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DONNE VENETE - Dalla Grande - Centro Studi Ettore Luccini

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Donne venete dalla grande emigrazione alla Resistenza<br />

Cap. 2 – La partecipazione delle donne…<br />

non savea gnente, mi gavea sei bambini da ’ndarghe drìo.<br />

D.: Ma fra voialtri parlavi con le done de ste robe...<br />

R.: No, no saveimo che le done le usa troppo le parole.<br />

D.: Pensaveo che le done fosse ciacolone<br />

R.: Gaveino no, paura che ‘na parola passa l’altra…<br />

D.: Fra voialtre done, parlavi mai de la guerra<br />

R.: Parlevino mina tanto perchè gavea mi do putine picole e poeva<br />

gnanca mina tanto ‘ndare in giro perché dov’è che porte ste do putine…<br />

Nel Polesine si nota la differenza nelle posizioni partecipative delle donne<br />

alla Resistenza tra il Delta Po e il resto del territorio rodigino coinvolto,<br />

pronto e attivo nella lotta resistenziale.<br />

Angioletta Masiero sostiene infatti che «il concetto di pace, di libertà,<br />

di liberazione assume […] significati e contenuti diversi per l’operaia, la<br />

bracciante, la donna di casa e la donna di cultura, a seconda delle loro<br />

esigenze immediate e primarie. Il bisogno di liberarsi dalla fame, dalla<br />

miseria, si intreccia con il bisogno di cultura personale e collettiva […] La<br />

Resistenza ha segnato un capovolgimento degli atteggiamenti tradizionali<br />

[… La donna] non [è] più rassegnata a piangere […] entra nella lotta pagando<br />

in prima persona» (Masiero 1986). Magda Tralli della Brt. “Bonatti”,<br />

staffetta attiva in varie zone e decorata con la Croce al merito di guerra,<br />

afferma: «la molla principale che spinse noi donne fu proprio l’aspirazione<br />

di un domani migliore più libero. Lo testimonia il fatto che nelle<br />

nostre file, c’erano comuniste, democristiane, socialiste, liberali, tutte unite,<br />

però nel combattere il nazifascismo e i suoi collaboratori».<br />

La casa di Adalgisa Bassi, comunista, era a disposizione per le riunioni<br />

del Cmp, del Cln e aperta alle attività delle altre compagne: Ofelia Bertoldi,<br />

Edera e Nives Bonatti, Ester Ferrari, Olga Gallani, Imperia Manzoli,<br />

Derna Romani e Magda Tralli tutte di Stienta; Clelia Verzola di Castelmassa,<br />

Margherita Contarini di S. Pietro Polesine, Lilia Novi e Dosolina<br />

Rossi di Ceneselli. Nella zona operativa della Brt. “Tasso”, Dorina Bissoli<br />

di Badia manteneva i contatti con il movimento partigiano padovano di<br />

Doralice a Masi; le altre attive erano Mafalda Travaglino, Amelia Viaro e<br />

Ogmar Matilde, Amabilia Varliero, Settima Bertaglia, Italina Dall’Aglio;<br />

per la zona di Rovigo, la dinamica insegnante Elvina Paderno “Ribelle”,<br />

decorata con Croce al merito di guerra, era in contatto con il prof. Zancan<br />

di Padova e con l’asiaghese Carlo Giovannin, Medaglia d’oro della Resistenza;<br />

ad Adria, oltre alle staffette Cesira Busso, Filomena Giribuola,<br />

Maria Marangoni, Libertà Pozzato, si ricorda l’attività di Giuseppina<br />

Fornara, imprigionata con trattamento durissimo ad Adria ed a Rovigo<br />

fino alla Liberazione; sorte analoga era toccata a Regina Costa Girotto.<br />

Angela Dolcetto, staffetta arrestata e imprigionata nella sede di Fiesso<br />

Umberto e poi a Stienta, spogliata e torturata (come pure Amelia Viaro),<br />

informava i comandi partigiani dei rastrellamenti, a sua volta informata<br />

da un amico fascista; due-tre volte alla settimana si recava a S. Bellino, a<br />

Padova e ad Abano per contatti con altre staffette. Altre staffette polesane<br />

da menzionare sono, per la Brt. “Giustizia e Libertà”, Antonietta Casetta e<br />

Maria Barbozza, ed Ada Sette del Gruppo Autonomo.<br />

Mauro Badiale ben ha rappresentato il quadro delle esperienze non poche<br />

volte drammatiche delle staffette polesane, di cui ricorda come esse si<br />

trovarono ad agire in un territorio<br />

dove operavano ben 17 polizie di varia nazionalità, tipo e natura [… ]<br />

reggimenti tedeschi, brigate locali di fascisti repubblichini con ragguardevoli<br />

rinforzi dalla Toscana. (Badiale 1990)<br />

Egli cita Beatrice Scarparo, che nascondeva nel manubrio della bicicletta<br />

due dispacci del comando della IV Brt. Giustizia e Libertà per le<br />

formazioni di Lusia. Fermata, non volle abbandonare la bicicletta, ed u-<br />

no dei tedeschi la freddò all’istante con un colpo di pistola; ma anche<br />

Maria Vivante, imprigionata solo perché accusata di ascoltare radio Londra<br />

e di diffonderne a voce le notizie.<br />

Una figura di giovane casalinga polesana, che, coinvolta in azioni di<br />

guerriglia, seppe imbracciare il fucile e agire eroicamente fu Livia Bianchi<br />

(n. a Melara, Rovigo, nel 1909, e caduta a Cima Valsolda, Torino, nel gennaio<br />

‘45), figlia di braccianti, che, dopo l’8 settembre partecipò alla lotta<br />

clandestina, e nel ‘44, trasferitasi con la famiglia, entrò con il nome di<br />

“Franca” come portaordini e combattente nelle formazioni partigiane<br />

“Ugo Ricci”: attiva a Cima di Porlezza nella zona del Lario, lì venne catturata<br />

con altri compagni, ed indi fucilata. Le venne conferita la Medaglia<br />

d’oro al valor militare ad memoriam (Masiero 1986).<br />

7. La clandestinità e la Resistenza a Treviso<br />

Una valorosa partigiana della Marca trevigiana fu Dina Sernaglia<br />

“Bernar” (n. a Valdobbiadene, 1878, m. a Treviso, 1982): emigrata in Svizzera,<br />

frequentò circoli anarchici; sposò a Roma Piero Dal Pozzo che, con-<br />

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