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IL LIBRO&I LIBRI<br />
IL LIBRO & I LIBRI - IL DIRSI E IL FARSI DEL LAICO CRISTIANO<br />
te uno scollamento tra la vita quotidiana dei laici “normali” e l’organizzazione<br />
della vita ecclesiale ai livelli alti; a parere di alcuni si potrebbe<br />
stabilire un parallelo con lo scollamento che esiste tra gli attori politici e<br />
la gente comune. Il parallelo è certamente azzardato: la gente comune<br />
continua a mantenere fiducia negli ecclesiastici, sebbene i grandi media<br />
insinuino spesso sospetti. Quel che si può sostenere è, tuttavia, che un<br />
di più di dottrina (dal Vaticano II alla Christifideles laici con la riflessione<br />
teologica, anche vulgata, che questi hanno stimolato) non ha prodotto<br />
un di più di corresponsabilità. Il caso emblematico è costituito dal<br />
mancato funzionamento degli “organismi di partecipazione ecclesiale”<br />
(Consigli pastorali – parrocchiali, zonali e diocesani – e Consigli per gli<br />
affari economici).<br />
Per quali ragioni si sarebbe prodotto questo fenomeno? La risposta<br />
può essere articolata, e ovviamente non ha la pretesa di essere esaustiva. Si<br />
tratta di ipotesi finalizzate, qualora lo meritassero, ad aprire un confronto.<br />
Il primo aspetto riguarda l’organizzazione ecclesiale: appare sempre<br />
più complessa; si moltiplicano gli uffici e i convegni con l’intento di stimolare<br />
l’azione pastorale, ma si deve constatare che le ricadute sulla vita<br />
effettiva delle comunità e delle persone è scarsa; pare anzi che la Chiesa<br />
assomigli sempre più a una grande organizzazione sociale, che consuma<br />
energie per mostrare la sua vitalità. Non si può negare la necessità degli<br />
uffici e dei convegni. Ci si potrebbe però domandare se il compito dei<br />
primi non si debba intendere nella linea della sussidiarietà, e quello dei<br />
secondi nella ricerca selettiva di percorsi critici. Sarebbe certo da schizzinosi<br />
immaginare che non si debba dare spazio alla dimensione “celebrativa”.<br />
Ma, d’altra parte, ci si può anche domandare se la prevalenza di<br />
questa non crei l’impressione di una recezione convinta di direttive,<br />
anziché stimolare la riflessione: quando la riflessione è anzitutto eco di<br />
direttive, pure necessarie, dall’alto, difficilmente le persone imparano a<br />
costruire visioni per la vita ecclesiale, e questa, alla lunga, appare “cosa”<br />
solo di chi dà direttive.<br />
Il secondo attiene alla teologia dell’episcopato e al rischio dell’uso<br />
ideologico della stessa. È noto che il Vaticano II ha dato ampio spazio al<br />
ruolo dei vescovi: la riscoperta della sacramentalità e della collegialità<br />
del ministero episcopale va annoverata indiscutibilmente tra i grandi<br />
meriti dell’ultimo Concilio. Come avviene per ogni riscoperta, però,<br />
l’entusiasmo conduce a non cogliere che un solo aspetto della dottrina<br />
ecclesiologica non è tutta la dottrina. Ebbene, l’aver dichiarato che il<br />
vescovo, in quanto vicario di Cristo, è il principio e fondamento dell’unità<br />
nella Chiesa particolare (LG 23), ha fatto pensare che tutta la vita di<br />
una Chiesa debba dipendere dal vescovo, i cui gusti, a volte, diventano<br />
il criterio unico dell’impostazione pastorale, della spiritualità, del rap-<br />
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dialoghi n. 3 settembre 2007