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Modelli di quantificazione delle escrezioni di ... - Regione Veneto

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giunta regionale – 8^ legislatura<br />

Allegato A al Decreto della Direzione Agroambiente e Servizi per l’Agricoltura n. 308 del 7.8.2008<br />

1. Introduzione<br />

Il lavoro si inserisce in un progetto della <strong>Regione</strong> <strong>Veneto</strong> che ha promosso lo sviluppo <strong>di</strong><br />

modelli <strong>di</strong> previsione <strong>delle</strong> <strong>escrezioni</strong> <strong>di</strong> azoto e fosforo per le principali tipologie <strong>di</strong> allevamento<br />

<strong>di</strong>ffuse sul territorio. Questi modelli sono stati recepiti da DGR <strong>Veneto</strong> n. 2439 del 7 agosto 2007 -<br />

allegato D. La cornice istituzionale, le finalità del progetto, gli aspetti generali riguardanti<br />

l’approccio modellistico seguito e le implicazioni, sono descritti in dettaglio nel manoscritto<br />

introduttivo <strong>di</strong> Schiavon et al. (2007). Nel presente lavoro viene descritto il modello messo a punto<br />

per i vitelloni.<br />

2. Tratti essenziali dei sistemi <strong>di</strong> produzione del vitellone<br />

Anche nel caso dei vitelloni l’escrezione <strong>di</strong> nutrienti <strong>di</strong>pende in modo rilevante da una<br />

pluralità <strong>di</strong> fattori. Le <strong>di</strong>fferenti con<strong>di</strong>zioni climatiche, pedologiche, fon<strong>di</strong>arie, economiche, e<br />

culturali, come pure la <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> bovini <strong>di</strong> varie razze e <strong>di</strong> risorse alimentari che<br />

caratterizzano le <strong>di</strong>verse aree geografiche in Europa così come in Italia, conducono all’esistenza <strong>di</strong><br />

una pluralità <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> allevamento così ampia che non sempre è facile ricondurre a schemi<br />

generali <strong>di</strong> interpretazione. Prima <strong>di</strong> procedere con la <strong>di</strong>scussione sulla procedura <strong>di</strong> bilancio<br />

proposta si ritiene dunque necessario descrivere i tratti essenziali dei sistemi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong>ffusi in<br />

Italia. Proprio per effetto della notevole variabilità tra i modelli <strong>di</strong> allevamento esistenti, l’ISMEA<br />

(2004) propone una <strong>di</strong>stinzione in:<br />

o vitellone intensivo (70-75% dell’offerta della categoria), leggero o pesante, allevato in ambiente<br />

confinato (centri <strong>di</strong> ingrasso) nella pianura padana (<strong>Veneto</strong>, Piemonte ed Emilia);<br />

o vitellone estensivo (25-30% dell’offerta della categoria), allevato in ambiente non confinato in<br />

Piemonte, nell’Appennino centro meri<strong>di</strong>onale e nelle isole, appartenente a razze italiane da<br />

carne, alimentato attraverso il pascolo e alimenti concentrati, sino ad un peso finale <strong>di</strong> 650 kg<br />

circa.<br />

La quasi totalità degli animali avviati al macello deriva da aziende nazionali (97%) che allevano per<br />

il 45% capi <strong>di</strong> origine estera (oltre 1,1 milioni <strong>di</strong> capi) e per il 55% capi <strong>di</strong> origine nazionale<br />

(ISMEA, 2004). Questi ultimi derivano per circa il 30% da allevamenti specializzati per la carne e<br />

per la restante parte da allevamenti da latte.<br />

La tipologia intensiva in ambiente confinato, <strong>di</strong> gran lunga prevalente nella pianura padana,<br />

è stata, fin dall’inizio degli anni sessanta, strettamente legata allo sviluppo della coltivazione del<br />

mais, come fonte energetica principale, e alla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> farina <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> soia <strong>di</strong><br />

importazione, come fonte proteica (Bittante et al., 1997; Bonsembiante et al., 2003). Nelle aree<br />

agricole del Nord Italia si è registrato, negli stessi anni, un sostanziale abbandono della<br />

bovinicoltura da carne tra<strong>di</strong>zionale, basata su un largo impiego <strong>di</strong> foraggere permanenti e/o<br />

avvicendate. Questo processo si è accentuato a seguito della messa a punto della tecnica <strong>di</strong><br />

insilamento del prodotto ottenuto dalla trinciatura della pianta intera, raccolta nella fase <strong>di</strong><br />

maturazione cerosa <strong>delle</strong> cariossi<strong>di</strong> (silomais). L’uso del silomais consente infatti <strong>di</strong> aumentare <strong>di</strong><br />

circa il 50% la quantità <strong>di</strong> energia per ettaro, riducendo, <strong>di</strong> conseguenza, il costo dell’unità<br />

foraggera (Bonsembiante et al., 2003). L’introduzione, anche nelle <strong>di</strong>ete per bovini, <strong>di</strong> silomais e<br />

alimenti concentrati opportunamente integrati hanno consentito <strong>di</strong> aumentare la velocità <strong>di</strong> crescita<br />

degli animali, <strong>di</strong> migliorare il ren<strong>di</strong>mento energetico della razione, <strong>di</strong> ridurre la durata del ciclo<br />

produttivo (Figura 1) e <strong>di</strong> innalzare le rese <strong>di</strong> macellazione e il livello qualitativo <strong>delle</strong> carcasse e<br />

<strong>delle</strong> carni (Bonsembiante et al., 2003). Una dettagliata descrizione relativa alle caratteristiche<br />

dell’allevamento del bovino da carne in Italia è stata recentemente pubblicata da Cozzi (2007).<br />

3. Caratteristiche <strong>delle</strong> razioni impiegate<br />

Dalla citata indagine <strong>di</strong> Cozzi (2007) condotta nel <strong>Veneto</strong> su 155 allevamenti in <strong>Veneto</strong>,<br />

Lombar<strong>di</strong>a e Piemonte si possono trarre utili in<strong>di</strong>cazioni sulle caratteristiche me<strong>di</strong>e <strong>di</strong> composizione<br />

alimentare e dei contenuti <strong>di</strong> proteina grezza <strong>di</strong> razioni destinate a bovini Charolaise (Tabella 1).<br />

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