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DONNE VENETE - Dalla Grande - Centro Studi Ettore Luccini

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Donne venete dalla grande emigrazione alla Resistenza<br />

Cap. 2 – La partecipazione delle donne…<br />

Nel Novecento, fin dall’inizio il movimentato protagonismo di molte<br />

donne anche nel Veneto contribuì a cambiare il mondo femminile e la sua<br />

proiezione in un periodo storico esplosivo, drammatico e decisivo. A Padova<br />

furono attive: Lina Merlin, Irene Chini Coccoli, più tardi Tina Anselmi, Paola<br />

Gaiotti De Biase (Cif) e per l’Udi le sostenitrici: Irene Chini Coccoli (presidente),<br />

Letizia Merlin (presidente, e sorella di Lina), Enrica Forcella (anch’essa poi<br />

presidente), Rosa Milani Molinari, segretaria (1952-62), Antonia Miazzo, Luciana<br />

Meneghetti, Vittoria e Luciana Zerbetto Papalia, Olga Cappellari (Psi),<br />

Nietta Riccoboni (anch’essa poi presidente), Laura Cogolo (Psi), Berta Griggio,<br />

le sorelle Camuffo e Fassetta, Silvana Garro, Eleonora Vendramin, Linda<br />

Falasco, Doralice Clara Morvillo, Ester Facchi.<br />

Al Congresso del 29 novembre ‘45 a Parigi era nata intanto la Federazione<br />

Internazionale Democratica delle donne. Facevano parte del Comitato<br />

Esecutivo due italiane: Ada Gobetti e Camilla Ravera. Il giuramento<br />

fu solennemente pronunciato dalle delegate a nome di 81 milioni di donne<br />

da loro rappresentate, con l’impegno di lottare<br />

– perché siano create le condizioni indispensabili allo sviluppo armonioso<br />

e felice dei fanciulli e delle generazioni future<br />

– perché sia annientato il fascismo sotto tutte le sue forme e perché<br />

venga stabilita nel mondo intero una vera democrazia<br />

– per assicurare una pace durevole, sola garanzia della felicità dei<br />

figli.<br />

Lo stesso programma della Federazione Internazionale si pronunciava:<br />

– per una pace solida e duratura nel mondo<br />

– per l’annientamento del fascismo ovunque e comunque si presenti<br />

– per l’uguaglianza dei diritti civili, economici e politici della donna<br />

con gli uomini<br />

– per la protezione e la difesa della maternità e dell’infanzia.<br />

Commoventi e appassionati gli interventi delle delegate, specialmente<br />

di quella greca e della spagnola, e la comunista Dolores Ibarruri (la “Pasionaria”).<br />

2. Donne nella Resistenza Veneta<br />

Non si è trattato di una Resistenza minore, poiché molte partigiane in<br />

azione hanno fatto attività politica e altre, anche se spesso non hanno avuto<br />

legami con partiti o reti organizzative formali, sono state coinvolte per<br />

necessità ad operare in aree o realtà o situazioni particolari locali, così<br />

come furono pronte ad agire per prime nel caso dell’8 settembre 1943.<br />

Nel ‘40 – sostiene A. Bravo – nessuna organizzazione femminile cattolica,<br />

laica prende posizione contro la guerra. L’8 settembre 1943, quando l’esercito<br />

si sfascia, molti soldati allo sbando vengono soccorsi e rivestiti soprattutto<br />

da donne. «Pareva – scrive Meneghello nei Piccoli Maestri – che<br />

volessero coprirci con le sottane»; si sono prodigate nascondendo e<br />

ospitando anche prigionieri alleati: è il caso delle contadine in campagna<br />

e delle malgare in montagna.<br />

La mobilitazione dell’8 settembre ‘43 con caratteristiche di massa, e le<br />

iniziative delle donne che reagiscono, scioperano e assaltano i magazzini<br />

di viveri e di indumenti, sono azioni o comportamenti decisi di donne<br />

determinate a contrastare con forza lo sfascio esistente: è una rivolta<br />

cosciente, una guerra civile sostiene Claudio Pavone.<br />

Tina Merlin, nel suo La guerriglia delle donne, fa il punto non sulle<br />

situazioni differenti nelle città, e fra le donne già politicizzate prima della<br />

guerra, ma sulla situazione delle masse delle donne delle zone di montagna,<br />

di collina e di una certa pianura (in prevalenza erano contadine e casalinghe),<br />

per vedere il loro rapporto di consapevolezza politica e il peso militare<br />

che veniva loro riconosciuto all’interno della guerriglia resistenziale. In che<br />

cosa consisteva Scrive la Merlin, della Brigata “Manara” bellunese:<br />

Tutti i servizi di supporto, che in qualsiasi esercito in guerra vengono<br />

svolti dai militari, nell’esercito della Resistenza erano svolti dalle<br />

donne: collegamenti; informazioni e loro trasmissione alle Brigate;<br />

assistenza sanitaria; posti di recapito; luoghi di ricovero; trasporto di<br />

armi, radio trasmittenti e stampa; guida e accompagnamento di<br />

comandanti e di missioni alleate […] Chi stava sempre allo scoperto<br />

nei paesi e per le strade erano le staffette, le informatrici, le sarte che<br />

confezionavano indumenti per la guerriglia, le donne che nascondevano<br />

e curavano i feriti […] Le staffette, parte integrante del braccio<br />

militare della Resistenza… membri della stessa grande famiglia<br />

[…] sentivano la solidarietà che circondava il movimento, avendo<br />

rapporti […] col tessuto sociale del paese […] Per la maggior parte<br />

erano d’estrazione cattolica con un grado di scolarità o istruzione che<br />

arrivava alla quinta elementare.<br />

Ancora la Merlin:<br />

mentre vengono citati atti anche insignificanti compiuti da uomini […]<br />

non viene citato uno […] compiuto da donne: non si fa cenno ad es.<br />

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