“Homo byzantinus”<strong>Porphyra</strong> n. 19, anno XX, ISSN 2240-5240______________________________________________________________________protetti dal casco e dalla armatura di cuoio, quest’ultima a sua voltaricoperta dalla divisa contrassegnata dai colori della fazione (azzurro, verde,rosso o bianco), una cintura di cuoio stretta in vita legata per mezzo di laccialla struttura del carro per tenersi saldo in piedi. Altri pannelli riportanoiscrizioni che ne consegnano ai posteri le gesta: Porfirio è il campionissimodell’età giustinianea, corse per tutte e quattro le fazioni riportandocomplessivamente un numero esorbitante di vittorie.Il tema iconografico delle corse dei carri è assai diffuso in tutto ilterritorio dell’ecumene mediterranea, greca e romana: certamente mosaici erilievi di marmo, i medaglioni contorniati ed emissioni numismatichecommemorative, le valve dei dittici eburnei, ma anche manufatti di variotipo e dimensioni più ridotte, quali quelli di uso domestico e quotidiano,databili quasi sempre in tutto il secolo III fino alla prima metà del V e cosìdetti «del circo», perché riportano in maniera, magari standardizzata, mastraodinariamente vivida, una scena di corsa dei carri, riproducendone più omeno particolareggiatamente tutti i protagonisti, oltre agli elementiarchitettonici che caratterizzano la struttura di un circo. Gli aurighiraffigurati nei mosaici di Selin (prima metà sec. IV), Gafsa (sec. IV),Barcellona (prima metà sec. IV) e Gerona (seconda metà sec. III), Lione(ultimo quarto del sec. II), Piazza Armerina (secc. III-IV), ma anche neisarcofagi del Museo Vaticano (sec. III), di A<strong>qui</strong>num ritrovato nella basilicadi S. Maria della Libera (sec. III-inizio IV), o nel rilievo di Foligno (IVsecolo), fino al caso esemplare di quello raffigurato nel mosaico del MuseoNazionale di Arte Romana di Mérida, in Estremadura, Marcianus (secoloIV), sono esemplari per come sanno conferire vita propria, di volta in volta,ad un tipo iconografico già fissato (fig. 2).14
“Homo byzantinus”<strong>Porphyra</strong> n. 19, anno XX, ISSN 2240-5240______________________________________________________________________L’Africa del Nord e la penisola Iberica ritornano con fortunatafrequenza ai ricercatori nuovi frammenti di mosaici con raffigurazionicircensi: è del 2013 la pubblicazione di un frammento di mosaicopavimentale rinvenuto nel 2010 a Colonia Augusta Firma Astigi, nel pienocentro storico della odierna Écija (Siviglia), dove sono rappresentati inmaniera assai particolareggiata i cancelli delle scuderie di un circo(carceres) e due aurighi, il primo, con entrambe le braccia alzate in segno divittoria, precede un secondo, ritratto secondo il modello iconograficodescritto sopra 1 .Le scene di corsa, concentrandosi sui particolari, rendono bene laeccitazione provocata dai carri lanciati, dalle braccia alzate degli aurighinell’atto frenetico di frustare i cavalli, le loro teste che si girano a controllaregli avversari, gli occhi spalancati nella eccitazione e nello sforzo, allo stessotempo, di cercare di non perdere il controllo della quadriga: operazionedifficile nella quale si finiva spesso per fallire, quando i carri uscivano dallatraettoria o cozzavano l’uno contro l’altro e l’auriga, perdutone il controllo,volava via rovinosamente (naufragium). La operazione di far curvare ilcarro, pur mantenendo la quadriga lanciata a tutta velocità, eraparticolarmente delicata e difficile tanto da provocare un gran numero dinaufragia; Giovanni Crisostomo, già arcivescovo di Costantinopoli, tra lafine del secolo IV ed i primi del V, nella oratio sul circo, i cui concetti sonoperò ripetuti in numerose omelie con intenti tanto etici quanto polemici(Oratio de circo: P.G., LIX, col. 567; ed. V. Saletta, Roma 1964, p. 79), sirammarica del fatto che la mattina i fedeli disertavano le chiese per correreal Grande Ippodromo il prima possibile per occupare i posti a ridosso dellagrande curva (Sphendone), nella speranza dì poter vedere da vicino lospettacolo dei carri che lì si frantumavano e gli aurighi cadere ad ogni giro.Le corse dei carri e le figure degli aurighi vincitori costituiscono unlinguaggio, a tutti i ilivelli sociali, efficace e comprensibile, una summa diromanitas, che, a sua volta, darà vita ad una iconografia diffusa epopolarissima, sua espressione e comune denominatore e <strong>qui</strong>ndi esposto daparte dai ceti dirigenti di tutte le province dell’impero a riprova dello statusac<strong>qui</strong>sito. Tanto che la iconografia imperiale, nella sua componentetrionfale, è la prima a far propria quella “sportiva” dell’auriga vincitorequando, traendo elementi e modello dalla prima, presenta la figura delprinceps ritratto frontalmente, ritto su una quadriga, il capo nimbato, lamano destra alzata, circondato da figure alate che gli porgono la coronadella vittoria o dagli astri e dalle stelle, secondo un archetipo rintracciabilenell’arte sasanide. Questo motivo è diffuso, stando allo spoglio di tutte lefonti non letterarie effettuato dallo Hijmans, come il tipo iconografico piùcomune e, comunque, quello che sembra poter essere considerato il piùfrequente 2 , in un contesto di celebrazione della vittoria e della aeternitasimperiale. Esso appartiene, nella prima età imperiale, ad una serie dicontorniati, dove il capo del sovrano appare cinto dalla corona radiata, e, in1 Si vd. S. GARCÍA-DILS DE LA VEGA – J. DE LA HOZ MONTOYA, Dos nuevas inscripciones de “Colonia Augusta FirmaAstigi” (Écija – Sevilla): una tabella defixionis y un pavimento musivo de temática circense, Zeitschrift für Papyrologieund Epigraphik, 184/2013, pp. 243-256, in part. pp. 255-256, figg. 4-5.2 S.E. HIJMANS, The Sun which did not rise in the East: the Cult of Sol Invictus in the Light of non-literary Evidence,Bulletin Antieke Beschaving 71/1996, pp. 115-150.15