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tori “sensibili” delle società avanzate (mass-media, telecomunicazioni,<br />
informatica), di grande impatto sulla stessa democrazia; la flessibilità<br />
(disciplinata, non selvaggia) del mondo del lavoro; la de-burocratizzazione<br />
delle attività imprenditoriali.<br />
Si fa presto a dire, ma quando si tenta di toccare anche un piccolo tassello<br />
dell’ossificato sistema-Paese è la rivolta. Pensiamo, in campo politico,<br />
alla tenace difesa a opera dei piccoli partiti delle loro modeste e però, in<br />
un sistema come il nostro, decisive quote di rappresentanza. In simile<br />
stato di cose la debolezza diventa forza e viene brandita quale arma di<br />
ricatto continuo. Vale senz’altro per il governo nazionale e, in buona<br />
misura, anche per quelli locali. Si sperava che il sistema maggioritario,<br />
dopo le stagioni del proporzionalismo consociativo, rendesse più agevole<br />
la governabilità del Paese. Ma siamo daccapo. L’attuale maggioranza<br />
governativa si trova, quasi ogni giorno, con il fiato sospeso. Ciascun provvedimento,<br />
prima che il fuoco incrociato dell’opposizione, deve superare<br />
gli sbarramenti interni. Gli esiti, pertanto, sono sempre incerti, affogati in<br />
discussioni e mediazioni infinite, che rallentano ogni decisione. E si sa<br />
quanto la rapidità delle scelte, in un tempo come il nostro, sia importante.<br />
I risicatissimi numeri di vantaggio al Senato fanno, poi, il resto. Molti<br />
disegni di legge, giunti lì, arrancano. Il troppo frequente ricorso al voto di<br />
fiducia, benché giustificato, in più di un caso, dalle manovre ostruzionistiche<br />
dell’opposizione, ha sempre il sapore acre del “giorno del giudizio”,<br />
instilla una psicologia da “resa dei conti finale”.<br />
Non parliamo poi delle ferocissime difese del proprio particulare da<br />
parte delle innumerevoli categorie professionali. Basta un intervento legislativo<br />
per smuovere un po’ le acque, nel senso di rendere più concorrenziale<br />
il mercato, ed è la rivolta. Taxisti, benzinai, artigiani, commercianti,<br />
ma anche farmacisti, avvocati, notai sono tutti in piazza. Naturalmente,<br />
nelle prime file dei cortei fanno bella mostra di sé volti noti della politica,<br />
pronti a cogliere al volo l’occasione d’oro offerta per un bell’esercizio di<br />
demagogia... che dà sempre i suoi frutti. Altro caso è quello del pubblico<br />
impiego, settore bisognoso di un robusto ammodernamento complessivo,<br />
con la necessità, fra l’altro, d’incrementare la produttività, favorire la<br />
mobilità del personale, per rendere servizi migliori ai cittadini. Ma anche<br />
qui: che fatica e che resistenze al cambiamento, in una strenua difesa di<br />
consolidate posizioni di rendita!<br />
Vi sono, inoltre, questioni locali, con rilievo nazionale, che, seppure<br />
molto diverse per tipologia e relativi significati socio-culturali, concorrono<br />
a incrementare nell’opinione pubblica un senso di disagio e sfiducia<br />
circa l’effettiva capacità delle autorità politiche competenti a trovare per<br />
esse soluzioni serie e in tempi ragionevoli. Mi riferisco, esemplificativamente,<br />
ai problemi della TAV in Val di Susa e dei rifiuti urbani a Napoli e<br />
LUCIANO CAIMI<br />
dialoghi n. 3 settembre 2007<br />
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