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DONNE VENETE - Dalla Grande - Centro Studi Ettore Luccini

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Donne venete dalla grande emigrazione alla Resistenza<br />

Cap. 2 – La partecipazione delle donne…<br />

comportamento dei garibaldini nei confronti delle nostre compagne.<br />

(Isbr 1992, p. 108)<br />

Esisteva una sotterranea preoccupazione dei comandanti – e non solo<br />

– nei confronti delle donne che salivano in montagna, ed era il dubbio era<br />

che lo facessero per motivi affettivi, oppure serpeggiava il timore da parte<br />

di parenti, amici e parroci che la vita in comune con i partigiani potesse<br />

corromperle moralmente. Nel rapporto sulla Resistenza nella “Zona Piave”<br />

(Landi), appunto riportato dalla Hillary Siddons, si sostiene che<br />

l’organizzazione delle squadre femminili […] non può certo dare l’affidamento<br />

che dà l’organizzazione maschile […] in quanto la donna in<br />

se stessa è più debole dell’uomo sia fisicamente che moralmente.<br />

Delle 284 donne 23 erano bellunesi, 3 nate in Francia da emigranti lì<br />

stabilitisi, 3 provenivano rispettivamente da Brasile, Germania e Svizzera,<br />

2 erano nate a Bologna: la scrittrice Giovanna Zangrandi ed Emma<br />

Guerra, moglie di Giuseppe Landi. I motivi per cui parteciparono alla Resistenza<br />

furono all’inizio di carattere prepolitico, in cui giocarono un peso<br />

anche motivazioni sentimentali.<br />

Nel bellunese – sostiene la Siddons – si può distinguere la donna di una<br />

società contadina, coinvolta istintivamente nelle lotte (v. Emanuela Sovilla,<br />

Ester Riposi e Mariangela Massenz), dalla donna di una borghesia impiegatizia<br />

e professionale soprattutto urbana con una certa preparazione,<br />

se non intellettuale, almeno culturale.<br />

Fu soprattutto questa seconda tipologia femminile alla base della costituzione<br />

del Gruppo di Difesa della Donna (GdD) a Belluno ed a Trichiana<br />

(dove si riuniva nella casa di Maria Luisa Mònego, che fu anche il punto<br />

di riferimento del Cln provinciale fino alla Liberazione). Ne facevano<br />

tra l’altro parte (Biasia 1988) Caterina (China) Serragiotto, Dina Polit,<br />

Lina Croce, Alice Da Rech, Letizia Nicoletti, Eugenia Zaglio, Milena Pierobon,<br />

Lidia e Maria Battain, Antonia e Ida Dal Fabbro, Silvia Doglioni,<br />

Silvia Venier, Iole Casartelli, Maria Sirena, Clelia Berolo, Arabella Da Ros.<br />

Tina Merlin (Merlin 1992) parla, in particolare, di un comitato del GdD,<br />

costituitosi il 19 marzo ‘45 con sede a Belluno, e che era una sorta di Cln al<br />

femminile e che disponeva anche di un proprio foglio (Alle nostre donne).<br />

Lei ricorda che ne era coordinatrice C. Serragiotto del Psi (poi Psiup), e<br />

vedeva rappresentate tutte le correnti politiche: Eugenia Zaglio (Pli), Rosanna<br />

Vedana (Dc), Beppina Vergerio (Pci) e del PdA Adriana Praloran e<br />

la Tattoni. Il gruppo organizzò un ospedale da campo diretto da Alice De<br />

Rech, che funzionò per mesi dopo la Liberazione.<br />

Nel verbale del Cln del 30 marzo ‘45, si legge: «alla vigilia della Liberazione<br />

tutti i rappresentanti dei cinque partiti si erano incontrati nella sede<br />

del vescovado [il vescovo era Bordignon: baciò i destinati all’impiccagione,<br />

e così lo fissò Murer nel monumento alla Resistenza a Belluno) per decidere<br />

delle cariche da ricoprirsi nel governo popolare provvisorio […]» 7 .<br />

In quell’occasione, fu designata una sola donna, la democristiana Rosanna<br />

Vedana.<br />

Va infine ricordato il Nucleo di Resistenza Donne bellunesi, del quale<br />

facevano parte alcuni dei nomi prima citati: Caterina Serragiotto, Eugenia<br />

Zaglio, Vanna Tattoni (staffetta), Ester Riposi, Carla e Rosa Banchieri (madre<br />

e figlia, entrambe staffette tra Feltre, Belluno e Padova), Emanuela<br />

Sovilla e Agnese Righes (la loro casa fu recapito per tutti i partigiani della<br />

zona), Rosanna Vedana, Teresa Rocco, Tea Palman (queste ultime due internate,<br />

assieme a Carla Banchieri) nel campo di concentramento di Bolzano.<br />

Per China Serragiotto Bergoglio (maestra, e figlia di un socialista che<br />

conobbe «l’angoscia delle perquisizioni improvvise e le bravate dei fascisti<br />

locali»)<br />

non esisteva un gruppo a se stante del GdD, perché in realtà le donne<br />

furono presenti in ogni settore della Resistenza in maniera più impegnativa<br />

e cosciente.<br />

Il suo gruppo (“Elsa”), rappresentativo dei 5 partiti del Cln, verso la fine<br />

di aprile ‘45 contava ca. 400 donne. Esso era sorto a Trichiana alla fine<br />

del ‘44, mentre nel marzo del ‘45 si era costituito quello di Belluno ricordato<br />

dalla Merlin: oltre a curare ed assistere feriti ed ammalati con<br />

servizio di informazione, forniva permessi e carte di identità false, nascondeva<br />

prigionieri alleati, perseguitati politici e manteneva il collegamento<br />

fra il campo di concentramento a Bolzano e il Clnp per la liberazione<br />

degli internati politici. La Serragiotto ricorda:<br />

Quando dopo l’8 settembre mi venne affidata una borsa piena di<br />

manifestini da distribuire […] a Padova, fui felice di fare qualcosa<br />

anch’io […] entrai nella Brg Trentin […] il gennaio ‘45 fui arrestata da<br />

quelli della Banda Carità e portata a Palazzo Giusti. (Vendramini 1968)<br />

7 Archivio Isbr, b. Ifb.<br />

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