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In sostanza, la contraddizione fondamentale è tra una ricostruzione<br />
storica che dà per certa una presenza storicamente rilevante dei cattolici<br />
italiani nel corso di un secolo (per altro non chiarendo di quale rilevanza)<br />
e la denuncia di un «contesto di isolamento per molti aspetti inedito ma<br />
per altri altrettanti sensi assai simile a quello di un secolo fa»: che, se così<br />
fosse, verrebbe smentita quella ricostruzione (ma sarebbe storicamente<br />
errato) e aprirebbe un quesito inquietante: è stato dunque vano quanto i<br />
cattolici italiani hanno realizzato in nome della solidarietà (e in vista del<br />
bene comune) nelle mille opere in campo sociale, economico, culturale,<br />
politico che testimoniano la “presenza”? E, ancora, se così sono andate le<br />
cose, perché? Lo schema dell’isolamento, dell’accerchiamento, dello straniamento<br />
non può essere solo denunciato, va spiegato: e nella spiegazione<br />
bisogna lasciarsi coinvolgere con le proprie specifiche responsabilità. Non<br />
solo quelle ad extra, ma anche se non soprattutto quelle ad intra. Le interruzioni<br />
sulla storia delle “Settimane sociali” – soprattutto quelle dopo il<br />
’70 – richiedono uno di questi rigorosi chiarimenti. Le “Settimane sociali”<br />
sono state un insieme di iniziative isolate o le lega un filo non solo di<br />
formale intenzionalità? Sono stati fatti anche altamente rilevanti in sé, ma<br />
con quale ricaduta sulla qualità e efficacia della “presenza”? Quale dibattito<br />
hanno aperto, a quali verifiche hanno dato occasione sulla coerenza<br />
specifica, su temi precisi, tra l’approfondimento culturale e l’azione, e la<br />
pratica? È forse fuori luogo, in un contesto in cui tutto è immagine, è<br />
apparenza, realizzare finalmente una iniziativa culturale che sistematicamente<br />
formi a un metodo rigoroso, al “vedere, giudicare, agire” dell’insegnamento<br />
di Giovanni XXIII nella Mater et Magistra?<br />
Cautela e rispetto del lavoro altrui impongono di attendere lo svolgimento<br />
della “Settimana” per trarne un giudizio fondato. Ma non si può<br />
non chiudere queste provvisorie considerazioni che manifestano un atteggiamento<br />
costruttivo attraverso la valutazione che non ignora la criticità,<br />
esprimendo la speranza che non aumentino le contrapposizioni ad intra e<br />
ad extra. Un terreno comune lo si deve trovare nella natura della testimonianza<br />
cui siamo chiamati e nei suoi “profili connessi ma distinti”: secondo<br />
il “Documento preparatorio”, quello «della diretta proposta e testimonianza<br />
del Vangelo» e quello della «animazione cristiana delle realtà sociali».<br />
In questo ordine e non in quello, rovesciato, del “Documento” stesso:<br />
l’impegno socio-politico è certamente parte indispensabile della vocazione<br />
cristiana, ma come frutto misterioso della incessante conversione personale.<br />
Per essere ancora più chiari, se si vuole valorizzare la connessione<br />
dei distinti profili, come compito qualificante delle “Settimane” (a cominciare<br />
dalla prossima), la ricerca e la verifica della coerenza diventa il dovere<br />
fondamentale, il solo che dà significato alla testimonianza dei credenti<br />
come dei non credenti.<br />
SERGIO ZANINELLI<br />
dialoghi n. 3 settembre 2007<br />
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