23.10.2014 Views

Dialoghi - Azione Cattolica Italiana

Dialoghi - Azione Cattolica Italiana

Dialoghi - Azione Cattolica Italiana

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

L’OBLIO DELLE VIRTù A FAVORE DEL DESIDERIO<br />

Il problema, allora, oltre che di natura teoretica è anche di carattere<br />

fortemente etico ed esistenziale. È infatti la continuità tra la dimensione<br />

teoretica e quella etico-esistenziale a permetterci di fare un ulteriore passo<br />

avanti ed a farci affermare che, in un discorso sul rapporto tra desiderio e<br />

virtù, se una inconciliabilità esiste, non è certamente quella che passa tra<br />

desiderio e virtù; inconciliabili sono piuttosto le etiche derivanti da differenti<br />

impostazioni antropologiche e quindi i valori e le virtù proposti ed i<br />

comportamenti e le scelte da essi richiesti. In particolare e in riferimento a<br />

quanto affermato fin qui, inconciliabili sono l’etica derivante da una concezione<br />

unitaria della persona con quella che si presenta invece come frutto<br />

di un’antropologia vicina o derivata da una cultura di tipo radicale e<br />

che sembra la cultura vincente nel postmoderno: le virtù ed i valori che<br />

l’una e l’altra propongono non sono componibili. A fronte infatti di una<br />

vita concepita come sequenza di avvenimenti in progressione verso un<br />

fine teleologico e trascendente e quindi di un’esistenza concepita come<br />

impegno responsabile e continuo per realizzare questo fine, vi è una concezione<br />

della vita vista come insieme di avvenimenti a servizio della mia<br />

esistenza presente e dai quali sono chiamato a ricavare il massimo di soddisfazione.<br />

Se, nel caso di un’antropologia unitaria e di ispirazione personalista,<br />

ciò che conta è il fine per il quale vivere ed il progresso è avanzamento<br />

verso questo fine; nel secondo, ciò che vale è ricavare dagli eventi e<br />

dai rapporti ciò che serve al gioco del momento ed il progresso, in questo<br />

caso, si misura in termini di accumulazione. L’interpretazione dello stesso<br />

benessere sembra collocarsi su piani del tutto inconciliabili: nel primo<br />

caso al benessere della persona contribuisce la retta coscienza di aver risposto<br />

responsabilmente agli appelli della storia; nel contesto della cultura<br />

radicale la situazione di benessere deriva dalla certezza di avercela fatta e<br />

comunque di essere riusciti nel proprio intento. In altri termini, se nel<br />

primo caso, il benessere e la felicità sono gli effetti di una vita vissuta nell’orizzonte<br />

di una personale e piena responsabilità, nel secondo caso, il<br />

benessere e la felicità sono degli scopi, e quelli che chiamiamo valori e<br />

virtù sono soltanto opportunità e comportamenti che “funzionano” in<br />

quella circostanza, utili per raggiungere, semmai cinicamente, gli obiettivi<br />

del momento.<br />

A colpire all’interno della diffusa cultura radicale – che è anche ciò che<br />

la differenzia da una cultura personalista – non è la negazione di un orizzonte<br />

valoriale né il rifiuto di qualsiasi discorso sulle virtù. La differenza<br />

sta piuttosto in un modo tutto particolare di concepire i valori e di intendere<br />

le virtù che, col pretesto di non far venire meno il carattere storico,<br />

finisce per privare gli uni e le altre di un riferimento oggettivo e della loro<br />

funzione, per così dire, sociale. Non possiamo dimenticare infatti che, a<br />

prescindere dai paradigmi di riferimento, «gli studi sulla cultura dicono<br />

22<br />

dialoghi n. 3 settembre 2007

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!