Verso il Mercato di Qualità Sociale - Aiccon
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STEFANO ZAMAGNI<br />
lidarietà, non riuscendo a vedere la <strong>di</strong>fferenza tra equità (alla quale si collega<br />
la solidarietà) e libertà positiva (alla quale si collega la fraternità).<br />
Ebbene, <strong>il</strong> punto su cui richiamare l’attenzione è che nelle nostre società<br />
contemporanee mai si è riusciti (finora) a dare vita ad un or<strong>di</strong>ne sociale<br />
in cui tutti e tre i principi potessero stare assieme, contagiandosi a vicenda.<br />
Si è riusciti a tradurre in assetti istituzionali solamente due alla<br />
volta <strong>di</strong> questi tre principi. Con quale esito? Proviamo a considerare cosa<br />
succede (come peraltro è storicamente successo!) quando si marginalizza, o<br />
comunque non si valorizza, <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> reciprocità. Si ottiene <strong>il</strong> modello<br />
del welfare state così come questo è stato realizzato, con varianti <strong>di</strong>verse,<br />
nell’Occidente sv<strong>il</strong>uppato a partire dal secondo dopoguerra. Il perno del sistema<br />
è lo Stato benevolente: <strong>il</strong> mercato che produce ricchezza in modo efficiente<br />
e lo Stato che ri<strong>di</strong>stribuisce secondo canoni <strong>di</strong> equità ciò che è stato<br />
prodotto. In un modello del genere <strong>il</strong> terzo settore è, appunto, terzo, ma<br />
soprattutto è alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze – come vedremo in seguito – dello Stato.<br />
Se si elimina o si limita considerevolmente <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>stribuzione,<br />
ecco <strong>il</strong> modello del capitalismo f<strong>il</strong>antropico. Il mercato è la leva del<br />
sistema e deve essere lasciato libero <strong>di</strong> agire senza intralci. In tal modo, esso<br />
produce quanta più ricchezza possib<strong>il</strong>e e i “ricchi” fanno f<strong>il</strong>antropia ai<br />
poveri servendosi della società civ<strong>il</strong>e e delle sue organizzazioni (le varie<br />
Charities e Foundations). Nel modello del compassionate conservatorism<br />
l’attenzione nei confronti <strong>di</strong> chi resta in<strong>di</strong>etro nella gara del mercato va collegata<br />
al sentimento morale della compassione e le organizzazioni della società<br />
civ<strong>il</strong>e non possono che essere non profit. tali organizzazioni entrano<br />
in azione per alleviare gli effetti negativi dell’interazione sociale e non già<br />
per incidere sulle cause che li generano. In un sim<strong>il</strong>e contesto, <strong>il</strong> dono perde<br />
la sua natura profonda <strong>di</strong> reciprocità e si trasforma in f<strong>il</strong>antropia, in regalo.<br />
Infine, l’eliminazione o la sottovalutazione dello scambio <strong>di</strong> equivalenti<br />
produce i collettivismi e i comunitarismi <strong>di</strong> ieri e <strong>di</strong> oggi, dove si vive<br />
volendo fare a meno della logica del contratto, ma a costo <strong>di</strong> inefficienze devastanti<br />
e <strong>di</strong> miserie intollerab<strong>il</strong>i.<br />
La sfida dell’economia civ<strong>il</strong>e è quella <strong>di</strong> ricercare i mo<strong>di</strong> – che certamente<br />
esistono – <strong>di</strong> far coesistere, all’interno del medesimo sistema sociale,<br />
tutti e tre i principi regolativi <strong>di</strong> cui si è detto. Infatti, abbiamo bisogno<br />
certamente <strong>di</strong> efficienza, ma anche <strong>di</strong> equità e – oserei <strong>di</strong>re soprattutto – <strong>di</strong><br />
reciprocità e <strong>di</strong> libertà positiva. Abbiamo scritto coesistere a ragion veduta.<br />
Non riteniamo, infatti, fruttuoso <strong>il</strong> <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> chi pensasse <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre<br />
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