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I dolci ed il vino
Granai e picai sono utilizzati da tempi lontanissimi per appassire le uve.
Se ne ricavano vini eccellenti, oggi amati in tutto il mondo.
Si può fare una guida “golosa” passando attraverso i
dolci perché ci sono tiepide fragranze di ciambelle
appena uscite dal forno, deliziosi brividi di glassa,
quale neve ghiacciata, ci
sono profumi di spezie, uva
sultanina, creme, panna, c’é,
insomma, un universo di
bontà. E si deve prendere la
gastronomia come una cosa
seria, al pari della moda,
perché ci aiuta a capire la
civiltà e la cultura di
un’epoca. Ma che logica
avrebbe selezionare i dolci?
Ne ha studiato in profondità il
Conte Capnist, Presidente ad
honorem della Accademia
Italiana della Cucina
rilevando come, in realtà, i
dolci sono l’apice di esibizioni
familiari, a volte sociali, sono
promozioni dello star bene,
presentano il fasto ma anche
il quotidiano. Pensate ad un
dolce offerto su un’alzata, isola un momento
importante di una festa, si fa evento, parentesi,
oppure gran finale. Ma c’è anche la stupenda
quotidianità di una fetta di plumcake al mattino, un
veloce caffè, che permette un inizio di giornata con il
sorriso. Sempre, il dolce, cadenza gli attimi importanti
della festa, ma anche quelli
della giornata, in una parola
della vita.
E tutto nasce dall’essere un
genere voluttuario. Il dolce,
proprio perché in modo
peculiare abbina al piacere la
voluttà e non è la
soddisfazione di un bisogno
esprime, più di ogni altro
cibo, l’evoluzione della cultura
gastronomica dell’uomo. Così
si è passati dalle modeste
ciambelle, dal dolce semplice
e casalingo, al dolce più
raffinato, più legato al tempo.
Abbiamo i dolci che
percorrono, con cadenze
fisse, il calendario del nostro
anno. Dal panettone alla
colomba, dagli “ossi di morto”
ai “galani” tutto scorre nella direzione del tempo. E il
dolce reclama, come compagno di strada, il vino
appropriato.