”, Atto Costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo. La
130

Cooperativa ha iniziato con trascrizioni per l’Uma e l’Aci per poi passare a
laboratori di montaggio di parti di biciclette e ad attività di cartotecnica (si veda per
esempio: Urru Luigi, Cartelline, scatole, rifiniture, le nuove attività della San Paolo.
In “La Guida” n. 10 del 7 marzo 1997).
75 Quagliaroli Moraglio Grazia. Intervista citata; cfr. Marro Giampaolo, Il 1° anno
di Passaparola, la vetrina della solidarietà, in “La Guida” n. 47 del 7 dicembre
1990.
76 Idem.
77 Questo centro, situato nel Sud dell’India, nella zona del Tamil Nadu, ospita una
quarantina di donne disabili che sopravvivono facendo ricami e producendo incensi
naturali. Essendo la struttura che le ospita piena di barriere architettoniche, grazie
alla presenza dei volontari e alla mobilitazione della Cooperativa si è creata in Italia
una sede italiana della Rajiv Gandhi per raccogliere fondi per la costruzione di una
nuova casa adatta alle condizioni fisiche di queste donne.
78 “Io sono” è il Cristo.
79 Davanti al Notaio Aldo Saroldi si riunirono per la costituzione del Consorzio le
seguenti persone: Anna Levi, Presidente Coop. Alberto Abrate, Emilia Arione,
Presidente Cos., Mauro Numico, Amministratore Coop. Emmanuele, Paolo
Bernardi, Presidente Coop. Camminare Insieme, Giampiero Viale, Presidente Coop.
La Luna, Roberto Parola, Presidente Coop. Il Laboratorio, Piero Ferrero, Presidente
Coop. San Paolo, Alessandro Durando, Presidente Cons. Compagnia di Iniziative
Sociali, Flavia Salvagno, Presidente Coop. Persona e Società, Nino Gasco, vice
Presidente Coop. Nuovo Beila, Piera Destefanis, Presidente Cons. Sinergie Sociali,
Roberta Rossi, Presidente Coop. Il Cortile, Mino Taricco, Presidente Unioncoop.
80 Luca Bona in Confcooperative Cuneo (a cura), Il Mosaico – Cuneo. Cuneo, s.d.
81 Abbadessa Marco, intervista del 19 luglio 2005, Cuneo. Marco Abbadessa, nato a
Savigliano il 23 febbraio 1973, dopo aver terminato gli studi universitari, ha prestato
il proprio Servizio Civile, per conto della Caritas, nel quartiere San Paolo di Cuneo,
collaborando soprattutto con la Cooperativa San Paolo. Questa esperienza lo
avvicinò al mondo della cooperazione ed in particolare a Confcooperative, dove
entrerà nel 2000 per interessarsi di formazione professionale in Irecoop Piemonte.
«A fine febbraio 2004 mi è stato proposto il posto di Direttore del Consorzio Il
Mosaico e poi anche di Capo area progettazione e sviluppo che si occupa di far
decollare progetti; mi ritrovai a svolgere due ruoli non poi così disgiunti...»
131

6 novembre 1999, si celebra il Cinquantennale di Confcooperative Cuneo; al
tavolo dei relatori troviamo (da sinistra) Bruno Carli, Mons. Francesco Rosso, Mino
Taricco, Giovenale Gerbaudo e Luigi Marino. (foto Bedino)
132

XI
Una cultura per la comunità e il territorio
“Vogliamo il pane e le rose”. 1
Volevamo portare all’interno delle
nostre comunità innovazione,
modernità, adeguamento ai tempi,
attingendo alla nostra storia, alla nostra
cultura perché si era consapevoli che
avevamo delle radici profonde e
soprattutto delle radici buone.
Pier Giorgio Reggio
Negli anni Settanta nel nostro Paese, sull’onda di quella spinta ideale che
mosse, come abbiamo visto nel capitolo precedente, un notevole impegno
sociale, nacquero molte iniziative culturali. Vi erano ancora larghi strati
della popolazione con scarsi livelli di scolarizzazione e spesso il termine
“cultura” veniva associato a un “lusso”, un “di più” che solo pochi
privilegiati potevano permettersi. In quegli anni aperti al cambiamento
nasceva anche all’interno delle stesse classi subalterne il desiderio di
ribaltare questi luoghi comuni e di riappropriarsi della cultura intesa come
essenza della vita di una comunità e di un popolo, e non certo come mera
disquisizione accademica. 2
Nel 1982 in un documento di Confcooperative Piemonte si poteva leggere:
«L’uomo è veramente libero quando possiede non solo i beni materiali
adeguati ai bisogni della vita ma anche la cultura, la conoscenza, la
capacità di interpretare, capire, spiegare. È una scelta di fondo la nostra
che considera i soggetti non solo dei “produttori” ma delle “identità”, non
solo “consumatori” di cultura (o pseudo cultura), ma “protagonisti”,
“artefici”, “creatori” di cultura. Si innesta così un ulteriore ragionamento
che giustifica a pieno titolo un progetto di “cooperazione culturale”, che è
diverso e più ricco di un progetto di sviluppo culturale di tipo
133

esclusivamente personale ed individuale. Siamo consapevoli che la società
capitalistica... ed un certo modo di svilupparsi dell’industrializzazione
hanno sradicato anche tra i ceti popolari e tra gli stessi lavoratori i
tradizionali ma validi valori della solidarietà... Pensiamo modificabile
questa situazione con la promozione di iniziative culturali in cooperative...
Con molta attenzione alle nostre radici storiche ma anche con grande
interesse al mutarsi della realtà e con la capacità di cogliere il nuovo, noi
puntiamo alla riscoperta del significato della cultura popolare che è l’esatto
opposto della cultura individuale riservata ai pochi e maturata nella
competitività, ma anche l’opposto della massificazione negatrice della
partecipazione creativa». 3
In quel contesto di laboratorio culturale e politico anche in provincia di
Cuneo si diffusero alcune cooperative culturali. Una delle prime a sorgere fu,
per esempio, la Cooperativa L’Incontro di Alba, nata per «sviluppare una
complessa attività socio-culturale e di informazione, ispirata ai principi di
libertà, democrazia, partecipazione ecc. In grado di animare un movimento
di opinione che trovi un suo spazio concreto di espansione nel tessuto
umano e sociale di queste zone e ponga la sua verifica nella vita
quotidiana». 4
I promotori venivano tutti dall’ambiente del cattolicesimo impegnato
socialmente ed impregnato delle istanze innovative del Concilio Vaticano II:
«Erano anni vivaci culturalmente, gli anni del dopo Concilio, con tutta
l’effervescenza che questo aveva portato nella Chiesa», dice Pier Giorgio
Reggio. 5 «A livello giovanile poi, grazie anche all’azione educativa di molti
preti di Azione cattolica, sentivamo come molto importante il fatto di
rendere i laici protagonisti, e nella Chiesa e nella società».
Il desiderio di impegnarsi culturalmente al servizio del proprio territorio
portò il gruppo a ragionare sugli strumenti da darsi per rendere efficace e
duraturo il loro impegno. Scartato fin da subito lo spontaneismo, in quegli
anni così di moda, «si pensò che le nostre idee potevano mettere radici e
maturare grazie allo strumento della cooperativa, uno strumento caro al
movimento sociale cattolico albese». 6
Nacque così una cooperativa che si proponeva di incontrare e dialogare con
tutte le altre componenti culturali presenti sul territorio, fiera allo stesso
tempo della propria identità: «eravamo convinti del personalismo
comunitario, un pensiero che qui in Alba aveva avuto in mons. Natale Bussi
il suo massimo esponente». 7
E venne il tempo di iniziare le attività, di non limitarsi a declinazioni
teoriche: ci furono due prime iniziative: una ventina di incontri e dibattiti
134

sulla realtà religiosa, sociale e politica dell’Albese, della Langa e del Roero
ed un corso di formazione sociale. Quest’ultimo, che ormai è diventato un
appuntamento annuale importante ancora oggi superando la ventesima
edizione, era nato per dare contenuti e basi certe a quella voglia diffusa di
partecipazione politica e culturale dei cristiani, i quali però spesso, oltre la
buona volontà, non avevano altri strumenti con cui affrontare le diverse
realtà sociali.
Anche l’idea di aprire una libreria nella centrale via Mandelli ad Alba faceva
parte di questa strategia. Il libro è uno strumento per fare cultura, per
approfondire idee, per informarsi ed è utile se poi serve per incontrare altri,
discutere, vagliare criticamente i pensieri, mettendoli alla prova nella vita
quotidiana personale e comunitaria. La libreria, secondo i cooperatori, deve
essere soprattutto un luogo dove incontrarsi.
Accompagnati da una stella.
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta emerse all’attenzione dei
mass media e degli studiosi di scienze umane e sociali il fenomeno del
turismo. In modo particolare ci si rese conto che era una realtà che
coinvolgeva sempre maggiori strati della popolazione e non era solamente
più associabile alle cosiddette “ferie”, agli esodi estivi dalle grandi città, in
poche parole al turismo di massa. Si incominciò a parlare di turismo
intelligente, alternativo, culturale. Certo non coinvolgeva grandi numeri di
persone, ma di anno in anno quella minoranza incominciava a raggiungere
dimensioni interessanti.
Proprio in quegli anni a Cuneo alcune persone stimolate da Laura Cavallera
iniziarono a chiedersi cosa potevano fare per promuovere turisticamente la
nostra provincia.
«Erano già alcuni anni che lavoravo nel settore del turismo come
accompagnatrice», dice Laura Cavallera. 8 «Avevo quindi già una certa
esperienza e soprattutto guardandomi intorno vedevo le enormi potenzialità
turistiche del nostro territorio provinciale da diversi punti di vista,
soprattutto naturalistici e culturali. Ora era abbastanza deludente che
queste possibilità rimanessero latenti, inespresse».
Inoltre in quel periodo vi era una pressoché totale carenza di persone
preparate ad accogliere in modo consono e professionalmente valido i turisti
che per qualche ragione capitavano in quel di Cuneo. Nel 1990 si decise
allora di iniziare a creare i presupposti per un progetto di valorizzazione dei
135

eni ambientali ed artistici cuneesi: «Organizzammo in collaborazione con
lo Ial [Istituto addestramento lavoratori, un organismo della Cisl, nda.] il
primo Corso di formazione per Guide Turistiche della provincia di Cuneo.
Da questa esperienza nacque un primo gruppo di persone preparate che
iniziò ad operare nel territorio, spesso a titolo gratuito, con visite guidate ai
musei e cose del genere». 9
Alcuni dei partecipanti a questo primo corso di formazione decisero di
costituire una associazione (Ce.G.A.T.) con lo scopo «di promuovere,
propagandare, svolgere e tutelare tutte le attività inerenti allo sviluppo della
professione di Guide turistiche e di Accompagnatori turistici o corrieri, di
coordinare la ricerca ed il potenziamento del lavoro ai propri soci per la
massima occupazione nel settore turistico, nonché di promuovere e
sviluppare il turismo locale, nazionale ed internazionale, in particolare
quello sociale, giovanile, della Terza età, culturale, sportivo e dello
spettacolo». 10
Nel 1989 la Regione Piemonte 11 aveva pienamente riconosciuto queste
nuove attività lavorative e la neo costituita realtà associativa si trovava
quindi a svolgere un ruolo pionieristico nel settore. Infatti a questo primo
corso ne seguirono molti altri ampliando anche le collaborazioni. 12
L’associazione incominciò a farsi conoscere partecipando ad eventi quali
“Storie sotto le torri”, “A spasso con le masche”, “Conosci il museo” ed
anche ideandone alcune, come la manifestazione “Castelli aperti”; e non
solo, si sviluppò tanto da aprire sedi ad Alba, Savigliano ed anche fuori
provincia ad Asti e Alessandria.
Nel 1999 il gruppo decise di trasformare l’associazione in cooperativa
assumendo il nome, non troppo diverso dal precedente, di Centro Guide ed
Accompagnatori Turismo e Servizi Vega (Ce.G.A.T.S. Vega). 13 Vega è la
stella principale della costellazione della Lira.
Tra le attività che la Cooperativa svolge vi sono anche i servizi di
accoglienza e assistenza non solo in musei, castelli o residenze sabaude ma
anche presso Enti pubblici (la reception della Provincia), un impegno quindi
in vari ambiti ma finalizzato ad un unico scopo «far conoscere ed
apprezzare il nostro territorio che amiamo profondamente». 14
136

Note al Capitolo XI
1 Questa frase campeggiava su un enorme striscione portato da giovani operai e
operaie della Fiat Rivalta durante un corteo sindacale nell’autunno 1977. Era
l’espressione di una rivendicazione non solo più di tipo economico ma anche di
qualità della vita che esigeva un crescere insieme culturalmente. Lo slogan
rimandava ad un inno delle operaie americane degli inizi del Novecento che così
diceva: «La nostra vita non dovrebbe essere solo fatica dalla nascita alla morte. Il
cuore ha fame come il corpo, vogliamo il pane, ma vogliamo anche le rose».
2 Questa nuova coscienza nasce anche dal fatto che tra la fine degli anni Sessanta e
l’inizio dei Settanta si riscopre la cultura popolare liberandola dalle incrostazioni
folkloristiche più deleterie. Si riscopre la musica con ricerche che arrivano a testi
medioevali, il teatro, si riscoprono le lingue (in provincia l’occitano) e dialetti.
Anche l’Università riconosce l’importanza della Storia orale, del resto già da molti
anni fonte di ricerca nei paesi anglosassoni ecc. Nel nostro Paese rimarrà per sempre
come simbolo del popolo che si riprende la cultura la scuola di Barbiana di don
Lorenzo Milani.
3 Vedi: Unione Regionale Piemontese delle Cooperative (a cura), Il movimento
cooperativo piemontese, Torino, 1982, p. 16.
4 Il giorno 18 giugno 1977 davanti al Notaio Vincenzo Toppino, in Alba, 16 Soci
costituirono la Cooperativa L’Incontro. Primo Presidente fu eletto Giancarlo
Montaldo e vice Presidente Maria Grazia Tibaldi; cfr. “L’Incontro”, Atto costitutivo,
Archivio Confcoop. Cuneo.
5 Reggio Pier Giorgio, intervista del 1 giugno 2005, Alba. Pier Giorgio Reggio, nato
a Castino il 25 gennaio 1947, laureato in Economia e Commercio, ha da sempre
militato nel campo sociale di ispirazione cristiana sia con incarichi politici nella
Democrazia Cristiana che sindacali nella Cisl. Attualmente è Presidente della
Cooperativa L’Incontro e Direttore dell’Ufficio di Pastorale Sociale della Diocesi di
Alba.
6 Idem.
7 Idem. Mons. Natale Bussi scrisse nel 1945 “La persona umana nella società”; il suo
pensiero ha radici nel personalismo francese di Emmanuel Mounier e Jacques
Maritain, a loro volta in dialogo con una riflessione sociale cristiana portata da
alcuni intellettuali russi ortodossi, tra cui Nikolaj Berdiajev, fuoriusciti dal proprio
paese per sfuggire alle persecuzioni bolsceviche.
137

8 Cavallera Laura, intervista del 4 luglio 2005, Peveragno. Laura Cavallera, nata a
Cuneo il 4 novembre 1961, è il Presidente della Cooperativa Centro Guide ed
Accompagnatori Turismo e Servizi Vega.
9 Idem.
10 Associazione Centro Guide ed Accompagnatori turistici della Provincia di Cuneo
(Ce.G.A.T.), Atto costitutivo, Archivio Ce.G.A.T.
11 Si veda la L. R. n. 41 del 18 luglio 1989.
12 Il Ce.G.A.T. organizzò, oltre ad una decina di Corsi di formazione per
accompagnatori, Animatori e Guide turistiche, anche in collaborazione con la
Regione Piemonte, nel 1998, un corso per Guide relativo al patrimonio di arte sacra
del Cuneese. Dopo la trasformazione in cooperativa avvenuta nel 1999 promosse
corsi e servizi di consulenza esterna (per materie quali geografia, storia, folklore,
marketing turistico, tecnica turistica) in collaborazione con il CFP di Verzuolo,
l’AFP di Dronero, il CFP del Cebano e Monregalese, lo IAL di Cuneo, l’ENAIP di
Cuneo, il GAL Valli Gesso – Vermenagna – Pesio. Cfr. Ce.G.A.T.S Vega,
Curriculum, Archivio Ce.G.A.T.S
13 Il 28 maggio 1999 davanti al Notaio Gianangelo Rocca, in Saluzzo, 6 Soci
costituivano la Cooperativa Ce.G.A.T.S. Vega. Primo Presidente fu eletta Laura
Cavallera, vice Presidente Patrizia Revello.
14 Cavallera Laura, intervista citata.
138

Una casa per tutti.
XII
Il mattone cooperativo
La cooperativa edilizia è uno strumento importante per
affrontare il problema abitativo di molti ed è anche una
realtà a servizio delle Amministrazioni pubbliche, con cui
vuole dialogare per il bene della collettività, per trovar
aree a basso costo e per collaborare sui costi di
urbanizzazione.
Adriano Bruno Damiano
La casa è sempre stata per l’uomo un bene che assumeva diverse
connotazioni non solo materiali e sociali ma anche psicologiche e culturali.
La parola “casa” diveniva col tempo componente di espressioni indicanti la
patria di una persona, un punto di arrivo, il luogo degli affetti domestici, il
luogo della serenità.
Con il crescere del fenomeno dell’inurbamento però avere una casa
diventava spesso un problema non solo personale ma sociale.
Nella seconda metà dell’Ottocento furono molte le Società di Mutuo
Soccorso che cercarono di porre rimedio al bisogno di case delle classi
lavoratrici, poi iniziarono a formarsi delle vere e proprie cooperative,
antesignane della cooperazione edilizia attuale. Gli storici concordano sul
fatto che in Italia la prima di queste cooperative sia stata fondata a Milano
nel 1879 con il nome di Società Edificatrice di Abitazioni Operaie. 1 La
funzione della cooperazione edilizia, come vedremo, ha col tempo ampliato
le proprie caratteristiche rimanendo fedele al principio di assegnare una casa
anche alle categorie sociali in difficoltà.
Anche in provincia di Cuneo a partire dal periodo della ricostruzione dopo la
Seconda Guerra Mondiale si diffuse questo tipo di cooperazione, tanto che
per molti anni quelle edilizie furono una componente numericamente
importante per il movimento cooperativo cuneese. 2 Un contributo
139

fondamentale alla diffusione del metodo cooperativo nell’ambito abitativo fu
dato sia dalle Acli sia dalla Cisl, attraverso il Cenasca. 3
A partire dagli anni Sessanta iniziarono ad operare alcune importanti
cooperative edilizie, tra cui la “Stella polare”. 4 Promossa da un gruppo di
Ufficiali dell’esercito che volevano realizzare per sé alloggi economici, fu
mantenuta in vita e rilanciata tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli
Ottanta da Giuseppe Gagna: 5 «A metà degli anni Settanta trasferendomi a
Cuneo da Fossano per lavorare alla Michelin avevo l’esigenza di trovare un
alloggio e non era facile. Insieme a dei miei colleghi che avevano il mio
stesso problema andammo alla Confcooperative che ci disse: “Abbiamo una
cooperativa che è inattiva da alcuni anni ed ha una data interessante per
poter avere punteggio presso i bandi della Regione”. Infatti in quegli anni la
Regione dava con più facilità contributi ai soci di realtà cooperative che
potevano vantare un certo periodo di vita... e la “Stella Polare” era stata
fondata agli inizi degli anni Sessanta quindi aveva un bel po’ di anni. Così
abbiamo fatto i primi 24 alloggi». La cooperativa partecipò in seguito anche
alla realizzazione di interi palazzi (via Bodina, via Teresio Cavallo) nel
nuovo quartiere Cuneo 2.
Un’altra importante cooperativa costituita agli inizi degli anni Ottanta fu la
“Rocchetta”: 6 «Le origini della cooperativa sono molto interessanti», dice
Adriano Bruno Damiano, 7 «infatti fu promossa da un imprenditore di
Roccaforte Mondovì che avendo una discreta azienda metalmeccanica
voleva costruire alloggi per i suoi dipendenti». La cooperativa aderì al
Consorzio Unione di Confcooperative Piemonte, riuscì ad avere i
finanziamenti ma l’idea dell’imprenditore non decollò e la Rocchetta rimase
inattiva fino a quando «il Presidente regionale di Confcooperative Ettore
Marena nel 1991 mi chiamò e mi disse “Abbiamo in provincia di Cuneo una
cooperativa che la Regione ha già finanziato, pertanto potrebbe operare ma
non riusciamo a localizzare un’area per un possibile intervento. Puoi
pensarci tu?”. Poiché ormai era impossibile intervenire in Roccaforte
provammo a spostare a Benevagienna il progetto, non ottenendo nulla anche
in quel Comune. Casualmente poi venimmo contattati dal vice Sindaco del
Comune di Sanfré che ci diede l’opportunità di fare un primo intervento
consistente nella costruzione di 12 villette a schiera». 8
Intanto cambiavano le opportunità di avere finanziamenti ed aumentavano
sempre più le incombenze burocratiche, a cui le singole cooperative spesso
non riuscivano a far fronte. Fu necessario costituire, o rivitalizzare, consorzi
di edilizia abitativa cooperativa.
140

Un’edilizia attenta anche ai bisogni dei meno abbienti.
Agli inizi degli anni Ottanta si era costituito a Cuneo il Consorzio
Provinciale edilizia abitativa (Co.P.E.A.): 9 «Insieme a Giuseppe Gagna nella
seconda metà degli anni Ottanta rendemmo il Consorzio operativo», ricorda
Damiano; «con 24 villette a schiera costruite nel Comune di Fossano il
Copea iniziò la sua vera e propria attività». 10 Attualmente sono quattro le
cooperative edilizie aderenti al Copea: la Cuneo Argentera, la Rocchetta, la
Valli Cuneesi 11 e la Stella Polare. Insieme hanno reso possibile in questi
ultimi anni la realizzazione di parecchie unità abitative tra cui, nei dintorni di
Cuneo, dieci villette a schiera a Madonna delle Grazie, tre villette e ventotto
alloggi a Borgo San Giuseppe e quattordici alloggi a Madonna dell’Olmo.
Inoltre sono stati costruiti quattordici alloggi a Borgo San Dalmazzo, dodici
a Centallo e dieci villette a Canale d’Alba. 12
Anche nell’Albese la cooperazione edilizia, sorta soprattutto grazie al lavoro
del Cenasca, aveva cercato di dare risposte al bisogno di case, accresciuto
dalla presenza in città e nelle zone limitrofe di importanti industrie quali la
Miroglio, la Ferrero, la Mondo, lo stabilimento dei Paolini e di un qualificato
indotto di medie e piccole aziende. Nella seconda metà degli anni Novanta
verrà costituito il Consorzio Casa Futura 13 come naturale evoluzione del
Ser.Con. Cenasca: «Abbiamo promosso il Consorzio per una serie di
importanti ragioni», spiega Nicoletta Ponchione; 14 «intanto perché la
Regione Piemonte aveva iniziato a strutturare i bandi per l’ottenimento dei
finanziamenti pubblici in modo tale che erano proprio i Consorzi ad ottenere
un maggior punteggio e quindi ad essere avvantaggiati nelle graduatorie.
Inoltre i Consorzi, a differenza delle singole cooperative, potevano avere dei
dipendenti e un numero molto più alto di alloggi costruiti, cose queste che
tornavano utili sempre al fine del punteggio. Il Consorzio poi è importante
soprattutto perché fornisce i servizi a tutte le cooperative aderenti, e tra
questi, oltre alla rappresentanza presso i vari Enti pubblici, vi è
l’informazione puntuale e tempestiva, l’assistenza contabile e tecnica, la
ricerca del terreno, la gestione dei cantieri ecc.».
Gli anni di maggior attività delle cooperative edilizie in Alba sono stati
quelli che vanno dal 1995 al 2000, poiché l’Amministrazione comunale
aveva creato la cosiddetta zona C 4.4 (conosciuta dagli albesi come la zona
dei tetti blu), un Piano esecutivo convenzionato che prevedeva la
realizzazione di 550 alloggi di cui 220 di edilizia convenzionata. «In questo
piano siamo riusciti a realizzare i primi 40 alloggi, poi un’altra tranche di
141

22 e poi altri 22... Ad oggi in questo Pec C 4.4 ne abbiamo costruiti 120, di
cui 22 in proprietà indivisa... ». 15
La funzione della cooperazione edilizia di calmierare i prezzi e permettere
anche a chi non ha possibilità economiche di avere una casa in locazione
permanente oggi è ancora più importante che in passato poiché si assiste ad
un fenomeno di forte innalzamento del prezzo dei canoni di affitto. Tale
situazione sta determinando una crescente dinamica di esclusione sociale
diffusa su tutto il territorio e non solo nelle aree metropolitane.
Adriano Bruno Damiano in un promemoria inviato a tutti i candidati al
Consiglio Regionale piemontese nelle elezioni del 2005 tra l’altro scriveva:
«Il problema casa rimane un problema di tensione sociale... Il tema che oggi
appare maggiormente sottovalutato è quello dei soggetti che alimenteranno
la domanda abitativa dei prossimi anni. I giovani, inseriti in un mercato del
lavoro più flessibile che nel passato e caratterizzato da una quota crescente
di posizioni autonome, con minore stabilità finanziaria e più scarse garanzie
sui redditi futuri... Gli immigrati sia comunitari che extra comunitari. Si
tratta di persone che nella maggior parte dei casi hanno risolto il problema
del lavoro, ma che vivono ancora una situazione di grave precarietà
abitativa... Un terzo argomento di domanda è costituito dalla popolazione
anziana, in rapida crescita, dalla diffusione dei nuclei composti da persone
sole... ». 16 Su questi argomenti la cooperazione edilizia ha risposte positive
da dare: «Vogliamo aprire un “tavolo” con Amministrazioni, Enti locali,
Associazioni, Sindacati e quanti abbiano a cuore il problema abitativo, per
aggregare chi intende collaborare e dare risposte concrete. E anche
innovative: per esempio, stiamo valutando questioni relative alla casa
ecologica e a forme di mini alloggio per anziani. Anche in questo modo,
quindi, accanto all’aspetto imprenditoriale della cooperazione si sviluppa
anche la nostra missione sociale». 17
142

Note al Capitolo XII
1 Tale cooperativa tra l’altro costruì tra il 1880 e il 1890 il quartiere operaio fuori
Porta Vittoria nelle vie Lincoln e Franklin.
2 Negli anni Cinquanta, su un totale di 78 cooperative aderenti a Confcooperative
Cuneo, le cooperative edilizie erano 32, negli anni Sessanta, 75 su un totale di 143,
agli inizi degli anni Settanta, 82 su 145. In seguito, passato il periodo di maggior
attività edificatrice, il numero delle cooperative si ridurrà, mantenendosi poi
costante, ad un paio di decine.
3 Le Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani) promuovevano la cooperazione
edilizia anche in Paesi del Terzo Mondo, per esempio finanziarono «la cooperativa
di abitanti delle favelas della città brasiliana di Teofilo Otoni, la “Mutirao de
Taquara”, i cui soci si costruiscono le loro casette anche grazie ai fondi mandati
dal Consorzio Acli Casa con prelievo di una percentuale fissa da ogni intervento»
(in Redazionale, Le ragioni più vere di un’esperienza, in “Confcooperative
Piemonte” n. 3-4 – luglio 1991).
4 Il 31 luglio 1963 fu costituita la Cooperativa edilizia “Stella Polare” davanti al
Notaio Enrico Cavallo, in una sala del Circolo Ufficiali della caserma Cesare
Battisti. Infatti i costitutori erano tutti ufficiali dell’Esercito e nominarono primo
Presidente il Tenente Colonnello Chiaffredo Rabo, vice Presidente il Maggiore
Domenico Corbelli.
5 Gagna Giuseppe, intervista del 12 maggio 2003, Cuneo. Giuseppe Gagna, nato a
Fossano il 9 marzo 1938, è il Presidente della Cooperativa “Stella polare”. È stato
anche il promotore del Consorzio Copea.
6 La Cooperativa “Rocchetta” fu costituita il 24 gennaio 1981 davanti al Notaio Pier
Paolo Padovani, in Villanova Mondovì. Primo Presidente fu eletto Adamo Belzuino.
7 Damiano Adriano Bruno, intervista del 30 aprile 2003, Centallo. Adriano Bruno
Damiano, nato a Boves il 21 agosto 1946, visse a partire dai sette anni con la sua
famiglia a Roccavione dove il padre lavorava presso l’Italcementi. Il padre ex
partigiano, socialista cristiano e promotore di una cooperativa di consumo a
Roccavione, indirizzò Adriano Bruno verso un’attenzione agli aspetti sociali della
vita che avrebbe dato frutti in seguito. Infatti dopo aver militato nell’Azione
Cattolica, incontrò le Acli grazie a don Cesare Maccagno. Divenne quasi subito
Segretario Giovanile delle Acli a Roma, dove ricevette una formazione politica e
organizzativa. Tornato a Cuneo a metà degli anni Settanta, Damiano rivestì incarichi
dirigenziali nelle Acli provinciali, dove organizzò alcune cooperative edilizie tra cui
la Cooperativa Mara, la Monviso e la Cuneo Argentera, che poi radunò insieme alle
143

cooperative Acli Cuneo, Acli Moretta, Edilcoop San Giovanni e la “Carboni
Marino” nel Consorzio provinciale Acli casa (costituito il 15 ottobre 1985 davanti al
Notaio Ivo Grosso, in Cuneo) diventandone il Presidente. Organizzò pure i primi
corsi di formazione Enaip. Il 27 marzo 1982, in qualità di Presidente regionale delle
Acli, partecipò al II Congresso regionale piemontese di Confcooperative con un
discorso che sottolineava l’importanza attribuita dalle Acli e da Damiano in
particolare al metodo cooperativo per far maturare la società civile: «Far crescere la
società civile significa operare su molti fronti: da quello culturale a quello
istituzionale a quello economico. Questo ultimo aspetto comprende i problemi delle
risorse, l’uso delle stesse ai fini dei processi da realizzare per un cambiamento di
qualità... Su questo ultimo aspetto grande importanza ha... la cooperazione» (Vedi:
Unione Regionale Piemontese delle Cooperative (a cura), Il movimento cooperativo
piemontese, Torino, 1982, pp. 41-42).
Attualmente Damiano è Presidente delle Cooperative Rocchetta, Argentera e del
consorzio Copea, è membro del Consiglio di Presidenza della Confcooperative
Cuneo ed è vice Presidente della Confcooperative Piemonte.
8 Damiano Adriano Bruno, intervista del 25 luglio 2005, Cuneo.
9 Il 30 giugno 1982 davanti al Notaio Aldo Saroldi, in Cuneo, 11 cooperative
costituivano il Copea. Primo Presidente fu Giuseppe Gagna, vice Presidente Donato
Bergese.
10 Damiano Adriano Bruno, intervista citata. Cfr. anche Città di Fossano, Verbale di
deliberazione del 1° luglio 1987 n. 685, Archivio Copea.
11 La cooperativa Valli Cuneesi è stata costituita per poter accedere a finanziamenti
per cooperative edilizie a proprietà indivisa, cioè cooperative che in quanto tali
rimangono proprietarie dell’immobile mentre i soci pagano un canone di godimento
e possono usufruire del bene casa permanentemente e addirittura eventualmente
trasferirlo ad eredi. Le altre cooperative sono a proprietà divisa, ossia terminata la
costruzione dell’alloggio questo viene assegnato al socio che ne diventa proprietario.
12 Cfr. Brignone Fabrizio, Nuova forza per l’edilizia, in “La Guida” n. 15 del 15
aprile 2005.
13 Il 19 dicembre 1997 davanti al Notaio Fabrizio Donotti, in Alba, le cooperative
Prima Collina, Le Ginestre, Casainsieme Sesta, con la presenza di Nicoletta
Ponchione, Mario Cerigo e Domenico Petrarulo, diedero vita al Consorzio Casa
Futura. Primo Presidente fu eletta Nicoletta Ponchione.
14 Ponchione Nicoletta, intervista del 29 agosto 2005, Alba. Nicoletta Ponchione,
attuale Presidente del Consorzio Casa Futura, è nata ad Asti il 2 dicembre 1968. Da
144

quindici anni si occupa del settore cooperativo edilizio, prima nel Ser.Con. del
Cenasca e quindi nel Consorzio. Profondamente convinta del metodo cooperativo
non solo in edilizia ma anche in tutti gli altri settori, collabora a Confcooperative
Cuneo in qualità di vice Presidente. Nel settore abitativo ricopre il ruolo di vice
Presidente della Federabitazione di Confcooperative Piemonte ed è Consigliere
nazionale della stessa federazione.
15 Idem. Cfr. Redazionale, Edilizia in affitto nella zona C 4.4., in “Alba Notizie
2000”, n. 2 del 15 aprile 2002: «Gli alloggi destinati all’affitto saranno 44 di cui n.
11 saranno edificati dall’Atc di Cuneo, n. 11 da parte della Cooperativa Valli
Cuneesi, e n. 22 da parte della Cooperativa Venere. La Cooperativa Venere
aderente al Consorzio Casa Futura e a Confcooperative Federabitazione realizza
per la prima volta in Alba alloggi da assegnare ai soci in proprietà indivisa».
16 Damiano Adriano Bruno, Il problema casa. Promemoria per i candidati al
Consiglio regionale 2005-2010, Archivio Damiano.
17 Adriano Bruno Damiano in Brignone Fabrizio, Nuova forza per l’edilizia, in “La
Guida” n. 15 del 15 aprile 2005.
145

Banche con l’anima. 1
XIII
Differenti per scelta
La solidarietà non può essere per noi un puro
dogma, solo in funzione della sua valenza etica,
ma dovremo cercare di rendere palese ai soci
cooperatori anche la sua valenza pratica.
Ricordiamo sempre che la solidarietà cooperativa
o è efficiente o non è solidarietà, e che
l’efficienza è anche la salvaguardia futura del
movimento cooperativo stesso.
Alfredo Ferri
Nella seconda parte dell’Ottocento, dopo aver raggiunto l’unità, il nostro
Paese coniugava una migliorata condizione finanziaria, soprattutto nelle
regioni settentrionali, con sacche di povertà diffusa maggiormente nel
mondo rurale. Per porre rimedio a questo stato di cose sorsero e si diffusero
anche in Italia, dopo esser nate in Germania, 2 le Casse rurali, un esempio di
cooperazione nel mondo del credito che diede frutti positivi in campo
sociale, ambientale e di aiuto allo sviluppo. I primi promotori di questo
nuovo impegno creditizio furono alcuni circoli laici e liberali
particolarmente attenti alle problematiche sociali e che trovarono in Leone
Wollemborg 3 il loro ispiratore. Quest’ultimo infatti fondò a Loreggia, in
provincia di Padova, il 20 giugno 1883 la prima Cassa Rurale d’Italia per
«pareggiare nel credito ai grandi gli imprenditori più minuti, recando
quell’aiuto potente ai piccoli e piccolissimi proprietari-coltivatori, a piccoli
e piccolissimi affittaiuoli e redimendoli dall’usura; diffondere la moralità,
insegnando praticamente alla popolazione il valore economico dell’onestà;
stimolare le energie morali assopite, ridestando negli animi avviliti la
speranza, richiamando forze latenti alla vita». 4
146

Dopo la promulgazione dell’Enciclica Rerum Novarum da parte di Leone
XIII il 15 maggio 1891 anche il cattolicesimo poté finalmente esprimere in
modo più organizzato la propria carica ideale nell’impegno a favore del
riscatto sociale, economico e morale dei ceti più emarginati della società.
Nell’ambito del credito cooperativo si mosse per primo don Luigi Cerutti 5
che nel 1890 fondò a Gambarare di Mira (VE) la prima Cassa Rurale
cattolica con lo scopo di «redimere l’agricoltore dall’usura; dargli il mezzo
di provvedere a una coltivazione razionale della terra mettendo a sua
disposizione il capitale a convenienti condizioni; porlo in grado di non
dover precipitare le vendite dei suoi raccolti; e nel medesimo tempo
toglierlo all’isolamento, avvicinarlo ai proprietari e spingerlo al
miglioramento morale». 6
Questi fermenti sociali coinvolsero anche la provincia di Cuneo dove,
partendo dall’Albese, la cooperazione di credito si diffuse nel giro di un
ventennio in ogni zona, dai piccoli centri del Roero alle cittadine della
pianura, dai paesi delle Langhe alle borgate montane.
Nei dintorni di Alba sorse la prima Cassa Rurale della provincia; a Diano
d’Alba infatti nel 1886 l’avvocato Giacomo Oddero promosse una Cassa
Prestiti 7 nell’ambito dell’Unione agricola, una società mutualistica di
ispirazione liberale che attraverso acquisti collettivi, formazione agraria e
forme di assicurazione in caso di malattia dell’agricoltore voleva migliorare
le condizioni sociali dei soci. Due anni dopo fu la volta della Cassa Rurale di
Boves 8 alla cui costituzione ebbe un ruolo non secondario l’avvocato
Giuseppe Berrini, direttore della Cassa di Risparmio di Cuneo, che era un
sincero estimatore di Leone Wollemborg.
E sempre nei dintorni di Alba sorse anche la prima Cassa Rurale cattolica;
infatti nel luglio del 1894 a Piobesi d’Alba il parroco, don Giovanni
Coccino, fondò la “Cassa Rurale di Prestiti”, un evento che fu salutato dalla
stampa cattolica locale con entusiasmo, definendolo «un bell’esempio di
socialismo cristiano» e sottolineando con forza il ruolo antiusura: «con
queste Casse si snidano tutti gli avvoltoi, tutte le arpie, tutti i vampiri che
succhiano il sangue della povera gente... si difende il colono da essere
vittima degli strozzini e li si soccorre non solo materialmente ma anche
moralmente». 9
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la provincia di Cuneo
vide nel suo territorio una fioritura di Casse Rurali ed Artigiane davvero
eccezionale. 10
A questo florido periodo subentrò, a partire dagli anni della Prima Guerra
mondiale, una crisi del credito cooperativo che si accentuò negli anni Venti,
147

complice anche il regime fascista, ed ebbe il suo apice nel crac della Cassa
Rurale di Bagnolo, che fallì nel 1923 trascinando nella sua rovina parecchie
altre cooperative di credito. 11
Nonostante le difficoltà economiche, politiche ed infine anche quelle legate
alla disastrosa Seconda Guerra Mondiale, alcune delle Casse Rurali storiche
sopravvissero partecipando attivamente al nuovo periodo della ricostruzione.
Le Casse di Diano, Grinzane, Vezza, Boves, Caraglio, Bene Vagienna, Carrù
guidavano la ripresa del credito cooperativo provinciale a cui diede un
importante contributo, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’on. Luigi Bima. 12
Quest’ultimo infatti in qualità di Presidente dell’Ente di Zona 13 promosse la
costituzione delle Casse di Sant’Albano Stura (1952), Rocca de’ Baldi
(1959), Casalgrasso (1962), Cherasco (1962), Pianfei (1962), Robilante
(1962), Pamparato (1964) e Margarita (1965), che si aggiunsero a quelle
storiche portando a quindici il numero degli istituti di credito cooperativo in
provincia di Cuneo e diventando così un’importante realtà economica: «La
funzione e l’importanza delle Casse Rurali ed Artigiane nel tessuto
economico della nostra provincia è di grande peso e costituisce in alcune
zone l’ossatura principale del sistema creditizio... nella nostra provincia
sono ben 15 le Casse Rurali ed Artigiane che vi operano, rappresentando
praticamente oltre l’80% delle “Casse” esistenti in Piemonte e Valle
d’Aosta». 14
I tempi erano maturi perché dal Cuneese partisse l’iniziativa per una
Federazione Piemontese delle Casse Rurali ed Artigiane.
A Boves in un giorno d’ottobre.
Il cav. Giuseppe Capello, 15 Presidente della Cassa Rurale e Artigiana di
Boves, fu con Enzo Badioli, nel 1963, uno dei promotori dell’Iccrea (Istituto
Centrale della Casse Rurali e Artigiane) con sede a Roma, entrando fin da
subito a far parte del Consiglio di Amministrazione dello stesso. Questa
importante esperienza diede l’opportunità al cav. Capello di conoscere la
realtà nazionale del credito cooperativo e di intuire che per un maggior
sviluppo delle Casse Rurali era necessario costituire tra le stesse una
federazione che le tutelasse e ne promuovesse un ulteriore sviluppo.
Il 20 ottobre 1966 davanti al Notaio Raffaello Di Girolamo, in Boves, il cav.
Giuseppe Capello, Presidente della Cassa Rurale ed Artigiana (Cra) di
Boves, Giovanni Bonacossa, Presidente della Cra di Casalgrasso, Tommaso
Garelli, Presidente della Cra di Pianfei, Melchiorre Careglio, Presidente
148

della Cra di Vezza d’Alba, Filippo Massano, Presidente della Cra di
Sant’Albano Stura, Mario Caramelli, Presidente della Cra di Pamparato,
Carlo Piovano, Presidente della Cra di Rocca de’ Baldi, Giovanni Battista
Morra, Presidente della Cra di Bene Vagienna, Oscar Sebaste, Presidente
della Cra di Gallo Grinzane, Giacomo Oggero, Presidente della Cra di
Caraglio, Giovanni De Filippi, Presidente della Cra di Carrù, Andrea Borra,
Presidente della Cra di Margarita, Giacomo Vallauri, Presidente della Cra di
Robilante e Giuseppe Santi, Presidente della Cra di Roreto costituirono la
Federazione Piemontese delle Casse Rurali ed Artigiane (Fpcra) con lo
scopo di «agevolare, sviluppare, perfezionare, difendere, assistere
tecnicamente e socialmente il movimento Cooperativistico di Credito in
generale e le Casse Rurali ed Artigiane del Piemonte in particolare». 16
La prima sede della Federazione fu presso la Cra di Boves: «Proprio in
quegli anni noi avevamo trasferito la Cassa Rurale di Boves da piazza
dell’Olmo alla attuale sede in piazza Italia. Era il 1965», dice Franco
Giraudo. 17 «Noi avevamo questa nuova sede con alcuni locali liberi e allora
abbiamo messo a disposizione della Federazione, che era nata con molto
entusiasmo ma pochi mezzi economici, una stanza che funzionò da sede
operativa e legale per un po’ di tempo. Ricordo che allora c’era il rag.
Antonio Allocco, ex dirigente della Cassa di Risparmio di Fossano, che dava
una mano per far funzionare la nuova organizzazione. Veniva due o tre volte
alla settimana per ritirare la corrispondenza e fare dei conteggi, per il resto
del tempo andava da una Cassa Rurale all’altra. Era una persona esperta,
equilibrata, che seppe dare una prima impronta di funzionalità alla
Federazione».
Nel 1968 aderì alla Federazione anche la Cassa Rurale di Diano d’Alba che
non aveva partecipato alla costituzione. I servizi di assistenza gestionale e
contabile incominciavano ad esigere un certo grado di continuità tanto che
nel 1970 venne assunto il primo dipendente nella persona di Elio Cuminetti,
che nel 1974 diventò il Direttore della Federazione, carica che tuttora
ricopre. «In questi anni attraverso una serie di ampliamenti, investimenti e
innovazioni nei servizi abbiamo cercato di sostenere le nostre banche di
credito cooperativo (Bcc) affinché potessero svolgere al meglio il loro
ruolo», dice Elio Cuminetti. 18 « E qual è il loro ruolo? Fare banca. Fare
banca possibilmente per tutti a condizioni accettabili. Fare banca in modo
un po’ diverso cercando il dialogo, cercando di centrare i bisogni reali della
persona, di assisterla quando ha delle difficoltà, quando ha da fare delle
scelte importanti, quando ha bisogno di investire nella propria attività… È
l’aspetto dell’attenzione alla persona e di dare ancora oggi credito in base a
149

ciò che la persona è e non in base a quello che la persona ha…Noi per
vocazione siamo vicini alla gente e per questo mi piacerebbe che la nostra
campagna pubblicitaria a livello nazionale trasformasse lo slogan
“differenti per forza” in “differenti per scelta”».
Nel 1988 Giuseppe Capello lasciò la carica di Presidente della Federazione.
Gli subentrò Felice Cerruti coadiuvato da due vice Presidenti, Enrico Gruner
e Gino Sobrino.
«Da quando sono Presidente il credito cooperativo, come del resto tutto il
sistema bancario, ha promosso trasformazioni e adeguamenti alla sua
struttura per far fronte alle nuove realtà economiche e sociali», dice Felice
Cerruti. 19 «A livello nazionale ci si è posti la domanda di cosa fare per poter
servire meglio le nostre associate. Abbiamo quindi individuato nelle società
del gruppo Iccrea holding (la Iccrea banca, l’Agrileasing, la Coogestioni
ecc.) gli strumenti per dare alle Bcc sul territorio dei prodotti che siano per
lo meno all’altezza, se non migliori, di quelli utilizzati dalle altre banche.
Per ottimizzare i risultati abbiamo anche dato nuovo impulso alle
Federazioni regionali che assumono in sé due funzioni importanti: fare
associazione e dare servizi efficienti».
Elio Cuminetti dirige la funzione associativa che vede la Federazione come
luogo dove le diverse Bcc si trovano per parlare di strategie e indirizzi
comuni, per fare acquisti e promozione pubblicitaria insieme, per fare
formazione del personale ecc. Inoltre da questo punto di vista la Federazione
rappresenta tutte le Bcc aderenti del territorio di fronte agli Enti pubblici e
privati quali la Regione, la Provincia, la Camera di Commercio, l’Unione
Industriale e così via.
A questa prima funzione si affiancherà poi, anche grazie all’impulso del
Presidente Cerruti, la Servizi Bancari Associati, diretta da Carlo Lattanzio,
che si occupa di contabilità, paghe e servizi amministrativi.
Negli anni Novanta si sono verificati due eventi importanti, uno legislativo, 20
riguardante tutto il credito cooperativo italiano, ed uno legato alla nostra
realtà provinciale: la fusione di alcune Bcc tra loro. Iniziò la Bcc di Bene
Vagienna a fondersi per incorporazione con la Bcc di Vottignasco il 16
ottobre 1995, seguita poi dalla fusione, il 6 novembre 1995, tra le Bcc di
Margarita e Robilante, che diedero vita alla Bcc Cuneese, e dalla fusione, il
27 dicembre 1995, tra le Bcc di Pianfei e Rocca de’ Baldi. Il 2 ottobre 1998
fu la volta delle Bcc di Diano d’Alba, Vezza d’Alba e Gallo Grinzane di
unirsi e fondare la Bcc di Alba, Langhe e Roero. Il 5 ottobre 2000 si univano
le Bcc di Casalgrasso e Sant’Albano Stura mentre il 6 dicembre 2001 si
fondevano la Bcc di Caraglio, che l’anno precedente aveva incorporato la
150

Bcc di Camporosso e Val Nervia, con la Bcc Cuneese dando vita alla Bcc di
Caraglio, del Cuneese e della Riviera dei Fiori.
«Dal 1975 in poi c’è stata una crescita continua del credito cooperativo»,
dice Cerruti. «Questo perché abbiamo un forte radicamento nel territorio. Il
territorio è fatto di tantissime cose, la popolazione, le aziende, l’economia in
generale, l’ambiente, il turismo, e la Bcc funziona quando riesce ad essere il
punto di riferimento di tutti questi aspetti, quando riesce a far squadra con il
territorio che l’ha vista nascere e in cui opera». 21
Il localismo 22 è un elemento di forza delle Bcc anche perché permette di
avere un rapporto privilegiato sia con il socio sia con le persone che abitano
il territorio: «Il localismo e la solidarietà sono due realtà che ci
caratterizzano», dice Carla Cavallo. 23 «Questo ci permette di avere dei
rapporti personali ottimi con le persone. La persona che si rivolge a noi
viene trattata considerando la sua personalità, la sua onestà, la sua serietà e
non in base a quello che possiede».
Questo rapporto unico con il territorio, con la gente, è senz’altro uno dei
motivi della crescita e dei positivi risultati della Bcc della provincia di
Cuneo. 24
151

Note al Capitolo XIII
1 Ci siamo permessi di utilizzare il titolo di un interessante libro sulle Banche di
Credito Cooperativo: Gatti Sergio (a cura), Banche con l’anima. Testimonianze sulle
Banche di Credito Cooperativo da Wollemborg a Ciampi 1883-2003, ed. Ecra,
Roma, 2003.
2 L’iniziatore della Cooperazione di Credito in Europa è secondo la maggioranza
degli storici Friedrich Wilhelm Raiffeisen (Hamm, 1818 – Neuwied, 1888). Fondò
la prima Cassa Sociale di Prestiti nel 1849 in Renania.
3 Leone Wollemborg (Padova, 1859 – Camposampietro, 1932) era un convinto
sostenitore del credito cooperativo a cui fece propaganda anche attraverso la
pubblicazione di un periodico, “La Cooperazione Rurale”, che aveva come scopo
«Cooperare colla propaganda delle istituzioni più utili al ristoro materiale e morale
del ceto contadinesco “la radice dell’albero della nazione”; eccitare i lavoratori
del suolo a stringersi insieme per aprire da sé medesimi a sé nuove vie di salute;
spingere le classi dirigenti, i proprietari, gli agiati a confortare e dirigere la piccola
gente delle nostre campagne in quest’opera di redenzione, persuadendoli al
compimento di un tal dovere ch’è insieme il loro interesse più forte; promuovere
ogni efficace riforma che giovi al conseguimento di così alti scopi; aiutare la
diffusione dei progressi agrari in guisa che divengano patrimonio anche dei più
modesti agricoltori; stimolare le forze or latenti ed inutili affinché si rendan
proficue, volgendosi al vantaggio dei singoli e al bene generale della patria e di
tutto il corpo sociale» da “La Cooperazione Rurale” n. 1 – 1885, citato in Gatti
Sergio (a cura), op. cit., pp. 52-53.
4 Leone Wollemborg, L’ordinamento delle Casse di Prestiti, Conferenza del 24
novembre 1884 all’Associazione agraria friulana in Marconato Ruggiero, La figura
e l’opera di Leone Wollemborg, ed. Ecra, Roma, 1984, pp. 251-258.
5 Don Luigi Cerutti (Gambarare di Mira 1865 – Venezia 1934) scrisse tra l’altro nel
1901 il Manuale pratico per le Casse Rurali di Prestiti. Costituzione.
Funzionamento. Sezione carità reciproca; quest’ultima parte riguardava le
provvidenze da istituirsi per i soci ammalati; cfr. Ferri Alfredo, Storie minime, ed.
Ecra, Roma, 2004, pp. 97-100.
6 Don Luigi Cerutti citato in Gatti Sergio (a cura), op. cit., p. 71.
7 Cfr. Morzenti Giovanni, Breve storia del Credito in Provincia di Cuneo, Cuneo,
1994, pp. 40-42; Bosca Donato, Diano, un secolo di cooperazione. Storia della
Cassa Rurale ed Artigiana di Diano d’Alba nel primo centenario di attività, Alba,
1986; Berzia Roberto, Ricerche sulla cooperazione di credito nell’Albese e nel
152

Cuneese nel periodo 1886 – 1945, Tesi di Laurea. Università degli Studi di Torino.
Facoltà di Economia e Commercio. Relatore: prof.ssa Renata Allio, Correlatore:
prof. Claudio Bermond; Anno Accademico 1983/84.
8 La Cassa Rurale ed Artigiana di Boves è la più antica cooperativa di credito
funzionante d’Italia. La sua storia è documentata in un prezioso volume: Cerutti
Dino, Cassa Rurale ed Artigiana di Boves. 1888 – 2003, centoquindici anni di
storia, Almenno San Bartolomeo (BG), 2004.
9 Citazioni della “Gazzetta d’Alba” di quegli anni tratte da Alluvione Paola, Banche
di Credito Cooperativo: autonome o in gruppo?, Tesi di Laurea, Università degli
Studi di Pavia, Facoltà di Giurisprudenza. Relatore: prof. Mario Cera. A.A. s.d., pp.
51-55; sulle Casse cattoliche cfr. Ianniello Attilio, Cooperative: storie di uomini e
territorio. Dal 1945..., Madonna dell’Olmo, 2004, pp. 17-21.
10 Cfr. Berzia Roberto, op. cit.; Magliano Ilario, La cooperazione di credito nel
Monregalese fra fine Ottocento e il primo trentennio del Novecento, Tesi di Laurea.
Università degli Studi di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Relatore:
prof.ssa Renata Allio, Correlatore: prof. Claudio Bermond, Anno Accademico
1982/83; Ristorto Sac. Maurizio, Il Piccolo Credito ed i cattolici cuneesi, estratto da
“Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia”,
Anno VI (1971), fasc. 2; Ristorto Sac. Maurizio, Il movimento cattolico a Cuneo,
Cuneo, 1980; Morzenti Giovanni, op. cit.
11 Cfr. Morzenti Giovanni, op. cit., pp. 70-81; Bermond Claudio, Il tracollo del
sistema creditizio cattolico in Piemonte negli anni 1923-1924, estratto da “Studi in
memoria di Mario Abrate”, Università di Torino, Istituto di Storia Economica, 1986;
Cafaro Pietro, La solidarietà efficiente, Bari, 2001, pp. 271ss.
12 Per un profilo di Luigi Bima si veda Ianniello Attilio, op. cit., pp. 95-100.
13 L’Ente di Zona era la diramazione locale dell’Ente Nazionale Casse Rurali ed
Artigiane. Bima ne fu Presidente e attivo propagandista, coadiuvato dal suo
segretario il geom. Attilio Naso; cfr. Cafaro Pietro, op. cit., p. 441.
14 De Cerce Angelo (a cura), La presenza del movimento cooperativo nell’economia
cuneese: realtà e prospettive, Camera di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura di Cuneo, 1983, p. 83; il documento camerale continua: «Quali
indicatori del loro notevole peso economico è sufficiente citare le cifre che seguono:
175 dipendenti, quasi 300 miliardi di depositi (al 31/12/1981), oltre 125 miliardi di
impieghi, una base sociale di 3.895 soci, mentre i fondi patrimoniali superano i 10
miliardi di lire. La relativa massa fiduciaria amministrata corrisponde al 7,53%
della raccolta complessiva degli istituti di credito, mentre per gli impieghi risulta
153

pari al 9,70% del totale provinciale». Cfr. Redazionale, Casse Rurali: una solida
presenza, in “Il Coltivatore Cuneese” n. 16 – settembre 1986.
15 Giuseppe Capello (Boves 1915 – 1992), Presidente della Cra di Boves dal 1947 al
1992, Presidente della Federazione Piemontese delle Cra dal 1966 al 1988, venne
insignito il 1° ottobre 1988 di medaglia d’oro alla fedeltà e al merito del Credito
Cooperativo durante un convegno delle Cra a Saint Vincent (AO).
16 Fpcra, Atto Costitutivo, Archivio Fpcra. Quella piemontese fu la sesta Federazione
regionale a fondarsi, venendo dopo quella di Trento (1895), quella delle
Raiffeisenverband Sudtirol (1954), la toscana (1959), la lombarda (1964) e la veneta
(1965).
17 Giraudo Franco, intervista del 25 agosto 2005, Boves. Franco Giraudo, nato a
Boves l’11 marzo 1935, è cresciuto e si è formato nel clima culturale del credito
cooperativo in quanto già il nonno Ignazio fu segretario cassiere della Cassa Rurale
di Boves dalla fondazione fin al 1909, data della sua morte. Dal 1909 al 1915 poi
l’incarico di segretario-cassiere fu della zia Luigia e poi del padre Carlo dal 1915
(tranne un periodo in cui Carlo Giraudo dovette andare al fronte, era infatti scoppiata
la Prima Guerra Mondiale) al 1955 quando morì prematuramente a soli 62 anni.
Franco Giraudo subentrò al padre il 1° gennaio del 1957 ed è stato ininterrottamente
Direttore della Cassa fino al 1° luglio del 2005, data del suo pensionamento:
«Dall’età di ventun anni ho lavorato qui alla Cassa di Boves», ricorda Giraudo, «ed
ho terminato il 1° luglio di quest’anno. Quasi mezzo secolo di attività che mi ha
dato molte soddisfazioni e che ho svolto con passione perché ho sempre creduto nei
valori della cooperazione. Durante i primi anni del mio lavoro mi aiutò con i suoi
saggi consigli il Presidente Capello, una persona buona, onesta, professionalmente
capace». Giraudo ha vissuto alcuni dei momenti importanti della storia della banca
di Boves, a cominciare dalla costruzione della nuova sede, alla cui inaugurazione
ufficiale, avvenuta nell’ottobre del 1966, partecipò anche Enzo Badioli. Poi la
celebrazione del Centenario (cfr. redazionale, Credito e Cooperazione. Casse
Rurali: avanti tutta. Boves (CN): una fedeltà centenaria, in “Confcooperative
Piemonte” n. 1 – gennaio 1990) e tra questi due eventi un ricordo personale: «Nel
1969 il rag. Allocco era stato invitato, in quanto rappresentante della Federazione,
a frequentare un corso per conoscere la Centrale Rischi da poco istituita dalla
Banca d’Italia. Il corso si teneva a Perugia presso la scuola di formazione della
Banca d’Italia. Mi chiese se volevo andare al suo posto. Io accettai e fu
un’esperienza molto interessante e un’occasione per conoscere i vari rappresentanti
delle diverse federazioni regionali». La cooperazione trova in Giraudo un
appassionato sostenitore: «La cooperazione è la forma imprenditoriale più adeguata
a temperare le diverse esigenze di sviluppo all’interno del mercato; perché la
cooperazione parte dal bene comune e, attraverso questo obiettivo prioritario, tende
al benessere dei singoli... la cooperazione, anche quella di credito, in quanto
154

impresa, non sfugge ad un giudizio di efficienza, ma questo deve basarsi
prioritariamente su criteri qualitativi e cioè sul livello dei servizi ottenuti» (Giraudo
Franco, Relazione alla Scuola di Pace di Boves il 3 aprile 1997 citato in Cerutti
Dino, op. cit., p. 176).
18 Cuminetti Elio, intervista del 20 giugno 2005, Cuneo. Cuminetti Elio, nato a
Cuneo il 21 maggio del 1949, dal 1974 è il Direttore della Federazione della Casse
Rurali ed Artigiane del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, oggi banche di Credito
Cooperativo. Nel 1977 iniziò ad avere presso il Consiglio Direttivo di
Confcooperative Cuneo la rappresentanza del settore del credito cooperativo (cfr.
Confcoop. Cuneo, Verbale della riunione del Consiglio Direttivo del 24 settembre
1977, Archivio Confcoop. Cuneo): «I motivi di questa presenza», spiega Cuminetti,
«erano essenzialmente due. Il primo era di incrementare i rapporti di
collaborazione e di operatività tra il mondo delle cooperative e il sistema del
credito cooperativo... Il secondo era quello di dare una mano a fare funzionare
meglio sia la Confcooperative provinciale che quella regionale. In quegli anni
infatti il grande slancio operativo e ideale di Sappa e Gerbaudo era frenato dalla
povertà di mezzi. Noi abbiamo cercato di dare una mano, di collaborare».
19 Cerruti Felice, intervista del 30 agosto 2005, Alba. Felice Cerruti, nato a Vezza
d’Alba il 18 ottobre 1941, dopo aver studiato al Liceo Classico di Alba si avvia
presto al lavoro anche perché era rimasto orfano di padre e madre in tenera età.
Dopo aver lavorato in una piccola azienda tessile di Alba si trasferisce a Torino dove
diventa responsabile del Centro direzionale amministrativo della Martini & Rossi,
incarico che ricoprirà per circa otto anni. Nel 1977 ritorna ad Alba come Direttore
Amministrativo dalla holding Gruppo Tessile Miroglio, dove rimarrà fino ai primi
anni Novanta. Nel frattempo dalla metà degli anni sessanta era entrato come
consigliere nel C.d.A. della Cassa Rurale di Vezza d’Alba, di cui diventerà
Presidente nel 1980. Eletto Presidente della Federazione della Casse Rurali e
Artigiane del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, mantiene questa carica dal 1988 ad
oggi, tranne un breve periodo agli inizi degli anni Novanta quando chiese ad Enrico
Gruner, Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Vische, di sostituirlo. In
qualità di Presidente della federazione piemontese, Cerruti ha avuto negli anni
sempre più incarichi a livello nazionale: consigliere in Federcasse, vice Presidente
ed Amministratore delegato di Agrileasing e promotore della Banca Sviluppo Spa,
fondata da otto tra le maggiori Banche di Credito Cooperativo italiane. Quest’ultima
era stata creata alla fine degli anni Novanta per assorbire alcune Banche di Credito
Cooperativo (Bcc) in difficoltà, tra cui l’ex Bcc di Pollina, vicino a Cefalù, l’ex Bcc
di Cerretto Sannita, l’ex Bcc di Satriano (AV) e l’ex Bcc di Valle dell’Irno. Cerruti è
stato Presidente della Banca Sviluppo dalla costituzione fino all’aprile 2005.
155

20 Si tratta del Testo Unico delle Leggi in Materia Bancaria e Creditizia n. 385/93,
che trasforma le Casse rurali ed Artigiane in Bcc; cfr. Redazionale, Le nuove banche
di credito cooperativo, in “Confcooperative Piemonte” n. 1 – gennaio-marzo 1994.
Il 19 giugno 1994 a Boves ci fu un’assemblea di tutte le Bcc aderenti alla
Federazione del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria per discutere delle prospettive
aperte dalla nuova Legge. In quell’occasione il Direttore Cuminetti disse: «Dal
primo gennaio dell’anno scorso, con la firma da parte del Capo dello Stato del
decreto legislativo 385, si è chiusa una fase della nostra storia. Ora gli istituti sono
diventati “banche cooperative”, ma rimangono banche locali, ancorate al
territorio, e l’aspetto mutualistico è ancora più forte di prima... Per non commettere
errori in futuro dobbiamo avere sempre ben presente da dove siamo partiti e chi
siamo» in “La Guida” del 24 giugno 1994, cfr. Cerutti Dino, op. cit., p. 175. Sulla
stessa lunghezza d’onda di Cuminetti era Enzo Badioli che scriveva: «La cultura
della solidarietà assume particolare valenza per il credito cooperativo. Nel 1995
tutte le Casse avranno un abito nuovo: il nuovo statuto che ci cambia anche il nome,
Banche di Credito Cooperativo e ci detta nuove norme per il rapporto con i soci e
con l’ambiente... Vorremmo essere testimoni che il nuovo statuto non è solo un
vestito nuovo, ma un vestito con un taglio profondamente umano, perché poniamo il
socio al centro delle nostre attenzioni. L’uomo è il riferimento della nostra azione:
la sua crescita culturale e morale il nostro obiettivo, la sua realizzazione, come
persona, il nostro impegno» in “Credito cooperativo” n. 1 – 1995.
21 Cerruti Felice, intervista citata.
22 Alfredo Ferri, Presidente della Cassa Rurale di Treviglio, racconta, a proposito di
localismo e rapporto con la Federazione, una visita fatta nel 1979 in compagnia di
Edelmann, Direttore della Federazione Svizzera delle Casse Raiffeisen, ad una
Cassa Rurale svizzera nella borgata alpina di Urnerboden, un piccolo centro con un
centinaio di abitanti: «Andiamo con Edelmann a visitare la Cassa. Una piccola casa
di legno, circondata da un orticello chiuso da una bassa staccionata a segnarne i
confini e a tenere lontane le mucche che pascolano attorno. Una lunga fila di grosse
calze di lana colorate... pende a festone lungo tutta la parete. Sulla porta ad
attenderci una donna anziana, dimessa, con un grembiule a fiori e l’aspetto
riservato della donna di montagna. È Anna Mattli, la segretaria cassiera o la
“gerente” come qui la chiamano. Entriamo in una piccola stanza di soggiorno
modesta e ordinata. Attigua una camera da letto ancora più piccola. In un angolo
un assito su cui è ripiegato un materasso. Sotto la finestra un ripiano di legno con
alcune carte e registri e una vecchia cassaforte. È l’ufficio della Cassa. È qui che
Anna Mattli, tra le faccende domestiche e la cura del bestiame, si occupa dei
risparmi e dei bisogni delle famiglie della piccola vallata... La Cassa ha 26 soci,
tutti i capi famiglia. La quota sociale è di 200 franchi (100mila lire), mentre i
depositi raccolti sono circa 2 milioni di franchi (circa 1 miliardo di lire)... Le
chiediamo come possa risolvere tutti i complicati problemi che, al di sopra del modo
156

umano e familiare di gestire il credito, hanno oggi complicato la delicata funzione
bancaria. La signora Mattli guarda con un leggero sorriso verso Edelmann: è la
Federazione delle Casse che ha sede a San Gallo che si preoccupa di questi
problemi» in Ferri Alfredo, Il cuore antico della cooperazione, Ecra, Roma, 1997,
pp. 57-58.
23 Cavallo Carla, intervista del 1° settembre 2005, Boves. Carla Cavallo è la
Responsabile della Segreteria Amministrativa della Cassa Rurale ed Artigiana di
Boves, presso cui lavora dal 1978.
24 Per rendersi conto dei risultati delle Bcc cuneesi si dia uno sguardo alla seguente
tabella
Federazione delle Banche di Credito Cooperativo del Piemonte, Valle d’Aosta e
Liguria – Banche di Credito Cooperativo della provincia di Cuneo - dati bilancio
ufficiale al 31/12/2004.
Dati in unità di Euro.
(*) Voce dell’attivo n° 40: crediti v/clientela
(**) Voce del passivo n° 20: debiti v/clientela + Voce del passivo n° 30: debiti
rappresentati da titoli, comprese obbligazioni
(***) Sez. 12 bilancio – gestione e intermediazione per conto terzi – voce 12.3 a2)
altri titoli
157

XIV
Come i Probi Pionieri di Rochdale
Supermercati con una merce rara: la mutualità.
Il nostro impegno non è solo quello di creare un
nuovo modello di consumo ma anche quello di
ricreare una nuova cooperazione che vada al di là
del puro risultato economico e professionale,
avendo di mira la dignità dell’uomo sia egli un
piccolo produttore, un lavoratore dipendente o un
consumatore.
Enrico Boffa
La nascita della cooperazione di consumo viene fatta risalire al 1844, anno di
costituzione della Cooperativa “Società dei Probi Pionieri” di Rochdale, in
Gran Bretagna, per opera di 28 operai tessitori. Dieci anni dopo, a Torino,
sarà l’Associazione Generale degli Operai a fondare il Magazzino di
Previdenza (poi Alleanza Cooperativa Torinese). Si avranno in seguito un
susseguirsi di cooperative di consumo promosse soprattutto dalle numerose
Società di Mutuo Soccorso che, nella seconda metà dell’Ottocento,
sorgeranno anche nella nostra provincia in numero significativo. 1
Probabilmente nel contesto di quelle iniziative di solidarietà, di matrice
laica, socialista e cattolica, che caratterizzarono nel Cuneese anche l’inizio
del Novecento, nacque la Cooperativa di Consumo fra Operai e Agricoltori
di Valgrana, ancora oggi operante anche se in forma diversa. 2
In tempi più recenti, gli anni Sessanta, ci fu un’importante iniziativa del
genere in Alba: la Cooperativa dei Lavoratori. 3
«Sono stati alcuni lavoratori in maggioranza dipendenti della Ferrero a
raccogliere le prime 300 adesioni nell’obiettivo di avviare una attività
commerciale alternativa», disse Luigi Vola. «Si è trattato di pionieri che
hanno saputo impostare una tipologia di vendita equiparata a quella della
grande, moderna distribuzione, con scaffalature self service e banchi con
servizio assistito per prodotti freschi». 4 Il 16 dicembre 1963 venne aperto il
158

punto vendita della cooperativa in via Roma ad Alba, sarà il primo di una
lunga serie. 5
La crescita nei primi anni fu lenta ma costante, con non poche difficoltà da
superare: «Fu una crescita seguita con il buon senso commerciale tipico
degli albesi e della gente di Langa che, pur nel rischio, sanno controllare
l’entusiasmo nel successo e l’amarezza nelle difficoltà». 6 Nel 1967 fu
possibile aprire la vendita anche ai non soci aumentando in modo
considerevole la clientela e continuando con più vigore la funzione
calmieratrice dei prezzi sulla piazza di Alba. 7 Attenta anche alla diffusione
dell’idea cooperativistica la Società, in occasione del suo quindicesimo
compleanno, organizzò ad Alba, nel salone dell’Istituto “G. Ferrero”, il
convegno “La cooperazione di ispirazione cristiana al servizio dei
consumatori”. 8
« Nel 1963 la necessità principale era quella di difendere il potere di
acquisto del salario degli operai e degli impiegati di fronte ad un aumento
molto elevato dei prezzi dei generi di consumo», dice Luigi Isnardi. 9 «In
questi ultimi anni il ruolo della Cooperativa ha ampliato i suoi orizzonti
puntando verso una convenienza globale. Come si può vedere dallo Statuto
attuale oltre a “fornire ai consumatori, soci e non, beni e servizi di buona
qualità alle migliori condizioni possibili” la nostra Società vuole “tutelare
gli interessi dei consumatori, la loro salute e sicurezza anche accrescendone
e migliorandone l’informazione e l’educazione attraverso apposite
iniziative; promuovere ed organizzare attività e servizi culturali, ricreativi e
socialmente utili; contribuire a tutelare l’ambiente; intervenire a sostegno
dei Paesi in via di sviluppo e delle categorie sociali disagiate”. Questa è
l’evoluzione virtuosa della nostra Cooperativa».
Con questi valori la Cooperativa affronta la competizione con le
multinazionali della grande distribuzione, lavorando in stretta collaborazione
con altre cooperative di consumo e favorendo i prodotti locali delle
cooperative agricole.
Anche a Racconigi si crearono le condizioni per la costituzione di una
cooperativa di consumo: «All’inizio degli anni Settanta tra di noi dipendenti
dell’Ospedale Neuropsichiatrico Provinciale di Racconigi la lamentela per i
prezzi che aumentavano in continuazione era all’ordine del giorno, per cui
iniziammo a pensare che cosa potevamo fare per risolvere questa
situazione», racconta Paolo Soldano. 10 «Dopo molti incontri e discussioni
decidemmo di fare una cooperativa».
Venne così costituita nell’autunno del 1972 la Cooperativa di Consumo
Neuro 11 e il 13 febbraio 1973 iniziò la vendita in un piccolo locale, preso in
159

affitto, di via Carlo Costa. Nello stesso anno il Comune offrì alla Società un
proprio locale in affitto a prezzo molto conveniente: «Ci trasferimmo allora
in via Santa Chiara. In quell’occasione la direzione della Facis ci chiese di
poter inserire anche i propri dipendenti come Soci nella Cooperativa. Poco
per volta ci stavamo ingrandendo e avevamo molto lavoro. Allora non
c’erano dipendenti e il lavoro era tutto volontario. Il primo dipendente
venne assunto nel 1974.». 12 Nel 1986 ci furono due eventi importanti per la
Neuro, l’acquisto dell’attuale sede in corso Principi di Piemonte e l’apertura
della vendita anche ai non soci.
«Negli anni siamo cresciuti anche grazie ai consigli sia della Direttrice di
Confcooperative di Cuneo, la sig.ra Giovanna Bianchi, sia del rag. Durando
dell’Unione regionale e grazie alla collaborazione della Cooperativa dei
Lavoratori di Alba nelle persone di Renzo Masante, Angelo De Giorgi e
l’attuale Direttore Luigi Isnardi». 13
Anche la Cooperativa di Racconigi affronta le sfide del mercato
contemporaneo 14 con un’attenzione costante e totale alle esigenze dei
consumatori sia soci che non: «Vogliamo servire sempre meglio i soci e in
generale tutti i clienti della Cooperativa», dice Antonio Spertino, 15 «non
solo con le interessanti promozioni quindicinali o mensili ma anche
attraverso la qualità e la sicurezza dei prodotti. Abbiamo avviato anche
alcuni servizi importanti, come la consegna a domicilio per persone non
autosufficienti o che comunque farebbero fatica a venire nel nostro punto
vendita. Anche in occasioni di feste di paese o matrimoni ci occupiamo del
servizio a domicilio. È un modo in più per essere vicini alle persone e alle
loro esigenze».
Consumatori “en plein air”.
Alla fine degli anni Quaranta un gruppo di appassionati della vita all’aria
aperta, guidati dal cav. Carlo Lusso, diede vita all’Associazione
campeggiatori turistici italiani (Acti) di Cuneo. Questi primi campeggiatori
con tende militari di recupero, che si spostavano per le loro vacanze in
bicicletta e i più fortunati in moto con annesso sidecar, vollero proporre la
fondazione di un campeggio al Comune di Cuneo. Quest’ultimo accettò
concedendo un appezzamento di terreno situato tra corso Monviso e la
scarpata della Ferrovia. Nacque così nel 1950 il “Campeggio Comunale
Monviso”, uno dei primissimi in Italia (sulla guida-camping nazionale è
segnato col numero 3). Nel 1960 il “Monviso” poteva già contare su oltre
160

2.500 presenze annue e venne ulteriormente ampliato per far posto
all’Ostello della Gioventù. Nel 1966 diventa socio dell’Acti Cuneo il prof.
Mario Vertamy, che rilancia l’associazione aumentandone gli iscritti e
creando una forza sufficiente a far sì che la minaccia di chiusura del camping
per ragioni urbanistiche si trasformasse in un’opportunità di ulteriore crescita
con il trasferimento in una nuova proprietà del Comune a San Rocco
Castagnaretta. In quella frazione alla periferia di Cuneo « il 9 settembre
1973, in occasione di un raduno memorabile fu piantato nel terreno del
nascente “Campeggio Bisalta” l’albero dell’amicizia, nutrito dalle zolle
recate da amici provenienti da ogni luogo». 16
L’associazione dei campeggiatori costituì in seguito, per la gestione del
Campeggio Bisalta, la Cooperativa Cuneo Camp 17 che poco per volta
trasformò quell’angolo di periferia in un luogo pieno di vita. 18 La Società è
stata fondata «per favorire la pratica del turismo campeggistico e si pone
quale fondamentale impegno quello di studiare ed attuare le maggiori
possibili facilitazioni in ordine economico e morale ai propri soci e ai
campeggiatori in genere». 19
Una caratteristica del “Campeggio Bisalta” è quella di ospitare molti cuneesi
che passano le vacanze, e spesso l’intera estate, a poche centinaia di metri
dal proprio appartamento. Al primo posto nella scala dei valori di questi
campeggiatori non c’è la frenesia del turismo consumista di andare sempre
più lontano, la ricerca di luoghi sempre più esotici, ma «la gioia di
interpretare in modo diverso la vita di ogni giorno, di rivedere i propri
rapporti con gli altri... di riuscire a rilassarsi e sentirsi diversi a Cuneo,
senza il bisogno di andare lontano». 20
Il volo del Quetzal.
Dopo un’esperienza associativa e grazie all’apporto dei gruppi di solidarietà
operanti nel territorio albese, all’inizio degli anni Novanta nacque la
Cooperativa Quetzal 21 con questo piano di volo: «La cooperativa nasce
dall’esperienza del Commercio Equo e Solidale con una forte vocazione per
le persone svantaggiate e del Sud del mondo che costituiscono l’oggetto
primario dell’azione economica. Intende inoltre contribuire alla crescita di
un tipo di sviluppo compatibile con le risorse e i limiti ambientali del
pianeta e che abbia come suo centro la persona, tramite la promozione della
coltura di prodotti di origine biologica e a basso impatto ambientale. La
cooperativa intende essere parte attiva e propositiva di un’economia fondata
161

sui principi del Commercio Equo e Solidale, della giustizia, della
cooperazione e della sostenibilità sociale e ambientale, individuando nella
“Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” il contenuto privilegiato
dello scopo generale della comunità e della Cooperativa stessa alla
promozione umana». 22
Fin dal suo nascere la Cooperativa scelse la strada di aprire un punto vendita,
inizialmente in viale Vico ed ora in corso Langhe, con prodotti di agricoltura
biologica e prodotti del Commercio Equo e Solidale. Per quanto riguarda
questo ultimo aspetto il Quetzal nel 1993 diventò socio del consorzio CTM-
Altromercato.
«L’esperienza di unire il discorso del biologico con il commercio equo non è
molto diffusa», dice Antonino Siragusa. 23 «Infatti siamo gli unici in
provincia, e in Piemonte troviamo solo la Cooperativa “La rava e la fava”
di Asti e “Lo Pan Ner” di Aosta. Il valore che sta alla base del nostro lavoro
è il rispetto totale dell’uomo in ogni luogo del nostro pianeta. Rispetto del
produttore del Sud del mondo e rispetto dell’uomo del nostro emisfero anche
attraverso la difesa dell’ambiente e quindi della sua salute».
Inizialmente la bottega veniva frequentata da due tipi di consumatori diversi,
quelli dell’equo e solidale e quelli del biologico, che spesso non
comunicavano neanche tra di loro. Fu compito degli amministratori
amalgamare queste due componenti attraverso incontri, conferenze, corsi,
colazioni e cene etniche, e la pubblicazione di un giornale “Il volo del
Quetzal”. Per gestire tutte queste, e altre, iniziative fu fondamentale
l’apporto dei volontari: «Nel 1996 preparammo e organizzammo i volontari
per specifiche attività culturali... volevamo far conoscere al maggior numero
possibile di persone il nostro lavoro e far circolare le nostre idee
intensificando i rapporti con i gruppi parrocchiali, le cooperative sociali e
le scuole». 24
Prendevano corpo iniziative per far conoscere la finanza etica, 25 per
condannare lo sfruttamento del lavoro minorile ecc. Nel 1998 poi iniziava la
collaborazione, e la relativa importazione diretta dei prodotti, con due
cooperative nate nell’ambito di missioni diocesane. La prima, promossa da
padre Giovanni Lisa, è la Cooperativa APJ (Aprender Produzir Juntos), di
Teofilo Otoni in Brasile, che si occupa di falegnameria, carpenteria,
pubblicità, carrozzeria e lavorazione delle pietre preziose; sono proprio
queste ultime che vengono ad impreziosire gli scaffali del Quetzal. La
seconda cooperativa, coordinata da suor Pierangela Sapetti, è il Woman
Training Center a Khulna in Bangladesh, da cui arrivano ad Alba i lavori
artistici di “Nackshi Kantha”, il ricamo tradizionale bengalese. Queste due
162

ealtà produttive della cui collaborazione la Cooperativa Quetzal va fiera
sono l’esempio di come si può trasformare in realtà un sogno di giustizia
come dice il motto della APJ: «Quando se sonha sozinho, è apenas um
sonho. Quando sonhamos juntos, è o começo da realidade». 26
163

Note al Capitolo XIV
1 Cfr. Ianniello Attilio, Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1945...,
Madonna dell’Olmo, 2004.
2 La Cooperativa, operante già nel 1914, fu costituita il 10 gennaio 1915. Questa
data risulta essere confermata, in mancanza dell’Atto costitutivo, da due documenti:
a) Verbale dell’Assemblea generale straordinaria della Società Cooperativa di
Consumo fra gli Agricoltori e Operai di Valgrana del 23 gennaio 1949, redatto dal
Notaio Enrico Cavallo, dove a p. 7 si legge: «costituita con atto a rogito dal Notaio
Nuvoloni Giovanni di Valgrana in data dieci Gennaio 1915, registrato a Caraglio il
16.I.1915 al N° 330 Mod. I - Vol. 3»; b) Verbale dell’Assemblea generale
straordinaria della Società Cooperativa di Consumo fra gli Agricoltori e Operai di
Valgrana del 12 dicembre 1954, redatto dal Notaio Mario Pellegrino, dove a p. 4 si
può leggere la stessa data. Attualmente la cooperativa, che ha più di duecento soci,
opera come Locanda Occitana e bar, dati in gestione alla sig.ra Mara Alessandra
Otta. Attuale Presidente è Francesco Isoardi, vice Presidente Francesco Barberis,
Cassiere Alberto Alemandi e Segretario Amministrativo Giorgio Cerutti.
3 Il 14 giugno 1963 davanti al Notaio Francesco Oddero, in Alba, in una sala degli
stabilimenti Ferrero, in via Vivaro, 50 soci costituirono la Cooperativa dei
Lavoratori. Primo Presidente fu Riccardo Roggero, vice Presidente Carlo Norcino;
cfr. Coop. dei Lavoratori, Atto costitutivo, Archivio Confcoop. Cuneo.
4 Luigi Vola in Giordana Rosangela, Insieme, Madonna dell’Olmo, s.d., p. 51. Luigi
Vola, nato a Carmagnola il 12 marzo del 1928 è Presidente della Cooperativa dal
1990 ma già in precedenza aveva avuto ruoli dirigenziali importanti tra cui la vice
Presidenza. Vola è l’artefice principale del successo della Cooperativa e delle
conseguenti aperture di punti vendita anche fuori provincia.
5 La cooperativa dei Lavoratori aprirà in seguito i seguenti punti vendita: Alba, corso
Piave (16/06/1971); Alba, corso Langhe (27/01/1981); Canale, via Torino
(22/07/1983); Spinetta Marengo (AL), via del Ferraio (03/10/1986); Cuneo, via
Teresio Cavallo (13/11/1987); Canale, piazza della Vittoria (16/11/1990); Ricca
d’Alba, corso Cortemilia (01/02/1994); San Damiano d’Asti, via Roma
(02/12/1994); Cengio (SV), via Piani (24/02/1995); Cortemilia, corso Einaudi
(18/11/1996); Bra, via Adua (01/01/1998); Alba, via Macrino (09/08/1999);
Millesimo (SV), via Martiri Libertà (18/02/2000); Sommariva Bosco, via 6 maggio
(26/05/2000); Saluzzo, via Cuneo (01/08/2001); Centallo, reg. San Quirico
(17/03/2005). La Cooperativa ha attualmente 4.500 soci.
6 Luigi Vola in Olivero Maria Grazia, 40 anni di successi made in Alba, in “Gazzetta
d’Alba” del 10 giugno 2003.
164

7 Cfr. Cooperativa dei Lavoratori (a cura), 1963 – 2003. 40 anni della Cooperativa
dei Lavoratori, Alba, 2003, p. 11.
8 Cfr. r.g., Celebrati domenica ad Alba i quindici anni della Cooperativa, in
“Gazzetta del Popolo” del 21 settembre 1978; il convegno fu organizzato insieme
all’Unione regionale di Confcooperative e alla Federconsumo nazionale.
9 Isnardi Luigi, intervista del 5 luglio 2005, Alba. Luigi Isnardi, nato ad Castagnito il
27 settembre 1951, fa parte della Cooperativa dal 1973. Attualmente è il Direttore
della Società.
10 Soldano Paolo, intervista del 1 agosto 2005, Racconigi. Paolo Soldano, nato a La
Loggia il 2 novembre 1921, inizia a lavorare a 16 anni a Torino come battilastra
presso una carrozzeria. Chiamato alle armi allo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale, viene inviato sul fronte russo dove vivrà l’esperienza della tragica ritirata
nell’inverno 1942/43. Tornato in patria viene mandato in Slovenia dove rimane fino
alla firma dell’Armistizio (8 settembre 1943). Due giorni dopo, il 10 settembre,
viene catturato dai tedeschi e portato in un campo di concentramento in
Cecoslovacchia dove rimarrà per alcuni mesi. Viene successivamente trasferito ai
lavori forzati presso le Ferrovie tedesche per riparare i danni dovuti alle incursioni
aeree degli Alleati. Dopo la Liberazione torna finalmente in Italia dove riprende il
lavoro di carrozziere. Nel 1952 entra a far parte del personale dell’Ospedale
Neuropsichiatrico di Racconigi, in qualità di infermiere professionale; vi rimarrà per
venticinque anni. Ormai in pensione, Soldano si interessa attivamente di volontariato
e politica. Presidente della Cooperativa dal 1973 al 1979 e dal 1997 al 2000, è
sempre stato nel C.d.A. Il 1° maggio 2003 Paolo Soldano è stato insignito, dietro
segnalazione di Confcooperative della “Stella al Merito del lavoro”, onorificenza
che la Repubblica italiana concede ai lavoratori dipendenti considerati “parte eletta
della Nazione” (cfr. Redazionale, Stella al Merito al fondatore della cooperativa
Neuro, in “Italia Cooperativa” del 15 maggio 2003).
11 Il 25 ottobre 1972 davanti al Notaio Francesco Supertino, in Saluzzo, 12 Soci
costituiscono la Cooperativa di Consumo Neuro. Primo Presidente fu eletto Renato
Favole.
12 Soldano Paolo, intervista citata.
13 Idem.
14 Cfr. Redazionale, La Cooperativa Neuro oggi, in “Corriere di Savigliano” del 21
febbraio 2002. Attualmente la cooperativa ha circa duemila soci e sedici dipendenti.
165

15 Spertino Antonio, intervista del 1 agosto 2005, Racconigi. Antonio Spertino, nato
a Racconigi il 6 ottobre 1970 è l’attuale vice Presidente della Cooperativa (il
Presidente è Francesco Samà). È entrato nella cooperativa come responsabile della
macelleria nel 1994.
16 Vertamy Mario, Acti Cuneo – Cuneo Camp, Archivio Confcoop. Cuneo.
17 Il 23 dicembre 1977 davanti al Notaio Enrico Cavallo, in Cuneo, 12 Soci
costituirono la Cooperativa Cuneo Camp. Primo Presidente fu eletto Mario Vertamy,
vice Presidente Carlo Bertolotti; cfr, Cuneo Camp, Atto costitutivo, Archivio
Confcoop. Cuneo. Mario Vertamy rimase per dieci anni Presidente. Il 4 aprile 1987
il suo successore Guido Turbiglio così si espresse: «Se il campeggio che ci circonda
esiste, lo dobbiamo certo alla collaborazione di molti, ma l’idea, la spinta, il centro
di tutto hanno un solo nome: “Mario Vertamy”.». In quell’occasione fu eletto
Presidente Onorario. Vedi Cerutti Giovanni, Rinnovo cariche alla Cuneo Camp, in
“La Guida” n. 15 del 10 aprile 1987. Attualmente la Cooperativa ha 261 Soci.
18 Cfr. Daniele Livio, Camping, non solo passaggio ma periferia piena di vita, in
“La Guida” n. 29 del 20 luglio 1984.
19 Cuneo camp, Statuto, Archivio Confcoop. Cuneo.
20 Vedi Giordano Rosangela, In campeggio sotto casa, in “La Guida” n. 29 del 16
luglio 1993: in questo articolo Nanni Abbene, Presidente della Cooperativa fino a
pochi mesi fa (attualmente il Presidente è Alessandro Vertamy, figlio di Mario)
disse: «Il nostro modo di vivere al campeggio ricorda le comunità montane di
qualche decennio fa in cui tutti si conoscevano, solidarizzavano ed erano uniti in
spirito di gruppo».
21 Il 3 giugno 1992 davanti al Notaio Gianluigi Borro, in Alba, 23 Soci costituirono
la Cooperativa Quetzal. Primo Presidente fu eletto Roberto Di Filippo, vice
Presidenti Pier Giuseppe Greco e Angelo Vero. Cfr. Coop. Quetzal, Atto costitutivo,
Archivio Quetzal. Attualmente il Presidente è Danilo Ceratto, il vice Claudio Conti e
la Cooperativa può contare su 258 soci.
Il quetzal è un uccello che si trova nelle foreste pluviali montane dell’America
Centrale. Dotato di un piumaggio intensamente colorato (color smeraldo, rosso,
bianco, blu e verde dorato e iridescente) era uno dei più sacri simboli dei Maya. Il
quetzal era simbolo di ricchezza e di libertà: di ricchezza perché le sue penne,
insieme alla giada erano i tesori più ricercati dalla popolazione andina e di libertà
perché non sopravvive a lungo in cattività.
22 Coop. Quetzal, Statuto, allegato al Verbale di Assemblea Straordinaria della Coc.
Coop. a. r. l. Quetzal del 27 dicembre 2004, Archivio Confcoop. Cuneo.
166

23 Siragusa Antonino, intervista del 19 luglio 2005, Alba. Antonino Siragusa, nato a
Castagnole Lanze l’11 agosto 1963, è stato Presidente della Cooperativa dal 1997 al
2003. Formatosi nell’ambiente del volontariato prima parrocchiale e poi presso
l’associazione “La Carovana”, conosce la Coop. Quetzal attraverso l’amicizia del
fondatore e primo Presidente Roberto Di Filippo. Entrato come socio nel 1993 dal
1994 al 1996 entra a far parte del Collegio Sindacale.
24 Idem.
25 La Cooperativa aderisce al gruppo MAG (Mutua autogestione).
26 «Quando si sogna da soli è soltanto un sogno. Quando sogniamo insieme è
l’inizio della realtà».
167

Conclusione
L’esperienza storica della cooperazione contiene
un messaggio e un insegnamento particolarmente
significativi. Il primo valore emergente di questa
esperienza è, infatti, la cooperazione stessa, ossia
la capacità di attivare e suscitare sempre nuove
condivisioni, di elaborare solidarietà fattive, di
creare collaborazioni intense ed efficaci. Ed è
proprio quanto dovrebbe verificarsi per ogni
azione volta alla realizzazione del bene comune,
poiché a questo stesso bene non si giunge mai
soli, ma mediante l’armonico congiungimento
degli sforzi, degli intenti, delle capacità di
progettare e innovare, di rispondere alle nuove e
sempre più articolate esigenze emergenti.
Dionigi Tettamanzi.
Nei primi anni del Duemila si stava completando il progetto del Presidente
Mino Taricco riguardante una ristrutturazione ed un rilancio della
Confcooperative di Cuneo. 1 Uno dei risultati di questa positiva evoluzione,
assunto un po’ come simbolo della nuova realtà del movimento cooperativo
cuneese, è stato senza dubbio la costruzione della nuova sede. Già alla fine
degli anni Novanta gli uffici di via Caraglio incominciarono a non essere più
adeguati per fronteggiare la crescita sia della mole di lavoro che del numero
dei dipendenti. 2
Iniziò quindi la ricerca e in seguito la costruzione di quella che verrà
chiamata la “Nuova casa della cooperazione” 3 in via Cascina Colombaro.
I primi anni del Duemila non hanno solo portato a Confcooperative una
nuova e funzionale sede ma hanno anche visto significativi cambiamenti di
uomini ai vertici della stessa.
Nel 2001 diventava Segretario Generale Massimo Gallesio, 4 artefice di una
importante accelerazione nella ricerca di qualità dei servizi offerti alle
cooperative associate.
Nel 2004 Mino Taricco, chiamato a ricoprire il ruolo di Consigliere
Regionale presso il Consiglio della Regione Piemonte, lascia la carica di
Presidente. Al suo posto verrà eletto Domenico Paschetta. 5
168

Quest’ultimo ha il compito di governare il movimento cooperativo cuneese
in questi tempi di crisi economica e di globalizzazione sfrenata e di
accompagnarlo verso ulteriori traguardi utilizzando, come lui stesso più
volte ha ribadito, una «armoniosa sintesi di modernità, impresa e
solidarietà».
169

Note
1 Cfr. Redazionale, Ristrutturazione dell’Unione provinciale, in “Confcooperative
Piemonte” n. 4 – luglio-agosto 1993.
2 Cfr. per esempio: Confcoop. Cuneo, Verbale del Consiglio Provinciale del 22
settembre 1997; Verbale del Consiglio Provinciale del 20 ottobre 1997; Verbale del
Consiglio Provinciale del 19 dicembre 1997 Archivio Confcoop.
3 L’inaugurazione della nuova sede avvenne il 3 ottobre 2003, cfr. g.d.m., Casa della
cooperazione, in “La Stampa” del 4 ottobre 2003.
4
Cfr. Confcoop. Cuneo, Verbale del Consiglio di Presidenza del 2 luglio 2001,
Archivio Confcoop.
Massimo Gallesio, nato a Cuneo il 24 gennaio 1969, risiede a Lagnasco con la
moglie Monica e i figli Silvio, Daniele, Giorgia e Leonardo.
Dopo aver conseguito il diploma di Tecnico agrario presso l’Istituto Statale per
l’Agricoltura di Verzuolo diventa collaboratore della Coldiretti cuneese,
un’esperienza importante che lo formerà sia professionalmente che nelle seguenti
scelte ideali di vita. Il primo incarico di Massimo Gallesio fu quello di lavorare
come tecnico frutticolo nell’area saviglianese. Oltre a svolgere questo importante
servizio per i frutticoltori della zona, Gallesio diventò il responsabile del gruppo del
Movimento Giovanile della Coldiretti di Savigliano: «Quelli sono stati
effettivamente anni molto importanti per la mia formazione umana e professionale»,
dice Massimo Gallesio (Gallesio Massimo, intervista del 6 settembre 2005, Cuneo).
«Infatti non solo ho avuto modo di conoscere il funzionamento organizzativo
sindacale di una struttura importante come la Coldiretti, ma attraverso la costante
frequentazione degli imprenditori, oltre ad aver stretto con molti rapporti di sincera
amicizia, ho avuto l’opportunità di condividerne i problemi, le ansie ed anche i
successi. Queste sono esperienze che arricchiscono umanamente».
Nel 1995 fu trasferito a Saluzzo dove continuerà il suo lavoro di tecnico frutticolo in
zone montane e con una massiccia presenza di piccole aziende.
«In quel periodo emergeva sempre di più in me la passione organizzativa per cui a
partire dal 1998 la Coldiretti mi inserì all’interno dell’Inipa» (Gallesio Massimo,
intervista citata).
Presso l’Inipa Gallesio si interesserà prevalentemente dei progetti di sviluppo della
“filiera corta”, cioè della vendita diretta dal produttore al consumatore,
promuovendo anche, in quest’ambito, l’iniziativa “Fattoria amica”.
Nel 2001 Massimo Gallesio fu nominato Segretario Generale di Confcooperative
Cuneo, carica che tuttora ricopre.
5 Cfr. Confcoop. Cuneo, Verbale del consiglio provinciale del 20 maggio 2004,
Archivio confcoop. Cuneo.
170

Domenico Paschetta, nato a Saluzzo il 6 novembre 1961, dopo aver conseguito il
Diploma di perito agrario presso l’Istituto Tecnico Agrario di Lombriasco, si dedica
all’azienda familiare a frutteto sita in Lagnasco, dove risiede con la moglie Irene e i
figli Luca e Fabio. Dal 1990 al 1995 è stato Amministratore comunale a Lagnasco,
impegnato soprattutto nella Commissione edilizia. Nel mondo della Cooperazione
Paschetta ha un ruolo di primo piano: dal 1993 al 1997 è stato Presidente della
Cooperativa Lagnasco Frutta; dal 1996 al 2001 Presidente e fondatore della
Lagnasco Group e della L. G. Service, cooperativa di servizio; dal 1997 è Presidente
regionale del settore ortofrutticolo della Fedagri (Confcooperative); dal 2000
Presidente della Gest Cooper, Consorzio regionale di Fedagri Piemonte; socio
fondatore della Cooperativa LaFrutta di Saluzzo; Presidente e fondatore di Ortofruit
Italia; Consigliere nazionale dell’Uiapoa (Unione italiana associazioni produttori
ortofrutticoli e agrumari); dal 2004 Presidente di Confcooperative Cuneo e
Consigliere nazionale di Confcooperative.
171

Appendice
172

Domenico Paschetta, attuale Presidente di Confcooperative Cuneo.
173

Il futuro della Cooperazione
ha un cuore antico
Le cooperative hanno sempre avuto principi ispiratori
di valore morale. Nascono come difesa del più debole,
vivono sostenute dalla solidarietà che lega tra loro i
soci, si inseriscono nei processi economici per portare
ritorni a chi altrimenti non ne avrebbe. Tutto questo in
un preciso quadro di impresa, cioè la cooperativa deve
muoversi per realizzare profitti, deve pensare a
rafforzare e consolidare il proprio patrimonio, deve
agire in un contesto dove ricavi e costi giocano la loro
partita come in ogni altra società per azioni. Con in
più un alto valore etico. Questa è storia della
cooperazione.
Enzo Badioli.
Leggendo il libro Cooperative: storie di uomini e territorio. Dal 1975...,
soprattutto nei primi capitoli, colpisce il fatto che vi sia una sorprendente
analogia, pur con le ovvie differenze, tra la situazione economica degli anni
Settanta e quella attuale. Crisi energetica, crisi economica e il movimento
cooperativo che si proponeva come uno strumento in grado di dare risposte
positive e propositive sia dal punto di vista economico che sociale.
Oggi che la globalizzazione condiziona il mercato molti nel mondo della
politica e dell’economia parlano della cooperazione come di un fenomeno
economico residuale, marginale. In realtà il movimento cooperativo,
nonostante risenta di tutte le difficoltà di un’economia in crisi, sta tenendo le
sue posizioni molto meglio di altre forme di società e addirittura, anche se
lentamente, sta crescendo. Infatti nell’insieme di un’economia che si muove
a rilento e senza una seria riflessione su una programmazione futura
sostenibile, la cooperazione descrive un quadro anticiclico fornendo a molti
la possibilità di superare i momenti difficili; la cooperazione diventa così una
sorta di ammortizzatore sociale, di strumento per gli anni di crisi.
Questo avviene perché a differenza di altre forme societarie la cooperazione
pone al centro il socio, la persona, e il territorio in cui opera e produce. La
cooperazione mette in associazione agricoltori, artigiani, lavoratori, operatori
del sociale, della cultura, dell’edilizia, del credito, del consumo consentendo
alle diverse comunità di esprimersi e di progettare lo sviluppo del proprio
territorio, uno sviluppo anche economico.
174

Il movimento cooperativo, fin dal suo sorgere, ha dovuto trovare una
soluzione al dualismo che l’economia sembrava prospettare: «o mercato o
solidarietà».
In realtà la risposta che il movimento ha dato nella sua secolare storia ha
ribaltato la questione da un “aut aut” che inaridiva entrambi i termini ad un
“et et” che al contrario li valorizzava entrambi. Perché cooperazione non
significa unicamente solidarietà ma fare economia in modo solidale. La
cooperativa è un’impresa che ha al suo centro l’uomo, non il profitto fine se
stesso.
Il compito della cooperazione sarà quindi quello di cercare il massimo
equilibrio tra la solidarietà e l’efficienza che il mercato richiede, tenendo
sempre presente che questo equilibrio non sarà trovato una volta per tutte ma
andrà ricercato ad ogni cambiamento sociale, culturale ed economico.
La cooperazione deve quindi coniugare il fare impresa con la solidarietà, ed
entrambe con la modernità. Quest’ultima non si esprime per noi cooperatori
solo nell’attenzione alle innovazioni tecnologiche nei vari campi di
applicazione, ma soprattutto nell’essere più veloci nel recepire cosa vuole il
mercato, anche quello dei servizi. Essere attenti alle esigenze dei
consumatori, al diffondersi di bisogni nuovi nell’ambito del sociale e così
via.
Modernità vuol dire anche uscire da una mentalità di settore ed imparare
finalmente ad applicare quell’intersettorialità che sempre più dovrà
caratterizzarci come movimento cooperativo.
Modernità vuol dire inoltre saperci confrontare, dialogare col mondo esterno
alla nostra realtà, facendo conoscere ed apprezzare il nostro lavoro. Questo è
molto importante per l’immagine della cooperazione stessa, che spesso viene
offuscata da false cooperative create ed utilizzate in modo distorto.
A questo proposito siamo orgogliosi di essere stati tra i primi, noi
cooperatori cuneesi, a costituire l’Ente Bilaterale, formato dalle tre Centrali
cooperative (Confcooperative, Lega Coop. e Agci) e dai Sindacati
Confederali (Cgil, Cisl, Uil), il cui Presidente è Bruno Carli.
Il movimento cooperativo in provincia di Cuneo ha alle sue spalle una lunga
ed interessante storia fatta di sacrifici e a volte di fallimenti. Anche questi
ultimi hanno insegnato qualcosa. Hanno insegnato che fare economia
cooperativistica vuol dire dare vantaggi ad un territorio, a chi lavora, a chi ha
bisogno di servizi ecc., ma vuol anche dire impegnarsi di più proprio perché
il futuro sia garantito.
Domenico Paschetta
Presidente di Confcooperative Cuneo
175

Una casa accogliente
per la Cooperazione Cuneese
Attraverso gli sforzi cooperativistici
occorre anzitutto che venga riconosciuta
ed avvalorata la persona in ogni sua
dimensione: essa è infatti la vera misura
di ogni iniziativa che intenda favorire un
cammino di crescita e di progresso.
Giovanni Paolo II
Quando il 3 ottobre 2003 inaugurammo la nuova sede di Confcooperative
Cuneo, riempimmo per l’occasione la nostra provincia di manifesti dove,
oltre al programma della giornata, in bella evidenza vi era la scritta: «La
Nuova casa della Cooperazione cuneese, a servizio delle associate, del
territorio, delle persone, delle famiglie, delle comunità». Questa frase
esplicitava il senso profondo di quell’evento, infatti, come si può notare, la
parola centrale è “servizio”; ecco quindi il perché della nuova sede: servire
meglio le cooperative, il territorio, le persone, in spazi adeguati e funzionali.
Promuovere questo progetto, farlo vivere e concretizzarlo giorno per giorno
vuol dire riuscire a coordinare sempre meglio Confcooperative Cuneo, il
Centro servizi, con uffici in Cuneo ed Alba, e le Società di diretta
emanazione; una struttura formata oggi da oltre trenta persone tutte motivate,
di alta professionalità e con un forte senso di appartenenza.
Chi scrive ha il compito di valorizzare la professionalità dei singoli
collaboratori; il ruolo di Segretario Generale dell’organizzazione provinciale
non è quindi assolutamente dirigistico ma potremmo paragonarlo a quello di
un direttore d’orchestra, che armonizzando le alte capacità dei musicisti può
ottenere le più belle sinfonie, o a quello di un regista che porta sulla scena
ottime rappresentazioni. Infatti la mia funzione è quella di fare da trait
d’union tra il livello politico rappresentato dalla Presidenza e dal Consiglio
provinciale e il livello operativo rappresentato da tutti i nostri collaboratori.
Animare questa struttura vuol dire intanto riconoscerne i punti di forza che
sono la dinamicità e le professionalità specifiche di ogni settore, e il
desiderio di investire in termini di formazione e presenza nel territorio; in
poche parole il desiderio di mantenere intatta quella leadership nella qualità
dei servizi conquistata nel corso del tempo.
176

Massimo Gallesio, Segretario Generale di Confcooperative Cuneo
177

Operativamente già nel 1993 si costituiva nel nostro interno una cooperativa
di servizi, il Centro servizi Unioncoop. Nata per ottemperare a nuove
disposizioni legislative che obbligavano a separare l’attività istituzionale
dell’Associazione da quella di erogazione di servizi alle associate,
l’Unioncoop si occupa dei servizi di primo livello.
A quest’ultima nel corso del tempo si sono aggiunte poi altre società:
l’Azienda Consortile di Consulenza alla Gestione della Cooperazione Rurale
Agricola e del Territorio, per l’assistenza tecnica e la consulenza alle
cooperative agricole; l’Union Service, creata dall’incontro sinergico della
Unioncoop di Cuneo e l’Unioncoop di Asti, che opera fin dalla costituzione
nell’ambito della sicurezza negli ambienti di lavoro; i Consorzi Copea e
Casa Futura che si occupano di servizi alla cooperazione edilizia, Il Mosaico
per la cooperazione sociale, Logis per la cooperazione di produzione e
lavoro ed il Centro per la Cultura Cooperativa, che attraverso ricerche
documentali e pubblicazioni sulla storia della cooperazione in provincia di
Cuneo fa conoscere e diffonde i valori che sono alla base della nostra
organizzazione sindacale.
Oltre a questi elementi possiamo contare sulla qualificata azione dell’Area
progettazione e sviluppo, il cui ruolo consiste nel promuovere e far decollare
progetti intercettando risorse economiche europee, regionali o nazionali, e
sull’importante ruolo svolto dal Servizio organizzativo di assistenza
sindacale e contrattuale.
Tutto questo lavoro lo svolgiamo giorno dopo giorno per far sì che
Confcooperative sia per le cooperative associate un servizio globale
finalizzato ad una qualità totale ed in grado di valorizzare ogni risorsa locale,
anche marginale.
Essere il più importante punto di riferimento del movimento cooperativo
provinciale, sia dal punto di vista del numero delle cooperative associate sia
dal punto di vista della qualità dei servizi erogati, vuol dire:
- promuovere la cultura cooperativa prima di tutto nella società, attraverso
manifestazioni che facciano conoscere al grande pubblico i prodotti e i
servizi delle nostre cooperative;
- adattare i servizi, innovandoli sempre in coerenza, ai bisogni delle
cooperative;
- sviluppare osservatori economici che possano generare nuove opportunità
per le cooperative;
- facilitare e promuovere il collegamento intersettoriale tra le cooperative;
- stimolare la costituzione di sistemi d’impresa che sappiano cogliere, se non
anticipare, le più importanti trasformazioni del tessuto produttivo e sociale.
178

Essere il più importante punto di riferimento del movimento cooperativo
provinciale vuol dire anche puntare sulla formazione e l’aggiornamento sia
del personale che dei soci e dei dirigenti della nostra struttura e delle nostre
associate. In questo siamo consapevoli di continuare, attualizzandola, la
nostra tradizione; infatti già i Probi Pionieri di Rochdale, nel 1844, avevano
incluso nel loro Statuto una norma che stabiliva di destinare una parte del
profitto a scopi educativi cooperativi.
Tutto questo perché la forza dell’idea cooperativa, che è centrata sulla
persona e la sua dignità, si esplica soprattutto nella preparazione dei suoi
quadri in ordine alle problematiche tecniche, economiche, legislative, e nel
principio di responsabilità etica individuale di chi governa le varie imprese.
Massimo Gallesio
Segretario Generale di Confcooperative Cuneo
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Indice
Presentazione di Giovenale Gerbaudo pag. 3
Premessa pag. 5
Introduzione pag. 7
I. Un tempo per rinnovare, un tempo per crescere:
gli anni Settanta. pag. 9
Il Movimento Cooperativo verso una svolta storica pag. 9
«La cooperazione fa bene anche alla salute» pag. 12
Il particolare mestiere del cooperatore pag. 13
Note al Capitolo I pag. 16
II. Il progetto piemontese pag. 22
Un sistema alternativo per il progresso del Piemonte pag. 22
Creare spazi per una seria cooperazione pag. 24
Note al Capitolo II pag. 27
La scelta di essere solidali pag. 32
III. L’agricoltura cuneese tra crisi e speranza pag. 34
Chi resterà a coltivare la terra? pag. 34
Tanti trattori ma poche cooperative pag. 36
Anche i sogni possono arenarsi pag. 38
Note al Capitolo III pag. 41
IV. L’associazionismo dei produttori e la cooperazione pag. 47
I frutteti con l’ombrello pag. 47
Il giardino della Cantine Sociali pag. 50
Le colline della qualità pag. 51
Una scuola di cooperazione pag. 53
Note al Capitolo IV pag. 55
V. La via dello sviluppo rurale pag. 64
Insieme si è più forti pag. 64
Una legge a favore del sistema agro-industriale piemontese pag. 66
Note al Capitolo V pag. 69
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VI. Nei verdi pascoli della provincia pag. 72
Una zootecnia in cerca di futuro pag. 72
Il rilancio della Piemontese pag. 73
Le dràios della Sambucana pag. 76
Note al Capitolo VI pag. 79
VII. La via lattea pag. 84
Quelle meravigliose giornate tra Natale e San Silvestro del 1981 pag. 84
Il futuro della montagna pag. 86
Note al Capitolo VII pag. 89
VIII. Un lavoro per l’uomo pag. 93
Aspettando la Littorina pag. 93
La fabbrica della partecipazione pag. 94
Lavorare e integrarsi attraverso la cooperazione pag. 96
Note al Capitolo VIII pag. 98
IX. Insieme guardando al Duemila pag. 102
Governare i cambiamenti pag. 102
Un campo di grano che cresce pag. 105
Note al Capitolo IX pag. 108
X. Una stagione di grande impegno sociale pag. 111
Alle origini della cooperazione di solidarietà pag. 111
Una solidarietà progettuale ed efficiente pag. 112
Con il realismo dell’utopia pag. 113
Creare oasi di accoglienza fraterna pag. 115
Lavorare al servizio della persona pag. 118
Il passaparola della solidarietà senza frontiere pag. 120
Il confronto, la fiducia e la creatività pag. 122
Note al Capitolo X pag. 124
XI. Una cultura per la comunità e il territorio pag. 133
«Vogliamo il pane e le rose» pag. 133
Accompagnati da una stella pag. 135
Note al Capitolo XI pag. 137
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XII. Il mattone cooperativo pag. 139
Una casa per tutti pag. 139
Un’edilizia attenta anche ai bisogni dei meno abbienti pag. 141
Note al Capitolo XII pag. 143
XIII. Differenti per scelta pag. 146
Banche con l’anima pag. 146
A Boves in un giorno d’ottobre pag. 148
Note al Capitolo XIII pag. 152
XIV. Come i Probi Pionieri di Rochdale pag. 158
Supermercati con una merce rara: la mutualità pag. 158
Consumatori “en plein air“ pag. 160
Il volo del Quetzal pag. 161
Note al Capitolo XIV pag. 164
Conclusione pag. 168
Note pag. 170
Appendice pag. 172
Il futuro della Cooperazione ha un cuore antico
di Domenico Paschetta pag. 174
Una casa accogliente per la Cooperazione cuneese
di Massimo Gallesio pag. 176
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