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Dialoghi - Azione Cattolica Italiana

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IL LIBRO&I LIBRI<br />

IL LIBRO & I LIBRI - IL DIRSI E IL FARSI DEL LAICO CRISTIANO<br />

nello stesso tempo, non simpatizza (almeno qualche volta) più pienamente<br />

e cordialmente con loro, riconoscendo almeno le buone intenzioni<br />

con cui essi non lastricano l’inferno, ma spesso la loro via Crucis?<br />

Prendendo sul serio l’interrogativo di Paola Bignardi, qualcuno tenterà<br />

la rianimazione della teologia del laicato? Un piccolo ma prezioso<br />

segnale positivo viene dall’enciclica Deus caritas est di Papa Benedetto,<br />

laddove egli dice che è compito «immediato» dei fedeli laici «operare per<br />

un giusto ordine nella società!» (n. 29). Se il senso del passo rinvia alla<br />

Christifideles laici di Giovanni Paolo II (n. 42), quell’aggettivo “immediato”<br />

riprende ultimamente l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi<br />

di Paolo VI (n. 70), dove si afferma che «compito primario e immediato<br />

[dei laici] non è l’istituzione e lo sviluppo della comunità ecclesiale<br />

– che è il ruolo specifico dei Pastori –, ma è la messa in atto di tutte le<br />

possibilità cristiane ed evangeliche nascoste, ma già presenti ed operanti<br />

nella realtà del mondo. Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice<br />

è il mondo vasto e complicato della politica». Dentro l’enciclica di<br />

Benedetto XVI quell’aggettivo non è una presenza né casuale né debole,<br />

perché vi è (sempre al n. 29) espressamente distinto dal compito<br />

“mediato” della Chiesa comunità. Il ritorno in scena dell’immediatezza<br />

del ruolo dei laici nella politica ci è ancor più gradito per il fatto che<br />

quel riferimento della Evangelii nuntiandi, a cui – non lo nascondiamo<br />

– ci eravamo tanto affezionati, era stato inopinatamente pretermesso nel<br />

recente Compendio della dottrina sociale della Chiesa (2004), che pure<br />

per 9 volte cita quell’esortazione apostolica.<br />

La laicità “conciliare” è però, secondo noi, destinata a riemergere per<br />

forza di cose, nonostante la ripresa prepotente del sacro, perché la<br />

società è destinata – purtroppo – a continuare la sua corsa secolarizzatrice<br />

anche proprio grazie a quanti accolgono il sacro in maniera strumentale<br />

per evitare di trarre le conseguenze pratiche coerenti col loro essere<br />

cristiani. Il fatto che ora da più parti si parli di “meticciato”, cioè di<br />

fecondazione reciproca di culture, chiama in causa chi è destinato ad<br />

operare immediatamente, appunto, la traduzione dei principi primi (o<br />

dei fini ultimi) di una cultura e religione nelle regole d’una città non<br />

solo pluralistica, ma plurireligiosa. Verrà forse il momento di revisionare<br />

quella Carta dei diritti umani che, pur tanto lungimirante, aveva, per<br />

ragioni storiche, pretermesso il dialogo con nuove famiglie religiose che<br />

allora non si ponevano sulla scena mondiale in modo così prepotente<br />

come oggi. Certo: non deve essere abbandonata la scelta della missione<br />

con l’obiettivo della conversione, ma più realisticamente sarà un incontro<br />

sui fini penultimi che permetterà alla nostra società di trovare una<br />

pace sociale, a partire da principi diversi e talvolta inconciliabili sul<br />

piano teorico e dogmatico. E sarà questo ancora, per i cristiani, compi-<br />

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dialoghi n. 3 settembre 2007

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