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44 I M I E I L I B R I<br />

Marise Ferro I miei libri<br />

I MIEI LIBRI<br />

Racconto di Marise Ferro 1<br />

Avevo vent’anni, quando mia madre disse, spazzando di un gesto violento<br />

una frangia di riccioli ardenti che le era caduta ad ingombrare metà della fronte:<br />

- Marise, ho deciso di andare via di qui...<br />

- Via di qui... Dove - chiesi sentendomi scomporre il viso dalla macchia di uno<br />

svagato stupore.<br />

Mia madre guardava, oltre la finestra, il paese festoso sul quale vagava l’ombra<br />

di qua1che nuvola. Non vedevo i suoi occhi, ma li sentivo aggrappati al paesaggio<br />

fisso del suo tormento interno, e ch’ella guardava anche fuori di sé, nella campagna,<br />

nel cielo, ovunque.<br />

- Dove... Non so. In qualunque posto, purché non sia più qui.<br />

- Ma, la nostra casa... - azzardai io.<br />

Mia madre sentì che potevo essere un ostacolo. Si voltò verso di me, soppesò<br />

i miei anni, i miei desideri: le mie aspirazioni, indagò il mio passato:<br />

- Niente ti trattiene qui, no<br />

Volsi attorno uno sguardo che pareva discendere, già desolato, da una distanza;<br />

la camera era ferma in una espressione che le avevo dato io, i mobili erano incastrati<br />

nelle pareti dall’abitudine, la tappezzeria sbiadiva, in faccia alla finestra, come<br />

i miei sogni, i libri negli scaffali parlavano come buoni amici consolatori, e oltre i<br />

vetri la campagna era stemperata, dal mio ricordo di infinite stagioni vere e ideali<br />

sovrapposte, in un colore unico ch’era per me il significato e l’essenza della terra.<br />

- Ecco, ci sarebbero la casa, e la mia camera, e soprattutto i miei libri... - dissi<br />

con la voce annebbiata.<br />

- Ma tu sei pazza. Ricostruirai la tua casa, la tua camera in un altro paese. Io<br />

non posso più stare qui, capisci Questa città mi opprime, questo cielo mi schiaccia.<br />

Io, in questa atmosfera, respiro a stento. Quando esco, mi pare di camminare<br />

in un paese nemico, in mezzo a gente ostile, che non riconosco, che non ha niente<br />

di comune con me, che parla un’altra lingua. In questa casa che è mia, mi trovo sperduta<br />

come un cane randagio che sia stato chiuso in una stanza. Quando mi vedo<br />

affiorare in uno specchio, in queste camere dove vivo da anni, guardo sorpresa quella<br />

donna che non riconosco nel decoro estraneo. Perché, io non mi sento qui. lo sono<br />

lontana, ecco, lontana, non so dove... E poi, perché ti dico certe cose Non è necessario.<br />

Tu devi capire questo soltanto: che mi disgrego, qui. E posso ancora salvarmi.<br />

Quindi p<strong>art</strong>iamo. [...continua...]<br />

1<br />

Questo racconto, edito sul quindicinale “I ROMANZI DELLA PALMA”, Milano, Mondadori,<br />

7 febbraio 1933 – A. XI, pag. 48-49, non compare nella “Bibliografia degli scritti di Marise<br />

Ferro”, pubblicata nel n. 112 di Resine.

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