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DONNE VENETE - Dalla Grande - Centro Studi Ettore Luccini

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Donne venete dalla grande emigrazione alla Resistenza<br />

Cap. 2 – La partecipazione delle donne…<br />

corpi degli uomini caduti; civili e partigiani. Quanti fossero non lo so.<br />

[… i tedeschi avevano fatto] scempio di quei corpi senza vita. […] Al<br />

mattino […] mi allontanai da quel luogo per ritornare alla base. Fu<br />

soltanto allora, quando ero ormai distante, che mi resi conto della<br />

vastità di qugli avvenimenti dolorosi […] il dolore che avevo represso<br />

[…] si sciolse in pianto disperato. (Marchetto 2004, pp. 61-63)<br />

“Gina” non lo sapeva, ma le vittime furono 58; le ricorda un monumento,<br />

proprio all’inizio del paese.<br />

Altri luttuosi fatti di lotta resistenziale avvennero il 26 settembre ‘44<br />

in Valbrenta (tra l’Altopiano e il Grappa), valle martoriata da rastrellamenti,<br />

incendi, imboscate, eccidi bestiali; a Carpanè (dove c’erano<br />

anche degli ebrei internati civili) vennero fucilati davanti alla stazione 13<br />

persone catturate sul Grappa: tra questi una coppia, il ten. Angelo Valle<br />

e la moglie Gianna Giglioli di Reggio Emilia incinta di 5 mesi; 11 persone<br />

arrestate a Pove vennero poi impiccate a Bassano del Grappa.<br />

Ester Todesco – sorella di Vico, comandante partigiano fucilato il 21<br />

settembre ‘44, e nipote del prof. Mario Todesco ucciso a Padova – portava,<br />

con Franca Ferronato, ciò che poteva da Padova a Solagna; arrestata,<br />

prima di uscire di casa chiese di poter salutare la madre Paolina che,<br />

non volendo lasciare la figlia, partì con lei: della loro fine nessuno seppe<br />

più nulla. La Magnani fece riaprire le indagini anche negli anni ‘90-’95,<br />

con scavi nell’ex sito della Todt a Cismon, ma inutilmente. (Marangon,<br />

1996).<br />

Molte furono le staffette della Valle che assolsero coraggiosamente a<br />

missioni rischiose; tra le partigiane della Brigata “Gramsci” del Btg.<br />

“Montegrappa” di Cismon, Filomena <strong>Dalla</strong> Palma “Gina” (legata anche<br />

alla “Gramsci” di Belluno), le compaesane Vittorina Caenaro, Gianna<br />

<strong>Dalla</strong> Rosa “Zita”, Argia Caenaro, Rizzo Smaniotto “Antonietta” e Antonia<br />

Fiorese; a San Nazario, Nilda Mocellin dei “Gatta”; Zanella Elodia<br />

dei “Mueo”, famiglia di Conco, moglie di Toni Ferrazzi, residente ed<br />

attiva a Valstagna e la “Pirca” in Pontarollo, operante tra Valstagna e la<br />

montagna.<br />

E ancora Pierina Vialetto, attivissima nel tenere i rapporti per i viveri<br />

e gli ordini con i partigiani nascosti sulle montagne di Campolongo, nonché<br />

sorella del partigiano Nani “Giolo”, ex paraca dutista della “Nembo”.<br />

Né va dimenticato un punto di incontro strategico per la vallata del<br />

Brenta, vale a dire l’esercizio pubblico “Alle Due Sorgenti” situato ad<br />

Oliero, che – gestito da Emma Negrello – ospitò per per circa due mesi<br />

il gruppo Sap del Btg. “Baldo” della Garemi, sceso dalla montagna al<br />

momento della Liberazione. Emma, e la sorella Elisa, furono più volte<br />

chiamate a testimoniare dal ten. Perillo e dal cap. Zilio perché sospettate<br />

di coprire “Spartaco” (A. Costa) imprigionato da più mesi con l’accusa<br />

(falsa!) di essere l’esecutore materiale dell’uccisione del col. Antonio Faggion<br />

di Valstagna.<br />

Anche l’oriunda Maria Mocellin Furlan spese la sua opera per la causa,<br />

dando riparo a numerosi ebrei, tra questi alcuni professori triestini<br />

dell’ospedale di Padova, proprio “Alle Due Sorgenti”.<br />

Ad Oliero fu poi prelevato, ad opera dei fratelli Allegro, padovani,<br />

l’avv. Italo Cavalli, poi torturato e ucciso proprio a Padova con Gino Luisari.<br />

Evitò fortunatamente la cattura Valentino Guidolin di Cittadella,<br />

suo amico e collaboratore, nonché attivo sostenitore del movimento partigiano.<br />

<strong>Dalla</strong> testimonianza di “Nesta Vigilia” (Ernesta Fiorese), cismonese,<br />

leggiamo:<br />

Nel 20 maggio del ‘44 avevo 20 anni […] davanti alla chiesa, stavo<br />

andando dalla mia mamma, sono arrivati due tedeschi con il mitra<br />

spianato […] uno di essi disse: “deve seguirmi al Comando”, avevo in<br />

braccio mio figlio Antonio (1 anno) e l’ho consegnato ad un mio<br />

cugino, dicendogli: “portalo da mia mamma che arrivo subito”.<br />

Al Comando delle SS cominciarono ad interrogarmi. Volevano che gli<br />

dicessi dove erano i miei fratelli Pierino e Antonio […] tutti sospettati<br />

di essere banditi […] Io dicevo loro che non sapevo dov’erano […] che<br />

non facevo più parte della loro famiglia giacchè ero sposata. Il comandante<br />

delle SS puntandomi la pistola alla tempia diceva: “non lo<br />

vedrai più il tuo bambino”.<br />

Mia mamma disse a mia sorella Antonietta: “vai a vedere al Comando<br />

[…] hanno chiamato tua sorella”. Come l’hanno vista hanno detto: “proprio<br />

anche lei cercavamo” […] l’arrestarono (aveva 31 anni). Poi venne<br />

al Comando il prete Don Caron per dire che eravamo brava gente<br />

[…] si è preso un bello schiaffo, perché dicevano che difendeva i<br />

partigiani. Le SS avevano prima la lista dei nomi redatta con la collaborazione<br />

dei fascisti locali. La sera stessa ci caricarono in 3<br />

camion, io mia sorella e Gigetto Belegno e Luigi Donazzolo, […] catturato<br />

perché trovato in possesso di un potente cannocchiale. Da lì il<br />

camion ripartì e ci portò a Roncegno dove il Donazzolo fu portato in<br />

prigione nella caserma dei carabinieri, mentre noi sorelle nei sotterranei<br />

di una villa. E ci hanno interrogato. C’era una SS donna che<br />

fumava, una “Luja” [porca], mentre il comandante mi puntava la<br />

pistola alla testa e diceva: “se non parli non rivedrai più il tuo bam-<br />

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